31 gennaio 2016

"Idolatri e ribelli i cristiani fermi al "si è fatto sempre così"

I cristiani fermi al “si è fatto sempre così” hanno un cuore chiuso alle sorprese dello Spirito Santo e non arriveranno mai alla pienezza della verità perché sono idolatri e ribelli: è quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta.

Aprire il cuore alla novità dello Spirito Santo
Nella prima lettura Saul viene rigettato da Dio come re d’Israele perché preferisce ascoltare il popolo più che la volontà del Signore e disobbedisce. Il popolo, dopo una vittoria in battaglia, voleva compiere un sacrificio a Dio con i migliori capi di bestiame perché, dice, “sempre si è fatto così”. Ma Dio, stavolta, non voleva. Il profeta Samuele rimprovera Saul: “Il Signore gradisce, forse, gli olocausti e i sacrifici quanto l’obbedienza alla voce del Signore?”. “Lo stesso – osserva Papa Francesco - ci insegna Gesù nel Vangelo”: i dottori della legge gli rimproverano che i suoi discepoli non digiunano come finora si era sempre fatto. E Gesù risponde “con questo principio di vita”: “Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore; e nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!”.
“Cosa significa questo? Che cambia la legge? No! Che la legge è al servizio dell’uomo che è al servizio di Dio e per questo l’uomo deve avere il cuore aperto. Il ‘sempre è stato fatto così’ è cuore chiuso e Gesù ci ha detto: ‘Vi invierò lo Spirito Santo e Lui vi condurrà fino alla piena verità’. Se tu hai il cuore chiuso alla novità dello Spirito, mai arriverai alla piena verità! E la tua vita cristiana sarà una vita metà e metà, una vita rattoppata, rammendata di cose nuove, ma su una struttura che non è aperta alla voce del Signore.  Un cuore chiuso, perché non sei capace di cambiare gli otri”.
Cristiani ostinati e ribelli
“Questo – sottolinea il Papa - è stato il peccato del re Saul, per il quale è stato rigettato. E’ il peccato di tanti cristiani che si aggrappano a quello che sempre è stato fatto e non lasciano cambiare gli otri. E finiscono con una vita a metà, rattoppata, rammendata, senza senso”. Il peccato “è un cuore chiuso” che “non ascolta la voce del Signore, che non è aperto alla novità del Signore, allo Spirito che sempre ci sorprende”. La ribellione – dice Samuele – è “peccato di divinazione” l’ostinazione è idolatria:
“I cristiani ostinati nel ‘sempre è stato fatto così’, 'questo è il cammino, questa è la strada', peccano: peccano di divinazione. E’ come se andassero dalla indovina: ‘E’ più importante quello che è stato detto e che non cambia; quello che sento io – da me e dal mio cuore chiuso – che la Parola del Signore’. E’ anche peccato di idolatria l’ostinazione: il cristiano che si ostina, pecca! Pecca di idolatria. ‘E qual è la strada, Padre?’: aprire il cuore allo Spirito Santo, discernere qual è la volontà di Dio”.
Abitudini che devono rinnovarsi
“Era abitudine al tempo di Gesù - afferma ancora il Papa - che i bravi israeliti digiunassero. Ma c’è un’altra realtà: c’è lo Spirito Santo che ci conduce alla verità piena. E per questo Lui ha bisogno di cuori aperti, di cuori che non siano ostinati nel peccato di idolatria di se stessi, perché è più importante quello che io penso che quella sorpresa dello Spirito Santo”:
“Questo è il messaggio che oggi ci dà la Chiesa. Questo è quello che Gesù dice tanto forte: ‘Vino nuovo in otri nuovi’. Alle novità dello Spirito, alle sorprese di Dio anche le abitudini devono rinnovarsi. Che il Signore ci dia la grazia di un cuore aperto, di un cuore aperto alla voce dello Spirito, che sappia discernere quello che non deve cambiare più, perché fondamento, da quello che deve cambiare per poter ricevere la novità dello Spirito Santo”.

"Iezabèle, la donna che si spaccia per profetessa e insegna e seduce i miei servi"

Così parla il Figlio di Dio, Colui che ha gli occhi fiammeggianti come fuoco e i piedi simili a bronzo splendente. Conosco le tue opere, la carità, la fede, il servizio e la costanza e so che le tue ultime opere sono migliori delle prime. Ma ho da rimproverarti che lasci fare a Iezabèle, la donna che si spaccia per profetessa e insegna e seduce i miei servi inducendoli a darsi alla fornicazione e a mangiare carni immolate agli idoli. Io le ho dato tempo per ravvedersi, ma essa non si vuol ravvedere dalla sua dissolutezza. Ebbene, io getterò lei in un letto di dolore e coloro che commettono adulterio con lei in una grande tribolazione, se non si ravvederanno dalle opere che ha loro insegnato. Colpirò a morte i suoi figli e tutte le Chiese sapranno che io sono Colui che scruta gli affetti e i pensieri degli uomini, e darò a ciascuno di voi secondo le proprie opere. A voi di Tiàtira invece che non seguite questa dottrina, che non avete conosciuto le profondità di satana - come le chiamano - non imporrò altri pesi; ma quello che possedete tenetelo saldo fino al mio ritorno. Al vincitore che persevera sino alla fine nelle mie opere, darò autorità sopra le nazioni;
le pascolerà con bastone di ferro e le frantumerà come vasi di terracotta, con la stessa autorità che a me fu data dal Padre mio e darò a lui la stella del mattino. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese. (Ap. 2,18-29)

Abusi riguardo Medjugorie

Da sito ufficiale della Diocesi di Mostar


IN OCCASIONE DELLA VISITA DEL CARD. SCHÖNBORN A MEDJUGORJE
Vescovo, 2010-01-02
Dichiarazione
                         
      Siccome i mass media hanno annunciato ed accompagnato il soggiorno e la pubblica comparsa del card. Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, a Medjugorje, il che ha suscitato un'impressione errata che il Cardinale con la sua presenza abbia riconosciuto l'autenticità delle „apparizioni“ di Medjugorje, ritengo mio dovere, in qualità di vescovo diocesano, di fornire alcune informazioni ai fedeli, con l'osservazione che ho già inviato al Cardinale una lettera personale dal contenuto simile.
      1 - Innanzi tutto alcuni mass-media hanno diffuso la notizia che il 15 settembre 2009 nel duomo di S. Stefano a Vienna, alla presenza di Sua Em.za il card. Schönborn, ha avuto luogo un incontro a cui ha partecipato anche Marija Pavlović-Lunetti, “veggente” quotidiana, che, con la consueta “apparizione” ha testimoniato come le “apparizioni” giornaliere dal giugno 1981 hanno influito sul cambiamento della sua vita. In tale occasione il Cardinale in un discorso ha ribadito: “E’ un grande dono che la Madre di Dio vuole essere così vicina ai suoi figli! Questo lei l’ha mostrato in tanti luoghi del mondo. E già da anni e anni lo dimostra in una maniera del tutto speciale vicina a Medjugorje”.
      2 - Poi il Kath. net. di Vienna, del 13 novembre 2009, ha annunciato: “L’Arcivescovo di Vienna alla fine dell’anno visiterà il noto santuario mariano – Visita alla parrocchia e alla comunità Cenacolo. Ci dovrebbe essere anche un incontro col vescovo del luogo e i critici di Medjugorje”. Questa Curia diocesana non ne era informata né dall’ufficio dell’Arcivescovo né dall’ufficio parrocchiale di Medjugorje.
      3 - La Catholic news agency ha pubblicato il 16 novembre la notizia: il card. Christoph Schönborn visiterà Medjugorje, un piccolo luogo nella Bosnia ed Erzegovina, dove sei giovani erano testimoni delle presunte apparizioni della Vergine Maria. Ma secondo l’Arcidiocesi di Vienna, la visita è del “tutto privata” e non implica la dichiarazione del Cardinale sulla veridicità delle apparizioni. Si è supposto che questa sarebbe stata una visita completamente privata, non si è supposto che si sarebbe pubblicato “su internet”, ha spiegato p. Johannes Fürnkranz, segretario del Cardinale.
      4 - Il 29 dicembre il card. Schönborn è arrivato a Medjugorje. I mass media lo accompagnano anche il giorno dopo e così alcuni giorni. Le notizie affermano che egli ha tenuto un discorso nella chiesa di S. Giacomo apostolo e, rilevando la misericordia del Padre, ha detto: „Chi potrebbe mettere in moto queste cose? Chi potrebbe inventarlo? Un uomo? No, questo non è un'opera umana“.
      I giornalisti trasmettono il 31 dicembre: „Mentre alcuni si aspettavano che la visita del Cardinale a Medjugorje sarebbe stata privata, egli però ha sorpreso il luogo mostrandosi molto visibile. Ha passato il tempo celebrando la Messa nella chiesa di San Giacomo, salendo al colle delle apparizioni con la veggente Marija Lunetti, pregando nel silenzio nell’adorazione, e forse la cosa più significativa, tenendo il suo discorso nella chiesa parrocchiale accompagnato dai francescani.“
      5 - In tutto questo, devo riconoscere di essere rimasto personalmente, come vescovo diocesano della Diocesi di Mostar-Duvno, non poco sorpreso. Comprendo che il Cardinale della Santa Chiesa Romana gode della facoltà di confessare e di predicare il Vangelo in tutta la Chiesa Cattolica. Ma riguardo alle pubbliche comparse fuori della propria Diocesi esiste anche tra noi vescovi un certo galateo ecclesiastico: il vescovo o il cardinale che intende venire in un’altra Diocesi e comparire pubblicamente, si annuncia in primo luogo al vescovo locale, fatto suggerito anche dalla prudenza ecclesiale. Ritengo che tale prudenza ecclesiale e tale regola solita dovevano essere applicati specialmente in questo caso.
      6 - Sono sorpreso perché dall’ufficio del card.Schönborn fino alla pubblicazione di questa dichiarazione non si è annunciato nessuno e suppongo che al Cardinale sia noto l'atteggiamento della Chiesa su Medjugorje, atteggiamento basato sulle indagini commissionali e sulle conclusioni che non si può affermare che si tratti di „apparizioni o rivelazioni soprannaturali“. La sua visita al Cenacolo cioè a suor Elvira, la quale, obiter dicendo, come religiosa non ha il permesso di dimorare ed operare nel territorio di questa Diocesi, si potrebbe interpretare anche come appoggio a lei. E non solo a lei, ma anche ad un cospicuo numero di nuove comunità e associazioni di fedeli disobbedienti, dimoranti a Medjugorje, che nella visita del Cardinale possono leggere un incoraggiamento per la loro disobbedienza ecclesiastica.
      7 - In qualità di vescovo diocesano adduco, e ripeto, alcuni fatti dolorosi:
      - Innanzi tutto rilevo l’increscioso „caso erzegovinese“ sulle parrocchie il quale si lega al “fenomeno di Medjugorje“: sin dall’inizio l'apparsa figura di Medjugorje si è schierata decisamente dalla parte di alcuni francescani allora disobbedienti - uno di loro ha lasciato più tardi sia l'Ordine che il sacerdozio - accusando il vescovo diocesano d'allora per il disordine.
      - Abbiamo ora nel territorio della Diocesi nove ex-francescani, dimessi dai loro superiori dall'Ordine dei frati minori, e la Santa Sede ne ha confermato la dimissione. Sebbene sospesi a divinis, essi si comportano nelle parrocchie usurpate come sacerdoti legali. Mentre la presunta figura di Medjugorje dà risposte alle domande più banali dei curiosi, non se ne sente mai una parola contro i gravi abusi che colpiscono l'unità di questa Chiesa locale.
      - Abbiamo avuto un’esperienza tragica, nel 2001: certi francescani, allora alcuni già dimessi dall'Ordine ed altri non ancora dimessi, hanno invitato un diacono veterocattolico che si presentava come „Arcivescovo“ e nelle parrocchie usurpate ha „cresimato“ oltre 700 giovani. Tutto invalidamente e sacrilegamente, celebrando anche invalidamente, come diacono, la messa in alcune parrocchie. L'apparsa di Medjugorje non menziona nemmeno tale abuso del sacramento dello Spirito Santo e dell’Eucaristia!
      - Abbiamo avuto un altro fatto triste: due di tali sacerdoti sono andati da un vescovo veterocattolico in Svizzera con la richiesta di essere ordinati vescovi, per separarsi sia da Mostar che da Roma, per fare uno scisma formale, il che il vescovo veterocattolico ha declinato.
      - Abbiamo avuto due speciali carismatici promotori ed ideatori del „fenomeno di Medjugorje“, disobbedienti di spicco, Tomislav Vlašić, il quale è stato dimesso dall’OFM l'anno scorso e la Santa Sede l'ha sciolto, su sua richiesta, da ogni ufficio ed obbligo sacerdotale; e fra Jozo Zovko, privo di ogni esercizio sacerdotale nel territorio di questa Diocesi dal 2004, il quale, secondo le notizie dei giornali, è stato ritirato dai suoi superiori religiosi dal territorio dell'Erzegovina, e al quale è stato vietato ogni contatto con Medjugorje.
      8 - Il Cardinale rimane entusiasmato dalle tante confessioni a Medjugorje, dove si manifesta la misericordia del Padre. Noi crediamo che la misericordia del Padre celeste ugualmente si manifesta sia a Medjugorje che e in ogni parrocchia di questa Diocesi, sia prima che dopo il fenomeno di Medjugorje. Basta vedere le lunghe file di fedeli davanti ai confessionali in tutte le parrocchie, specialmente per il Natale, per la Pasqua, per le Feste o per le Cresime. Molti dicono che tali confessioni a Medjugorje siano una forte prova che la Gospa „appare“. Secondo tale conclusione sulle numerose confessioni, la Gospa apparirebbe in tutte le nostre parrocchie e non solo a quelle tre persone alle quali appare una volta all'anno a Medjugorje e alle altre tre ogni giorno, del resto per lo più fuori Medjugorje, ed anche nel duomo di Vienna, come dicono. In totale finora: circa 40.000 “apparizioni”! Anzi, si ha l’impressione che alcuni “veggenti” determinano dove e quando la Gospa “apparirà”, poiché appare dove e quando loro vogliono. Non è questa una inammissibile manipolazione con la Gospa e con il Sacro in genere?
      Come vescovo diocesano con la presente dichiarazione voglio informare i fedeli che la visita del card. Christoph Schönborn non significa alcun riconoscimento dell’autenticità delle “apparizioni” legate a Medjugorje. Mi rincresce che il Cardinale con la sua visita, comparsa e dichiarazioni abbia aggiunto alle presenti sofferenze della Chiesa locale ancor altre nuove che non contribuiscono alla sua pace ed unità tanto necessaria. 
Ratko Perić, vescovo



La statua che "miracolosamente" si illuminò e per la quale una veggente ci vide un "segno di speranza".
Della statua poi se ne sono perse le tracce

30 gennaio 2016

Mi piace.... non mi piace più

In un post di oltre due anni fa già si era scritto in proposto ai mi piace e a chi minaccia o invita a toglierlo a questa pagina.
Poi che anche oggi ci etichetta come protestanti? Si è risposto già allora.




Mi piace" aggiunto alla Pagina · 30 settembre 2013 alle ore 14:00 

MI PIACE, NON MI PIACE PIU' 
VERAMENTE COMICO CHI POI SE NE VA DICENDO CHE SIAMO PROTESTANTI Emoticon smile Emoticon smile , DI SOLITO QUESTI ULTIMI PENSANO DI NOI CHE SIAMO DEGLI INGUARIBILI IDOLATRI...  Emoticon smile Emoticon smile  
Per l'ennesima volta, c'è stato chi non soddisfatto di ciò che scriviamo, ci ha comunicato di togliere il "mi piace" alla nostra pagina. 
Chiariamo che noi non siamo qui a fare una raccolta di "mi piace", un gara per vincere non si sa bene cosa. 
Non abbiamo mai chiesto di mettere il "mi piace" alla nostra pagina come fanno altri che vanno elemosinando "mi piace", come vedete nell'immagine. 
Questo proprio non ci interessa. Siamo qui, con tutti i nostri limiti, per farvi conoscere gli inganni di chi vuole rubarvi la fede. 
Quindi è inutile che ci si viene a "minacciare" o a "comunicare" di togliere il "mi piace" invitando anche i propri amici a farlo, perché non vi assecondiamo con risposte che piacerebbe sentire 
Non rinunciamo a dire quella che per noi è la Verità,Non rinunciamo a denunciare le menzogne, gli imbrogli solo per mantenere o conquistare qualche mi piace. 
La corsa ai "mi piace" facebook la lasciamo ad altri,a noi ci interessa il "mi piace", che ci vorrà dare il nostro Signore Cristo Gesù.

Secondo natura...

Secondo la natura non è possibile che due mamme senza aiuto esterno possano avere dei figli, quindi che vi piaccia o no i vostri figli hanno anche i relativi papà. C'è poco da raccontare se non il fatto che avete privato i vostri figli dei loro papà

Quale Onore!

Il tutto detto da chi con petulanza non faceva altro che chiedermi e non disdegnando affatto di fare copiaincolla da quanto scrivevo... Emoticon grin Emoticon grin
Poi le cose sono cambiate e ora dice di credere nella Chiesa Santa e Apostolica che in effetti non si sa bene quale sia visto che condivide da un sito il cui nome è già tutto in programma: "BERGOGLIONATE"

E ancora insiste

Un noto don facebookiano invita a togliere il fatidico "mi piace" da questa pagina: Se volete fate pure. Come più volte specificato anche facendo post, non siamo a caccia dei fatidici "mi piace" che tra l'altro tante pagine si comprano.
Detto don è offeso perché abbiamo scritto che alle tre di notte passa il tempo a inviare idiozie a mezzo mail? perché non è forse vero?
Perché quelle come da immagine voi come le definite?
Ovviamente mai affermato che si può baciare il corano, la sua mail è solo la conseguenza di essere intervenuto nel diario di detto don solo nel tentativo di far placare il casino che ti aveva aizzato a sera del Sabato Santo di un paio di anni fa: una cosa veramente indecente per un sacerdote.
Poi se si sente toccato da questi nostri recenti post dove neanche è nominato, alcuni dei quali sono citazioni dalle Scritture, è solo che un suo problema
Si rilassi!
p.s. Poi magari qualcuno ci spiega perché ci sono don "intoccabili" in quanto consacrati, come scrivono devoti di certi don, ma poi allo stesso tempo gli stessi devoti di certi don non si fanno alcun problema nel dirgliene di tutti i colori a Papa Francesco con la compiacenza di certi don che tali commenti lasciano tranquillamente al loro posto

29 gennaio 2016

Quanti saccenti farisei ci sono in facebook che si vantano dei loro titoli?

Parabola del fariseo e del pubblicano

«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato».

Vangelo secondo Luca: 18,9-14

28 gennaio 2016

Misericordia io voglio e non sacrificio

"Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù li udì e disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: . Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori»." (Mt 9,10-13)

Papa Francesco: Dio è innamorato di noi e ha sogni d'amore per noi




Il sogno di Dio


Partendo dalla prima lettura del profeta Isaia, dove il Signore dice che creerà “nuovi cieli e nuova terra”, Papa Francesco ribadisce che la seconda creazione di Dio è ancora più “meravigliosa” della prima, perché “quando il Signore ‘rifà’ il mondo rovinato dal peccato”, lo ‘rifà’ in Gesù Cristo. In questo rinnovare tutto, Dio manifesta la sua immensa gioia:


“Troviamo che il Signore ha tanto entusiasmo: parla di gioia e dice una parola: ‘Godrò del mio popolo’. Il Signore pensa a quello che farà, pensa che Lui, Lui stesso sarà nella gioia con il suo popolo. E’ come se fosse un sogno del Signore: il Signore sogna. Ha i suoi sogni. I suoi sogni su di noi. ‘Ah, come sarà bello quando ci troveremo tutti insieme, quando ci troveremo là o quando quella persona, quell’altra … quell’altra camminerà con me … Ma io godrò, in quel momento!’. Per fare un esempio che ci possa aiutare, come se una ragazza con il suo fidanzato o il ragazzo con la fidanzata (pensasse): ‘Ma quando saremo insieme, quando ci sposeremo …’. E’ il ‘sogno’ di Dio”.


Noi siamo nella mente e nel cuore di Dio

“Dio – ha proseguito il Papa - pensa a ognuno di noi” e “pensa bene, ci vuole bene, ‘sogna’ di noi. Sogna della gioia di cui godrà con noi. Per questo il Signore vuole ‘ri-crearci’, fare nuovo il nostro cuore, ‘ri-creare’ il nostro cuore per fare trionfare la gioia”:


“Avete pensato? ‘Il Signore sogna me! Pensa a me! Io sono nella mente, nel cuore del Signore! Il Signore è capace di cambiarmi la vita!’. E fa tanti piani: ‘Fabbricheremo case, pianteremo vigne, mangeremo insieme’ … tutte queste illusioni che fa soltanto un innamorato … E qui il Signore si fa vedere innamorato del suo popolo. E quando gli dice, al suo popolo: ‘Ma io non ti ho scelto perché tu sei il più forte, più grande, più potente. Ma ti ho scelto perché tu sei il più piccolo di tutti. Anche puoi dire: il più miserabile di tutti. Ma io ti ho scelto così’. E questo è l’amore”.


L'amore di Dio per noi non lo può spiegare nessun teologo

Dio “è innamorato di noi” – ha ripetuto il Papa, commentando anche il brano del Vangelo sulla guarigione del figlio del funzionario reale:


“Credo che non ci sia alcun teologo che possa spiegare questo: non si può spiegare. Soltanto su questo si può pensare, sentire e piangere. Di gioia. Il Signore ci può cambiare. ‘E cosa devo fare?’. Credere. Credere che il Signore può cambiarmi, che Lui è potente: come ha fatto quell’uomo che aveva il figlio malato, nel Vangelo. ‘Signore, scendi, prima che il mio bambino muoia’. ‘Va’, tuo figlio vive!’. Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Credette. Credette che Gesù aveva il potere di cambiare il suo bambino, la salute del suo bambino. E ha vinto. La fede è fare spazio a questo amore di Dio, è fare spazio alla potenza, al potere di Dio ma non al potere di uno che è molto potente, al potere di uno che mi ama, che è innamorato di me e che vuole la gioia con me. Questa è la fede. Questo è credere: è fare spazio al Signore perché venga e mi cambi”.

RadioVaticana

27 gennaio 2016

Tu Ci Ami per primo, Signore

O Dio nostro Padre, tu ci hai amato per primo!
Signore, noi parliamo di Te
come se ci avessi amato per primo in passato, una sola volta.

Non è così: Tu ci ami per primo, sempre, tu ci ami continuamente, giorno dopo giorno, per tuta la vita.

Quando al mattino mi sveglio e innalzo a te il mio spirito, Signore, Dio mio, tu sei il primo, tu mi ami sempre per primo.

E’ sempre così: Tu ci ami per primo non una sola volta,
ma ogni giorno, sempre

Soren Kierkegaard

Citazioni molto dubbie...

Premesso che non si vuole mettere in discussione ne l’esistenza di satana e ne dell’inferno, chi tra voi sa da quale documento sia stata tratta questa citazione attribuita a Papa Pio IX e che si legge in molti siti?
«Predicate molto le grandi verità della salvezza, predicate specialmente l'Inferno. Dite chiaramente tutta la verità sull'Inferno, non c'è nulla di più efficace per far riflettere i poveri peccatori e convertirli».
Nei tanti siti che ho consultato e che riportano quanto attribuito a Pio IX non ne ho trovato neanche uno che dia la fonte da dove è stata tratto quanto attribuito al Papa. Forse mi sarà sfuggito. Chi può aiutare a trovare il documento da dove tale citazione è stata tratta?

26 gennaio 2016

Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa

di P. Raniero Cantalamessa
Terza Predica di Avvento
1. La mariologia della Lumen gentium
L’oggetto di quest’ultima meditazione di Avvento è il capitolo VIII della Lumen gentium intitolato “La Beata Vergine Maria, nel mistero di Cristo e della Chiesa”. Riascoltiamo ciò che il Concilio dice a questo riguardo:
“La beata Vergine, predestinata fino dall’eternità, all’interno del disegno d’incarna¬zione del Verbo, per essere la Madre di Dio, per disposizione della divina Provvidenza fu su questa terra l’alma madre del di¬vino Redentore, generosamente associata alla sua opera a un ti¬tolo assolutamente unico, e umile ancella del Signore. Conce¬pendo Cristo, generandolo, nutrendolo, presentandolo al Padre nel tempio, soffrendo col Figlio suo morente in croce, ella co¬operò in modo tutto speciale all’opera del Salvatore, con l’ob¬bedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo ella è diventata per noi madre nell’ordine della grazia” .
Accanto al titolo di Madre di Dio e dei credenti, l’altra cate¬goria fondamentale che il Concilio usa per illustrare il ruolo di Maria, è quella di modello, o di figura:
“La beata Vergine, per il dono e l’ufficio della divina maternità che la uni¬sce col Figlio Redentore e per le sue singolari grazie e funzioni, è pure intimamente congiunta con la Chiesa: la Madre di Dio è figura della Chiesa, come già insegnava sant’Ambrogio, nell’or¬dine cioè della fede, della carità e della perfetta unione con Cri¬sto” .
La novità più grande della trattazione conciliare sulla Madonna consiste, come si sa, proprio nel posto in cui essa è inserita, e cioè nella costituzione sulla Chiesa. Con ciò il Concilio – non senza sofferenze e lacerazioni – attuava un profondo rinnovamento della mariologia, rispetto a quella degli ultimi secoli . Il discorso su Maria non e più a se stante, come se ella occupasse una posizione intermedia tra Cri¬sto e la Chiesa, ma ricondotto, come era stato all’epoca dei Pa¬dri, nell’ambito di quest’ultima. Maria è vista, come diceva sant’A¬gostino, come il membro più eccellente della Chiesa, ma un membro di essa, non al di fuori, o al di sopra di essa:
“Santa è Maria, beata è Maria, ma più importante è la Chiesa che non la Vergine Maria. Perché? Perché Maria è una parte della Chiesa, un membro santo, eccellente, superiore a tutti gli altri, ma tutta¬via un membro di tutto il corpo. Se è un membro di tutto il corpo senza dubbio più importante d’un membro è il corpo” .
Le due realtà si illuminano a vicenda. Se infatti il discorso sulla Chiesa fa luce su chi è Maria, il discorso su Maria fa luce su cos’è la Chiesa e cioè “corpo di Cristo” e, come tale, “quasi un prolungamento dell’incarnazione del Verbo”. Lo sottolinea san Giovanni Paolo II nella sua enciclica Redemptoris Mater: “Presentando Maria nel mistero di Cristo, il Concilio Vaticano II trova anche la via per approfondire la conoscenza del mistero della Chiesa” .
Un’altra novità della mariologia del Concilio è l’insistenza sulla fede di Maria , un tema, anche questo, ripreso e sviluppato da Giovanni Paolo II che ne fa il tema centrale della sua enciclica mariana “Redemptoris Mater” . È un ritorno alla mariologia dei Padri che, più che sui privilegi della Vergine, faceva leva sulla sua fede, come apporto personale di Maria al mistero della salvezza. Anche qui si nota l’influsso di Sant’Agostino:
“La Vergine Maria partorì credendo, quel che aveva concepito credendo… Dopo che l’angelo ebbe parla¬to, ella, piena di fede (fide plena), concependo Cristo prima nel cuore che nel grembo, rispose: Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola” .
2. Maria Madre dei credenti in prospettiva ecumenica
Quello che vorrei fare è di mettere in luce la portata ecumenica di questa mariologia del Concilio, cioè come essa possa contribuire – e anzi sta già contribuendo – a riavvicinare cattolici e protestanti su questo terreno delicato e controverso che è la devozione alla Vergine.
Chiarisco anzitutto il principio che è alla base delle riflessioni che seguono. Se Maria si colloca fondamen¬talmente dalla parte della Chiesa, ne consegue che le categorie e le affermazioni bibliche da cui partire per fare luce su di lei so¬no piuttosto quelle relative alle persone umane che costituisco¬no la Chiesa, applicate a lei “a fortiori”, anziché quelle relative alle persone divine, applicate a lei “per riduzione”.
Per comprendere, per esempio, nel modo giusto, il delicato concetto della mediazione di Maria nell’opera della salvezza, è più utile partire dalla mediazione creaturale, o dal basso, come è quella di Abramo, degli apostoli, dei sacramenti e della Chiesa stessa, che non dalla mediazione divino-umana di Cristo. La distanza più grande, infatti, non è quella che esiste tra Maria e il resto del¬la Chiesa, ma è quella che esiste tra Maria e la Chiesa da una parte, e Cristo e la Trinità dall’altra, cioè tra le creature e il Creatore.
Ora traiamo da tutto ciò la conclusione. Se Abramo, per quello che ha fatto, ha meritato nella Bibbia il nome di “padre di tutti noi”, cioè di tutti i credenti (cf Rm 4, 16; Lc 16,24)), si comprende meglio come la Chiesa non esiti a chiamare Maria “Madre di tutti noi”, madre di tutti i credenti.
Dal confronto tra Abramo e Maria possiamo ricavare una luce ancora maggiore, che riguarda non solo il semplice titolo, ma anche il suo contenuto o significato. Madre dei credenti è un semplice titolo di onore, o qualcosa di più? Qui si intravvede la possibilità di un discorso ecumenico su Maria. Calvino interpreta il testo dove Dio dice ad Abramo: “In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra” (Gn 12, 3), nel senso che “Abramo sarà non soltanto esempio e patrono, ma causa di benedizione” . Un noto esegeta protestante moderno scrive, nello stesso senso:
“ Ci si è chiesti se le parole di Genesi 12, 3 [“In te saranno benedette tutte le stirpi della terra”] intendono affermare soltanto che Abramo diventerà una specie di formula per benedire, e che la benedizione da lui go¬duta passerà in proverbio [...]. Si deve ritornare all’interpretazione tradizionale che in¬tende quella parola di Dio “come un ordine dato alla storia” (B. Jacob). Ad Abramo viene riservato, nel piano salvifico di Dio, il ruolo di mediatore della benedizione per tutte le generazioni della terra” .
Tutto questo ci aiuta a capire ciò che la tradi¬zione, a partire da sant’Ireneo, dice di Maria: che, cioè, ella non è solo un esempio di benedizione e di salvezza, ma, in un modo dipendente unicamente dalla grazia e dalla volontà di Dio, anche causa di salvezza. “Come Eva, scrive sant’Ireneo, disobbedendo, divenne causa di morte per sé e per tutto il genere umano, così Maria…, obbedendo, diven¬ne causa di salvezza per sé e per tutto il genere umano” . Le parole di Maria: “Tutte le generazioni mi chiameranno beata” (Lc 1, 48) sono da ritenere, anch’esse, “un ordine dato da Dio alla storia”.
È un fatto incoraggiante scoprire che gli stessi iniziatori della Riforma hanno riconosciuto a Maria il titolo e la prerogativa di Madre, anche nel senso di Madre nostra e madre della salvezza. In una predica per la Messa di Natale, Lutero diceva: “Questa è la consolazione e la traboccante bontà di Dio: che l’uomo, in quanto crede, possa gloriarsi di un bene così prezioso, che Maria sia la sua vera madre, Cristo suo fratello, Dio suo Padre… Se credi così, tu siedi allora veramente in grembo alla vergine Maria e sei il suo caro fanciullo” . Zwingli, in un sermone del 1524, chiama Maria “la pura vergi¬ne Maria, madre della nostra salvezza” e dice di non avere mai, a suo riguardo, “pensato e tantomeno insegnato o affermato in pubblico alcunché di empio, disonorante, indegno o cattivo” .
Come mai dunque siamo giunti alla situazione attuale di tanto disagio da parte dei fratelli protestanti nei confronti di Maria, al punto che in alcuni ambienti ci si fa quasi un dovere di sminuire Maria, attaccare continuamente su questo punto i cattolici e, in ogni caso, sorvolare tutto ciò che la Scrittura stes¬sa dice di lei?
Non è questo il luogo per fare una revisione storica; voglio so¬lo dire quale mi sembra essere la via per uscire da questa triste situazione circa Maria. Tale via passa per un sincero riconosci¬mento da parte di noi cattolici del fatto che spesso, specialmen¬te negli ultimi secoli, abbiamo contribuito a rendere Maria inaccettabile ai fratelli protestanti, onorandola in modo talvolta esagerato e sconsiderato e soprat¬tutto non collocando tale devozione dentro un quadro biblico ben chiaro che ne facesse vedere il ruolo subordinato rispetto alla Parola di Dio, allo Spirito Santo e a Gesù stesso. La mario¬logia negli ultimi secoli era divenuta una fabbrica continua di nuovi titoli, nuove devozioni, spesso in polemica con i prote¬stanti, usando talvolta Maria – la comune Madre! – come un’arma contro di essi.
A questa tendenza il Concilio Vaticano II ha opportunamente reagito. Esso ha raccomandato che i fedeli “sia nelle parole che nei fatti evitino diligentemente ogni cosa che possa indurre in errore i fratelli separati o qualunque altra per¬sona, circa la vera dottrina della Chiesa”, e ha ricordato agli stes¬si fedeli che “la vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa qual vana creduli¬tà” .
Da parte protestante, c’è, credo, da prendere atto dell’influs¬so negativo che ha avuto, nel loro atteggiamento verso Maria, non solo la polemica anticattolica, ma anche il razionalismo. Maria non è una idea, ma e una persona concreta, una donna, e come tale non si presta ad essere facilmente teorizzata o ridotta a principio astratto. Essa è l’icona stessa della semplicità di Dio. Per questo non poteva, in un clima dominato da un esasperato razionalismo, non essere eliminata dall’orizzonte teologico.
Una donna luterana, scomparsa alcuni anni fa, Madre Basilea Schlink, ha fondato una comunità di religiose in seno alla Chiesa luterana, chiamate “Le Sorelle di Maria”, ora diffusa in vari paesi del mondo. In un suo libretto, di cui ho curato io stesso l’edizione italiana, dopo aver ricordato diversi testi di Lutero sulla Madonna, scrive:
“A leggere le parole di Lutero, che fino alla fine della sua vita ha onorato Maria, ne ha santificato le feste e cantato ogni giorno il Magnificat, si sente quanto ci si sia allon¬tanati, in genere, dal retto atteggiamento verso di lei… Vediamo quanto noi evangelici ci siamo lasciati sommergere dal razionalismo… Il ra¬zionalismo, che ammette soltanto ciò che si può comprendere con la ragione, diffondendosi, ha spazzato via dalle Chiese evangeliche le feste di Maria e tutto ciò che le si riferisce, ed ha fatto perdere il senso di ogni riferimento biblico a Maria: e di questa eredità soffriamo ancora oggi. Se Lutero, con questa fra¬se: ‘Dopo Cristo ella è in tutta la cristianità il prezioso gioiello, mai abbastanza lodato’, ci inculca questa lode, io, per parte mia, devo confessare di essere tra coloro che per lunghi anni della propria vita, non l’hanno fatto, eludendo così anche quanto di¬ce la Scrittura: ‘D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata’ (Lc 1, 48). Io non mi ero messa tra queste generazioni” .
Tutte queste premesse ci consentono di coltivare nel cuore la speranza che, in un giorno non lontano, cattolici e protestanti possiamo essere non più divisi, ma uniti da Maria, in una comune venerazione, diversa forse nelle forme, ma concorde nel riconoscere in lei la Madre di Dio e la Madre dei credenti. Io ho avuto la gioia di costatare di persona alcuni segni di questo mutamento in atto. In più d’una occasione, ho potuto parlare di Maria a un uditorio protestante, notando tra i presenti non solo accoglienza, ma, almeno in un caso, una vera commozione, come per il ritrovamento di qualcosa di caro e una guarigione della memoria.
3. Maria, madre e figlia della misericordia di Dio
Lasciamo ora da parte il discorso ecumenico e cerchiamo di vedere se anche l’anno della misericordia non ci aiuta a scoprire qualcosa di nuovo della Madre di Dio. Maria viene invocata nell’antichissima preghiera della Salve Regina, come “Mater misericordiae”, Madre della misericordia; nella stessa preghiera, a lei è rivolta l’invocazione: “illos tuos misericordes oculos ad nos converte”; Rivolgi a noi quegli occhi tuoi misericordiosi”. Nella messa di apertura dell’anno giubilare in Piazza San Pietro dell’8 Dicembre scorso, a lato dell’altare era esposta un’antica icona della Madre di Dio, venerata in un santuario dei greco-cattolici di Jaroslav, in Polonia, conosciuta come la “Porta della misericordia”.
Maria è madre e porta di misericordia in un duplice senso. È stata la porta attraverso cui la misericordia di Dio, con Gesú, è entrata nel mondo, ed è ora la porta attraverso cui noi entriamo nella misericordia di Dio, ci presentiamo al “trono della misericordia” che è la Trinità. Tutto questo è vero, ma è solo un aspetto del rapporto tra Maria e la misericordia di Dio. Ella infatti non è solo canale e mediatrice della misericordia di Dio; ne è anche l’oggetto e la prima destinataria. Non è soltanto colei che ci ottiene misericordia, ma anche colei che ha ottenuto, per prima e più di tutti, misericordia.
Misericordia è sinonimo di grazia. Solo nella Trinità l’amore è natura e non è grazia; è amore, ma non misericordia. Che il Padre ami il Figlio, non è grazia o concessione; è, in certo senso, necessità; il Padre ha bisogno di amare per esistere come Padre. Che il Figlio ami il Padre, non è concessione o grazia; è necessità intrinseca, anche se liberissima; egli ha bisogno di essere amato e di amare per essere Figlio. È quando Dio crea il mondo e in esso delle creature libere che il suo amore diventa dono gratuito e immeritato, cioè grazia e misericordia. Questo prima ancora del peccato. Il peccato farà soltanto che la misericordia di Dio, da dono, diventi perdono.
Il titolo “piena di grazia” è dunque sinonimo di “piena di misericordia”. Maria stessa, del resto, lo proclama nel Magnificat: “Ha guardato, dice, l’umiltà della sua serva”, “si è ricordato della sua misericordia”; “la sua misericordia si estende di generazione in generazione”. Maria si sente beneficiaria della misericordia, la testimone privilegiata di essa. In lei la misericordia di Dio non si è attuata come perdono dei peccati, ma come preservazione dal peccato.
Dio ha fatto con lei, diceva santa Teresa di Gesú Bambino, quello che farebbe un bravo medico in tempo di epidemia. Egli va di casa in casa a curare coloro che hanno contratto il contagio; ma se ha una persona che gli sta particolarmente a cuore, come la sposa o la madre, farà in modo, se lo può, di non farle neppure prendere il contagio. E così ha fatto Dio, preservando Maria dal peccato originale per i meriti della passione del Figlio.
Parlando dell’umanità di Gesù, sant’Ago¬stino dice: “In base a che cosa, l’umanità di Gesù ha meritato di essere assunta dal Verbo eterno del Padre nell’unità della sua persona? Quale sua opera buona precedette ciò? Che cosa ave¬va fatto prima di questo momento, che cosa aveva creduto, o chiesto, per essere innalzata a tale ineffabile dignità?”. E aggiungeva altrove: “Cerca il merito, cerca la giustizia, rifletti, e vedi se trovi altro che grazia” . 
Queste parole gettano una luce singolare anche sulla persona di Maria. Di lei si deve dire, a più forte ragione: che cosa aveva fatto Maria, per meritare il privilegio di dare al Verbo la sua umanità? Che cosa aveva creduto, chiesto, sperato o sofferto, per venire al mondo santa e immacolata? Cerca, anche qui, il merito, cerca la giustizia, cerca tutto ciò che vuoi, e vedi se trovi in lei, all’inizio, altro che grazia, cioè misericordia!
Anche san Paolo non cesserà, per tutta la vita, di considerarsi come un frutto e un trofeo della misericordia di Dio. Si definisce “uno che ha ottenuto misericordia dal Signore” (1 Cor 7, 25). Non si limita a formulare la dottrina della misericordia, ma ne diventa il testimone vivente: “Io ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia” (1 Tim 1, 12). 
Maria e l’Apostolo ci insegnano che il miglior modo di predicare la misericordia è dare testimonianza della misericordia che Dio ha avuto con noi. Sentirci anche noi frutti della misericordia di Dio in Cristo Gesù, vivi soltanto per essa. (Sentirlo, non necessariamente dirlo). Un giorno Gesú guarì un poveretto posseduto da uno spirito immondo. Questi voleva seguirlo e unirsi al gruppo dei discepoli; Gesú non glielo permise, ma gli disse: “Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te” (Mc 5,19 s.). 
“Misericordias Domini in aeternum cantabo”, diciamo con il salmo (Sal 88, 2): Canterò in eterno la misericordia del Signore. Maria, che nel Magnificat glorifica e ringrazia Dio per la sua misericordia, ci invita a fare lo stesso in questo anno della misericordia. Ci invita a far risuonare ogni giorno nella Chiesa la sua voce, come il coro che ripete un canto dietro la solista. Mi permetto perciò di invitarvi a proclamare insieme, in piedi, come preghiera finale al posto dell’antifona mariana, il cantico alla misericordia di Dio che è il Magnificat. “L’anima mia magnifica il Signore….”
Santo Padre, Venerabili Padri, fratelli e sorelle: Buon Natale e Buon Anno della misericordia!
1. LG, 61.
2. LG, 63
3. Sulle vicende dello schema mariologico nelle discussioni conciliari, cf. la citata Storia del Concilio Vaticano II, a cura di G. Alberigo, II, pp. 520-522; III, pp. 446-449; IV, pp.74 ss.
4. S. Agostino, Discorso 72,7 (Miscellanea Agostiniana, I, Roma 1930, p.163).
5. S. Giovanni Paolo II, Enc. “Redemptoris Mater”, 5.
6. Cf. LG, 58.
7. RM, 5: “Nelle presenti riflessioni mi riferisco soprattutto a quella ‘peregrinazione della fede’, nella quale ‘la Beata Vergine avanzò’, serbando fedelmente la sua unione con Cristo”.
8. S. Agostino, Discorsi, 215, 4 (PL, 38, 1074).
9. Calvino, Le livre de la Genèse, I, Ginevra 1961, p. 195.
10. G. von Rad, Das erste Buch Moses, Genesis, Göttingen9 1972 (trd. Ital. Genesi, Brescia 1978, p. 204).
11. S. Ireneo, Adv. Haer. III, 22,4.
12. Lutero, Kirchenpostille (ed. Weimar, 10,1, p. 73).
13.H. Zwingli, Predigt von der reinen Gottgebärerin Maria (in Zwingli, Hauptschriften, der Prediger, I, Zurigo 1940, p. 159).
14. LG, 67.
15. Mutter Basilea Schlink, Maria, der Weg der Mutter des Herrn, Darmstadt 19824 (ed. Ital. Milano, Ancora, 1983, pp.102-103).
16. S. Agostino, La predestinazione dei santi, 15,30 (PL 44,981); Discorsi 185,3 (PL 38,999).

"Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi

A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui. Se infatti, quand'eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione." (Romani 5,8-11)

25 gennaio 2016

"Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe con loro"

"...per me (San Paolo) un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo! Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Quale è dunque la mia ricompensa? Quella di predicare gratuitamente il vangelo senza usare del diritto conferitomi dal vangelo.
Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero: mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che è sotto la legge, pur non essendo sotto la legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la legge. Con coloro che non hanno legge sono diventato come uno che è senza legge, pur non essendo senza la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo, per guadagnare coloro che sono senza legge. Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe con loro.

(1 Corinzi 9,16-23)


22 gennaio 2016

Non andare via

Signore, se la porta del mio cuore dovesse restare chiusa un giorno, abbattila ed entra, non andare via.

Se le corde del mio cuore, non dovessero cantare il tuo nome un giorno, ti prego aspetta, non andare via.

Se non dovessi svegliarmi al tuo richiamo un giorno, svegliami con la tua pena... non andare via.

Se un altro sul tuo trono io dovessi porre un giorno, tu, mio Signore eterno, non andare via.

 

Papa Francesco - Giornata per le comunicazioni sociali 2016

".... sms, reti sociali, chat possono essere forme di comunicazione pienamente umane. Non è la tecnologia che determina se la comunicazione è autentica o meno, ma il cuore dell’uomo e la sua capacità di usare bene i mezzi a sua disposizione. Le reti sociali sono capaci di favorire le relazioni e di promuovere il bene della società ma possono anche condurre ad un’ulteriore polarizzazione e divisione tra le persone e i gruppi. L’ambiente digitale è una piazza, un luogo di incontro, dove si può accarezzare o ferire, avere una discussione proficua o un linciaggio morale."

21 gennaio 2016

Grazie Signore

Grazie per il pane, il vento, la terra e l'acqua.
Grazie per la musica e per il silenzio.
Grazie per il miracolo di ogni nuovo giorno.
Grazie per i gesti e le parole di tenerezza.

Grazie per le risate e per i sorrisi.
Grazie per tutto ciò che mi aiuta a vivere, nonostante le sofferenze e lo sconforto.
Grazie a tutti quelli che amo e che mi amano.
E che questi mille ringraziamenti si trasformino in un'immensa azione di grazie quando mi rivolgo a Te, fonte di ogni grazia e roccia della mia vita.

Grazie per il Tuo amore senza confini.
Grazie per il pane dell'Eucarestia.
Grazie per la pace che viene da Te.
Grazie per la libertà che Tu ci dai.

Con i miei fratelli io proclamo la Tua lode per la nostra vita che è nelle Tue mani e per le nostre anime che Ti sono affidate. Per i favori di cui Tu ci inondi e che non sempre sappiamo riconoscere. Dio buono e misericordioso, che il Tuo nome sia benedetto, sempre.

 

19 gennaio 2016

Volantini.....


Quindi colui che nell'andare in predicazione suggerisce di non portarsi neanche la biancheria intima di ricambio, è stato ordinato diacono....

dal loro sito ufficiale:

"infatti GESU' dice: « Non prendete nulla per il viaggio, " nè bastone ", né bisaccia (cf. Mt 10,10), né pane, " né denaro " né due tuniche per ciascuno…» (né la biancheria intima di ricambio) niente ! (cfr Lc 9.3)"

fratipoveri

p.s: Gesù non lo ha detto di non portare con se la biancheria intima di ricambio, è solo un'aggiunta pruriginosa di poveri frati....

Cosa gli sta succedendo a Peppino Caldarola, ex direttore dell'Unità?


Semplice, sta diventando un "papolatra" come tanti di noi  Emoticon grin

".... non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore"

(1 Sam 16,7)

Pensate alle cose di lassù

CON IL BATTESIMO SI RISORGE IN CRISTO
"Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova" Romani 6,4

E SE SI E' RISORTI IN CRISTO SI CERCANO LE COSE DI LASSÙ
"Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra." Colossi 3,1-2


18 gennaio 2016

Vangelo secondo San Giovanni Apostolo 17,11-21

"Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi.

Quand'ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.

Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità.

Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.

QUANTO VELENO!

17 gennaio 2016

Da "La montagna delle sette balze" di Thomas Merton:


Tutto è tranquillo.
Il sole del mattino splende sulla portineria che è appena stata rimessa a nuovo. Di qui sembra che il frumento cominci già a maturare sul poggio di San Giuseppe. I monaci che fanno il ritiro per prepararsi al diaconato stanno zappando nel giardino della Foresteria.
Tutto è tranquillo. Penso al monastero in cui mi trovo. Penso ai monaci, miei fratelli, miei padri.
Vi sono quelli che hanno mille cose da fare. Alcuni devono occuparsi del cibo, alcuni delle vesti, alcuni delle condutture, altri del tetto. Alcuni rimettono a nuovo le pareti, alcuni scopano le stanze, altri lavano il pavimento del refettorio. Uno si avvicina agli alveari con una maschera e toglie il miele. Tre o quattro stanno in una stanza a battere tutto il giorno a macchina le risposte alle lettere di gente che scrive chiedendo preghiere perché si sente infelice. Altri ancora stanno riparando trattori e autocarri, altri li guidano. I fratelli lottano con i muli recalcitranti che non vogliono lasciarsi mettere i finimenti. O inseguono le mucche nei pascoli. O si dànno da fare con i conigli. Uno dice di saper aggiustare gli orologi. Un altro disegna il progetto per il nuovo monastero di Utah.
Quelli che non hanno particolari responsabilità nell’allevamento dei polli e dei maiali, quelli che non sono costretti a scrivere opuscoli, a imballarli e a spedirli, o a tenere il complicato registro delle Messe, quelli che non hanno niente di speciale da fare possono sempre andare a strappare le erbacce nei campi di patate e a zappare i filari del granturco.
Quando dalla torre suonerà la campana, io smetterò di scrivere a macchina e chiuderò le finestre di questa stanza dove lavoro. Fratel Silvestro metterà a riposare il mostro meccanico della falciatrice e i suoi aiutanti rientreranno in casa con le zappe e le pale. E io prenderò un libro e, se vi è tempo prima della Messa conventuale, andrò a passeggiare un poco sotto gli alberi. E quasi tutti gli altri andranno nello “scriptorium” a scrivere le loro conferenze di teologia, o a ricopiare citazioni dai libri sul rovescio di vecchie buste. E qualcuno si fermerà accanto alla porta che dal Piccolo Chiostro conduce al giardino dei monaci e farà scorrere il rosario fra le dita, in attesa che avvenga qualcosa.
Poi andremo tutti nel coro, e farà caldo, e l’organo rimbomberà potente, e l’organista, che starà ancora imparando, farà molti sbagli. Ma sull’altare sarà offerto a Dio l’eterno Sacrificio del Cristo al Quale noi apparteniamo e Che ci ha radunato qui tutti insieme.
Congregavit nos in unum Christi amor.
Prima che noi nascessimo, Dio ci conosceva.
Egli sapeva che alcuni di noi si sarebbero ribellati al Suo amore e alla Sua misericordia, che altri l’avrebbero amato sin dal momento in cui sarebbe loro stato possibile amare qualcosa e mai sarebbero venuti meno a quest’amore. Egli sapeva che vi sarebbe stata gioia in cielo fra gli angeli della Sua casa per la conversione di alcuni di noi, sapeva che un giorno ci avrebbe radunati tutti al Getsemani per i Suoi scopi, perché celebrassimo il Suo amore.
La vita di ciascuno in questa abbazia fa parte di un gran mistero. Sommati insieme formiamo qualcosa che di gran lunga ci trascende. Ancora non comprendiamo che cosa sia. Ma sappiamo, nel linguaggio della teologia, di essere tutti membri del Cristo Mistico, di crescere uniti in Lui per il Quale tutte le cose furono create.
In un certo senso noi stiamo sempre viaggiando, viaggiando come se non sapessimo dove siamo diretti.
In un altro senso siamo già arrivati.
Non possiamo in questa vita giungere al perfetto possesso di Dio, e proprio per questo stiamo viaggiando, e nelle tenebre. Ma già lo possediamo per mezzo della grazia e, quindi, in questo senso siamo arrivati e dimoriamo nella luce.
Ma, ahimé, quanto devo ancora camminare per trovare Te al Quale già sono giunto!
Perché ora, o mio Dio, è a Te solo che posso parlare. Perché nessun altro mi capirà. Non posso portare altri di questa terra sulla nube dove io vivo nella Tua luce, cioè nelle Tue tenebre, dove sono umiliato e sperduto. A nessuno posso spiegare l’angoscia che è la tua gioia, la perdita che è il possesso di Te, la distanza da tutte le cose che significa l’arrivo in Te, la morte che è la nascita in Te, perché neppure io ne so nulla, so soltanto che vorrei che tutto fosse finito, vorrei che tutto fosse incominciato.
Tu hai contraddetto ogni cosa, Tu mi hai lasciato nella terra di nessuno.
Mi hai fatto camminare tutto il giorno sotto questi alberi sussurrandomi continuamente: “Solitudine, solitudine”. Ti sei voltato e mi hai gettato in grembo tutto il mondo. Mi hai detto: “Lascia ogni cosa e seguimi”, e poi mi hai legato mezza New York al mio piede come una catena e una palla. Mi hai fatto inginocchiare dietro a quel pilastro mentre la mia mente era più rumorosa di una banca. È contemplazione questa?
Prima di presentarmi per i voti solenni nella primavera scorsa, il giorno della festa di San Giuseppe, nel mio trentatreesimo anno d’età, in qualità di chierico negli Ordini Minori, prima di presentarmi per i voti solenni, ecco quali erano le mie impressioni. Mi pareva quasi che Tu mi chiedessi di rinunciare a tutte le mie aspirazioni di solitudine e di vita contemplativa. Tu mi chiedevi di obbedire ai superiori i quali, ne sono moralmente certo, mi costringeranno a scrivere o a insegnare filosofia, o ad assumere l’incarico di una dozzina di responsabilità materiali qui, nel monastero, e può darsi che finisca anche per diventare maestro dei ritiri e sia costretto a predicare quattro sermoni al giorno ai secolari che vengono nella nostra casa. E anche se non avrò nessun compito speciale, avrò sempre da correre in giro dalle due di mattina alle sette della sera.
Non ho forse passato un anno a scrivere la vita della Madre Berchmans, mandata nel Giappone in una nuova istituzione trappista, mentre avrebbe voluto essere una contemplativa? E cosa avvenne di lei? Avvenne che dovette fare contemporaneamente la portinaia, la maestra degli ospiti, la sagrestana, la cantiniera, la maestra delle sorelle laiche. E quando la sollevarono da qualcuno di questi incarichi, fu soltanto per dargliene altri più duri, come quello di Maestra delle Novizie.
Martha, Martha, sollicita eris, et turbaberis erga plurima…
Quando incominciai il ritiro prima della professione solenne, cercai per un momento di chiedermi se quei voti implicassero qualche speciale condizione. Se ero chiamato alla contemplazione, ed essi non mi aiutavano ad essere un contemplativo, ma mi ostacolavano, che fare?
Ma ancor prima di incominciare a pregare, respinsi questo pensiero.
Quando fui sul punto di pronunciare i voti, decisi di non essere in grado di sapere cosa fosse un contemplativo, che cosa fosse la vocazione contemplativa, che cosa fosse la mia vocazione, che cosa fosse la nostra vocazione cistercense. Non ero infatti certo di conoscere o sapere molto; sapevo soltanto di credere che Tu volevi pronunciassi quei dati voti in quella data casa in quel dato giorno per ragioni a Te note, che dopo di ciò intendevi che io seguissi gli altri, e facessi quello che mi veniva detto; poi le cose si sarebbero chiarite.
Quel mattino, mentre stavo con la faccia a terra in mezzo alla chiesa e il Padre Abate pregava sopra di me, incominciai a ridere con la bocca nella polvere: senza sapere come e perché avevo compiuto davvero la cosa giusta, e anche una cosa magnifica. Ma ciò che era magnifico non era la mia opera, ma l’opera che Tu avevi compiuto in me.
Sono passati mesi, e Tu non hai soffocato nessuno di quei desideri, ma mi hai dato la pace, e io incomincio a vedere di che si tratta. Incomincio a comprendere.
Perché Tu mi hai chiamato non perché porti un’etichetta con la quale io possa riconoscermi e classificarmi in una determinata categoria. Tu non vuoi che io pensi a quel che sono io, ma a quel che Tu sei. O, meglio, Tu non vuoi neppure che io pensi molto, perché Tu mi vorresti innalzare al di sopra del livello del pensiero. E se continuo a tentare di sapere chi sono e dove sono e perché sono, come potrà avvenire ciò?
Di questo non voglio fare un dramma. Non dico: “Tu mi hai chiesto tutto, e io ho rinunciato a tutto”. Perché non desidero più vedere cosa che implichi una distanza tra Te e me, e se arretro e considero me e Te come se fra noi fosse passato qualcosa, da me a Te, vedrò inevitabilmente l’abisso che ci divide, ricorderò la distanza che ci separa.
Mio Dio, sono questo abisso e questa distanza che mi uccidono.
È questa l’unica ragione per cui desidero la solitudine: per essere perduto a tutte le cose create, per morire a loro e alla loro conoscenza, perché esse mi ricordano quanto sono distante da Te. Esse mi dicono qualcosa di Te: che Tu sei lontano da loro anche se sei in loro. Tu le hai fatte, la Tua presenza è la loro essenza, ed esse Ti nascondono a me. E io vorrei vivere solo, lontano da esse. O beata solitudo!
Perché sapevo che soltanto lasciandole mi sarebbe stato possibile venire da Te, ecco perché ero tanto infelice quando mi pareva che Tu mi condannassi a rimanere tra loro. Ora la mia pena è terminata e sta per incominciare la mia gioia: la gioia che rallegra nei più profondi dolori. Perché incomincio a comprendere. Tu mi hai istruito, mi hai consolato, e io ho ricominciato a sperare e ad apprendere.
Sento che mi dici:
«Ti darò ciò che tu desideri. Ti condurrò nella solitudine. Ti guiderò nella via che tu non potrai capire, perché voglio sia la più rapida.
«E perciò tutte le cose che ti circondano sorgeranno in armi contro di te per rinnegarti, ferirti, darti dolore e perciò ridurti alla solitudine.
«A causa della loro inimicizia tu sarai presto solo. Ti respingeranno, ti abbandoneranno e ti rifiuteranno. E allora sarai tutto solo.
«Ogni cosa che ti toccherà ti brucerà, e allora ritrarrai la mano dal dolore, sinché ti sarai allontanato da tutte le cose. E allora sarai tutto solo.
«Ogni cosa desiderabile ti scotterà, ti segnerà col marchio a fuoco e tu fuggirai da lei in pena, per essere solo. Ogni gioia creata verrà a te soltanto come pena e tu morirai alla gioia e rimarrai solo. Tutti i beni che gli altri amano, desiderano e cercano verranno a te, ma soltanto come assassini per tagliarti dal mondo e dalle sue occupazioni.
«Sarai lodato, e sarà come essere bruciato al rogo. Sarai amato, e questo ti spezzerà il cuore e ti spingerà nel deserto.
«Avrai doni, ed essi ti schiacceranno sotto il loro peso. Avrai i piaceri della preghiera, ed essi ti nauseeranno e tu li fuggirai.
«E dopo che sarai stato un poco lodato e un poco amato, Io ti priverò di tutti i doni e di tutta la lode e tu sarai completamente dimenticato e abbandonato e sarai un nulla, una cosa morta, un relitto. E in quel giorno comincerai a possedere la solitudine che hai tanto a lungo desiderato. E la tua solitudine porterà frutti immensi nelle anime di uomini che non vedrai mai sulla terra.
«Non chiedermi quando ciò avverrà, né dove, né come: su una montagna o in una prigione, in un deserto o in un campo di concentramento, in un ospedale o al Getsemani. Questo non ha importanza. E quindi non chiedermelo perché non ti risponderò. Non lo saprai sino a quando non sarà giunto il momento.
«Ma gusterai la vera solitudine della mia angoscia e della mia povertà e ti guiderò sulle vette della mia gioia e tu morirai in Me e troverai tutte le cose nella Mia misericordia che ti ha creato per questo fine e ti ha portato da Prades alle Bermude, a St Antonin, a Oakham, a Londra, a Cambridge, a Roma, a New York, a Columbia, al Corpus Christi, al San Bonaventura, all’Abbazia cistercense degli uomini poveri che faticano nel Getsemani:
«Affinché tu possa diventare il fratello di Dio e imparare a conoscere il Cristo degli uomini ardenti».