31 marzo 2016

Farhad Bitani, l’ex mujaheddin afgano che ama Dio

Era un ufficiale dell'esercito di Karzai. Un viaggio in Italia e un attentato hanno aperto il suo cuore al Signore. «Ho ricevuto un aiuto dal cielo nel momento più difficile. Così sono diventato cristiano».


Ex capitano dell’esercito afghano, figlio di un alto esponente dei mujaheddin, convertito dall’odio in nome di Dio e dal gusto del potere all’amore di Dio e alla gratuità del dono di sé al mondo, per il bene del mondo (Tempi,it, 18 novembre 2013).
Una conversione frutto dei segni della benevolenza divina, dall’essere sopravvissuto a un agguato dei talebani all’aver incontrato in Italia persone che in questi anni di separazione dalla famiglia di origine sono state per lui fratello, sorella e madre.
Oggi Farhad Bitani lavora per un’associazione che dà lavoro agli immigrati afgani e gira l’Italia per raccontare a tutti la sua incredibile storia. Lui che da ufficiale dell’esercito di Karzai e spettatore fisso delle esecuzioni capitali allo stadio di Kabul, ha deciso di abbandonare l’Islam e abbracciare il Signore (Tempi.it, 30 marzo 2015).

VALORI MAI CONOSCIUTI

Faahrad durante la scalata nell’esercito afgano viene inviato in Italia per formarsi prima all’Accademia militare di Modena e poi a quella di Torino. Ma in queste due esperienza trova un clima diverso da quello afgano: niente odio, inimicizia, sofferenza per il prossimo, ma una serie di valori che a lui risultavano inesistenti. Come amicizia, fratellanza, unione, tolleranza. Alcuni conoscenti gli spiegano il senso della religione cattolica, cosa rappresenta Dio, perché l’amare il prossimo è una virtù’ inestimabile. 

LA CRISI DI COSCIENZA

Quando torna in patria una profonda crisi di coscienza sta covando dentro al cuore di Farhad. Il soggiorno in Italia ha contribuito in misura decisiva a innescarla. «Come quasi tutti gli afghani, sia mujaheddin che talebani, io ero un fondamentalista islamico nell’anima. Disprezzavo gli infedeli, pensavo che tutti quelli che non erano musulmani sarebbero andati all’inferno, e che sarebbe stato giusto che l’islam trionfasse con le armi in tutto il mondo. Ma in Italia ho conosciuto tante persone migliori di me: non erano afghani e non erano musulmani. Così ho cominciato a cambiare il mio modo di pensare».

L’ATTENTATO DEI TALEBANI

La svolta decisiva avviene il 3 aprile 2011. Farhad è andato a visitare una zia a Laghman; lungo la strada per rientrare a Jalalabad, da cui proviene, cade in un’imboscata che i talebani hanno preparato contro di lui. Benché colpito riesce a mantenere la guida del suo fuoristrada e ad accelerare fino a portarsi fuori della portata dei proiettili. Sopravvive alle ferite e poco tempo dopo prende un volo per l’Italia: la sua domanda di asilo viene accolta immediatamente. «Non sono veramente sopravvissuto», racconta con gli occhi che gli luccicano.

LA “MANO” DI DIO

«Quel giorno è morto il vecchio Farhad, e ora la mia vita appartiene tutta a Dio. Lui mi ha risparmiato dalla morte quel giorno perché io capissi che aveva una missione da affidarmi. Io devo testimoniare la verità davanti a tutto il mondo, devo confessare le ingiustizie che si compiono in Afghanistan. Ilmondo deve sapere, e il popolo afghano deve cambiare la sua mentalità come io ho cambiato la mia».

“IL DESIDERIO DI CAPIRE”

Ciò che sorprende nella testimonianza di Farhad non è lo schema che vede il passaggio dall’islam estremista all’islam moderato, ma il suo insistere sul fatto di essere un musulmano che ha approfondito la sua fede in Dio e ha risposto alla chiamata di Dio grazie all’incontro con alcuni cristiani. «Su questa cosa le reazioni sono diverse e non sono uniformi né tra i cristiani né tra i musulmani. In tutte le reazioni c’è un denominatore comune che è la fatica a comprendere come ciò sia stato possibile. In molti cristiani ho trovato un desiderio di capire».

“RESTA CRISTIANA!”

L’ex mujaheddin fa l’esempio di una studentessa che durante uno dei suoi incontri pubblici gli domandò se fosse giusto che lei si convertisse all’islam, come richiesto dal suo fidanzato marocchino per sposarla. «Io le risposi che se lei è nata in una tradizione cristiana deve innanzitutto approfondire la propria identità cristiana, e se alla fine del suo percorso scopre che il cristianesimo non soddisfa il suo cuore, allora può cercare la propria identità nell’islam, altrimenti la conversione non serve a nulla. Questa ragazza dopo qualche tempo mi scrisse che aveva iniziato il percorso che le avevo suggerito e il suo fidanzato l’aveva accettato. Naturalmente ci sono anche alcuni che rimangono diffidenti, sia tra i cristiani che tra i musulmani, ma questo succede perché non accettano di fare un percorso personale».

IL “COSTO” DELLA CHIAMATA

Rispondere alla chiamata di Dio all’inizio costa, ma presto rende la vita ricca e fruttuosa. Piena di rapporti umani autentici. «La mia vita è diventata sempre più appassionante. Quando ho iniziato il mio percorso la mia vita era un deserto, mi sentivo abbandonato da tutti. Pur avendo già riconosciuto che la mia vita era stata salvata per un compito e avendo già incontrato l’umanità diversa che mi si era fatta incontro attraverso piccoli gesti di carità, mi sembrava che la mia strada fosse bloccata. Poi Dio ha mandato dal cielo l’aiuto giusto e la strada è diventata fiorita. Ora sono circondato dall’amore della gente oltre che dall’amore di Dio – conclude Farhed – Moltissime persone sono rimaste in contatto con me, specialmente studenti. Molti di loro hanno scritto delle tesi a partire dalla mia testimonianza. Per ora spero che sia durevole il cambiamento che si è generato in tanti che hanno fatto propria la mia testimonianza e ora la diffondono».

La Misericordia cancella il peccato

PAPA FRANCESCO


Piazza San Pietro
Mercoledì, 30 marzo 2016

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Terminiamo oggi le catechesi sulla misericordia nell’Antico Testamento, e lo facciamo meditando sul Salmo 51, detto Miserere. Si tratta di una preghiera penitenziale in cui la richiesta di perdono è preceduta dalla confessione della colpa e in cui l’orante, lasciandosi purificare dall’amore del Signore, diventa una nuova creatura, capace di obbedienza, di fermezza di spirito, e di lode sincera.

Il “titolo” che l’antica tradizione ebraica ha posto a questo Salmo fa riferimento al re Davide e al suo peccato con Betsabea, la moglie di Uria l’Hittita. Conosciamo bene la vicenda. Il re Davide, chiamato da Dio a pascere il popolo e a guidarlo sui cammini dell’obbedienza alla Legge divina, tradisce la propria missione e, dopo aver commesso adulterio con Betsabea, ne fa uccidere il marito. Brutto peccato! Il profeta Natan gli svela la sua colpa e lo aiuta a riconoscerla. È il momento della riconciliazione con Dio, nella confessione del proprio peccato. E qui Davide è stato umile, è stato grande!

Chi prega con questo Salmo è invitato ad avere gli stessi sentimenti di pentimento e di fiducia in Dio che ha avuto Davide quando si è ravveduto e, pur essendo re, si è umiliato senza avere timore di confessare la colpa e mostrare la propria miseria al Signore, convinto però della certezza della sua misericordia. E non era un peccato da poco, una piccola bugia, quello che aveva fatto: aveva fatto un adulterio e un assassinio!

Il Salmo inizia con queste parole di supplica:
«Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro» (vv. 3-4).

L’invocazione è rivolta al Dio di misericordia perché, mosso da un amore grande come quello di un padre o di una madre, abbia pietà, cioè faccia grazia, mostri il suo favore con benevolenza e comprensione. E’ un appello accorato a Dio, l’unico che può liberare dal peccato. Vengono usate immagini molto plastiche: cancella, lavami, rendimi puro. Si manifesta, in questa preghiera, il vero bisogno dell’uomo: l’unica cosa di cui abbiamo davvero bisogno nella nostra vita è quella di essere perdonati, liberati dal male e dalle sue conseguenze di morte. Purtroppo, la vita ci fa sperimentare tante volte queste situazioni; e anzitutto in esse dobbiamo confidare nella misericordia. Dio è più grande del nostro peccato. Non dimentichiamo questo: Dio è più grande del nostro peccato! “Padre, io non lo so dire, ne ho fatte tante, grosse!”. Dio è più grande di tutti i peccati che noi possiamo fare. Dio è più grande del nostro peccato. Lo diciamo insieme? Tutti insieme: “Dio è più grande del nostro peccato!”. Un’altra volta: “Dio è più grande del nostro peccato!”. Un’altra volta: “Dio è più grande del nostro peccato!”. E il suo amore è un oceano in cui possiamo immergerci senza paura di essere sopraffatti: perdonare per Dio significa darci la certezza che Lui non ci abbandona mai. Qualunque cosa possiamo rimproverarci, Lui è ancora e sempre più grande di tutto (cfr 1 Gv 3,20), perché Dio è più grande del nostro peccato.

In questo senso, chi prega con questo Salmo ricerca il perdono, confessa la propria colpa, ma riconoscendola celebra la giustizia e la santità di Dio. E poi ancora chiede grazia e misericordia. Il salmista si affida alla bontà di Dio, sa che il perdono divino è sommamente efficace, perché crea ciò che dice. Non nasconde il peccato, ma lo distrugge e lo cancella; ma lo cancella proprio dalla radice, non come fanno in tintoria quando portiamo un abito e cancellano la macchia. No! Dio cancella il nostro peccato proprio dalla radice, tutto! Perciò il penitente ridiventa puro, ogni macchia è eliminata ed egli ora è più bianco della neve incontaminata. Tutti noi siamo peccatori. È vero questo? Se qualcuno di voi non si sente peccatore che alzi la mano... Nessuno! Tutti lo siamo.

Noi peccatori, con il perdono, diventiamo creature nuove, ricolmate dallo spirito e piene di gioia. Ora una nuova realtà comincia per noi: un nuovo cuore, un nuovo spirito, una nuova vita. Noi, peccatori perdonati, che abbiamo accolto la grazia divina, possiamo persino insegnare agli altri a non peccare più. “Ma Padre, io sono debole, io cado, cado”. “Ma se cadi, alzati! Alzati!”. Quando un bambino cade, cosa fa? Solleva la mano alla mamma, al papà perché lo faccia alzare. Facciamo lo stesso! Se tu cadi per debolezza nel peccato, alza la tua mano: il Signore la prende e ti aiuterà ad alzarti. Questa è la dignità del perdono di Dio! La dignità che ci dà il perdono di Dio è quella di alzarci, metterci sempre in piedi, perché Lui ha creato l’uomo e la donna perché stiano in piedi.
Dice il Salmista:
«Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
[…]
Insegnerò ai ribelli le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno» (vv. 12.15).
Cari fratelli e sorelle, il perdono di Dio è ciò di cui tutti abbiamo bisogno, ed è il segno più grande della sua misericordia. Un dono che ogni peccatore perdonato è chiamato a condividere con ogni fratello e sorella che incontra. Tutti coloro che il Signore ci ha posto accanto, i familiari, gli amici, i colleghi, i parrocchiani… tutti sono, come noi, bisognosi della misericordia di Dio. È bello essere perdonato, ma anche tu, se vuoi essere perdonato, perdona a tua volta. Perdona! Ci conceda il Signore, per intercessione di Maria, Madre di misericordia, di essere testimoni del suo perdono, che purifica il cuore e trasforma la vita.

Grazie

30 marzo 2016

Perché Pietro se ne tornò a casa pieno di stupore quando vide il sepolcro vuoto?


"Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti. Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il Figlio dell'uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno». Ed esse si ricordarono delle sue parole.
E, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo raccontarono agli apostoli. Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse.
PIETRO TUTTAVIA CORSE AL SEPOLCRO E CHINATOSI VIDE SOLO LE BENDE. E TORNÒ A CASA PIENO DI STUPORE PER L'ACCADUTO."
Pietro rimase pieno di stupore solo nel constatare che il sepolcro era vuoto?, e anche Giovanni, quando entrò nel sepolcro "vide e credette" solo che Maria aveva detto la verità riguardo il sepolcro vuoto e che quindi credette a quanto gli aveva detto Maria, come sembra suggerire S.Agostino?:
"E allora se vide e credette, che cosa credette? Nient'altro che quello che aveva detto la donna, che cioè il Signore era stato sottratto dal sepolcro. Essa infatti aveva riferito: Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non so dove l'hanno posto. Quelli corsero, entrarono, videro le bende soltanto e non il corpo, e credettero che esso fosse sparito, non risuscitato. Videro che dal sepolcro era stato sottratto; sì, gli uomini lo credettero veramente sottratto e se ne andarono. 
Nella traduzione proposta dalla Libreria Editrice Vaticana 
dell'Evangelo Secondo Giovanni si può leggere questa traduzione di Gv 20,5-6
"Si curva e vede i lini afflosciati, ma non entrò. Arriva poi anche Simon Pietro dopo di lui. Entra nel sepolcro e vede i lini afflosciati, ma il sudario, che era sulla sua testa, non afflosciato insieme alle bende, bensì da una parte avvolto sullo stesso piano. Allora entrò anche l'altro discepolo che era arrivato per primo al sepolcro e vide e credette."
traduzione un po diversa da quella corrente che riporta di teli posati la non si sa bene dove e del sudario avvolto in un luogo a parte
"Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. CEI 2008

*****

Nella traduzione edita dalla libreria editrice Vaticana si legge di
lini afflosciati, cioè che si schiacciati su se stessi perché il corpo che ne era all'interno ne era uscito senza svolgere i lini stessi. Del sudario che era posto sul volto di Gesù che non si era afflosciato come i lini ma era rimasto sullo stesso piano dei lini rimanendo avvolto su ciò che al suo interno non ci stava più.
Ora si che si può spiegare lo stupore di Pietro che e il vide e credette di Giovanni, avevano visto in quel sepolcro vuoto qualcosa fuori dell'ordinario, Gesù Risorto che era uscito fuori dai lini che lo avvolgevano e da l suo sudario senza che questi fossero sciolti, cosa non possibile.

29 marzo 2016

Maria sempre Vergine, dolce Sposa e tenera Madre,

noi consacriamo e affidiamo al tuo Cuore Immacolato
tutte le nostre famiglie.
Porta in esse pace, unità, amore e perdono.
Sostieni con la tua sollecitudine le famiglie in difficoltà
e riunisci con la forza del tuo Cuore le famiglie divise.
Proteggi la vita nascente e dona la gioia della maternità
a chi la sospira.
Guida i nostri figli, perchè conservino la fede nel Signore
e l'affetto alla propria casa.
Soccorri chi è provato dalla malattia, dalla sofferenza,
dalla delusione, dalla solitudine.
Procura a tutti il lavoro e il pane quotidiano.
Sii tu la nostra forza nelle fatiche di ogni giorno
e ottienici da Dio la grazia della Sua Benedizione
e l'aumento della nostra fede. 
Amen.


Il satanismo e l'ultimo insulto ai cristiani


L'ultimo insulto ai cristiani: la Madonna diventa un sex toy. In rete l'annuncio della vendita di una bambola gonfiabile con le sembianze della Madonna.  Difficilmente vedremo lamentele e richieste di chiudere il sito blasfemo che ha messo in commercio la bambola gonfiabile con le sembianze della Vergine Maria.  L'annuncio della vendita di questo particolare "sex toys" è diventato virale in rete e occupa diverse bacheche Facebook degli internauti. Si chiama "Virgin Mary Sex Doll" e, scontata, costa 227 dollari. La descrizione dell'oggetto, che non riportiamo interamente, è insieme di parole offensive per la cristianità. "Ora tutti i preti potranno divertirsi", scrive l'inserzionista. Il resto dell'annuncio è irripetibile. Rimane però l'insulto alla Vergine Maria. Ridotta a "sex toys".
Orrore e tanta rabbia. Questa la sensazione che si prova nell’apprendere della trovata - blasfema e raccapricciante - del sito internet, PassionShop.com. Impossibile riportare le precise parole con le quali questi esecrabili individui descrivono nei dettagli le modalità d’uso e le prestazioni potenziali dell’oggetto in questione. Restiamo sgomenti di fronte ad un oltraggio di tal genere, ennesimo spregiudicato attacco alla Cristianità bimillenaria che rappresenta la sola guida spirituale e morale dell’Europa intera.
A cura dello staff allaquerciadimamre.it

Donna, perché piangi?

Maria stava all'esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi?”. Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto”.
Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria!”. Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: “Rabbunì!”, che significa: Maestro!

28 marzo 2016

Servi di Dio Martiri Trappisti di Tibhirine

20 anni fa: notte tra il 26 e il 27 marzo del 1996, il Padre Priore del monastero di Tibhirine in Algeria, padre Christian de Chergé viene rapito assieme a sei monaci.
Il 21 maggio il «Gruppo Islamico Armato» rivendica l’uccisione dei religiosi ed il 30 maggio fa ritrovare le loro teste. I corpi non saranno mai ritrovati.


Frère Christian de Chergé, priore della comunità, 59 anni, monaco dal 1969, in Algeria dal 1971. La personalità forte, umanamente e spiritualmente, del gruppo. Figlio di generale, ha conosciuto l'Algeria durante tre anni della sua infanzia e ventisette mesi di servizio militare in piena guerra d'indipendenza. Dopo gli studi al seminario dei carmelitani a Parigi, diventa cappellano del Sacré Cocur di Montmartre a Parigi. Ma entra ben presto al monastero di Aiguebelle per raggiungere Tibhirine nel 1971. È lui che fa passare l'abazia allo statuto di priorato per orientare il monastero verso una presenza di "oranti in mezzo ad altri oranti". Aveva una conoscenza profonda dell'islam e una straordinaria capacità di esprimere la vita e la ricerca della comunità.

Frère Luc Dochier, 82 anni, monaco dal 1941, in Algeria dal 1947. Quello che tutti chiamavano "il dottore" era, per usare una sua espressione "un vecchio consumato ma non disilluso". Nato nel Drome, esercita la medicina durante la guerra e arriva perfino a prendere il posto di un padre di famiglia numerosa in partenza per un campo di prigionia in Germania. Per cinquant'anni a Tibhirine ha curato tutti, gratuitamente, senza distinzioni. Nel luglio 1959 era già stato rapito dai membri del FLN (Fronte di liberazione nazionale). Le crisi d'asma non avevano intaccato il suo hamour salace. Per il suo funerale aveva scelto una canzone di Edith Piaf: Non, je ne regrette rien.

Frère Christophe Lebreton, 45 anni, monaco dal 1974, in Algeria dal 1987. Personalità calda ed esplosiva. Settimo di dodici figli, questo sessantottino ha prestatò servizio civile a titolo di cooperazione in Algeria. E il primo contatto con il monastero di Tibhirine. A 24 anni entra al monastero di Tamié. Ma è innamorato della terra algerina. Verrà ordinato prete nel 1990 e diventerà maestro dei novizi della comunità. Il suo gusto per i rapporti con i più umili va di pari passo con una caparbia volontà di spingersi sempre più lontano nella riflessione di fede e nel dono di sé.

Frère Bruno Lemarchand, 66 anni, monaco dal 1981, in Algeria e Marocco dal 1990. Come Michel e Célestin, proviene dall'abazia di Bellefontaine. Ma prima era stato per quattordici anni direttore del collegio Saint-Charles di Thonars (Deux-Sèvres). Figlio di militare, nell'infanzia ha conosciuto l'Indocina e l'AIgeria. In realtà, è solo per caso che si trova a Tibhirine il 26 marzo 1996. Dal 1990 è 1'animatore della fraternità che,la comunità ha aperto a Fez in Marocco. È venuto per partecipare alle votazioni per il rinnovo della carica di priore. Lo dipingono come un uomo posato e riflessivo.

Frère Michel Fleury, 52 anni, monaco dal 1981, in Algeria dal 1985. Un uomo semplice, per non dire schivo, ma impregnato di povertà. Nato da una famiglia contadína della Loire-Atlantique, era entrato nella congregazione del Prado a 27 anni e aveva lavorato come fresatore a Lione e a Marsiglia, prima di dirigere i suoi passi all'abazia di Bellefontaine. Lì sente la chiamata dell'Algeria. A Tibhirine è il cuoco della comunità e l'uomo dei lavori domestici. È sua la cocolla (abito monastico che segna l'assunzione dell'impegno definitivo) che viene ritrovata sulla strada di Médéa dopo il rapimento.

Frère Célestin Ringeard, 62 anni, monaco dal 1983, in Algeria dal 1987. Due esperienze caratterizzano lo sfondo della sua vocazione monastica. Innanzitutto la guerra d'Algeria nel corso della quale, infermiere, cura un partigiano ferito che l'esercito francese avrebbe voluto finire. Poi un lavoro di educatore di strada a Nantes, in mezzo ad alcolizzati, prostitute e omosessuali. Prete diocesano, sceglie tardi la Trappa. Estremamente sensibile, dovrà convivere con sei by-pass coronarici dopo la prima visita del GIA al monastero nel Natale 1993.

Frère Paul Favre-Miville, 57 anni, monaco dal 1984, in Algeria dal 1989. Un savoiardo fino al midollo, che ha trovato solo a 45 anni il suo cammino verso le vette. Prima è stato idraulico e ha fatto il militare in A1geria come ufficiale paracadutista. A Tibhirine è l'uomo dell'acqua, quello che mette in funzione un impianto di irrigazione per gli orti. Nel marzo 1996 era appena rientrato da una sosta in famiglia, portando una scorta di vanghe e dei giovani faggi da piantare. Perché Tibhirine significa "giardino"...


Dal testamento spirituale di padre Christian:


La mia vita non ha valore più di un’altra. Non ne ha neanche di meno. In ogni caso non ha l’innocenza dell’infanzia. Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimè, prevalere nel mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca. Venuto il momento, vorrei poter avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nello stesso tempo di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito.
Non potrei augurarmi una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo. Non vedo, infatti, come potrei rallegrarmi del fatto che questo popolo che io amo venisse indistintamente accusato del mio assassinio. Sarebbe pagare a un prezzo troppo alto ciò che verrebbe chiamata, forse, la “grazia del martirio”, doverla da un algerino, chiunque sia, soprattutto se egli dice di agire in fedeltà a ciò che crede essere l’Islam.
So di quale disprezzo hanno potuto essere circondati gli algerini, globalmente presi, e conosco anche quali caricature dell’Islam incoraggia un certo islamismo. È troppo facile mettersi la coscienza a posto identificando questa via religiosa con gli integralismi dei suoi estremismi. L’Algeria e l’Islam, per me, sono un’altra cosa, sono un corpo e un’anima.
L’ho proclamato abbastanza, mi sembra, in base a quanto ho visto e appreso per esperienza, ritrovando così spesso quel filo conduttore del Vangelo appreso sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima Chiesa proprio in Algeria, e, già allora, nel rispetto dei credenti musulmani.
La mia morte, evidentemente, sembrerà dare ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo, o da idealista: “Dica, adesso, quello che ne pensa!”. Ma queste persone debbono sapere che sarà finalmente liberata la mia curiosità più lancinante. Ecco, potrò, se a Dio piace, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i Suoi figli dell’Islam così come li vede Lui, tutti illuminati dalla gloria del Cristo, frutto della Sua Passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre di stabilire la comunione, giocando con le differenze.
Di questa vita perduta, totalmente mia e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per questa gioia, attraverso e nonostante tutto.
In questo “grazie” in cui tutto è detto, ormai della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi, amici di qui, insieme a mio padre e a mia madre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e a loro, centuplo regalato come promesso!
E anche te, amico dell’ultimo minuto che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo “grazie”, e questo “a-Dio” nel cui volto ti contemplo. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in Paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen! Inch’Allah.


Santi e Beati
"Cristo mia speranza è Risorto!"
"Cristo mia speranza è Risorto!"
"Cristo mia speranza è Risorto!"

27 marzo 2016

Salmo 135 Il grande Hallel

Alleluia.
Lodate il Signore perché è buono:
perché eterna è la sua misericordia.
Lodate il Dio degli dèi:
perché eterna è la sua misericordia.
Lodate il Signore dei signori:
perché eterna è la sua misericordia.
Egli solo ha compiuto meraviglie:
perché eterna è la sua misericordia.
Ha creato i cieli con sapienza:
perché eterna è la sua misericordia.
Ha stabilito la terra sulle acque:
perché eterna è la sua misericordia.
Ha fatto i grandi luminari:
perché eterna è la sua misericordia.
Il sole per regolare il giorno:
perché eterna è la sua misericordia;
la luna e le stelle per regolare la notte:
perché eterna è la sua misericordia.
Percosse l'Egitto nei suoi primogeniti:
perché eterna è la sua misericordia.
Da loro liberò Israele:
perché eterna è la sua misericordia;
con mano potente e braccio teso:
perché eterna è la sua misericordia.
Divise il mar Rosso in due parti:
perché eterna è la sua misericordia.
In mezzo fece passare Israele:
perché eterna è la sua misericordia.
Travolse il faraone e il suo esercito nel mar Rosso:
perché eterna è la sua misericordia.
Guidò il suo popolo nel deserto:
perché eterna è la sua misericordia.
Percosse grandi sovrani
perché eterna è la sua misericordia;
uccise re potenti:
perché eterna è la sua misericordia.
Seon, re degli Amorrei:
perché eterna è la sua misericordia.
Og, re di Basan:
perché eterna è la sua misericordia.
Diede in eredità il loro paese;
perché eterna è la sua misericordia;
in eredità a Israele suo servo:
perché eterna è la sua misericordia.
Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi:
perché eterna è la sua misericordia;
ci ha liberati dai nostri nemici:
perché eterna è la sua misericordia.
Egli dà il cibo ad ogni vivente:
perché eterna è la sua misericordia.
Lodate il Dio del cielo:
perché eterna è la sua misericordia.

ALLELUIA! Cristo, nostra Pasqua, è risorto! ALLELUIA!

26 marzo 2016

O Croce di Cristo, simbolo dell’amore divino e dell’ingiustizia umana, icona del sacrificio supremo per amore e dell’egoismo estremo per stoltezza, strumento di morte e via di risurrezione, segno dell’obbedienza ed emblema del tradimento, patibolo della persecuzione e vessillo della vittoria.
O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo eretta nelle nostre sorelle e nei nostri fratelli uccisi, bruciati vivi, sgozzati e decapitati con le spade barbariche e con il silenzio vigliacco.
O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei volti dei bambini, delle donne e delle persone, sfiniti e impauriti che fuggono dalle guerre e dalle violenze e spesso non trovano che la morte e tanti Pilati con le mani lavate.
O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei dottori della lettera e non dello spirito, della morte e non della vita, che invece di insegnare la misericordia e la vita, minacciano la punizione e la morte e condannano il giusto.
O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei ministri infedeli che invece di spogliarsi delle proprie vane ambizioni spogliano perfino gli innocenti della propria dignità.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei cuori impietriti di coloro che giudicano comodamente gli altri, cuori pronti a condannarli perfino alla lapidazione, senza mai accorgersi dei propri peccati e colpe.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei fondamentalismi e nel terrorismo dei seguaci di qualche religione che profanano il nome di Dio e lo utilizzano per giustificare le loro inaudite violenze.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi in coloro che vogliono toglierti dai luoghi pubblici ed escluderti dalla vita pubblica, nel nome di qualche paganità laicista o addirittura in nome dell’uguaglianza che tu stesso ci hai insegnato.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei potenti e nei venditori di armi che alimentano la fornace delle guerre con il sangue innocente dei fratelli.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei traditori che per trenta denari consegnano alla morte chiunque.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei ladroni e nei corrotti che invece di salvaguardare il bene comune e l’etica si vendono nel misero mercato dell’immoralità.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi negli stolti che costruiscono depositi per conservare tesori che periscono, lasciando Lazzaro morire di fame alle loro porte.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei distruttori della nostra “casa comune” che con egoismo rovinano il futuro delle prossime generazioni.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi negli anziani abbandonati dai propri famigliari, nei disabili e nei bambini denutriti e scartati dalla nostra egoista e ipocrita società.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nel nostro Mediterraneo e nel mar Egeo divenuti un insaziabile cimitero, immagine della nostra coscienza insensibile e narcotizzata.
O Croce di Cristo, immagine dell’amore senza fine e via della Risurrezione, ti vediamo ancora oggi nelle persone buone e giuste che fanno il bene senza cercare gli applausi o l’ammirazione degli altri.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei ministri fedeli e umili che illuminano il buio della nostra vita come candele che si consumano gratuitamente per illuminare la vita degli ultimi.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei volti delle suore e dei consacrati – i buoni samaritani – che abbandonano tutto per bendare, nel silenzio evangelico, le ferite delle povertà e dell’ingiustizia.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei misericordiosi che trovano nella misericordia l’espressione massima della giustizia e della fede.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nelle persone semplici che vivono gioiosamente la loro fede nella quotidianità e nell’osservanza filiale dei comandamenti.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei pentiti che sanno, dalla profondità della miseria dei loro peccati, gridare: Signore ricordati di me nel Tuo regno!
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei beati e nei santi che sanno attraversare il buio della notte della fede senza perdere la fiducia in te e senza pretendere di capire il Tuo silenzio misterioso.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nelle famiglie che vivono con fedeltà e fecondità la loro vocazione matrimoniale.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei volontari che soccorrono generosamente i bisognosi e i percossi.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei perseguitati per la loro fede che nella sofferenza continuano a dare testimonianza autentica a Gesù e al Vangelo.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei sognatori che vivono con il cuore dei bambini e che lavorano ogni giorno per rendere il mondo un posto migliore, più umano e più giusto.
In te Santa Croce vediamo Dio che ama fino alla fine, e vediamo l’odio che spadroneggia e acceca i cuori e le menti di coloro preferiscono le tenebre alla luce.
O Croce di Cristo, Arca di Noè che salvò l’umanità dal diluvio del peccato, salvaci dal male e dal maligno! O Trono di Davide e sigillo dell’Alleanza divina ed eterna, svegliaci dalle seduzioni della vanità! O grido di amore, suscita in noi il desiderio di Dio, del bene e della luce.
O Croce di Cristo, insegnaci che l’alba del sole è più forte dell’oscurità della notte. O Croce di Cristo, insegnaci che l’apparente vittoria del male si dissipa davanti alla tomba vuota e di fronte alla certezza della Risurrezione e dell’amore di Dio che nulla può sconfiggere od oscurare o indebolire. Amen!
Papa Francesco


[© Copyright – Libreria Editrice Vaticana]

Sabato Santo

Gesù dunque, vedendo sua madre e presso di lei il discepolo che egli amava, disse a sua madre: «Donna, ecco tuo figlio!» Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!» E da quel momento, il discepolo la prese in casa sua

25 marzo 2016

Venerdì Santo

Dalle «Catechesi» di san Giovanni Crisostomo, vescovo
(Catech. 3, 13-19; SC 50, 174-177)

Vuoi conoscere la forza del sangue di Cristo? Richiamiamone la figura, scorrendo le pagine dell'Antico Testamento.
«Immolate, dice Mosè, un agnello di un anno e col suo sangue segnate le porte» (cfr. Es 12, 1-14). Cosa dici, Mosè? Quando mai il sangue di un agnello ha salvato l'uomo ragionevole? Certamente, sembra rispondere, non perché è sangue, ma perché è immagine del sangue del Signore. Molto più di allora il nemico passerà senza nuocere se vedrà sui battenti non il sangue dell'antico simbolo, ma quello della nuova realtà, vivo e splendente sulle labbra dei fedeli, sulla porta del tempio di Cristo.
Se vuoi comprendere ancor più profondamente la forza di questo sangue, considera da dove cominciò a scorrere e da quale sorgente scaturì. Fu versato sulla croce e sgorgò dal costato del Signore. A Gesù morto e ancora appeso alla croce, racconta il vangelo, s'avvicinò un soldato che gli aprì con un colpo di lancia il costato: ne uscì acqua e sangue. L'una simbolo del Battesimo, l'altro dell'Eucaristia. Il soldato aprì il costato: dischiuse il tempio sacro, dove ho scoperto un tesoro e dove ho la gioia di trovare splendide ricchezze. La stessa cosa accadde per l'Agnello: i Giudei sgozzarono la vittima ed io godo la salvezza, frutto di quel sacrificio.
E uscì dal fianco sangue ed acqua (cfr. Gv 19, 34). Carissimo, non passare troppo facilmente sopra a questo mistero. Ho ancora un altro significato mistico da spiegarti. Ho detto che quell'acqua e quel sangue sono simbolo del battesimo e dell'Eucaristia. Ora la Chiesa è nata da questi due sacramenti, da questo bagno di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito santo per mezzo del Battesimo e dell'Eucaristia. E i simboli del Battesimo e dell'Eucaristia sono usciti dal costato. Quindi è dal suo costato che Cristo ha formato la Chiesa, come dal costato di Adamo fu formata Eva.
Per questo Mosè, parlando del primo uomo, usa l'espressione: «ossa delle mie ossa, carne della mia carne» (Gn 2, 23), per indicarci il costato del Signore. Similmente come Dio formò la donna dal fianco di Adamo, così Cristo ci ha donato l'acqua e il sangue dal suo costato per formare la Chiesa. E come il fianco di Adamo fu toccato da Dio durante il sonno, così Cristo ci ha dato il sangue e l'acqua durante il sonno della sua morte.
Vedete in che modo Cristo unì a sé la sua Sposa, vedete con quale cibo ci nutre. Per il suo sangue nasciamo, con il suo sangue alimentiamo la nostra vita. Come la donna nutre il figlio col proprio latte, così il Cristo nutre costantemente col suo sangue coloro che ha rigenerato.

24 marzo 2016

Messa in Cena Domini

Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!»
Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».


23 marzo 2016

Il “cristero” 14enne José, morto martire, sarà santo

Il 22 gennaio papa Francesco ha firmato il decreto che riconosce un miracolo al giovane José Sanchez del Rio, autorizzando così la sua canonizzazione. Il 14enne messicano è morto martire nel 1928 durante la rivolta dei “cristeros”, che si opposero alle persecuzioni anticattoliche ordinate dall’allora presidente del Messico imbracciando le armi.

«VIVA CRISTO RE!». Il giovane si era unito alla rivoluzione per amore di Cristo Re e della Madonna di Guadalupe. Troppo piccolo per combattere, era diventato il portabandiera di quello strano esercito. Il 6 febbraio 1928, nella cruenta battaglia di Cotija, venne catturato dall’esercito governativo. I soldati gli offrirono la liberazione e ogni bene, chiedendogli in cambio di rinnegare la sua fede. Davanti al suo rifiuto, il 10 febbraio alle 23, lo torturarono e lo portarono al cimitero. Qui gli chiesero per l’ennesima volta di rinnegare la sua fede, ma il giovane continuò a gridare «Viva Cristo Re!». Infastiditi dalla sua ostinazione, lo accoltellarono alla schiena e lo finirono con un colpo di pistola.

LA LETTERA. Sul corpo gli ritrovarono questo biglietto: «Cara mamma, mi hanno catturato, stanotte sarò fucilato. Ti prometto che in Paradiso preparerò un buon posto per tutti voi. Firmato: Il tuo Josè, che muore in difesa della fede cattolica per amore di Cristo Re e della Madonna di Guadalupe».

PRESTO SANTO. La storia di José Sanchez del Rio è al centro del film Cristiada, portato nelle sale italiane nel 2014 anche grazie al settimanale Tempi. Il giovane è stato beatificato nel 2005 da Benedetto XVI e sarà presto santo. Nel video, la scena del film che descrive il martirio di José.

Tempi.it

«Con le vostre leggi democratiche vi invaderemo; con le nostre leggi religiose vi domineremo»

Oggi la popolazione musulmana a Bruxelles si avvicina a un terzo del totale dei residenti. Non bisogna avere paura dell’altro, ma dobbiamo sapere chi siamo



A cadaveri ancora caldi, nelle prime ore successive agli attentati di Bruxelles, il nostrano Espresso, versione online, se la prendeva con gli “sciacalli” del centrodestra. Se la prendeva con Salvini e con Gasparri, colpevoli di aver postato l’invito a “ripulire le città”. Ennesimo massacro, ennesimo riflesso della sinistra al caviale a indignarsi col “populista” piuttosto che col terrorista.

Insomma, o ti limiti all’indignazione famelica di girotondi e ai richiami alla prevenzione cosiddetta di intelligence. O sei fuori dalla corretta interpretazione dell’ennesima e bestiale strage a cui non riescono mai a dare l’aggettivo giusto, corretto, scritto nelle rivendicazioni dell’Isis e di al Qaeda, e che non è “chissàchisarà”.

Già, l’islam non è tutto uguale, non è monolitico, non è violento ci dicono. È “religione di pace” e, anzi, aggiunge la sinistra al caviale, è più “pacifico” della Chiesa cattolica, delle crociate e via discorrendo, evocando sempre lo stesso rosario di “fondamentalismo cristiano” costruito sull’aneddotica volterriana e comunista, nazista e qualunquista. Non gli viene mica in mente di appellarsi e premere anche sull’islam pacifico. Perché dimostri nei fatti che lo è, scacciando e perseguendo chi nelle proprie fila pacifico non è. No, si accettano solo parole buone, condoglianze col fiore, imam che recitano preghiere ma nessuna condanna al fondamentalismo e all’odio che si insegnano in molte moschee di tutta Europa.

Davanti alla crudele realtà presente che ti dice: “O ti difendi militarmente o sei morto, presto o tardi sei morto”, la loro risposta è: “Populista, sciacallo, fascista”. Perciò, Salvini deve stare zitto. E deve stare zitto Gasparri. E zitti tutti coloro che non rappresentano l’anima bella e pacifista della borghesia che ci governa con pensieri buoni, i girotondi solidali, i benestanti che guardano il mondo affacciati dal finestrino di un taxi e cortei antimafia.

Bruxelles ne è l’esempio eloquente. Capitale dell’Europa borghese, burocratica e anticristiana, cresciuta nell’arroganza laicista di tenere fuori dalla vita associata la storia e la presenza che si riflette in gente, cattedrali e università d’eccellenza. Conformemente al “religiosamente corretto”, è stata tra le prime città europee a sostituire gli auguri natalizi e pasquali con le “vacanze d’Inverno” e le “vacanze di primavera”. Però ha spalancato le porte a ogni genere di investimento islamico. Moschee saudite e scuole coraniche integraliste comprese.

Come le principali città del Vecchio Continente, da Londra a Berlino, da Parigi a Stoccolma, la sinistra alla bruxellese ha lasciato crescere interi quartieri all’ombra della sharia. E per ideologia multiculti ha preferito aprire le scuole all’insegnamento delle sure del Corano piuttosto che al Vangelo. Per un pugno di casi di pedofilia, i poliziotti belgi hanno perquisito ordini e comunità religiose cattoliche e tenuto agli arresti domiciliari l’intera conferenza episcopale cattolica. Mentre il giulivo nichilismo socialista ha scacciato dal discorso pubblico qualunque sentimento cristiano abbia osato mettere in discussione il crescente delirio di leggi che mettono a morte vecchi e bambini in nome della dignità della vita.

Da quanto tempo ci stanno martellando dal cuore dell’Europa moderna e progredita l’idea che le religioni sono tutte uguali, e che però bisogna affamare le scuole cattoliche e sbattere fuori dalla società Gesù, presepi e crocifissi? Con quale malizia assaltano la difesa della vita secondo la più elementare concezione umana e cristiana della vita e passeggiano sui corpi dei bambini mai nati come un “diritto riproduttivo”?

Ecco, la capitale dell’Europa amministrata secondo il vuoto spinto delle direttive tecnocratiche e del destrutturalismo antropologico, del disprezzo per le proprie radici e nell’illusione di pace comprata al prezzo di uno spinello, si trova ora tragicamente esposta a una serie di attacchi criminali che la mettono brutalmente davanti alle propria nudità politica, culturale e religiosa.

Infatti, con tutto il buonismo che dà di “sciacalli” e “populisti” a chi non trova istruzioni civili e cultura politica che si siano mai ribellati al fondamentalismo vero, quello islamista e quello del laicismo fanatico, si poteva e si doveva intervenire per tempo ricordando anche il semplice dato statistico rilevato anni fa da un politicamente e religiosamente scorretto giornalista di Libero e di Radio Maria, Andrea Morigi. «Tra vent’anni il cuore dell’Europa tecnocratica sarà definitivamente trasformato in un suq arabo, con i 250-300 mila musulmani che rappresentano già un quarto della popolazione di Bruxelles». Era l’anno 2011. Oggi la popolazione musulmana a Bruxelles si avvicina a un terzo del totale dei residenti. Non bisogna avere paura dell’altro, è vero. Però devi sapere chi sei tu, perché l’altro, terrore o non terrore, non ti sottometta.
Del resto non era un Salvini il monsignor Bernardini, vescovo di Smirne, Turchia, che il 13 ottobre 1999, nel corso della secondo assemblea speciale per l’Europa del sinodo si alzò e disse: «Durante un incontro ufficiale sul dialogo islamo-cristiano, un autorevole personaggio musulmano, rivolgendosi ai partecipanti cristiani, disse a un certo punto con calma e sicurezza: “Grazie alle vostre leggi democratiche vi invaderemo; grazie alle nostre leggi religiose vi domineremo”. C’è da crederci, perché il “dominio” è già cominciato con i petrodollari, usati non per creare lavoro nei paesi poveri del Nord Africa e del Medio Oriente, ma per costruire moschee e centri culturali nei paesi dell’immigrazione islamica, compresa Roma, centro della cristianità. Come non vedere in tutto questo un chiaro programma di espansione e di riconquista? È un fatto che termini come “dialogo”, “giustizia”, “reciprocità”, o concetti come “diritti dell’uomo”, “democrazia”, hanno per i musulmani un significato completamente diverso dal nostro. Sappiamo tutti che bisogna distinguere la minoranza fanatica e violenta dalla maggioranza tranquilla e onesta, ma questa, ad un ordine dato in nome di Allah o del Corano, marcerà sempre compatta e senza esitazioni. La storia ci insegna che le minoranze decise riescono sempre ad imporsi alle maggioranze rinunciatarie e silenziose».

È vero, ci sono in giro anche gli “sciacalli”. Ma al momento, purtroppo, i cretini li sopravanzano.

fonte: Tempi.it

Tu sei la mia salvezza!

Chi mi farà riposare in te,
chi ti farà venire nel mio cuore a inebriarlo?


Allora dimenticherei i miei mali,
e il mio unico bene abbraccerei: te.


Cosa sei per me? Abbi misericordia, affinché io parli.
E cosa sono io stesso per te, sì che tu mi comandi di amarti e ti adiri verso di me e minacci, se non ubbidisco, gravi sventure, quasi fosse una sventura lieve l'assenza stessa di amore per te?


Oh, dimmi, per la tua misericordia,
Signore Dio mio, cosa sei per me.


Di' all'anima mia: la salvezza tua io sono. Dillo, che io l'oda.
Ecco, le orecchie del mio cuore stanno davanti alla tua bocca, Signore.

Aprile e di' all'anima mia: la salvezza tua io sono.

Rincorrendo questa voce io ti raggiungerò,
e tu non celarmi il tuo volto.
Che io muoia per non morire, per vederlo.

Sant'Agostino



22 marzo 2016

Bono degli U2: «Gesù? o era Dio o era un pazzo»


Parola di Paul Hewson, in arte Bono Vox, il cantante degli U2, che in un’intervista rilasciata alla RTE, la tv nazionale irlandese, ha affrontato il tema del proprio rapporto con la religione. Secondo il carismatico artista, molto impegnato anche in ambito sociale, la domanda fondamentale per il cristiano è «Chi è Cristo?». «Io non credo - osserva Bono - che la questione si possa liquidare dicendo “un pensatore”, un “grande filosofo” . Lui ha affermato di essere il Messia, il Figlio di Dio e per questo motivo è stato crocifisso. Dal mio punto di vista o era il Figlio di Dio, oppure si trattava di un pazzo». 
Bono ha sviluppato il suo ragionamento: «Trovo difficile immaginare che milioni di persone da più di duemila anni siano stati toccati da quella presenza, abbiano cambiato la propria vita perché ispirati da un pazzo. No, non lo credo».
Il cantante irlandese osserva che le Sacre Scritture sono piene di «poesia e di fatti storici». Quanto, poi, al suo rapporto con la preghiera, il leader degli U2 dice di «pregare per arrivare a capire la volontà di Dio». Di più: «La persona di Cristo è il mio modo di capire Dio». E aggiunge: «Preghiamo con i nostri figli, leggiamo le Scritture, a volte andiamo tutti insieme a messa la domenica. Di solito preghiamo per le persone che conosciamo, soprattutto per quelle che stanno combattendo contro qualcosa, magari una malattia…». 
Insomma, chiede l’intervistatore, Bono Vox crede davvero che Gesù era Dio e che è risorto dai morti? «Sì», risponde semplicemente lui.

Fonte: La Stampa

U2 Yahweh Live From Chicago

Ebbene si!, esisteste anche una traduzione geovista in italiano di Yahweh. Un obbrobrio!
Provate ad immaginare Bono Vox mentre canta: Geova!.... Geova!


21 marzo 2016

FURBATE GEOVISTE: un "OGGI" proprio indigesto




è possibile che tra voi c'è chi ha ricevuto l'invito alla "commemorazione" dei testimoni i di geova. Quello che segue è l'invito che ho trovato nella mia cassetta delle lettere.

La prima cosa che mi sono chiesto è stato: e il fatidico "OGGI" che fine ha fatto?
Il malfattore accanto a Gesù che muore con Lui in quello stesso giorno, i geovisti in paradiso in quello stesso giorno proprio non ce lo vogliono mandare, rinviano tutto a data da destinarsi senza farsi alcuno scrupolo di manipolare la Scrittura.

"Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». Ma l'altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «IN VERITÀ TI DICO, OGGI SARAI CON ME NEL PARADISO»."
Luca 23,39-43


20 marzo 2016

Accogli, o Dio pietoso, le preghiere e le lacrime
che il tuo popolo effonde in questo tempo santo.

Tu che scruti e conosci i segreti dei cuori,
concedi ai penitenti la grazia del perdono.

Grande è il nostro peccato, ma più grande è il tuo amore:
cancella i nostri debiti a gloria del tuo nome.

Risplenda la tua lampada sopra il nostro cammino,
la tua mano ci guidi alla meta pasquale.

Ascolta, o Padre altissimo, tu che regni nei secoli
con il Cristo tuo Figlio e lo Spirito Santo. Amen.

 

La folla: dagli “osanna” passa al “sia crocifisso”

Dovremmo chiederci perché le stesse persone che osannano il Figlio di Davide pochi giorni dopo lo abbandonano e lo tradiscono? Perché i progetti omicidi si trasformano in realtà? Le risposte potrebbero essere innumerevoli, il Signore Gesù e i cristiani sono persone scomode.
Dobbiamo essere realisti, a volte percepiamo come se Dio ci abbandonasse. Ci chiediamo dove sia la ricompensa per tutto il bene che facciamo. In questa settimana, più che fare domande al Signore, potremmo decidere di fargli compagnia. Sapremo rinunciare per una settimana alle nostre rivendicazioni verso Dio per stare accanto a lui? L’iniziativa divina di scendere in mezzo alle sue creature avrebbe meritato ben diversa ricompensa che solitudine, passione e morte. Cristo non si aspettava condottieri che lo liberassero, ma compagnia e compassione. Entriamo con il cuore di Maria santissima nel mistero pasquale che ci rivela lo smisurato amore di Dio per l’umanità.

+ PASSIONE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO SECONDO LUCA
– HO TANTO DESIDERATO MANGIARE QUESTA PASQUA CON VOI, PRIMA DELLA MIA PASSIONE
Quando venne l’ora, [Gesù] prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi, perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio».
– FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME
Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».
– GUAI A QUELL’UOMO DAL QUALE IL FIGLIO DELL’UOMO VIENE TRADITO! 
«Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito!». Allora essi cominciarono a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo.
– IO STO IN MEZZO A VOI COME COLUI CHE SERVE
E nacque tra loro anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. Egli disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve. Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno. E siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.
– TU, UNA VOLTA CONVERTITO, CONFERMA I TUOI FRATELLI
Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte». Gli rispose: «Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi».
– DEVE COMPIERSI IN ME QUESTA PAROLA DELLA SCRITTURA
Poi disse loro: «Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla». Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: “E fu annoverato tra gli empi”. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento». Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli disse: «Basta!».
– ENTRATO NELLA LOTTA, PREGAVA PIÙ INTENSAMENTE
Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».
– GIUDA, CON UN BACIO TU TRADISCI IL FIGLIO DELL’UOMO? 
Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?». Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. Ma Gesù intervenne dicendo: «Lasciate! Basta così!». E, toccandogli l’orecchio, lo guarì. Poi Gesù disse a coloro che erano venuti contro di lui, capi dei sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: «Come se fossi un ladro siete venuti con spade e bastoni. Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete mai messo le mani su di me; ma questa è l’ora vostra e il potere delle tenebre».
– USCITO FUORI, PIETRO, PIANSE AMARAMENTE
Dopo averlo catturato, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. Avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno; anche Pietro sedette in mezzo a loro. Una giovane serva lo vide seduto vicino al fuoco e, guardandolo attentamente, disse: «Anche questi era con lui». Ma egli negò dicendo: «O donna, non lo conosco!». Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei uno di loro!». Ma Pietro rispose: «O uomo, non lo sono!». Passata circa un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questi era con lui; infatti è Galileo». Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.
– FA’ IL PROFETA! CHI È CHE TI HA COLPITO? 
E intanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo deridevano e lo picchiavano, gli bendavano gli occhi e gli dicevano: «Fa’ il profeta! Chi è che ti ha colpito?». E molte altre cose dicevano contro di lui, insultandolo.
– LO CONDUSSERO DAVANTI AL LORO SINEDRIO
Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al loro Sinedrio e gli dissero: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». Rispose loro: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma d’ora in poi il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio». Allora tutti dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli rispose loro: «Voi stessi dite che io lo sono». E quelli dissero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca».
– NON TROVO IN QUEST’UOMO ALCUN MOTIVO DI CONDANNA
Tutta l’assemblea si alzò; lo condussero da Pilato e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». Pilato allora lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna». Ma essi insistevano dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui». Udito ciò, Pilato domandò se quell’uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.
– ERODE CON I SUOI SOLDATI INSULTA GESÙ
Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell’accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia.
– PILATO ABBANDONA GESÙ ALLA LORO VOLONTÀ
Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: «Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.
– FIGLIE DI GERUSALEMME, NON PIANGETE SU DI ME
Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?».
Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori.
– PADRE, PERDONA LORO PERCHÉ NON SANNO QUELLO CHE FANNO
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.
– COSTUI È IL RE DEI GIUDEI
Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
– OGGI CON ME SARAI NEL PARADISO
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
– PADRE, NELLE TUE MANI CONSEGNO IL MIO SPIRITO
Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.
(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)
Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest’uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo.
– GIUSEPPE PONE IL CORPO DI GESÙ IN UN SEPOLCRO SCAVATO NELLA ROCCIA
Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del Sinedrio, buono e giusto. Egli non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Era di Arimatèa, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. Era il giorno della Parascève e già splendevano le luci del sabato. Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto.
Parola del Signore.