8 marzo 2013

Pedofilia: ritirate le accuse al Papa sul “caso Murphy”, Marco Politi resta zitto

Si moltiplicano in Italia e all’estero i casi disacerdoti accusati di pedofilia, diffamati sulla stampa e poi risultati completamente innocenti ed estranei ai fatti, come i più recenti: don Martin Steinerpadre John GeoghaJames Patrick Jennings e il reverendo Charles Murphy. Emblematico è il caso di don Giorgio Govoni,morto di infarto dopo le (ingiuste) accuse o quello di mons. Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca.
Il 26 marzo 2010 la stampa cercò anche di coinvolgere Benedetto XVI, le accuse partirono dal “New York Times” e arrivarono anche in Italia, su tutte le prime pagine dei quotidiani.  Il caso fu quello di padre Lawrence Murphy, un “prete” che dal 1950 al 1974 aveva lavorato in una scuola per bambini sordomuti di Milwaukee abusando di centinaia di ragazzi.
Jeff Anderson, l’affarista avvocato americano che si “occupa” di difendere le vittime abusate da sacerdoti, cercò di tirare in ballo il Pontefice, che al momento dei fatti guidava la Congregazione per la Dottrina della Fede, accusandolo di “insabbiamento” e sostenendo che la responsabilità delle azioni di un dipendente possono ricadere sul suo datore di lavoro (in questo caso, la diocesi di Milwaukee dove era padre Murphy), ma anche sulla Santa Sede, la quale può -secondo la teoria- controllare i vescovi in tutto il mondo. Il quotidiano “La Repubblica” pubblicò perfino tutti i documenti dell’accusa, mentre la nota associazione Snap (della cui attività diffamatoria abbiamo creato un dossier) iniziò a distribuire volantini contro Papa Ratzinger al confine tra l’Italia e la Città del Vaticano. Il vati-laicista de “Il Fatto Quotidiano”,Marco Politi, consumò fiumi di inchiostro accusando Ratzinger di “insabbiamenti”, di “perdita di credibilità” e chiedendone implicitamente le dimissioni.
Tuttavia in questi giorni, qualche riga su alcuni quotidiani informa la chiusura davanti alla Corte distrettuale del Wisconsin della vicenda ritenuta “il caso più emblematico di insabbiamento”, ovvero il“caso Murphy”. Tutte le denunce contro Ratzinger e i cardinali Tarcisio Bertone e Angelo Sodano sono state ritirate.  L’avvocato della Santa Sede, Jeffrey S. Lenaha spiegato che si è fatta «l’archiviazione immediata della causa, senza che sia necessaria una sentenza in merito emanata dalla corte. Hanno ritirato tutto perché sapevano che avrebbero perso se avessero continuato a perseguire il caso. Non volevano una pronuncia negativa da parte del giudice». Ovvero la dimostrazione palese che le pesanti  accuse rivolte a papa Ratzinger due anni fa erano completamente inconsistenti. Lena ha continuato: «A mio parere, la vittima è stata utilizzata per promuovere un attacco giuridicamente insostenibile contro la Santa Sede».
Marco Politi? Muto come un pesce. Questa conclusione è stata riportata esclusivamente da “Avvenire”, da “La Stampa” (Andrea Tornielli) e dal ”Tempo” (Andrea Acali) . Nei Paesi anglosassoni, dall’”Huffington Post”, dal “Washington Post” tra i “big”, seppur non in prima pagina ma nella sezione “religione”. Lasproporzione con quanto accaduto il 26 marzo di due anni fa, scrive “Avvenire”, è plateale. E ingiustificata. Radiovaticana ha commentato: «Si è conclusa nel silenzio dei mass media una dolorosa vicenda di abusi che avrebbe voluto coinvolgere il Papa e la Santa Sede»Vatican Insider ricostruisce ottimamente la vicenda. Già allora si era parlato di uno dei soliti falsi attacchi al Pontefice, lo avevano fatto l’editorialista de “Il Corriere” Pierluigi Battista e tanti altri. Rimane il pensiero del grande intellettuale (non cattolico) americano Philip Jenkins sul “Mito dei sacerdoti pedofili” e sul fatto che oggil’unico pregiudizio accettabile è essere anticattolici.
http://www.uccronline.it/2012/02/19/pedofilia-ritirate-le-accuse-al-papa-sul-caso-murphy-marco-politi-resta-zitto/
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Pedofilia, il parroco è innocente

Don Martin Steiner scagionato dalla procura: «E' immacolato. Non solo non è emerso alcun elemento concreto a suo carico sul fronte pedofilia, al contrario sono emerse prove della sua totale estraneità"
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    di Mario BertoldiBOLZANO. «Don Steiner è innocente. Non solo non è emerso alcun elemento concreto a suo carico sul fronte pedofilia, al contrario sono emerse prove della sua totale estraneità. Quel sacerdote esce dall'inchiesta da immacolato». La rivelazione è del Pm Luisa Mosna. Ieri mattina in Procura lo stesso sostituto procuratore ha voluto sentire un ultima volta il sacerdote prima di procedere alla chiusura dell'inchiesta preannunciando la richiesta di archiviazione per la via più breve. «Posso anche dire che l'indagine è stata corposa - puntualizza ancora il pubblico ministero - non è stato sottovalutato nulla, abbiamo indagato nella vita di don Steiner in maniera approfondita. Ritengo che la richiesta di archiviazione possa essere definita blindata».

    Il caso di Martin Steiner, il parroco sospeso dalla Curia per sospetti episodi di pedofilia, è dunque destinato ad essere archiviato con tante scuse per il religioso che venne travolto dal sospetto generato da qualche segnalazione più che frettolosa. In effetti a dare il via alle indagini era stata una telefonata anonima alla direttrice del distretto scolastico di Appiano. «Andate subito a vedere cosa succede in classe - aveva detto una donna che non volle lasciare il proprio nome - alla scuola elementare di Nalles l'insegnante di religione nel rapportarsi con gli alunni va oltre i limiti consentiti».

    Nella telefonata la signora, angosciata, aveva parlato di abbracci e toccamenti sospetti. Oltre a quella telefonata agli inquirenti erano giunte anche altre segnalazioni, riconducibili a 4 famiglie di Nalles che scrissero due lettere. Riportavano ancora voci e sospetti che l'inchiesta sembra però aver spazzato via in modo deciso e definitivo. Al punto che anche la decisione della Curia di procedere ad una immediata sospensione del religioso da ogni attività risulta ora per lo meno affrettata. Ieri mattina don Steiner ha affrontato l'incontro con il sostituto procuratore Mosna con estrema tranquillità e serenità. Assistito dall'avvocato Alberto Valenti ha chiarito ogni possibile aspetto del rapporto con i propri alunni. Delle voci di toccamenti, abbracci morbosi con i propri alunni non è rimasto praticamente.

    Come detto la Procura non ha sottovalutato nessuna indicazione, nessun elemento di sospetto. Sono state sentite a lungo anche le quattro famiglie che si erano allarmate. E sono stati sentiti anche alcuni scolari per capire esattamente come il sacerdote si comportava in classe. Gli inquirenti non hanno tralasciato proprio nulla, al punto che sono stati disposti accertamenti anche sul periodo trascorso dal religioso in seminario. Ora l'ultima parola spetta al giudice delle indagini preliminari.
    http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2011/07/07/news/pedofilia-il-parroco-e-innocente-1.4259058

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    Toh, il prete non è pedofilo e incastra i media irlandesi (e la pavida chiesa)

    Manca un mese a gennaio 2012. Una data a suo modo storica per la chiesa cattolica. Esattamente dieci anni fa, infatti, nel gennaio del 2002, un quotidiano dava notizia per la prima volta di uno scandalo lagato alla pedofilia nel clero. Fu il Boston Globe a riportare la vicenda di padre John Geoghan, il prete che costringerà successivamente il cardinale Bernard Law, allora arcivescovo di Boston, alle dimisssioni. Il prete che, accusato di aver abusato di oltre 130 bambini nell’arco di trent’anni di carriera, venne ucciso in carcere nell’agosto del 2003. A distanza di dieci anni, ancora il caso Geoghan rappresenta per molti un simbolo spaventoso del fallimento della chiesa: spostato di parrocchia in parrocchia nonostante i suoi crimini, ha mietuto vittime senza che nessuno abbia fatto nulla per opporsi. Dopo Geoghan è arrivato padre Kevin Reynolds. Prete nella contea di Galway, nell’ovest dell’Irlanda, è divenuto anche lui il simbolo dei fallimenti della chiesa nel suo paese, l’esempio a cui guardare quando si vuole parlare della piaga della pedofilia nel clero, una piaga sulla carta enorme se si pensa che è soltanto ai fedeli irlandesi, e non a quelli di altre chiese, che Benedetto XVI ha dovuto scrivere una lettera sostanzialmente di scuse e penitenza.
    Ma la domanda che oggi molti si fanno è una: Papa Ratzinger avrebbe scritto ugualmente la sua lettera se avesse saputo la verità su Reynolds? Probabilmente sì. Seppure le ultime notizie relative al prete di Galway insegnano quanta superficialità (o peggio) vi possa essere nei media quando decidono di impiccare sulla pubblica piazza un prete per il supposto crimine di pedofilia. La notizia di queste ore, infatti, è clamorosa: Reynolds, il “Geoghan europeo” come lo chiama John Allen in un suo lungo reportage, è innocente. Non ha mai abusato di bambini. Non è un pedofilo. Sessantacinque anni, parroco irlandese che aveva trascorso parte della vita come missionario in Kenya, Reynolds da diversi mesi è diventato suo malgrado una “star” della televisione nazionale irlandese Rte. Una trasmissione provocatoriamente intitolata “In missione per predare” l’ha messo nel mirino: Reynolds, come altri preti irlandesi, è partito per la missione per “predare” minorenni e non per “pregare” con loro. Una giornalista di Rte è addirittura partita per il Kenya. Qui ha intervistato una donna di nome Veneranda che ha dichiarato che Reynolds l’aveva violentata nel 1982. A seguito di quella violenza la donna era rimasta incinta. Sheila, la figlia quattordicenne di Veneranda, è cresciuta senza suo padre, appunto Reynolds. Veneranda ha anche dichiarato che, prima dell’arrivo di Rte in Kenya, Reynolds l’ha contattata offrendo soldi in cambio del suo silenzio.
    Forte di queste accuse, Rte è andata fuori dalla parrocchia di Galway di Reynolds il giorno in cui questi stava somministrando la prima Comunione a dei bambini: “Ecco” ha dichiarato una voce fuori campo “il prete pedofilo e stupratore libero di dare la prima Comunione a dei bambini”.
    Reynolds ha però reagito. Ha dichiarato alla stampa di essere innocente, di non aver mai abusato di minori e che, per dimostrare la sua non colpevolezza, si sarebbe sottoposto al test di paternità. Rte non gli ha creduto e, in attesa dei risultati, ha continuato a infangarlo. Intanto anche la chiesa si adeguava alle accuse. E in linea coi nuovi protocolli rimuoveva immediatamente Reynolds dai suoi incarichi. Dopo qualche giorno due test del Dna effettuati da due società diverse scagionavano del tutto il prete irlandese stabilendo che non è Reynolds il padre del bambino. E’ stato il direttore di Rte Noel Curran, prima di dimettersi, a dettare un comunicato di scuse che recita così: “Rte comunica senza riserve che le affermazioni fatte contro padre Kevin Reynolds sono senza qualsivoglia fondamento e false, e che padre Reynolds è un sacerdote della massima integrità, il cui servizio senza macchia reso alla chiesa per quarant’anni ha dato un valido contributo alla società in Kenya e in Irlanda sia nel campo dell’istruzione sia nel campo della pastorale”. Ha detto ancora Curran: “Questo è stato uno degli errori editoriali più gravi che io abbia mai fatto”.
    La vicenda ha creato qualche imbarazzo anche nelle gerarchie irlandesi. L’arcivescovo Diarmuid Martin di Dublino, che più di altri ha accusato i vescovi locali e anche la curia romana di non aver fatto abbastanza per arginare il problema della pedofilia, ha detto che nonostante tutto a suo avviso i media irlandesi non hanno pregiudizi nei confronti della chiesa.
    di Paolo Rodari

    http://www.ilfoglio.it/soloqui/11468

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    "Prete pedofilo", era innocente
    GIACOMO GALEAZZI
    Un ex sacerdote cattolico di 77 anni, accusato di aver molestato alunni di un collegio mezzo secolo fa a Bathurst, nell’entroterra di Sydney, è stato prosciolto oggi da una giuria da sei imputazioni di «aggressione oscena». James Patrick Jennings era preside del prestigioso St Stanislaus College nel 1960 e 1961 quando gli abusi sarebbero stati commessi. Quattro uomini che ora hanno più di 60 anni e le cui identità restano segrete, hanno testimoniato durante il processo nella Corte distrettuale di Sydney che quando avevano 12 e 13 anni Jennings li aveva sottoposti ad abusi sessuali. La giuria di 7 donne e 5 uomini ha concluso che l’uomo, che ora vive in Tasmania ed è sposato, non è colpevole dei reati di cui è accusato. Si è così concluso il primo di una serie di processi a carico di 10 ex insegnanti e sacerdoti del collegio, imputati in seguito alle indagini di una speciale task force della polizia di centinaia di reati di pedofilia commessi su 40 ex alunni fra il 1960 e gli anni ’80. Ieri un altro ex sacerdote cattolico, Charles Alfred Barnett di 69 anni, è stato condannato a Adelaide per reati di pedofilia a 6 anni e mezzo di carcere per tre reati di aggressione indecente e due di rapporto sessuale illecito, fra il 1977 e il 1994. Dopo aver lasciato la chiesa, nel 1995 Barnett si era trasferito in Indonesia e nel 2006 l’Australia ne aveva chiesto l’estradizione. Sempre ieri un noto prete pedofilo, Vince Ryan di 74 anni, è stato rilasciato in libertà vigilata dopo aver scontato 14 anni di carcere per abusi sessuali commessi su 35 ragazzi negli anni ’70 presso Newcastle, a nord di Sydney. Da allora la chiesa cattolica ha pagato milioni di dollari in risarcimenti alle vittime. Ryan sarà sottoposto a strette condizioni e dovrà indossare un braccialetto elettronico che attiverà un allarme se si soffermerà troppo a lungo presso delle scuole. Il vescovo di Newcastle Michael Malone ha detto che Ryan non dovrà tornare nel territorio della diocesi e ha invitato i fedeli a pregare per lui, oltre che per le vittime.


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    Preti pedofili. Don Giorgio Govoni: quando la calunnia uccide


    di Massimo Introvigne

    imgI preti pedofili esistono. Come ha ricordato il Papa, sono “una vergogna” per la Chiesa e nei loro confronti non è giustificata nessuna tolleranza. Ma vi è anche un’altra categoria che non dev’essere dimenticata in questo lungo venerdì santo della Chiesa: quella dei preti accusati ingiustamente. Dal tentativo nazista di screditare la resistenza della Chiesa tedesca al regime moltiplicando le accuse di pedofilia – quasi tutte false – agli studi legali miliardari americani che sparano accuse talora davvero insensate al solo scopo di spillare quattrini alla Chiesa, c’è una storia parallela di calunnie che, per i sacerdoti che le subiscono, costituiscono un vero martirio.
    Ricorre quest’anno il decimo anniversario di una vicenda dolorosissima che ha coinvolto un sacerdote italiano, don Giorgio Govoni (1941-2000). Questo parroco della Bassa Modenese – un parroco esemplare, amatissimo dai suoi parrocchiani – è accusato nel 1997 da un’assistente sociale, che afferma di avere intervistato tredici bambini, di guidare un gruppo di «satanisti pedofili» che praticherebbero riti satanici in diversi cimiteri tra Mirandola e Finale Emilia, violentando e talora uccidendo bambini (di cui peraltro non si sono mai trovati i corpi). Rinviato a giudizio, è ritenuto colpevole dal pubblico ministero che chiede per lui quattordici anni di carcere. La Curia di Modena si schiera fin dall’inizio con lui e ne sostiene la difesa, facendo appello anche a chi scrive, il quale crede di avere dimostrato in una perizia di parte il carattere assolutamente inverosimile delle accuse. Ma, dopo l’arringa del pubblico ministero, don Giorgio muore stroncato da un infarto nell’ufficio del suo avvocato il 19 maggio 2000.
    La morte del sacerdote estingue le accuse contro don Giorgio, ma la sentenza nei confronti dei coimputati mostra che i giudici del Tribunale di Modena credono nonostante tutto agli accusatori. La situazione però si rovescia in sede di appello, interposto anche dai difensori del sacerdote defunto per riabilitarlo almeno post mortem. L’11 luglio 2001 la Corte d’Appello di Bologna dichiara che nella Bassa Modenese non è mai esistito un gruppo di «satanisti pedofili» e che don Giorgio è stato ingiustamente calunniato sulla base di fantasie indotte in bambini molto piccoli da un’assistente sociale che ha letto una certa letteratura su casi americani. Nel 2002 la sentenza di appello è confermata dalla Corte di Cassazione, con soddisfazione delle autorità ecclesiastiche e dei parrocchiani che hanno sempre visto in don Giorgio un eccellente sacerdote travolto da accuse inventate.
    Ogni anno i suoi parrocchiani, spesso con la presenza del vescovo di Modena, si riuniscono sulla tomba di don Giorgio. Io, che l’ho conosciuto personalmente, sono rimasto sia edificato dalla sua testimonianza di sacerdote e di uomo d’intensa preghiera, sia spaventato dalla facilità con cui chiunque – magari per essersi scontrato con un’assistente sociale sulla gestione di alcune famiglie in difficoltà – può essere umanamente e moralmente distrutto da accuse infamanti immediatamente riprese dai media prima di ogni verifica. Ricordare a dieci anni dalla morte don Giorgio Govoni non assolve certamente nessun sacerdote davvero colpevole di abusi. Ma ci ricorda che esistono pure i fabbricanti di calunnie. Anche nei loro confronti è giusta la tolleranza zero.

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    Vatican Sex Abuse Case Dropped: Jeffrey Anderson, Prominent Lawyer Dropped Lawsuit, Vatican Welcomed Decision



    By Alessandro Speciale
    Religion News Service
    VATICAN CITY (RNS) A prominent sex abuse lawyer has dropped a high-stakes lawsuit that sought to hold Pope Benedict XVI and other top church officials responsible for a clergy sexual abuse case.
    The Vatican's U.S. attorney, Jeffrey S. Lena, welcomed the decision to drop the suit on Friday (Feb. 10), saying the case was "held together by no more than a mendacious web of allegations of international conspiracy."
    The plaintiff's attorney, Jeffrey Anderson, said the case was withdrawn as a consequence of progress in a separate court case involving the bankruptcy bid of the Archdiocese of Milwaukee.
    The case involved the victims of the late Rev. Lawrence Murphy, a priest who was accused of molesting some 200 boys at the Milwaukee-area St. John's School for the Deaf between 1950 and 1974.
    Documents published by The New York Times in March 2010 showed that, in 1998, the Vatican's Congregation for the Doctrine of the Faith -- led by then-Cardinal Joseph Ratzinger, now Benedict XVI -- refused to defrock Murphy despite requests from U.S. bishops involved in the case.
    The Vatican's top spokesman, the Rev. Federico Lombardi, explained at the time that the Vatican had taken into account Murphy's old age and ill health.

    http://www.huffingtonpost.com/2012/02/13/vatican-sex-abuse-case-dropped_n_1274821.html
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    Attorney drops abuse suit against Vatican



    VATICAN CITY — A prominent sex abuse lawyer has dropped a high-stakes lawsuit that sought to hold Pope Benedict XVI and other top church officials responsible for a clergy sexual abuse case.
    The Vatican’s U.S. attorney, Jeffrey S. Lena, welcomed the decision to drop the suit on Friday (Feb. 10), saying the case was “held together by no more than a mendacious web of allegations of international conspiracy.”


    The plaintiff’s attorney, Jeffrey Anderson, said the case was withdrawn as a consequence of progress in a separate court case involving the bankruptcy bid of the Archdiocese of Milwaukee.
    The case involved the victims of the late Rev. Lawrence Murphy, a priest who was accused of molesting some 200 boys at the Milwaukee-area St. John’s School for the Deaf between 1950 and 1974.
    Documents published by The New York Times in March 2010 showed that, in 1998, the Vatican’s Congregation for the Doctrine of the Faith — led by then-Cardinal Joseph Ratzinger, now Benedict XVI — refused to defrock Murphy despite requests from U.S. bishops involved in the case.
    The Vatican’s top spokesman, the Rev. Federico Lombardi, explained at the time that the Vatican had taken into account Murphy’s old age and ill health.
    Anderson had argued that the documents demonstrated that the Vatican’s leadership had direct responsibility in protecting abusive priests. His suit had named Cardinal Tarcisio Bertone, the Vatican secretary of state, and his predecessor, Cardinal Angelo Sodano, as co-defendants in the case with Benedict.
    Lena said “the Holy See is not responsible for the supervision of the more than 400,000 priests around the world.” The Vatican declined to add further comment on the case, referring to Lena’s statement.
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    Prima pagine per accuse inconsistenti al Papa, nulla per l'archiviazione

    Dov'è finita la notizia?

    Il modo con cui i giornali hanno trattato l’esito del cosiddetto caso Murphy mostra che nel mondo mediatico, il nostro mondo, c’è qualcosa che non va. Le pagine parlano da sole. Il 26 marzo 2010, sulla scia del New York Times, le accuse dell’avvocato Jeff Anderson contro Benedetto XVI e i cardinali Tarcisio Bertone e Angelo Sodano occuparono un posto di assoluto rilievo in tutte le prime pagine dei quotidiani italiani. Con toni che prevalentemente sembravano dare per buona la grave accusa al Papa e ai suoi collaboratori. «Il Papa coprì il prete pedofilo», «Ormai lo scandalo pedofilia punta direttamente a Ratzinger», «Ratzinger sapeva, Bertone ordinò il silenzio», «Silenzio sugli abusi», «Segreti e bugie», «Pedofilia, bufera sul Papa». Ecco quanto si leggeva in quelle prime pagine. E nei giorni seguenti fiumi di inchiostro continuarono a essere versati per seguire la vicenda.

    Che venerdì scorso ha avuto il suo termine giudiziario.

    Alla competente Corte distrettuale americana lo stesso avvocato Anderson ha richiesto di archiviare il caso, onde evitare di presentare ai giudici la risposta dovuta alla difesa sollevata dalla Santa Sede per chiedere l’archiviazione del caso. E questo comporta, come ha sottolineato l’avvocato della Santa Sede Jeffrey S. Lena, «l’archiviazione immediata della causa, senza che sia necessaria una sentenza in merito emanata dalla corte». In pratica, la dimostrazione che le pesanti accuse rivolte a papa Ratzinger due anni fa erano inconsistenti. Tant’è che lo stesso avvocato Anderson, evidentemente più attento agli aspetti mediatico–spettacolari della causa che a quelli sostanziali, non avendo potuto provare la sua sconclusionata tesi ha preferito rinunciare alla battaglia legale e a una dura sconfitta.

    Ebbene, questa notizia, perché di notizia si tratta, quale spazio ha trovato nel circolo mediatico nostrano? La risposta è semplice: la “vittoria” giudiziaria della Santa Sede è stata riportata da Avvenire, dalla Stampa (Andrea Tornielli) e dal Tempo (Andrea Acali). Punto. Nel resto dei quotidiani nazionali non si è trovato spazio per un titolo né in prima pagina, né in quelle interne. La sproporzione con quanto accaduto il 26 marzo di due anni fa è plateale. E ingiustificata. Ha commentato amaramente la Radiovaticana: «Si è conclusa nel silenzio dei mass media una dolorosa vicenda di abusi che avrebbe voluto coinvolgere il Papa e la Santa Sede». La Chiesa sta affrontando con serietà e tenacia il terribile dramma degli abusi perpetrati al suo interno all’insegna della «guarigione» e del «rinnovamento».

    E Benedetto XVI, già quando da porporato guidava l’ex Sant’Uffizio, è fortemente impegnato a spingere tutto il corpo ecclesiale in questa direzione: attenzione primaria alle vittime degli abusi e alla guarigione delle ferite materiali e spirituali che hanno devastato le loro vite; rinnovamento nelle strutture, nelle norme e nel personale ecclesiastico – anche con duri provvedimenti canonici – per impedire che il male del passato si ripeta oggi e nel futuro. È giusto che la stampa segua questo processo con occhio vigile e, quando necessario, anche critico. Ma non è giusto che nasconda le notizie quando queste, si potrebbe pensare, non collimano con un proprio pregiudizio negativo verso la Chiesa e lo stesso Papa. Può darsi che oggi, o magari domani, queste righe verranno smentite dal fatto che anche i lettori degli altri giornali potranno finalmente sapere come è finita la storia che appresero dalle prime pagine di quel 26 marzo 2010. Saremmo i primi a rallegrarcene. E soprattutto sarebbe un buon segno per questo nostro mondo di carta.

    Gianni Cardinale

    http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/Dov%27è-finita-la-notizia.aspx

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    Dire male del Papa, ultimo sport d' America

    Perché il «politicamente corretto» vale per tutti meno che per i cattolici; DISCRIMINAZIONI Il giudaismo e l' islamismo sono più rispettati

    DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON - Philip Jenkins è docente di storia e di religione a Penn state, l' università della Pennsylvania, ed è autore di libri che innescano accesi dibattiti: tra di essi, Pedofili e preti e La nuova cristianità, di prossima pubblicazione in Italia. Ma con la sua opera più recente, Il nuovo anticattolicesimo: l' ultimo pregiudizio accettabile, Jenkins ha suscitato una controversia senza precedenti. In una minuziosa disanima dei media, della politica e delle arti americani, lo storico, un inglese episcopaliano, dimostra che la Chiesa cattolica in America è spesso considerata «un nemico pubblico», e ridotta «a uno stereotipo grossolano». E che a differenza di quelli contro il giudaismo o l' islamismo, gli attacchi contro di essa sono quasi sempre approvati o condonati. Nel Paese della libertà di religione, scrive Jenkins, è lecito denigrare il cattolicesimo. Come è nato questo libro? «E' nato dalle ricerche per i miei libri precedenti. Ho constatato che in America non c' è anticlericalismo ma c' è anticattolicesimo. C' è sempre stato, dai primi immigrati protestanti al movimento populista a quello razzista del Ku klux klan. Non è questione di destra o di sinistra, si è manifestato sia nell' una sia nell' altra a seconda dei tempi e delle circostanze». Chi sono oggi gli anticattolici? «Sono soprattutto gli intellettuali e i liberal. Si dice addirittura che l' anticattolicesimo sia l' antisemitismo dell' uomo colto. I demagoghi ce l' hanno con gli ebrei, gli uomini di cultura con i cattolici. E' un paradosso perché la Chiesa cattolica in America propugna le riforme sociali, il disarmo, la pace, cioè molte delle loro cause». C' è una spiegazione? «Credo che sia la centralità dei problemi sessuali nella società americana: il cattolicesimo è considerato antigay, antifemminista, e così via. Nel libro io lo contesto, tanto che ho intitolato polemicamente uno dei capitoli "La Chiesa odia le donne" e un altro "La Chiesa uccide i gay". Ma le accuse fanno presa sul pubblico». Lo scandalo dei preti pedofili ha aggravato i pregiudizi anticattolici? «I pregiudizi lo hanno ingigantito. Il termine preti pedofili è discriminatorio. Gli abusi sessuali nella Chiesa cattolica non sono più frequenti che nelle altre chiese o tra gli insegnanti delle scuole. Inoltre, di rado si tratta di pedofilia, perché le vittime hanno raggiunto o superato la pubertà. Gli abusi sono orrendi, sono crimini da punire e stroncare, non da strumentalizzare». L' anticattolicesimo ha influito sulle critiche riguardo al rapporto fra Pio XII e il nazismo? «A mio giudizio sì: è diventato un modo di attaccare la Chiesa. Un esempio: la Chiesa si oppone all' uso di certi contraccettivi per contenere l' aids. In reazione, i suoi nemici accusano Giovanni Paolo II di comportarsi con l' Aids come Pio XII con Hitler. Dicono testualmente: non fa nulla contro la versione virale del Führer». Non è un ritorno all' antipapismo? «L' antipapismo è sempre parte dell' anticattolicesimo. Il Papa a volte è una figura demoniaca per la sinistra Usa. Io ricordo che anni fa si scoprì un complotto islamico contro di lui e che i liberal se ne rallegrarono. Non è la persona di Giovanni Paolo II, è l' istituto: il suo successore andrà incontro alla stessa ostilità». Lei parla di un nuovo anticattolicesimo: in che senso è nuovo? «Molti americani pensarono che l' anticattolicesimo fosse finito con l' elezione del primo presidente cattolico, John Kennedy. Si sbagliavano. E' stato rinfocolato da problemi come l' aborto, dai dissensi interni della Chiesa e dal suo ritardo nel combattere il pregiudizio. Solo l' anno scorso la chiesa ha formato un gruppo per i diritti civili». E' possibile che l' anticattolicesimo scompaia? «E' difficile, come lo è che scompaia l' antisemitismo. La differenza è che l' antisemita in America viene subito denunciato e zittito. Temo che l' anticattolicesimo sia così radicato da rappresentare l' opposto di ciò che l' America si considera in un dato momento. L' America cambia spesso idea: se si ritiene progressista, dipinge il cattolicesimo come conservatore, e viceversa». Ma l' America non si rende conto che il cattolicesimo è una forza globale? «In America conta solo ciò che è americano. La chiesa cattolica è la più grande ma è una delle tante chiese del Paese, ed è oberata da stereotipi tipo "Inquisizione". Non scordiamo che tra i motivi della rivoluzione del 1776 ci fu la tolleranza degli inglesi per i cattolici. Qui la religione viene vissuta in modo combattivo se non settario. Persino la politica assume connotati religiosi. E' molto diverso che in Europa». Non è un pericolo per il principio della separazione tra stato e chiesa? «Può diventarlo. Attualmente è un fattore che pesa sugli affari internazionali. Gli americani vedono la Palestina meno favorevolmente degli europei, perché prendono la Bibbia molto sul serio, si sentono vicini a Israele. Gli europei giudicano il presidente Bush un fanatico religioso ma gli americani si identificano in lui. Rispettano Joe Lieberman, un candidato democratico alla Casa Bianca, perché è rigido nelle sue convinzioni di ebreo ortodosso». Ne «La nuova cristianità», lei ha scritto che essa troverà un terreno più fertile negli Usa che in Europa, perché? «L' immigrazione in Europa sarà soprattutto musulmana, in America soprattutto latino americana e asiatica. L' aspetto del cattolicesimo americano muterà: sarà più etnico. E uno dei cambiamenti maggiori riguarderà la Vergine: adesso in America la sua figura è secondaria, ma diverrà centrale».

    Caretto Ennio
    pag. 37

    (27 maggio 2003) - Corriere della Sera

    http://archiviostorico.corriere.it/2003/maggio/27/Dire_male_del_Papa_ultimo_co_0_030527103.shtml