23 maggio 2013

La Santa Messa


di Giappaolo Barra

In questa conversazione affrontiamo un tema di straordinaria importanza per la fede cattolica: parleremo della Santa Messa, del Sacrificio eucaristico: sapete bene che noi cattolici siamo obbligati a partecipare alla Santa Messa tutte le domeniche e le feste comandate. Sapete anche che saltare la Messa, non partecipare al Sacrificio eucaristico per colpa propria costituisce un peccato grave, un peccato mortale, e per ottenere il perdono è necessario fare una buona confessione.

Quando parlo della Santa Messa sottolineo il termine di “Sacrificio eucaristico” perché proprio la verità fondamentale della Messa, il significato essenziale della Messa come “Sacrificio” è spesso dimenticato in casa cattolica e contestato dai cristiani non cattolici.
Come è nostra abitudine, vogliamo chiarire innanzitutto che cosa è la Messa, che cosa insegna la dottrina cattolica riguardo la Santa Messa e poi vedremo le contestazioni che vengono avanzate alla dottrina cattolica, cercando di mostrare come queste contestazioni siano insostenibili.
Naturalmente, non mancheremo di fare una breve incursione nel campo della storia dei primi cristiani, e domanderemo alla storia, alle tracce che ci ha lasciato, ai documenti che sono giunti fino a noi, di dirci che cosa pensavano i primi cristiani riguardo la santa Messa.

Erano questi cristiani consapevoli che la Messa è il sacrificio incruento di Gesù oppure la consideravano solo un atto di culto che ricordava, rappresentava simbolicamente, l’ultima Cena?

Iniziamo questa conversazione con una considerazione di ordine generale, che mi pare molto utile per la nostra fede. L’importanza della Santa Messa si comprende se poniamo attenzione a quanto scrive un autore classico, il Royo Marin, in un giustamente celebre studio intitolato “Teologia della perfezione cristiana”.

Ascoltiamo: “La Messa ha gli stessi fini e produce gli stessi effetti della croce” e questo autore specifica che “Con la Messa possiamo dare a Dio tutto l’onore che gli è dovuto in riconoscimento della sua infinita maestà e del suo supremo dominio, nella maniera più perfetta possibile e in grado rigorosamente infinito. Una sola Messa glorifica più Iddio di quanto lo glorificheranno in Cielo, per tutta l’eternità, tutti gli angeli, i santi e i beati, compresa Maria Santissima” (p. 549).

Perché la Messa, una sola Messa, vale più di ogni altra preghiera, di ogni altro culto, vale più di tutta la lode offerta a Dio in Paradiso, dagli angeli, dai santi, compresa – badate bene – Maria Santissima?

Si può rispondere in questo modo: Poiché il sacerdote principale della Messa è Gesù Cristo e la sua dignità è infinita, e siccome nella Santa Messa viene immolata e offerta a Dio una vittima di dignità infinita, che è lo stesso Gesù Cristo, si capisce bene perché la Messa – una sola Messa - dà a Dio un culto di lode e di ringraziamento che oltrepassa all’infinito ciò che le creature, tutte le creature del Cielo e della terra, sono in condizione di prestare. Capite bene, amici, quanto è importante la Santa Messa.

Veniamo subito alla prima domanda: che cosa è la Messa? Il Catechismo di san Pio X, che ho avuto la grazia di studiare quando ero bambino, risponde alla domanda in questo modo: “La santa Messa è il sacrificio del Corpo e del Sangue sull’altare, in memoria e rinnovazione del sacrificio della Croce”.

È difficile trovare una sintesi più ricca e profonda del significato della Messa di quella offerta dal Catechismo di san Pio X. Ci vorrebbe una intera trasmissione per esaminare ogni parola, ma le nostre – sapete bene – sono conversazioni di apologetica, non di dottrina.

Il recente Catechismo della Chiesa Cattolica ci insegna, al n. 1330, che la Santa Messa è un “Santo Sacrificio, perché attualizza l’unico sacrificio di Cristo Salvatore e comprende anche l’offerta della Chiesa”.

Dunque per noi Cattolici la Santa Messa è innanzitutto il Sacrificio di Gesù, è lo stesso sacrificio della Croce, con una differenza: che duemila anni fa, sul Monte Calvario, inchiodato alla Croce, Gesù si è sacrificato volontariamente versando il suo sangue e meritando per noi ogni grazia; invece, sull’altare delle nostre chiese Gesù si sacrifica misticamente, per il ministero del sacerdote, senza spargere il suo sangue e ci applica i meriti guadagnati con il sacrificio della croce.

La Messa è un mistero grande, ma è un mistero vero. La dottrina cattolica insegna che il sacrifico della Messa e quello della Croce non sono e non possono essere che un solo e identico sacrifico, come una e identica è la vittima: Gesù Cristo, immolato una volta sola sulla Croce con sacrificio cruento.

La dottrina cattolica insegna che la vittima cruenta del Calvario e quella incruenta della Messa non sono due vittime, ma una sola, il cui sacrificio si rinnova ogni giorno nell’Eucaristia.

Qui sorge subito la prima domanda alla quale chi si occupa di apologetica deve saper rispondere. Perché noi cattolici, a differenza di coloro che contestano il significato della Messa, diciamo che la Messa è il sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesù?

La risposta è molto semplice: perché lo ha insegnato Gesù Cristo, è esplicitamente ricordato nella Sacra Scrittura e perché è sempre stato insegnato e creduto dai veri cristiani, dalle origini fino ai nostri giorni.

La Sacra Scrittura è estremamente chiara. Nell’Ultima Cena del Giovedì santo, quando Gesù ha istituito l’Eucaristia, il Signore ha compiuto un vero e proprio sacrifico, dicendo che il suo Corpo era “dato”, cioè offerto in sacrificio.

A conferma di quanto stiamo dicendo, valga per tutti ciò che riporta il Vangelo di san Luca, al capitolo 22 e versetto 19: “Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio Corpo che è dato per voi”.

Prestiamo attenzione a queste parole. Il Corpo del Signore non viene soltanto offerto come cibo ai discepoli, ma è “dato” per i discepoli e questa è una evidente allusione al carattere sacrificale, cioè di sacrificio, del rito che Gesù sta compiendo, cioè della Messa.

Ancora. Gesù ha compiuto un vero e proprio sacrificio dicendo che il suo sangue era versato, come si versava nei sacrifici. Sentiamo il Vangelo di san Matteo, al capitolo 26, versetti 27 e 28: “Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro dicendo: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati”.

Dunque, il Corpo “dato” e il Sangue “versato” costituiscono un vero e proprio sacrificio. Questo è il fondamento della dottrina cattolica sulla Santa Messa.

E il Signore Gesù, dopo aver istituito e celebrato la prima Santa Messa proprio nell’Ultima Cena, ordina ai discepoli di rinnovare quel sacrifico eucaristico: “Fate questo in memoria di me”, sono le parole pronunciate da Gesù e riportate dal vangelo di Luca. Parole che riporta anche san Paolo nella prima lettera che ha scritto ai cristiani di Corinto, capitolo 12, versetto 25 “Fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me.

Ovviamente, quando Gesù ha dato questo comando ai suoi discepoli, quando ha ordinato loro di rinnovare il sacrificio dell’ultima Cena e del Calvario, ha dato loro anche il “potere” di eseguirlo, quindi li ha ordinati, li ha costituiti “sacerdoti”. Il sacerdote è dunque colui che ha ricevuto il potere e l’ordine di rinnovare il sacrificio eucaristico, di celebrare la Santa Messa.

Quando un sacerdote celebra la Santa Messa obbedisce al comando di Gesù: fate questo in memoria di me. Allora la Chiesa, ripetendo il gesto eucaristico del suo Fondatore, compie un vero e proprio sacrificio, quello stesso che offrì Gesù.

Proseguiamo nella nostra riflessione. Questa verità fondamentale riguardante il carattere di vero e proprio sacrifico della Messa è stata contestata, nel XVI secolo, dall’eretico Martin Lutero, dall’eretico Zwingli e dopo di loro da tutti i membri della variegata e numerosa famiglia protestante.

Zwingli, in un pubblico dibattito organizzato il 29 gennaio 1523 dalle autorità di Zurigo, sostenne apertamente che la Messa, il culto dei santi, il celibato dei sacerdoti, i voti monastici, le pratiche di devozione erano tutte superstizioni, non insegnate dal Vangelo, ma inventate dalla Chiesa. Anche la Messa era un gesto superstizioso, che non aveva fondamento nel Vangelo e nella volontà di Cristo.

Ai giorni nostri, anche i testimoni di Geova, che non dobbiamo confondere con i Protestanti (i Protestanti credono alla divinità di Cristo, i Testimoni di Geova non ci credono) negano che la Messa abbia carattere di sacrificio.

Nel loro opuscolo intitolato “Accertatevi di ogni cosa” i testimoni di Geova scrivono che “Cristo è in cielo, non è portato giù quotidianamente nel sacrificio della messa”.

Ora, tocca agli studiosi della Bibbia, ai teologi e agli esegeti, ai professori di Sacra liturgia rispondere a queste contestazioni facendo uso della Sacra Scrittura e mostrare, come abbiamo fatto –purtroppo superficialmente – in apertura di questa conversazione, che la dottrina cattolica è totalmente conforme all’insegnamento di Gesù e della Sacra Scrittura.

Noi ci occuperemo di storia. Anche la storia ci può dare qualche indicazione interessante. Domanderemo alla storia di dirci, sulla base delle testimonianze, dei documenti, delle tracce che sono giunte fino a noi, che cosa pensavano i primi cristiani della Messa. Essi pensavano che si trattasse di un sacrificio, del sacrificio eucaristico – come crediamo noi cattolici – oppure di una semplice commemorazione, di un ricordo, di un rito, di una “cena”, come pensano Protestanti e testimoni di Geova?

La risposta della storia è chiara e inequivocabile. I primi cristiani celebravano e partecipavano alla Messa consapevoli che si trattava del sacrificio eucaristico, esattamente come crediamo oggi noi cattolici.

È giunto il momento di portare le prove. E le prove, cari amici, sono abbondanti!

Cominciamo dalla famosa Didachè , detta anche Dottrina degli Apostoli, opera della quale non si conosce l’autore, o gli autori, ma che fu composta alcuni dicono verso la fine del primo secolo, altri intorno alla metà del secondo; dunque è uno scritto antichissimo, di inestimabile valore, quasi contemporaneo al Vangelo di san Giovanni o successivo di alcuni decenni.

La Didachè è un manuale di pietà scritto per i fedeli e per i catecumeni che si preparavano a ricevere il battesimo nei primi tempi del Cristianesimo.

Al capitolo XIV leggiamo questo passo estremamente interessante: “Ogni domenica, giorno del Signore, riuniti, spezzate il pane e rendete grazie, dopo che avrete confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro. Chiunque ha qualche lite con il suo compagno, non si riunisca a voi prima che siano riconciliati, affinché non sia profanato il vostro sacrificio. Così infatti ha detto il Signore: “in ogni luogo e in ogni tempo, mi sia offerto un sacrificio mondo; poiché io sono un gran re, dice il Signore, e il nome mio è ammirevole tra le genti”.

Soffermiamo per un istante la nostra attenzione e cerchiamo di sottolineare la ricchezza di queste poche righe. Dunque, alla fine del primo secolo, o nei primi decenni del secondo, la storia tramanda un documento che rivela le convinzioni e abitudini dei cristiani di quel tempo.

Ricordiamole: si radunavano la domenica (proprio come facciamo noi cattolici), “spezzano il pane e rendono grazie” (come succede nella Santa Messa alla quale partecipiamo noi cattolici); “dopo aver confessato i peccati” (come insegna la nostra dottrina: bisogna confessare i peccati mortali prima di fare al Comunione); e, questo ci interessa particolarmente, i cristiani del primo secolo credevano che la Messa fosse un “sacrificio”, lo stesso Sacrificio di Gesù sul Calvario, rinnovato sull’altare della Santa Messa.

Qui ci troviamo di fronte ad un conferma documentata storicamente, straordinaria, antichissima che i primi cristiani avevano della Messa lo stesso pensiero che abbiamo oggi noi cattolici.

Ne consegue che Protestanti e Testimoni di Geova, negando il valore sacrificale della Messa non solo si pongono in contrasto con l’insegnamento di Gesù e con la Sacra Scrittura, ma riprendono un pensiero eretico che aveva fatto capolino nelle sette medievali e che non era conosciuto dai primi cristiani.

Andiamo avanti in questo breve viaggio nella storia dei primi cristiani e arriviamo, sempre in epoca antichissima, a sant’Ignazio di Antiochia, morto a Roma, martire, nell’anno 107.

Sant’Ignazio fu autore di celeberrime lettere, che ci sono giunte. In quella inviata ai Cristiani che vivevano a Smirne, sant’Ignazio scrive: “Si astengano poi dall’Eucaristia e dalla preghiera liturgica della Chiesa perché non credono che l’Eucaristia è la vera Carne del Signore nostro Gesù Cristo; quella Carne che ha patito per i nostri peccati e che il Padre celeste ha risuscitato, per la sua potente bontà” (VII, 1).

Quello che abbiamo appena ascoltato è un testo di valore storico inestimabile. Sant’Ignazio ci informa della fede dei primi cristiani sull’Eucaristia, Corpo di Cristo, ma conferma la fede e la consapevolezza che l’Eucaristia è quello stesso Corpo di Cristo che ha patito, dunque che si è sacrificato per i nostri peccati.

Questo è ciò che insegna ancora la dottrina cattolica dopo duemila anni, dottrina cattolica rimasta fedele all’insegnamento del Vangelo e alla prassi dei primi cristiani.

Proseguiamo questa breve incursione nel campo della storia dei primi cristiani. Il nome di san Cipriano vi è ormai noto, perché è stato citato in qualche nostra conversazione recente.

San Cipriano (ca 205-258) è vissuto nel III secolo, è stato Vescovo di Cartagine ed è morto martire per la fede durante la persecuzione scatenata dall’Imperatore romano Valeriano.

Trattando dell’Eucaristia, Cipriano usa espressioni di straordinaria chiarezza che rivelano la fede dei cristiani dei primi secoli: “Sacrificio vero e pieno”, “Sacrificio vero e sommo”, “Sacrificio verissimo e singolare”.

Molte altre testimonianze si potrebbero portare. La storia conferma che la Santa Messa, celebrata dai cristiani fin dalle origini, obbedendo in questo al comando del Signore, è sempre stata considerata il Sacrificio incruento, cioè senza spargimento di sangue, di Gesù. Lo stesso Sacrificio del Calvario.

L’ultima conferma che ci offre la storia, questa sera, viene da San Cirillo di Gerusalemme, santo, Padre della Chiesa, vissuto nel IV secolo (ca 315- ca 387), il quale, istruendo i neofiti, scriveva: “Dopo compiuto il sacrificio spirituale, rito incruento, sopra quell’ostia di propiziazione, noi supplichiamo Dio per la pace universale della Chiesa, per il retto ordine del mondo, per l’imperatore, per gli eserciti e gli alleati, per i malati e in generale preghiamo noi tutti per tutti coloro che han bisogno di aiuto e offriamo questa vittima…”

Come si vede, tra i cristiani dei primi secoli è vivissima la consapevolezza che la Santa Messa è “sacrificio spirituale”, “offerta della vittima” che è Cristo. Esattamente la stessa fede conservata dalla Chiesa cattolica fino ai nostri giorni.

Ma la storia ci consegna anche altre importanti testimonianze. Sappiamo come si celebrava la Messa in epoca antica ed è impressionante constatare come noi cattolici abbiamo conservato, nella sostanza, i vari momenti della celebrazione liturgica.

Un grande cristiano dei primissimi tempi, un maestro dell’apologetica, san Giustino, vissuto nel secondo secolo, un pagano convertito al cattolicesimo, morto martire verso l’anno 165, ci ha lasciato, tra altre opere, anche due “Apologie”, dedicate una all’Imperatore Antonino e l’altra al Senato Romano o allo stesso imperatore. Apologie scritte per illustrare chi erano e che cosa pensavano i cristiani, nella speranza che questo facesse prender coscienza alle autorità del bene che facevano i cristiani e cessassero così le persecuzioni.

Nella prima “Apologia”, scritta verso la metà del secondo secolo, Giustino descrive la celebrazione eucaristica. Dopo aver detto che il Pane e il Vino consacrati sono il Corpo e il Sangue di Cristo (cap. 66), Giustino ci ricorda che “nel giorno detto del sole” (questo era la domenica), “Convengono tutti nello stesso luogo” (quindi i cristiani si radunavano, come facciamo oggi noi cattolici nelle nostre chiese), “si leggono le memorie degli Apostoli, oppure le scritture dei profeti” (ecco le nostre letture della Messa), “poi, quando il lettore ha finito, chi presiede l’adunanza parla ammonendo ed esortando” (ecco l’omelia del sacerdote celebrante dopo le letture), “quindi ci alziamo insieme in piedi e facciamo le preghiere” (queste sono le preghiere dei fedeli), “e terminata la preghiera si offre pane, vino e acqua” (siamo al nostro offertorio), “chi presiede, con tutto il fervore di cui è capace, eleva preghiere e azioni di grazia” (siamo alla Consacrazione), “poi si fa la distribuzione” (ecco la Comunione). È ricordata anche la raccolta delle offerte.

È per noi cattolici una grande consolazione constatare quanto la Chiesa sia rimasta fedele alla dottrina insegnata da Gesù e alla Tradizione. Sono i Protestanti e i Testimoni di Geova che hanno introdotto delle novità, inventate da uomini, che nulla hanno a che fare con il Vangelo e con la Tradizione.

Credo molto opportuno terminare questa conversazione riportando alla nostra memoria la celeberrima Professione di fede del Papa Paolo Vi, quando parla della Santa Messa.

Dice il Papa: “Noi crediamo che la Messa, celebrata dal sacerdote che rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sacramento dell’ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e dei membri del Corpo mistico, è il sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari.”.

Questo è ciò che crediamo noi cattolici.