30 maggio 2013

Corpus Domini domenica 2 giugno alle 17 ora italiana

SOLENNE ADORAZIONE EUCARISTICA IN CONTEMPORANEA MONDIALE CON PAPA FRANCESCO



Per la prima volta nella storia tutte le chiese del mondo si uniranno, in contemporanea, a papa Francesco per una adorazione eucaristica
Presentata la "Solenne Adorazione Eucaristica in contemporanea mondiale" di domenica 2 giugno. E' organizzata nell'ambito dell'Anno della fede, agli eventi del quale, finore, hanno preso parte oltre quattro milioni di persone. Il 15-16 giugno le giornate "Credendo abbiano la vita" che prevedono anche una fiaccolata silenziosa per richiamare l'attenzione sul tema della vita umana e del suo valore intangibile.

"Migliaia e migliaia" di cattedrali, conventi, parrocchie, "per la prima volta nella storia" nel pomeriggio di domenica 2 giugno si sintonizzeranno sull'ora di Roma e si uniranno a papa Francesco nella adorazione eucaristica. A Roma inizierà alle 17, nella basilica di san Pietro, le Isole Cook, Samoa e Honolulu si uniranno alle loro 5 del mattino, mentre a Reykiavik in Islanda, saranno le 15.00. A queste Chiese particolari corrisponderanno le diocesi più australi come Sudafrica, Cile e Nuova Zelanda. Tutte le diocesi del Vietnam si uniranno a Roma alle 22 ora locale, mentre tutte le chiese di Corea lo saranno a mezzanotte. In Oceania saranno già nel 3 giugno, dall'una alle due del mattino; tra queste ci sarà Papua Nuova Guinea, le Isole Salomone, la diocesi di Agaña in Guam e di Wewak.

"Sarà un'ora di preghiera piena, di comunione fraterna e di sostegno alla fede di tutti.

E' la "Solenne Adorazione Eucaristica in contemporanea mondiale", organizzata nell'ambito dell'Anno della fede, presentata oggi in Vaticano da mons. Rino Fisichella e da mons. José Octavio Ruiz Arenas, rispettivamente presidente e segretario del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Essi hanno illustrato un secondo evento si svolgerà il 15-16 giugno dal titolo: "Credendo abbiano la vita", centrato sull'impegno della Chiesa sulla promozione, rispetto e difesa della dignità della vita umana.

Corpus Domini


"Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga."

1 Corinzi 11,23-26

29 maggio 2013

Il pastore evangelico Haggard, beccato in una relazione gay, ora sostiene di essere "completamente etero"


Etero, omo, trans, bi: chi avesse dubbi sulla propria identità sessuale farebbe meglio a rivolgersi ai quattro consiglieri che hanno “guarito” Ted Haggard, fino allo scorso novembre uno dei pastori evangelici più influenti negli Stati Uniti, ascoltato dai più stretti collaboratori del presidente Bush. Felicemente sposato, cinque figli, sorriso telegenico, e come tutti gli evangelici aperto oppositore dei matrimoni gay, Haggard è caduto in disgrazia dopo le confessioni di un ex gigolò, che ha rivelato di aver avuto regolari rapporti sessuali con lui per tre anni. Dopo aver inizialmente negato, Haggard ha poi ammesso di essere “colpevole di immoralità sessuale”. Ma terminate le tre settimane di terapia, di non si sa quale tipo, il pastore ha fatto sapere ai suoi fedeli di essere ora “completamente eterosessuale”.

La rivelazione. Lo scandalo era esploso nei primi giorni dello scorso novembre, alla vigilia delle elezioni per il rinnovo del Congresso e anche, in otto Stati, del referendum su un emendamento alla Costituzione per definire il matrimonio come unione tra un uomo e una donna. L’ex gigolò Mike Jones uscì allo scoperto descrivendo la sua relazione con Haggard: il pastore lo pagava da tre anni per rapporti omosessuali a frequenza mensile, e in più comprò da lui delle pastiglie di metanfetamina, una droga sintetica eccitante. Erano rapporti “strettamente fisici”, aggiunse Jones, durante i quali Haggard gli rivelò però anche sue fantasie sessuali, come quella di fare un’orgia con sei ragazzi universitari. La rivelazione era dovuta al risentimento che l’ex gigolò provava nel sentire “Art”, come Jones chiamava affettuosamente Haggard abbreviando il suo secondo nome Arthur, predicare bene e razzolare male. “Mi fa rabbia pensare che c’è chi predica contro i matrimoni omosessuali e poi fa sesso gay di nascosto”, disse. Anche perché qualche giorno dopo gli elettori del Colorado – dove ha sede la New Life Church, fondata da Haggard – avrebbero dovuto votare il referendum per bandire o meno i matrimoni omosessuali (alla fine è passato il sì). “Dovevo far emergere l’ipocrisia”, disse Jones. “Lui è nella posizione di influenzare milioni di fedeli e predica contro i matrimoni gay. Ma di nascosto fa quello contro cui predica”.

Ammissione di colpa. Inizialmente, Haggard reagì negando persino di conoscere Jones e giurò fedeltà alla moglie. Qualche giorno dopo, però, riconobbe alcune delle accuse, ammettendo di essere “un bugiardo. Sono colpevole di immoralità sessuale… C’è una parte della mia vita così buia e ripugnante contro cui ho combattuto in tutta la mia vita adulta… Perdonate il mio accusatore, anzi ringraziate Dio per lui”, disse. Pur non usando mai la parola “omosessuale”, quella di Haggard era una chiara ammissione di colpa. Il pastore confessò anche di aver comprato delle metanfetamine, ma aggiunse di non averle mai usate perché si pentì presto dell’acquisto, e le buttò via. Subito dopo, Haggard si dimise dalla guida della New Life Church, nonché dalla presidenza della National Associaton of Evangelicals, gruppo-ombrello delle varie denominazioni evangeliche negli Usa.

Un uomo cambiato. Lo scandalo, fonte di imbarazzo per un movimento che in generale non vede di buon occhio i gay, fu così passato sotto silenzio dalle varie comunità evangeliche. Haggard fu sottoposto a una terapia supervisionata dai vertici della sua chiesa, e sparì dalla circolazione. Ma nei giorni scorsi è riemerso con una lettera indirizzata ai suoi fedeli per affermare, come poi confermato da uno dei suoi consiglieri, di essere ora “completamente eterosessuale”, nonché di volersi trasferire da Colorado Springs per andare a vivere in campagna con la moglie, e frequentare entrambi un master in psicologia. Il suo ex partner ha accolto l’annuncio con sarcasmo: “E’ la terapia più veloce che abbia mai sentito. Ma è difficile per me immaginare un uomo che fa sesso orale e poi dice di essere etero. Se mi chiedessero cosa penso di lui, direi che è gay. Finchè non sarà onesto con se stesso, non sarà mai felice”, ha chiosato Jones. Per diventare psicologo di se stesso, chissà se il master lo aiuterà.

http://it.peacereporter.net/articolo/7291/

La chiesa evangelica dice si a matrimoni gay in Danimarca


Presto gli omosessuali danesi potranno sposarsi anche davanti alla Chiesa evangelica luterana di Stato, esattamente come gli eterosessuali. Lo ha annunciato il ministero della Chiesa e dell'uguaglianza che ora dovrà sottoporre una proposta di legge in tal senso al Parlamento. Il primo matrimonio gay in chiesa potrebbe essere celebrato entro la prossima estate, visto che il voto e l'applicazione della legge potrebbe prendere fino a sei mesi, ha riferito all'agenzia Afp, Ellen Aagaard Petersen, redattrice del giornale della Chiesa protestante danese.

http://www.ilcorrieredisicilia.it/politica/politica-1/la-chiesa-evangelica-dice-si-a-matrimoni-gay-in-danimarca

28 maggio 2013

A Roma la prima benedizione di una coppia di donne nel tempio valdese

Alessandra e Manuela, compagne da quattro anni e, da oggi, benedette in una chiesa. Piazza Cavour, questa mattina poco prima delle 11, nel Tempio Valdese, seduti nelle prime file, c'erano i genitori, i parenti e gli amici, oltre ai rappresentanti delle associazioni Glbt Il riconoscimento davanti al Signore era, per Alessandra Brussato e Manuela Vinay, uno di quei passi ai quali non volevano rinunciare per suggellare il loro amore davanti a Dio. Sono la prima coppia lesbica a essere benedetta in un tempio valdese.

E' dal Sinodo dell'agosto del 2010 che la chiesa Valdese ha deciso di aprire, dopo anni di cammino e di condivisione con molti suoi fedeli Glbt, alle coppie omosessuali. Accogliendole all'interno della sua comunità attraverso la formula della presentazione e benedizione della comunità delle persone e gli amori gay. “Quella valdese è stata la prima confessione cristiana, in Italia, a riconoscere le coppie Glbt”, fa notare Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia, che ha assistito alla cerimonia. Nel 2011, la prima benedizione era avvenuta a Milano: Guido e Ciro, compagni da 7 anni. L'anno precedente, un'altra benedizione, a Trapani, ma di una coppia di stranieri.

La benedizione del tempio di piazza Cavour è stata presieduta dalla pastora Maria Bonafede, moderatore della Tavola valdese, l'organismo esecutivo del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste.

"E’ la prima volta che la comunità valdese di Roma celebra una benedizione di una coppia lesbica in chiesa ed è una delle prime volte in Italia - dice Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay Center, presente in chiesa - Una decisione che parte da lontano e che è frutto del percorso comune di conoscenza che abbiamo portato avanti. La coordinatrice della nostra area legale, Marina Zela, ha tenuto incontri sul tema dei diritti con la comunità valdese della Capitale proprio per far conoscere da vicino la realtà delle coppie gay. E’ stata una cerimonia importante, piena di vita, emozionante e nello stesso tempo dolorosa perché ci ha ricordato come i nostri amori, le storie e le vite di centinaia di migliaia di coppie lesbiche e gay in Italia non abbiano alcuna forma di riconoscimento e tutela. E’ tempo di cambiare".

http://www.ilmessaggero.it/roma/cronaca/benedizione_coppia_lesbiche/notizie/284227.shtml


27 maggio 2013

Rifiutano le cure per il figlio di 8 mesi: "il nostro credo lo vieta". condannati



NEW YORK – “E’ molto chiaro che la libertà religiosa deve fermarsi laddove cominci la sicurezza di un bambino”. Con queste parole venerdì scorso il giudice Carolyn Engel Temin ha spiegato la sua decisione di incriminare per omicidio Herbert e Catherine Schaible.

I coniugi sono accusati di aver fatto morire il loro bambino di otto mesi, Brandon, rifiutandosi di sottoporlo alle cure mediche che lo avrebbero salvato. La posizione severa del giudice circa le convinzioni religiose dei signori Schaible è stata causata da fatto che Brandon è il secondo bambino dei due a morire per assenza di cure mediche: nel 2011 Herbert e Catherine persero KENT, DI DUE ANNI, UCCISO DA UNA POLMONITE CHE SAREBBE STATA FACILMENTE DEBELLATA CON I GIUSTI ANTIBIOTICI. Sia nel caso di Kent che in quello di Brandon, i coniugi si sono affidati alla preghiera. Quando il secondo bambino è morto, lo scorso aprile, il signor Schaible ha così spiegato ai detective della polizia di Filadelfia perché ogni intervento medico era stato rifiutato: “Noi crediamo nella guarigione divina. Gesù ha versato il proprio sangue per la nostra salvezza, ed è morto sulla croce per spezzare il potere del diavolo. La medicina va contro la nostra fede religiosa”.

Tra religione e medicina

Molte religioni credono che la fede e la preghiera aiutino nella guarigione, ma solo pochissime credono che non si debba far ricorso anche al supporto della medicina. Negli Stati Uniti, nel corso di un anno almeno una dozzina di bambini perde la vita perché i loro genitori hanno una visione assolutista della fede e rifiutano ogni forma di supporto medico o scientifico. I coniugi Schaible appartengono a una piccola comunità nota come “Chiesa del Vangelo del Primo Secolo”. Il loro sacerdote, Nelson Clark, spiega che se i due bambini sono morti, vuol dire che nella vita della coppia “c’è una mancanza spirituale”. Clark insiste che il vero nemico dell’uomo non è la sua interpretazione estrema della volontà di Dio, ma la scienza e la medicina: “Sono loro a causare ogni anno decine di migliaia di morti” sostiene. Herbert e Catherine Schaible hanno altri sette figli, ora in affidamento temporaneo ad altre famiglie. Ma la coppia rischia almeno sette anni di carcere. Dopo la morte di Kent, i due si erano impegnati a non far mancare ai propri bambini le debite visite di controllo e le eventuali cure mediche che si fossero rese necessarie.

http://www.leggo.it/NEWS/ESTERI/schaible_bimbo_cure_fede_condanna_foto/notizie/284104.shtml

E NON SONO COSE CHE POSSONO SUCCEDERE SOLO IN AMERICA, ANCHE IN ITALIA CI SONO DEI PRESUNTI "DOTTORI DELLA PAROLA" CHE RIFIUTANO LE CURE MEDICHE



24 maggio 2013

Errare è umano, perseverare nell'errore è diabolico

Quando si ha la pretesa di essere "dottore della parola" ma non si vuol comprendere che Paolo VI non aveva sorelle e quindi neanche un nipote figlio di sua sorella


http://it.wikipedia.org/wiki/Paolo_VI#Infanzia


23 maggio 2013

La Santa Messa


di Giappaolo Barra

In questa conversazione affrontiamo un tema di straordinaria importanza per la fede cattolica: parleremo della Santa Messa, del Sacrificio eucaristico: sapete bene che noi cattolici siamo obbligati a partecipare alla Santa Messa tutte le domeniche e le feste comandate. Sapete anche che saltare la Messa, non partecipare al Sacrificio eucaristico per colpa propria costituisce un peccato grave, un peccato mortale, e per ottenere il perdono è necessario fare una buona confessione.

Quando parlo della Santa Messa sottolineo il termine di “Sacrificio eucaristico” perché proprio la verità fondamentale della Messa, il significato essenziale della Messa come “Sacrificio” è spesso dimenticato in casa cattolica e contestato dai cristiani non cattolici.
Come è nostra abitudine, vogliamo chiarire innanzitutto che cosa è la Messa, che cosa insegna la dottrina cattolica riguardo la Santa Messa e poi vedremo le contestazioni che vengono avanzate alla dottrina cattolica, cercando di mostrare come queste contestazioni siano insostenibili.
Naturalmente, non mancheremo di fare una breve incursione nel campo della storia dei primi cristiani, e domanderemo alla storia, alle tracce che ci ha lasciato, ai documenti che sono giunti fino a noi, di dirci che cosa pensavano i primi cristiani riguardo la santa Messa.

Erano questi cristiani consapevoli che la Messa è il sacrificio incruento di Gesù oppure la consideravano solo un atto di culto che ricordava, rappresentava simbolicamente, l’ultima Cena?

Iniziamo questa conversazione con una considerazione di ordine generale, che mi pare molto utile per la nostra fede. L’importanza della Santa Messa si comprende se poniamo attenzione a quanto scrive un autore classico, il Royo Marin, in un giustamente celebre studio intitolato “Teologia della perfezione cristiana”.

Ascoltiamo: “La Messa ha gli stessi fini e produce gli stessi effetti della croce” e questo autore specifica che “Con la Messa possiamo dare a Dio tutto l’onore che gli è dovuto in riconoscimento della sua infinita maestà e del suo supremo dominio, nella maniera più perfetta possibile e in grado rigorosamente infinito. Una sola Messa glorifica più Iddio di quanto lo glorificheranno in Cielo, per tutta l’eternità, tutti gli angeli, i santi e i beati, compresa Maria Santissima” (p. 549).

Perché la Messa, una sola Messa, vale più di ogni altra preghiera, di ogni altro culto, vale più di tutta la lode offerta a Dio in Paradiso, dagli angeli, dai santi, compresa – badate bene – Maria Santissima?

Si può rispondere in questo modo: Poiché il sacerdote principale della Messa è Gesù Cristo e la sua dignità è infinita, e siccome nella Santa Messa viene immolata e offerta a Dio una vittima di dignità infinita, che è lo stesso Gesù Cristo, si capisce bene perché la Messa – una sola Messa - dà a Dio un culto di lode e di ringraziamento che oltrepassa all’infinito ciò che le creature, tutte le creature del Cielo e della terra, sono in condizione di prestare. Capite bene, amici, quanto è importante la Santa Messa.

Veniamo subito alla prima domanda: che cosa è la Messa? Il Catechismo di san Pio X, che ho avuto la grazia di studiare quando ero bambino, risponde alla domanda in questo modo: “La santa Messa è il sacrificio del Corpo e del Sangue sull’altare, in memoria e rinnovazione del sacrificio della Croce”.

È difficile trovare una sintesi più ricca e profonda del significato della Messa di quella offerta dal Catechismo di san Pio X. Ci vorrebbe una intera trasmissione per esaminare ogni parola, ma le nostre – sapete bene – sono conversazioni di apologetica, non di dottrina.

Il recente Catechismo della Chiesa Cattolica ci insegna, al n. 1330, che la Santa Messa è un “Santo Sacrificio, perché attualizza l’unico sacrificio di Cristo Salvatore e comprende anche l’offerta della Chiesa”.

Dunque per noi Cattolici la Santa Messa è innanzitutto il Sacrificio di Gesù, è lo stesso sacrificio della Croce, con una differenza: che duemila anni fa, sul Monte Calvario, inchiodato alla Croce, Gesù si è sacrificato volontariamente versando il suo sangue e meritando per noi ogni grazia; invece, sull’altare delle nostre chiese Gesù si sacrifica misticamente, per il ministero del sacerdote, senza spargere il suo sangue e ci applica i meriti guadagnati con il sacrificio della croce.

La Messa è un mistero grande, ma è un mistero vero. La dottrina cattolica insegna che il sacrifico della Messa e quello della Croce non sono e non possono essere che un solo e identico sacrifico, come una e identica è la vittima: Gesù Cristo, immolato una volta sola sulla Croce con sacrificio cruento.

La dottrina cattolica insegna che la vittima cruenta del Calvario e quella incruenta della Messa non sono due vittime, ma una sola, il cui sacrificio si rinnova ogni giorno nell’Eucaristia.

Qui sorge subito la prima domanda alla quale chi si occupa di apologetica deve saper rispondere. Perché noi cattolici, a differenza di coloro che contestano il significato della Messa, diciamo che la Messa è il sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesù?

La risposta è molto semplice: perché lo ha insegnato Gesù Cristo, è esplicitamente ricordato nella Sacra Scrittura e perché è sempre stato insegnato e creduto dai veri cristiani, dalle origini fino ai nostri giorni.

La Sacra Scrittura è estremamente chiara. Nell’Ultima Cena del Giovedì santo, quando Gesù ha istituito l’Eucaristia, il Signore ha compiuto un vero e proprio sacrifico, dicendo che il suo Corpo era “dato”, cioè offerto in sacrificio.

A conferma di quanto stiamo dicendo, valga per tutti ciò che riporta il Vangelo di san Luca, al capitolo 22 e versetto 19: “Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio Corpo che è dato per voi”.

Prestiamo attenzione a queste parole. Il Corpo del Signore non viene soltanto offerto come cibo ai discepoli, ma è “dato” per i discepoli e questa è una evidente allusione al carattere sacrificale, cioè di sacrificio, del rito che Gesù sta compiendo, cioè della Messa.

Ancora. Gesù ha compiuto un vero e proprio sacrificio dicendo che il suo sangue era versato, come si versava nei sacrifici. Sentiamo il Vangelo di san Matteo, al capitolo 26, versetti 27 e 28: “Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro dicendo: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati”.

Dunque, il Corpo “dato” e il Sangue “versato” costituiscono un vero e proprio sacrificio. Questo è il fondamento della dottrina cattolica sulla Santa Messa.

E il Signore Gesù, dopo aver istituito e celebrato la prima Santa Messa proprio nell’Ultima Cena, ordina ai discepoli di rinnovare quel sacrifico eucaristico: “Fate questo in memoria di me”, sono le parole pronunciate da Gesù e riportate dal vangelo di Luca. Parole che riporta anche san Paolo nella prima lettera che ha scritto ai cristiani di Corinto, capitolo 12, versetto 25 “Fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me.

Ovviamente, quando Gesù ha dato questo comando ai suoi discepoli, quando ha ordinato loro di rinnovare il sacrificio dell’ultima Cena e del Calvario, ha dato loro anche il “potere” di eseguirlo, quindi li ha ordinati, li ha costituiti “sacerdoti”. Il sacerdote è dunque colui che ha ricevuto il potere e l’ordine di rinnovare il sacrificio eucaristico, di celebrare la Santa Messa.

Quando un sacerdote celebra la Santa Messa obbedisce al comando di Gesù: fate questo in memoria di me. Allora la Chiesa, ripetendo il gesto eucaristico del suo Fondatore, compie un vero e proprio sacrificio, quello stesso che offrì Gesù.

Proseguiamo nella nostra riflessione. Questa verità fondamentale riguardante il carattere di vero e proprio sacrifico della Messa è stata contestata, nel XVI secolo, dall’eretico Martin Lutero, dall’eretico Zwingli e dopo di loro da tutti i membri della variegata e numerosa famiglia protestante.

Zwingli, in un pubblico dibattito organizzato il 29 gennaio 1523 dalle autorità di Zurigo, sostenne apertamente che la Messa, il culto dei santi, il celibato dei sacerdoti, i voti monastici, le pratiche di devozione erano tutte superstizioni, non insegnate dal Vangelo, ma inventate dalla Chiesa. Anche la Messa era un gesto superstizioso, che non aveva fondamento nel Vangelo e nella volontà di Cristo.

Ai giorni nostri, anche i testimoni di Geova, che non dobbiamo confondere con i Protestanti (i Protestanti credono alla divinità di Cristo, i Testimoni di Geova non ci credono) negano che la Messa abbia carattere di sacrificio.

Nel loro opuscolo intitolato “Accertatevi di ogni cosa” i testimoni di Geova scrivono che “Cristo è in cielo, non è portato giù quotidianamente nel sacrificio della messa”.

Ora, tocca agli studiosi della Bibbia, ai teologi e agli esegeti, ai professori di Sacra liturgia rispondere a queste contestazioni facendo uso della Sacra Scrittura e mostrare, come abbiamo fatto –purtroppo superficialmente – in apertura di questa conversazione, che la dottrina cattolica è totalmente conforme all’insegnamento di Gesù e della Sacra Scrittura.

Noi ci occuperemo di storia. Anche la storia ci può dare qualche indicazione interessante. Domanderemo alla storia di dirci, sulla base delle testimonianze, dei documenti, delle tracce che sono giunte fino a noi, che cosa pensavano i primi cristiani della Messa. Essi pensavano che si trattasse di un sacrificio, del sacrificio eucaristico – come crediamo noi cattolici – oppure di una semplice commemorazione, di un ricordo, di un rito, di una “cena”, come pensano Protestanti e testimoni di Geova?

La risposta della storia è chiara e inequivocabile. I primi cristiani celebravano e partecipavano alla Messa consapevoli che si trattava del sacrificio eucaristico, esattamente come crediamo oggi noi cattolici.

È giunto il momento di portare le prove. E le prove, cari amici, sono abbondanti!

Cominciamo dalla famosa Didachè , detta anche Dottrina degli Apostoli, opera della quale non si conosce l’autore, o gli autori, ma che fu composta alcuni dicono verso la fine del primo secolo, altri intorno alla metà del secondo; dunque è uno scritto antichissimo, di inestimabile valore, quasi contemporaneo al Vangelo di san Giovanni o successivo di alcuni decenni.

La Didachè è un manuale di pietà scritto per i fedeli e per i catecumeni che si preparavano a ricevere il battesimo nei primi tempi del Cristianesimo.

Al capitolo XIV leggiamo questo passo estremamente interessante: “Ogni domenica, giorno del Signore, riuniti, spezzate il pane e rendete grazie, dopo che avrete confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro. Chiunque ha qualche lite con il suo compagno, non si riunisca a voi prima che siano riconciliati, affinché non sia profanato il vostro sacrificio. Così infatti ha detto il Signore: “in ogni luogo e in ogni tempo, mi sia offerto un sacrificio mondo; poiché io sono un gran re, dice il Signore, e il nome mio è ammirevole tra le genti”.

Soffermiamo per un istante la nostra attenzione e cerchiamo di sottolineare la ricchezza di queste poche righe. Dunque, alla fine del primo secolo, o nei primi decenni del secondo, la storia tramanda un documento che rivela le convinzioni e abitudini dei cristiani di quel tempo.

Ricordiamole: si radunavano la domenica (proprio come facciamo noi cattolici), “spezzano il pane e rendono grazie” (come succede nella Santa Messa alla quale partecipiamo noi cattolici); “dopo aver confessato i peccati” (come insegna la nostra dottrina: bisogna confessare i peccati mortali prima di fare al Comunione); e, questo ci interessa particolarmente, i cristiani del primo secolo credevano che la Messa fosse un “sacrificio”, lo stesso Sacrificio di Gesù sul Calvario, rinnovato sull’altare della Santa Messa.

Qui ci troviamo di fronte ad un conferma documentata storicamente, straordinaria, antichissima che i primi cristiani avevano della Messa lo stesso pensiero che abbiamo oggi noi cattolici.

Ne consegue che Protestanti e Testimoni di Geova, negando il valore sacrificale della Messa non solo si pongono in contrasto con l’insegnamento di Gesù e con la Sacra Scrittura, ma riprendono un pensiero eretico che aveva fatto capolino nelle sette medievali e che non era conosciuto dai primi cristiani.

Andiamo avanti in questo breve viaggio nella storia dei primi cristiani e arriviamo, sempre in epoca antichissima, a sant’Ignazio di Antiochia, morto a Roma, martire, nell’anno 107.

Sant’Ignazio fu autore di celeberrime lettere, che ci sono giunte. In quella inviata ai Cristiani che vivevano a Smirne, sant’Ignazio scrive: “Si astengano poi dall’Eucaristia e dalla preghiera liturgica della Chiesa perché non credono che l’Eucaristia è la vera Carne del Signore nostro Gesù Cristo; quella Carne che ha patito per i nostri peccati e che il Padre celeste ha risuscitato, per la sua potente bontà” (VII, 1).

Quello che abbiamo appena ascoltato è un testo di valore storico inestimabile. Sant’Ignazio ci informa della fede dei primi cristiani sull’Eucaristia, Corpo di Cristo, ma conferma la fede e la consapevolezza che l’Eucaristia è quello stesso Corpo di Cristo che ha patito, dunque che si è sacrificato per i nostri peccati.

Questo è ciò che insegna ancora la dottrina cattolica dopo duemila anni, dottrina cattolica rimasta fedele all’insegnamento del Vangelo e alla prassi dei primi cristiani.

Proseguiamo questa breve incursione nel campo della storia dei primi cristiani. Il nome di san Cipriano vi è ormai noto, perché è stato citato in qualche nostra conversazione recente.

San Cipriano (ca 205-258) è vissuto nel III secolo, è stato Vescovo di Cartagine ed è morto martire per la fede durante la persecuzione scatenata dall’Imperatore romano Valeriano.

Trattando dell’Eucaristia, Cipriano usa espressioni di straordinaria chiarezza che rivelano la fede dei cristiani dei primi secoli: “Sacrificio vero e pieno”, “Sacrificio vero e sommo”, “Sacrificio verissimo e singolare”.

Molte altre testimonianze si potrebbero portare. La storia conferma che la Santa Messa, celebrata dai cristiani fin dalle origini, obbedendo in questo al comando del Signore, è sempre stata considerata il Sacrificio incruento, cioè senza spargimento di sangue, di Gesù. Lo stesso Sacrificio del Calvario.

L’ultima conferma che ci offre la storia, questa sera, viene da San Cirillo di Gerusalemme, santo, Padre della Chiesa, vissuto nel IV secolo (ca 315- ca 387), il quale, istruendo i neofiti, scriveva: “Dopo compiuto il sacrificio spirituale, rito incruento, sopra quell’ostia di propiziazione, noi supplichiamo Dio per la pace universale della Chiesa, per il retto ordine del mondo, per l’imperatore, per gli eserciti e gli alleati, per i malati e in generale preghiamo noi tutti per tutti coloro che han bisogno di aiuto e offriamo questa vittima…”

Come si vede, tra i cristiani dei primi secoli è vivissima la consapevolezza che la Santa Messa è “sacrificio spirituale”, “offerta della vittima” che è Cristo. Esattamente la stessa fede conservata dalla Chiesa cattolica fino ai nostri giorni.

Ma la storia ci consegna anche altre importanti testimonianze. Sappiamo come si celebrava la Messa in epoca antica ed è impressionante constatare come noi cattolici abbiamo conservato, nella sostanza, i vari momenti della celebrazione liturgica.

Un grande cristiano dei primissimi tempi, un maestro dell’apologetica, san Giustino, vissuto nel secondo secolo, un pagano convertito al cattolicesimo, morto martire verso l’anno 165, ci ha lasciato, tra altre opere, anche due “Apologie”, dedicate una all’Imperatore Antonino e l’altra al Senato Romano o allo stesso imperatore. Apologie scritte per illustrare chi erano e che cosa pensavano i cristiani, nella speranza che questo facesse prender coscienza alle autorità del bene che facevano i cristiani e cessassero così le persecuzioni.

Nella prima “Apologia”, scritta verso la metà del secondo secolo, Giustino descrive la celebrazione eucaristica. Dopo aver detto che il Pane e il Vino consacrati sono il Corpo e il Sangue di Cristo (cap. 66), Giustino ci ricorda che “nel giorno detto del sole” (questo era la domenica), “Convengono tutti nello stesso luogo” (quindi i cristiani si radunavano, come facciamo oggi noi cattolici nelle nostre chiese), “si leggono le memorie degli Apostoli, oppure le scritture dei profeti” (ecco le nostre letture della Messa), “poi, quando il lettore ha finito, chi presiede l’adunanza parla ammonendo ed esortando” (ecco l’omelia del sacerdote celebrante dopo le letture), “quindi ci alziamo insieme in piedi e facciamo le preghiere” (queste sono le preghiere dei fedeli), “e terminata la preghiera si offre pane, vino e acqua” (siamo al nostro offertorio), “chi presiede, con tutto il fervore di cui è capace, eleva preghiere e azioni di grazia” (siamo alla Consacrazione), “poi si fa la distribuzione” (ecco la Comunione). È ricordata anche la raccolta delle offerte.

È per noi cattolici una grande consolazione constatare quanto la Chiesa sia rimasta fedele alla dottrina insegnata da Gesù e alla Tradizione. Sono i Protestanti e i Testimoni di Geova che hanno introdotto delle novità, inventate da uomini, che nulla hanno a che fare con il Vangelo e con la Tradizione.

Credo molto opportuno terminare questa conversazione riportando alla nostra memoria la celeberrima Professione di fede del Papa Paolo Vi, quando parla della Santa Messa.

Dice il Papa: “Noi crediamo che la Messa, celebrata dal sacerdote che rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sacramento dell’ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e dei membri del Corpo mistico, è il sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari.”.

Questo è ciò che crediamo noi cattolici.

Manifestazioni dello spirito in una chiesa pentecostale: volano scarpe!



22 maggio 2013

Un sacerdote risponde


"SONO REDUCE DAGLI EVANGELICI, MA È RIMASTA IN ME UNA CERTA CONTRARIETÀ AL CULTO VERSO LA MADONNA E I SANTI"

Quesito

Carissimo Padre Angelo,
sono il giovane “ex evangelico” che circa sei mesi fa le ha scritto di essersi riavvicinato alla Chiesa Cattolica. Uso le virgolette perché in realtà non ho mai aderito formalmente alla chiesa evangelica, ma ho simpatizzato per le sue dottrine, influenzato anche dal fatto che i miei genitori sono stati evangelici per un periodo della loro vita. La risposta alla mia domanda è stata pubblicata sul sito la scorsa settimana. Desidero innanzi tutto ringraziarla di cuore non solo per la risposta che mi ha dato ma anche per tutte le sue risposte che seguo quotidianamente e che mi sono di grande aiuto nel percorso di fede che sto facendo.
Torno a scriverle per avere un suo consiglio su come affrontare alcuni turbamenti che purtroppo si creano spesso nella mia mente e che non sono riuscito ancora del tutto a superare. Premetto che da quando le ho scritto l’ultima volta, a Giugno, ho cominciato a seguire la Messa tutte le domeniche. Inoltre ho parlato direttamente con un sacerdote, mi sono confessato e ho ricevuto per la prima volta dopo molti anni l’Eucarestia. Non posso sorvolare sul fatto che il mio percorso di riavvicinamento alla Chiesa ha portato nella mia vita alcuni frutti positivi, che vorrei condividere con lei:
in primo luogo la decisione di sposarmi con la mia ragazza (…)-
Forse si chiederà perché, allora, ho ancora così tanti dubbi… Ebbene, a dire il vero non so spiegarmelo neanche io… Razionalmente mi sembra che la Chiesa Cattolica sia la vera via da seguire, ma nello spirito forse rimango “scandalizzato” (non so se questa sia la parola giusta) o influenzato da alcune argomentazioni o modi di vedere non cattolici. Le questioni che non riesco ad accettare pienamente sono quelle relative al culto della Madonna e dei Santi.. So che in realtà si tratta di intercessione, ma il fatto di pregare qualcuno che non sia Gesù suscita in me il dubbio di fare una cosa sbagliata agli occhi di Dio, la paura di “tradire” il Signore….anche se razionalmente so bene che, secondo la dottrina cattolica, queste preghiere sono comunque indirizzate a Gesù. Le chiedo quindi, come posso superare questo scoglio, che al momento mi sembra enorme? Come posso vivere una piena comunione con Gesù? Come posso progredire nella fede e avere la pace nel cuore?
Soprattutto in questo ultimo periodo mi sembra di essere al centro di un grande combattimento spirituale, in cui devo continuamente far fronte a questi pensieri…
Forse questi dubbi sono anche alimentati dal fatto che spesso vedo delle persone che si dichiarano cattoliche ma che poi alla fine non sono coerenti, soprattutto a livello di moralità… e questo produce in me un certo scandalo… Per esempio i genitori della mia ragazza hanno la casa piena di immagini sacre, santini, bottigliette di acqua benedetta, ma poi dicono che non vanno a messa perché secondo loro non è importante andarci tutte le domeniche… lasciano che il figlio adolescente ascolti musica di gruppi rock dichiaratamente anti-cristiani e addirittura satanici….come è possibile, mi chiedo?
(…)
Ultimamente alcuni miei conoscenti, che prima erano evangelici, hanno iniziato uno studio biblico con alcuni loro conoscenti testimoni di Geova. … Ho fatto loro presente i forti contrasti tra le dottrine dei testimoni di Geova e quelle degli stessi evangelici, soprattutto sulla questione della Trinità, e della sopravvivenza dell’anima dopo la morte, due punti su cui le interpretazioni di evangelici e Tdg sono esattamente all’opposto! Di fatto la dottrina degli evangelici è molto più vicina a quella cattolica rispetto a quella dei testimoni di Geova.
Queste dispute mi hanno portato ad approfondire la conoscenza della bibbia e anche i padri della Chiesa, in particolare S. Policarpo e S. Agostino, i cui testi sono meravigliosi.
Scusi la lunghezza ma volevo condividere con lei alcuni aspetti della mia vita, in modo da farle capire bene la mia situazione.
La ringrazio ancora per il suo tempo che vorrà dedicarmi. Preghi per me. Il Signore la benedica.

RISPOSTA DEL SACERDOTE

Carissimo,
1. passare dagli evangelici ai testimoni di Geova è come passare dalla padella alla brace.
I tdg non sono cristiani perché negano le verità fondamentali: la Trinità e la divinità di Cristo.
Sono contento che tu legga Sant’Agostino: ti fa comprendere la Scrittura in maniera infinitamente più profonda, salutare e santificante degli evangelici e tanto più dei tdg.
Sant’Agostino è un testimone della fede di un’intelligenza eccezionale. Già da ragazzo superava sotto questo profilo tutti i suoi coetanei di Cartagine, che allora era la seconda città più fiorente dell’Impero romano.

2. Ma vengo ora ai rimasugli di evangelismo rimasti in te: una certa contrarietà alla devozione a Maria e al culto ai santi.
Saprai bene che il Signore stesso ha chiesto di appellarsi alle preghiere dei giusti.
Nel libro di Giobbe Dio ordina ai tre amici di Giobbe: “Andate dal mio servo Giobbe..., il mio servo Giobbe pregherà per voi, affinché io, per riguardo a lui, non punisca la vostra stoltezza” (Gb 42,8).G
In 2 Mac 15,13-14 Onia, sommo sacerdote, attesta l’apparizione di un personaggio “rivestito di una maestà meravigliosa e piena di magnificenza” che gli assicura la vittoria. E di lui dice: “Questi è l'amico dei suoi fratelli, colui che innalza molte preghiere per il popolo e per la città santa, Geremia il profeta di Dio”. La Bibbia di Gerusalemme commenta: “Questa è la prima testimonianza di una credenza nella preghiera dei giusti defunti per i vivi”.

3. San Paolo chiede le preghiere dei suoi fratelli nella fede. E credi che le preghiere di quelli che sono davanti al Signore siano meno potenti di quelle di coloro che sono ancora pellegrini sulla terra?
Al termine della tua email scrivi: “preghi per me”.
Lo faccio volentieri e lo faccio appellandomi all’intercessione dei Santi e in primis della Madonna.
Sono convinto che le preghiere dei Santi siano più potenti delle mie.
I Santi non hanno cessato di amare, di aiutare.
Quello che facevano di qua, adesso lo fanno adesso dall’al di là.
S. Domenico sul letto di morte ha fatto questa bella promessa: “Non piangete. Io vi sarò più utile dopo la mia morte e vi aiuterò più efficacemente di quando ero in vita” (Cfr. giordano di sassonia, Libellus de principiis Ordinis praedicatorum, 93).
Ugualmente S. Teresa di Gesù Bambino: “Passerò il mio cielo a fare del bene sulla terra” (S. Teresa di Gesù Bambino, Novissima verba).

4. Come non ricordare quanto Cristo ha promesso ai suoi servi fedeli!
Ha assicurato che dirà: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città” (Lc 19,17).
Gli antichi re orientali solevano ricompensare alcuni uomini prodi e meritevoli dando loro città da amministrare alcune città.
Gesù ha detto che di là farà una cosa analoga.
Nell’Apocalisse si legge che i santi regneranno insieme con Cristo.
Che regno sarebbe se non potessero far nulla?

5. Ma desidero spendere una parola particolare per Maria, la Madre di Gesù.
A lei Gesù dalla croce ha affidato Giovanni: “Donna, ecco tuo figlio”. Ora San Giovanni aveva un fratello, Giacomo, e aveva anche una madre, tra l’altro lì presente (“Tra queste c'erano Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo”, Mt 27,56).
Perché affidare a Maria il compito di custodire il figlio di un’altra donna, con tanto di madre lì presente?
In realtà Gesù affida a Maria un ruolo particolare, quella di essere spiritualmente madre di tutti: Gesù ha affidato noi a lei, a Lei la cui preghiera è infinitamente più pura e più potente della nostra, a Lei la cui presenza è quanto di più temibile ci possa essere per i demoni (“Porro inimicizia tra te e la donna…”).

6. Inoltre Gesù dice a Giovanni: “Ecco tua madre”.
Ma Giovanni la madre ce l’aveva già, e lì presente, come ti ho detto.
Se Gesù avesse voluto dire soltanto di prendersi cura di Maria perché Lui moriva, ebbene c’era la sorella di sua madre. Anche lei proprio lì presente (“Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre” Gv 19,25).

7. L’ultima presenza di Maria ricordata nelle Sacre Scritture è nel Cenacolo. Lì Maria persevera in preghiera con gli apostoli e i fratelli nella fede.
Lo Spirito Santo, che delle Scritture è l’Autore principale, ha voluto lasciarci Maria con questa immagine. Dal cielo Maria non ci abbandona.

8. Ed è bello ricordare la preghiera più antica rivolta a Maria, del secondo o terzo secolo, che testimonia la fede della Chiesa di sempre: “Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella priva, ma liberaci sempre da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta”.
Non è importante questa testimonianza di fede?

9. Ma, al di là dei ragionamenti, vale l’esperienza.
San Bernardo nella sua bella preghiera a Maria dice: “Ricordatevi, o pietosissima Vergine Maria che non si è mai inteso dire al mondo che alcuno ricorrendo alla vostra protezione, implorando il vostro aiuto e chiedendo il vostro patrocinio sia stato da voi abbandonato. Animato anch’io da tale confidenza…”
Ti chiedo di farne l’esperienza.
Cambierai presto parere.

10. Così ti chiederei di fare l’esperienza del patrocinio di san Giuseppe.
Senti che cosa dice di lui santa Teresa d’Avila: “Ho visto chiaramente che il suo aiuto mi fu sempre più grande di quello che avrei potuto sperare. Non mi ricordo finora di averlo mai pregato di una grazia senza averla subito ottenuta. Ed è cosa che fa meraviglia ricordare i grandi favori che il Signore mi ha fatto e i pericoli di anima e di corpo da cui mi ha liberata per l'intercessione di questo Santo benedetto. Ad altri Santi sembra che Dio abbia concesso di soccorrerci in questa o in quell'altra necessità, mentre ho sperimentato che il glorioso S. Giuseppe estende il suo patrocinio su tutte. Con ciò il Signore vuol farci intendere che a quel modo che era a lui soggetto in terra, dove egli come padre putativo gli poteva comandare, così anche in cielo fa tutto quello che gli chiede. Ciò han riconosciuto per esperienza anche altre persone che dietro mio consiglio si sono raccomandate al suo patrocinio” (S. Teresa d’Avola, Vita, VI, 5-6).

11. Privare la gente della devozione a Maria è un grande furto.
E cosa analoga si deve dire per chi vuole togliere il culto ai santi.
È il Signore stesso che ce lo ha chiesto.

12. Sono d’accordo con te nel dire che coloro che tappezzano la casa di Santi e poi non vanno a Messa danno una contro testimonianza.
Le ultime parole di Maria registrate nei Vangeli sono queste: “Fate quello che Lui vi dirà”. E il Signore nel suo insegnamento ha detto che se vogliamo entrare nella vita eterna dobbiamo osservare i comandamenti (Mt 19,17), compreso il terzo (ricordati di santificare le feste).

Ti affido dunque anch’io a Maria, perché ti liberi da ogni pericolo.
Il Signore Le ha dato l’incarico di custodirti, di farti da madre.
Ti ringrazio, ti assicuro molto volentieri la mia preghiera, ti saluto e ti benedico.
Padre Angelo

http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=2086

21 maggio 2013

Attenzione!.... nuove "pose massoniche"

   questa volta sono quelle evidentissime del poeta Salvatore Quasimodo, ma certamente le avete assunte anche tanti di voi...

Attenzione!!!!
   


lo ammetto.... anche io tante volte ho assunto queste pose massoniche.... anche ora che sto scrivendo

Da farneticazioni che si trovano in rete

"La seconda guerra mondiale ha visto 55 milioni di morti, un milione di meno dei morti dell'inquisizione. 

La cifra di 56 milioni di morti non sarebbe comprensiva di tutte quelle persone che sono state uccise dalla Chiesa Cattolica e di cui si sono perse le tracce, perché condannate senza processo, o di cui sono andate bruciate o distrutte le prove scritte, ecc. "



VISTO CHE C'E' CHI ORMAI SEMBRA CHE IN RETE C'E' CHI SPARA LA CIFRA PIU' ALTA RIGUARDO AL NUMERO DEI MORTI DOVUTI ALL'INQUISIZIONE CERCHIAMO DI RIPORTARE UN PO DI ORDINE: QUANTE VITTIME?:

La rete ama l’Inquisizione, questa istituzione storica la cui solo menzione dovrebbe bastare per mettere in ginocchio qualunque cattolico. Vista la sua importanza metastorica è inevitabile che l’Inquisizione venga sempre più mitizzata, sulla scia della obsoleta storiografia anticlericale di stampo ottocentesco. Capita così che molti siano convinti che l’Inquisizione abbia causato la morte di milioni di persone (cioè nei manuali dovremmo trovare che la Chiesa sia stata tra le prime cause di morte della popolazione europea insieme a guerre, carestie e pestilenze). Siti anticlericali e protestanti fanno ormai a gara a chi la spara più grossa. In particolare il sito protestantesimo.it propone un articolo (che esce tra i primi risultati nei motori di ricerca) dove – tanto per pareggiare i conti con la Seconda guerra mondiale – si pretende che l’Inquisizione abbia ucciso 56 milioni di persone (anzi, uno in più dell’ultimo conflitto!). Peccato che tutte le fonti citate siano false e il formidabile autore - ovviamente anonimo - ponga da solo le basi della sua confutazione. Infatti il nostro eroe non può nemmeno immaginare che, nonostante le pretese universalistiche, l'Inqusizione abbia potuto operare in pratica solo in Spagna e in Italia. Se, con calcoli assurdi, riesce ad autoconvincersi che un numero di morti così alto sia verosimile (!?) in quanto spalmato sull'intero contniente europeo, con quali salti mortali si può sostenere che - allora - la Chiesa abbia sistematicamente e ripetutamente sterminato la popolazione italiana e quella spagnola? E come hanno potuto sopravviere paesi così piccoli, di fronte ad una tale macchina da guerra?

Scherzi e follie a parte, guardando alla storiografia più aggiornata, cosa si può dire sulle vittime dell’Inquisizione? In questo articolo riporto l’interessante contributo di Joseph Perez, professore di Storia dell’Università di Bordeaux-III in Breve storia dell’Inquisizione spagnola (per la collana storica del Corbaccio diretta da Sergio Romano; pp. 172-178). Prendiamo quindi in considerazione la più severa Inquisizione cattolica.

Quante furono le vittime imputabili all’lnquisizione? I lavori pubblicati nell’ultimo trentennio consentono di affrontare la questione, se non proprio con sicurezza, quanto meno con obiettività. All’inizio del XIX secolo Llorente, nella sua Historia critica de la Inquisitcìon en Espana, fu il primo a tentare di rispondere con precisione. Conosceva bene gli archivi del Sant’Uffizio, per aver ricoperto cariche di responsabilità in quella istituzione. Ecco le cifre che ci fornisce: 340.592 vittime dalle origini (1480) al 1815, con le seguenti precisazioni: 31.913 individui arsi fisicamente, 17.659 in effigie, 291.021 riconciliati o condannati a pene minori. Llorente aggiungeva che la repressione era stata particolarmente severa nel corso degli anni 1483-1498; in questo periodo, in cui a ricoprire la carica di inquisitore generale era stato Torquemada, c'erano stati 8800 arsi sul rogo e 9654 condannati a pene varie.

A partire dalla metà del XIX secolo le cifre fornite dal Llorente vennero contestate come assolutamente esagerate. Nel suo libro sul cardinal Ximenes un autore cattolico come Joseph Karl Hefele, che passa per un apologeta del Sant’Uffizio, così come anche un protestante come Peschel, convengono su questo punto. Per Peschel il numero delle persone arse dal 1481 alla morte della regina Isabella (1504) non avrebbe superato le duemila. Anche Graetz parla di duemila vittime che sarebbero morte sul rogo, ma solo al tempo di Torquemada. All’inizio del XX secolo, Lea criticò il metodo di Llorente. Avendo a disposizione documentazioni lacunose, Llorente era partito dai dati forniti dal cronista Bernáldez e, in seguito, dallo storico Mariana; aveva calcolato la media annua delle vittime quale risultava da queste fonti e ne aveva fatto un’estrapolazione per gli anni sui quali non esistevano informazioni. Si basava dunque sul presupposto che l’attività del Sant’Uffizio avesse sempre avuto la stessa intensità negli anni dell’insediamento, il che non corrisponde al vero. Senza averlo fatto deliberatamente, Llorente aveva esagerato di molto il numero delle vittime. Per il periodo che va fino al 1560 circa non si hanno dati statistici precisi; la maggior parte degli archivi sono scomparsi; i cronisti coevi riportano informazioni frammentarie e non sempre corredate di dati esatti su1l’attività dei primi tribunali; altre fonti sono più sicure, come per esempio le note che Klaus Wagner scoprì in margine ai registri di Siviglia: vi si fa spesso riferimento ad avvenimenti quali autodafé, con l’indicazione del numero delle vittime. Si sa che la repressione fu particolarmente dura e sanguinaria nel periodo dell’insediamento […]

Quindi, fin dall’inizio, la leggenda nera si è sostanziata di dati errati. Supposizioni – più probabilmente pregiudizi – che hanno portato a parlare di centinaia di migliaia di morti (comunque non di milioni, come i millantatori contemporanei). Ma allora quante furono le vittime? È possibile fare una stima?

A partire dal 1560 fino alla fine del XVII secolo i tribunali erano obbligati a inviare alla Suprema rapporti periodici- relaciones de causas — nei quali descrivevano sommariamente i processi in corso, i nomi degli accusati, la natura dei reati, le sentenze pronunciate, e così via. Nel XVIII secolo le allegazioni (alegaciones fiscales) fornite dagli accusatori presentano caratteristiche analoghe. Se queste fonti non contengono sempre statistiche rigorose, permettono tuttavia di valutare con ragionevole approssimazione il numero delle vittime. Lo abbiamo già detto: in una ventina di anni, tra il 1481 e il 1500, ricorrendo a una repressione durissima, l’Inquisizione risolse il problema dei giudaizzanti spagnoli; e, d’altronde, questo era lo scopo per il quale era stata creata. A partire dal 1500 questa categoria di eretici non figurò più che a titolo residuo nell’attività dei tribunali; ritornò in primo piano con l’arrivo dei conversos portoghesi negli ultimi anni del XVI secolo. Nel frattempo il Sant'Uffizio aveva rivolto la sua opera contro gruppi minoritari – quali gli illuminati e i protestanti –, o contro numerosissimi Vecchi Cristiani perseguiti per affermazioni scandalose, bestemmie, omosessualità, superstizione, stregoneria... ma questi ultimi reati venivano puniti con pene leggere. I moriscos, accusati di ritornare all’islam, furono puniti meno duramente dei giudaizzanti. Questo stato di cose spiega la decisa diminuzione delle condanne a morte tra il 1500 e il 1580. Dopo questa data e fino ai primi decenni del XVIII secolo i giudaizzanti di origine portoghese furono oggetto di una repressione che, pur essendo cruenta, era lungi dal toccare il livello degli anni 1480-1500.

Dobbiamo a Jaime Contreras e a Gustav Henningsen le ricerche più serie per riuscire a valutare il numero delle vittime dell’Inquisizione spagnola. Basandosi sulle relaciones de causas, i due storici giunsero a stimare che tra il 1540 e il 1700 il Sant'Uffizio perseguì 49.092 individui. Procedendo a estrapolazioni prudenti per l’epoca anteriore e quella posteriore, calcolarono che furono intentati in totale 125.000 processi. Tre volte meno di quanto aveva suggerito Llorente. In tali processi le frasi scandalose e le bestemmie erano in testa e rappresentavano, a quanto sembra, il 27 % del totale. Venivano poi i colpevoli di maomettismo (24 %), i giudaizzanti (10%), i luterani (8 %) e infine coloro che praticavano i superstizioni diverse, tra cui la stregoneria (8%). Per quanto riguardava le pene inflitte, Contreras e Henningsen stimano che la pena di morte sia stata inflitta nel 3,5% dei casi, ma che solo l’1,8% dei condannati sarebbe stato effettivamente giustiziato; gli altri sarebbero stati arsi in effigie. In altri termini, tra il 1540 e il 1700 sarebbero state giustiziate 810 persone. Noi sappiamo che le condanne a morte erano state numerosissime prima del 1500 e che se ne ebbero ancora alcune dopo il 1700. E dunque ragionevole stimare in meno di diecimila le condanne a morte con relative esecuzioni pronunciate dall’Inquisizione nel corso della sua storia.

Meno di diecimila vittime, dunque, nel giro di due secoli. La storia umana è sempre stata molto cruenta, ma per capire la portata di questa cifra può essere utile fare qualche paragone. Ad esempio si stima che nell’eccidio di Tessalonica del 390 – ordinato dall’imperatore Teodosio per rappresaglia – trovarono la morte circa settemila persone. Cioè una cifra simile a quella stimata per l'Inqusizione, ma in un solo giorno e in maniera del tutto arbitraria. Eppure nessuno pensa a Tedosio come ad un precursore del nazismo, trattandosi solo di uno degli esempi di ahimè ordinaria violenza della storia. Ma la cifra proposta qui riguardo l’Inquisizione è dovuta a bieco giustificazionismo? A incaute e reazionarie motivazioni apologetiche? No, per due ordini di ragioni. In primis lo studio di Contreras e Henningsen è citato in tutte le pubblicazioni scientifiche più importanti; in sencundis l’autore che stiamo seguendo non può essere sospettato di voler fare apologetica. Basta continuare la lettura:

Si è ben lontani dalle cifre solitamente proposte. A titolo di confronto, le guerre di religione in Europa avrebbero fatto decine di migliaia di vittime. La sola notte di San Bartolomeo (24 agosto 1472) ne avrebbe causato almeno tremila a Parigi, oltre a quelle nelle altre città della Francia. Alla fine del XIX secolo il romanziere Uan Valera dichiarava: « Il numero di tutti i mori, ebrei ed eretici perseguiti e arsi in Spagna nel corso di trecento anni è lungi dall’eguagliare il numero delle streghe bruciate in Germania ». Considerazioni di questo genere vanno moltiplicandosi ai nostri giorni, sui giornali nonché nelle opere considerate serie. Il contesto lascia capire che, tutto sommato, l’Inquisizione spagnola non è stata che una tra le tante manifestazioni dell'intolleranza caratteristica dell’epoca delle guerre di religione e che non c’è ragione di scandalizzarsene in modo particolare. La decretale pontificia Memoria e Riconciliazione con la quale la Chiesa cattolica ha chiesto perdono per i soprusi commessi dall'Inquisizione, è rivelatrice di questa tendenza a circoscrivere e sminuire il Sant’Uffizio. Giovanni Paolo II ricorda che l'Inquisizione era stata creata e aveva operato in una fase dolorosa della Chiesa. Dalla lettura del documento si ricava l’impressione che gli abusi commessi, condannati in sè e per sé, in definitiva sono meno numerosi dì quelli che si possono osservare nella stessa epoca in altre religioni.

Il problema posto dall’Inquisizione non dovrebbe ridursi ai suoi dati statistici e a una macabra contabilità. Nel XVI secolo la libertà di pensiero non esisteva in nessuna parte del mondo. Tutti gli Stati praticavano l’intolleranza. Dobbiamo allora forse concludere che l’Inquisizione spagnola non merita la fama sinistra attribuitale, in quanto sarebbe stata meno cruenta delle numerose manifestazioni di intolleranza verificatesi in altri paesi europei, nonché — se parliamo della caccia alle streghe — nell'America anglosassone? Contro questa tendenza a banalizzare — e quindi, che lo si voglia o no, a scusare — l’Inquisizione spagnola, conviene ricordare alcuni fatti. Il Sant’Uffizio spagnolo non fu una manifestazione di intolleranza come tante altre verificatesi in Europa. Pur ammettendo che l’Inquisizione spagnola sia stata meno sanguinaria di quanto si è sempre detto — il che è vero —, rimane il fatto che non ha avuto equivalenti in Europa. Da questo punto di vista ha fatto il punto Marcel Bataillon nella sua tesi su Erasmo, pubblicata nel 1937: << La repressione spagnola si distingue meno per la sua crudeltà che per la potenza dell’apparato burocratico, poliziesco e giudiziario di cui dispone. La sua organizzazione centralizzata copre tutta la penisola con una rete piuttosto fitta; <possiede persino i suoi informatori all’estero [...]. Dato che l’editto della fede ingiungeva a tutti di denunciare i reati contro la fede di cui potevano essere a conoscenza, tutto il popolo spagnolo si trova associato, che lo voglia o no, all’azione inquisitoriale ». Queste caratteristiche fanno si che i confronti con altri paesi non siano probanti. In tutti gli altri luoghi si assiste ad accessi di intolleranza che provocano migliaia di vittime, accessi preceduti e seguiti da periodi più o meno lunghi di pace; in Spagna ci si trova in presenza di un’intolleranza meno cruenta, certamente, ma di un'intolleranza istituzionalizzata, organizzata e burocratizzata, e che durò molto più che altrove, dal 1480 al 1820. La formula stessa del Sant’Uffizio la rendeva temibile: giurisdizione mista, con finalità religiosa ma sottoposta all’autorità dello Stato, l’Inquisizione anticipò in un certo senso il totalitarismo moderno.

Si legge tra le righe, in Perez come in altri storici, quasi un disappunto per lo scarso numero di vittime riscontrate. L’Inquisizione spagnola ha fatto un numero di morti totale inferiore rispetto alla caccia alle streghe (ovvero ad un singolo caso oggetto di intolleranza religiosa) nei paesi protestanti? È vero, ma a ricordarlo troppo si rischia di essere tacciati di giustificazionismo. Non che la motivazione di fondo addotta da Perez sia sbagliata: la violenza dell’Inquisizione non si misura solo col numero di morti ma anche, per esempio, nelle pene infamanti alle quali vennero sottoposte molte persone. È una violenza di cui la Chiesa ha fatto bene a liberarsi nella grande richiesta di perdono fatta da Giovanni Paolo II. Se il numero di vittime non può in alcun modo cambiare il giudizio etico, è vero anche che la distanza tra la realtà storica ormai appurata e la leggenda nera è così grande che non ci si può esimere dal sottolinearla. Soprattutto perché mentre gli studi storici più aggiornati stentano a raggiungere il pubblico, la leggenda nera si radica sempre di più nella mente delle persone (anche, come abbiamo visto, a causa della diffamazione che viaggia sempre più prepotentemente su internet).

Forse è proprio questa stizza a spiegare affermazioni (che sembrano quasi riparative) come quella che vuole vedere nell’Inquisizione un’anticipazione del totalitarismo. Quando quest’ultimo è un fenomeno assolutamente moderno e del tutto inedito, impensabile – non solo irrealizzabile – in una società di Antico Regime. Ammesso infatti – e non concesso: lo stesso Perez ricorda che le condanne all'ergastolo si risolvevano in due o tre anni di detenzione, per mancanza di fondi... – che l’apparato burocratico-poliziesco del Sant’Uffizio sia paragonabile a quello degli stati totalitari, non lo è assolutamente il livello di violenza. Il totalitarismo è una forma di governo che si basa sul continuo sacrificio di milioni di persone, uccise in vario modo solo come mero esercizio di potere oppure come ingegneria sociale. Se l’Inquisizione avesse potuto avere a che fare qualcosa con questo avrebbe – come minimo – ucciso la quasi totalità delle persone processate (che avevano invece più garanzie giuridiche rispetto agli stati totalitari) e non un’infima percentuale. È solo uno dei motivi per cui l’accostamento fatto da Perez in conclusione suona un po’ posticcio (con questo ragionamento ogni esperienza autoritaria potrebbe essere considerata anticipazione del totalitarismo). Del resto, molte cose ricordate nel libro stesso (ad esempio che la libertà religiosa non era professata nemmeno dalle minoranze perseguitate e che tutti erano convinti che un regno non potesse reggersi senza l’unità della fede) consigliano di guardare alle vicende dell’Inquisizione non secondo quello che una modernità anticristiana avrebbe prodotto secoli dopo, ma secondo la mentalità del tempo. Perché non considerarla, più semplicemente, una tipica manifestazione dell’intolleranza del tempo con la peculiarità di una repressione istituzionalizzata? La quale, se da un lato aumentava il controllo poliziesco, dall’altro permetteva di contenere il numero di vittime.


Ad ogni modo, a prescindere dalle valutazioni, è importante sottolineare che ormai tutti gli storici più importanti – di qualunque orientamento religioso e culturale – convengono su dati ormai appurati come la bassissima percentuale di condanne a morte sia nell’Inquisizione spagnola sia in quella italiana. E quest'ultima non ha mai praticato gli eccessi riscontrati negli esordi di quella spagnola che era controllata dalla monarchia e veniva spesso criticata dai pontefici per l'eccessivo rigore. Quindi testimonianze come quelle che ho riportato nell’introduzione vanno prese in considerazione solo nella misura in cui si vuole studiare il disperato – ma pur sempre efficace – tentativo di una certa subcultura anticlericale di tenere artificialmente in vita quello che tutti ormai definiscono la “leggenda nera”.

http://ettorebarra.blogspot.it/2013/05/per-un-bilancio-dellinquisizione.html

20 maggio 2013

Un sacerdote risponde


Ancora sul divieto di fare immagini e sul culto ai santi

Quesito.... di un'evangelica che si spaccia per cattolica.....


Rev. Padre
Ho 43 anni, cattolica, praticante e convinta che tutto quello che insegna la chiesa sia puro Vangelo. Ma........pochi mesi fa x caso ho iniziato a leggere la Bibbia (Ed. S Paolo 1997) e sono rimasta a dir poco sconvolta da alcune diversità e contraddizioni che ho trovato in rapporto a quanto dice la religione cattolica. Ad esempio: le cito i 10 comandamenti, come e' possibile che io in 40 anni di messe, catechismo e pellegrinaggi, non abbia mai sentito parlare di quello che dice realmente il 2° comandamento? E come me milioni di cattolici! Come ha fatto la chiesa ad abolirlo, stravolgendo cosi' tutto cio' su cui si basa la religione catt.?!
Noi fedeli siamo sempre stati invitati,incoraggiati,quasi incitati a pregare e a rivolgere il nostro culto a Maria e ai vari santi che adornano le nostre chiese, lasciando cosi' DIO quasi in secondo piano. Perche' nessun religioso dice mai quello che c'e' scritto sulla Bibbia e cioe' che DIO e' un DIO geloso, che la parola di Dio rimane per sempre, ed e' quella che ci e' stata annunciata con il Vangelo, quindi anche i 10 comandamenti originali. 1 lett.S. Pietro.
Il Papa, nell'ultimo viaggio a Lourdes, ha parlato dei Santi che in cielo intercedono incessantemente per noi. Ora leggo nella 1 lett. a Timoteo 2;5 S Paolo dice: Unico e' Dio unico anche il mediatore tra Dio e gli uomini; Gesu'Cristo. Sempre S Paolo nella lett. ai Romani:1;25 Scambiarono la verita' di Dio con la menzogna e adorarono e prestarono culto alle creature invece che al Creatore.
Ora mi permetto di chiederle: i santi non sono creature di Dio, seppur eccezionali per la loro vita e le loro opere?
Persino S Pietro disse a Cornelio, che gli si era inginocchiato davanti: Alzati, anch'io sono uomo come te. E addirittura nell'Apocalisse Giovanni cadde ai piedi dell'angelo in segno di adorazione, ma egli disse:GUARDATI DAL FARLO, anch'io sono servo come te e come i tuoi fratelli. E' DIO CHE DEVI ADORARE.
Sec. Luca; GESU' disse: Adorerai il Signore DIO tuo e a LUI SOLO rivolgerai la tua preghiera.
S Paolo: esiste un solo Vangelo, quello di Cristo, ma alcuni di voi lo vogliono stravolgere ........
Nell'ultima pagina dell'apocalisse: A chi ascolta le parole profetiche di questo libro dichiaro: se qualcuno fara' delle aggiunte o sottrarra' qualcosa Dio fara' giungere su di lui i flagelli descritti.
A questo punto, io non riesco a capire ......forse nella lettura mi sono persa qualche passaggio fondamentale? Sicuramente c'è qualcosa che non va.
Le sarei molto grata se volesse chiarirmi un pò le idee.

Grazie.



RISPOSTA DEL SACERDOTE

Carissima,
1. La tua mail sembra scritta da un evangelico fondamentalista.
Ti definisci cattolica, e dici anche che sei praticante, ma dal modo di scrivere non mi pare, soprattutto quando ti scagli contro la Chiesa dicendo: “S Paolo: esiste un solo Vangelo, quello di Cristo, ma alcuni di voi lo vogliono stravolgere ........” dai la netta impressione che nella Chiesa cattolica non ci sei più.

2. Non dico che tu sia evangelica, ma con gli evangelici è difficile, se non addirittura impossibile, ragionare, perché non ragionano.
Vediamo se con te riesco.
Parto da un esempio tratto dalla tua stessa mail: “Nell'ultima pagina dell'apocalisse: A chi ascolta le parole profetiche di questo libro dichiaro: se qualcuno fara' delle aggiunte o sottrarra' qualcosa Dio fara' giungere su di lui i flagelli descritti”.
Gli evangelici questo versetto ce l’hanno sempre in bocca e qui mostrano quanto grande sia la loro ignoranza, prendendo la sacra Scrittura come un unico libro, scritto da una sola persona, la quale al termine di tutto scrive le parole sopra citate.
E dimenticano che la Bibbia è un insieme di libri, 73 per la precisione.
E non sanno o non vogliono sapere che l’autore di quelle parole non le ha scritte per l’insieme dei libri, ma per l’Apocalisse.
Chi ha scritto l’Apocalisse non ha mai pensato che il suo sarebbe stato l’ultimo dei libri che costituiscono il corpo della Bibbia della sacra Scrittura.
Anzi, l’Apocalisse è stato scritta nel 95. Il Vangelo di Giovanni sarebbe stato scritto dopo, verso il termine della vita di san Giovanni che è morto vecchissimo.
L’ordine dei libri del Nuovo Testamento non segue un criterio cronologico. Il Vangelo di Giovanni è stato messo dopo i sinottici, anche se è stato scritto dopo tutti (o quasi) gli altri scritti del Nuovo Testamento.

3. Vengo adesso alle domande specifiche che mi ha rivolto.
Mi parli del secondo comandamento.
Ho già risposto ampiamente nel nostro sito a domande come la tua. Ti rimando ad esempio alla riposta data il 3 settembre 2009.
È vero che nel decalogo c’era questo comandamento, dato da Dio a motivo del pericolo dell’idolatria. Ma, passato questo pericolo, Dio stesso ordina di fare immagini, come quando ha detto a Mosé: “Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà resterà in vita” (Num 21,8).
Nel Libro della Sapienza si dice chiaramente che la salvezza non veniva dal serpente, ma da colui che in esso era simboleggiato: “Infatti chi si volgeva a guardarlo era salvato non da quel che vedeva, ma solo da te, salvatore di tutti” (Sap 16,7). Ad esso si richiamerà Gesù (Gv 3,14-15).

4. Inoltre Dio ordina a Mosé di mettere immagini di cherubini (sono angeli), sulla Dimora (la tenda che contiene l’arca) (Es 36,8) e perfino sul velo che copre la Dimora (Es 36,35).?
Anche Salomone fa mettere nella cella del tempio due cherubini di legno di ulivo (1 Re 6,23-28). Nella sua reggia vi sono immagini, come le statue di 12 buoi in metallo fuso (1 Re 7,23-26).
Perché gli evangelici non spiegano queste cose?

5. Ma poi non dice san Paolo che Cristo è “l’immagine del Dio invisibile” (Col 1,15).
Dio stesso si è fatto vedere in Cristo. Più chiaro di così!
Il Catechismo della Chiesa Cattolica scrive: “L’onore tributato alle sacre immagini è una venerazione rispettosa, non un’adorazione che conviene solo a Dio” (CCC 2132).

6. Circa il culto ai santi ho pubblicato una risposta il 7 agosto 2010.
In sintesi vediamo che nella Bibbia è Dio stesso che tesse l’elogio dei santi (Sir 44). Se Dio li elogia, non possiamo farlo noi?:
Nell’Apocalisse si legge che “i quattro esseri viventi e i ventiquattro vegliardi si prostrarono davanti all'Agnello, avendo ciascuno un'arpa e coppe d'oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi” (Ap 7,8).
Allora i santi in paradiso pregano e le loro preghiere sono presentate a Dio attraverso la mediazione dei “quattro esseri viventi e i ventiquattro vegliardi”, che non toglie nulla alla mediazione di Cristo.

7. Senza dire che Elisabetta, colma di Spirito Santo, ha lodato la Madonna, dice: “Benedetta tu fra le donne”.
Ebbene, se l’ha detto Elisabetta, non possiamo dirlo anche noi?

8. Lo stesso san Paolo, così profondo sostenitore della mediazione unica di Gesù, insiste nel chiedere che le preghiere dei fratelli cristiani, ancora viventi sulla terra, lo soccorrano presso il Signore (Rm 15,30). Segno evidente che le preghiere dei santi in cielo e l'intercessione dei giusti sulla terra non attenuano affatto la gloria di Cristo mediatore.?

Vedi che allora che la Chiesa non ha né inventato né stravolto nulla.
Un pò più di umiltà, di attenzione, di approfondimento e anche di uso della ragione farebbe capire agli evangelici che sono in grave errore.

Ti ringrazio per il quesito, ti ricordo al Signore e ti benedico.

Padre Angelo

http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=1948

Bambini torturati perché indemoniati


E’ uno dei paesi più ricchi al mondo di risorse naturali. Ed è proprio questa ricchezza che nuoce la cultura e la vita quotidiana di milioni e milioni di persone che vivono nella Repubblica democratica del Congo. Prima la colonizzazione belga, poi la dittatura firmata Mobutu, a seguire l’invasione di eserciti dai paesi limitrofi e bande mercenarie. Aggressioni e usurpazioni che hanno letteralmente ustionato questa nazione africana. Che si prolungano e persistono.

Da generazioni siamo consapevoli dell’emergenza di un numero: oltre il 50 per cento della popolazione ha pagato e paga un destino carogna. Inammissibile e forse irrimediabile, fino in fondo. Dove civili e soprattutto bambini espiano un peccato diventato fisiologico. Muoiono di fame e di malattia, poca acqua e assistenza sanitaria e sociale, poca difesa e un arrogante dolore.

Per di più, il tasso di scolarizzazione è basso. E dove regna poca istruzione c’ è un lato oscuro di credenze e superstizioni che negano il rispetto per la vita umana. Bambine di pochi mesi vengono violentate in stupri multipli, minori che rubano e uccidono. Un esercito infantile malnutrito e colpito da malattie che a pensarci vien voglia di gridare: ma in che razza di storia di vita ci siamo buttati! E c’è un fenomeno, agghiacciante, triste, colleroso: gli “enfants sorcies”. Bambini e dico bambini, accusati di essere posseduti dal demonio e di portare malattie e disgrazie alle loro famiglie. Torturati e uccisi perchè devono essere liberati dal maligno. Le persone che dovrebbero amarli incondizionatamente sono fomentate e plagiate da adulti, travestiti da carismatiche personalità religiose. E le favole, in questi angoli di terra, non regalano sogni ma sevizie. Mondodiluna.it indignata, ringrazia con immensa stima l’uomo che oggi ci concede questa toccante intervista. Lui è Jacque Kazadi, congolese e in Italia fondatore della associazione “Il Buon Samaritano Corsico” Onlus.

Bana ya kindoki, nella lingua locale vuol dire “bambini indemoniati”. Che orrore, che aridità umana. Siamo sconvolti. Ma desiderosi di informare, di unirci a tutti coloro i quali combattono, anche con la voglia di sensibilizzare, questa nuova guerra. Caro Kazadi ci spiega che cosa succede davvero nella Repubblica democratica del Congo? Senza peli sulla lingua, senza sfumature di circostanza, per favore: chi sono questi bambini, come vivono, cosa subiscono? Purtroppo la realtà è ancora più dura di quello che si racconta, esiste un reale rischio che scompaia tutta una generazione di giovani. La credenza nella stregoneria è diffusissima in Africa, tutti credono negli spiriti maligni.

MIGLIAIA SONO I BAMBINI ACCUSATI DI STREGONERIA NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO.

Lo scenario tragico è sempre lo stesso: NELLE FAMIGLIE PIÙ POVERE E NUMEROSE QUANDO ACCADE QUALCHE DISGRAZIA (PER ESEMPIO: IL LUTTO, UNA MALATTIA GRAVE, IL PADRE CHE PERDE IL LAVORO, UN LITIGIO …), SI VA ALLA RICERCA DI UN CAPRO ESPIATORIO.

PER SALVARSI, SI VA DA UN PASTORE DI SOLITO PENTECOSTALE O APOCALITTICO CHE VEDE SPESSO IN UNO DEI FIGLI, IN GENERE QUELLO PIÙ PICCOLO, LA CAUSA DELLE DISGRAZIE FAMILIARI. ALLORA I PASTORI PROPONGONO DI TOGLIERE IL MALOCCHIO AL BAMBINO A UN PREZZO ESORBITANTE, SPESSO 50 VOLTE LO STIPENDIO ANNUALE DI UN IMPIEGATO.

Molte persone riescono a far fronte a questo spesa indebitandosi, ma la maggioranza, invece, preferisce eliminare “il problema”. Spesso, però, i bambini subiscono trattamenti brutali: sono sequestrati nelle chiese per più giorni, senza mangiare e né bere. Oppure vengono picchiati e costretti a confessare, in questo caso gli abusi terminano. Ma non è detto che la vita torni alla normalità. Coloro che, avendo confessato, tornano a casa, continuano a essere maltrattati e discriminati. Ogni tanto la follia prende il sopravvento e i piccoli vengono chiusi in un sacco di juta e buttati nel fiume Congo ancora vivi o bruciati nei pneumatici delle macchine. Questi brutali infanticidi avvengono sempre per mano di parenti, spesso degli stessi padri che li strappano dalle braccia delle loro mamme. Spesso sono i bambini che, per fuggire alle violenze domestiche, decidono di vivere sulla strada.

Chi sono, invece, le loro famiglie? Come ho accennato prima , spesso queste cose si verificano nelle famiglie povere e numerose. In particolar modo sono soggetti a questa accusa i bambini orfani di uno o entrambi i genitori o quelli che vivono con i parenti. Accade anche se in casa non ci sono soldi per il cibo: l’accusa di stregoneria è usata come scusa, anche se i familiari stessi non ci credono, tale accusa diventa una ragione per liberarsi di una bocca da sfamare. Ogni giorno ci sono sempre più bambini buttati per strada dagli stessi familiari, la gente è impazzita: accusa di stregoneria i piccoli handicappati o epilettici, i figli fragili, timidi o che balbettano.

E i sobillatori che riescono a soggiogare queste persone? In cambio di cosa? Molti dei bambini-stregoni vengono portati da leader religiosi e auto-proclamati ’profeti’ per cercare di liberarli dalla "possessione". Le cerimonie per "salvarli" si tengono nelle églises de réveil, chiese del risveglio. Solo a Kinshasa ne esistono più di duemila e il loro numero è in costante aumento. Alcuni di questi ’profeti’ hanno raggiunto la notorietà per il loro successo negli esorcismi e le cerimonie sono diventate molto lucrative. Questi pastori sono fra i più ricchi della capitale, girano con le macchine di lusso, protetti dalle guardie, a volte trovano protezione nella classe politica del paese. Se si pensa che nelle recenti elezione politiche, i vari candidati si sono rivolti a questi ciarlatani per cercare i voti, questo vuole dire tutto.

Ci fornisca dei numeri, utili solo a rendere nota questa grave situazione. Non ci sono numeri definiti dei bambini maltrattati o abbandonati, alcuni dicono che su una popolazione totale di 58 milioni di abitanti che la Repubblica Democratica del Congo conta, sono circa 2 milioni i bambini maltrattati. Ma questa è la conseguenza della miseria, della povertà nella quale vive il paese. Il reddito annuo medio di un congolese è di circa 80 dollari, il paese sta vivendo anni difficili, dopo oltre 25 anni di dittatura Mobutu e 5 anni di guerra che è costata circa 4 milioni di vite umane. Le strutture scolastiche e economiche funzionano molto male e la disoccupazione gira intorno a 60% e colpisce soprattutto la fascia più giovane. Il tasso di mortalità infantile è del 13% e l’aspettativa di vita è di 48 anni. La gioventù si trova abbandonata a se stessa, con il grave rischio di trovare la soluzione ai propri problemi nella tossicodipendenza, nella prostituzione e nel banditismo.

Lì da anni vigilano gli operatori Onu, i famosi caschi blu, romanticamente portatori di pace e sicurezza. L’associazione “Save the children” ha denunciato, proprio in questi giorni, che una piccola minoranza degli addetti umanitari ha abusato, sfruttato e deprivato minori. Ma a questo punto, cosa dobbiamo fare? Purtroppo le cose denunciate dall’associazione Save the Children sono vere. Addirittura ci sono prove delle violenze compiute sui minori di 8 anni. Ma non solo gli addetti umanitari ma anche i caschi blu dell’Onu. Ci sono dei processi fasulli in corso. I caschi blu che sono lì per garantire la pace, in alcuni casi, hanno compiuto cose mostruose, cercano di approfittare della povertà della popolazione per commettere crimini che non sono diversi da quelli commessi durante qualsiasi guerra. Io sui caschi, non ho un giudizio positivo, basta pensare che la loro permanenza in Congo costa circa 7 milioni di dollari al giorno, ovvero circa 5 milioni di Euro, girano nelle macchine lussuose, abitano nei quartieri top, spesso si vedono in giro con delle belle donne, quando a circa 10 metri da loro ci sono persone che muoiono di fame, bambini che frugano nelle immondizie prodotte da loro per trovare qualche cosa da mangiare. Tutti dobbiamo denunciare queste cose.
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http://web.mondodiluna.it/?article135

19 maggio 2013

La «Madre di Dio»


di Mons. Giacomo Biffi

Può il Figlio di Dio, che è Dio, essere stato generato da una Donna? Che ne diventa la Madre? Una verità che scandalizza cristiani non cattolici e seguaci di diverse religioni. Ma la Chiesa ha ragione. Ecco perché Sacri concerti

Una ricchissima semplicità
«Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo figlio, nato da donna» (Gal 4,6). È difficile trovare parole più semplici di queste, più consuete, più ripetute nell’esistenza comune: pienezza, tempo, figlio, nascita, donna. C’è quasi un sapore casalingo in questi vocaboli, che sono propri della quotidianità del nostro vivere. Ma è anche difficile immaginare annuncio più consistente e sbalorditivo di questo, che in un solo rapido balenare di luce dal cielo ci svela tre “misteri”: il mistero della storia, il mistero della vita segreta di Dio come vita trinitaria, il mistero dell’incarnazione.

Il mistero della storia
La storia non è un sempiterno girare in cerchio, come favoleggiavano i greci; non è un indefinito progresso senza capo né coda, senza un traguardo né un significato (che non sia quello del suo continuo oltrepassarsi), come ipotizza larga parte della cultura moderna; non è un’assurda congerie di accadimenti senza connessione e senza logica, come si rassegna a dire la disperazione post-moderna. La storia ha una “pienezza”, e dunque un inizio, un approdo, un senso. Ha una pienezza che sostanzialmente è già in atto; e in questa “pienezza” è collocata in funzione determinante una donna.

Il mistero trinitario
Quando Paolo assegna a Cristo la qualifica di «figlio» di Dio, lo fa con la massima serietà pensabile, in una accezione unica e assolutamente imparagonabile. Non lo dice come può dirlo di sé, essendo creata, la farfalla della “Vispa Teresa” (“Deh! Lasciami, anch’io son figlia di Dio”). Non lo dice nello stesso senso che lo dice di noi, che siamo “figli adottivi”. È il figlio suo (GaI 4,4). È il figlio di Dio medesimo (Rm 8,3). È il figlio “proprio” (Rm 8,32). Al punto che la connotazione che ai suoi occhi più di ogni altra caratterizza ormai il Dio d’Israele è l’essere «il Padre del Signore nostro Gesù Cristo».
Se Dio ha da sempre un Figlio – alla cui conformità siamo stati tutti dall’origine del mondo predestinati (cf Rm 8,29) –, questo vuol dire che c’è all’interno della Divinità un’arcana vitalità di donazione, di conoscenza, di amore, di relazioni; una vitalità che trabocca verso di noi nelle due «missioni» ricordate proprio dallo stesso passo: la missione del Figlio e la missione dello Spirito del Figlio (cf GaI 4,4-6).

Il mistero dell’incarnazione
Questo Figlio – che essendo «figlio» è già «nato» da Dio nell’eternità – nasce nel tempo: «quando venne la pienezza del tempo». È l’Eterno che riesce a farsi racchiudere nella volubilità della storia. È l’Immenso, l’Assoluto, l’Incondizionato che è generato da donna. Davvero il Signore è diverso da noi; soprattutto è diverso dagli uomini socialmente e culturalmente importanti, che tanto spesso usano frasi altisonanti e complicate per esprimere il quasiniente dei loro pensieri. Il linguaggio di Dio invece è piano come quello della gente che non ha studiato, eppure riesce a comunicare una verità che trascende ogni nostro schema mentale. Il Figlio di Dio è «nato da donna»: l’intera avventura dell’umanità riscattata è già compresa in queste poche sillabe come in un seme; un seme che uno sguardo distratto corre il rischio di trascurare, ma che porta già in sé il lussureggiare dell’immensa foresta della teologia cristiana. E ogni titolo di grandezza di Maria è già in questo cenno: tutta la sua gloria si irradia da questa breve parola. «Nato da donna». Come si vede, proprio la sua femminilità consente a Maria questa eccezionale, anzi unica, connessione con Dio e la colloca al vertice dell’universo.

Il “Figlio di Dio” è Dio
Assegnare a Gesù di Nazaret in senso rigorosamente proprio un rapporto di filiazione da Dio vuol dire attribuirgli, per quanto ardua la cosa dovesse apparire agli ebrei, la “natura divina». E difatti nell’inno cristologico della lettera ai Filippesi si dice di Cristo che è «nella forma di Dio», dove la parola «forma» ha la valenza sostanziale che assume nel linguaggio filosofico greco. Il figlio di un gatto è un gatto; il figlio di un uomo è un uomo; il «figlio di Dio» – se si prende il concetto nella sua assoluta verità – non può che essere Dio.
A questo punto si pone il problema: se il Figlio che nasce da una donna è Dio in senso proprio, questa donna può essere detta «madre di Dio»?

Il problema della “Theotócos”
La difficoltà ad accettare questa espressione è all’origine della crisi nestoriana, nei primi decenni del secolo quinto. Nestorio, vescovo di Costantinopoli, rifiutava il termine «Theotócos» (madre di Dio) perché lo riteneva ambiguo e anzi suscettibile di una interpretazione del tutto assurda, come sarebbe quella di ritenere che una creatura potesse aver generato l’essere stesso dell’eterno Creatore.
Egli riteneva che si dovesse usare piuttosto l’appellativo di «Christotócos» (madre di Cristo), pur restando anch’egli ben consapevole che Cristo sussisteva nella doppia natura di uomo e di Dio.

In realtà, «Theotócos» è una parola che non si ritrova nel Nuovo Testamento. Ma all’epoca in cui comincia a essere contestata era già ben introdotta nel linguaggio ecclesiale soprattutto dell’Oriente, ed era particolarmente cara agli Alessandrini. Si capisce perciò come la reazione più decisa e più pronta alle riserve di Nestorio venisse da Cirillo di Alessandria, il quale però ha avuto subito il pieno appoggio del papa Celestino, anche perché nel mondo latino la locuzione già da molto era stata pacificamente accettata.
Nel quarto secolo sant’Ambrogio, per esempio, non ha difficoltà ad avvalersi sia del concetto sia del vocabolo. Per lui Maria è «colei che aveva generato Dio» (cf In Lucam X,130; De virginibus II,13: «Quae Deum genuerat, Deum tamen scire cupiebat»). Il suo «è un parto che conviene a Dio» (Inno di Natale: «talis decet partus Deum»). In una parola, è la «mater Dei» (cf Esamerone Y,20,63; De virginibus 11,7: «Quid nobilius Dei matre?»). Sappiamo che la controversia si è chiusa con il Concilio di Efeso del 431, dopo del quale l’intera cristianità non ha più avuto esitazione a parlare di «Theotócos». E anche noi ripetiamo tranquillamente nella nostra preghiera quotidiana: «Santa Maria, madre di Dio».

La «communicatio idiomatum»
Ma la riserva di Nestorio non aveva qualche fondamento?
Dobbiamo riconoscere che un certo rischio di equivoco c’è in questo modo di parlare, e una chiarificazione è necessaria; chiarificazione che va desunta dalla legge della “communicatio idiomatum”: la legge dello “scambio delle proprietà”, che governa il linguaggio teologico a proposito del mistero dell’incarnazione. Dal momento che unico è Cristo, il quale è al tempo stesso realmente Dio e realmente uomo, e dal momento che tutte le sue azioni – secondo l’una e l’altra natura – vanno attribuite all’unica persona del Verbo incarnato (all’unico “io”), si possono usare le connotazioni proprie dell’una natura anche a indicare il soggetto di azioni proprie dell’altra. Perciò possiamo dire sia: «Il Figlio di Maria è eterno», sia: «Dio è morto in croce per salvarci», intendendo nel primo caso: «Il Figlio di Maria in quanto Dio», e nel secondo: «Dio, in quanto uomo». Possiamo dunque affermare che Maria «ha generato Dio», intendendo con il termine «Dio» la persona divina secondo la natura umana.

L’insegnamento della «Theotócos»
Certo l’espressione «Madre di Dio» stupisce e scandalizza i non credenti. Basti pensare all’irrisione e al sarcasmo con cui i musulmani e i Testimoni di Geova attaccano questa locuzione cristiana nelle loro pubblicazioni.

Perché allora la Chiesa l’ha accolta e l’adopera gioiosamente ogni giorno?
La Chiesa è così stupita e ammirata dal prodigio inaudito dell’incarnazione – prodigio che eccede ogni attesa e ogni comprensione umana, e rivela tutta la fantasia e, per così dire, il coraggio di Dio nel progettare la nostra salvezza e la nostra divinizzazione – che si sforza di non essere da meno del suo Signore e si compiace di usare il linguaggio più ardito e sconcertante che le è consentito entro i limiti della verità. Così chiarisce una volta per tutte che l’atto di fede è un salto con cui ci si getta totalmente nelle braccia del Dio che si manifesta e si comunica, e non può essere ridotto al tentativo di coartare il disegno trascendente ed eccedente del Padre entro le ristrettezze dei nostri calcoli e le pavidità dei nostri piccoli cuori.
La Chiesa che ha accolto e continua a usare il termine «madre di Dio» è una Chiesa che è preoccupata più di cantare la sconfinata e imprevedibile inventiva amorosa del suo Sposo, che non di farsi più facilmente tollerare dalla cultura dell’incredulità e di poter dialogare senza intoppi con quelli che ancora non si sono arresi al Vangelo. Ed è una lezione di comportamento ecclesiale che, soprattutto ai nostri giorni, deve fare molto riflettere.
La Chiesa chiama la Madonna «madre di Dio» perché così mette subito in chiaro che ciò che è più specifico del suo “credo” e ciò che costituisce il suo più geloso tesoro non è un patrimonio di idee religiose o una filosofia circa l’Ente supremo, ma è l’avvenimento dell’Unigenito del Padre che si fa uomo, e muore e risorge per la nostra salvezza.

Nel nostro dialogo con le religioni non cristiane non possiamo e non dobbiamo dimenticare mai questa assoluta eterogeneità e irriducibilità del cristianesimo, il quale primariamente e per sé non è una religione, ma un “fatto”, anche se è un fatto che fonda, sorregge e ispira un originale rapporto dell’uomo con la Divinità: è il fatto del Creatore che è entrato nella nostra storia, è diventato uno di noi, e proprio essendo uno di noi ci ha redenti.
Appunto per custodire in noi la consapevolezza di questa realtà unica e imparagonabile, la Chiesa chiama quotidianamente in suo soccorso Maria di Nazaret, invocandola come la «madre di Dio».

http://www.cristianicattolici.net/maria-madre-di-dio-dogma-catechesi.html