30 maggio 2014

Giovanni XXIII e giovanni Paolo II, due papi che con il magistero e con le opere hanno apertamente combattuto contro l'azione del diavolo nella storia degli uomini.

Riascolteremo le loro parole ma racconteremo anche alcuni episodi, in particolare di Karol Wojtyla, in cui questa lotta ha assunto un aspetto diretto e personale, con la pratica di preghiere di liberazione ed esorcismi. Un racconto che si avvale anche di testimonianze inedite, come quella di don Gabriele Amorth e di don Baldino, un anziano parroco di Terni che accompagnò personalmente da Giovanni Paolo II una ragazza con disturbi diabolici.


29 maggio 2014

Maria nei Padri della Chiesa

Giustino martire: Dialogo con Trifone 100, PG 6, 712,

II Figlio di Dio si è fatto uomo per mezzo della Vergine, affinchè la disobbedienza provocata dal serpente fosse annullata attraverso la stessa via per la quale prese inizio. Come infatti Èva, che era vergine e incorrotta, dopo aver accolto la parola del serpente, partorì disobbedienza e morte, allo stesso modo Maria, la Vergine, avendo ricevuto dall'Angelo Gabriele il buon annuncio che lo Spirito Santo sarebbe disceso su di lei e che la potenza dell'Altissimo l'avrebbe adombrata, concepì fede e gioia, per cui il santo nato da lei sarebbe stato il Figlio di Dio. Perciò rispose: " Mi avvenga secondo la tua parola " (Le 1,38). Cosi per mezzo di lei è nato colui a proposito del quale, come abbiamo dimostrato, sono state dettate tante Scritture. Per mezzo di lui Dio abbatte anche il serpente, insieme a quegli angeli e a quegli uomini che sono divenuti simili a lui.

Ireneo: Contro le eresie 3,22

È proprio nel contesto della dottrina della ricapitolazione di tutte le cose in Cristo che Ireneo spiega il ruolo della Vergine santa nel piano divino della salvezza, ricorrendo al parallelismo Eva-Maria. Mentre Giustino, come si è visto, aveva toccato questo tema casualmente, Ireneo ne trae lo spunto per una più matura e profonda riflessione teologica:

Come Èva, la quale, pur avendo come marito Adamo, era ancora vergine..., disobbedendo divenne causa di morte per sé e per tutto il genere umano, allo stesso modo Maria, che, pur avendo lo sposo, era ancora vergine, obbedendo divenne causa di salvezza per sé e per l'intero genere umano... Così dunque il processo della disobbedienza di Èva trovò la soluzione grazie all'obbedienza di Maria. Ciò che Èva aveva legato a causa della sua incredulità, Maria lo ha sciolto mediante la sua fede.

Ireneo: Contro le eresie 5,19

Come Èva fu sedotta dalla parola dell'angelo (decaduto) al punto di fuggire davanti a dìo, avendo trasgredito la sua parola, così Maria ricevette il lieto annuncio per mezzo della parola dell'angelo, cosicché, obbedendo alla sua parola, portò Dio dentro di sé. E come quella si lasciò sedurre fino a disobbedire a Dio, così questa si lasciò persuadere in modo da obbedire a dìo. Per questo la Vergine Maria divenne avvocata della vergine Èva.

E come il genere umano fu legato alla morte a causa di una vergine, così ne fu liberato per mezzo di una Vergine, giacché la disobbedienza di una vergine fu controbilanciata dall'obbedienza della Vergine.

Se dunque il peccato del primo uomo fu riparato dalla retta condotta del Figlio primogenito (di Dio); se la scaltrezza del serpente fu vinta dalla semplicità della colomba (Maria), e se sono stati spezzati i legami che ci tenevano vincolati alla morte, sono stolti gli eretici: essi ignorano l'economia di Dio; ignorano la sua opera nei confronti dell'uomo .

Ireneo: Dimostrazione 33

Era conveniente e giusto che Adamo fosse ricapitolato in Cristo affinchè la morte fosse assorbita nell’immortalità e che Eva fosse ricapitolata in Maria, affinchè la Vergine, divenuta avvocata di un’altra vergine, potesse annullare e distruggere con la sua verginale obbedienza, la disobbedienza verginale.

IL NUOVO ADAMO E LA NUOVA ÈVA 

...L'apostolo Paolo, nella lettera ai Galati, afferma chiaramente che " dìo mandò il proprio Figlio, nato da una donna " (Gai 4,4). E anche nella lettera ai Romani dice: "Riguardo al Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne; costituito Figlio di dìo nella potenza, secondo lo Spirito di santificazione Ìn seguito alla risurrezione dai morti, Gesù Cristo nostro Signore" (Rm 1,3-4).

Se così non fosse, la sua discesa in Maria sarebbe inutile. A quale scopo infatti sarebbe disceso dentro di lei, se da lei non avesse dovuto prendere nulla? E inoltre, se non avesse preso nulla da Maria, non si sarebbe accostato ai cibi terreni; ne, dopo aver digiunato quaranta giorni come Mosè ed Elia, avrebbe patito la fame (cf. Mt 4,2) se il suo corpo non avesse sentito il bisogno del nutrimento; ne Giovanni, suo discepolo, avrebbe scritto di lui asserendo: " Gesù, stanco del viaggio, se ne stava seduto" (Gv 4,6). Neppure Davide avrebbe predetto di lui: "Hanno fatto un'aggiunta al dolore delle mie piaghe" (Sai 68,27). Ne Gesù avrebbe pianto su Lazzaro (cf. Gv 11,35) o sudato gocce di sangue (cf. Le 22,44) o detto: " L'anima mia è triste " (Mt 26,38); ne dal suo fianco colpito sarebbero sgorgati sangue e acqua (cf. Gv 19,34). Orbene questi fatti sono tutti dei segni che egli prese carne dalla terra, ricapitolando in se stesso questa carne al fine di salvare la propria creatura.

Per questo Luca descrive una genealogia che va dalla nascita del Signore nostro fino ad Adamo, comprendendo settantadue generazioni (cf. Le 3,23-38). Così il Signore congiunse la fine all'inizio e fa vedere come egli abbia ricapitolato in se stesso tutte le genti disseminate a partire dai tempi di Adamo e tutte le lingue e le generazioni umane unitamente al medesimo Adamo. Perciò lo stesso Adamo è stato definito da Paolo " figura di colui che doveva venire " (Rm 5,14). Il Verbo infatti, che è l'artefice di tutte le cose, aveva prefigurato in lui la futura economia secondo la quale il Figlio di Dio si sarebbe rivestito della natura umana. Dapprima Dio aveva creato l'uomo animale, evidentemente perché potesse essere salvato dall'uomo spirituale (cf. ICor 15,46). Siccome il Salvatore era preesistente, doveva venire all'esistenza anche la creatura che sarebbe dovuta essere salvata, affinchè il Salvatore non fosse inutile.

In conformità con questo disegno, accadde che la Vergine Maria fu trovata obbediente allorché disse: " Ecco la tua serva; mi avvenga secondo quanto hai detto" (Le 1,38). Ma Èva disobbedì; e lo fece quando era ancora vergine. Come Èva, che pure aveva quale marito Adamo, era ancora vergine allora — infatti " erano ambedue nudi " nel paradiso " e non ne provavano vergogna" (Gn 2,25), dal momento che erano stati creati poco tempo prima e non avevano idea alcuna a proposito della generazione dei figli: infatti occorreva che prima diventassero adulti e che solo allora incominciassero a moltiplicarsi — come Èva dunque, avendo disobbedito, divenne causa di morte per sé e per tutto il genere umano, così Maria, che pur avendo lo sposo a lei destinato era ancora vergine, obbedendo divenne causa di salvezza per sé e per tutto il genere umano.

Ireneo: Contro le eresie 3,22

Per tale motivo la legge chiama la donna fidanzata a un uomo, moglie di colui che l'ha presa come fidanzata, anche se costei è ancora vergine; con questa espressione infatti vuole indicare retrospettivamente il riferimento di Maria ad Èva. In effetti se qualcosa è stata legata, non può essere sciolta se non disfacendo in senso inverso i nodi del legame, cosicché i primi nodi vengono sciolti mediante il disfacimento dei successivi e, inversamente, sono questi ultimi che liberano i primi. In una parola: il primo nodo è sciolto dal secondo e il secondo causa lo scioglimento del primo.

È questa la ragione per cui il Signore ha dichiarato che i primi sarebbero stati in realtà gli ultimi e gli ultimi i primi (cf. Mt 19,30). Anche il profeta afferma la stessa cosa quando dice: " Al posto dei padri, ti sono stati generati dei figli" (Sai 44,17). Il Signore, infatti, essendo divenuto " il Primogenito dei morti " (cf. Col 1,18) e avendo accolto nel suo seno gli antichi padri, li ha rigenerati alla vita di Dio, divenendo egli stesso il primo dei viventi (cf. Col 1,18), come Adamo era diventato il primo dei morti. Perciò Luca, volendo individuare gli inizi della genealogia del Signore, la riconduce indietro ad Adamo, indicando che non sono stati i padri a rigenerare il Figlio, ma è stato questi a rigenerare loro nel vangelo della vita. Così dunque avvenne che il nodo della disobbedienza di Èva fu sciolto dall’obbedienza di Maria; e ciò che la vergine Èva aveva legato con la sua incredulità, Maria lo ha sciolto con la sua fede.

Tertulliano, De carne Chrìsti 17. 1-5, PL 2, 827-828

Èva credette al serpente; Maria credette a Gabriele. La prima credendo peccò; la seconda credendo cancellò il peccato. Ma, si dirà, alla parola del diavolo Èva non concepì nel proprio seno. Invece concepì: da allora infatti la parola del diavolo divenne in lei un seme che le fece concepire cose abiette e la fece partorire nel dolore. Alla fine diede alla luce il diavolo fratricida (Caino). Maria al contrario diede alla luce colui che un giorno salverà Israele, suo fratello carnale e suo carnefice. Dio dunque mandò nel seno (di Maria) il Verbo divino, affinchè questi, da buon fratello, cancellasse perfino il ricordo del fratello cattivo.

Nota: Questa testimonianza di Tertulliano appare estremamente preziosa perché conferma che la dottrina del parallelismo Eva-Maria era conosciuta anche in occidente già nei primi secoli e che pertanto la figura di Maria incominciava a diventare oggetto di riflessione teologica in tutta la Chiesa.

Tertulliano: MARIA TERRA VERGINE 

Innanzi tutto occorrerà difendere il motivo che esigeva che il Figlio di Dìo nascesse da una Vergine. In modo nuovo infatti doveva nascere l'iniziatore di una nuova nascita, a proposito della quale il Signore aveva dato un segno preannunciato da Isaia. Quale segno? " Ecco, la vergine concepirà e partorirà un Figlio " (Is 7,14). La Vergine dunque concepì e partorì l'Emmanuele, che significa Dio-con-noi.

Ed è questa la nuova nascita: che l'uomo nasce da Dio da quando Dio è nato nell'uomo, dopo aver assunto la carne dell'antico seme, ma senza servirsi di questo seme, in modo da riformarla mediante un nuovo seme, cioè quello spirituale, e purificarla dopo aver eliminato tutte le antiche macchie. Ma, come avvenne per tutti gli eventi, questa totale novità è stata raffigurata nell'antico sapiente disegno imperniato su una vergine. Quando fu creato l'uomo per opera di Dio, la terra era ancora vergine, non essendo stata violata dal lavoro dell'uomo ne sottoposta alla semina. Sappiamo che da essa Dio creò l'uomo quale anima vivente.

Se dunque il primo Adamo fu creato in questo modo, a più forte ragione il nuovo e ultimo Adamo, come disse l'Apostolo, doveva essere estratto da una terra vergine, cioè da una carne non ancora violata dalla generazione, per opera di Dio, affinchè diventasse spirito che da vita. E tuttavia, affinchè non appaia mutile l'introduzione del nome di Adamo, per quale ragione l'Apostolo ha chiamato "Adamo" il Cristo (cf. ICor 15,45) se la sua umanità non ha avuto un'origine terrena? Ma anche qui viene in aiuto alla nostra apologià una motivazione di natura sa-pienziale: mediante un'operazione uguale, Dio ha ricuperato la sua immagine e la sua somiglianzà che erano state catturate dal demonio.

Come infatti la parola del diavolo, creatrice di morte, era penetrata in Èva, che era ancora vergine, analogamente doveva entrare in una Vergine il Verbo di dìo, edificatore della vita, affinchè colui che era andato in perdizione fosse ricondotto alla salvezza per mezzo del medesimo sesso. Èva aveva creduto al serpente; Maria credette a Gabriele: il peccato che Èva aveva commesso prestando fede (al serpente) fu cancellato da Maria che pure credette (a Dio).

Tertulliano, De virginibus velandis 6, 1, PL 2, 945-946)

IN CHE SENSO MARIA E' DETTA: DONNA

Vediamo ora se anche l'Apostolo conserva al vocabolo il medesimo senso della Genesi, la quale lo applica al sesso (cf. Gn 2,23), allorché chiama donna la Vergine Maria (cf. Gai 4,4), come la Genesi aveva chiamato donna Èva. Scrivendo ai Galati dice: " Dio mandò suo Figlio, fatto da donna ", la quale consta che è vergine, anche se Ebione è di parere diverso.

Pure l'angelo Gabriele, mandato alla Vergine, quando la dichiara beata, la colloca tra le donne e non tra le vergini: " Benedetta tu fra le donne " (Le 1,42). Sapeva benissimo l'angelo che anche una vergine può essere chiamata donna.

A queste due testimonianze qualcuno credette di aver dato una spiegazione ingegnosa dicendo che, siccome Maria era sposata, per questo fu salutata donna sia dall'angelo che dall'Apostolo. Infatti colei che è sposata in certo qual modo è nupta (cioè non più vergine). Tuttavia tra l'essere "in certo qual modo" nupta ed esserlo realmente vi è una differenza che si applica solo in questo caso. Negli altri casi invece sposata e nupta coincidono.

Essi invece (Paolo e Gabriele) dissero che Maria è donna, non come se fosse già nupta, ma semplicemente perché è di sesso femminile, anche se ancora vergine; e questo è il significato originario con cui fu usata la parola donna (cf. Gn 2,23).

Clemente Alessandrino: Pedagogo 1,6

II Signore Gesù, frutto della Vergine, non ha proclamato beato il seno delle donne; ne le ha scelte per dare il nutrimento. Ma quando il Padre, pieno di bontà e di amore per gli uomini, ha fatto piovere sulla terra il suo Verbo, questo Verbo stesso divenne il nutrimento spirituale degli uomini virtuosi. Che misterioso prodigio!

Vi è un solo Padre di tutti, un solo Verbo di tutti e lo Spirito Santo è uno e identico dappertutto. Vi è anche una sola vergine madre, che amo chiamare Chiesa. Soltanto questa madre non ebbe il latte, perché sola non divenne donna. Essa è vergine e madre contemporaneamente; Ìntegra in quanto vergine e piena di amore come madre.

Attrae a sé i suoi figli e li allatta con un latte sacro, cioè il Verbo fatto bambino. Non ebbe latte perché il latte era questo bambino, bello e appropriato, cioè il corpo di Cristo.

SUB TUUM PRAESIDIUM " (Dal papiro della Rylands Library)

Sotto la tua misericordia cerchiamo rifugio, o madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo in difficoltà, ma liberaci dal pericolo, o tu che sei la sola pura e la sola benedetta.

(Ongene, Omelie su Luca 8, 1-4, PG 13, 1820-1821)

"L'ANIMA MIA MAGNIFICA IL SIGNORE"

Due facoltà, l'anima e lo spirito, esprimono una duplice lode. L'anima celebra il Signore mentre lo spirito loda Dio; non perché la lode al Signore sia diversa dalla lode a Dio, dal momento che colui il quale è Dio è anche il Signore e colui che è il Signore è anche Dio.

Ci domandiamo in qual modo l'anima possa magnificare il Signore. Se il Signore infatti non può essere soggetto ne alla crescita ne alla diminuzione, essendo colui che è, per quale motivo dice ora Maria: "L'anima mia magnifica il Signore"?

Se considero che il Signore e Salvatore è " l'immagine del Dio invisibile " (Col 1,15) e se constato che la mia anima è fatta " a immagine del Creatore" (Gn 1,27) per essere l'immagine dell'immagine (in effetti la mia anima non è propriamente l'immagine di Dio, ma è stata formata a somiglianzà dell'immagine primitiva), in tal caso potrò comprendere la cosa ponendola in questi termini: alla stregua di coloro che dipingono immagini e che, dopo aver scelto, ad esempio, il volto di un rè, rivolgono la loro abilità artistica a copiare un unico modello, così ognuno di noi, trasformando la propria anima a immagine di Cristo, riproduce un'immagine di lui più o meno grande, talvolta trascurata e sporca, tal altra nitida e luminosa e rispondente all'originale.

Perciò, quando avrò reso più grande l'immagine dell'immagine, vale a dire la mia anima, e l'avrò magnificata con le opere, con il pensiero, con la parola, allora l'immagine di dìo diventa più grande e lo stesso Signore, di cui l'anima è l'immagine, viene magnificato nella nostra stessa anima. E come il Signore cresce nella nostra immagine, così, se siamo peccatori, egli diminuisce e decresce.

Parlando in modo più preciso, il Signore ne diminuisce ne decresce. Siamo noi che, invece di indossare l'immagine del Salvatore, ci rivestiamo di altre immagini. Al posto dell'immagine del Verbo, della sapienza, della giustizia e di tutte le altre virtù, assumiamo le sembianze del demonio, al punto di poter essere chiamati "serpenti, generazione di vipere" (Mt 23,33). Indossiamo anche la maschera del Icone, del drago e delle volpi, allorché diventiamo crudeli, velenosi, astuti; e perfino quella del ca-prone, quando siamo troppo inclinati verso Ì piaceri dei sensi.

Ricordo di aver detto un giorno, spiegando il passo del Deuteronomio in cui sta scritto: " Non fate alcuna immagine di uomo o di donna, nessuna immagine di animale" (Dt 4,16-17), che, essendo " la legge spirituale " (Rm 7,14), alcuni si formano a immagine d'uomo, altri di donna, altri rassomigliano agli uccelli, ai rettili e ai serpenti; altri infine rassomigliano a Dio. Chi ha letto quella spiegazione comprenderà in qual modo si debbano intendere queste parole.

Orbene, dapprima l'anima di Maria magnifica il Signore e, dopo, il suo spirito esulta in Dio. Ciò significa che, se prima non siamo cresciuti, non possiamo esultare.

Origene, Commento a Giovanni 1, 4, PG 11, 1408
L'APOSTOLO GIOVANNI RICEVE MARIA COME MADRE 

Occorre quindi avere l'ardire di affermare da una parte che i vangeli sono le primizie dell'intera Scrittura e dall'altra parte che primizia dei vangeli è quello di Giovanni, il cui senso profondo non può essere colto se non da colui che ha poggiato il capo sul petto di Gesù e che da lui ha ricevuto Maria come sua propria madre.

Colui che sarà un altro Giovanni deve diventare tale da essere indicato da Gesù, per così dire, come un altro Giovanni, vale a dire come un altro Gesù. Se infatti non esiste alcun figlio di Maria all'infuori di Gesù, secondo il parere di coloro che pensano rottamente di lei, e ciò nonostante Gesù disse a sua madre: "Ecco il tuo figlio" (Gv 19,26), e non già: Ecco anche questo è tuo figlio; ciò significa: Questi è Gesù che hai partorito.

Chiunque infatti è perfetto, non è più lui a vivere, ma in lui vive Cristo (cf. Gal 2,20); perciò quando si parla di lui a Maria, si dice: Ecco il tuo figlio, cioè Gesù Cristo.

Origene, Contro Celso 1, 39, PG 11, 733)
MARIA, DONNA DI UMILI CONDIZIONI 

Non mi sembra opportuno battermi contro accuse proferite senza serietà e per ischerzo (da Celso): " Era forse bella la madre di Gesù ed è forse per la sua bellezza che Dio si unì a lei, egli che per natura non può innamorarsi di un corpo incorruttibile? Non è poi sconveniente che Dio si sia innamorato di una che non era ne ricca ne di stirpe regale, giacché nessuno la conosceva, neppure i suoi vicini? ". Asserisce ancora, scherzando, che " quando venne in odio al falegname e fu da lui scacciata, non potè salvarla neppure la potenza divina ne le sue proteste di fedeltà. No — conclude — tutto questo non ha nulla a che vedere con il regno di dìo ". In che cosa differisce questo dalle villanie che alcuni proferiscono per strada, senza il minimo decoro?

S.Agostino:

Da "Natura e Grazia" 36,42

Eccettuata la santa Vergine della quale, per l’onore del Signore, non voglio assolutamente che si faccia questione quando si parla di peccato, poiché come possiamo sapere quale maggior abbondanza di grazia le sia stata conferita per vincere da ogni parte il peccato, mentre meritò di concepire e partorire Colui che è ben certo di non avere alcun peccato?
AmarDio

Figura di Maria è la terra 

§ 3 E evidente infatti che Dio non ha solo prodotto dal nulla tutte le cose in vista della semplice esistenza, ma anche in vista della esistenza beata : perché ciò appartiene alla somma bontà. [...] Per questo dunque la creatura è plasmata due volte : essa riceve la semplice esistenza all'inizio dei secoli, l'esistenza beata nel loro compimento. [...]

Figura di Maria è la terra 

§ 4 Il verbo Creatore, nella prima creazione, volendo plasmare il primo Adamo, prese la polvere dalla terra [...] e formò il suo corpo con la sua mano creatrice e con la sua potenza, senza che la concupiscenza e i desideri carnali precedessero in alcun modo la sua formazione, ma la terra offrì la materia per la sua plasmazione, la forma e l'anima razionale invece le infuse lo stesso Verbo Creatore ; così anche nella seconda creazione, che ha apportato agli esseri l'esistenza beata, potresti scorgere qualcosa di simile.

Il Verbo creatore non ri-plasma dapprima in Adamo, [...] ma in se stesso rinnova la nostra natura, la porta a perfezione e le dona l'esistenza beata. E Dio stesso, - oh prodigio inaudito ! - diventa un altro Adamo, egli stesso creatore e creatura ; e così da lui procede questa seconda creazione, che apporta l'esistenza felice a tutta l'antica creazione, divenuta già tutta in cristo una nuova creatura (cf. Gal 6, 15).

Perciò il nuovo Adamo, fatto e insieme fattore di se stesso, avendo dapprima condotto all'esistenza, nel tempo prestabilito prima dei secoli, la Vergine come una specie di terra, e avendo assunto da lei come da polvere con la sua mano creatrice, che è lo Spirito Santo, la sua carne, è apparso nella nostra forma, senza che alcuna concupiscenza né voluttà carnale abbia in nessun modo preceduto la sua concezione e formazione.

Vedi dunque che il modo di creazione del primo Adamo era il tipo e l'ombra del secondo. [...]

Ma considera la differenza che esiste tra la realtà e la sua ombra. Il primo Adamo è divenuto causa di maledizioni per la terra che l'aveva portato : "Maledetta la terra - è scritto - nelle tue fatiche" (Gn 3, 17) ; invece il nuovo Adamo ha reso benedetta colei che lo ha generato : "Benedetta sei tu fra le donne" (Lc 1, 28. 42), è detto. Non solo ; ma l'ha costituita sorgente e dispensatrice di benedizione per tutti gli altri.

N.B. nel § 6, l'autore spiega che figura di Maria è anche la terra promessa.

Teofane Niceno, Discorso sulla Madre di Dio.

In G. Gharib e E. Toniolo (ed) Testi mariani del secondo Millennio. 1. Autori orientali,

Città nuova Roma 2008, p. 427-428. Estratti F. Breynaert.

AmarDio

Beata sei, Maria
Beata sei, Maria, perché in te hanno trovato soluzione gli enigmi e i misteri annunciati dai profeti. Mosè ti rappresentò nel roveto ardente e nella nuvola, Giacobbe nella scala, Davide nell`arca dell`alleanza ed Ezechiele nella porta chiusa e sigillata. Ed ecco, col tuo parto oggi tutti quei misteri si sono adempiuti. Sia lode al Padre che ha mandato il suo Figlio unigenito, sorto da Maria, liberandoci dall`errore e glorificandone la memoria sulla terra e nel cielo. Beata sei, Maria, che lo hai concepito. Beata che lo hai partorito. Beata che hai nutrito colui che tutti nutre. Beata che hai portato nel tuo seno quel forte che porta il mondo nella sua potenza e tutto governa. Beata e benedetta che le tue labbra hanno baciato quella vampa che consuma il figlio della schiatta di Adamo. Beata sei tu, perché dal tuo seno è irradiato uno splendore che si diffonde su tutta la terra, la quale ora chiama te beata. Beata sei tu, perché col tuo latte hai nutrito Dio, il quale nella sua misericordia si è fatto piccolo per rendere grandi i miseri. Gloria a te, o nostro rifugio! Gloria a te, o nostro orgoglio, perché per opera tua la nostra stirpe è stata innalzata al cielo. Supplica Dio, nato da te, che mandi pace e calma alla sua Chiesa. Per la forza delle tue preghiere, o madre dell`Altissimo, doni egli alla terra e ai suoi abitatori la pace piena! Lode a colui che è sorto da Maria, che l`ha fatta sua madre e che in lei si è fatto fanciullo. Sia benedetto il re dei re che si è fatto uomo e che ha innalzato la stirpe umana all`altezza del paradiso. Lode a colui che l`ha mandato a nostra redenzione e gloria allo Spirito Santo che cancella i nostri peccati! Balaj Siro, Preghiere e inni, 3,6
AmarDio

..." nelle Scritture divinamente ispirate, ciò che si dice in modo universale della Vergine Madre Chiesa, lo si intende in modo singolare della Vergine Madre Maria”

Isacco della stella

Dai «Discorsi» di sant\'Anselmo, vescovo
(Disc. 52; PL 158,955-956)
O Vergine, per la tua benedizione è benedetta ogni creatura

Cielo, stelle, terra, fiumi, giorno, notte e tutte le creature che sono sottoposte al potere dell\'uomo o disposte per la sua utilità, si rallegrano, o Signora, di essere stati per mezzo tuo in certo modo risuscitati allo splendore che avevano perduto, e di avere ricevuto una grazia nuova inesprimibile. Erano tutte come morte le cose, poiché avevano perduto la dignità originale alla quale erano state destinate. Loro fine era di servire al dominio o alle necessità delle creature cui spetta di elevare la lode a Dio. Erano schiacciate dall\'oppressione e avevano perso vivezza per l\'abuso di coloro che s\'erano fatti servi degli idoli. Ma agli idoli non erano destinate. Ora invece, quasi risuscitate, si rallegrano di essere rette dal dominio e abbellite dall\'uso degli uomini che lodano Dio.
Hanno esultato come di una nuova e inestimabile grazia sentendo che Dio stesso, lo stesso loro Creatore non solo invisibilmente le regge dall\'alto, ma anche, presente visibilmente tra di loro, le santifica servendosi di esse. Questi beni così grandi sono venuti dal frutto benedetto del grembo benedetto di Maria benedetta.
Per la pienezza della tua grazia anche le creature che erano negl\'inferi si rallegrano nella gioia di essere liberate, e quelle che sono sulla terra gioiscono di essere rinnovate. Invero per il medesimo glorioso figlio della tua gloriosa verginità, esultano, liberati dalla loro prigionia, tutti i giusti che sono morti prima della sua morte vivificatrice, e gli angeli si rallegrano perché è rifatta nuova la loro città diroccata.
O donna piena e sovrabbondante di grazia, ogni creatura rinverdisce inondata dal traboccare della tua pienezza. O vergine benedetta e più che benedetta, per la cui benedizione ogni creatura è benedetta dal suo Creatore, e il Creatore è benedetto da ogni creatura.
A Maria Dio diede il Figlio suo unico che aveva generato dal suo seno uguale a se stesso e che amava come se stesso, e da Maria plasmò il Figlio, non un altro, ma il medesimo, in modo che secondo la natura fosse l\'unico e medesimo figlio comune di Dio e di Maria. Dio creò ogni creatura, e Maria generò Dio: Dio che aveva creato ogni cosa, si fece lui stesso creatura di Maria, e ha ricreato così tutto quello che aveva creato. E mentre aveva potuto creare tutte le cose dal nulla, dopo la loro rovina non volle restaurarle senza Maria.
Dio dunque è il padre delle cose create, Maria la madre delle cose ricreate. Dio è padre della fondazione del mondo, Maria la madre della sua riparazione, poiché Dio ha generato colui per mezzo del quale tutto è stato fatto, e Maria ha partorito colui per opera del quale tutte le cose sono state salvate. Dio ha generato colui senza del quale niente assolutamente è, e Maria ha partorito colui senza del quale niente è bene.
Davvero con te è il Signore che volle che tutte le creature, e lui stesso insieme, dovessero

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28 maggio 2014

La conoscete la dottrina (calvinista) della "redenzione limitata"?

da fonte evangelica che giudica "ripugnante" questa dottrina di altri evangelici:

"Che cosa significa redenzione limitata o particolare? Secondo Sproul (teologo calvinista), che preferisce chiamare questa dottrina col nome di “redenzione determinata”, essa è quella dottrina secondo cui Dio ha voluto la morte di Cristo sulla croce per assicurare la salvezza di un determinato numero di esseri umani caduti, quelli che sono stati scelti da Dio incondizionatamente. Come gli altri calvinisti, Sproul sostiene che la morte vicaria di Cristo (vale a dire, Dio ha inflitto a Cristo la punizione dei peccati che spettava ai peccatori) era sufficiente a salvare tutti, ma Dio l’ha voluta solo per salvare gli eletti. In poche parole, Cristo morì solo per gli eletti e non per tutti."

http://www.chiesadiroma.it/edificazione-autori-vari/5051/lamore-di-dio-e-limitato-agli-eletti/

ABBASTANZA RIPUGNANTE, NON C'E' CHE DIRE. IL SACRIFICIO DI CRISTO SULLA CROCE, SALVA TUTTI GLI UOMINI MA POI DIO DECIDE DI SALVARE SOLO UN CERTO NUMERO... SEMBRA IL VOLERE DI UN dio CAPRICCIOSO

MA LA SCRITTURA COSA DICE?

"Dio, il quale «VUOLE CHE TUTTI GLI UOMINI SI SALVINO e arrivino alla conoscenza della verità»" (1 Tm 2,4)


27 maggio 2014

I pronunciamenti magisteriali sulla massoneria sono in totale 586

Il primo documento risale al 28 aprile 1738, quando Papa Clemente XII, con la Lettera apostolica In eminenti, mette in guardia i credenti contro tale organizzazione. L'Humanum genus di Leone XIII, invece, adotta un'impostazione di carattere sociologico poiché descrive le ricadute filosofiche e morali della massoneria in un contesto segnato dall'indifferentismo religioso. La massoneria viene condannata perché veicola il trionfo del relativismo ed è volta a distruggere l'ordine religioso e sociale nato dalle istituzioni cristiane e a creare un nuovo ordine a suo arbitrio.

La seconda fase del Magistero pontificio sulla massoneria può essere circoscritta al periodo che va dall'inizio del Pontificato di Pio X - nel 1903 all'apertura del Concilio Vaticano Il nel 1962.
Durante questo periodo la condanna della massoneria e la scomunica per chi ne fa parte viene codificata dal Codice di Diritto Canonico (canone 2335) promulgato da Papa Benedetto XV nel 1917 e dalle Costituzioni sinodali del Primo Sinodo Romano (articolo 247), indetto da Papa Giovanni XXIII nel 1960. Dal Concilio Vaticano II al 1983 il Magistero non nomina più la massoneria; la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede interviene nel 1981 solo per una rettifica circa alcune interpretazioni date ad una lettera riservata indirizzata ad alcuni episcopati e divenuta di pubblico dominio.

Nel 1983 il nuovo Codice di Diritto Canonico, canone 1374, prevede che sia punito chi dà il nome ad una associazione che complotta contro la Chiesa.
Il fatto che questo canone non menzioni direttamente la massoneria è stato interpretato come un'abolizione della scomunica. In realtà, il 26 novembre 1983 una Dichiarazione della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede conferma che rimane immutato il giudizio della Chiesa circa le associazioni massoniche e, dunque, l'iscrizione ad esse rimane proibita sotto pena di esclusione dai sacramenti.

Infine, in un articolo apparso sul "L'Osservatore Romano" del 23 febbraio 1985, intitolato "Inconciliabilità tra fede cristiana e massoneria", viene fornita una motivazione ufficiosa della reiterata condanna del 1983. Questo scritto, in particolare, sottolinea che, anche nel caso in cui non vi siano espliciti risultati ostili alla fede cattolica, il metodo massonico è sempre incompatibile con la stessa, in quanto esso si fonda su una concezione simbolica relativistica, del tutto inaccettabile per un cristiano al quale è cara la sua fede.

http://gris-cb.blogspot.it/2011/04/la-massoneria-nel-molise.html

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CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

DICHIARAZIONE SULLA MASSONERIA

È stato chiesto se sia mutato il giudizio del Chiesa nei confronti della massoneria per il fatto che nel nuovo Codice di Diritto Canonico essa non viene espressamente menzionata come nel Codice anteriore.

Questa Congregazione è in grado di rispondere che tale circostanza è dovuta a un criterio redazionale seguito anche per altre associazioni ugualmente non menzionate in quanto comprese in categorie più ampie.

RIMANE PERTANTO IMMUTATO IL GIUDIZIO NEGATIVO DELLA CHIESA NEI RIGUARDI DELLE ASSOCIAZIONI MASSONICHE, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò L’ISCRIZIONE A ESSE RIMANE PROIBITA. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione.

Non compete alle autorità ecclesiastiche locali di pronunciarsi sulla natura delle associazioni massoniche con un giudizio che implichi deroga a quanto sopra stabilito, e ciò in linea con la Dichiarazione di questa S. Congregazione del 17 febbraio 1981 (Cf. AAS 73, 1981, p. 240-241).

Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nel corso dell’Udienza concessa al sottoscritto Cardinale Prefetto, ha approvato la presente Dichiarazione, decisa nella riunione ordinaria di questa S. Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione.

Roma, dalla Sede della S. Congregazione per la Dottrina della Fede, il 26 novembre 1983.

Joseph Card. RATZINGER
Prefetto

Fr. Jérôme Hamer, O.P.
Arcivescovo tit. di Lorium
Segretario 

http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19831126_declaration-masonic_it.html


26 maggio 2014

Che cos'è la Chiesa?

Che cos’è la Chiesa? Può sembrare una domanda banale, in realtà è uno dei concetti fondamentali che divide i cattolici dai protestanti. Questi ultimi, infatti, sostengono che la Chiesa sia un “edificio spirituale” composto dall’insieme dei credenti. Si tratterebbe, insomma, di qualcosa di sostanzialmente invisibile di cui le comunità locali sono solo manifestazioni visibili. E’ una visione che ha un suo perché (lo vedremo in seguito), ma la Chiesa apostolica – quella descrittaci nel Nuovo Testamento – è proprio così?

Il fondamento della Chiesa

Partiamo dal passo più contestato, quello oggetto di infinite discussioni (quando non di manipolazioni): Matteo 16, 18. Dove si legge: 

15 Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». 16 Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». 17 E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. 18 E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.19 A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Matteo 16,15-20)

Si tratta di un passo dalla chiarezza disarmante, tanto da diventare insopportabile per molti. Non appena si fa cenno a questo episodio, molti si sentono in dovere di gettarsi in un’impresa disperata che non disdegna l’aperta manipolazione con inversione di soggetto, complemento oggetto e predicato verbale (molti protestanti sono stati perfino tentati di eliminarlo come fosse interpolato…). È triste, ma il termine “manipolazione” è il più adatto per definire “interpretazioni” che cercano di sostituire il soggetto del periodo (Pietro) con la sua confessione di fede. Infatti, molti vi diranno che Cristo non sta parlando di Pietro perché altrimenti vorrebbe dire che la Chiesa è fondata su un uomo. Il senso sarebbe questo:

“Tu sei Pietro, e su questa tua confessione io fonderò la mia Chiesa…”

Come potete notare, il trucco è doppio. Il primo sta nell’omettere volutamente il passo successivo che parla di chiavi affidate a Pietro (la decenza qui ha impedito di dire che le chiavi sono affidate non alla persona ma alla sua professione di fede). Il secondo, invece, è quello di ignorare volutamente il gioco di parole Pietro-pietra. Non a caso, nell’interpretazione evangelica, il “Tu sei Pietro” perde di ogni significato. Invece Cristo ha dato questo nome a Simone di Giona (Marco 3, 16; Luca 6, 14) proprio in vista di questa investitura. Perciò Gesù ribadisce anche qui il suo soprannome, e gli spiega perché ha voluto chiamarlo così fin dall’inizio. L’interpretazione evangelica si potrebbe riassumere anche così:

“La tua confessione è una pietra, e su questa pietra io fonderò la mia Chiesa…”

Però qui è ancora più chiaro che si sta manipolando il passo, perché questa “interpretazione” non tiene in alcun conto il senso logico e grammaticale. Con questo sistema, si può invertire il senso di ogni passo a partire dal proprio pregiudizio. Ad ogni modo, come già detto, il versetto successivo chiarisce che il soggetto è Pietro e che lui è la pietra di fondamento in quanto riceve le chiavi che nel contesto ebraico, come in quello moderno, sono inequivocabilmente un segno di autorità.

In questo caso, è utile andare a consultare la traduzione interconfessionale fatta da studiosi cattolici e protestanti. Essendo una traduzione in lingua corrente, attenta quindi a restituire al lettore il significato dei passi, non stupisce di leggere questo:

Per questo io ti dico che tu sei Pietro e su di te, come su una pietra, io costruirò la mia comunità. Nemmeno la potenza della morte potrà distruggerla. 19Io ti darò le chiavi del regno di Dio: tutto ciò che tu sulla terra proibirai, sarà proibito anche in cielo; tutto ciò che tu sulla terra permetterai, sarà permesso anche in cielo.

È una traduzione che rende molto bene il senso di un passo già molto chiaro anche in una traduzione letterale. Nemmeno gli studiosi protestanti hanno potuto negare l’evidenza, per questo anche loro ci confermano che il soggetto è Pietro. Interessante anche la resa del legare e dello sciogliere come proibire e permettere, un significato confermato anche dalla nota della Bibbia di Gerusalemme:

Per le chiavi del regno: proprio come la città della morte, la città di Dio ha delle porte: e lasciano entrare solo coloro che ne sono degni (cf. 23,13p ). Pietro ne riceve le chiavi. A lui spetterà dunque aprire o chiudere l’accesso del regno dei cieli, tramite la Chiesa. - «Legare» e «sciogliere» sono due termini tecnici del linguaggio rabbinico che si applicano innanzitutto al campo disciplinare della scomunica con cui si «condanna» (legare) o si «assolve» (sciogliere) qualcuno, e ulteriormente alle decisioni dottrinali o giuridiche con il senso di «proibire» (legare) o «permettere» (sciogliere). Pietro, quale maggiordomo (di cui le chiavi sono l’insegna, cf. Is 22,22 ) della casa di Dio, eserciterà il potere disciplinare di ammettere o di escludere come egli crederà meglio, e amministrerà la comunità con tutte le decisioni opportune in materia di dottrina e di morale. Sentenze e decisioni saranno ratificate da Dio dall’alto dei cieli. - L’esegesi cattolica ritiene che queste promesse eterne valgano non soltanto per la persona di Pietro, ma anche per i suoi successori; sebbene tale conseguenza non sia esplicitamente indicata nel testo, è tuttavia legittima in ragione dell’intenzione manifesta che Gesù ha di provvedere all’avvenire della sua Chiesa con un’istituzione che la morte di Pietro non può rendere effimera. - Due altri testi ( Lc 22,31s e Gv 21,15s ) sottolineeranno che il primato di Pietro si deve esercitare particolarmente nell’ordine della fede e che tale primato lo rende capo, non solo della Chiesa futura, ma già degli altri apostoli.

Un ciottolo?

Nel mondo protestante, vigono dei veri e propri miti etimologici che sono dei totem difficili da scalzare. Uno dei più perniciosi è che il termine petros non voglia dire pietra ma “ciottolo”, un mito talmente infondato da non avere influenzato nemmeno le traduzioni protestanti che, anzi, cercano in nota (cfr. La Parola) di dissuadere il lettore da simili giochi (che invece vengono ovviamente spacciati come verità dal famigerato sito camcris). Infatti anche un vocabolario online, come questo, conferma che il significato di petros  è roccia o pietra. Non ciottolo, non piccolo sasso. Paradossalmente, lo conferma anche la Bibbia Diodati:

E Gesù, riguardatolo in faccia, disse: Tu sei Simone, figliuol di Giona; tu sarai chiamato Cefa, che vuol dire: Pietra (Giovanni 1,42)

Inoltre bisogna notare che il nome originale di Pietro è l’aramaico Kefà, appellativo che ricorre spesso nella Scrittura accanto alla versione grecizzata di Petros. Ma il termine Kefà rimanda alla roccia più che alla pietra. Quindi l’approssimazione – se c’è – è al rialzo e non certo al ribasso. Pietro è una roccia, tenendo presente questo il passo di Matteo si può parafrasare così:

“Tu sei Kefà (roccia), e su questa Kefà (roccia) io fonderò la mia Chiesa…”

Il gioco di parole è così evidente da squalificare a priori tutte le interpretazioni che si approfittano della difficoltà del greco di renderlo con la stessa efficacia dell’aramaico in cui è stato pronunciato. 

La metafora della Chiesa come edificio


Quindi, per quanto scandaloso possa sembrare, Gesù ha posto un apostolo come pietra di fondamento della Chiesa. Secondo gli evangelici, questo sarebbe in contraddizione con il resto della Bibbia che indica sempre Cristo come fondamento. E questo è il vero motivo di tutti i salti mortali sul passo di Matteo, una convinzione giusta declinata in modo sbagliato a causa di una lettura superficiale. In realtà la Bibbia ci parla della Chiesa come di un edificio fatto di pietre diverse (1 Pietro 2, 5), secondo i canoni architettonici del tempo. Illustrati benissimo in questa immagine:


Sono citati anche i passi che gli evangelici credono siano in contraddizione col fondamento umano della Chiesa. Gli evangelici poi, amano citare i passi dello stesso Pietro per smentire Gesù. Vediamo, allora, questi passi come collocano Cristo nella Chiesa:

6 Si legge infatti nella Scrittura:Ecco io pongo in Sion una pietra angolare, scelta, preziosa e chi crede in essa non resterà confuso (1Pietro 2, 6)

….edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù (Efesini 2,20)

In questi passi ci viene detto che Cristo è la pietra angolare, ovvero la prima pietra di un edificio. La più importante e solida, che sostiene tutte le altre. E’ altra cosa dalla pietra di fondamento che pure è importante, ma meno di quella angolare. Infatti lo stesso san Paolo parla di fondamento degli apostoli e dei profeti, questi ultimi non sono da confondere con i Profeti dell'Antico Testamento. Infatti, san Paolo non sta facendo riferimento ad alcuna Scrittura (altrimenti avrebbe ricordato anche la Legge) ma a delle figure della Chiesa cristiana. Perchè questi profeti sono dei predicatori itineranti che sono spesso ricordati insieme agli apostoli (Ef 3, 5; 4, 11;). Questo dovrebbe levare ogni dubbio anche su chi sia la pietra di cui parla Matteo (16, 18). Infatti, il riferimento ai profeti permette di scongiurare a priori chi - anacronisticamente - potrebbe essere tentato di vedere nel fondamento della Chiesa non delle persone ma i loro scritti. Ovvero che, morti gli apostoli, la Chiesa si fondi esclusivamente sulla Scrittura. Se fosse così, visto che non abbiamo nessuno scritto di questi profeti cristiani, bisognerebbe concludere che la Chiesa - alla loro morte - ha perso parte del fondamento di cui parla san Paolo. Quando invece, il posto di questi profeti è stato preso da altri profeti e lo stesso per gli apostoli.

Il punto cruciale è che gli evangelici non hanno colto la metafora biblica dell’edificio, per questo sembra loro che vi sia contraddizione nella Scrttura (altrimenti non si spiegherebbero queste superbe arrampicate sugli specchi) anche se non lo ammetterebbero mai.

La Chiesa come corpo

Nella Scrittura la Chiesa ci viene presentata anche con la metafora del corpo (1 Cor 12, 12-27; Col. 3, 15). Dove la Chiesa non è semplicemente un corpo, ma il corpo di Cristo (Ef. 4, 12; Col. 1, 24). E questo cosa vuol dire? Lo spiega molto bene san Paolo nel primo passo citato. Essere corpo vuol dire riconoscerne come membro anche chi nega di essere tale (è questa una prospettiva tipicamente pentecostale, quella cioè di negare lo status di fratello a chi riconosce Cristo ma ha il grave difetto di non essere d’accordo con una teologia del resto non uniforme). Ma un corpo si caratterizza soprattutto per la sua unità e la collaborazione tre le varie membra che, quindi, non possono dirsi indipendenti. Per questo san Paolo non ammetteva – nemmeno a livello embrionale – la divisione denominazionale (1 Cor 1, 10-13) che invece è caratteristica del mondo protestante, tanto intrinseca che ormai molti non ne avvertono più la problematicità. Come a Corinto c’era chi si diceva di Paolo, chi di Apollo e chi di Cefa, oggi c’è chi si dice luterano, chi calvinista ecc…con un numero enorme di nomi che indicano effettivamente l’appartenenza a chiese - e dottrine - diverse. A chiese che si dicono tra di loro indipendenti, proprio al contrario del corpo di cui parla Paolo in cui “Non può l’occhio dire alla mano:«Non ho bisogno di te»; né la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi»” (1 Cor 12, 21). Ed è proprio questo, invece, l’atteggiamento che contraddistingue le 43mila denominazioni protestanti oggi esistenti, un numero destinato invariabilmente a salire perché – perso il fondamento apostolico – il destino dello scisma continuo è inevitabile. 

Le cose non vanno meglio per il pentecostalismo, per due ragioni. Prima di tutto perché esistono diverse denominazioni pentecostali (come  branhamiti, gli apostolici, chiese libere, chiese confederate, chiese della prosperità,  ecc…) e poi perché anche all’interno di una stessa denominazione non c’è unità, nemmeno spirituale. Lo dimostra l’assoluta mancanza di solidarietà degli evangelici verso comunità almeno teoricamente sorelle (sono sempre formalmente indipendenti) che sono però colpite da scandali. Per salvaguardare il concetto di superiorità morale, intere chiese vengono immediatamente scaricate e i suoi membri bollati come “falsi evangelici”. Tutt’altro che il paolino soffrire insieme, perché si tratta di una comunione teorica e molto precaria.

Una Chiesa eterea?

Quindi la Scrittura ci parla di un edificio spirituale composto da una parte visibile e una parte invisibile. Le pietre di fondamento (gli apostoli – di cui Pietro è il primo – e i profeti) non sono superiori a Cristo, perché è Lui stesso che le ha poste. Però senza di esse, l’edificio della Chiesa crolla. Ed è chiaro che si tratta di una parte della Chiesa che è sempre visibile. Non si capisce la difficoltà di comprensione di questa realtà, visto che nella Storia della Salvezza Dio si è sempre servito degli uomini. Infatti gli apostoli erano un punto di riferimento per tutti i cristiani, esercitavano un ministero che era visibile a tutti. Per questo san Paolo definisce Pietro, Giovanni e Giacomo le “colonne” della Chiesa con le quali è necessario essere in comunione (Galati 2, 9). Il concetto di indipendenza assoluta delle chiese locali era inconcepibile nella Chiesa apostolica, infatti il collegio apostolico aveva autorità su tutte le comunità cristiane: vecchie e nuove, vicine e lontane (2 Ts 3, 14). Come si vede, per esempio, nell’episodio del Concilio di Gerusalemme (Atti 15, 1-33) in cui gli apostoli intervengono per rassicurare i fratelli di Antiochia riguardo la predicazione di persone che – è bene sottolinearlo – non avevano ricevuto “nessun incarico”. 

Qualcuno potrebbe, a questo punto, dire che questa struttura della Chiesa apostolica fosse ad tempus. Che, morti gli apostoli, il loro ruolo sia passato ai loro scritti. Il fatto che si possa anche solo pensare una cosa simile, denota una grave carenza storica ed esegetica. Se Gesù, infatti, avesse ritenuto così inaffidabili gli uomini avrebbe da subito optato per una rivelazione scritta. Invece ha posto delle persone come punto di riferimento della sua Chiesa mentre era ancora sulla Terra e soprattutto dopo, quando la sua vicenda terrestre si era da poco conclusa. Né si evince mai in alcuna parte della Scrittura che la Chiesa di quel tempo sia stata un unicum per la presenza degli apostoli, una struttura provvisoria. Infatti, il concetto di successione apostolica su cui la Chiesa si regge, si trova nella Scrittura stessa. A Giuda Iscariota successe Mattia come apostolo, in quanto “testimone della sua risurrezione” (Atti 1, 15-26). Questa testimonianza è la fede che viene trasmessa, insieme al ministero per imposizione delle mani (Atti 6, 5-6). Se la Scrittura non ci parla della successione post-apostolica è perché – per una scelta precisa della Chiesa – sono entrati nel canone biblico  solo gli scritti degli apostoli o di loro stretti discepoli. Quindi è chiaro che non può parlarci del dopo, ma noi sappiamo che – storicamente –agli apostoli successero i vescovi di una Chiesa che ormai si andava espandendo su tutta l’ecumene. Ed essi erano ben degni di questo ruolo, essendo stati istituiti dagli apostoli stessi proprio per questo:

In ogni modo, i presbiteri e gli episcopi cristiani non sono solo incaricati dell'amministrazione temporale, ma anche dell'insegnamento (1Tim 3,2; 5,17, Tt 1,9) e del governo (1Tim 3,5; Tt 1,7).  Stabiliti dagli apostoli (At 14,23) o dai loro rappresentanti (Tt 1,5) con l'imposizione delle mani (1Tim 5,22; cfr. 1Tim 4,14+; 2Tim 1,6), essi hanno un potere carismatico (1Cor 12,28) e di origine divina (At 20,28). [Bibbia di Gerusalemme, pg. 2558]

Non a caso, il concetto di successione apostolica è presente in tutti i Padri della Chiesa e lo usavano consapevolmente contro gli eretici e le loro chiese separate (che magari pretendevano di rappresentare la vera tradizione apostolica, senza poter dimostrare di averci mai avuto a che fare). La successione “cartacea” invece è follia del tutto assente nella Scrittura, nella patristica e quindi nella storiografia. E vorrebbe dire considerare quello apostolico un ministero temporaneo, destinato a finire con loro. Vuol dire che alla Chiesa non sono rimaste le chiavi (Mt 16, 19), la remissione dei peccati (Gv 20, 23) nè altro. Dovrebbe essere tutto finito, nè si può credere che gli apostoli facciano queste cose tramite le loro lettere e per giunta da morti (sarebbe uno scandalo).

Conclusioni

La concezione protestante di una chiesa invisibile con manifestazioni visibili, quindi, non rispecchia minimamente la Chiesa apostolica. Ed è utile per giustificare la mancanza di storia – e di unità – delle confessioni protestanti, come se la Chiesa fosse qualcosa che nella storia appare e scompare. Consci di questa diversità, cercano di adattare le Scritture alla loro realtà (e non il contrario, come dovrebbe essere). Per questo, a dispetto della Sola Scriptura, non è difficile imbattersi in curiose “teorie dei risvegli” in cui la Chiesa riappare in determinati contesti storici, come qualcosa di etereo in stile new age, per poi tornare di nuovo nell’oscurità in attesa della prossima occasione. La Chiesa, invece, è un’istituzione umana di fondazione divina, in quanto tale fa parte della storia del mondo. Il Cristianesimo ha un’inalienabile dimensione storica perché si basa sul mistero dell’Incarnazione: Dio che si fa uomo e fa irruzione nella storia. Così anche la Chiesa, se un’istituzione non ha un passato e – soprattutto – non può dimostrare che esso discenda dalle origini del Cristianesimo, è chiaro che non può ritenersi la Chiesa di Cristo. Perché manca un passato, e molto spesso manca proprio un’istituzione: proprio le caratteristiche che contraddistinguono la Chiesa apostolica. 

23 maggio 2014

La Chiesa e la borsa



Da sempre nella Chiesa si dibatte sul tema della ricchezza. Essenzialmente esistono due scuole di pensiero, che sono poi le stesse che sorsero all’interno dell’ordine francescano: i conventuali e gli spirituali. Entrambe queste scuole avevano ed hanno i loro versi evangelici di riferimento, commettendo lo stesso errore tipico delle Chiese riformate; ovvero quello di isolare alcuni passi a discapito di una visione di insieme. Le tendenze pauperistiche si sono sempre basate su passi di questo genere:

Vedendo Gesù una gran folla intorno a sé, ordinò di passare all`altra riva. 19 Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: “Maestro, io ti seguirò dovunque tu andrai”. 20 Gli rispose Gesù: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell`uomo non ha dove posare il capo (Matteo 8, 20).

Insieme poi al Discorso delle beatitudini, che esalta la povertà, e alle parabole contro la ricchezza. Tutte cose verissime, ma spesso usate in analisi molto superficiali. Leggendo il Vangelo si potrebbe avere l’impressione di una sorta di divisione manichea fra buoni e cattivi: ovvero fra poveri e ricchi. In realtà nella stessa narrazione evangelica si vede che le cose non stanno così. Il Vangelo presenta Lazzaro come il migliore amico di Gesù, e dalla descrizione della sua tomba si evince che non doveva essere affatto povero. Lo stesso discorso vale per Nicodemo e per Giuseppe di Arimatea, pure detto uomo giusto. Giuda Iscariota, invece, certo ricco non doveva esserlo se rubava dalla cassa (come ha notato Messori), varrà la pena di rileggere il passo:

Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell`unguento. 4 Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: 5 “Perché quest`olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?”. 6 Questo egli disse non perché gl`importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7 Gesù allora disse: “Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8 I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me (Giovanni 12, 1-8).

Questo passo ci indica molte cose. In primis confuta una sorta di lettura marxista del Vangelo che vorrebbe i ricchi automaticamente cattivi e i poveri automaticamente buoni. Certo i poveri in quanto tali sono degni di particolare amore e attenzione da parte di Dio (e quindi dei Cristiani), ma la ricchezza non è in sé un male. Gesù la indica come un pericolo per chi la possiede, si potrebbe dire una responsabilità. Infatti il ricco epulone (Luca 16, 19-31) non si danna per la ricchezza, ma perché lascia morire di fame Lazzaro. Lo stesso per l’uomo ricco di Luca 12, 16-21, la sua colpa è di accumulare “tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio”.
In secundis il passo ci informa che Gesù e gli Apostoli avevano una cassa, e che questa era usata anche per beneficare i poveri. Da questa prospettiva il denaro non appare più come lo “sterco del diavolo” ma come un dono e una possibilità: tutto sta a come la si usa. Non stupisce di trovare riferimenti simili anche nella Chiesa antica, si legge infatti in una lettera paolina:

Con lui abbiamo inviato pure il fratello che ha lode in tutte le Chiese a motivo del vangelo; egli è stato designato dalle Chiese come nostro compagno in quest’opera di carità, alla quale ci dedichiamo per la gloria del Signore, e per dimostrare anche l’impulso del nostro cuore. Con ciò intendiamo evitare che qualcuno possa biasimarci per questa abbondanza che viene da noi amministrata (2 Cor. 18-20).

Quindi è già in errore chi si scandalizzi (a priori) di vedere del denaro nella mani di uomini di Chiesa, senza nemmeno curarsi di come quel denaro venga speso. Però il passo di Giovanni ci mette in guardia anche da un’altra tentazione di stampo forse ancora più moralista; quella segnata esclusivamente da una visione mondana e terzomondista per cui il denaro può essere usato solo e soltanto per i poveri. Sono quelli che si scandalizzano per un candelabro decorato o per una mensa eucaristica riccamente addobbata. Le due cose vanno in realtà insieme, lo indicavano già i Padri della Chiesa che raccomandavano di curare sia l’altare che i poveri. Quindi fra le tendenze conventuali e quelle spiritualiste la verità, come spesso accade, sta nel mezzo. Ovvero nel buon senso e nella misura. Anche Gesù, per festeggiare la Pasqua volle una sala "grande e addobbata" (Luca 22, 12): anche il culto ha le sue esigenze. Inoltre, Gesù quando invita a vendere i tesori si rivolge sempre agli individui. Ci sono vari passi del Vangelo in cui si parla del tesoro del Tempio di Gerusalemme:

E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: "In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere" (Marco 12, 41-44)

Guai a voi, guide cieche, che dite: Se si giura per il tempio non vale, ma se si giura per l'oro del tempio si è obbligati. Stolti e ciechi: che cosa è più grande, l'oro o il tempio che rende sacro l'oro? (Matteo 23, 16-17)

In questi due passi non emerge alcuna critica al Tesoro del Tempio. Anzi, nel secondo passo Gesù dice addirittura che l'oro del tempio è sacro. Certo, apostrofa chi pensa che l'oro sia più importante del Tempio ma non mette in discussione il tesoro. E che dire delle lodi che Gesù riserva alla povera vedova? Qualche super-apostolo moderno la avrebbe aggredita perchè invece di aiutare i poveri, si dava pensiero del tesoro del Tempio che - per giunta - non aveva certo bisogno del suo quattrino. Questo perchè non capiscono il significato profondo del gesto della vedova che, invece, a Gesù non sfugge. Cioè un segno di devozione e d fiducia verso Dio che viene prima di ogni altra cosa. Lo stesso Tempio, con le sue imponenti costruzioni, era un tesoro in cui Gesù si recava volentieri e che difendeva dagli speculatori. Quindi non hanno senso le critiche di quelli che pensano che il Vaticano con i suoi tesori sia un'offesa a Cristo, non può esserlo di per se così come non era il Tempio di Gerusalemme. Quest'ultimo, sì, destinato alla distruzione che Gesù profetizza ma a malincuore (Luca 21).

Questa premessa teologica ci permette ora di arrivare all’attualità. Anche oggi, ovviamente, non manca chi condanna a prescindere la ricchezza della Chiesa per vari motivi. Ci sono i pauperisti che lo fanno dall’interno, e ne abbiamo già parlato. Poi a questi si è unito un nuovo fronte, quello anticristiano. Stiamo parlando di tutte le polemiche che di volta in volta nascono sull’Otto per Mille. Un argomento, questo, già di per sé molto complicato ma reso ancora più scivoloso dalle prese di posizione ideologiche. Qualche tempo fa perfino Sergio Romano è stato obbligato a scusarsi per la disinformazione fatta durante un’intervista radiofonica nella quale aveva detto che l’Otto per Mille viene devoluto al Vaticano, quando invece ovviamente si tratta della Chiesa Italiana. Queste e altre menzogne sono sintomi di un fastidio crescente nei confronti del finanziamento pubblico di istituzioni religiose, incompatibile (dicono) con uno stato laico. Inutile dire che ovviamente la laicità che loro hanno in mente è quella orientale, molto orientale. In realtà non c’è nessuna incompatibilità. Infatti l’Otto per Mille risponde ad un’esigenza pienamente democratica e che ha il merito di rendere partecipe il cittadino riguardo l’investimento dei suoi soldi. Lo Stato chiede un contributo da investire nel sociale, come gli interventi assistenziali e umanitari in Italia e nel mondo. È giusto quindi che, in una materia così delicata, il cittadino sia chiamato a scegliere in base alla propria sensibilità e fiducia. Per questo si può scegliere lo Stato, come si può invece optare per la Chiesa Cattolica e altre Chiese. Il fatto che la Chiesa cattolica ottenga ancora la stragrande maggioranza delle firme non può non far diventare verdi d’invidia gli anticlericali. I quali, spesso, si dicono sempre reverendissimi della volontà popolare…ma guai poi a lasciare che questa si esprima liberamente (e al di fuori delle logiche di partito)! Allora ci sputano sopra. Per questo sarebbe meglio negare questa possibilità, lo sanno bene. Da qui nasce, comprensibilmente, tutta una campagna diffamatoria nei confronti dell’Otto per Mille alla Chiesa Cattolica. Sempre a sindacare su come questa li usa e lamentarsi che siano ancora in pochi (seppur, sembra, in crescita) quelli che firmano per lo Stato. Ovviamente però si guardano bene dal chiedersi come invece lo Stato usi quei soldi, ma alla fine è sempre l’ideologia che conta.
La Chiesa cattolica investe molto in interventi caritativi ma, è vero, buona parte anche per il sostentamento dei sacerdoti. In realtà però la Chiesa cattolica è in grado di investire molto meglio quei soldi rispetto allo Stato e ad altre istituzioni. Per il semplice motivo che lei può contare su un’immensa rete di “volontari a vita” che sono i preti e le suore di tutto il mondo (oltre, ovviamente, ai volontari laici). Questo permette di investire direttamente sul territorio (ospedali, scuole ecc…) senza dover passare per le banche e altre istituzioni benefiche che però hanno i loro costi, per cui alla fine arriva ben poco. Il sostentamento dei sacerdoti (e quindi anche le esigenze di culto) permette invece di tenere in piedi questa grande rete benefica che ha i suoi centri anche nelle parrocchie e nelle diocesi. Per non parlare poi della Caritas che è finanziata dal Cinque per Mille ma che è comunque legata alla Cei (la quale spesso non esita a sostenerla con contributi straordinari). Esiste poi un’altra voce di spesa che è quella, a dir poco ingente, del mantenimento dei beni culturali concentrati in larga parte nei luoghi di culto (che sono anche mete di pellegrinaggi e di turismo, cose che quindi interessano tutti). Chi guarda le Iene (programma certo non sospetto di clericalismo) sa che nei servizi riguardo i Paesi del Terzo Mondo nelle situazioni più terrificanti (come nel caso dei bambini accusati di stregoneria, o nei posti con alti tassi di prostituzione minorile o di gravi carenze sanitarie) capita spesso che non trovino nessuno. Nessuno, se non un prete o una suora che anche grazie all’Otto per Mille compiono con poco opere di straordinario valore umanitario (mettendo anche a rischio la vita). Tutto questo, a detta di alcuni, costerebbe troppo. Le cifre, come sempre nella macro economia, sono da capogiro ma al massimo si può parlare di una felix culpa. Fossero queste le “colpe” della varie associazioni benefiche e della stessa FAO (periodicamente costretta ad ammettere il proprio fallimento, senza mai mettersi però in discussione…). Poi si può discutere sui vai meccanismi dell’Otto per Mille, ma il principio di fondo è giusto e l’uso che ne fa la Chiesa cattolica è buono. Per farsene un’idea non c’è bisogno di andare in Bangladesh, in India o in Africa. Forse basterebbe dare uno sguardo fuori dalla finestra.

http://ettorebarra.blogspot.it/2011/07/da-sempre-nella-chiesa-si-dibatte-sul.html

8x1000 Destinazione ed impieghi 1990-2013
http://www.8xmille.it/rendiconti/rendiconto2014.pdf

http://www.caritasroma.it/

22 maggio 2014

Maria Valtorta e l'Indice Libri Proibiti

Dall'Osservatore Romano di mercoledì 6 gennaio 1960

UNA VITA DI GESÙ MALAMENTE ROMANZATA

In altra parte del nostro Giornale è riportato il Decreto del S. Offizio con cui viene messa all'Indice un'Opera in quattro volumi, di autore anonimo (almeno in questa stampa) edita all'Isola del Liri. Pur trattando esclusivamente di argomenti religiosi, detti volumi non hanno alcun "imprimatur", come richiede il Can. 1385, 1 n.2 C.I.C. L'Editore, in cui una breve prefazione, scrive che l'Autore, "a somiglianza di Dante ci ha dato un'opera in cui, incorniciati da splendide descrizioni di tempi e di luoghi, si presentano innumerevoli personaggi i quali si rivolgono e ci rivolgono la loro dolce, o forte, o ammonitrice parola. Ne è risultata un'Opera umile ed imponente: l'omaggio letterario di un dolorante infermo al Grande Consolatore Gesú". Invece, ad un attentato lettore questi volumi appaiono nient'altro che una lunga prolissa vita romanzata di Gesù. A parte la vanitá dell'accostamento a Dante e nonostante che illustri personalitá (la cui indubbia buona fede è stata sorpresa) abbiano dato il loro appoggio alla pubblicazione, il S. Offizio ha creduto necessario metterla nell'Indice dei Libri proibiti. I motivi sono facilmente individuabili da chi abbia la certosina pazienza di leggere le quasi quattromila pagine di fitta stampa.
Anzitutto il lettore viene colpito dalla lunghezza dei discorsi attribuiti a Gesù e alla Vergine SS.ma; dagli interminabili dialoghi tra i molteplici personaggi che popolano quelle pagine. I quattro Vangeli ci presentano Gesú umile, riservato; i suoi discorsi sono scarni, incisivi, ma della massima efficacia. Invece in questa specie di storia romanzata, Gesù è loquace al massimo, quasi reclamatistico, sempre pronto a proclamarsi Messia e Figlio di Dio e ad impartire lezioni di teologia con gli stessi termini che userebbe un professore dei nostri giorni. Nel racconto dei Vangeli noi ammiriamo l'umiltà ed il silenzio della Madre di Gesú; invece per l'autore (o l'autrice) di quest'opera la Vergine SS.ma ha la facondia di una moderna propagandista, è sempre presente dappertutto, è sempre pronta ad impartire lezioni di teologia mariana, aggiornatissima fino agli ultimissimi studi degli attuali specialisti in materia.
Il racconto si svolge lento, quasi pettegolo; vi troviamo nuovi fatti, nuove parabole, nuovi personaggi e tante, tante, donne al seguito di Gesù. Alcune pagine, poi, sono piuttosto scabrose e ricordano certe descrizioni e certe scene di romanzi moderni, come, per portare solo qualche esempio, la confessione fatta a Maria da una certa Aglae, donna di cattivi costumi (vol. I, p.790 ss.), il racconto poco edificante a p.887 ss. del I vol., un balletto eseguito, non certo pudicamente, davanti a Pilato, nel Pretorio (vol. IV, p.75), etc.
A questo punto viene, spontanea una particolare riflessione: l'Opera per la sua natura e in conformità con le intenzioni dell'autore e dell'Editore, potrebbe facilmente pervenire nelle mani delle religiose e delle alunne dei loro collegi. In questo caso, la lettura di brani del genere, come quelli citati, difficilmente potrebbe essere compiuta senza pericolo o danno spirituale. Gli specialisti di studi biblici vi troveranno certamente molti svarioni storici, geografici e simili. Ma trattandosi di un... romanzo, queste invenzioni evidentemente aumentano il pittoresco e il fantastico del libro. Ma, in mezzo a tanta ostentata cultura teologica, si possono prendere alcune... perle che non brillano certo per l'ortodossia cattolica. Qua e là si esprime, circa il peccato di Adamo ed Eva, un'opinione piuttosto peregrina ed inesatta. Nel vol. I a pag. 63 si legge questo titolo: "Maria puó essere chiamata la secondogenita del Padre": affermazione ripetuta nel testo alla pagina seguente. La spiegazione ne limita il significato, evitando un'autentica eresia; ma non toglie la fondata impressione che si voglia costruire una nuova mariologia, che passa facilmente i limiti della convenienza. Nel II vol. a pag. 772 si legge: "Il Paradiso è Luce, profumo e armonia. Ma se in esso non si beasse il Padre, nel contemplare la Tutta Bella che fa della Terra un paradiso, ma se il Paradiso dovesse in futuro non avere il Giglio vivo nel cui seno sono i Tre pistilli di fuoco della divina Trinità, luce, profumo, armonia, letizia del Paradiso sarebbero menomati della metà".
Qui si esprime un concetto ermetico e quanto mai confuso, per fortuna; perché se si dovesse prendere alla lettera, non si salverebbe da severa censura. Per finire, accenno ad un'altra affermazione strana ed imprecisa, in cui si dice della Madonna: "Tu, nel tempo che resterai sulla Terra, seconda a Pietro ”come gerarchia ecclesiastica..” (il corsivo é nostro. N.d.R.).

L'Opera, dunque, avrebbe meritato una condanna anche se si fosse trattato soltanto di un romanzo, se non altro per motivi di irriverenza. Ma in realtà l'intenzione dell'autore pretende di piú. Scorrendo i volumi, qua e là si leggono le parole "Gesù dice...", "Maria dice..."; oppure: "Io vedo..." e simili. Anzi, verso la fine del IV volume (pag. 839) l'autore si rivela... un'autrice e scrive di essere testimone di tutto il tempo messianico e di chiamarsi Maria (Valtorta).
Queste parole fanno ricordare che, circa dieci anni fa, giravano alcuni voluminosi dattiloscritti, che contenevano pretese visioni e rivelazioni. Consta che allora la competente Autorità Ecclesiastica aveva proibito la stampa di questi dattiloscritti ed aveva ordinato che fossero ritirati dalla circolazione. Ora li vediamo riprodotti quasi del tutto nella presente Opera.
Perciò questa pubblica condanna della Suprema S. Congregazione è tanto piú opportuna, a motivo della grave disobbedienza.


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Notificazione sulla validità del significato e del valore morale dell'Indice dei libri proibiti del 14.6.1966

Da Enchiridion Vaticanum - Documenti ufficiali della Santa Sede

Abolizione dell’Indice del Libri proibiti

Dopo la lettera apostolica lntegrae servandae data in forma motu proprio il 7 dicembre 1965, non poche richieste sono pervenute alla santa sede per conoscrere la sorte dell’Indice dei libri proibiti sin qui tenuto dalla chiesa per salvaguardare, secondo il mandato divino, l’integrità della fede e dei costumi.
Per rispondere alle suindicate domande, questa congregazione per la dottrina della fede, dopo aver interrogato il beatissimo Padre, comunica che l’Indice rimane moralmente impegnativo, in quanto ammonisce la coscienza dei cristiani a guardarsi, per una esigenza che scaturisce dallo stesso diritto naturale, da quegli scritti che possono mettere in pericolo la fede e i costumi; ma in pari tempo avverte che esso non ha più forza di legge ecclesiastica con le annesse censure. Pertanto la chiesa confida nella matura coscienza dei fedeli, soprattutto degli autori e degli editori cattolici e di coloro che si occupano della educazione dei giovani. Ripone la sua più ferma speranza nella sollecitudine vigile dei singoli ordinari e delle conferenze episcopali, cui spetta il diritto e il dovere di esaminare e anche di prevenire la pubblicazione di libri nocivi e qualora si dia il caso, di riprenderne gli autori e di ammonirli.
La congregazione per la dottrina della fede, secondo lo spirito della lettera apostolica Integrae servandae e dei decreti del concilio Vaticano II, si pone a piena disposizione, in quanto sia necessario, degli ordinari, per aiutare la loro solerzia nel vagliare le opere pubblicate, nel promuovere la sana cultura in opposizione a quella insidiosa, in stretto contatto con gli istituti e le università ecclesiastiche.
Qualora, poi comunque rese pubbliche, emergessero dottrine e opinioni contrarie ai principi della fede e della morale e i loro autori, benevolmente invitati a correggerle, non vogliano provvedere, la santa sede userà del suo diritto-dovere di riprovare anche pubblicamente tali scritti, per provvedare con proporzionata fermezza al bene delle anime.
Si provvederà pertanto, in modo adeguato, a che sia data notizia ai fedeli, circa il giudizio della chiesa sulle opere pubblicate.
Dato a Roma, dal palazzo del S. Offizio, il 14 giugno 1966.

A. card. OTTAVIANI, pro-prefetto della S.C. per la dottnina della fede
P. PARENTE, segretario




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Per chiarire, in tempi più recenti, la posizione della Chiesa su "Il Poema dell'Uomo Dio" intervenne anche il Card. Ratzinger, in via ufficiale:

Prot. N. 144/58. Roma 31 gennaio 1985.

Eminenza reverendissima,

con lettera del 18 maggio pp, il Reverendo...chiedeva a questa Sacra Congregazione, una chiarificazione circa gli scritti di Maria Valtorta, raccolti sotto il titolo: "Il Poema dell'Uomo Dio", e se esisteva una valutazione del Magistero della Chiesa sulla pubblicazione in questione con il corrispettivo riferimento bibliografico. In merito mi pregio significare all'Eminenza Vostra -la quale valuterà l'opportunità di informare il reverendo ...- che effettivamente l'opera in parola fu posta all'Indice il 16 dicembre 1959 e definita da l'osservatore Romano del 6 gennaio 1960, "Vita di Gesù malamente romanzata". Le disposizioni del decreto vennero ripubblicate con nota esplicativa ancora su l'osservatore Romano del 1 dicembre 1961, come rilevabile dalla documentazione qui allegata. Avendo poi alcuni (disobbedienti n.d.r.) ritenuta lecita la stampa e la diffusione dell'Opera in oggetto, dopo l'avvenuta abrogazione dell'Indice, sempre su l'Osservatore Romano (15 giugno 1966) si fece presente quanto pubblicato su A.A.S. (1966) che, benché abolito, l' Index conservava tutto il suo valore morale, per cui non si ritiene opportuna la diffusione e raccomandazione di un'Opera la cui condanna non fu presa alla leggera ma dopo ponderate motivazioni al fine di neutralizzare i danni che tale pubblicazione può arrecare ai fedeli più sprovveduti.

Grato di ogni sua cortese disposizione in proposito, profitto dell'occasione per confermarmi con sensi di profonda stima dell'Eminenza vostra reverendissima.

Dev.mo Joseph Cardinale Ratzinger 



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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Prot. N. 324/92 Roma, 6 maggio 1992
Stimatissimo Editore,
in seguito a frequenti richieste, che giungono anche a questa Segreteria, di un parere circa l’atteggiamento dell’Autorità Ecclesiastica sugli scritti di Maria Valtorta, attualmente pubblicati dal “Centro Editoriale Valtortiano”, rispondo rimandando al chiarimento offerto dalle “Note” pubblicate da “L’Osservatore Romano” il 6 gennaio 1960 e il 15 giugno 1966.
Proprio per il vero bene dei lettori e nello spirito di un autentico servizio alla fede della Chiesa, sono a chiederLe che, in un’eventuale ristampa dei volumi, si dica con chiarezza fin dalle prime pagine che le “visioni” e i “dettati” in essi riferiti NON POSSONO essere ritenuti di origine soprannaturale, ma devono essere considerati semplicemente forme letterarie di cui si è servita l’Autrice per narrare, a suo modo, la vita di Gesù.
Grato per questa collaborazione, Le esprimo la mia stima e Le porgo i miei rispettosi e cordiali saluti.

Dionigi Tettamanzi

Segretario Generale

21 maggio 2014

La bufala dei vescovi che rifiutano di stringere la mano a Benedetto XVI - vediamo chi sono

Circola un vecchio video che riprende il saluto tra le delegazioni tedesca e vaticana in occasione la visita in Germania di Benedetto XVI del 22/9/2011.

E' opinione molto diffusa che il video immortali il rifiuto di alcuni vescovi e cardinali di stringere la mano di Benedetto XVI, ma è una bufala.




Oltre all’ottima spiegazione dello specialista antibufala Paolo Attivissimo, consultabile a questo link, ci permettiamo di fare qualche ulteriore considerazione sulla base dei nomi e delle storie dei cardinali e vescovi che non tendono la mano al Papa.

Va ricordato che la sala stampa Vaticana ha già spiegato che la mano tesa di Benedetto XVI non era tesa per stringere mani (quella era la sua delegazione, conosceva già tutti ed alcuni di loro immaginiamo avessero viaggiato insieme al Papa per raggiungere il Castello del Belvedere, luogo dell’incontro) ma per introdurre al Presidente Wulff i membri della delegazione.
Infatti, quando il Presidente aveva introdotto i membri della delegazione tedesca al Pontefice, questi non avevano stretto la mano al Presidente, ma solo al Papa (il presidente li indicava peraltro con la sinistra, come riporta Paolo Attivissimo, quindi era più difficile equivocare).

Comunque, vediamo chi sono i cardinali e vescovi che non stringono la mano al Papa:

il Cardinal Tarcisio Bertone, Segretario si Stato ed (in quanto tale) primo collaboratore di Papa Benedetto e responsabile degli Affari Esteri dello Stato della Città del Vaticano. E’ più probabile che Bertone non stringa la mano al Papa in segno di disprezzo o perchè non previsto dal cerimoniale o comunque non necessario?

Dopo di lui è il turno di un Cardinale che non riusciamo a riconoscere, ma che comunque saluta il Papa, quindi non importa.

Poi ci sembra di riconoscere il Card. Kasper: è interessante notare che quando lui tende la mano al Papa, Ratzinger ha un attimo di esitazione, come se non se lo aspettasse.

Dopo di lui tocca al Card. Cordes, che non saluta il Papa e fa un passo indietro. Cordes è stato creato cardinale proprio da Ratzinger nel concistoro del 24/11/2007. Un po’ difficile quindi supporre che nutra un così profondo astio verso chi lo ha elevato alla dignità cardinalizia tale da contestarlo semi-apertamente.

Poi è il turno del Cardinal Brandmüller, che non saluta il Papa. Brandmüller collabora con Ratzinger dai tempi in cui questi era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. E’ un grande estimatore del Papa e della sua cosiddetta “riforma della riforma” liturgica. E’ uno dei Cardinali che celebra pubblicamente (in alcune occasioni) la Messa secondo la Forma Straordinaria del Rito Romano (in sostanza il rito pre-conciliare). E’ stato creato cardinale da Ratzinger. Insomma, impossibile anche solo supporre un’opposizione così forte da determinare il rifiuto a stringere la mano al Pontefice.

La qualità delle immagini, e l’inquadratura laterale in realtà non consentono di identificare i prelati con certezza. Se ci fosse qualche errore, preghiamo di segnalarcelo.

E’ il turno poi di un Vescovo, che però non siamo in grado di riconoscere.

Segue S.E. Jean-Claude Périsset, nunzio apostolico in Germania, che saluta calorosamente il Presidente e si ritrae davanti al Papa. E’ un diplomatico, e se il cerimoniale non prevede che si stringa la mano al Papa non escluderei che lo abbia fatto per questo motivo.

Seguono altri due Vescovi, che non siamo in grado di riconoscere con certezza e che non stringono la mano al Papa, anche se il secondo si in inchina al suo passaggio.

Gli ultimi due (il penultimo potrebbe essere Robert Zollitsch, Arcivescovo di Frisinga e Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, mentre l’ultimo è senz’altro Rainer Maria Woelki, Arcivescovo di Berlino, creato dopo poco cardinale)  stringono la mano al Papa.

Dopo i vescovi seguono alcuni monsignori, tra cui spicca il Maestro per le Celebrazioni Liturgiche Guido Marini, che non stringe la mano al Papa (nonostante ne sia uno strettissimo collaboratore e tra i due ci sia enorme stima e affetto) e Mons. Georg Gänswein, segretario particolare del Papa, che invece gli stringe la mano.

Seguono altri monsignori, che non siamo in grado di identificare ma che probabilmente operano nella Segreteria di Stato, che non stringono la mano al Papa.

In sostanza ci pare di poter dire che, sebbene il fatto che alcuni stringano la mano al Papa ed alcuni no possa generare confusione, la maggior parte di quelli che non glie la stringono sono o addetti diplomatici (forse un po’ troppo rigidi con i cerimoniali) o collaboratori strettissimi del Papa, da parte dei quali sarebbe impossibile immaginare il rifiuto esplicito di stringergli la mano.

http://www.ilvaticanista.it/2013/04/04/torna-la-bufala-dei-vescovi-che-rifiutano-di-stringere-la-mano-a-benedetto-xvi-vediamo-chi-sono/

Bufale mediatiche e precisazioni della sala stampa vaticana riguardo il cardinale Bertone

"A proposito di notizie che circolano in queste ore, dichiaro che non vi è in corso alcuna indagine di carattere penale da parte della magistratura vaticana a carico del cardinale Tarcisio Bertone". Lo ha affermato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Il giornale scandalistico tedesco Bild aveva scritto che il cardinale sarebbe indagato per appropriazione indebita.

http://www.news.va/it/news/p-lombardi-nessuna-indagine-sul-cardinale-bertone


19 maggio 2014

Pedofilia, all’Onu stanno confezionando un nuovo attacco ultra ideologico alla Chiesa. Ma chi sono loro per giudicare? Leggi di Più: Pedofilia, nuovo attacco «ideologico» dell'Onu alla Chiesa?

Useranno ancora la lotta agli abusi come scusa per provare a demolire il magistero cattolico? Ecco chi sono i promotori, i faccendieri e i finanziatori di una campagna internazionale molto poco disinteressata

«Dietro l’enfatizzazione degli abusi su minori compiuti da preti cattolici c’è di tutto: preti spretati, Chiesa e pedofilia, nel 2011. Allora il papa era Benedetto XVI. Da quando è salito al soglio papa Francesco poco è cambiato. E nonostante la simpatia dei media per Jorge Mario Bergoglio, nei fatti, le azioni legali e diplomatiche contro la Santa Sede non si sono fermate.
teologi eretici come Hans Küng, lotte interne dei modernisti contro il Papa, radicali che suonano la tromba, movimenti gay o pro choice, che vogliono far pagare alla Chiesa le sue posizioni in materia etica». Lo scriveva il giornalista Francesco Agnoli, in

Da anni, la responsabilità del Papa e delle gerarchie del Vaticano sulla presunta copertura dei casi di pedofilia del clero cattolico è al vaglio di tribunali nazionali e internazionali, comitati istituiti ad hoc da governi di tutto il mondo. È approdata fra il 2013 e il 2014 alle Nazioni Unite. Sulla base di presunte violazioni, la Santa Sede è stata chiamata in causa dall’Onu in due distinte occasioni: per presunte violazioni della convenzione sui diritti dell’infanzia e, poi, di quella sulla tortura.

A febbraio, dopo aver asserito la responsabilità del Vaticano sulla copertura degli abusi, i membri del comitato Onu che vagliano l’attuazione della Convenzione sui diritti del fanciullo hanno colto l’occasione per tentare di imporre alla Santa Sede anche la revisione delle sue posizioni in materia di aborto, contraccezione e omosessualità. Il 23 maggio sarà il comitato Onu contro la tortura a pronunciarsi. Si prevede che le raccomandazioni conterranno un risultato simile. Anche perché a presiedere la commissione non ci sono giudici terzi, ma professionisti dal profilo politico come il giurista Claudio Grossman, un progressista su aborto e matrimonio gay, e Felice Gaer, che già ha avuto occasione di dichiararsi «ferocemente pro-choice». Proprio la Gaer, alle audizioni del 4 e 5 maggio, interrogando monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, ha cercato con tutti i mezzi di strappargli l’ammissione che gli abusi sessuali possano giuridicamente definirsi tortura.

Il punto dolente delle raccomandazioni, del primo documento Onu e probabilmente del secondo, non sono e non saranno gli accenni alle presunte responsabilità del Vaticano nel coprire gli abusi dei preti. Il motivo è noto. Dalla sua elezione, papa Benedetto XVI ha affrontato le accuse in ogni occasione e ha riformato profondamente la legge vaticana in materia di abusi. Il Papa emerito ha denunciato pubblicamente i crimini dei sacerdoti, incontrando le vittime degli abusi (il primo pontefice a farlo) e varando nel 2010 le modifiche alle “Normae de gravioribus delictis” dello Stato vaticano, portando la prescrizione del reato di pedofilia da dieci a vent’anni, a partire dal compimento della maggiore età della vittima. Il Vaticano ha fatto tutti gli sforzi possibili per debellare gli abusi e non c’è stato alcun tipo di incentivo a coprirli. Basti dire che in tre anni, dal 2009 al 2012, quasi 400 sacerdoti sono stati ridotti allo stato laicale, come è emerso da un’inchiesta dell’Associated Press

Il problema per la Santa Sede è un altro: che l’Onu usi la questione pedofilia per intervenire una seconda volta su aspetti della dottrina cattolica, da un lato cercando di promuovere l’agenda progressista a livello internazionale, dall’altro mettendo in discussione lo status del Vaticano presso le Nazioni Unite.

La dottrina come “tortura”
Mentre i media danno risonanza alla chiamata in causa della Santa Sede sul dossier pedofilia (sempre lo stesso), a Ginevra si muovono nuove accuse alla Chiesa per la sua posizione su aborto e contraccezione. Il Centre for Reproductive Rights (Crr), una delle ong accreditate alle Nazioni Unite, che ha portato la sua “testimonianza” al Comitato sulla tortura, in una lettera dell’11 aprile 2014 indirizzata ai funzionari della commissione ha sostenuto che il Vaticano violerebbe la convenzione sulla tortura commettendo abusi sui «diritti riproduttivi».

«Il diritto canonico – recita la lettera – prevede specifiche azioni per umiliare e condannare le donne che praticano l’aborto e i dottori che le operano». «Chi commette un aborto per il diritto canonico incorre in scomunica automatica, latae sententiae», che, sottolineano gli attivisti pro-choice, «è la più severa punizione della legge religiosa». Scomunicare donne e dottori che praticano l’aborto, secondo il Crr, costituirebbe una «tortura psicologica». L’ong ha accusato la Santa Sede anche per la sua posizione sulla contraccezione. Secondo gli attivisti, l’atteggiamento censorio del Vaticano porta alcune donne a incorrere in gravidanze indesiderate, diventando automaticamente vittime di una tortura psicologica perpetrata dal papato.

Le accuse, portate avanti in una commissione che dovrebbe occuparsi di casi ben più seri (forse con nazioni come Cina e Arabia Saudita), sono state considerate ridicole anche dal Wall Street Journal. «Secondo questa logica assurda – ha osservato il quotidiano americano all’indomani della pubblicazione della lettera del Crr – qualsiasi fede può essere condannata per torture se cerca di offrire ragioni ai suoi aderenti per condurre la propria vita in una determinata maniera».
un po’ di difficoltà in più, visto che del Consiglio sui diritti umani dell’Onu fanno parte

Fra le associazioni che spendono tempo ed energie per mettere alla gogna la Santa Sede in ogni organo internazionale, la più attiva è da qualche tempo il Center for Constitutional Rights (Ccr). L’associazione con base a Manhattan si batte per la chiusura di Guantanamo, contro le violenze della polizia di New York e gli abusi della Chiesa cattolica. Tre argomenti che trovano ampio consenso tra gli americani, consentendo pubblicità diffusa sui media e garantendo un afflusso costante di finanziamenti. Fra i più attivi donatori dell’ong newyorkese si trovano filantropi del settore finanziario e farmaceutico: la Ford Foundation (asset pari a 10 miliardi dollari, 500 milioni le donazioni all’anno), che si autofinanzia con investimenti a Wall Street, il celeberrimo filantropo-speculatore George Soros e varie fondazioni che fanno riferimento alla famiglia del magnate sudafricano del settore farmaceutico Anthony Tabatzinik.

Appartiene al Ccr l’iniziativa che nel 2009 portò la Santa Sede davanti alla Corte penale internazionale. Sostenendo la responsabilità del Vaticano nella copertura degli abusi dei singoli sacerdoti di tutto il mondo, il Ccr presentò ai giudici dell’Aja un dettagliato fascicolo contro Benedetto XVI. Il Vaticano, accusavano gli avvocati dell’ong, «tollera e permette la sistematica e diffusa protezione» dei sacerdoti pedofili. Nel report si dichiarava che «le azioni legali condotte a livello nazionale non sono state sufficienti a impedire che gli abusi contro i minori continuassero». Nel 2013, i giudici dell’Aja comunicarono il rigetto della causa. Quella fu la terza archiviazione di un tribunale sulla presunta omertà della Santa Sede. Qualcuno ne ha sentito parlare?

Quelle sentenze dimenticate
Eppure l’importanza di queste sentenze è enorme: se nemmeno i giudici internazionali constatano responsabilità dirette della Santa Sede nei crimini avvenuti nelle diocesi di tutto il mondo, sulla base di quale documentazione emettono le loro raccomandazioni gli esperti indipendenti dell’Onu che, occorre dirlo, non hanno alcun titolo o qualifica per giudicare i crimini del papato? La risposta è ovvia. Sulla base degli stessi report compilati da associazioni e avvocati che hanno subìto la bocciatura dei giudici internazionali. Dossier che omettono tanto la sentenza dell’Aja quanto le altre due pronunce di archiviazione sulle responsabilità vaticane, emesse dalle corti degli Stati Uniti.
Un anno dopo la denuncia all’Aja del Ccr, fu il rampante avvocato americano Jeff Anderson a chiamare in causa il Papa, chiedendo che la Santa Sede rispondesse (economicamente) degli abusi dei preti pedofili americani. Secondo Anderson, la pedofilia e l’omertà «sono endemiche nel clero cattolico». Anderson ha milioni di ragioni per dirlo. Anzi, centinaia di milioni. Nel 2007, per gli abusi dei preti nella diocesi di Los Angeles, ottenne risarcimenti per più di mezzo miliardo di dollari. Già nel 2002 ne raccolse 60. Il suo compenso? Pari al 40 per cento della cifra. Se fosse riuscito a dimostrare le responsabilità del Vaticano, il paladino delle vittime del clero cattolico probabilmente oggi non sentirebbe il bisogno di concedere decine di interviste all’anno, nelle quali, dal suo ufficio, si diletta a lanciare anatemi contro la Chiesa e a mostrare ai giornalisti la sua preziosa collezione di cimeli religiosi. Il sistema con cui l’avvocato Anderson convince i preti a pagare pare limitarsi alle arringhe fuori dei tribunali. Si presenta ai media con la sua bionda chioma da guerriero, con il suo bottino religioso, e scaglia accuse sulla Chiesa. Le sue invettive vengono rincarate dai media e, alla fine, le diocesi sotto pressione pagano senza andare a processo.

Il meccanismo si è inceppò quando Anderson volle strafare, mirando – come ha in seguito confessatoprima sconfitta arrivò con il “caso Murphy”, un pedofilo colpevole di centinaia di abusi dagli anni Cinquanta al ’74. Anderson, come aveva preannunciato, chiamò in causa il Papa e i vertici della Santa Sede. Dopo aver ottenuto pubblicità mondiale, in tribunale la causa fu ritirata in sordina dallo stesso Anderson. Non c’erano prove della responsabilità del papato sugli abusi.

E così accadde anche a Portland, Oregon, nel 2012. In quel caso la Corte federale dichiarò che i vertici della Santa Sede, in primis il Papa, non avevano alcuna responsabilità civile nelle cause intentate contro i preti pedofili americani. Due archiviazioni che, come quella dell’Aja, non fecero rumore. Eppure sono decisive per capire che «ogni vescovo ha responsabilità giuridica nella sua diocesi, la Chiesa non è una multinazionale», come spiegò dopo le due sentenze statunitensi l’avvocato della Santa Sede, Jeffrey Lena.

Le vittime? L’ultimo dei problemi
In questi anni non si può dire che la Chiesa cattolica americana non abbia pagato per le colpe dei suoi sacerdoti. Il più delle volte, come è avvenuto con Anderson, lo ha fatto per via extra-giudiziaria. Dal 1950 ha sborsato 3 miliardi di dollari in risarcimenti. Più di 1 miliardo solo negli ultimi dieci anni, buona parte finita nelle tasche di avvocati e fondazioni. Nell’elenco dei risarcitori si trovano la diocesi di Dallas, che nel 1998 pagò 30,9 milioni dollari; la diocesi di Louisville, che nel 2003 concesse risarcimenti pari a 25,7 milioni dollari; l’arcidiocesi di Boston, che nel 2004 raggiunse un accordo per 85 milioni di dollari. E poi toccò a Orange (100 milioni), Portland (75 milioni), Seattle (48 milioni), San Diego (198 milioni). A spiccare su tutte fu la diocesi di Los Angeles, con il suo risarcimento da 660 milioni dollari. Viste le cifre, e la disponibilità dei vescovi americani a pagare per non finire nei processi civili, non sorprende il fiorire delle accuse.

A oliare il sistema ci sono avvocati rampanti e associazioni. Fra queste, la Snap è protagonista indiscussa. Lavora fianco a fianco con Anderson negli Stati Uniti e ha collaborato con il Ccr per la compilazione dello “Shadow Report” sui crimini dei preti cattolici presentato al comitato Onu sulla tortura. Quello che non tutti sanno di questa “rete dei sopravvissuti agli abusi dei preti” è che in realtà si limita a pubblicizzare le cause contro i preti. Non ha nessun’altra missione, pur proclamandosi come l’associazione per eccellenza delle vittime della pedofilia.
Quando, nel 2012, fu chiamata a processo dalla corte di Clayton, Missouri, si scoprì che per le vittime la Snap non faceva proprio un bel niente. In tre anni aveva raccolto quasi 3 milioni di dollari, e gran parte dei fondi arrivavano da avvocati. Emerse che l’associazione nel 2008 dilapidò 92 mila dollari in viaggi. Le spese legali per assistere le vittime? Un solo esempio: nel 2007 donò 593 dollari. Non solo, il leader dello Snap, David Clohessy, confessò di operare da più di vent’anni senza sapere se avesse una licenza per farlo. Nel testo della deposizione presso il tribunale, alla domanda della corte «lo Snap ha mai rilasciato comunicati stampa che contenevano informazioni false?», Clohessy rispose: «Certamente». Non aggiunse altro. Insomma, a questa associazione tenuta in grande considerazione dall’Onu capita, ogni tanto, di dire cose false sui preti.
Il direttore confessò poi di «non avere ricevuto alcuna educazione né di avere seguito alcun corso di studi per aiutare le vittime di abusi», aggiungendo di non sapere se i suoi dipendenti avessero o meno le competenze necessarie per lavorare in questo campo. Clohessy non rispose alle domande dei giudici sulle cifre richieste alle vittime né su quelle ricevute in donazione dagli avvocati da loro contattati per difenderle, pur ammettendo che il gruppo «pubblicizza le cause intraprese contro i preti».
A questo, in fondo, si riduce l’intera vicenda sui preti pedofili: mentre il papato prende sul serio i crimini, incontra le vittime degli abusi, cerca di tutelarle, i grandi accusatori della Chiesa sembrano lavorare con un solo scopo, il guadagno, politico, di carriera, o meramente economico. Forse anche per un pizzico di vanità.

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