30 aprile 2015

LE 100 risposte ai fratelli separati di buona volontà


Puoi provare con la Bibbia - cosi si apre l'opuscolo diffuso dai Protestanti, la serie delle domande:
DOMANDA: 1. Che Gesù Cristo abbia fondato la Chiesa cattolica romana, anzichè la Sua Chiesa? (Leggi Matteo 16,18).
Equivoca e quanto mai capziosa appare questa prima domanda alla luce delle chiare affermazioni del Vangelo. La Chiesa di Cristo, infatti, quella che in S. Matteo (16-20) egli chiama appunto, con tenerezza divina, la mia Chiesa, non è e non può, essere che quella fondata su Pietro: "Tu sei Pietro (cefa, roccia) e su questa pietra edificherò la mia Chiesa".

RISPOSTA: Il Vangelo, al riguardo, non può essere più esplicito. A Pietro, - primo capo di tale Chiesa scelto dallo stesso divin fondatore -, nel corso dei secoli e senza soluzione di tempo si sono succeduti nella sua sede episcopale i Romani Pontefici fino a quello attuale, per cui la Chiesa di Roma è quella che deriva direttamente da quella istituita da Cristo e con essa necessariamente si identifica.
Se così non fosse, bisognerebbe dire o che Cristo nessuna Chiesa ha fondato o che il suo disegno sia andato miseramente fallito, perchè dopo di lui non è sorta al mondo altra Chiesa che vanti origine da lui. Lungo i secoli si sono avute, è vero, numerose altre Chiese, ma queste provengono tutte come scismatiche o eretiche da una separazione da quella Romana o dall'aperto abbandono delle verità fondamentali della dottrina di Cristo.
Dissidenti ed eretici - come aveva predetto Nostro Signore stesso - hanno infatti sconsigliatamente scossa ed infranta l'unità religiosa voluta da Cristo per la sua Chiesa. Foglie e rami sono così caduti in ogni tempo dal gigantesco tronco piantato dal Figlio di Dio; ma mentre l'albero grandioso - tetragono ai ripetuti assalti delle forze avverse - ha continuato a donare la sua ricchezza vitale, allargandosi sempre più fino agli estremi confini della terra, nei rami staccati altri distacchi si sono prodotti, lo scisma ha generato nuovi scismi.
E' anche per questa dolorosa realtà che nessuno - per poco che vi rifletta - stenta oggi a riconoscere nella Chiesa di Roma, sempre compatta ed unita, quella autentica di Cristo. Del resto, possono questi nostri fratelli separati provare "con la Bibbia" che Cristo abbia fondato le loro varie comunità evangeliche, spesso divise e in lotta tra di loro, anzichè la "sua Chiesa? "
La domanda successiva sembra formulata apposta per più confondere le idee.
DOMANDA: 2. Puoi provare che le dottrine e le pratiche della Chiesa romana di oggi siano le stesse di quelle della Chiesa primitiva?
RISPOSTA: Rispondiamo: se si tratta di verità contenute - almeno implicitamente - nella S.Scrittura e quindi da Dio rivelate, le dottrine della Chiesa di oggi sono perfettamente identiche a quelle della della Chiesa primitiva. Se invece si tratta di semplici norme e disposizioni che regolano i riti liturgici, il modo di amministrare i sacramenti, la lingua da usare nelle celebrazioni cultuali, e simili - al cui riguardo nessuna prescrizione si ha nel testo biblico - è logico che possono non essere le stesse; lo stabilirle, in questo caso, resta nelle facoltà della Chiesa, che, come organismo vitale e in continua crescita sapientemente le adegua - scrutando sempre i segni dei tempi - alle esigenze contemporanee e ai mutati bisogni spirituali delle anime.
Del resto, potrebbero i nostri fratelli separati dimostrare con la Bibbia - essi che tanto critici ed esigenti si mostrano nei riguardi della Chiesa cattolica - che le loro dottrine e pratiche di oggi siano le stesse di quelle della Chiesa primitiva? Che, ad esempio, i primi cristiani avessero dei luoghi di culto diversi dalle case private, che avessero delle grandi vasche apposta per i battesimi, che usassero le chitarre ed altri strumenti musicali,ecc.? .
Non meno subdola ed insidiosa si presenta la domanda 3, la quale non solo dà un numero incompleto delle tradizionali note essenziali e distintive della Chiesa ma le interpreta anche in modo inesatto e tendenzioso:
DOMANDA: 3. Puoi provare: "Che la Chiesa di Roma sia quella stessa che Cristo fondò, cioè: SANTA, ossia preoccupata soltanto di servire Dio per la redenzione spirituale dell'umanità? - CATTOLICA nel senso che le sue dottrine e pratiche sono state professate da tutta la cristianità dai primi secoli fino ad oggi? - APOSTOLICA vale a dire che sia rimasta fedele alla fede, alla dottrina e alle pratiche degli Apostoli, quali risultano nel Nuovo Testamento, tanto da poter dire: il Vangelo, tutto il Vangelo e nient'altro che il Vangelo? ".
RISPOSTA: Come anche i semplici cristiani sanno, le note essenziali, che contraddistinguono la vera Chiesa di Cristo, non sono semplicemente tre - come la domanda vorrebbe farci credere, - bensì quattro, consacrate solennemente fin dai primi inizi del cristianesimo nel Credo o Simbolo apostolico e ripetute anche in quello di Nicea (325) ed in quello costantinopolitano (384):
"Credo la Chiesa, UNA, SANTA, CATTOLICA, APOSTOLICA".
La domanda ignora proprio la prima e la più fondamentale di tali prerogative - quella dell'unità -, che stava particolarmente a cuore al divin Redentore fino a chiederla con amorevole insistenza al Padre nella sua preghiera sacerdotale dell'Ultima Cena (Gv. 17) e che formalmente promise alla sua Chiesa: e si farà un solo ovile e un solo pastore" (Gv 10,16).
Di questa importantissima e fondamentale prerogativa dell'unità, che comporta non solo unità di fede ma anche di regime, la Riforma protestante ha fatto un vero e proprio scempio. Chiese e sette ormai senza numero, professanti ciascuna dottrine sostanzialmente diverse e spesso contrastanti, non riflettono più - neppure nei punti fondamentali come in fatto di sacramenti - il genuino insegnamento di Cristo e degli Apostoli. Oltre a ciò manca in esse - non dovendo sottostare ad alcuna Chiesa visibile - ogni unità di governo. Una vera babele regna a questo riguardo nel mondo protestante: chiunque può arrogarsi il diritto, secondo che si sente interiormente ispirato, di dirigere gli altri in fatto di fede e facendosi da sè - senza dipendere da alcun superiore - caposcuola e fondatore di una nuova setta. Se una parvenza di unità si riscontra in qualche precipua setta, essa le proviene quasi sempre dall'autorità politica, che ne ha fatto una chiesa nazionale.
Santa è la Chiesa, non per il grado di fervore - sempre soggettivo ed interiore - con cui si serve Dio, ma perchè santo è il suo capo e fondatore Gesù Cristo; santa la sua dottrina in tutto conforme al Vangelo; santi i sacramenti istituiti per la salvezza delle anime e che essa fin dai suoi primi inizi fedelmente conserva ed amministra; santa anche perchè in molti dei suoi figli ha saputo produrre frutti mirabili di perfezione evangelica.
Cattolica, cioè universale, è la Chiesa non perchè le sue dottrine siano state professate esplicitamente "da tutta la cristianità dai primi secoli fino ad oggi", ma perchè essa è destinata ed abbraccia le genti di tutti i tempi e di tutti i luoghi senza distinzione alcuna di razza o di nazione in piena ottemperanza al comando divino: "Andate e predicate a tutte le genti" (Mt 28,19).
Apostolica, infine, è la Chiesa non per il fatto che si sia mantenuta ferma ad una formulazione arcaica delle verità da Dio rivelate e trasmesse dagli Apostoli, ma perchè ne conserva intatto l'insegnamento attraverso i loro legittimi successori i Romani Pontefici e i Vescovi preposti al governo delle chiese locali.
Non diversamente dai farisei del Vangelo, che gridavano allo scandalo nel vedere Cristo mangiare e bere coi pubblicani e i peccatori (Me 2,16), i Protestanti passano a domandarci:
DOMANDA: 4. Alla Chiesa di Cristo possono appartenere dei peccatori non convertiti e impenitenti, ladri, assassini, adulteri, bugiardi, ingannatori, bestemmiatori, idolatri, ecc... ? " (Gal 5,19-21; Ef 5,5; Ap 22,15).
RISPOSTA: Ma tanta e così indignata sorpresa, espressa dai Protestanti in questa loro domanda, viene a trovarsi in pieno e stridente contrasto con la S.Scrittura. Che facciano infatti parte della Chiesa di Cristo, viatrice in questo mondo verso la patria del cielo, non solo i giusti ma anche i peccatori, lo si deduce in modo evidente dalle parabole cosiddette "del regno", nelle quali i giusti vengono raffigurati in comunanza di vita coi peccatori. Così nella parabola della rete: "Il regno dei cieli è simile ad una rete gettata in mare, che prende ogni sorta di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, poi sedutisi, mettono i buoni nei canestri e buttano via i cattivi" (Mt 13,47-48).
Così pure nella parabola del loglio o zizzania, ai servitori, meravigliati che insieme al grano fosse spuntato e crescesse anche loglio e che propongono di andarlo subito ad estirpare, il padrone risponde: "No, per timore che cogliendo il loglio, sbarbiate anche il grano. Lasciate che l'uno e l'altro crescano fino alla mietitura" (Mt. 13,28-29).
Oltre a ciò viene a dissipare ogni dubbio - anche se ve ne fosse bisogno - il Vangelo dello stesso S.Matteo: "Se un tuo fratello ha peccato contro di te, va e correggilo fra te e lui solo; se ti ascolta hai guadagnato il tuo fratello. E se non ti ascolta, prendi con te uno o due affinchè per bocca di due o tre testimoni si stabilisca ogni cosa. E se non ne fa caso, fallo sapere alla Chiesa: se poi non ascolta neppure la Chiesa, consideralo come un pagano o un pubblicano" (Mt 18,15-17).
Qui - come è chiaro - si tratta di un peccatore che fa parte della Chiesa. E' quindi falso che vi facciano parte soltanto i giusti.
I Protestanti adducono in contrario i passi della S.Scrittura, da essi citati in calce alla stessa domanda. Ma tali passi si riferiscono alla fase finale del Regno dei cieli, cioè al Paradiso. Così in Galati 5,19-21 dopo di aver elencato diversi generi di peccatori, si conclude: "Coloro che fanno tali opere, non avranno in eredità il regno di Dio". In Efesini 5,5 "Perchè sappiatelo bene, nessun fornicatore, nessun impudico, nessun avaro, che è quanto dire nessun idolatra, partecipa al regno di Cristo e di Dio".
La separazione tra buoni e cattivi avverrà alla fine del mondo come apertamente vien detto anche nelle parabole citate: "Così avverrà alla fine del mondo: gli angeli verranno e separeranno i cattivi di mezzo ai giusti, e li getteranno nella fornace di fuoco, dove sarà pianto e stridore di denti" (Mt 13,50).
Si passa, dopo di ciò, a domandarci
DOMANDA: 5. "Che non vi sia salvezza fuori della Chiesa romana?" (cfr At 4,10-12).
RISPOSTA: Se Cristo ha istituito la sua Chiesa lo ha fatto evidentemente perchè le anime raggiungessero la loro salvezza eterna poichè Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità" (1 Tm 2,4).
Se infatti la Chiesa è l'ovile, del quale Cristo è la porta, e il gregge, di cui Egli stesso è il buon Pastore (Gv 10,1; 1 Pt 5,4), è più che chiaro che per raggiungere la salvezza occorre farvi parte.
Solo Cristo - come si sa - è il Mediatore e la via della salvezza; ora, se Egli si è reso presente in mezzo a noi nel suo Corpo che è la Chiesa, ne resta con ciò stesso comprovata la necessità di questa sua Chiesa, nella quale si entra per il battesimo come per una porta (cfr Mc 16,16). Non potrebbero per conseguenza salvarsi quegli uomini che, pur sapendo che la Chiesa cattolica è stata da Cristo fondata come necessario mezzo di salvezza, non volessero entrare in essa o in essa perseverare.
Come il Verbo incarnato, "luce del mondo"(Gv 9,5) "che illumina ogni uomo"(Gv 1,9), ha in sé una natura invisibile - la divina - e una natura umana che lo rende visibile agli uomini, cosi pure la sua Chiesa consta di un duplice elemento: la sua intima vitalità soprannaturale, e la sua compagine esterna, fatta di gerarchia e di popolo, che ne è la parte strutturale visibile. Non è quindi difficile capire che per essere pienamente incorporati nella società della Chiesa è necessario accettare integralmente la sua organizzazione e tutti i mezzi di salvezza di cui è dotata ed essere così - anche nella sua struttura visibile - congiunti in pienezza di vita con Cristo.
Però, anche se incorporato alla Chiesa, non si salva colui che non persevera nella carità e nella fede. Viceversa si salva, grazie alla Chiesa e perché in qualche modo appartenente ad essa, chi pur non conoscendo il Vangelo di Cristo si sforza con tutto il cuore di conoscere la verità e di metterla in pratica secondo i dettami della coscienza.

28 aprile 2015

La conoscete "LA PREGHIERA DEL CASTIGO"???



A DIR LA VERITÀ SEMBRA PIÙ UNA PREGHIERA RIVOLTA AL DIO ZEUS AFFINCHÉ SCAGLI QUALCHE SAETTA PER FULMINARCI ALL'ISTANTE!

Roba che sta agli antipodi rispetto alla Scritture:
"Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna."
Giovanni 3,16

"In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui."
1Giovanni 4,9

Ci mancavano solo i masochisti-cristiani che invece di ringraziare Dio per l'amore che Egli ha per noi, tanto da dare la vita del Suo Figlio per la nostra salvezza, chiedono invece a Dio di "punirci severamente": tanto valeva che Cristo non ci veniva a salvare

roba da sedevacantisti...


27 aprile 2015

S. Cirillo di Gerusalemme (315-386), dottore della Chiesa

"Quando ti avvicini, non avanzare con le palme delle mani distese, nè con le dita disgiunte; invece, fai della tua mano sinistra un trono per la tua mano destra, poichè questa deve ricevere il Re e, nel cavo della mani, ricevi il corpo di Cristo, dicendo 'Amen'.




CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO
E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI

ISTRUZIONE


su alcune cose che si devono osservare ed evitare
circa la Santissima Eucaristia


LA SANTA COMUNIONE

1. Disposizioni per ricevere la santa Comunione

[80.] L’Eucaristia sia proposta ai fedeli anche «come antidoto, che ci libera dalle colpe quotidiane e ci preserva dai peccati mortali»,[160] come è posto in luce nelle diverse parti della Messa. Quanto all’atto penitenziale collocato all’inizio della Messa, esso ha lo scopo di disporre i partecipanti perché siano in grado di celebrare degnamente i santi misteri;[161] tuttavia, «è privo dell’efficacia del sacramento della Penitenza»[162] e, per quanto concerne la remissione dei peccati gravi, non si può ritenere un sostituto del sacramento della Penitenza. I pastori di anime curino con diligenza l’istruzione catechetica, in modo che ai fedeli sia trasmesso l’insegnamento cristiano a questo riguardo.

[81.] La consuetudine della Chiesa afferma, inoltre, la necessità che ognuno esamini molto a fondo se stesso,[163] affinché chi sia conscio di essere in peccato grave non celebri la Messa né comunichi al Corpo del Signore senza avere premesso la confessione sacramentale, a meno che non vi sia una ragione grave e manchi l’opportunità di confessarsi; nel qual caso si ricordi che è tenuto a porre un atto di contrizione perfetta, che include il proposito di confessarsi quanto prima.[164]

[82.] Inoltre, «la Chiesa ha dato delle norme che mirano insieme a favorire l’accesso frequente e fruttuoso dei fedeli alla mensa eucaristica e a determinare le condizioni oggettive in cui ci si deve astenere del tutto dal distribuire la Comunione».[165]

[83.] È certamente la cosa migliore che tutti coloro che partecipano ad una celebrazione della santa Messa e sono forniti delle dovute condizioni ricevano in essa la santa Comunione. Talora, tuttavia, avviene che i fedeli si accostino alla sacra mensa in massa e senza il necessario discernimento. È compito dei pastori correggere con prudenza e fermezza tale abuso.

[84.] Inoltre, se si celebra la santa Messa per una grande folla o, per esempio, nelle grandi città, occorre che si faccia attenzione affinché per mancanza di consapevolezza non accedano alla santa Comunione anche i non cattolici o perfino i non cristiani, senza tener conto del Magistero della Chiesa in ambito dottrinale e disciplinare. Spetta ai pastori avvertire al momento opportuno i presenti sulla verità e sulla disciplina da osservare rigorosamente.

[85.] I ministri cattolici amministrano lecitamente i sacramenti ai soli fedeli cattolici, i quali parimenti li ricevono lecitamente dai soli ministri cattolici, salvo le disposizioni del can. 844 §§ 2, 3 e 4, e del can. 861 § 2.[166] Inoltre, le condizioni stabilite dal can. 844 § 4, alle quali non può essere derogato in alcun modo,[167] non possono essere separate tra loro; è, pertanto, necessario che tutte siano sempre richieste simultaneamente.

[86.] I fedeli siano accortamente guidati alla pratica di accedere al sacramento della Penitenza al di fuori della celebrazione della Messa, soprattutto negli orari stabiliti, di modo che la sua amministrazione si svolga con tranquillità e a loro effettivo giovamento, senza che siano impediti da una attiva partecipazione alla Messa. Coloro che sono soliti comunicarsi ogni giorno o molto spesso siano istruiti in modo da accedere al sacramento della Penitenza nei tempi opportuni, secondo le possibilità di ciascuno.[168]

[87.] Si premetta sempre alla Prima Comunione dei bambini la confessione sacramentale e l’assoluzione.[169] La Prima Comunione, inoltre, sia sempre amministrata da un Sacerdote e mai al di fuori della celebrazione della Messa. Salvo casi eccezionali, è poco appropriato amministrarla il Giovedì Santo «in Cena Domini». Si scelga piuttosto un altro giorno, come le domeniche II-VI di Pasqua o la solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo o le domeniche «per annum», in quanto la domenica è giustamente considerata il giorno dell’Eucaristia.[170] A ricevere l’Eucaristia non «accedano i bambini che non abbiano raggiunto l’età della ragione o che»il parroco «abbia giudicato non sufficientemente pronti».[171] Tuttavia, qualora avvenga che un bambino, in via del tutto eccezionale rispetto all’età, sia ritenuto maturo per ricevere il sacramento, non gli si rifiuti la Prima Comunione, a condizione che sia stato sufficientemente preparato.

2. La distribuzione della santa Comunione

[88.] I fedeli di solito ricevano la Comunione sacramentale dell’Eucaristia nella stessa Messa e al momento prescritto dal rito stesso della celebrazione, vale a dire immediatamente dopo la Comunione del Sacerdote celebrante.[172] Spetta al Sacerdote celebrante, eventualmente coadiuvato da altri Sacerdoti o dai Diaconi, distribuire la Comunione e la Messa non deve proseguire, se non una volta ultimata la Comunione dei fedeli. Soltanto laddove la necessità lo richieda, i ministri straordinari possono, a norma del diritto, aiutare il Sacerdote celebrante.[173]

[89.] Affinché, anche«per mezzo dei segni, la Comunione appaia meglio come partecipazione al Sacrificio che si celebra»,[174] è da preferirsi che i fedeli possano riceverla con ostie consacrate nella stessa Messa.[175]

[90.] «I fedeli si comunicano in ginocchio o in piedi, come stabilito dalla Conferenza dei Vescovi»,e confermato da parte della Sede Apostolica. «Quando però si comunicano stando in piedi, si raccomanda che, prima di ricevere il Sacramento, facciano la debita riverenza, da stabilire dalle stesse norme».[176]

[91.] Nella distribuzione della santa Comunione è da ricordare che«i ministri sacri non possono negare i sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano disposti nel debito modo e non abbiano dal diritto la proibizione di riceverli».[177] Pertanto, ogni cattolico battezzato, che non sia impedito dal diritto, deve essere ammesso alla sacra comunione. Non è lecito, quindi, negare a un fedele la santa Comunione, per la semplice ragione, ad esempio, che egli vuole ricevere l’Eucaristia in ginocchio oppure in piedi.

[92.] Benché ogni fedele abbia sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione in bocca,[178] se un comunicando, nelle regioni in cui la Conferenza dei Vescovi, con la conferma da parte della Sede Apostolica, lo abbia permesso, vuole ricevere il Sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra ostia. Si badi, tuttavia, con particolare attenzione che il comunicando assuma subito l’ostia davanti al ministro, di modo che nessuno si allontani portando in mano le specie eucaristiche. Se c’è pericolo di profanazione, non sia distribuita la santa Comunione sulla mano dei fedeli.[179]

[93.] È necessario che si mantenga l’uso del piattino per la Comunione dei fedeli, per evitare che la sacra ostia o qualche suo frammento cada.[180]

[94.] Non è consentito ai fedeli di «prendere da sé e tanto meno passarsi tra loro di mano in mano»[181] la sacra ostia o il sacro calice. In merito, inoltre, va rimosso l’abuso che gli sposi durante la Messa nuziale si distribuiscano in modo reciproco la santa Comunione.

[95.] Il fedele laico «che ha già ricevuto la Santissima Eucaristia, può riceverla una seconda volta nello stesso giorno, soltanto entro la celebrazione eucaristica alla quale partecipa, salvo il disposto del can. 921 § 2».[182]

[96.] Va disapprovato l’uso di distribuire, contrariamente alle prescrizioni dei libri liturgici, a mo’ di Comunione durante la celebrazione della santa Messa o prima di essa ostie non consacrate o altro materiale commestibile o meno. Tale uso, infatti, non si concilia con la tradizione del Rito romano e reca in sé il rischio di ingenerare confusione tra i fedeli riguardo alla dottrina eucaristica della Chiesa. Se in alcuni luoghi vige, per concessione, la consuetudine particolare di benedire il pane e distribuirlo dopo la Messa, si fornisca con grande cura una corretta catechesi di questo gesto. Non si introducano, invece, altre usanze similari, né si utilizzino mai a tale scopo ostie non consacrate.

3. La Comunione dei Sacerdoti

[97.] Ogni volta che celebra la santa Messa, il Sacerdote deve comunicarsi all’altare al momento stabilito dal Messale; i concelebranti, invece, prima di procedere alla distribuzione della Comunione. Il Sacerdote celebrante o concelebrante non attenda mai per comunicarsi il termine della Comunione del popolo.[183]

[98.] La Comunione dei Sacerdoti concelebranti si svolga secondo le norme prescritte nei libri liturgici, facendo sempre uso di ostie consacrate durante la stessa Messa,[184] e ricevendo tutti i concelebranti la Comunione sotto le due specie. Si noti che, quando il Sacerdote o il Diacono amministra ai concelebranti la sacra ostia o il calice, non dice nulla, vale a dire non pronuncia le parole «Il Corpo di Cristo» o «Il Sangue di Cristo».

[99.] La Comunione sotto le due specie è sempre permessa «ai Sacerdoti,che non possono celebrare o concelebrare».[185]

4. La Comunione sotto le due specie

[100.] Al fine di manifestare ai fedeli con maggior chiarezza la pienezza del segno nel convivio eucaristico, sono ammessi alla Comunione sotto le due specie nei casi citati nei libri liturgici anche i fedeli laici, con il presupposto e l’incessante accompagnamento di una debita catechesi circa i principi dogmatici fissati in materia dal Concilio Ecumenico Tridentino.[186]

[101.] Per amministrare la santa Comunione ai fedeli laici sotto le due specie si dovrà tenere appropriatamente conto delle circostanze, sulle quali spetta anzitutto ai Vescovi diocesani dare una valutazione. Ciò si escluda assolutamente quando esista rischio, anche minimo, di profanazione delle sacre specie.[187] Per un più ampio coordinamento, occorre che le Conferenze dei Vescovi pubblichino, con la conferma da parte della Sede Apostolica, mediante la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, le norme relative soprattutto al «modo di distribuire ai fedeli la santa Comunione sotto le due specie e all’estensione della facoltà».[188]

[102.] Non si amministri ai fedeli laici il calice, laddove sia presente un numero di comunicandi tanto grande[189] che risulterebbe difficile stimare la quantità di vino necessario per l’Eucaristia e esisterebbe il rischio che «rimanga una quantità di Sangue di Cristo superiore al giusto da assumere al termine della celebrazione»,[190] né parimenti laddove l’accesso al calice può essere regolato con difficoltà o fosse richiesta una quantità sufficiente di vino, della quale solo difficilmente si può avere garanzia di provenienza e qualità, o laddove non sia disponibile un congruo numero di ministri sacri né di ministri straordinari della sacra Comunione provvisti di appropriata preparazione, o laddove una parte notevole del popolo perseveri, per varie ragioni, nel rifiutarsi di accedere al calice, facendo così venir meno in un certo qual modo il segno dell’unità.

[103.] Le norme del Messale Romano ammettono il principio che, nei casi in cui la Comunione è distribuita sotto le due specie, «il Sangue di Cristo può essere bevuto direttamente al calice, per intinzione, con la cannuccia o con il cucchiaino».[191] Quanto all’amministrazione della Comunione ai fedeli laici, i Vescovi possono escludere la modalità della Comunione con la cannuccia o il cucchiaino, laddove non sia uso locale, rimanendo comunque sempre vigente la possibilità di amministrare la Comunione per intinzione. Se però si usa questa modalità, si ricorra ad ostie che non siano né troppo sottili, né troppo piccole e il comunicando riceva dal Sacerdote il Sacramento soltanto in bocca.[192]

[104.] Non si permetta al comunicando di intingere da sé l’ostia nel calice, né di ricevere in mano l’ostia intinta. Quanto all’ostia da intingere, essa sia fatta di materia valida e sia consacrata, escludendo del tutto l’uso di pane non consacrato o di altra materia.

[105.] Se non fosse sufficiente un solo calice per distribuire la Comunione sotto le due specie ai Sacerdoti concelebranti o ai fedeli, nulla osta che il Sacerdote celebrante usi più calici.[193] Va, infatti, ricordato che tutti i Sacerdoti che celebrano la santa Messa sono tenuti a comunicarsi sotto le due specie. In ragione del segno, è lodevole servirsi di un calice principale più grande insieme ad altri calici di minori dimensioni.

[106.] Ci si astenga, tuttavia, dal riversare dopo la consacrazione il Sangue di Cristo da un vaso in un altro, per evitare qualunque cosa che possa risultare irrispettosa di così grande mistero. Per ricevere il Sangue del Signore non si utilizzino in nessun caso brocche, crateri o altri vasi non integralmente rispondenti alle norme stabilite.

[107.] Secondo la normativa stabilita dai canoni, «chi getta via le specie consacrate, oppure le asporta o le conserva a scopo sacrilego, incorre nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica; il chierico inoltre può essere punito con altra pena, non esclusa la dimissione dallo stato clericale».[194] All’interno di questo caso si deve considerare annoverabile qualunque azione volontariamente e gravemente volta a dispregio delle sacre specie. Se, pertanto, qualcuno agisce contro le suddette norme, gettando ad esempio le sacre specie nel sacrario o in luogo indegno o a terra, incorre nelle pene stabilite.[195] Tengano, inoltre, tutti presente che, al termine della distribuzione della santa Comunione durante la celebrazione della Messa, vanno osservate le prescrizioni del Messale Romano, e soprattutto che quanto eventualmente resta del Sangue di Cristo deve essere subito interamente consumato dal Sacerdote o, secondo le norme, da un altro ministro, mentre le ostie consacrate avanzate vengano o immediatamente consumate all’altare dal Sacerdote o portate in un luogo appositamente destinato a conservare l’Eucaristia.[196]

26 aprile 2015

Ordinazione Sacerdotale di Diaconi della Diocesi Di Roma

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Fratelli carissimi,

questi nostri figli sono stati chiamati all’ordine del presbiterato. Ci farà bene riflettere un po’ a quale ministero saranno elevati nella Chiesa. Come voi ben sapete il Signore Gesù è il solo Sommo Sacerdote del Nuovo Testamento, ma in Lui anche tutto il popolo santo di Dio è stato costituito popolo sacerdotale. Tutti noi! Nondimeno, tra tutti i suoi discepoli, il Signore Gesù vuole sceglierne alcuni in particolare, perché esercitando pubblicamente nella Chiesa in suo nome l’officio sacerdotale a favore di tutti gli uomini, continuassero la sua personale missione di maestro, sacerdote e pastore.

Come, infatti, per questo Egli era stato inviato dal Padre, così Egli inviò a sua volta nel mondo prima gli Apostoli e poi i Vescovi e i loro successori, ai quali infine furono dati come collaboratori i presbiteri, che, ad essi uniti nel ministero sacerdotale, sono chiamati al servizio del Popolo di Dio.

Loro hanno riflettuto su questa loro vocazione, e adesso vengono per ricevere l’ordine dei presbiteri. E il vescovo rischia – rischia! – e sceglie loro, come il Padre ha rischiato per ognuno di noi.

Essi saranno infatti configurati a Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote, ossia saranno consacrati come veri sacerdoti del Nuovo Testamento, e a questo titolo, che li unisce nel sacerdozio al loro Vescovo, saranno predicatori del Vangelo, Pastori del Popolo di Dio, e presiederanno le azioni di culto, specialmente nella celebrazione del sacrificio del Signore.

Quanto a voi, che state per essere promossi all’ordine del presbiterato, considerate che esercitando il ministero della Sacra Dottrina sarete partecipi della missione di Cristo, unico Maestro. Dispensate a tutti quella Parola di Dio, che voi stessi avete ricevuto con gioia. Leggete e meditate assiduamente la Parola del Signore per credere ciò che avete letto, insegnare ciò che avete appreso nella fede, vivere ciò che avete insegnato.

E questo sia il nutrimento del Popolo di Dio; che le vostre omelie non siano noiose; che le vostre omelie arrivino proprio al cuore della gente perché escono dal vostro cuore, perché quello che voi dite a loro è quello che voi avete nel cuore. Così si dà la Parola di Dio e così la vostra dottrina sarà gioia e sostegno ai fedeli di Cristo; il profumo della vostra vita sarà la testimonianza, perché l’esempio edifica, ma le parole senza esempio sono parole vuote, sono idee e non arrivano mai al cuore e addirittura fanno male: non fanno bene! Voi continuerete l’opera santificatrice di Cristo. Mediante il vostro ministero, il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto, perché congiunto al sacrificio di Cristo, che per le vostre mani, in nome di tutta la Chiesa, viene offerto in modo incruento sull’altare nella celebrazione dei Santi Misteri.

Quando voi celebrate la Messa, riconoscete dunque ciò che fate. Non farlo di fretta! Imitate ciò che celebrate - non è un rito artificiale, un rituale artificiale - perché così, partecipando al mistero della morte e risurrezione del Signore, portiate la morte di Cristo nelle vostre membra e camminiate con Lui in novità di vita.

Con il Battesimo aggregherete nuovi fedeli al Popolo di Dio. Non bisogna rifiutare mai il Battesimo a chi lo chiede! Con il Sacramento della Penitenza rimetterete i peccati nel nome di Cristo e della Chiesa. E io, in nome di Gesù Cristo, il Signore, e della sua Sposa, la Santa Chiesa, vi chiedo di non stancarvi di essere misericordiosi. Nel confessionale voi starete per perdonare, non per condannare! Imitate il Padre che mai si stanca di perdonare. Con l’olio santo darete sollievo agli infermi. Celebrando i sacri riti e innalzando nelle varie ore del giorno la preghiera di lode e di supplica, vi farete voce del Popolo di Dio e dell’umanità intera.

Consapevoli di essere stati scelti fra gli uomini e costituiti in loro favore per attendere alle cose di Dio, esercitate in letizia e carità sincera l’opera sacerdotale di Cristo, unicamente intenti a piacere a Dio e non a voi stessi. E’ brutto un sacerdote che vive per piacere a sé stesso, che “fa il pavone”!

Infine, partecipando alla missione di Cristo, Capo e Pastore, in comunione filiale con il vostro Vescovo, impegnatevi a unire i fedeli in un’unica famiglia - siate ministri dell’unità nella Chiesa, nella famiglia -, per condurli a Dio Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo. E abbiate sempre davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore, che non è venuto per essere servito, ma per servire; non per rimanere nelle sue comodità, ma per uscire e cercare e salvare ciò che era perduto.



1 Gv 3,1-2

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!

La ragione per cui il mondo non ci conosce è perché non ha conosciuto Lui.
Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato.

Sappiamo però che quando Egli si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui, perché lo vedremo così come Egli è.



25 aprile 2015

I tdg tutelano dalla giustizia secolare anche i pedofili laici

L’associazione americana Silent Lambs (Agnelli Silenziosi), sta dando assistenza e aiuto a migliaia di vittime minorenni di abusi sessuali all’interno dell’Organizzazione di Brooklin, e secondo stime della stessa “Silent Lambs”, gli archivi segreti dei “casi giudiziari interni” della Watch Tower conterrebbero più di 23.000 casi di pedofilia nascosti negli archivi segreti di Brooklin.Notare che la fonte non è cattolica ma è l'associazione atea, nonché anticattolica UAAR:

Watch Tower (circa 7.000.000 di fedeli) > 23.000 casi pedofilia
Chiesa Cattolica (circa 900.000.000 di fedeli) > 5.000 casi pedofili
a

Questo non è un mal comune mezzo gaudio, si fa notare che coloro che puntano il dito contro la sporcizia nella Chiesa cattolica, in casa loro ne hanno molta, molta di più e quindi dovrebbero per prima cosa fare pulizia in casa loro e dopo puntare il dito contro altri.

Testimoni di Geova e pedofilia Un'inchiesta della BBC




24 aprile 2015

Sacerdoti assassinati dai partigiani comunisti.

Solo in Emilia, nel cosiddetto “triangolo della morte” si calcola in 12-15.000 il numero dei civili assassinati dai partigiani. In tale "mattanza democratica" finirono anche un gran numero, ne sono stati riconosciuti circa 130, di sacerdoti. L'ottimo sito dedicato a Rolando Rivi (foto) seminarista 16enne massacrato dai "liberatori", compila una lista comunque incompleta di oltre 90 sacerdoti, di cui si hanno le esatte generalità, uccisi dai partigiani rossi. Riportiamo l'elenco di questi moderni martiri della fede e poniamo una domanda: quando dai palchi del 25 aprile, invece di autocelebrarsi e sputarsi odio reciproco tra "resistenti" di destra e di sinistra, si chiederà scusa per questo indegno massacro?


Don GIUSEPPE AMATEIS, parroco di Coassolo (Torino), ucciso a colpi d'ascia dai partigiani comunisti il 15 marzo 1944, perché aveva deplorato gli eccessi dei guerriglieri rossi. 

Don GENNARO AMATO, parroco di Locri (Reggio Calabria), ucciso nell'ottobre '43 dai capi della "repubblica rossa" di Caulonia.  

Don ERNESTO BANDELI, parroco di Bria, ucciso da partigiani slavi a Bria il 30 aprile 1945. 

Don VITTORIO BAREL, economo del Seminario di Vittorio Veneto, ucciso il 26 ottobre 1944 da partigiani comunisti. 

Don STANISLAO BARTHUS, della Congregazione di Cristo Re (Imperia), ucciso il 17 agosto 1944 perché in una predica aveva deplorato le "violenze indiscriminate dei partigiani". 

Don DUILIO BASTREGHI, parroco di Cigliano e Capannone Pienza, ucciso la notte del 3 luglio 1944 da partigiani comunisti che lo avevano chiamato con un pretesto. 

Don CARLO BEGHE', parroco di Novegigola (Apuania), sottoposto il 2 marzo 1945 a finta fucilazione che gli produsse una ferita mortale. 

Don FRANCESCO BONIFACIO, curato di Villa Gardossi (Trieste), catturato da miliziani comunisti iugoslavi l'11 settembre 1946 e gettato in una foiba rimasta sconosciuta. 

Don LUIGI BORDET, parroco di Hóne (Aosta), ucciso il 5 marzo 1946 perché aveva messo in guardia i suoi parrocchiani dalle insidie comuniste. 

Don SPERINDIO BOLOGNESI, parroco di Nismozza (Reggio Emilia), ucciso da partigiani comunisti il 25 ottobre 1944. 

Don CORRADO BORTOLINI, parroco di Santa Maria in Duno (Bologna), prelevato da partigiani il 1° marzo 1945 e fatto sparire. 

Don RAFFAELE BORTOLINI, canonico della Pieve di Cento, ucciso da partigiani la sera del 20 giugno 1945. 

Don LUIGI BOVO, parroco di Bertipaglia (Padova), ucciso il 25 settembre 1944 da un partigiano comunista. 

Don MIROSLAVO BULLESCHI, parroco di Monpaderno (Diocesi di Parenzo e Pola), ucciso il 23 agosto 1947 da comunisti jugoslavi. 

Don TULLIO CALCAGNO, direttore di Crociata Italica, fucilato dai partigiani comunisti a Milano il 29 aprile 1945. 

Don SEBASTIANO CAVIGLIA, cappellano della GNR, ucciso il 27 aprile 1945 ad Asti. 

Don CRISOSTOMO CERAGIOLO, o.f. m., cappellano militare decorato al v.m., prelevato il 19 maggio 1944 da partigiani comunisti nel Convento di Montefollonico e trovato cadavere in una buca con le mani legate dietro la schiena. 

Don ALDEMIRO CORSI, parroco di Grassano (Reggio E.), ucciso da partigiani comunisti la notte del 22 ottobre 1944 nella sua canonica. 

Don FERRUCCIO CRECCHI, parroco di Levigliani (Lucca), fucilato all'arrivo delle truppe di colore nella zona su false accuse dei comunisti del luogo. 

Don ANTONIO CURCIO, cappellano dell'11" Btg. Bersaglieri, ucciso il 7 agosto 1941 a Dugaresa da comunisti croati. 

Don SIGISMONDO DAMIANI, o.f.m., ex cappellano militare, ucciso da comunisti slavi a San Genesio di Macerata l'11 marzo 1944. 

Don TEOBALDO DAPPORTO, arciprete di Castel Ferrarese (diocesi di Limola), ucciso da un comunista nel settembre 1945. 

Don EDMONDO DE AMICIS, cappellano, pluridecorato della prima guerra mondiale, ucciso il 26 aprile 1945 da partigiani comunisti. 

Don AURELIO DIAZ, cappellano della Sez. Sanità della Divisione "Ferrara", fucilato nelle carceri di Belgrado nel gennaio del '45 da partigiani "titini". 

Don ADOLFO DOLFI, canonico della Cattedrale di Volterra, sottoposto il 28 maggio 1945 a torture che lo portarono alla morte l'8 ottobre successivo. 

Don ENRICO  DONATI, arciprete di Lorenzatico (Bologna), massacrato il 23 maggio 1945 sulla strada di Zenerigolo. 

Don GIUSEPPE DORFMANN, fucilato nel bosco di Posina (Vicenza) il 27 aprile 1945. 

Don VINCENZO D'OVIDIO, parroco di Poggio Umbricchio (Teramo), ucciso nel maggio '44 sotto accusa di filo-fascismo. 

Don GIOVANNI ERRANI, cappellano militare della GNR, decorato al v.m., condannato a morte dal CLN di Forlì, salvato dagli americani e deceduto in seguito, a causa delle torture subite. 

Don COLOMBO FASCE, parroco di Cesino (Genova), ucciso nel maggio del 1945 da partigiani comunisti. 

Don GIOVANNI FAUSTI, Superiore generale dei Gesuiti in Albania, fucilato il 5 marzo 1946 perché italiano. Con lui furono trucidati ALTRI sacerdoti dei quali non si è mai potuto conoscere il nome. 

Don FERNANDO FERRAROTTI, o.f.m., cappellano militare reduce dalla Russia, ucciso nel giugno 1944 a Champorcher (Aosta) da partigiani comunisti. 

Don GREGORIO FERRETTI, parroco di Collevecchio (Teramo), ucciso da partigiani slavi ed italiani nel maggio 1944. 

Don GIOVANNI FERRUZZI, arciprete di Campanile (Imola), ucciso da partigiani il 3 aprile 1945. 

Don ACHILLE FILIPPI, parroco di Maiola (Bologna), ucciso la sera del 25 luglio 1945 perché accusato di simpatie fasciste. 

Don GIUSEPPE GABANA, della diocesi di Brescia, cappellano della VI Legione della Guardia di Finanza, ucciso il 3 marzo 1944 da un partigiano comunista. 

Don SANTE FONTANA, parroco di Cornano (Pontremoli), ucciso dai partigiani il 16 gennaio 1945. 

Don GIUSEPPE GALASSI, arciprete di S. Lorenzo in Selva (Imola), ucciso il 1° maggio 1945 perché sospetto di filo-fascismo. 

Don TISO GALLETTI, parroco di Spazzate Sassatelli (Imola), ucciso il 9 maggio 1945 perché aveva criticato il comunismo. 

Don DOMENICO GIANNI, cappellano militare in Jugoslavia, prelevato la sera del 21 aprile 1945 e soppresso dopo tre giorni. 

Don GIOVANNI GUICCIARDI, parroco di Mocogno (Modena), ucciso il 10 giugno 1945 dopo sevizie inflittegli nella sua canonica. 

Don VIRGINIO ICARDI, parroco di Squaneto (Acqui), ucciso il 4 luglio 1944 a Preto da partigiani comunisti. 

Don LUIGI ILARIUCCI, parroco di Garfagnolo (Reggio Emilia), ucciso il 19 agosto 1944 da partigiani comunisti. 

Don GIUSEPPE JEMMI, cappellano di Felina (Reggio Emilia), ucciso il 19 aprile 1945 perché aveva deplorato gli "eccessi inumani di quanti disonoravano il movimento partigiano". 

Don SERAFINO LAVEZZARI, seminarista di Robbio (Piacenza), ucciso il 25 febbraio 1945 dai partigiani insieme alla mamma e a due fratelli. 

Don LUIGI LENZINI, parroco di Crocette (Modena), ucciso da partigiani rossi la notte del 21 luglio 1945. 

Don GIUSEPPE LORENZELLI, priore di Corvarola di Bagnone (Pontremoli), ucciso da partigiani il 27 febbraio 1945 dopo essere stato obbligato a scavarsi la fossa. 

Don LUIGI MANFREDI, parroco di Budrio (Reggio Emilia), ucciso il 14 dicembre 1944 perché aveva deplorato gli "eccessi partigiani". 

Don DANTE MATTIOLI, parroco di Coruzzo (Reggio Emilia), prelevato la notte del 1° aprile 1945 e scomparso per sempre. 

Don FERNANDO MERLI, mansionario della Cattedrale di Foligno, ucciso il 21 febbraio 1944 presso Assisi da jugoslavi istigati dai comunisti. 

Don ANGELO MERLINI, parroco di Fiamenga (Foligno), ucciso il medesimo giorno dagli stessi, presso Foligno. 

Don ARMANDO MESSURI, cappellano delle Suore della S. Famiglia in Marino, ferito a morte da partigiani comunisti e deceduto il 18 giugno 1944. 

Don GIACOMO MORO, cappellano militare in Jugoslavia, fucilato dai comunisti "titini" a Micca di Montenegro. 

Don ADOLFO NANNINI, parroco di Cercina (Firenze), ucciso il 30 maggio 1944 da partigiani comunisti. 

Don SIMONE NARDIN, dei Benedettini Olivetani, tenente cappellano dell'Ospedale Militare "Belvedere" in Abbazia di Fiume prelevato da partigiani jugoslavi nell'aprile 1945 e fatto morire tra sevizie orrende. 

Don LUIGI OBID, economo di Podsabotino e San Mauro (Gorizia), prelevato da partigiani e ucciso a San Mauro il 15 gennaio 1945. 

Don ANTONIO PADOAN, parroco di Castel Vittorio (Imperia), ucciso da partigiani l'8 maggio 1944 con un colpo di pistola in bocca ed uno al cuore. 

Don ATTILIO PAVESE, parroco di Alpe Gorreto (Tortona), ucciso il 6 dicembre 1944 da partigiani dei quali era cappellano, perché confortava alcuni prigionieri tedeschi condannati a morte. 

Don FRANCESCO PELLIZZARI, parroco di Tagliolo (Acqui), chiamato nella notte del 10 maggio 1945 e fatto sparire per sempre. 

Don POMPEO PERAI, parroco dei SS. Pietro e Paolo di Città della Pieve, ucciso per rappresaglia partigiana il 16 giugno 1944. 

Don ENRICO PERCIVALLE, parroco di Varriana (Tortona), prelevato da partigiani e ucciso a colpi di pugnale il 14 febbraio 1944. 

Don VITTORIO PERKAN, parroco di Elsane (Fiume), ucciso il 9 maggio 1945 da partigiani mentre celebrava un funerale. 

Don ALADINO PETRI, pievano di Caprona (Pisa), ucciso il 27 giugno 1944 perché ritenuto filo-fascista. 

Don NAZARENO PETTINELLI, parroco di Santa Lucia di Ostra di Senigallia, fucilato per rappresaglia partigiana l'il luglio 1944. 

Don UMBERTO PESSINA, parroco di San Martino di Correggio, ucciso il 18 giugno 1946 da partigiani comunisti. 

Seminarista GIUSEPPE PIERAMI, studente di teologia della diocesi di Apuania, ucciso il 2 novembre 1944 sulla Linea Gotica da partigiani comunisti. 

Don LADISLAO PISACANE, vicario di Circhina (Gorizia), ucciso da partigiani slavi il 5 febbraio 1945 con altre dodici persone. 

Don ANTONIO PISK, curato di Canale d'Isonzo (Gorizia), prelevato da partigiani slavi il 28 ottobre 1944 e fatto sparire per sempre. 

Don NICOLA POLIDORI, della diocesi di Nocera e Gualdo, fucilato il 9 giugno 1944 a Sefro da partigiani comunisti. 

Don GIUSEPPE PRECI, parroco di Montaldo (Modena), ucciso il 24 maggio 1945 dopo che era stato chiamato ad assistere un morente. 

Don GIUSEPPE RASORI, parroco di San Martino in Casola (Bologna), ucciso la notte sul 2 luglio 1945 nella sua canonica sotto accusa di simpatie fasciste. 

Don ALFONSO REGGIANI, parroco di Amola di Piano (Bologna), ucciso da marxisti la sera del 5 dicembre 1945. 

Seminarista ROLANDO RIVI, di Reggio Emilia, di sedici anni, ucciso il 10 aprile 1945 da partigiani comunisti solo perchè indossava la tonaca. 

Don GIUSEPPE ROCCO, parroco a Santa Maria, diocesi di S. Sepolcro, ucciso da slavi il 4 maggio 1945. 

Don ANGELICO ROMITI, o.f.m., cappellano degli allievi ufficiali della Scuola di Fontanellato, decorato al v.m., ucciso la sera del 7 maggio 1945 da partigiani comunisti. 

Don LEANDRO SANGIORGI, salesiano, cappellano militare decorato al v.m., fucilato a Sordevolo Biellese il 30 aprile 1945. 

Don ALESSANDRO SANGUANINI, della Congregazione della Missione, fucilato a Ranziano (Gorizia) il 12 ottobre 1944 da partigiani slavi per i suoi sentimenti di italianità. 

Don LODOVICO SLUGA, vicario di Circhina (Gorizia), ucciso insieme al confratello 

Don Pisacane il 5 febbraio 1944. 

Don LUIGI SOLARO, di Torino, ucciso il 4 aprile 1945 perché congiunto del Federale di Torino Giuseppe Solaro, anch'egli soppresso. 

Don EMILIO SPINELLI, parroco di Campogialli (Arezzo), fucilato il 6 maggio 1944 dai partigiani sotto accusa di filo-fascismo. 

Don EUGENIO SQUIZZATO, o.f.m., cappellano partigiano, ucciso dai suoi il 16 aprile 1944 fra Corio e Lanzo Torinese perché, impressionato dalle crudeltà che essi commettevano, voleva abbandonare la formazione. 

Don ERNESTO TALE', parroco di Castelluccio Formiche (Modena), ucciso insieme alla sorella l'11 dicembre 1944 perché sospettato di filo-fascismo. 

Don GIUSEPPE TAROZZI, parroco di Riolo (Bologna), prelevato la notte sul 26 maggio 1945 e fatto sparire. 

Don ANGELO TATICCHIO, parroco di Villa di Rovigno (Pola), ucciso da partigiani iugoslavi nell'ottobre 1943 perché "aiutava troppo gli italiani". 

Don CARLO TERENZIANI, prevosto di Ventoso (Reggio Emilia), fucilato la sera del 29 aprile 1945 perché ex cappellano della Milizia. 

Don ALBERTO TERILLI, arciprete di Esperia (Frosinone), morto in seguito a sevizie inflittegli dai marocchini eccitati da partigiani nel maggio 1944. 

Don ANDREA TESTA, parroco di Diano Borrello (Savona), ucciso il 16 luglio 1944 da una banda partigiana perché osteggiava il comunismo. 

Mons. EUGENIO CORRADINO TORRICELLA, della Diocesi di Bergamo, ucciso il 7 gennaio '44 ad Agen (Francia) da partigiani comunisti per i suoi sentimenti d'italianità. 

Don RODOLFO TRCEK, diacono della Diocesi di Gorizia, ucciso il 1° settembre 1944 a Montenero d'Idria da partigiani comunisti. 

Don FRANCESCO VENTURELLI, parroco di Fossoli (Modena), ucciso il 15 gennaio 1946 perché inviso ai partigiani. 

Don GILDO VIAN, parroco di Bastia (Perugia), ucciso da partigiani comunisti il 14 luglio 1944. 

Don GIUSEPPE VIOLI, parroco di Santa Lucia di Madesano (Parma), ucciso il 31 novembre 1945 da partigiani comunisti. 

Don ANTONIO ZOLI, parroco di Morra del Villar (Cuneo), ucciso da partigiani comunisti perché durante la predica del Corpus Domini del 1944 aveva deplorato l'odio tra fratelli.

18 aprile 2015

Pace a voi! toccatemi, sono proprio io!



Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 
Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. 
Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore?

Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho».

Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 
Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?».

Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 
egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.

Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi».

Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: 
«Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme.

Di questo voi siete testimoni.

17 aprile 2015



Vivete nella fede, trasmettetela ai figli, testimoniatela nella vita,
Amate la Chiesa, vivete in essa e per essa.

Fate spazio nel cuore a tutti gli uomini, perdonatevi a vicenda,
costruite ambienti di pace ovunque siete.

Ai non credenti dico: cercate Dio, Egli sta cercando voi.

E ai sofferenti dico: abbiate fiducia, Cristo che vi ha preceduto
vi darà la forza di far fronte al dolore.

Ai giovani: spendete bene la vita, è un tesoro unico.
A tutti: la Grazia di Dio vi accompagni ogni giorno.

(S. Giovanni Paolo II)

"i "messaggi" di Maria Divina Misericordia sono ispirati dal demonio."

I FALSI MESSAGGI DI MARIA DIVINA MISERICORDIA

(Testimonianza di Padre John Abberton)

"Sono un esorcista sacerdote di 15 anni di esperienza. Ho il permesso di condividere queste cose.

Ora ho il permesso di dire queste cose. Ultimamente ho cercato di aiutare una signora che ha usato per leggere questi falsi messaggi. Questa signora è stata posseduta da molti demoni. Non posso dire quanti. Ho avuto molti incontri con lei, in presenza di un altro sacerdote e una laica che sono testimoni di quello che ho da dire.

Questa persona mi è venuta subito dopo che aveva smesso di leggere quei falsi messaggi. Il motivo si fermò era che si sentiva " spiritualmente morta "nonostante dire le preghiere raccomandate dai messaggi, tra cui il Rosario, e si rese conto che non stava crescendo nella fede ecc Si sentiva infelice di questo ed era stranamente a disagio. Non appena ha smesso è stata attaccata da un demone. Si sentiva la sua presenza e poi si rese conto che aveva bisogno di aiuto.

Quando venne da me, sembrava che ci fossero altri problemi - problemi che erano stati lì prima che lei cominciò a leggere questi messaggi. Non abbiamo ancora avuto modo di fondo di quelle.

In una sessione ho pregato in particolare contro gli spiriti che erano entrati in lei attraverso Maria Divina Misericordia . A questo ha cominciato a masturbarsi furiosamente sulla sedia ed è stato gettato sul pavimento, dove si girò intorno e ha iniziato a gridare. Come mi inginocchiai accanto a lei ho pregato contro lo spirito Jezebel - uno spirito associato con falsa profezia . Quando ho fatto questo, gli occhi delle donne lampeggiavano e mi guardavano dritto negli occhi con uno sguardo definito di rabbia. Avevamo bisogno di più sessioni. In quella che è stata consegnata di qualcosa di abbastanza "grande" e, come lei andò a casa disse: "Ora sono felice di Papa Francesco".

Capisco che quando stava leggendo i messaggi che lei ha dipinto un quadro religioso
P. John Abberton che credeva che era stato ispirato a dipingere. Lei appese in camera da letto il suo ragazzino. Dopo questo il ragazzo è stato disturbato ogni notte. I disturbi si fermarono dopo aver strappato la foto e la bruciò. Dopo che il bambino dormiva profondamente.
Queste e altre cose sono la prova conclusiva per me che i "messaggi" di Maria Divina Misericordia sono ispirati dal demonio.

Questa signora è una delle quattro persone che mi hanno contattato perché avevano problemi spirituali attraverso la lettura di questi cosiddetti messaggi. Un'altra persona mi ha detto che aveva bisogno del mio aiuto perché "sentito male", un altro mi ha detto che era stato "attaccato" quando ha deciso di smettere di leggere i messaggi.
Queste e altre cose sono la prova conclusiva per me che i "messaggi" di Maria Divina Misericordia sono ispirati dal demonio.

http://reginapacis-reginapacis.blogspot.it/2015/04/i-falsi-messaggi-di-maria-divina.html

15 aprile 2015

Malato terminale, diventerà prete


Diventerà prete domani nella sua abitazione, coronando così il suo progetto di vita, Salvatore Mellone, seminarista di Barletta, 38 anni, da tempo ammalato, ora nello stadio terminale. Ieri Salvatore ha ricevuto anche una telefonata di Papa Francesco, che secondo quanto riportato in una nota della diocesi, tra le altre cose gli ha detto che "la prima benedizione che darai da sacerdote la impartirai a me”.

Chi vorrà seguire l’ordinazione di Salvatore Mellone, informa ancora la diocesi, potrà farlo dalla Chiesa parrocchiale del SS. Crocifisso a Barletta, dove sarà trasmessa una diretta video a partire dalle 16.

Di recente Salvatore aveva chiesto aveva manifestato all'arcivescovo "il suo vivissimo desiderio di poter coronare il suo cammino vocazionale con l'ordinazione presbiterale; anche un solo giorno da presbitero sarebbe per lui la realizzazione del progetto di Dio sulla sua persona".

Ecco la lettera che l'arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie, monsignor Giovan Battista Pichierri, ha inviato al clero e alla comunità diocesana per rendere nota la sua decisione:

«Col cuore profondamente commosso e lancinato comunico che il seminarista Salvatore Mellone, della Parrocchia del SS. Crocifisso di Barletta, alunno del Seminario regionale di Molfetta, per una grave malattia è in uno stadio terminale. Mi ha manifestato il suo vivissimo desiderio di poter coronare il suo cammino vocazionale con l'ordinazione presbiterale; anche un solo giorno da presbitero sarebbe per lui la realizzazione del progetto di Dio sulla sua persona. Salvatore, anche nella malattia, ha vissuto intensamente la sua preparazione al sacerdozio, per cui ritengo opportuno, nell'esercizio dei miei diritti e doveri di arcivescovo, di ordinarlo presbitero, per dare gloria alla SS. Trinità e per l'edificazione del nostro presbiterio e del popolo di Dio. Ho consultato previamente la Congregazione del Clero che ha confermato il mio proposito di procedere all'ordinazione presbiterale; anche il Rettore del Seminario Regionale di Molfetta ha dato il suo parere favorevole in merito; e i presbiteri diocesani che ho potuto sentire mi hanno confortato con il loro beneplacito. Salvatore riceverà i ministeri del Lettorato e dell'Accolitato il 14 del c.m. ore 16,00, l'ordine sacro del Diaconato il giorno successivo e il 16 aprile il Presbiterato sempre alle ore 16,00, nel corso di celebrazioni eucaristiche nella propria abitazione. Grati al Signore per questa testimonianza di fede e di amore, vissuta da Salvatore nella sofferenza unita al sacrificio redentore di Gesù Cristo sommo sacerdote, vi invito ad unirvi alla mia preghiera per il neo ordinando, accettando il misterioso disegno di Dio a noi non sempre comprensibile".

Avvenire

13 aprile 2015

Perché Gesù era sicuramente celibe

Single per vocazione o come scelta di astinenza sessuale?




Nel 1970 l'importante editore Harper & Row di New York pubblicò un libro che suscitò forti reazioni, così come qualche eco ebbe nel 2012 la scoperta di un tardo (IV sec.) frammento copto, per altro non perspicuo, nel quale sembrava che Cristo si rivolgesse a un'ipotetica “moglie”, Ora, il tema di quel volume era chiaro già nel titolo: Was Jesus married?, cioè “Gesù era sposato?”. L'autore, il teologo protestante William E. Phipps (non poteva che essere un protestante!), partendo da un'ampia documentazione biblica e rabbinica, sosteneva che la descrizione tradizionale di un Gesù celibe era frutto solo di una successiva creazione teologica cristiana, dominata da un'idea distorta del sesso (il sottotitolo, infatti, suonava così: The Distortion of Sexuality in the Christian Tradition). A suo avviso, il silenzio del Nuovo Testamento sul matrimonio di Gesù nasceva dal fatto che si dava per scontato che egli fosse sposato, come facevano tutti i maestri giudaici di quel tempo, per i quali il celibato sarebbe stato impensabile e disonorevole.

Diciamo subito che questo argomento ex silentio, come si è soliti dire, è di sua natura ambiguo e può essere ritorto facilmente contro chi lo usa. Infatti, considerata la sorprendente loquacità dei vangeli sulla famiglia d'origine di Gesù, compresi i “fratelli e sorelle”, e sulle donne che lo accompagnavano nel suo ministero pubblico, il silenzio totale su un'eventuale moglie e sui figli ha solo una semplice e ovvia spiegazione. Non ci sono mai stati! Inoltre, argomentare sulla base del fatto che tutti i rabbini del tempo erano regolamente coniugati non è così decisivo per assegnare una moglie a Gesù. E questo per almeno due ragioni.

La prima è di ordine generale e si fonda sul cosiddetto “criterio storico della discontinuità”. Come abbiamo già avuto occasione di dire, Gesù fu certamente uomo del suo tempo, incarnato in una società e in una cultura, in continuità con l'ebraismo a cui apparteneva, ma non al punto da essere un puro e semplice rabbì giudaico, come tenta di proporre una certa rilettura ebraica contemporanea della figura di Cristo. Dopo tutto, non sarebbe stato così aspramente contestato dalle autorità giudaiche di allora, né condannato a morte dal Sinedrio per bestemmia, se fosse stato così tanto ebreo.

La seconda ragione è, invece, più specifica e documentaria. Il giudaismo del I secolo era meno omogeneo e monocromatico di quanto solitamente si immagina. Basta solo rimandare agli Esseni, la corrente giudaica attestata anche a Qumran sul Mar Morto, ove appunto vennero alla luce nel 1947 i documenti di quella comunità. Ebbene, tre testimoni autorevoli e differenti tra loro come lo storico latino Plinio il Vecchio, lo storico ebreo palestinese Giuseppe Flavio e il filosofo ebreo della diaspora ebraica di Alessandria d'Egitto Filone convergono nell'affermare che molti Esseni, se non tutti, erano celibi. Citiamo solo Plinio che nella sua Storia naturale li descrive come “persone che vivono in disparte, senza alcuna donna, avendo rinunciato a ogni amore sessuale […], una razza eterna in cui nessuno nasce” (V,73,1-3). Le motivazioni di questa scelta sono date dagli altri due autori ebrei, Giuseppe Flavio e Filone, e sono varie, di taglio spirituale e teologico (in preparazione all'incontro pieno con Dio), ma anche cultico (purità sacerdotale dell'intera comunità per offrire un culto angelico in un tempio vivente). Non dobbiamo però dimenticare che anche nell'Antico Testamento appare una grande figura di celibe, Geremia, che è costretto da Dio al celibato come segno profetico della fine della vita del popolo ebraico peccatore (16,1-4). Ma è curioso segnalare che nel citato Filone e in altri testi giudaici si fa strada persino l'idea di un Mosè celibe, almeno nella cornice del Sinai, in una solitudine e in un distacco assoluto, illuminato solo dalla presenza divina. Anche Giovanni Battista vive in solitudine nel deserto e a raccogliere il suo cadavere per la sepoltura ci sono solo i discepoli (Mc 6,29) e sappiamo quanto quest'obbligo della sepoltura fosse fondamentale nel giudaismo per moglie e figli del defunto. Anzi, il Talmud ci attesta l'esistenza di un rabbì, Simeon ben Azzai, che giustificava così il suo celibato: “La mia anima è innamorata della Torah. Il mondo può essere portato avanti da altri”.

Questa frase ci permette di inoltrarci nel tema del celibato di Gesù, vedendolo cioè come vocazionale e non come puro e semplice dato anagrafico o mera scelta di astinenza sessuale, diversificandosi in questo da altri celibi pagani di quel secolo, come il filosofo stoico Epitteto e il mistico pitagorico itinerante Apollonio di Tiana, o i vari maestri ambulanti di filosofia cinica. Detto in altri termini, Gesù scelse il celibato non solo per evitare noie e fastidi della vita quotidiana familiare così da essere libero per il suo ministero pubblico, come un po' fa balenare per sé e per i cristiani di Corinto Paolo quando scrive: “Io vorrei vedervi senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come piacere al Signore; lo sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come piacere alla moglie, e si trova diviso!” (1Cor 7,32-34).

Quale era, allora, la motivazione che reggeva la scelta “vocazionale” celibataria di Gesù? Ci possono essere ragioni sottintese nei vangeli, stimolate anche dalla stessa teologia essena. Ragioni di tipo escatologico (cioè basate sulla tensione verso la pienezza finale della storia), sul modello di quella da lui affermata nella controversia con i sadducei sulla risurrezione dei morti: “Nella risurrezione non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli di Dio in cielo” (Mt 22,30). Meno probabili sono ragioni di tipo cultico, cioè di purità rituale, che pure occhieggiano nel contesto escatologico dell'Apocallise: “Questi sono coloro che non si sono contaminati con donne; sono, infatti, vergini” (14,4). In realtà, il riferimento primario dev'essere, invece, cercato in una famosa frase che Gesù pronunzia nel contesto del dibattito sul matrimonio e sul divorzio: “Vi sono eunuchi che nacquero così dal seno della madre, e vi sono eunuchi i quali furono resi tali dagli uomini, e vi sono eunuchi che si resero tali da sé per il [o in vista del] regno dei cieli” (Mt 19,12).

Certo, è possibile che questa frase sia stata messa in bocca a Gesù dall'evangelista per giustificare il celibato religioso volontario praticato da alcuni membri della Chiesa delle origini. Tuttavia è un dato di fatto che “eunuco” ed “evirare” non ricorrono mai in Matteo e il verbo è del tutto assente nell'intero Nuovo Testamento. Si tratta, quindi, di qualcosa di sorprendente e originale, che Matteo ha ereditato da un'antica tradizione orale a lui precedente, per di più in un contesto connesso al tema antitetico del matrimonio. L'immagine del celibe religioso come quella di uno che si evira per il regno dei cieli è violenta e sconvolgente e non può che risalire all'autorità e alla libertà del Gesù storico, spesso non convenzionale e provocatorio nel suo linguaggio (è quello che gli studiosi della storicità dei vangeli usano definire il “criterio dell'imbarazzo”).
Da questa frase così unica (mai essa appare nelle descrizioni del celibato degli autori contemporanei a Gesù) emerge chiaramente il senso ultimo della scelta di Cristo. Essa nasce da una dedizione totale, assoluta ed esclusiva alla predicazione e all'attuazione del regno di Dio. Il celibato cristiano non è fondato su motivi rituali e neppure sull'attesa di un'imminente apocalisse, con la relativa fine del mondo. E' invece una consacrazione di sé, di tutto il proprio tempo, delle energie e dei pensieri, dell'affetto e dell'amore personale all'impegno del regno di Dio, cioè al progetto divino di pienezza e di pace, di redenzione e di salvezza nei confronti della storia umana. Come scrive uno dei più eminenti esegeti americani, il già citato John P. Meier, il Gesù storico “interpretò il suo celibato come conseguenza di una missione profetica totalizzante nei confronti di Israele”.

In questa linea è da concepire anche la teologia della verginità offerta da san Paolo nel citato capitolo 7 della prima lettera ai Corinzi. Al di là di una diversa formulazione esteriore, legata al contesto in cui l'Apostolo scrive (quello di Corinto, città “erotizzata”) e alla sua personale sensibilità, anche in quella pagina la verginità è vista alla luce del regno di Dio. In una società così depravata, ottusa ed egoista (l'antica Corinto era simile alle nostre città e allo standard di vita contemporaneo), la verginità diventa un segno provocatorio. Non è l'esaltazione di uno stato civile, né di una situazione fisiologica, bensì è agli occhi di Paolo espressione di dedizione assoluta al regno di Dio, all'amore del prossimo, alla libera donazione di sé.
L'Apostolo riconosce che matrimonio e verginità sono entrambi “carismi” (1Cor 7,7), ma la seconda è il segno dello stato ultimo dell'umanià, quando – come si è visto nel dibattito di Gesù con i sadducei – non ci saranno più legami limitati, ma ci sarà un cuor solo e una vita sola in Dio. In un certo senso, anche i coniugi cristiani dovrebbero avere nella loro esistenza matrimoniale un seme di verginità, intesa non come mera astinenza sessuale, ma come desiderio di donazione pura e assoluta per il regno di Dio e la sua giustizia. Così considerati, celibato e verginità non si oppongono al matrimonio. Dopo tutto, Simon Pietro fu sposato, e lo furono prima i profeti e tanti personaggi come lo stesso Giuseppe, padre legale di Gesù. Questi ebbe lo statuto di sposo di Maria, chiamata “sua sposa” (Mt 1,19.20.24); tuttavia, proprio in Giuseppe e Maria s'intrecciano verginità e nuzialità, secondo un modello unico, ideale e perfetto.

Una nota a margine: lo studioso Phipps, da cui siamo partiti, pur argomentando inizialmente in modo legittimo, anche se a nostro avviso discutibile (come abbiamo dimostrato), nel prosieguo del suo libro si lascia tentare dal romanzesco, come è accaduto ad altri autori. Secondo lui, Gesù sposò Maria Maddalena che divenne adultera, anche se suo marito le rimase sempre fedele e innamorato. Infatti, invece di divorziare da lei, la riportò a sé, facendola pentire del suo tradimento. Fu sulla base di questa esperienza che Gesù si convinse che si deve combattere il divorzio. E così via, di fantasia in fantasia (Phipps ci informa persino che Gesù sposò Maria di Magdala prima dei vent'anni!). Il suo è uno dei tanti esempi di una ricerca sulla figura del Gesù storico condotta con apparente libertà da vincoli confessionali e da condizionamenti esternie e che, invece, si rivela affidata a preconcetti personali ben più coartati e devianti. Comme ammoniva Robert Musil (1880-1942) nel suo famoso romanzo L'uomo senza qualità, “non è vero che il ricercatore genuino insegue la verità, è la verità che insegue l'autentico ricercatore”.

[Tratto da Gianfranco Ravasi, “Incontrare il Maestro. Ma voi chi dite che io sia?” (Edizioni San Paolo)]

11 aprile 2015

Megachiese, Bibbia e fatturato E il fedele diventa un cliente

Usa, dilaga la «religione della prosperità» con celebrazioni di massa

NEL TEMPIO SENZA CROCI DI JOEL OSTEEN: 600 DIPENDENTI E UN MUTUO DI 95 MILIONI DI DOLLARI. IL RITO È UNO SHOW CURATO DA UNA REGIA MOLTO PROFESSIONALE

DAL NOSTRO INVIATO HOUSTON (Texas) - Quattordicimila persone cantano e ondeggiano al ritmo di un rock cristiano coinvolgente, eseguito con grande perizia da una band che emerge dietro il podio, sollevata da una pedana mobile. Ai lati del palcoscenico il tocco «new age» di due cascate d' acqua, tra rocce e piante verdissime. Sul soffitto e dietro il palcoscenico viene proiettato un cielo azzurro, attraversato da poche nuvole bianche. Le telecamere che volano sulla platea, montate su lunghi bracci meccanici, trasmettono le immagini della cerimonia sui megaschermi dell' arena, nelle case di milioni di americani e in giro per il mondo. Joel Osteen, il pastore che ogni fine settimana riceve oltre 35 mila fedeli nella sua megachiesa, la più grande d' America, sale sul palco accompagnato dalla moglie, la biondissima Victoria. Insieme pregano e ringraziano Dio con i pugni stretti e gli occhi chiusi, ma poi il sermone di Joel diventa un discorso rassicurante che fa appello ai buoni sentimenti: invita gli uomini a essere padri diligenti e mariti coscienziosi («tratta tua moglie come una regina e ti sentirai un re»), promette l' aiuto di un Dio vicino, pronto ad aiutarci anche nelle piccole cose: a trovare un parcheggio o a superare il risentimento per il continuo aumento del prezzo della benzina. Il pastore parla ai fedeli anche di Cristo e del suo sacrificio, ma nel tempio non ci sono croci. «Come simbolo di pace, unità e amore abbiamo preferito un grande globo che rappresenta il nostro mondo» mi spiega Osteen al termine della funzione religiosa. E in effetti lo sfondo del sermone di Osteen - un sapiente cocktail di preghiera, predicazione, battute, racconti di vita vissuta, informazioni sui servizi offerti dalla congregazione - è dominato da un enorme mappamondo dorato. Il rito, uno spettacolo gradevole governato da una regìa molto professionale, non ha niente a che vedere con una messa, ma è anche lontano dallo stile gridato di molti telepredicatori. Negli Stati Uniti il fenomeno della religione trasmessa in diretta tv e celebrata davanti a vaste platee è in piena espansione. Le megachiese (quelle che ospitano abitualmente oltre duemila fedeli), che trent' anni fa erano poche decine, si sono moltiplicate negli ultimi cinque anni: oggi sono oltre 1.200 (diffuse soprattutto nel Sud e nel West americano) e le loro dimensioni continuano a crescere. «È un fenomeno che si autoalimenta: questi luoghi diventano come dei magneti» spiega Scott Thumma dell' Hartford Institute for Religion Research, l' autore dello studio più recente sulla materia. La gente ha la sensazione che in un posto grande succederà qualcosa di grande, ma ad attrarre sono anche la coreografia, la musica, i servizi offerti da queste megastrutture, oltre ai sermoni di pastori che sono ormai delle vere e proprie star. Un fenomeno che è diventato anche un enorme business. E la cosa non imbarazza affatto i pastori, molti dei quali sono anche amministratori delegati delle rispettive chiese-aziende, abituati a predicare una «religione della prosperità» chiamata da chi li critica «cristianesimo light». Ma per i predicatori-manager religione e business sono una cosa sola perché la ricchezza (secondo l' etica protestante) è una benedizione: «Dio vi vuole winner not whiner (vincenti, non piagnucolosi)» scandisce al microfono Osteen e la platea risponde con un' ovazione. Che si tratti di personaggi spregiudicati o di veri uomini di chiesa che credono nella loro missione, ma anche nella legittimità di un (pingue) guadagno, tutti questi pastori devono essere in primo luogo dei buoni amministratori, perché gestiscono aziende che fatturano decine di milioni di dollari. La Lakewood Church di Joel Osteen, ad esempio, ha 600 dipendenti e un mutuo di 95 milioni di dollari da onorare. Qualche anno fa, quando la vecchia sede da 7.000 posti divenne troppo piccola, il predicatore fece una scommessa: rilevò il palazzo dello sport appena lasciato dai Rockets (la squadra di basket Nba di Houston) e investì un fiume di denaro nella sua ristrutturazione. Molti accusano Osteen di vivere da ricco, ma nei bilanci della congregazione non è stato trovato nulla di irregolare. Assai attento all' immagine, non ha mai sfruttato la tv per chiedere soldi (gli bastano le offerte che arrivano in chiesa o via Internet e gli incassi del supermarket religioso di Lakewood) e ha rinunciato da tempo allo stipendio di 200 mila dollari l' anno. Non un grande sforzo, visto che il primo libro che ha scritto, «Your best life now», ha venduto 4 milioni di copie, garantendogli guadagni milionari. Per quello di prossima pubblicazione gli editori americani si sono sfidati in una vera e propria asta. Se anche avrà lo stesso successo, Osteen incasserà 14 milioni di dollari, polverizzando i record di «My Life» di Bill Clinton e di Giovanni Paolo II. Qualche miglio più in là sorge la Second Baptist Church di Edwin Young, altro celebre telepredicatore. Immersa nel verde di una delle zone residenziali più esclusive della metropoli texana, anche questa megachiesa, frequentata soprattutto da bianchi benestanti, riceve migliaia di fedeli ogni settimana, ma è anche una specie di club. Ci sono aree ricreative per i bambini, ristoranti, campi da tennis e da baseball, sale per concerti e una palestra: la chiesa offre a chi fa ginnastica un iPod con musica classica, rock, soul, canti religiosi o sermoni. Anche qui niente croci, niente messaggi che possono spaventare: solo parole rasserenanti. E grande attenzione a «soddisfare il cliente» con un occhio alla Bibbia e l' altro al fatturato. Chi ha occhi quasi solo per la seconda parte di questa equazione è Creflo Dollar (è il suo vero cognome) vulcanico pastore nero della World Changers Church di Atlanta. Creflo scherza volentieri durante i sermoni sul suo nome e ama ostentare la sua ricchezza: gira in Rolls Royce e ha due jet. Ogni settimana tiene il sermone del sabato sera a New York e quello della domenica ad Atlanta. La cerimonia a volte è preceduta da una illustrazione della situazione finanziaria della chiesa con tanto di proiezione di grafici e tabelle. Il pastore spiega che «fede e ricchezza sono inevitabilmente interconnesse: è la teologia della prosperità». Quello di Dollar è il caso estremo di un fenomeno che va comunque preso sul serio. La religione-spettacolo e i messaggi ipersemplificati di queste chiese sono lontani dall' ortodossia, ma producono cultura popolare e attirano le masse. In un mondo in cui tutti inseguono i consumatori, questi pastori applicano tecniche avanzate di marketing e puntano alla customer satisfaction, convinti che la competizione aiuti a migliorare anche l' «offerta» religiosa. Arrivando una domenica a Houston non è difficile capire perché la destra religiosa americana è molto più liberista e «mercatista» di quella europea. 1.200 * * * Le megachiese (cioè quelle che ospitano abitualmente oltre 2.000 fedeli) negli Stati Uniti 35.000 * * * I fedeli accolti ogni fine settimana dalla chiesa più grande d' America: quella del pastore Joel Osteen Le cerimonie e il business IL FENOMENO Negli Stati Uniti è in piena espansione il fenomeno delle megachiese: i pastori celebrano davanti a vaste platee riti spettacolari che vengono trasmessi anche in tv. Il messaggio che si comunica è sempre molto semplice e rassicurante GLI AFFARI Le megachiese sono spesso gestite come vere e proprie aziende che fatturano decine (in qualche caso centinaia) di milioni di dollari

Gaggi Massimo

fonte: Corriere della Sera