31 ottobre 2012

Chi pensate che abbia scritto queste parole?

Un qualche devoto cattolico mariano, un santo della chiesa cattolica, qualche papa?:

1) "E’ una credenza dolce e pia che l’infusione dell’anima di Maria fu effettuata senza peccato originale, cosicché nella stessa infusione della sua anima ella fu anche purificata dal peccato originale e adornata di doni di Dio, ricevendo un’anima pura infusa da Dio; perciò dal primo momento che ella cominciò a vivere, ella fu libera da ogni peccato"


2) "Ella è piena di grazia, viene dichiarata essere completamente senza peccato – qualcosa di estremamente grande. Perché la grazia di Dio la riempie di ogni cosa buona e la rende priva di ogni male"

3) "Cristo … fu il solo Figlio di Maria, e la Vergine Maria non ebbe altri figli oltre a Lui … Io sono incline ad essere d’accordo con quelli che dichiarano che ‘fratelli’ veramente significa ‘cugini’ qua, perché la Sacra Scrittura e gli Ebrei chiamano i cugini sempre fratelli"

4) "La dolce madre di Dio mi conceda lo Spirito, affinché io possa spiegare con sufficiente efficacia questo suo canto, per consentire a Vostra Grazia, e a noi tutti, di trarne una conoscenza che ci conduca alla salvezza e a una vita lodevole, in modo da poter celebrare e cantare questo eterno Magnificat nella vita eterna."


NO! TUTTO CIO' E' STATO SCRITTO DA MARTIN LUTERO,

IL PADRE DEL "SOLA SCRIPTURA", COLUI AL QUALE SI DEVE LA RIFORMA PROTESTANTE CHE POI HA DATO ORIGINE ALLE INFINITE DENOMINAZIONI PROTESTANTI TANTE DELLE QUALI HANNO FINITO PER RIGETTARE CIO' CHE SOSTENEVA IL LORO PADRE.

TANTI SUOI FIGLI, SPECIE TRA I PENTECOSTALI HANNO RINNEGATO IL LORO PADRE, E PER RINNEGARLO SI SONO SERVITI E SI SERVONO DEL "SOLA SCRIPTURA" DEL LORO PADRE, MARTIN LUTERO.

1) Sermone ‘Sul giorno della concezione della Madre di Dio’, 1527. M.Lutero
2) Libro di Preghiera Personale (‘Piccolo’), 1522. M.Lutero
3) Sermoni su Giovanni, cap. 1-4 [1539]. M.Lutero
4) Commento al Magnificat. 1521. M.Lutero

30 ottobre 2012

L'ho vista, l'ho vista! - Apparizione della Madonna all'ebreo Alfonso Ratisbonne e sua conversione

Giovedì 20 gennaio 1842 verso le 12.45, il giovane Alfonso Ratisbonne accompagna, per pura cortesia, l’amico Teodoro de Bussière nella Chiesa di S. Andrea delle Fratte in Roma. Mentre l’amico è in colloquio con il Parroco, Alfonso visita curioso, con sguardo freddo ed indifferente la Chiesa, dove si stanno facendo i preparativi per il funerale del conte di Laferronnays. Passati non più di 10 minuti, rientrato in Chiesa, l’amico Teodoro trova Alfonso inginocchiato davanti alla cappella di S. Michele, profondamente assorto, quasi in estasi. «Ho dovuto toccarlo tre o quattro volte – scrive due giorni dopo al fratello di Alfonso – e poi finalmente volse verso di me la faccia bagnata di lacrime, con le mani giunte e con un’espressione impossibile a rendersi... Poi estrasse dal petto la Medaglia Miracolosa, la coprì di baci e di lacrime e proferì queste parole: “Ah! Come sono felice, quanto è buono Dio, che pienezza di grazia e di felicità!”».1
Passata la commozione del momento, Alfonso viene accompagnato prima in albergo e poi nella Chiesa del Gesù, dal Padre Filippo Villefort che gli ordina di raccontare quanto ha visto e sperimentato. Alfonso, stringendo in mano la Medaglia Miracolosa, con commozione la bacia ed esclama: “L’ho vista, l’ho vista, l’ho vista!”. A stento poi, dominando la forte emozione, continua il suo racconto: «Stavo da poco in Chiesa, quando all’improvviso l’intero edificio è scomparso dai miei occhi, e non ho visto che una sola cappella sfolgorante di luce. In quello splendore è apparsa, in piedi, sull’altare, grande, fulgida, piena di maestà e di dolcezza, la Vergine Maria, così come è nella Medaglia Miracolosa. Una forza irresistibile mi ha spinto verso di Lei. La Vergine mi ha fatto segno con la mano di inginocchiarmi e sembrava volesse dirmi: “Così va bene!”. Lei non ha parlato, ma io ho compreso tutto!».1

Nella deposizione del Processo canonico del 18/19 Febbraio 1842, Alfonso completerà: «Alla presenza della SS. Vergine, quantunque non mi dicesse una parola, compresi l’orrore dello stato in cui mi trovavo, la deformità del peccato, la bellezza della Religione Cattolica: in una parola capii tutto!».1

Il 31 gennaio, nella Chiesa del Gesù, Alfonso Ratisbonne fa la sua abiura pubblica tra le mani del Cardinale Patrizi e riceve il Battesimo, prendendo anche il nome Maria. Diventerà Gesuita, Sacerdote e lavorerà con il fratello P. Teodoro, anche lui convertito, fondatore della Congregazione di Nostra Signora di Sion in Gerusalemme.

Alfonso Ratisbonne, penultimo di dieci figli, appartiene ad una famiglia ebrea di banchieri molto facoltosa, ma il cui senso religioso della tradizione ebraica e la fede nell’unico Dio si erano assai affievoliti, cedendo il posto all’interesse per il denaro. Orfano della mamma a quattro anni e del papà a quattordici, Alfonso è seguito dallo zio Luigi, ricchissimo banchiere senza figli, che provvede ai suoi studi. Frequenta il Collegio reale di Strasburgo, poi un Istituto protestante; consegue il Baccellierato in Lettere e quindi, a Parigi, la Laurea in Diritto.
Nella lettera autobiografica del 12 aprile 1842 al Padre Dufriche-Desgenettes, così descrive se stesso: «Amavo solo i piaceri; gli affari mi impazientivano e l’aria degli uffici mi soffocava: pensavo che nel mondo si vivesse solo per godere... Non sognavo che feste e piaceri e ad essi mi abbandonavo con passione... Ero un ebreo solo di nome, poiché non credevo nemmeno in Dio! Non aprii mai un libro di religione, e, nella casa di mio zio, come presso i miei fratelli e sorelle, non si praticava la minima Prescrizione del giudaismo».1
In mezzo a questa povertà spirituale, Alfonso ha due richiami a valori più nobili e degni di essere vissuti. Il primo è la conversione al cattolicesimo (1827) del fratello maggiore Teodoro, più anziano di lui di 12 anni, che diventerà Sacerdote e fondatore della Congregazione di Nostra Signora di Sion in Gerusalemme; il secondo è il fidanzamento (1841) con la nipote Flora, di appena sedici anni, figlia del fratello Adolfo.

La conversione del fratello Teodoro ha suscitato la reazione ostile di tutta la famiglia, come se avesse tradito il suo popolo. Alfonso dal canto suo rompe ogni relazione con lui e, quando Teodoro partendo saluta i familiari, assicurandoli che avrebbe pregato per tutti loro, Alfonso ride sarcasticamente.

Flora Ratisbonne, bella ed intelligente, minore di 11 anni rispetto ad Alfonso, è troppo giovane ed ancora in età minorile. Gli anziani della famiglia decidono di prendere tempo e di allontanare Alfonso da Strasburgo, con un lungo viaggio turistico, dovunque gli sia gradito. Egli decide per l’Oriente, attraverso la Costa Azzurra, l’Italia, Malta e l’Egeo, e Costantinopoli come meta finale. Flora, preoccupata per la sua salute e più per la sua fede ebraica, gli fa giurare di non visitare Roma perché vi perversa la malaria, e perché il centro della cattolicità è un pericolo di perversione.
Invece, per un insieme di contrattempi imprevisti e coincidenze non volute, Alfonso da Napoli giunge a Roma dove, per un semplice atto di cortesia verso il Barone Teodoro de Bussière, amico del fratello, accetta di portare al collo la Medaglia Miracolosa e di recitare la preghiera di S. Bernardo Ricordati piissima Vergine.

La Madonna lo attende nella Chiesa di S. Andrea delle Fratte il giovedì 20 gennaio, lo abbaglia e lo converte come S. Paolo sulla via di Damasco.

http://www.donbosco-torino.it/ita/Maria/calendario/2002-2003/La%20Madonna%20e%20Alfonso%20Ratisbonne.html

Gli eretici di oggi? niente di nuovo, sono solo gli eredi degli antichi eretici

TERTULLIANO
DE PRAESCRIPTIONE HAERETICORUM
(La prescrizione contro gli eretici)



XV. Bisogna energicamente difendersi contro dagli eretici

¶ La questione è proprio nel suo momento culminante: qua noi tendevamo, del resto; e con questa trattazione preliminare volevamo appunto dare soltanto inizio a ciò che costituisce il corpo dell'argomento nostro, per giungere poi alla lotta decisa su quei punti nei quali i nostri avversarî sono soliti provocarci. Ecco che essi tirano fuori le Sacre Scritture, e, con questa loro audace sicurezza, lì per lì, possono anche riuscire ad impressionare taluni: nell'accanimento della lotta poi, anche su chi ha forza di resistenza, producono un senso di stanchezza; riescono a fiaccare i deboli e a portarli con loro; quelli poi che non posseggono uno spirito veramente deciso e sicuro, li lasciano in un'intima perplessità e in un dubbio triste e angoscioso. Noi dobbiamo precluder loro questa strada, senza indugio, sopratutto; dobbiamo impedire agli eretici che essi possano scendere a qualunque discussione che riguardi le Sacre Scritture. Se i Libri Sacri costituiscono il fulcro della loro potenza, perchè essi se ne possano servire, è necessario prima esaminare e considerare perfettamente a chi spetti il possesso delle Sacre Scritture; e questo, per evitare che di esse possano usufruire coloro ai quali minimamente spettano.

XVI. Le Sacre Scrittore hanno avuto dagli eretici falsa interpretazione

¶ Potrebbe sembrare eventualmente che, per una certa debolezza, intrinseca alla causa da me sostenuta o per un certo tal qual desiderio di portare la discussione su un campo un po' diverso, io abbia posto questa questione preliminare: ma dal lato mio militano ragioni fermissime e incrollabili e, sopratutte, questa: che la fede nostra presenta il più assoluto ossequio all'Apostolo Paolo, il quale proibisce decisamente che si facciano discussioni, che si presti orecchio a qualunque voce di novità potesse giungerci, e che si abbia in certo modo relazione con chi è macchiato d'eresia, dopo, che noi abbiamo una sola volta cercato di correggerlo, e di trarlo dall' errore; non però dopo aver sostenuto con lui discussioni intorno alla diversità di dottrina. Mi pare che in tal modo ogni principio di disputa sia senz'altro dall'Apostolo condannato, dal momento che ci ha proprio indicato egli stesso, come unica ragione di potere avvicinar gli eretici, quella dì tentare una volta dì correggerli: una sola volta dico, ed è chiaro, perchè, chi è eretico, non si può considerare Cristiano. Quindi non è con lui da adoperarsi il sistema che si può, invece, usare con chi è Cristiano, di una correzione ripetuta cioè per due o tre volte e alla presenza di due o tre testimoni: con lui non c'è ragione di discussione: è solo il dovere di correzione che noi, una volta, possiamo tentare con chi è macchiato di eresia. Ma del resto, e volendo concludere, questa disputa sulle Scritture non credo porti ad utilità alcuna, se non quella di confondere e di turbare il cuore e la mente.

XXXII. Le Chiese Apostoliche e il loro insegnamento

¶ Ma poi, se vi siano eresie, le quali abbiano l'ardire di sostenere che esse sono strettamente congiunte alla purezza e all'integrità dell'Epoca Apostolica, così da voler quasi dimostrare che derivano in certo modo dagli Apostoli direttamente, perchè all'età loro fiorirono, noi possiamo risponder così:
Ci dimostrino chiaramente le origini, dunque, delle chiese loro; ce lo dichiarino in quale ordine si sono susseguiti i vescovi loro, cominciando dall'inizio e venendo giù ordinatamente nel tempo, in modo che quel primo vescovo possa a sua volta riconoscere come predecessore e sostenitore qualcuno degli Apostoli o di quei primi uomini apostolici che cogli Apostoli ebbero assoluta comunione di vita e di fede.

¶ È proprio seguendo questo sistema che le Chiese Apostoliche spiegano e dichiarano la loro vita, la loro gloria. Ecco che la Chiesa di Smirne afferma che fu Giovanni a porre a suo capo Policarpo, e la Chiesa di Roma riconosce che Clemente fu ordinato da Pietro. E così continuando, tutte le altre Chiese fanno ricordo dei loro vescovi, che posti in tal grado direttamente dagli Apostoli, rappresentano la semente prima, apostolica, di quella che fu poi la fioritura. Anche gli eretici possono forse portare qualcosa che stia a confronto colle nostre affermazioni? Ci si provino! Che c'è di non lecito per loro, dal momento che han potuto e saputo pronunziare parole piene di menzona? Ma per quanto essi possano inventare, non riporteranno da ciò vantaggio alcuno: quando le dottrine loro verranno paragonate colf integrità della dottrina apostolica, da quei loro caratteri di diversità e di contrarietà, risulterà chiaro che esse non possono derivare nè direttamente dagli Apostoli nè da un uomo apostolico. Come gli Apostoli non è ammissibile affatto che abbiano insegnato cose che fra loro non avessero la più assoluta armonia, così non è possibile che uomini apostolici abbiano divulgato dottrine contrarie a quelle degli Apostoli, almeno che non si siano allontanati da costoro.

¶ È proprio a un esame di questo genere che saranno chiamati anche da quelle Chiese le quali, pur non traendo il vanto della fondazione direttamente dagli Apostoli o da uomini apostolici, essendo esse di origine molto posteriore, si trovano d'accordo nella professione di una stessa fede; e così pure da quelle che ogni giorno stanno istituendosi, ma che per questa piena e completa unione di dottrina, sono ugualmente considerate apostoliche.

¶ Così le eresie, chiamate in massa ad una prova dalle Chiese nostre, perchè esse rendano chiaro e evidente il loro carattere di autenticità, adducano, su, via, le ragioni per le quali aspirano ad avere il nome di apostoliche! Ma se non lo sono! Come dunque, allora, potranno sostenere e provare d'essere quello che non sono? Ed è questa appunto la ragione per la quale le Chiese, che in qualche modo possono avere il nome di apostoliche, non vogliono accoglierle nel loro seno per alcuna relazione, o comunione con esse. E s'intende: appunto perchè, data la diversità della dottrina da loro sostenuta, esse non possono pretendere d'aspirare al nome di apostoliche.

http://www.tertullian.org/italian/de_praescriptione_haereticorum.htm

Altro che preti pedofili!......


Pastore evangelico accusato violenza sessuale si difende:

Avevo una banana in tasca....        

L’inglese The Sun dà notizia del processo al pastore evangelico David Morris, 60 anni, accusato di avere molestato una ragazzina di 12 anni durante una lezione d’inglese.

L’uomo di Dio si è difeso spiegando che ha di tanto in tanto l’abitudine di portare una banana in tasca e che quando ha preso la manina della piccola e l’ha messa sull’inguine, può darsi che lei avesse confuso la frutta con un membro maschile eretto...


29 ottobre 2012

L'inganno!... l'arma del demonio...

quale mezzo utilizzano gli evangelici pentecostali,per trascinare ignari nelle loro sette?....

non aggiungo altro!....

fate discernimento!

chi ha orecchi per intendere intenda!


“Li riconoscerete dai loro frutti: si raccoglie forse l’uva dalle spine, o i fichi dai cardi ? Ogni albero buono porta dei buoni frutti, ma l’albero cattivo porta dei frutti cattivi”



28 ottobre 2012

“Perciò riprendili severamente, affinché essi abbiano una fede sana e non vadano dietro a favole giudaiche e a comandamenti di uomini e non si allontanino dalla Verità” (Tito 1, 13-14).

Paolo scriveva questo a Tito perché vi erano degli uomini che andavano di casa in casa per sviare delle intere famiglie dalla verità (versetti 10-16).


Bibbia di Gerusalemme ed eresie pentecostali a confronto
http://eresiepentecostali.blogspot.it

27 ottobre 2012

Zolli, il rabbino capo di Roma convertito

[Lui parla di "compimento", non di "conversione"]

Anno 1945: lsrael Zolli, la più alta autorità ebraica di Roma si fa battezzare e diventa cattolico. Grande studioso dell'Antico Testamento, scopre che Gesù è il Messia. La vicenda narrata in un libro di un'altra ebrea convertita.
L'articolo che pubblichiamo, per fornire una ulteriore documentazione, è di Andrea Tornielli.

Di lui si è parlato per oltre mezzo secolo. L'evocare il suo nome significa ancora oggi creare imbarazzo, sdegno, scandalo. La sua autobiografia, Before the Dawn ("Prima dell'alba") splendido racconto di una conversione, non è mai stata pubblicata in Italia, nonostante il protagonista abbia vissuto nel nostro Paese la maggior parte della sua vita. Israel Zoller, italianizzato Italo Zolli, il rabbino capo di Roma che nel 1944 decise di chiedere alla Chiesa cattolica il battesimo - prendendo il nome di Eugenio in onore di Pio XII - perché era "arrivato" all'incontro decisivo con il Messia delle Sacre Scritture, è un personaggio cancellato dalla memoria della comunità ebraica e dimenticato dai cristiani.

Eppure, proprio nella storia di un grande studioso che disse di non aver rinnegato nulla del suo passato d'israelita ma soltanto di aver portato a compimento un percorso che dall'Antico Testamento porta a Cristo, è possibile ritrovare un originale spunto per una maggiore reciproca conoscenza tra cattolici ed ebrei.

È stata un'altra ebrea convertita, Judith Cabaud, a pubblicare la prima biografia di Zolli, tradotta in italiano dalla San Paolo (Il rabbino che si arrese a Cristo). Zolli era nato a Brodi, in Galizia nel settembre 1881, da una famiglia rabbinica benestante che perse poco dopo le sue ricchezze, confiscate dalla Russia zarista.

Fin da piccolo, Israel rimane colpito dalla figura di Gesù. Lo aveva visto la prima volta appeso a un muro, nella casa di un compagno di scuola e aveva chiesto: "Chi è quell'uomo crocifisso come un criminale?". Trasferitosi in Italia ai primi del Novecento, ottiene la laurea in Filosofia e diventa vice-rabbino e quindi rabbino capo di Trieste.

Nel 1938 pubblica un libro intitolato Il Nazareno, dedicato alla figura di Gesù. Nel volume, frutto di studi approfonditi, Israel non nasconde la sua crescente ammirazione per Cristo e arriva a scrivere che il Nazareno è colui che era stato annunciato da Isaia. Il rabbino si è dunque già convinto che il cristianesimo sia la continuazione e il compimento dell'ebraismo. in Europa, in quel periodo, il libro di Zolli passa inosservato: sono ben altre le preoccupazioni della comunità ebraica alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale, quando gli israeliti sono già da tempo vittime della barbara persecuzione nazista. Israel non intende compiere il passo definitivo in un momento così grave, non vuole che si possa neanche lontanamente pensare che lascia la religione dei suoi padri per aver salva la vita.

Nel 1940 gli viene offerto l'incarico di rabbino capo di Roma, cioè della più importante ed antica comunità ebraica della diaspora. La scelta cade su di lui non soltanto perché è uno studioso di grande valore, ma anche perché, dal punto di vista politico, è assolutamente al di sopra delle parti. Da anni, lui che conosceva il tedesco e aveva letto le farneticanti opere hitleriane in lingua originale, andava gridando la sua preoccupazione per la sorte degli ebrei. Molti dei capi della comunità romana, invece, sono collaboratori leali del governo fascista, e si credono fuori pericolo.

Dopo l'occupazione di Roma da parte dei tedeschi, l'8 settembre 1943, a nulla servono gli avvertimenti di Zolli, che invita i suoi correligionari a darsi alla macchia, e vorrebbe chiudere la Sinagoga, far sparire gli elenchi con i nomi degli israeliti. Il presidente della comunità, Ugo Foà, non gli dà ascolto, ma anzi lo accusano di essere un codardo. Quando la Gestapo mette una forte taglia sulla sua testa - il rabbino era il primo ad essere catturato e ucciso quando i nazisti mettevano le mani su una città - Zolli si rifugia in casa di amici cristiani, ma lascia il recapito di un intermediario e dunque può essere rintracciato in ogni momento dai membri della comunità.

Quando il colonnello Herbert Kappler chiede agli ebrei un riscatto di cinquanta chili d'oro per risparmiare loro la deportazione, Israel Zolli va personalmente in Vaticano a chiedere aiuto. Il Papa Pio XII dispone che l'oro mancante venga messo a disposizione, ma non servirà, dato che i romani hanno risposto generosamente all'appello e la comunità ebraica è riuscita da sola a mettere insieme il prezioso metallo. Il riscatto non servirà purtroppo ad evitare il terribile rastrellamento dei Ghetto di Roma, che avviene il 16 ottobre.

I capi della comunità che deridevano Zolli sono costretti a fuggire, oltre duemila saranno deportati, quasi tutti non faranno mai ritorno dai lager nazisti. Alla fine della guerra, gli Alleati richiamano Zolli come rabbino capo: non è mai stato un collaborazionista, ma si rifiuta di accusare i suoi correligionari di fronte alle autorità americane.

Nel settembre 1944, durante la festa dello Yom Kippur nella Sinagoga di Roma, il rabbino ha una visione. Gesù gli appare e gli dice che quella sarebbe stata l'ultima volta che celebrava in quel luogo. Il 13 febbraio 1945, in gran segreto, riceve il battesimo, seguito nei mesi successivi dalla moglie e dalla figlia. Sceglie il nome di Eugenio, perché, spiega "L’ebraismo mondiale ha un debito di grande gratitudine verso Pio XII". Gli ebrei fanno di tutto per dissuaderlo: gli vengono offerte dagli Usa cifre esorbitanti di denaro. Sarà da allora dipinto come un "serpente", un "traditore". Per anni lui e la sua famiglia, che vivrà in assoluta povertà, sarà oggetto di ingiurie, al punto da vedersi costretto a rifugiarsi nell'università dei Gesuiti. Eugenio Zolli, l’"arrivato", morirà nel marzo 1956.

Ricorda: "Gesù che avrebbe potuto convertire le pietre in pane, digiuna per quaranta giorni nel deserto; egli che avrebbe potuto chiamare in sua difesa intere legioni di angeli, comanda a Pietro di rinfoderare la spada con cui ha tagliato l'orecchio di Malco; ma egli ridona la vista ai ciechi, monda i lebbrosi, risuscita i morti; egli combatte contro un nemico solo: il male; e i nemici vanno perdonati e fatti oggetto di preghiere al Padre". (Eugenio Zolli, L'Ebraismo, Editrice Studium, Roma 1953, p. 57).

Bibliografia

Judth Cabaud, Il rabbino che s'arrese a Cristo, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2002. Eugenio Zolli, Before the dawn, riflessioni autobiografiche, Sheed and Ward, New York 1954. Eugenio Zolli, Christus, Edizioni AVE, Roma 1946.
Eugenio Zolli, L'Ebraismo, Editrice Studium, Roma 1953.

La conversione Di Alec Guinness, protagonista di Star Wars

Uno dei migliori attori del XX° secolo, morte negli anni 2000, porta il nome di Alec Guinness, idolo indiscusso di una generazione per il ruolo di Maestro Jedi Obi Wan Kenobi in Star Wars. Guinness era comunque già noto al grande pubblico per altri ruoli di grande prestigio, che lo portarono a vincere l’Oscar nel 1957.

Il suo biografo, nel libro: “Alec Guinness: The Authorised Biography” (Simon & Schuster 2005), ha evidenziato la sua conversione al cattolicesimo, sottolineando che egli non era affatto anglicano ma proveniva dall’ateismo. Venne descritto come ateo, ubriaco e omosessuale, atteggiamento, quest’ultimo, che manterrà anche dopo la conversione, pur riconoscendo la necessità di seguire l’insegnamento e la proposta della Chiesa alle persone omosessuali.

Lui stesso ha scritto che passioni di questo tipo potrebbero «essere controllate, ma non curate, attraverso la preghiera, il pentimento e la grazia di Dio». Ogni mattina, Guinness si abituò a recitare un versetto del Salmo 143: «Lascia che io percepisca la tua gentilezza amorevole al mattino».

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Nato in Inghilterra, era anglicano per educazione, e nutriva un certo rifiuto per i cattolici. Nelle sue Memorie ci racconta
che girando il film Padre Brown (Il detective) in un piccolo villaggio francese, gli accadde un fatto che lo segnò per tutta la vita e che ebbe molta importanza per la sua conversione. Nel film recitava la parte del sacerdote cattolico. In una pausa di quattro ore andò a fare una passeggiata per il paese senza togliersi i costumi di scena.

E racconta: Era sera. Non ero molto lontano quando udii dei passi leggeri ed una voce stridula appellarmi: Padre. Un bambino di sette o otto anni mi prese la mano stringendola con forza, la dondolò e si mise a parlare senza fermarsi. Era pieno di fervore, saltava, si dimenava senza lasciarmi andare. Non mi riusciva di parlargli perché mi intimidiva il mio spaventoso francese. Benché io fossi un perfetto estraneo, pensava fossi un sacerdote e quindi qualcuno di cui fidarsi. D’improvviso con un “Buenas tardes, Padre” e una sottospecie di reverenza scomparve in un buco di uno steccato. Aveva avuto un’allegra e sicura compagnia fino a casa e a me aveva lasciato una strana e pacifica sensazione di gioia. Mentre proseguivo la mia passeggiata, riflettei sul fatto che una Chiesa capace di ispirare una confidenza tale in un bambino, facendo sì che i suoi sacerdoti, benché sconosciuti, fossero abbordabili, non poteva esser tanto intrigante e tenebrosa come si è soliti pensare. Cominciai a sciogliere i miei pregiudizi, formatisi molto tempo prima.
L’estate del 1955 fu molto felice per me. Un sabato pomeriggio salii in sella alla mia bicicletta e, quasi senza sforzo, percorsi i quattro chilometri che mi separavano da Petersfield, e mi ritrovai di fronte alla chiesa di san Lorenzo... Spiegai al parroco che ero anglicano e che desideravo essere istruito. Si dimostrò affabile, per nulla assillante e simpatico, e mi spiegò che anche lui era un ex anglicano... Poi scoprii che aveva accolto nella Chiesa il capitano del battaglione Cheshire, che deteneva la Croce della Vittoria. Decidemmo di ritrovarci le settimane seguenti...non trovando alcun ostacolo nella chiesa di San Lorenzo, decisi di cercare il negativo da qualche altra parte. Volevo vedere il cattolicesimo nelle sue sembianze più tetre e meno simpatiche. Quindi decisi di recarmi per qualche giorno in un monastero trappista, dove quasi sempre vi è silenzio e si dice che la vita è desolata... Misero a disposizione mia un monaco per discorrere con me quando lo desiderassi. Il padre Robert Hodge era stato sacerdote anglicano a Dartmouth; aveva 50 anni e non godeva di buona salute. Aveva un grande charme nel parlare e risultava quasi un ciarlatano: ero io quello che si poneva dei limiti, tranne nel formulare domande... Quando i monaci celebravano la messa in privato avevo come la sensazione reverenziale di un Dio in espansione, come se riempisse ogni cantuccio della chiesa e di tutto il mondo.
Poco tempo dopo mi recai in California per girare il film “The Swan” (Il Cigno), ma prima di partire dall’Inghilterra avevo promesso al Padre Henry Clarke che avrei fatto tutto il possibile per andare a messa tutte le domeniche. Il 24 marzo del 1956 a San Lorenzo, Petersfield, il padre Clarke accettò la mia riconciliazione con la Chiesa, con tatto e gentilezza. Come innumerevoli convertiti prima di me e dopo di me sentii che tornavo a casa e fu come se avessi visto quel luogo per la prima volta.
Qualche mese più tardi, quando ero in Ceylon, sul set del film “The bridge on the river Kwai” (Il ponte sul fiume Kwai) anche mia moglie Merula si convertì. Quando venne a trovarmi per alcune settimane, potemmo celebrare il nostro primo Natale come cattolici, in una piccola chiesa, i cui fianchi si aprivano su dei palmeti e la schiuma delle onde si infrangeva su una spiaggia riarsa, di sabbia bianca, con uccelli tropicali che svolazzavano sulle teste dei fedeli, in piedi sulla terra battuta, vestiti con tuniche dai vivi colori e pieni di profonda devozione. Pensai a come il mondo fosse povero, come questo apparisse un luogo aperto e soleggiato dove si conciliavano tutti gli opposti... Tornando a Londra, passai per Kingsway sul far della sera, quando un impulso mi obbligò a correre. Con il cuore pieno di allegria e ricolmo di eccitazione corsi fino ad arrivare in una piccola chiesa cattolica nella quale non ero mai entrato. Mi inginocchiai, trattenni il respiro e per dieci minuti mi scordai del mondo... Mi tranquillizzai un poco, quando seppi che l’eccellente, brillante e straordinariamente saggio Ronald Knox qualche volta si era messo a correre per visitare il Santissimo Sacramento...
Una delle frasi più penetranti di Chesterton fu: “La Chiesa è l’unica cosa che salva l’uomo dalla degradante servitù di esser figlio del suo tempo... La Chiesa ha dimostrato di non esser moribonda”.
Alec Guinness, un anglicano convertito grazie alla bontà dei nostri sacerdoti e alla testimonianza di altri convertiti, ha scoperto che la Chiesa cattolica è parte del piano di Dio per la nostra vita.

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tratto da "RITORNO A CASA, Cristiani, atei ed ebrei convertiti alla fede cattolica" di Padre Ángel Peña

26 ottobre 2012

La chiesa (pentecostale) che cura il cancro con l'olio

Il Caso – La chiesa fa parte del VPA (Victorius Pentecostal Assembly) e secondo le accuse proponeva acquisti sorprendenti e miracolosi: in pratica, sembra che la struttura rivendesse a prezzo raddoppiato dei banali prodotti, come normalissime bottiglie di olio, ma benedetti dal pastore. Insomma, quando il signor Mbenga tocca l’olio, il prezzo da meno di 6 sterline arriva fino a 14.

Miracolo? – Il tocco del pastore “dovrebbe” far scomparire la malattia perché “Dio se ne fa carico e il cancro sparisce” ha detto Mbenga ai giornalisti del Manchester Evening News. Il fondatore della Chiesa, il pastore Alex Omokudu, che vive in una villa del valore di migliaia di sterline nell’Essex, ha detto: “I medici non hanno risposte mentre noi abbiamo ottenuto le guarigioni”. Di certo possiamo dire che, nel dubbio, il loro conto in banca è continuato a salire sulla pelle dei più deboli.

Attenzione – Martin Ledwick, caposala presso l’istituto di ricerca sul cancro inglese ha detto che la gente dovrebbe fare attenzione a chi sbandiera “cure miracolose” e dovrebbe fare appello invece all’aiuto dei professionisti: “È sconcertante il modo in cui si siano approfittati delle persone malate di cancro. Invitiamo tutti gli ammalati a utilizzare solo i trattamenti prescritti da medici qualificati”. La dottoressa Michelle Harvie del centro per la prevenzione del cancro di Manchester ha aggiunto: “Il fatto triste è che quando qualcuno ha un tumore è vulnerabile e i truffatori giocano proprio su questo. È importante rivolgersi solo al personale medico”.

L’inchiesta – L’indagine ha rivelato che, non appena si entra nella chiesa del VPA, viene offerta subito una bevanda miracolosa e una bottiglia da mezzo litro di vino viene ceduta a 14 sterline. Il Pastore Mbenga sostiene di aver già curato, oltre al cancro, anche il diabete utilizzando solo del ribes e dell’olio: “La miscela è in grado di fare quello che nessuna cura medica mai potrebbe perché utilizza l’intervento divino”. E chiaramente l’intervento di Dio ha un prezzo: quello che permette loro di comprare la villa del cuore.

http://www.giornalettismo.com/archives/450799/la-chiesa-che-cura-il-cancro-con-lolio/


25 ottobre 2012

Il dio dell’abbondanza e dei conti correnti

In tempi lontani, i predicatori erano visti come visionari dall’animo buono o, nella peggiore delle ipotesi, come innocui cialtroni. Oggi le cose sono cambiate e il governo americano è stato costretto ad istituire una commissione investigativa che dovrà accertare come abbiano fatto sei predicatori evangelici a procurarsi abitazioni lussuose e fuoriserie con il semplice dono della fede. I sei fanno parte di una particolare categoria di “unti dal Signore” che vede nella prosperità terrena la vera prova dell’esistenza di Dio. Persino in un’epoca di iperbole mediatica come questa, figure come i predicatori televisivi riescono a primeggiare su tutti gli altri, non fosse altro che per la facilità con cui riescono ad ammucchiare miliardi vendendo aria fritta. Gli Stati Uniti pullulano letteralmente di imprenditori del verbo divino che gestiscono veri e propri imperi finanziari. Pat Robertson, ad esempio, che ha fondato anche un’università ed influenza notevolmente anche la scena politica. Il fatturato delle sue attività sfiora il miliardo di dollari. Grazie alla misericordia dei suoi fedeli, Robertson viaggia alternativamente su due jets privati mai denunciati all’erario. D’altra parte, la sua opera, classificata come non-profit, non è tenuta a rendere conto a nessuno. Pat Robertson, che voleva diventare addirittura presidente degli Stati Uniti, è non è tuttavia un caso unico. Nonostante gli scandali finanziari, la categoria dei tele-predicatori continua ad essere molto prolifica. Basta infatti mettere su una trasmissione televisiva di basso costo per assicurarsi un’esistenza da nababbo come quella di Jim Bakker, proprietario di sette appartamenti di lusso con tanto di rubinetteria in oro zecchino e cucce per cani climatizzate. All’assistente di Bakker spettano duecentomila dollari annui di salario e parecchi “fringe benefits”, compreso un idraulico sempre pronto ad accorrere in caso di guasti.



La definizione di predicatore è talmente generica che basta professare cose a caso o affermare di vedere cose che gli altri non vedono per accumulare una fortuna. Bisogna però dire che le visioni erratiche su angeli e demoni, a conti fatti, rendono meglio delle altre. Una serie di conferenze sul tema può valere fino a trecentomila dollari l’anno, soprattutto se si ha l’accortezza di usare argomentazioni fumose, sempre apprezzate dal pubblico. Anche il lancio di anatemi contro i gay offre ottime opportunità di guadagno.

Il reverendo Ted Haggard, invece, un vero luminare della materia, ha costruito addirittura una cattedrale in grado di ospitare 14.000 fedeli minacciando le fiamme brucianti dell’inferno agli omosessuali che avessero rifiutato di ravvedersi. La grande costruzione, che sorge a poca distanza da una filiale della Wal-Mart, dispone anche di un anfiteatro per le rappresentazioni teatrali all’aperto e, nel 2006, ha ospitato anche il Cirque du Soleil i cui acrobati si esibirono in piroette e salti rompicollo per la gioia dei fedeli.

La leggenda vuole che Haggard sia stato folgorato dalla voce di Dio a 19 anni, mentre stava facendo colazione. Poco dopo si trasferì nell’Oklahoma e frequentò la Oral Roberts University, un’università fondata, guarda caso, da un predicatore. La parlantina sciolta, l’aspetto da bravo ragazzo della porta accanto e una certa saggezza commerciale hanno facilitato enormemente l’ascesa di Haggard ascesa al successo. Nel 1985 fondò la “Chiesa della Nuova Vita”, che oggi vale oltre un miliardo di dollari.

Peccato che l’impero di Haggard sia stato travolto mesi fa dallo scandalo seguito alle rivelazioni sull’omosessualità dello stesso Haggard, per altro facilmente intuibile dalla corte di giovani efebi che si alternavano al suo fianco. Accuse confermate dal massaggiatore personale alla stampa e da Sheryl Hintzman, prostituta specializzata in travestimenti sado-mado, che riceveva regolarmente il tele-reverendo nella sua abitazione.

Huntzman ha raccontato che Haggard si divertiva come un matto a farsi picchiare e raccontava barzellette salaci sghignazzando a tutto spiano. Costretto alle dimissioni, il reverendo ha tenuto un ultimo discorso ai suoi fedeli dichiarandosi colpevole. Prima di fuggire verso l’Arizona è passato tra i banchi a raccogliere offerte a favore della sua redenzione. Per pregare in modo confortevole, ovviamente…

http://www.altrenotizie.org/esteri/1470-il-dio-dell’abbondanza-e-dei-conti-correnti.html

24 ottobre 2012

La vera storia delle crociate

di Thomas F. Madden

Con la possibile eccezione di Umberto Eco, gli studiosi medievali non sono soliti sollecitare l'attenzione dei media. Noi tendiamo ad una relativa quiete (se si eccettua il baccanale annuale del Congresso internazionale di studi medievali di Kalamazoo), leggendo cronache ammuffite e scrivendo studi meticolosi che ben pochi leggeranno. Si immagini, quindi, la mia sorpresa quando, nei giorni successivi all'11 settembre, il Medio Evo balzò improvvisamente alla ribalta.

In quanto storico delle Crociate, mi ritrovai con la tranquilla solitudine della mia torre d'avorio infranta da giornalisti, redattori e conduttori di talk-show ansiosi di trovare lo scoop. Cosa furono le Crociate?, chiedevano. Quando si ebbero? Quanto fu insensato l'uso della parola "crociata" nei discorsi del presidente George W. Bush? Con alcuni dei miei visitatori avevo la netta sensazione che già conoscessero le risposte alle loro domande, o almeno ne davano l'impressione. Cosa realmente volessero sentirsi dire sembrava non esser altro che la conferma delle loro opinioni. Per esempio, mi veniva frequentemente chiesto un commento sul fatto che il mondo islamico nutre un comprensibile rancore nei confronti dell'Occidente. Non ha la violenza presente, ribadivano, le sue radici negli attacchi brutali e immotivati delle Crociate contro un mondo musulmano raffinato e tollerante? In altre parole, davvero le Crociate non sono da biasimare?


Osama bin Laden la pensa certamente così. Nelle sue varie esibizioni televisive non manca mai di descrivere la guerra americana contro il terrorismo come una nuova Crociata contro l'Islam. Anche l'ex-presidente Bill Clinton ha additato le Crociate a lontana causa del conflitto presente. In un discorso tenuto all'Università di Georgetown, narrò (e calcò le tinte di) un massacro di ebrei avvenuto dopo la conquista di Gerusalemme, da parte dei crociati, nel 1099 ed informò il pubblico che l'episodio è tuttora amaramente commemorato, in Medio Oriente (il perché i terroristi islamici debbano essere sconvolti dall'uccisione di ebrei, non fu spiegato). Clinton venne bacchettato, sulle pagine editoriali della nazione, per il suo tentativo di criticare gli Stati Uniti rifacendosi al Medio Evo. Eppure nessuno obiettò qualcosa, circa la premessa fondamentale dell'ex-presidente.

Diciamo, quasi nessuno. Molti storici stavano già da tempo lavorando al riordino del corpus di studi sulle Crociate, prima che Clinton li costringesse ad uscire allo scoperto. Non sono revisionisti, come quelli che imbastirono l'esposizione dell'Enola Gay, ma studiosi autorevoli che hanno messo a frutto molte decadi di accurate, serie borse di studio. Per loro, questo è un "momento di insegnamento", un'opportunità di spiegare le Crociate a persone che stanno davvero ascoltando. Non durerà a lungo, qui purtroppo funziona così.

Gli equivoci sulle Crociate sono fin troppo comuni. Vengono ritratte come una serie di guerre sante contro l'Islam, generalmente lanciate da papi assetati di potere e condotte da fanatici religiosi. Si pensa che siano state il culmine dell'ipocrisia e dell'intolleranza, una macchia nera sulla storia della Chiesa cattolica in particolare e della civiltà occidentale in generale. Razza di proto-imperialisti, i crociati aggredirono un Medio Oriente pacato e deformarono una cultura musulmana illuminata, lasciando solo rovine. Per trovare variazioni su questo tema non c'è bisogno di guardare troppo lontano. Si veda, per esempio, il famoso poema epico in tre volumi di Steven Runciman, Storia delle Crociate, o il documentario BBC/A&E, Le Crociate, commentato da Terry Jones. Sono prototipi di storia terribile, e intrattengono tuttora a meraviglia.

Insomma qual è la verità sulle Crociate? Gli studiosi ci stanno ancora lavorando su. Ma molto può già esser detto con certezza. Intanto, le Crociate contro l'Oriente furono in ogni caso guerre difensive. Rappresentavano una risposta diretta alle aggressioni musulmane, un tentativo di arginare e controbattere la conquista musulmana di terre cristiane.

I cristiani dell'undicesimo secolo non erano fanatici paranoici. Dai musulmani bisognava realmente difendersi. Sebbene gli arabi sappiano essere pacifici, l'Islam nacque in guerra e crebbe nello stesso modo. Dal tempo di Maometto, la politica di espansione musulmana consistette sempre nella spada. Il pensiero musulmano divide il mondo in due sfere, la Dimora dell'Islam e la Dimora della Guerra. La Cristianità - e, se è per questo, ogni religione non musulmana - non ha dimora alcuna. Cristiani ed ebrei possono essere tollerati all'interno di un stato musulmano, sotto la legge musulmana. Ma, nell'Islam tradizionale, cristiani ed ebrei devono essere distrutti, e le loro terre conquistate. Quando Maometto stava per intraprendere la guerra contro La Mecca, nel settimo secolo, il Cristianesimo era la religione dominante. In quanto fede dell'Impero romano, attraversava il Mediterraneo intero, incluso il Medio Oriente dove nacque. Il mondo cristiano, perciò, era il primo obiettivo dei primi califfi, e tale sarebbe rimasto per i condottieri musulmani dei successivi mille anni.


Con formidabile energia, i guerrieri dell'Islam si avventarono contro i cristiani subito dopo la morte di Maometto. Ebbero successo. Palestina, Siria ed Egitto - un tempo le aree più fervidamente cristiane del mondo - soccombettero rapidamente. Nell'ottavo secolo, gli eserciti musulmani avevano conquistato tutto il nord cristiano dell'Africa e la Spagna. Nell'undicesimo secolo, i turchi selgiucidi conquistarono l'Asia Minore (la Turchia moderna), cristiana fin dal tempo di san Paolo. Il vecchio Impero romano, noto ai moderni come Impero bizantino, fu ridotto ad uno spazio geografico inferiore a quello dell'attuale Grecia. Disperato, l'imperatore di Costantinopoli spedì missive ai cristiani dell'Europa occidentale, chiedendo aiuto per i loro fratelli e le loro sorelle dell'Est.

Questo è quanto fece nascere le Crociate. Non il progetto di un papa ambizioso o i sogni di cavalieri rapaci, ma una risposta a più di quattro secoli di conquiste, con le quali i musulmani avevano già fatti propri i due terzi del vecchio mondo cristiano. A quel punto, il Cristianesimo come fede e cultura doveva o difendersi o lasciarsi soggiogare dall'Islam. Le Crociate non furono altro che questa difesa.

Papa Urbano II fece appello ai cavalieri della Cristianità, per respingere gli attacchi dell'Islam, al Concilio di Clermont del 1095. La risposta fu sbalorditiva. Molta migliaia di guerrieri fecero il voto della croce e si prepararono alla guerra. Perché lo fecero ? La risposta a questa domanda è stata malamente fraintesa. Sulla scia dell'Illuminismo, era d'uso asserire che i crociati non fossero altro che fannulloni e ladri di galline, pronti a trarre profitto dall'opportunità di razziare e saccheggiare terre lontane. I sentimenti, testimoniati dai crociati stessi, di pietà, di abnegazione e d'amore per Dio, non erano evidentemente da tenere in considerazione. Furono reputati mera facciata, a nascondere oscuri disegni.

Durante le due decadi passate accurati studi, condotti anche con l'ausilio del computer, hanno demolito questa invenzione. Gli studiosi hanno scoperto che i cavalieri crociati era nobiluomini, per lo più ricchi, e provvisti di larghe proprietà terriere in Europa. Ciononostante, abbandonarono tutto per intraprendere una missione santa. Fare una crociata non era cosa da quattro soldi. Anche i ricchi avrebbero potuto facilmente impoverire, rovinando loro stessi e le loro famiglie, nell'unirsi ad una Crociata. Non facevano così perché si aspettassero ricchezze materiali (che molti di loro già avevano), ma perché contavano su tesori che il tarlo non sbriciola e che la tignola non corrode. Erano acutamente consapevoli dei loro peccati ed ansiosi di intraprendere le fatiche della Crociata come un atto penitenziale di carità e d'amore. L'Europa è letteralmente stipata di carteggi medievali che attestano questi sentimenti, carteggi nei quali questi uomini ancor oggi ci parlerebbero, se noi ascoltassimo. Chiaramente, non si sarebbero rifiutati di accettare un bottino, potendolo avere. Ma la verità è che le Crociate si rivelarono scarse, quanto all'entità dei saccheggi. Alcuni si arricchirono, è vero, ma la stragrande maggioranza dei crociati tornò a casa con nulla in tasca.

Urbano II diede ai crociati due mete che sarebbero rimaste prioritarie per secoli, nelle Crociate orientali. La prima era liberare i cristiani dell'Est. Così ebbe a scrivere il suo successore, Papa Innocenzo III:

Come può l'uomo che ama, secondo il precetto divino, il suo prossimo come se stesso, sapendo che i suoi fratelli di fede e di nome sono tenuti al confino più stretto dai perfidi musulmani e gravati della servitù più pesante, non dedicarsi al compito di liberarli? [...] Forse non sapete che molte migliaia di cristiani sono avvinte in ceppi ed imprigionate dai musulmani, torturate con tormenti innumerabili?

"Fare una crociata - il professor Jonathan Riley-Smith ha detto magistralmente - era vissuto come un atto di amore". In questo caso, l'amore del proprio prossimo. La Crociata fu considerata uno strumento della misericordia per raddrizzare un male terribile. Come Papa Innocenzo III scrisse ai Templari, "Voi traducete in atti le parole del Vangelo, secondo cui non c'è amore più grande di quello dell'uomo che offre la sua vita in cambio di quella dei suoi cari".

La seconda meta fu la liberazione di Gerusalemme e degli altri luoghi resi santi dalla vita di Cristo. Il termine "crociata" è moderno. I crociati medievali si consideravano pellegrini, nel loro eseguire atti di rettitudine lungo la via che mena al Santo Sepolcro. L'indulgenza ricevuta per la partecipazione alle Crociate fu equiparata canonicamente all'indulgenza per il pellegrinaggio. Tale meta era spesso descritta in termini feudali. Nell'indire la quinta Crociata, nel 1215, Innocenzo III scrisse:

Considerate, carissimi figli, considerate attentamente come, se qualche re temporale venisse deposto e magari catturato, qualora venga restituito alla sua libertà originaria e giunga il tempo di far calare l'occhio della giustizia sui suoi vassalli, non li guarderà come infedeli e traditori [...] a meno che non si tratti di coloro che hanno rischiato non solo le loro proprietà, ma le loro stesse persone, nel votarsi al compito di liberarlo? [...] E similmente Gesù Cristo, il re dei re e il signore dei signori, il cui servitore nessuno di voi può negare di essere, colui che congiunse la vostra anima al vostro corpo, colui che vi riscattò col Prezioso Sangue [...] non vi condannerà per il vizio dell'ingratitudine ed il crimine dell'infedeltà, se voi rifiutate di aiutarLo?


La riconquista di Gerusalemme, perciò, non fu colonialismo ma un atto di restaurazione ed un'aperta dichiarazione d'amor di Dio. Gli uomini del Medio Evo sapevano, evidentemente, che Dio aveva il potere di ricondurre Gerusalemme alla situazione precedente, che aveva il potere di far tornare il mondo intero alla Sua Legge. Eppure, come san Bernardo di Chiaravalle era solito predicare, il Suo rifiuto di far così non era che una benedizione alla Sua gente:

Di nuovo, io dico, pensate alla bontà dell'Altissimo e ponete attenzione ai Suoi misericordiosi progetti. Egli si pone in obbligo nei vostri confronti, o piuttosto finge di fare così, per aiutarvi a soddisfare i vostri obblighi verso di Lui [...]. Io chiamo benedetta la generazione che può cogliere un'occasione di indulgenza così ricca come questa.

Spesso si ritiene che l'obiettivo centrale delle Crociate fosse la conversione forzata del mondo musulmano. Nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. Nella prospettiva cristiana medievale, i musulmani erano i nemici e di Cristo e della Sua Chiesa. Compito dei crociati era sconfiggerli e difendere la Chiesa contro di loro. Questo era tutto. Ai musulmani dimoranti nei territori conquistati dai crociati generalmente fu concesso di conservare le loro proprietà, il loro sostentamento, e perfino la loro religione. In tutta la storia del Regno crociato di Gerusalemme, il numero degli abitanti musulmani superò abbondantemente quello dei cattolici. Fu solo nel 13° secolo che i francescani intrapresero qualche tentativo di conversione dei musulmani. Tentativi senza successo, infine abbandonati. In ogni caso, si trattò di persuasione pacifica, non di minacce o addirittura di violenza.

Tuttavia le Crociate erano guerre, sicché sarebbe un errore pensarle solo pietà e buone intenzioni. Come in ogni guerra, la violenza era brutale (anche se non brutale come nelle guerre moderne). Ci furono sventure, errori gravi e crimini. Cose ben ricordate oggi, di solito. All'inizio della prima Crociata, nel 1095, un gruppo di crociati, condotti dal conte Emicho di Leiningen, si aprì la strada lungo il Reno derubando e assassinando tutti gli ebrei incontrati. Senza successo, i vescovi locali tentarono di fermare questa strage. Agli occhi di questi guerrieri, gli ebrei, come i musulmani, erano i nemici di Cristo. Depredarli ed ucciderli, pertanto, non era peccato. Effettivamente, credevano trattarsi di un atto retto, potendo i soldi degli ebrei essere usati per finanziare la Crociata verso Gerusalemme. Ma avevano torto, e la Chiesa condannò fermamente le ostilità contro gli ebrei.

Cinquant'anni dopo, quando la Seconda Crociata stava già per muoversi, san Bernardo proclamava che gli ebrei non sarebbero stati perseguitati:

Chiedete a chiunque conosca le Sacre Scritture cosa si auspica, per gli ebrei, nel Salmo. "Non per la loro distruzione io prego" sta scritto. Gli ebrei sono per noi le parole viventi della Scrittura, ci ricordano ciò di cui sempre soffrì il nostro Dio [...]. Sotto i prìncipi cristiani sopportano una prigionia dura, ma "aspettano solamente il tempo della loro liberazione.".

Ciononostante un certo Radulf, un monaco cistercense, aizzò parecchia gente contro gli ebrei di Rhineland, nonostante le numerose lettere inviategli da Bernardo, per fermarlo. Infine Bernardo fu costretto a recarsi personalmente in Germania, dove prese Radulf, lo spedì di nuovo nel suo convento, e fece finire i massacri.

Spesso si dice che le radici dell'Olocausto possono essere rintracciate in questi pogrom medievali. Può essere. Tuttavia queste radici affondano molto più indietro nel tempo, sono più profonde e più estese dei tempi delle Crociate. Ebrei perirono, durante le Crociate, ma lo scopo delle Crociate non era quello di uccidere ebrei. E' vero esattamente il contrario: papi, vescovi e predicatori assicurarono che gli ebrei d'Europa non sarebbero stati molestati. Nella guerra moderna chiamiamo le tragiche morti come queste "danno collaterale". Gli Stati Uniti hanno ucciso, con le tecnologie intelligenti, molti più innocenti di quanti i crociati avrebbero mai potuto uccidere. Ma nessuno oserebbe dire seriamente che lo scopo delle guerre americane è uccidere donne e bambini.


Da qualsiasi punto di vista la si osservi, la prima Crociata fu un gran colpo. Non c'era nessun leader, nessuna catena di comando, nessuna linea di approvvigionamento, nessuna strategia particolareggiata. Fu semplicemente l'avanzata di migliaia di guerrieri in territorio nemico, impegnati in una causa comune. Molti di loro morirono, o in battaglia o per malattia o di fame. Fu una campagna improvvisata, sempre sull'orlo del disastro. Eppure ebbe successo. Nel 1098 i crociati avevano ripristinato in Nicea ed Antiochia la legge cristiana. Nel luglio 1099 conquistarono Gerusalemme e gettarono le fondamenta di uno stato cristiano in Palestina. La gioia in Europa non conobbe freni. Sembrò che la marea della storia, che aveva alzato i musulmani a tali altezze, ora stesse girando.

Ma così non fu. Quando pensiamo al Medio Evo ci è facile vedere l'Europa alla luce di quello che è divenuta, anziché di quello che era. Il colosso del mondo medievale era l'Islam, non la Cristianità. Le Crociate sono particolarmente attraenti perché rappresentano un tentativo di contrastare quel colosso. Ma, in cinque secoli di Crociate, solamente la prima arrestò significativamente l'avanzata islamica. Poi tornò la bassa marea.

Quando la Contea crociata di Edessa cadde in mano a turchi e curdi, nel 1144, si manifestò un vasto consenso per una nuova Crociata, in Europa. Lo promossero due re, Luigi VII di Francia e Corrado III di Germania, e lo sostenne nelle sue predicazioni san Bernardo stesso. Fallì miseramente. La maggior parte dei crociati fu uccisa lungo la strada. Quelli che arrivarono a Gerusalemme fecero la peggior cosa possibile, attaccando la Damasco musulmana, già forte alleata dei cristiani. In seguito a tale disastro i cristiani europei furono costretti ad accettare non solo la rinnovata espansione del potere musulmano, ma la certezza che Dio stesse castigando l'Occidente per i suoi peccati. Movimenti pietistici laici germogliarono in tutta Europa, radicati nel desiderio di purificare la società cristiana, per renderla degna della vittoria sull'Oriente.

Lanciare una crociata nel tardo dodicesimo secolo, perciò, significò organizzare una guerra senza quartiere. Ognuno, anche debole o povero, fu invitato a prodigarsi. Ai guerrieri si chiese di sacrificare le loro ricchezze e, in caso, le loro vite, per la difesa dei cristiani d'Oriente. Tutti i cristiani furono chiamati a sostenere le Crociate tramite preghiere, digiuni ed elemosine. Nel frattempo i musulmani si accrescevano. Il Saladino, il grande unificatore, aveva inglobato il musulmano Medio Oriente in una sola entità, incitando alla guerra santa contro i cristiani. Nel 1187, nella Battaglia di Hattin, le sue forze annientarono gli eserciti alleati del Regno cristiano di Gerusalemme e trafugarono la preziosa reliquia della Vera Croce. Indifese, le città cristiane cominciarono a cedere una alla volta, fino alla resa di Gerusalemme, il 2 ottobre. Si salvò solo, lungo il litorale, qualche porto.

La risposta fu la terza Crociata, condotta dall'imperatore Federico I "Barbarossa" di Germania, re Filippo II Augusto di Francia e re Riccardo I "Cuordileone" d'Inghilterra. In qualche misura era una grande cosa, pur non grande come i cristiani avevano sperato. L'anziano Federico annegò nell'attraversare un fiume a cavallo, dimodoché il suo esercito tornò a casa prima ancora d'aver raggiunto la Terra Santa. Filippo e Riccardo arrivarono in nave, ma i loro incessanti alterchi aggiunsero ulteriori contrasti alla già critica situazione della terra di Palestina. Dopo avere riconquistato Acre (Akka), Filippo tornò a casa, dove si dedicò alla confisca dei possedimenti inglesi in Francia. Così il peso della Crociata gravò sulle sole spalle di re Riccardo. Guerriero esperto, capo carismatico e superbo stratega, Riccardo condusse le forze cristiane di vittoria in vittoria, appropriandosi dell'intera costa. Ma Gerusalemme non è sulla costa; dopo due tentativi falliti di aprirsi un varco verso la Città Santa, Riccardo desistette. Promettendo di ritornare, stipulò una tregua col Saladino, tregua che prometteva pace nella regione ed ingresso gratuito in Gerusalemme per i pellegrini disarmati. Ma restò una pillola amara da ingoiare. Il desiderio di ricondurre Gerusalemme alla legge cristiana e di riottenere la Vera Croce rimase intenso in tutta Europa.

Le Crociate del 13° secolo furono più grandi, meglio predisposte e meglio organizzate. Ma fallirono egualmente. La quarta Crociata (1201-1204) si insabbiò nelle secche della politica bizantina, sempre incomprensibile agli occidentali. Dopo una deviazione fino a Costantinopoli per sostenere il legittimo pretendente al trono imperiale, che aveva promesso grandi ricompense e un sostegno per la Terra Santa, i crociati scoprirono che il loro benefattore, benché erede del trono dei Cesari, non poteva mantenere le sue promesse. Sentitisi traditi dai loro amici greci, nel 1204 i crociati attaccarono, fecero cadere e brutalmente saccheggiarono Costantinopoli, la più grande città cristiana nel mondo. Papa Innocenzo III, che già aveva scomunicato l'intera crociata, denunciò fermamente tale azione. Ma c'era ben poco da fare. I tragici eventi del 1204 eressero una porta di ferro tra il credo cattolico romano e quello greco ortodosso, una porta che lo stesso papa attuale, Giovanni Paolo II, è stato incapace di riaprire. Per un'ironia terribile le Crociate, nate dal desiderio cattolico di riunirsi agli ortodossi, divisero - forse irrevocabilmente - gli uni dagli altri.

Nel resto del 13° secolo le Crociate fecero poco di più. La quinta Crociata (1217-1221) riuscì a liberare Damietta, in Egitto, ma i musulmani di lì a poco sconfissero l'esercito cristiano e rioccuparono la città. San Luigi IX di Francia, nell'arco della sua vita, condusse due Crociate. La prima fece capitolare Damietta, ma Luigi, ben presto raggirato dalla sottile diplomazia egiziana, si trovò costretto ad abbandonare la città. Del resto Luigi, sebbene fosse rimasto in Terra Santa per molti anni, spendendo a profusione in lavori difensivi, non realizzò mai il suo desiderio: liberare Gerusalemme. Era molto più vecchio nel 1270, quando capitanò un'altra Crociata a Tunisi, dove morì a causa di un'epidemia. Dopo la morte di san Luigi, due spietati condottieri musulmani, Baybars e Kalavun, lanciarono una brutale rappresaglia contro i cristiani in Palestina. Nel 1291, le forze islamiche erano riuscite ad uccidere o ad espellere dalla regione anche l'ultimo dei crociati, cancellando così il Regno cristiano dalle carte geografiche.

Ad onta dei numerosi tentativi e degli ancor più numerosi progetti, le forze cristiane non furono più in grado di assicurarsi una posizione sicura, nella regione, fino al 19° secolo.

E' probabile che qualcuno pensi che tre secoli di sconfitte cristiane avrebbero intiepidito gli europei, nei confronti dell'idea di Crociata. Tutt'altro. Nel senso che non c'erano alternative. I regni musulmani divennero ancora più potenti nel 14°, 15° e 16° secolo. I turchi ottomani sottomisero, in una sorta di annessione, i loro vicini musulmani, unificando così ulteriormente l'Islam, continuarono le loro incursioni verso occidente, presero Costantinopoli e penetrarono nella stessa Europa. Dal 15° secolo in avanti le Crociate non furono strumenti di misericordia per fratelli distanti, ma tentativi disperati di qualche ultimo resto di cristianità di sopravvivere. Gli europei cominciarono a prospettarsi la possibilità che l'Islam realizzasse il suo obiettivo di conquistare tutto il mondo cristiano. Uno dei grandi successi del tempo, La Nave dei Pazzi, di Sebastian Brant, diede voce a questo sentimento in un brano intitolato "Il Declino della Fede":


La nostra fede era forte in Oriente,

dominava tutta l'Asia,

le terre moresche e l'Africa.

Ma ora per noi queste terre sono perdute

e ciò farebbe piangere la pietra più dura [...].

Potevi trovare quattro sorelle della nostra Chiesa,

sorelle patriarcali,

Costantinopoli, Alessandria,

Gerusalemme e Antiochia.

Ma sono state prese e saccheggiate

e presto anche la testa sarà attaccata.

Naturalmente questo non è successo. Ma c'è mancato poco. Nel 1480, il sultano Mehmed (Maometto) II catturò Otranto, a mo' di testa di ponte per l'invasione dell'Italia. Roma fu evacuata. Ma il sultano morì poco dopo e, con lui, il suo piano. Nel 1529, Suleiman (Solimano) il Magnifico strinse d'assedio Vienna. Se non fosse stato per i capricci del tempo meteorologico, che bloccarono la sua avanzata e lo costrinsero a tornare indietro, abbandonando buona parte della sua artiglieria, i turchi avrebbero preso la città. E la Germania, allora, sarebbe stata facile preda.

Inoltre, mentre questi frangenti si succedevano, qualcosa d'altro stava fermentando in Europa, qualcosa senza precedenti nella storia umana. Il Rinascimento, originato da una equivoca mistura di valori romani, di pietà medievale e di inedito rispetto verso il commercio e la libera imprenditoria, generò altri movimenti come l'umanesimo, la rivoluzione scientifica e l'età delle esplorazioni. Pur lottando per la sua stessa sopravvivenza, l'Europa stava per espandersi su scala globale. La Riforma protestante, che rifiutò il papato e la dottrina dell'indulgenza, rese impensabili le Crociate a molti europei, lasciando così l'onere della difesa dell'Occidente ai soli cattolici. Nel 1571 una Santa Lega, che di fatto non era che una Crociata, sgominò la flotta ottomana a Lepanto. Tuttavia vittorie militari del genere restarono un'eccezione. La minaccia musulmana fu neutralizzata economicamente. Quando l'Europa crebbe in ricchezza ed in potenza, i primi terrificanti e raffinati turchi cominciarono a sembrare patetici ed arretrati, al punto da rendere inutile una Crociata. "L'ammalato Uomo d'Europa" andò avanti zoppicando fino al 20° secolo, quando spirò, lasciando dietro di sé l'attuale disastro del Medio Oriente moderno.

Dalla sicura distanza di molti secoli, è abbastanza facile aggrottare le ciglia, disgustati dalle Crociate. La religione, in fondo, è nulla, se si basa sulla guerra. Eppure dovremmo pensare che i nostri antenati medievali sarebbero stati a loro volta disgustati dalle nostre guerre, molto più distruttive, combattute in nome di ideologie politiche. Ed ancora, dovremmo pensare che sia il guerriero medievale che il soldato moderno infine combattono per il proprio mondo e per ciò che lo costituisce. Entrambi sono disposti a sopportare enormi sacrifici, purché ciò sia al servizio di qualcosa di caro, di prezioso, di più grande di loro. Che noi ammiriamo i crociati o no, è un fatto che il mondo così come noi lo conosciamo oggi non esisterebbe, senza i loro sforzi. La fede antica del Cristianesimo, col suo rispetto per le donne ed il suo rifiuto della schiavitù, non solo sopravvisse, ma fiorì. Senza le Crociate, avrebbe ben potuto seguire lo zoroastrismo, un altro rivale dell'Islam, nell'estinzione.

http://www.storialibera.it/epoca_medioevale/islam_e_cristianita/crociate/articolo.php?id=214


Thomas F. Madden è uno storico, accademico, saggista e collaboratore editoriale statunitense.
La sua materia è la storia medievale. Attualmente collabora con The New York Times, Washington Post, USA Today, The History Channel, Discovery Channel.

http://it.wikipedia.org/wiki/Thomas_F._Madden

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"Un giorno, milioni di uomini lasceranno l'emisfero sud per fare irruzione nell'emisfero nord. E certamente non come amici. Poiché vi faranno irruzione per conquistarlo. E lo conquisteranno popolandolo dei loro figli. Sarà il ventre delle nostre mogli ad offrirci la vittoria." (Boumedienne, 1974, discorso all'assemblea dell'ONU).

23 ottobre 2012

USA, pastore molestatore: "sesso orale vi curerà dall'omosessualita"

Un pastore evangelico della Victory Fellowship Church di Council Bluffs (Iowa), il trentunenne Brent Girouex, è stato arrestato per molestie sessuali verso alcuni adolescenti che si rivolgevano a lui per chiedere consigli su come gestire le proprie tendenze omosessuali. Ha confessato infatti di aver molestato almeno 6 giovani, alcuni per un centinaio di volte. In particolare, l’assistente spirituale li adescava sostenendo ad esempio che l’eiaculazione faceva sparire “anche i cattivi pensieri” (tra i quali l’omosessualità). Concetti come questi garantivano, piuttosto che la “cura” dall’omosessualità, la reiterazione nel tempo dei rapporti. Durante gli amplessi, il pastore ha affermato inoltre di pregare.


Ad accusare l’uomo, un ragazzo vittima di abusi fin da quando aveva 15 anni, cui sono seguite le segnalazioni di altri giovani alla stessa chiesa. Alla fine l’uomo si è consegnato alle forze dell’ordine e ora rischia fino a 5 anni di carcere.

http://www.agoravox.it/Usa-pastore-molestatore-Sesso.html



La conversione di Brigitte Bedard: atea, femminista, lesbica

«Sono stata un’atea per tutto il tempo che posso ricordare», ha detto Brigitte Bedard, una giornalista di 41 anni davanti ad una folla di 200 partecipanti di un conferenza in Quebec. La Bedard è cresciuta in un’epoca in cui la società era nella fase chiamata dagli storici “Quiet Revolution”, un periodo di tempo dai primi anni Sessanta alla metà degli anni Settanta, quando la società del Quebec tentò di liberarsi dalla sua eredità cristiana, adottando i valori laici. La Bedard ebbe un’infanzia tipica per chi nasce in una famiglia non religiosa, andò all’Université du Québec a Montréal, ambiente notoriamente di sinistra, dove studiò letteratura: «Riempì la mia mente con tutta la letteratura del famminismo radicale, bevetti tutto», ha ricordato. Iniziò anche una serie di rapporti eterosessuali, finiti tutti male: «spronata da tutto ciò che leggevo, cominciai a pensare che, poiché tutti i miei rapporti eterosessuali erano un disastro, avrei dovuto essere una lesbica». Così cominciò a frequentare delle donne e sembrò anche che tutto si sistemasse: «Fu davvero un momento molto buono, in un certo senso. Stavo sempre con un grande gruppo di ragazze, navigavamo per la città, fumavamo una sigaretta come se non ci fosse il domani. Ero anche molto attiva sessualmente». Ma, nonostante l’eccitante divertimento e le forti emozioni dovute al trasgressivo stile di vita, si sentiva sempre più senza un’identità: «Ero in naufragio mentale. Sentivo che stavo perdendo il controllo, mi aggrappavo alle divertenti apparenze, ma dentro ero profondamente infelice». La faccenda precipitò quando, inspiegabilmente, scoppiò in lacrime e si mise a gridare nel suo appartamento vuoto in un quartiere alla moda di Montreal alle 3 di notte, implorando Dio di “portarla via: «Un’atea militante lesbica e femminista distesa sul pavimento di casa mentre piangeva implorando aiuto da Dio», questa è la fotografia che la Bedard ha fatto di quella notte. «Ero in disperato bisogno di aiuto». Cominciò così a chiedere aiuto, serpeggiando dentro e fuori a innumerevoli cliniche mediche, nella speranza di trovare qualche tipo di soluzione per la sua ansia. Smise persino di fumare: «Fui improvvisamente costretta ad affrontare la vita, senza alcuna protezione o tampone». Un conoscente le parlò dei monaci della famosa Abbazia di Saint-Benoît a Saint-Benoît-du-Lac, in Quebec. L’idea era talmente bizzarra che la incuriosì. Vi andò, ma non senza riserve: «Andai al monastero armata di tutto il disprezzo e l’odio per la Chiesa patriarcale, accumulato durante gli anni di studio del femminismo radicale. Per le femministe radicali la Chiesa è fondamentalmente il nemico numero 1». Nel convento conobbe un monaco, con il quale conversò due volte al giorno. «Per tre giorni di fila, due ore al giorno, ho assillato, urlato, praticamente schiuma alla bocca, di fronte a questo monaco, vomitando ogni insulto, cliché, pensiero sporco che mi veniva in mente circa il cristianesimo. Ero così arrabbiata, così ferita e arrabbiata, e buttai fuori tutto contro questo monaco, il quale non disse mai una parola per tutto il tempo, ma mi guardava appena, scuotendo la testa. Poi, alla fine di quei tre giorni, accadde qualcosa che cambiò la sua vita per sempre: E’ accaduto il terzo giorno. Stavamo per concludere ancora una volta la nostra “conversazione”. Tra una pausa e un’altra delle mie urla, il monaco mi guardò e mi disse: “non hai assolutamente idea di quanto Dio ti ama. Ti ha fatto dal nulla, ti conosce, sei sua figlia. Quindi non provare vergogna, lascia andare tutto. Dai tutto, dai la tua vita a Lui… Egli ti ama così tanto». Queste semplici parole, accompagnate da quello sguardo amorevole, permisero improvvisamente un nuovo sguardo, un’apertura, e in Brigitte nacque lentamente una nuova concezione di sè. Cominciò così una nuova vita di fede e di avvicinamento al cristianesimo. Ha trovato lavoro come giornalista ed ora è sposata e con sei figli. Certo, la vita continua a non essere tutta “pesche e crema di latte”, tuttavia ora, attraverso la fede ha acquisito un’identità stabile e forte. La bella testimonianza è apparsa sul sito del Quebec Life Coalition.

La pubblica abiura del protestantesimo del pastore Carlo Zardi

Villa S. Sebastiano: un paese adagiato sui dislivelli marsicani a pochi chilometri da Tagliacozzo ed Avezzano, la bella cittadina abruzzese. Il 24 agosto del 1936 nella chiesa del paesello marsicano si svolgeva un'insolita cerimonia: la pubblica abiura del protestantesimo di un ministro wesleyano. La chiesa era ornata a festa. Anche la popolazione era tutta in festa nell’accogliere nella Casa comune colui che aveva, nello stesso paese, esercitato il ministero protestante.


In chiesa l'ex-ministro wesleyano, Carlo Zardi, sale i gradini dell'altare (il cuore gli martella in petto per l'emozione) e davanti al Vescovo dei Marsi e ai numerosissimi fedeli legge la ritrattazione degli errori protestanti. In fondo alla chiesa, con la corona del Rosario tra le mani, la madre dello Zardi piange della gioia calma e profonda di chi per armi e anni ha atteso questo istante; e fra quelle lagrime la vecchia madre ritorna col pensiero agli anni innocenti del suo Carlo, agli anni turbinosi, agli anni di sviamento e di adesione alla Chiesa di Wesley, agli armi di pastorato protestante. E lei, sempre fedele, sempre vicina, col cuore stretto dall'angoscia per l’aberrazione del figlio, ma con la ferma fiducia che, anche dopo lunga attesa, l'avrebbe ricondotto all'ovile: la santa pertinacia di chi vuol salvare, costi quel che costi! Del resto, la signora Zardi non era sola a vivere per il ravvedimento del figlio: si era associata alla Madre celeste, e lo stesso Zardi confessò più tardi la profondissima devozione della madre per la Madonna e la sua fedeltà alla recita del Rosario e alle altre pratiche mariane. DalI’unione del cuore della mamma terrena con quello della Mamma celeste si sprigionò una misteriosa forza che perseguitò, in un processo lento e continuo, l'anima dell'apostolo. Ecco una confessione dello Zardi: «L'incontro di due cuori mi ha fatto risorgere dalla morte e innestare, come tralcio alla vite, nel mistico Corpo».



Carlo Zardi era nato da una benestante famiglia ferrarese e, anche nei periodi più travagliati e più penosi della sua vita, conservò sempre il ricordo della santità del suo focolare domestico, benedetto nella pietà e nella fede della mamma. Il babbo, invece, era l'esponente del mangiapretismo del tempo.
A quattordici anni Carlo fu mandato, da solo, a Reggio Emilia presso una grande azienda di suo zio. Qui, ormai senza più freni, fu travolto dai primi bollori giovanili e precipitò nei borri vergognosi del libertinaggio dei suburbi. Ben presto però ne ebbe fin in gola degli stravizi cittadini, e un giorno fu colpito dalla lettura della parabola del figliol prodigo. Ne seguì una profonda crisi religiosa e i primi contatti con dei protestanti wesleyani. Costoro, i meno settari e i meno antiromani fra tutti i protestanti, attirarono alla loro chiesa il giovane Carlo. Dopo quattro anni di studi teologici a Roma, fu promosso pastore.
A nulla valsero le preghiere e le lagrime della madre desolata. Carlo, che si era getta to nella nuova vita col trasporto e la sincerità di un rigenerato, non diede peso ai richiami della madre e partì per le prime esperíenze pestorali nella Valsesia. La signora Zardi non perde tempo: nuova Monica, fa le valige e raggiunge il figlio a Domodossola. Vive così al fianco del figlio immerso nell'attività protestante. Non gli rivolge un rimprovero, non esige una chiarificazíone, non esercita alcuna pressione: gli sta vicino, lo serve come sempre, come se nulla fosse cambiato, lo avvolge del suo amore santificatore e redentore. Anche Carlo le usa la stessa liberalità, nonostante le critiche dei suoi parrocchiani: ella può frequentare liberamente la chiesa cattolica. In casa, quando è libera dalle faccende domestiche, si ritira in camera e s’inginocchia dinanzi all’immagine della Vergine scorrendo i grani della corona. La sera, quando il figlio si è coricato, entra piano piano nella stanza, lo bacia in fronte, come quando era bambino, e gli fa il segno della Croce...



Ma il sogno di Carlo, di una vera evangelizzazione fra i protestanti, svanisce ben presto ( . . . ).
L'anima di Carlo viene scossa da tante miserie e il suo cuore è di nuovo tempestato dal dubbio. Si sottrae alla vista degli uomini e vaga solitario e meditabondo in lunghe passeggiate. Una sera di un rosso crepuscolo estivo segue con gli occhi, dal Santuario di S. Caterina del Sasso, le meraviglie del Lago Maggiore: la Stresa, l'isola Bella, l'isola Superiore, l'isola Madre... A un tratto, in una misteriosa fusione di vero e di sogno, «scorgo sul Mottarone (è lui che racconta) una grande Croce, e Gesù, quello che io stesso ho crocifisso con i miei peccati... Ai lati del Figlio dell'uorno ci sono due ladroni. Ai piedi, un solo uomo, Giovanni: poi uno stuolo di donne... La Madre Dolorosa, pur vicina al Figlio agonizzante, sembra gnardarmi... Ma che vedo? che sento? Non vedo più la Madonna, ma al suo posto mi sembra di intravedere mia madre che dopo tanto tempo ritorna a me, condotta dalla Vergine, per additarmi la via della salvezza...».



Ha così la netta sensazione dell’assistenza di due mamme unite in un sol cuore.
In tali condizioni di spirito viene mandato nel 1933 a Vintebbio Sesia e, poco dopo, a Villa S. Sebastiano, baluardo del protestantesimo italiano. Ma qui, il fanatismo dei proseliti e il settarismo dei pastori danno il colpo di grazia alle sue incertezze e finiscono per ricondurlo alla casa del Padre.
Ora, dall'altare della chiesa cattolica di Villa S. Sebastiano, professa la sua fede nella Chiesa di Roma, legittima depositaria del Vangelo; rigetta le aberrazioni protestanti e proclama apertamente la sua venerazione e la sua riconoscenza alla Vergine Santissima... Lo sguardo gli corre istintivamente in fondo alla chiesa e si posa sulla sua vecchia madre che gli sorride con gli occhi gonfi mentre le mani stringono la corona del Rosario...
«Era deciso che io giungessi a Lui per mezzo di sua Madre, la Vergine SS.».


22 ottobre 2012

Lo scrittore R.J. Stove racconta la conversione cattolica dopo l’ateismo

Lo scrittore ed editorialista australiano Robert James Stove ha recentemente reso pubblica la sua conversione al cattolicesimo avvenuta nel 2002. L’intellettuale è figlio del prominente ateo e filosofo della scienza David Stove, morto suicida nel 1994.
Nello scritto RJ Stove racconta di aver ricevuto un’educazione tranquilla anche se completamente atea: «mio padre, filosofo e polemista politico, cadde durante i suoi anni universitari sotto l’incantesimo del guru dell’ateismo militante John Anderson»Cresciuto in questo ambiente, lo scrittore spiega: «il cattolicesimo per la mia famiglia aveva due caratteristiche negative: in primo luogo era ritenuto volgare, in secondo luogo, totalitario. Per quanto riguarda il primo aspetto: i cattolici che conoscevamo avevano generalmente cognomi irlandesi e solitamente votavano per il partito laburista australiano. Questo era il peggiore peccato agli occhi dei miei genitori. Per quanto riguarda il secondo aspetto: mi avevano indotto pesantemente nella convinzione che il cattolicesimo era il tradimento filosofico, il più letale nemico del libero pensiero. Una volta cresciuto ho ovviamente abbattuto questo spauracchio senza eccessive difficoltà, ma sarei bugiardo se minimizzassi l’impatto che ebbe su di me questa convinzione giovanile»Un ordine monastico femminile, le Suore di Maria di Schoenstatt, costruì tuttavia una casa religiosa accanto alla famiglie Stove: «mio papà, con notevoli rischi fisici per se stesso, ogni anno saliva sui pini per tagliare dei rami che donava al convento per usarli come alberi di Natale. L’opposizione teorica dei miei genitori verso il cattolicesimo venne sempre più modificata da considerazioni del tipo: “Oh, certo, quando diciamo che i cattolici sono nemici del libero pensiero, non intendiamo voi”»La gratuita bontà di queste religiose «ha modificato non solo i pregiudizi dei miei genitori, ma anche la mia. Tuttavia mio padre certamente, e mia madre, probabilmente, pensavano che la bontà delle suore non aveva nulla a che vedere con la loro fede. In qualche modo le monache erano buone, nonostante la loro fede».
Ma a questa insolita amicizia lui ha reagito in modo più maturo: «Quando la possibilità di convertirmi al cattolicesimo divenne un pensiero reale, rimasi scoraggiato dall’immensità degli insegnamenti ricevuti. Trascorsi il tempo sull’Assunzione di Maria, la giustificazione per le opere così come la fede e altri concetti che tradizionalmente infastidiscono i non cattolici. Tuttavia debolmente e in maniera inadeguata, avevo imparato abbastanza la storia cattolica per capire che il cattolicesimo o era il più grande imbroglio della storia umana oppure era ciò che esso stesso diceva di essere. Per anni sono stato convinto che il cattolicesimo avrebbe avuto lo stesso impatto sulla mia mente di quello di un fiammifero acceso su una fabbrica di polvere da sparo. Se avessi saputo che era vero il contrario, non avrei mai esitato così a lungo. Conoscere genuini laici cattolici è stato per me un aprire gli occhi».
Stove passa a raccontare della morte dei genitori: La madre, alcolista e fumatrice accanita, rimase vittima di un infarto. La sofferenza della moglie ha portato anche suo padre ad essere ricoverato in ospedale e in quel periodo, il prestigioso filosofo della scienza, ha rielaborato tutto il suo ateismo«tutte le sue convinzioni, i suoi testi sacri, i suoi martiri, la sua chiesa militante, tutti i suoi macchinari intellettuali. Tutte queste cose, trasformate in polvere». Rifugiatosi nell’alcool, racconta il figlio, minacciava se stesso e gli altri e attaccava gli infermieri dell’ospedale per la loro scarsa conoscenza di Socrate e Cartesio. «E lo vidi piangere come un bambino. Di tanto in tanto si aggirava intorno al reparto in una disperazione confusa. L’ultima volta che l’ho visitato l’ho trovato, con mia grande sorpresa, immerso nella lettura di un piccolo brano della Bibbia». Uno psichiatra trovò il modo di lasciarlo uscire dall’ospedale: «entro 24 ore papà si era impiccato nel suo giardino». Era il giugno 1994.
Da quel momento le grandi domande della vita avvolsero RJ Stove, dando «un colpo mortale a tutta la casa di carte che costituiva la mia atea visione personale. Questa è la storia dei prossimi otto anni, fino al mio battesimo dell’11 agosto 2002», scrive. In questo periodo «ho letto soprattutto riviste, così come testi di catechesi, a volte intere biografie di santi e di eroi cattolici. Anche se ho letto Chesterton, Belloc, Waugh, Christopher Dawson, Fulton Sheen, Frank J. Sheed e Arnold Lunn, il volume più importante per me (e ringrazio Dio per il sacerdote che, essendo stato informato della mia esistenza da alcuni miei amici, me l’ha portato), è stato “Chats with Converts” di Fr. M. Forrest». Parallelamente cominciava a muovere i primi passi nella scrittura e «quando ho studiato la battaglia di Lepanto e la storia dei martiri nell’era elisabettiana, non potevo più rimandare l’ingresso nella Chiesa cattolica. In onore del Papa che tanto aveva fatto per rendere possibile Lepanto, così come il suo omonimo del ventesimo secolo così vilmente calunniato come il “Papa di Hitler”, ho scelto Pio come nome di battesimo».
Il racconto si sofferma su alcuni effetti collaterali della conversione, come l’abbandono del credo politico e la separazione dal think-tank politico in cui lavorava «che considerava il cattolicesimo solo con disgusto», la difficoltà nella preghiera e anche la commozione verso la musica liturgica della Chiesa cattolica. Torna a riflettere: «Gli anti-cattolici spesso accusano il cattolicesimo di limitare la vita intellettuale. Io non l’ho trovato così. E’ vero che la vita intellettuale cattolica non ha lo scopo di contribuire alla scrittura di romanzi pornografici o ideare una sceneggiatura per un video di Britney Spears, ma per la mia vita non riesco a vedere nessuna privazione». E ancora: «Non sarà sfuggito che il mio ingresso nella Chiesa cattolica è coinciso con l’emergere dell’attacco mediatico alla Chiesa per i “preti pedofili”. In primo luogo, non mi sono mai illuso supponendo che i sacerdoti fossero liberi dal peccato originale. In secondo luogo, sapevo che chi urlava più forte contro essi per essere pervertiti erano gli stessi individui che consideravano “ok” ogni perversione praticata dagli anti-cattolici».
Stove chiude infine rivolgendo un pensiero ad ogni ateo ancora esitante sull’orlo della conversione: «Informatevi su ciò che i cattolici sostengono effettivamente, non basandosi su quello che i loro nemici giurati immaginano che i cattolici debbano sostenere. Quante deviazioni avrei potuto risparmiare a me stesso se qualcuno mi avesse scritto questo a me».