29 maggio 2019

PAPA FRANCESCO: Domani (30 maggio 2019) celebreremo l’Ascensione del Signore Gesù

Per chi lo avesse dimenticato domani è l’Ascensione che nei lontani anni 70 politici cattolici (gli stessi che hanno firmato la legge sull’aborto) e che facevano uso di simboli religiosi avendo la Croce direttamente nel simbolo del partito, pensarono bene di abolire. Allora ci dissero che era per salvare i conti dell’Italia. Evidentemente la cosa non è riuscita vista la situazione attuale dei conti e abbiamo perso festività religiose con sentiti ringraziamenti degli atei comunisti e ora ci sono cattolici, compresi certi ecclesiastici, che ti fanno sceneggiate per un politico dotato di rosario....

PAPA FRANCESCO: Domani (30 maggio 2019) celebreremo l’Ascensione del Signore Gesù al Cielo. Come agli Apostoli, anche a noi oggi, il Signore ripete: «Non vi lascio orfani, io sarò con voi tutti i giorni fino alla fine» (cfr Gv 14, 17-18). Se sarete amici di Gesù, Egli farà sentire la sua presenza nella vostra vita, e non vi sentirete mai soli o abbandonati.

28 maggio 2019

il Rosario ostentazione di simboli religiosi? e allora quando un noto partito politico dei decenni passai la croce l'aveva nel proprio simbolo di partito?

Quanto si vede nell’immagine (una mia foto) mi appartiene, ora stando a quanto scrive un certo don (non il solito, ma altro esattamente sulla sponda opposta) ho fatto un uso spregiudicato uso di simboli religiosi? Mi dovrei vergognare perché ho mostrato la mia Bibbia e il mio Rosario e sarebbe preferibile che celo tutto con bel velo altrimenti ci sono cattolici che si potrebbero indignare per tale mia ostentazione?

25 maggio 2019

Don smemorati.....

Certo che ci vuole una bella faccia tosta per negare che di aver accusato il Papa di essere un eretico quando si è firmata la petizione per mettere sotto accusa il Papa per eresia.... una bella faccia ci vuole....

22 maggio 2019

Catechesi sul “Padre nostro”: 16. Ovunque tu sia, invoca il Padre


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!


Oggi concludiamo il ciclo di catechesi sul “Padre nostro”. Possiamo dire che la preghiera cristiana nasce dall’audacia di chiamare Dio con il nome di “Padre”. Questa è la radice della preghiera cristiana: dire “Padre” a Dio. Ma ci vuole coraggio! Non si tratta tanto di una formula, quanto di un’intimità filiale in cui siamo introdotti per grazia: Gesù è il rivelatore del Padre e ci dona la familiarità con Lui. «Non ci lascia una formula da ripetere meccanicamente. Come per qualsiasi preghiera vocale, è attraverso la Parola di Dio che lo Spirito Santo insegna ai figli di Dio a pregare il loro Padre» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2766). Gesù stesso ha usato diverse espressioni per pregare il Padre. Se leggiamo con attenzione i Vangeli, scopriamo che queste espressioni di preghiera che affiorano sulle labbra di Gesù richiamano il testo del “Padre nostro”.

Per esempio, nella notte del Getsemani Gesù prega in questa maniera: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu» (Mc 14,36). Abbiamo già richiamato questo testo del Vangelo di Marco. Come non riconoscere in questa preghiera, per quanto breve, una traccia del “Padre nostro”? In mezzo alle tenebre, Gesù invoca Dio col nome di “Abbà”, con fiducia filiale e, pur sentendo paura e angoscia, chiede che si compia la sua volontà.

In altri passi del Vangelo Gesù insiste con i suoi discepoli, perché coltivino uno spirito di orazione. La preghiera deve essere insistente, e soprattutto deve portare il ricordo dei fratelli, specialmente quando viviamo rapporti difficili con loro. Dice Gesù: «Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe» (Mc 11,25). Come non riconoscere in queste espressioni l’assonanza con il “Padre nostro”? E gli esempi potrebbero essere numerosi, anche per noi.

Negli scritti di San Paolo non troviamo il testo del “Padre nostro”, ma la sua presenza emerge in quella sintesi stupenda dove l’invocazione del cristiano si condensa in una sola parola: “Abbà!” (cfr Rm 8,15; Gal 4,6).

Nel Vangelo di Luca, Gesù soddisfa pienamente la richiesta dei discepoli che, vedendolo spesso appartarsi e immergersi in preghiera, un giorno si decidono a chiedergli: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni – il Battista – ha insegnato ai suoi discepoli» (11,1). E allora il Maestro insegnò loro la preghiera al Padre.

Considerando nel complesso il Nuovo Testamento, si vede chiaramente che il primo protagonista di ogni preghiera cristiana è lo Spirito Santo. Ma non dimentichiamo questo: protagonista di ogni preghiera cristiana è lo Spirito Santo. Noi non potremmo mai pregare senza la forza dello Spirito Santo. È Lui che prega in noi e ci muove a pregare bene. Possiamo chiedere allo Spirito che ci insegni a pregare, perché Lui è il protagonista, quello che fa la vera preghiera in noi. Lui soffia nel cuore di ognuno di noi, che siamo discepoli di Gesù. Lo Spirito ci rende capaci di pregare come figli di Dio, quali realmente siamo per il Battesimo. Lo Spirito ci fa pregare nel “solco” che Gesù ha scavato per noi. Questo è il mistero della preghiera cristiana: per grazia siamo attratti in quel dialogo di amore della Santissima Trinità.

Gesù pregava così. Qualche volta ha usato espressioni che sono sicuramente molto lontane dal testo del “Padre nostro”. Pensiamo alle parole iniziali del salmo 22, che Gesù pronuncia sulla croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46). Può il Padre celeste abbandonare il suo Figlio? No, certamente. Eppure l’amore per noi, peccatori, ha portato Gesù fino a questo punto: fino a sperimentare l’abbandono di Dio, la sua lontananza, perché ha preso su di sé tutti i nostri peccati. Ma anche nel grido angosciato, rimane il «Dio mio, Dio mio». In quel “mio” c’è il nucleo della relazione col Padre, c’è il nucleo della fede e della preghiera.

Ecco perché, a partire da questo nucleo, un cristiano può pregare in ogni situazione. Può assumere tutte le preghiere della Bibbia, dei Salmi specialmente; ma può pregare anche con tante espressioni che in millenni di storia sono sgorgate dal cuore degli uomini. E al Padre non cessiamo mai di raccontare dei nostri fratelli e sorelle in umanità, perché nessuno di loro, i poveri specialmente, rimanga senza una consolazione e una porzione di amore.

Al termine di questa catechesi, possiamo ripetere quella preghiera di Gesù: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli» (Lc 10,21). Per pregare dobbiamo farci piccoli, perché lo Spirito Santo venga in noi e sia Lui a guidarci nella preghiera.

20 maggio 2019

🤔🤔🤔🤔🤔🤔 don che dicono che non camminiamo per andare in paradiso?

Leggo in facebook un post cattolico dove si afferma quanto segue: “il paradiso spesso e volentieri è solo la pia proiezione dei propri desideri” e “non camminiamo per andare in paradiso ma per costruirlo, qui fin da ora perché la terra e la vita siano il paradiso per tutta l’umanità”

E io a questo punto non posso che chiedermi cosa vogliono dire le parole finali del Credo quando diciamo “aspetto la risurrezione dei morti e la vita nel mondo che verrà”

Mi chiedo cosa voglia dire anche San Paolo con queste parole: “Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo..... “ Col 3.1 se non camminiamo per andare in paradiso che le cerchiamo a fare le cose di lassù?

E quando Gesù dice che va a prepararci un posto e quando ritornerà ci prenderà con lui affinché dove sta lui siamo anche noi? Gv 25,1-4 se come qualcuno sostiene che non camminiamo per andare in paradiso che ci importa che Gesù vada a prepararci un posto che evidentemente non è su questa terra?

E se non camminiamo per andare in paradiso allora quando Gesù ci dice che chi crede in lui ha la vita eterna? E dove questa vita eterna se non in paradiso?
Poi certo, il Regno di Cieli come dice Gesù è già giunto a noi ma se il paradiso lo si fa diventare solo una pia proiezione dei nostri desideri allora quando Gesù sulla croce ha detto al malfattore che gli chiedeva di ricordarsi di lui quando sarebbe venuto con il suo regno, Gesù rispondendo “oggi sarai con me in paradiso” ha assecondato il malfattore nelle sue fantasie riguardo il regno dei cieli?

E se la terrà e la vita sono il paradiso per l’umanità che cose ne è dei nuovi cieli e nuova terra?
🤔🤔🤔🤔🤔🤔

18 maggio 2019

❤️ Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. 
E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. 
Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: 
«Ecco la tenda di Dio con gli uomini!
Egli abiterà con loro 
ed essi saranno suoi popoli
ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.
E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi
e non vi sarà più la morte
né lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passate».
E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose».

17 maggio 2019

Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore.

Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».

Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me».


16 maggio 2019

La carità del Papa

Vorrei ricordare che la carità del Papa che non fa rumore, è principalmente la nostra carità perché se le donazioni non arrivano non è che il Papa o chi per lui di carità ne può fare molto

Elemosineria Apostolica

Obolo di San Pietro



12 maggio 2019

Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo

Io, Giovanni, vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani.

E uno degli anziani disse: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.

Non avranno più fame né avranno più sete,
non li colpirà il sole né arsura alcuna,
perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono,
sarà il loro pastore
e li guiderà alle fonti delle acque della vita.
E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi».

11 maggio 2019

Vedete un po voi chi sono i veri eretici...

Ormai non si può che concludere che sia il don Tullio Rotondo come anche il vaticanista A.M.Valli abbiano firmato la petizione contro Papa Francesco a loro dire eretico. Come non posso far altro che notare che questi signori, sostenendo che quella odierna è la più grave crisi nella storia della Chiesa, ben peggiore di quella passata nel periodo della riforma protestante, e che quindi l’attuale Chiesa è allo sfacelo, fanno di Cristo un bugiardo visto che Lui stesso che ci ha detto che le porte dell’inferno mai prevarranno contro la Sua Chiesa, e mettono anche in dubbio che la Chiesa stessa sia assistita dallo Spirito Santo, visto che non si capisce come mai lo Spirito Santo abbia consentito ad un eretico, come lo è secondo questi signori Papa Francesco, di essere il Vicario di Cristo.



9 maggio 2019

Tanto per rinfrescare la memoria riguardo zingari e Chiesa, visto che c'è chi si è scandalizzato per l'incontro odierno di Papa Francesco

Papa Benedetto XVI ha incontrato i rom e zingari.... ops! zingari non si può più dire, sembra offensivo, ma il documento ufficiale Santa Sede li chiama zingari

VATICAN.VA

Giovanni Paolo II rivolgendosi ai partecipanti al centro studi zingari (come sopra, zingari non si può più dire ecc ecc) conclude con queste parole: "La Vergine Maria, Regina degli Zingari (aridaje!), vi sostenga e vi accompagni sempre."

VATICAN.VA

Paolo VI nel lontano settembre 1965 è stato tra i zingari. Ops! zingari non si può più dire ma San Paolo VI li ha chiamati "cari zingari"

VATICAN.VA

...e ora magari sarò censurato perché ho usato il termine "zingaro". Meno male che dalla mia ho tre Papi due dei quali santi

Il Fatto Quotidiano


Incontro di preghiera con il Popolo Rom e Sinti, 09.05.2019
Discorso del Santo Padre

Delle cose che ho sentito, tante mi hanno toccato il cuore, ma prendiamone una per incominciare, poi arriveranno le altre.

Questa mamma che ha parlato, mi ha toccato il cuore quando ha detto che lei “leggeva”, “vedeva” la speranza negli occhi dei figli. Ne ha quattro, mi ha detto, e questo va bene, questi sono due. La speranza può deludere se non è vera speranza, ma quando la speranza è concreta, come in questo caso, negli occhi dei figli, mai delude, mai delude!

Quando la speranza è concreta, nel Dio vero, mai delude. Le mamme che leggono la speranza negli occhi dei figli lottano tutti i giorni per la concretezza, non per le cose astratte, no: crescere un figlio, dargli da mangiare, educarlo, inserirlo nella società… Sono cose concrete. E anche le mamme – oserei dire – sono speranza. Una donna che mette al mondo un figlio è speranza, semina speranza, è capace di fare strada, di creare orizzonti, di dare speranza.

In ambedue le testimonianze c’era sempre il dolore amaro della separazione: una cosa che si sente sulla pelle, non con le orecchie. Ti mettono da parte, ti dicono: “Sì, sì, tu passi, ma stai lì, non toccarmi”. [Si rivolge al giovane prete che ha fatto la testimonianza] In seminario, ti domandavano se chiedevi l’elemosina, se andavi a Termini... La società vive delle favole, delle cose… “No, Padre, quella gente è peccatrice!...”. E tu, non sei peccatore? Tutti noi lo siamo, tutti. Tutti facciamo sbagli nella vita, ma io non posso lavarmene le mani, guardando i veri o finti peccati altrui. Io devo guardare i miei peccati, e se l’altro è in peccato, fa una strada sbagliata, avvicinarmi e dargli la mano per aiutarlo ad uscire.

Una cosa che a me fa arrabbiare è che si siamo abituati a parlare della gente con gli aggettivi. Non diciamo: “Questa è una persona, questa è una mamma, questo è un giovane prete”, ma: “Questo è così, questo è così…”. Mettiamo l’aggettivo. E questo distrugge, perché non lascia che emerga la persona. Questa è una persona, questa è un’altra persona, questa è un’altra persona. I bambini sono persone. Tutti. Non possiamo dire: sono così, sono brutti, sono buoni, sono cattivi. L’aggettivo è una delle cose che crea distanze tra la mente e il cuore, come ha detto il Cardinale [Bassetti]. È questo il problema di oggi. Se voi mi dite che è un problema politico, un problema sociale, che è un problema culturale, un problema di lingua: sono cose secondarie. Il problema è un problema di distanza tra la mente e il cuore. Questo: è un problema di distanza. “Sì, sì, tu sei una persona, ma lontano da me, lontano dal mio cuore”. I diritti sociali, i servizi sanitari: “Sì, sì, ma faccia la coda… No, prima questo, poi questo”. È vero, ci sono cittadini di seconda classe, è vero. Ma i veri cittadini di seconda classe sono quelli che scartano la gente: questi sono di seconda classe, perché non sanno abbracciare. Sempre con l’aggettivo buttano fuori, scartano, e vivono scartando, vivono con la scopa in mano buttando fuori gli altri, o con il chiacchiericcio o con altre cose. Invece la vera strada è quella della fratellanza: “Vieni, poi parliamo, ma vieni, la porta è aperta”. E tutti dobbiamo collaborare.

Voi potete avere un pericolo… – tutti abbiamo sempre un pericolo – una debolezza, diciamo così, la debolezza forse di lasciar crescere il rancore. Si capisce, è umano. Ma vi chiedo, per favore, il cuore più grande, più largo ancora: niente rancore. E andare avanti con la dignità: la dignità della famiglia, la dignità del lavoro, la dignità di guadagnarsi il pane di ogni giorno – è questo che ti fa andare avanti – e la dignità della preghiera. Sempre guardando avanti. E quando viene il rancore, lascia perdere, poi la storia ci farà giustizia. Perché il rancore fa ammalare tutto: fa ammalare il cuore, la testa, tutto. Fa ammalare la famiglia, e non va bene, perché il rancore ti porta alla vendetta: “Tu fai così…”. Ma la vendetta io credo che non l’avete inventata voi. In Italia ci sono organizzazioni che sono maestre di vendetta. Voi mi capite bene, no? Un gruppo di gente che è capace di creare la vendetta, di vivere nell’omertà: questo è un gruppo di gente delinquente; non la gente che vuole lavorare.

Voi andate avanti con la dignità, con il lavoro… E quando si vedono le difficoltà, guardate in alto e troverete che lì ci stanno guardando. Ti guarda. C’è Uno che ti guarda prima, che ti vuole bene, Uno che ha dovuto vivere ai margini, da bambino, per salvare la vita, nascosto, profugo: Uno che ha sofferto per te, che ha dato la vita sulla croce. È Uno, come abbiamo sentito nella Lettura che tu hai fatto, che va cercando te per consolarti e incoraggiarti ad andare avanti. Per questo vi dico: niente distanza; a voi e a tutti: la mente con il cuore. Niente aggettivi, no: tutte persone, ognuno meriterà il proprio aggettivo, ma non aggettivi generali, secondo la vita che fai. Abbiamo sentito un bel nome, che include le mamme; è un bel nome questo: “mamma”. È una cosa bella.

Vi ringrazio tanto, prego per voi, vi sono vicino. E quando leggo sul giornale qualcosa di brutto, vi dico la verità, soffro. Oggi ho letto qualcosa di brutto e soffro, perché questa non è civiltà, non è civiltà. L’amore è la civiltà, perciò avanti con l’amore.

Il Signore vi benedica. E pregate per me!

7 maggio 2019

«Chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete», ci ha appena detto il Signore (Gv 6,35).

SANTA MESSA
OMELIA DEL SANTO PADRE 
Piazza Macedonia (Skopje)
Martedì, 7 maggio 2019




Nel Vangelo, attorno a Gesù, si concentra una folla che aveva ancora negli occhi la moltiplicazione dei pani. Uno di quei momenti che sono rimasti impressi negli occhi e nel cuore della prima comunità dei discepoli. Era stata una festa... La festa di scoprire la sovrabbondanza e la sollecitudine di Dio verso i suoi figli, resi fratelli nel dividere e condividere il pane. Immaginiamo per un momento quella folla. Qualcosa era cambiato. Per qualche istante, quelle persone assetate e silenziose che seguivano Gesù alla ricerca di una parola sono state in grado di toccare con le loro mani e sentire nei loro corpi il miracolo della fraternità capace di saziare e di far sovrabbondare.

Il Signore è venuto per dare vita al mondo e lo fa sempre in un modo che riesce a sfidare la ristrettezza dei nostri calcoli, la mediocrità delle nostre aspettative e la superficialità dei nostri intellettualismi; mette in discussione le nostre vedute e le nostre certezze, invitandoci a passare a un orizzonte nuovo che dà spazio a un modo diverso di costruire la realtà. Lui è il Pane vivo disceso dal cielo, «chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete».

Tutta quella gente scoprì che la fame di pane aveva anche altri nomi: fame di Dio, fame di fraternità, fame di incontro e di festa condivisa.

Ci siamo abituati a mangiare il pane duro della disinformazione e siamo finiti prigionieri del discredito, delle etichette e dell’infamia; abbiamo creduto che il conformismo avrebbe saziato la nostra sete e abbiamo finito per abbeverarci di indifferenza e di insensibilità; ci siamo nutriti con sogni di splendore e grandezza e abbiamo finito per mangiare distrazione, chiusura e solitudine; ci siamo ingozzati di connessioni e abbiamo perso il gusto della fraternità. Abbiamo cercato il risultato rapido e sicuro e ci troviamo oppressi dall’impazienza e dall’ansia. Prigionieri della virtualità, abbiamo perso il gusto e il sapore della realtà.

Diciamolo con forza e senza paura: abbiamo fame, Signore… Abbiamo fame, Signore, del pane della tua Parola capace di aprire le nostre chiusure e le nostre solitudini; abbiamo fame, Signore, di fraternità dove l’indifferenza, il discredito, l’infamia non riempiano le nostre tavole e non prendano il primo posto a casa nostra. Abbiamo fame, Signore, di incontri in cui la tua Parola sia in grado di elevare la speranza, risvegliare la tenerezza, sensibilizzare il cuore aprendo vie di trasformazione e conversione.

Abbiamo fame, Signore, di sperimentare, come quella folla, la moltiplicazione della tua misericordia, capace di rompere gli stereotipi e dividere e condividere la compassione del Padre per ogni persona, specialmente per coloro di cui nessuno si prende cura, che sono dimenticati o disprezzati. Diciamolo con forza e senza paura, abbiamo fame di pane, Signore: del pane della tua parola e del pane della fraternità.

Tra pochi istanti, ci metteremo in movimento, andremo alla mensa dell’altare per nutrirci del Pane della Vita seguendo il mandato del Signore: «chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete» (Gv 6,35). È l’unica cosa che il Signore ci chiede: venite. Ci invita a metterci in cammino, in movimento, in uscita. Ci esorta a camminare verso di Lui per renderci partecipi della sua stessa vita e della sua stessa missione. “Venite”, ci dice il Signore: un venire che non significa solo spostarsi da un posto all’altro, bensì la capacità di lasciarci smuovere, trasformare dalla sua Parola nelle nostre scelte, nei sentimenti, nelle priorità per avventurarci a fare i suoi stessi gesti e parlare col suo stesso linguaggio, «il linguaggio del pane che dice tenerezza, compagnia, dedizione generosa agli altri»,[1] amore concreto e palpabile perché quotidiano e reale.

In ogni Eucaristia, il Signore si spezza e si distribuisce e invita anche noi a spezzarci e distribuirci insieme a Lui e a partecipare a quel miracolo moltiplicatore che vuole raggiungere e toccare ogni angolo di questa città, di questo Paese, di questa terra con un poco di tenerezza e di compassione.

Fame di pane, fame di fraternità, fame di Dio. Come conosceva bene tutto questo Madre Teresa, che ha voluto fondare la sua vita su due pilastri: Gesù incarnato nell’Eucaristia e Gesù incarnato nei poveri! Amore che riceviamo, amore che doniamo. Due pilastri inseparabili che hanno segnato il suo cammino, l’hanno messa in movimento, desiderosa anch’essa di placare la sua fame e la sua sete. È andata dal Signore e nello stesso atto è andata dal fratello disprezzato, non amato, solo e dimenticato; è andata dal fratello e ha trovato il volto del Signore... Perché sapeva che «amore di Dio e amore del prossimo si fondono insieme: nel più piccolo incontriamo Gesù stesso e in Gesù incontriamo Dio»,[2] e quell’amore era l’unica cosa capace di saziare la sua fame.

Fratelli, oggi il Signore Risorto continua a camminare in mezzo a noi, là dove passa e si gioca la vita quotidiana. Conosce la nostra fame e ci dice ancora: «chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete» (Gv 6,35). Incoraggiamoci a vicenda ad alzarci in piedi e a sperimentare l’abbondanza del suo amore; lasciamo che Egli sazi la nostra fame e sete nel sacramento dell’altare e nel sacramento del fratello.

Al termine della Messa a Skopje

Cari fratelli e sorelle,

prima della Benedizione finale sento il bisogno di esprimere la mia gratitudine. Ringrazio il Vescovo di Skopje per le sue parole e soprattutto per il lavoro fatto in preparazione di questa giornata. E insieme con lui ringrazio quanti hanno collaborato, sacerdoti, religiosi e fedeli laici. Grazie di cuore a tutti!

E rinnovo la mia riconoscenza anche alle Autorità civili del Paese, alle forze dell’ordine e ai volontari. Il Signore saprà donare a ciascuno la migliore ricompensa. Da parte mia, vi porto nella mia preghiera, e chiedo anche a voi di pregare per me.


[1] J.M. Bergoglio, Homilía Corpus Christi, Buenos Aires, 1995.

[2] Benedetto XVI, Enc. Deus caritas est, 15.

1 maggio 2019

La domanda mi sorge spontanea....

... visto che una schiera di teologi e papi formatisi in Facebook e Google sostengono che Dio ci tenta dando dell'eretico a Papa Francesco.

Ma per caso San Giacomo apostolo, l'autore di una delle lettere che fanno parte della Scrittura, era un eretico anche lui visto che nella sua lettera scrive che non è Dio a tentarci?

"Nessuno, quando è tentato, dica: «Sono tentato da Dio»; perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male. Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce" Gc 1,13-14

Giacomo 1,13 "Nessuno, quando è tentato, dica: «Sono tentato da Dio»; perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male."

PAPA FRANCESCO
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 1 maggio 2019



Catechesi sul “Padre nostro”: 14. Non abbandonarci alla tentazione

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Proseguiamo nella catechesi sul “Padre nostro”, arrivando ormai alla penultima invocazione: «Non abbandonarci alla tentazione» (Mt 6,13). Un’altra versione dice: “Non lasciare che cadiamo in tentazione”. Il “Padre nostro” incomincia in maniera serena: ci fa desiderare che il grande progetto di Dio si possa compiere in mezzo a noi. Poi getta uno sguardo sulla vita, e ci fa domandare ciò di cui abbiamo bisogno ogni giorno: il “pane quotidiano”. Poi la preghiera si rivolge alle nostre relazioni interpersonali, spesso inquinate dall’egoismo: chiediamo il perdono e ci impegniamo a darlo. Ma è con questa penultima invocazione che il nostro dialogo con il Padre celeste entra, per così dire, nel vivo del dramma, cioè sul terreno del confronto tra la nostra libertà e le insidie del maligno.

Come è noto, l’espressione originale greca contenuta nei Vangeli è difficile da rendere in maniera esatta, e tutte le traduzioni moderne sono un po’ zoppicanti. Su un elemento però possiamo convergere in maniera unanime: comunque si comprenda il testo, dobbiamo escludere che sia Dio il protagonista delle tentazioni che incombono sul cammino dell’uomo. Come se Dio stesse in agguato per tendere insidie e tranelli ai suoi figli. Un’interpretazione di questo genere contrasta anzitutto con il testo stesso, ed è lontana dall’immagine di Dio che Gesù ci ha rivelato. Non dimentichiamo: il “Padre nostro” incomincia con “Padre”. E un padre non fa dei tranelli ai figli. I cristiani non hanno a che fare con un Dio invidioso, in competizione con l’uomo, o che si diverte a metterlo alla prova. Queste sono le immagini di tante divinità pagane. Leggiamo nella Lettera di Giacomo apostolo: «Nessuno, quando è tentato, dica: “Sono tentato da Dio”; perché Dio non può essere tentato al male ed egli non tenta nessuno» (1,13). Semmai il contrario: il Padre non è l’autore del male, a nessun figlio che chiede un pesce dà una serpe (cfr Lc 11,11) – come Gesù insegna – e quando il male si affaccia nella vita dell’uomo, combatte al suo fianco, perché possa esserne liberato. Un Dio che sempre combatte per noi, non contro di noi. È il Padre! È in questo senso che noi preghiamo il “Padre nostro”.

Questi due momenti – la prova e la tentazione – sono stati misteriosamente presenti nella vita di Gesù stesso. In questa esperienza il Figlio di Dio si è fatto completamente nostro fratello, in una maniera che sfiora quasi lo scandalo. E sono proprio questi brani evangelici a dimostrarci che le invocazioni più difficili del “Padre nostro”, quelle che chiudono il testo, sono già state esaudite: Dio non ci ha lasciato soli, ma in Gesù Egli si manifesta come il “Dio-con-noi” fino alle estreme conseguenze. È con noi quando ci dà la vita, è con noi durante la vita, è con noi nella gioia, è con noi nelle prove, è con noi nelle tristezze, è con noi nelle sconfitte, quando noi pecchiamo, ma sempre è con noi, perché è Padre e non può abbandonarci.

Se siamo tentati di compiere il male, negando la fraternità con gli altri e desiderando un potere assoluto su tutto e tutti, Gesù ha già combattuto per noi questa tentazione: lo attestano le prime pagine dei Vangeli. Subito dopo aver ricevuto il battesimo da Giovanni, in mezzo alla folla dei peccatori, Gesù si ritira nel deserto e viene tentato da Satana. Incomincia così la vita pubblica di Gesù, con la tentazione che viene da Satana. Satana era presente. Tanta gente dice: “Ma perché parlare del diavolo che è una cosa antica? Il diavolo non esiste”. Ma guarda che cosa ti insegna il Vangelo: Gesù si è confrontato con il diavolo, è stato tentato da Satana. Ma Gesù respinge ogni tentazione ed esce vittorioso. Il Vangelo di Matteo ha una nota interessante che chiude il duello tra Gesù e il Nemico: «Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano» (4,11).

Ma anche nel tempo della prova suprema Dio non ci lascia soli. Quando Gesù si ritira a pregare nel Getsemani, il suo cuore viene invaso da un’angoscia indicibile – così dice ai discepoli – ed Egli sperimenta la solitudine e l’abbandono. Solo, con la responsabilità di tutti i peccati del mondo sulle spalle; solo, con un’angoscia indicibile. La prova è tanto lacerante che capita qualcosa di inaspettato. Gesù non mendica mai amore per sé stesso, eppure in quella notte sente la sua anima triste fino alla morte, e allora chiede la vicinanza dei suoi amici: «Restate qui e vegliate con me!» (Mt 26,38). Come sappiamo, i discepoli, appesantiti da un torpore causato dalla paura, si addormentarono. Nel tempo dell’agonia, Dio chiede all’uomo di non abbandonarlo, e l’uomo invece dorme. Nel tempo in cui l’uomo conosce la sua prova, Dio invece veglia. Nei momenti più brutti della nostra vita, nei momenti più sofferenti, nei momenti più angoscianti, Dio veglia con noi, Dio lotta con noi, è sempre vicino a noi. Perché? Perché è Padre. Così abbiamo incominciato la preghiera: “Padre nostro”. E un padre non abbandona i suoi figli. Quella notte di dolore di Gesù, di lotta sono l’ultimo sigillo dell’Incarnazione: Dio scende a trovarci nei nostri abissi e nei travagli che costellano la storia.

È il nostro conforto nell’ora della prova: sapere che quella valle, da quando Gesù l’ha attraversata, non è più desolata, ma è benedetta dalla presenza del Figlio di Dio. Lui non ci abbandonerà mai!

Allontana dunque da noi, o Dio, il tempo della prova e della tentazione. Ma quando arriverà per noi questo tempo, Padre nostro, mostraci che non siamo soli. Tu sei il Padre. Mostraci che il Cristo ha già preso su di sé anche il peso di quella croce. Mostraci che Gesù ci chiama a portarla con Lui, abbandonandoci fiduciosi al tuo amore di Padre. Grazie.