30 marzo 2018

Preghiera del Santo Padre Francesco Colosseo Venerdì Santo, 30 marzo 2018

Signore Gesù, il nostro sguardo è rivolto a te, pieno di vergogna, di pentimento e di speranza.

Dinanzi al tuo supremo amore ci pervada la vergogna per averti lasciato solo a soffrire per i nostri peccati:

la vergogna per essere scappati dinanzi alla prova pur avendoti detto migliaia di volte: “anche se tutti ti lasciano, io non ti lascerò mai”;

la vergogna di aver scelto Barabba e non te, il potere e non te, l’apparenza e non te, il dio denaro e non te, la mondanità e non l’eternità;

la vergogna per averti tentato con la bocca e con il cuore, ogni volta che ci siamo trovati davanti a una prova, dicendoti: “se tu sei il messia, salvati e noi crederemo!”;

la vergogna perché tante persone, e perfino alcuni tuoi ministri, si sono lasciati ingannare dall’ambizione e dalla vana gloria perdendo la loro degnità e il loro primo amore;

la vergogna perché le nostre generazioni stanno lasciando ai giovani un mondo fratturato dalle divisioni e dalle guerre; un mondo divorato dall’egoismo ove i giovani, i piccoli, i malati, gli anziani sono emarginati;

la vergogna di aver perso la vergogna;

Signore Gesù, dacci sempre la grazia della santa vergogna!

Il nostro sguardo è pieno anche di un pentimento che dinanzi al tuo silenzio eloquente supplica la tua misericordia:

il pentimento che germoglia dalla certezza che solo tu puoi salvarci dal male, solo tu puoi guarirci dalla nostra lebbra di odio, di egoismo, di superbia, di avidità, di vendetta, di cupidigia, di idolatria, solo tu puoi riabbracciarci ridonandoci la dignità filiale e gioire per il nostro rientro a casa, alla vita;

il pentimento che sboccia dal sentire la nostra piccolezza, il nostro nulla, la nostra vanità e che si lascia accarezzare dal tuo invito soave e potente alla conversione;

il pentimento di Davide che dall’abisso della sua miseria ritrova in te la sua unica forza;

il pentimento che nasce dalla nostra vergogna, che nasce dalla certezza che il nostro cuore resterà sempre inquieto finché non trovi te e in te la sua unica fonte di pienezza e di quiete;

il pentimento di Pietro che incontrando il tuo sguardo pianse amaramente per averti negato dinanzi agli uomini.

Signore Gesù, dacci sempre la grazia del santo pentimento!

Dinanzi alla tua suprema maestà si accende, nella tenebrosità della nostra disperazione, la scintilla della speranza perché sappiamo che la tua unica misura di amarci è quella di amarci senza misura;

la speranza perché il tuo messaggio continua a ispirare, ancora oggi, tante persone e popoli a che solo il bene può sconfiggere il male e la cattiveria, solo il perdono può abbattere il rancore e la vendetta, solo l’abbraccio fraterno può disperdere l’ostilità e la paura dell’altro;

la speranza perché il tuo sacrificio continua, ancora oggi, a emanare il profumo dell’amore divino che accarezza i cuori di tanti giovani che continuano a consacrarti le loro vite divenendo esempi vivi di carità e di gratuità in questo nostro mondo divorato dalla logica del profitto e del facile guadagno;

la speranza perché tanti missionari e missionarie continuano, ancora oggi, a sfidare l’addormentata coscienza dell’umanità rischiando la vita per servire te nei poveri, negli scartati, negli immigrati, negli invisibili, negli sfruttati, negli affamati e nei carcerati;

la speranza perché la tua Chiesa, santa e fatta da peccatori, continua, ancora oggi, nonostante tutti i tentativi di screditarla, a essere una luce che illumina, incoraggia, solleva e testimonia il tuo amore illimitato per l’umanità, un modello di altruismo, un’arca di salvezza e una fonte di certezza e di verità;

la speranza perché dalla tua croce, frutto dell’avidità e codardia di tanti dottori della Legge e ipocriti, è scaturita la Risurrezione trasformando le tenebre della tomba nel fulgore dell’alba della Domenica senza tramonto, insegnandoci che il tuo amore è la nostra speranza.

Signore Gesù, dacci sempre la grazia della santa speranza!

Aiutaci, Figlio dell’uomo, a spogliarci dall’arroganza del ladrone posto alla tua sinistra e dei miopi e dei corrotti, che hanno visto in te un’opportunità da sfruttare, un condannato da criticare, uno sconfitto da deridere, un’altra occasione per addossare sugli altri, e perfino su Dio, le proprie colpe.

Ti chiediamo invece, Figlio di Dio, di immedesimarci col buon ladrone che ti ha guardato con occhi pieni di vergogna, di pentimento e di speranza; che, con gli occhi della fede, ha visto nella tua apparente sconfitta la divina vittoria e così si è inginocchiato dinanzi alla tua misericordia e con onestà ha derubato il paradiso! Amen!

Venerdì Santo – Celebrazione della Passione del Signore












29 marzo 2018

Buona S. Messa in Cena Domini

I pennivendoli “cattolici” si sono “dimenticati” che siamo nella Settimana Santa e neanche in questi giorni si sono astenuti dai lo attacchi contro il Santo Padre, anzi li hanno intensificati e con buona probabilità il loro intento è anche quello di distoglierci dalle celebrazioni di questi giorni che ritengo decisamente più importanti e quindi, con queste ultime considerazioni sulle loro farneticazioni si chiude. A Domenica per gli auguri della Pasqua di Risurrezione. Da non dimenticare mai, perché questa è la nostra fede. Tutto inizia da qui: Cristo è Risorto, è veramente Risorto!



La smentita non smentisce! Ormai Socci è uno Scalfariano DOC!

😂😂😁😁😁😁😁😁😂😂😁😁😁😁😁😁😁😁😂😂🤣🤣🤣🤣🤣🤣🤣🤣🤣🤣🤣🤣



Ok, Scalfari se ne è inventata un'altra di intervista, e Socci l'ha presa per oro colato

Comunicato della Sala Stampa, 29.03.2018


Il Santo Padre Francesco ha ricevuto recentemente il fondatore del quotidiano La Repubblica in un incontro privato in occasione della Pasqua, senza però rilasciargli alcuna intervista. Quanto riferito dall’autore nell’articolo odierno è frutto della sua ricostruzione, in cui non vengono citate le parole testuali pronunciate dal Papa. Nessun virgolettato del succitato articolo deve essere considerato quindi come una fedele trascrizione delle parole del Santo Padre.

[00512-IT.01] [Testo originale: Italiano]

[B0236-XX.01]


E quindi stando a certi "cattolici" Papa Francesco ha detto che l'inferno non esiste... ma davvero?

Papa Francesco: Il Diavolo è all'inferno...  e poi le farneticazioni di Socci...

Papa Francesco a Tor Bella Monaca - L'incontro del Santo Padre con i ragazzi della parrocchia


Papa Francesco, udienza di ieri.... e Antonio Socci, il solito Socci....

"Ci sono i cristiani finti: quelli che dicono “Gesù è risorto”, “io sono stato giustificato da Gesù”, sono nella vita nuova, ma vivo una vita corrotta. E QUESTI CRISTIANI FINTI FINIRANNO MALE"

A quale è questa brutta fine se non finire all'inferno? ed ecco Socci si deve essere sentito toccato dal parole dette dal Papa nell'udienza di lei. Allora che si fa? Semplice ti fa un post dove dando credito alle parole di Scalfari, il quale tra l'altro ha ammesso si aver manipolato l'intervista, e si inventa che "Bergoglio" ha abolito l'inferno (secondo Scalfari)

Non caro Socci, se c'è qualcuno che non può rimanere al suo posto sei proprio tu con tutte le balle che racconti, ingannando non poche anime....

fai attenzione, non deve essere molto piacevole finire male

28 marzo 2018

E noi che genere di cristiani siamo?

PAPA FRANCESCO
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro Mercoledì, 28 marzo 2018

Un cristiano, se veramente si lascia lavare da Cristo, se veramente si lascia spogliare da Lui dell’uomo vecchio per camminare in una vita nuova, pur rimanendo peccatore – perché tutti lo siamo - non può più essere corrotto, la giustificazione di Gesù ci salva dalla corruzione, siamo peccatori ma non corrotti; non può più vivere con la morte nell’anima, e neanche essere causa di morte. E qui devo dire una cosa triste e dolorosa… Ci sono i cristiani finti: quelli che dicono “Gesù è risorto”, “io sono stato giustificato da Gesù”, sono nella vita nuova, ma vivo una vita corrotta. E questi cristiani finti finiranno male. Il cristiano, ripeto, è peccatore – tutti lo siamo, io lo sono – ma abbiamo la sicurezza che quando chiediamo perdono il Signore ci perdona. Il corrotto fa finta di essere una persona onorevole, ma, alla fine nel suo cuore c’è la putredine. Una vita nuova ci dà Gesù. Il cristiano non può vivere con la morte nell’anima, neanche essere causa di morte. Pensiamo – per non andare lontano – pensiamo a casa, pensiamo ai cosiddetti “cristiani mafiosi”. Ma questi di cristiano non hanno nulla: si dicono cristiani, ma portano la morte nell’anima e agli altri. Preghiamo per loro, perché il Signore tocchi la loro anima. Il prossimo, soprattutto il più piccolo e il più sofferente, diventa il volto concreto a cui donare l’amore che Gesù ha donato a noi. E il mondo diventa lo spazio della nostra nuova vita da risorti. Noi siamo risorti con Gesù: in piedi, con la fronte alta, e possiamo condividere l’umiliazione di coloro che ancora oggi, come Gesù, sono nella sofferenza, nella nudità, nella necessità, nella solitudine, nella morte, per diventare, grazie a Lui e con Lui, strumenti di riscatto e di speranza, segni di vita e di risurrezione.

27 marzo 2018

E noi siamo sicuri di non tradire e rinnegare?

«In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà» ...... «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui.

......

Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte».

25 marzo 2018


Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.

RAI 1: questo Papa inginocchiato va oscurato! - trova la differenza!

Trova la differenza tra le due dirette da Piazza San Pietro per la Domenica delle Palme che dovrebbero essere identiche. La prima è la diretta del Centro Televisivo Vaticano. La seconda è la diretta della RAI a cura di Aldo Maria Valli


RAI 1: questo Papa inginocchiato va oscurato!

Chissà perché questa mattina, Domenica delle Palme, nella stessa identica diretta da Piazza San Pietro, il Centro Televisivo Vaticano mostrava Papa Francesco inginocchiato, mentre la RAI, ripeto, nella stessa identica diretta (curata da Aldo Maria ValliI), mostrava altro, e poi una volta che il Papa si è rialzato entrambe le dirette hanno continuato ad essere identiche ..... chissà perché.....

La Ripresa è identica. Papa Francesco al punto della lettura della morte di Gesù si inginocchia e lo fanno vedere inginocchiarsi sia Rai che CTV per poco più di 10 secondi poi sfumano su Piazza San Pietro....

RAI

CTV

Poi cosa succede?  Che la CTV  ritorna ad inquadreare il Papa inginocchiato...

:
CTV

mentre la RAI....

“Cristo è morto gridando il suo amore per ognuno di noi: per giovani e anziani, santi e peccatori, amore per quelli del suo tempo e per quelli del nostro tempo. Sulla sua croce siamo stati salvati affinché nessuno spenga la gioia del vangelo; perché nessuno, nella situazione in cui si trova, resti lontano dallo sguardo misericordioso del Padre.”

Dall’omelia di Papa Francesco nel giorno della Domenica delle Palme

Ah!.... questa Piazza San Pietro che è sempre vuota da quando c’è Papa Francesco...

😁😁😁😁 ed è da mezz’ora che è terminata la Santa Messa della Domenica delle Palme







“Dio è giovane” E anche Papa Francesco lo è!

Alcuni giovani cantano davanti Santa Marta, Francesco esce per incontrarli

Incontro a sorpresa con alcuni ragazzi della Basilicata in pellegrinaggio a Roma. Il Papa: «Fate chiasso, cosa sarebbe la Chiesa senza di voi?»
Il Papa con i giovani della parrocchia di Sant’Antonio di Padova a Serra di Pepe (foto: Ruoti Comune News)
Erano in pellegrinaggio a Roma e, dopo aver visitato i Musei Vaticani e la Basilica di San Pietro, i giovani della parrocchia di Sant’Antonio di Padova, a Serra di Pepe, piccola frazione di Ruoti, in Basilicata, si erano fermati davanti alla Casa Santa Marta, residenza di Papa Francesco in Vaticano, per imbracciare la chitarra e cantare. La speranza dei circa 40 ragazzi e delle ragazze era proprio quella di veder uscire il Pontefice. Che infatti, pochi minuti dopo, ha esaudito il loro desiderio.  

L’episodio è avvenuto la scorsa domenica 11 marzo, ma la notizia è circolata in queste ore. A raccontare i dettagli dell’incontro sono stati gli stessi giovani del gruppo: «Il Papa, sentendosi chiamato con gioia da tutti noi, si è avvicinato e con naturalezza da parte sua e con nostra profonda commozione, ci ha salutati personalmente domandandoci la provenienza e chiedendoci di pregare insieme tutti uniti un’Ave Maria, ma soprattutto lasciandoci un bellissimo messaggio», racconta Veronica, una delle presenti. 

«Voi - ha detto Francesco secondo quanto riportato dai ragazzi - siete una risorsa. Preparatevi bene al sinodo e soprattutto fate chiasso, la gioventù è per quello. È importante, siete importantissimi, cosa sarebbe la Chiesa senza i giovani?».  

«Guardando voi - ha proseguito - mi viene in mente quello che fecero i giovani nella Chiesa primitiva, nell’episodio narrato negli Atti degli Apostoli: quello di Anania e Saffira che dopo aver truffato e mentito agli apostoli, caddero a terra e morirono». Riferendosi al passo citato, il Pontefice ha sottolineato che per ben due volte «si alzarono i più giovani» e, avvolti i corpi dei due anziani coniugi in un lenzuolo, li portarono fuori per la sepoltura. «I giovani fecero così pulizia» ha commentato Bergoglio, e ha rivolto al gruppo un invito esplicito: «Voi pure fate pulizia nella Chiesa, ci aiuterà tanto! E pregate per me». 


24 marzo 2018

#diteglieloaquelbugiardo

Mi chiedo quanto ancora si deve attendere per la scomunica di un certo don che imperterrito continua con le sue idiozie sostenendo ora che i due arazzi posti sulla facciata della Basilica di San Pietro e che raffigurano San Giuseppe e San Michele Arcangelo, sono stati posti li per la prima volta (falso) nel tentativo di recuperare consensi dopo la vicenda della lettera di Papa Benedetto a mons. Viganò.

Correva l’anno 2013, pochi mesi dopo la sua elezione, quando ancora era lodato da certi pennivendoli cattolici, e Papa Francesco inaugurando una statua di San Michele Arcangelo nei giardini vaticani, alla presenza anche di Papa Benedetto, ha affidato la protezione della Città del Vaticano a San Giuseppe e San Michele Arcangelo

#diteglieloaquelbugiardo

LA STAMPA

23 marzo 2018

Per piacere non ridete, questa è una cosa seria!

GOMBLOTTO! GOMBLOTTO!
😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂

Però già che ci stavano potevano anche controllare la corrispondenza almeno si evitava che Papa Benedetto facesse sapere a tutti che c’è uno stolto pregiudizio nei confronti di Papa Francesco 😂


22 marzo 2018

La Santa Messa - 14. Liturgia eucaristica. IV. La Comunione

PAPA FRANCESCO
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 21 marzo 2018




Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

E oggi è il primo giorno di primavera: buona primavera! Ma cosa succede in primavera? Fioriscono le piante, fioriscono gli alberi. Io vi farò qualche domanda. Un albero o una pianta ammalati, fioriscono bene, se sono malati?. No! Un albero, una pianta che non sono annaffiati dalla pioggia o artificialmente, possono fiorire bene? No. E un albero e una pianta che ha tolto le radici o che non ha radici, può fiorire? No. Ma, senza radici si può fiorire? No! E questo è un messaggio: la vita cristiana dev’essere una vita che deve fiorire nelle opere di carità, nel fare il bene. Ma se tu non hai delle radici, non potrai fiorire, e la radice chi è? Gesù! Se tu non sei con Gesù, lì, in radice, non fiorirai. Se tu non annaffi la tua vita con la preghiera e i sacramenti, voi avrete fiori cristiani? No! Perché la preghiera e i sacramenti annaffiano le radici e la nostra vita fiorisce. Vi auguro che questa primavera sia per voi una primavera fiorita, come sarà la Pasqua fiorita. Fiorita di buone opere, di virtù, di fare il bene agli altri Ricordate questo, questo è un versetto molto bello della mia Patria: “Quello che l’albero ha di fiorito, viene da quello che ha di sotterrato”. Mai tagliare le radici con Gesù.

E continuiamo adesso con la catechesi sulla Santa Messa. La celebrazione della Messa, di cui stiamo percorrendo i vari momenti, è ordinata alla Comunione, cioè a unirci con Gesù. La comunione sacramentale: non la comunione spirituale, che tu puoi farla a casa tua dicendo: “Gesù, io vorrei riceverti spiritualmente”. No, la comunione sacramentale, con il corpo e il sangue di Cristo. Celebriamo l’Eucaristia per nutrirci di Cristo, che ci dona sé stesso sia nella Parola sia nel Sacramento dell’altare, per conformarci a Lui. Lo dice il Signore stesso: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui» (Gv 6,56). Infatti, il gesto di Gesù che diede ai discepoli il suo Corpo e Sangue nell’ultima Cena, continua ancora oggi attraverso il ministero del sacerdote e del diacono, ministri ordinari della distribuzione ai fratelli del Pane della vita e del Calice della salvezza.

Nella Messa, dopo aver spezzato il Pane consacrato, cioè il corpo di Gesù, il sacerdote lo mostra ai fedeli, invitandoli a partecipare al convito eucaristico. Conosciamo le parole che risuonano dal santo altare: «Beati gli invitati alla Cena del Signore: ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo». Ispirato a un passo dell’Apocalisse – «beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello» (Ap 19,9): dice “nozze” perché Gesù è lo sposo della Chiesa – questo invito ci chiama a sperimentare l’intima unione con Cristo, fonte di gioia e di santità. E’ un invito che rallegra e insieme spinge a un esame di coscienza illuminato dalla fede. Se da una parte, infatti, vediamo la distanza che ci separa dalla santità di Cristo, dall’altra crediamo che il suo Sangue viene «sparso per la remissione dei peccati». Tutti noi siamo stati perdonati nel battesimo, e tutti noi siamo perdonati o saremo perdonati ogni volta che ci accostiamo al sacramento della penitenza. E non dimenticate: Gesù perdona sempre. Gesù non si stanca di perdonare. Siamo noi a stancarci di chiedere perdono. Proprio pensando al valore salvifico di questo Sangue, sant’Ambrogio esclama: «Io che pecco sempre, devo sempre disporre della medicina» (De sacramentis, 4, 28: PL 16, 446A). In questa fede, anche noi volgiamo lo sguardo all’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo e lo invochiamo: «O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato». Questo lo diciamo in ogni Messa.

Se siamo noi a muoverci in processione per fare la Comunione, noi andiamo verso l’altare in processione a fare la comunione, in realtà è Cristo che ci viene incontro per assimilarci a sé. C’è un incontro con Gesù! Nutrirsi dell’Eucaristia significa lasciarsi mutare in quanto riceviamo. Ci aiuta sant’Agostino a comprenderlo, quando racconta della luce ricevuta nel sentirsi dire da Cristo: «Io sono il cibo dei grandi. Cresci, e mi mangerai. E non sarai tu a trasformarmi in te, come il cibo della tua carne; ma tu verrai trasformato in me» (Confessioni VII, 10, 16: PL 32, 742). Ogni volta che noi facciamo la comunione, assomigliamo di più a Gesù, ci trasformiamo di più in Gesù. Come il pane e il vino sono convertiti nel Corpo e Sangue del Signore, così quanti li ricevono con fede sono trasformati in Eucaristia vivente. Al sacerdote che, distribuendo l’Eucaristia, ti dice: «Il Corpo di Cristo», tu rispondi: «Amen», ossia riconosci la grazia e l’impegno che comporta diventare Corpo di Cristo. Perché quando tu ricevi l’Eucaristia diventi corpo di Cristo. E’ bello, questo; è molto bello. Mentre ci unisce a Cristo, strappandoci dai nostri egoismi, la Comunione ci apre ed unisce a tutti coloro che sono una sola cosa in Lui. Ecco il prodigio della Comunione: diventiamo ciò che riceviamo!

La Chiesa desidera vivamente che anche i fedeli ricevano il Corpo del Signore con ostie consacrate nella stessa Messa; e il segno del banchetto eucaristico si esprime con maggior pienezza se la santa Comunione viene fatta sotto le due specie, pur sapendo che la dottrina cattolica insegna che sotto una sola specie si riceve il Cristo tutto intero (cfr Ordinamento Generale del Messale Romano, 85; 281-282). Secondo la prassi ecclesiale, il fedele si accosta normalmente all’Eucaristia in forma processionale, come abbiamo detto, e si comunica in piedi con devozione, oppure in ginocchio, come stabilito dalla Conferenza Episcopale, ricevendo il sacramento in bocca o, dove è permesso, sulla mano, come preferisce (cfr OGMR, 160-161). Dopo la Comunione, a custodire in cuore il dono ricevuto ci aiuta il silenzio, la preghiera silenziosa. Allungare un po’ quel momento di silenzio, parlando con Gesù nel cuore ci aiuta tanto, come pure cantare un salmo o un inno di lode (cfr OGMR, 88) che ci aiuti a essere con il Signore.

La Liturgia eucaristica è conclusa dall’orazione dopo la Comunione. In essa, a nome di tutti, il sacerdote si rivolge a Dio per ringraziarlo di averci resi suoi commensali e chiedere che quanto ricevuto trasformi la nostra vita. L’Eucaristia ci fa forti per dare frutti di buone opere per vivere come cristiani. E’ significativa l’orazione di oggi, in cui chiediamo al Signore che «la partecipazione al suo sacramento sia per noi medicina di salvezza, ci guarisca dal male e ci confermi nella sua amicizia» (Messale Romano, Mercoledì della V settimana di Quaresima). Accostiamoci all’Eucaristia: ricevere Gesù che ci trasforma in Lui, ci fa più forti. E’ tanto buono e tanto grande il Signore!

19 marzo 2018

Il Papa: “Chi va con le prostitute è un criminale, tortura le donne”

Francesco con i giovani del pre-Sinodo: «Penso allo schifo che devono sopportare queste ragazze. Il 90% dei clienti cattolici. Chiedo perdono». No a “clericalismo» e «chiacchiericcio»: brutto quando un prete non è padre ma «principe o boss»


Sono cattolici, battezzati, magari frequentatori abituali delle parrocchie, la maggior parte dei clienti delle prostitute. Alla giovane Blessing Okoedion, nigeriana ex vittima di tratta in Italia, trema la voce mentre espone la sua denuncia al Papa e ai 300 giovani di tutti i continenti giunti a Roma per la riunione del pre-Sinodo . «Mi chiedo e ti chiedo, ma la Chiesa, ancora troppo maschilista, è in grado di interrogarsi con verità su questa alta domanda dei clienti?», domanda a Bergoglio con italiano incerto.  

«La domanda è senza anestesia», commenta Francesco. E anche la risposta è senza anestesia: «Il problema è grave. Voglio chiedere perdono a voi, alla società, per tutti i cattolici, i battezzati che fanno questo atto criminale», dice. «E per favore, se un giovane ha questa abitudine la tagli, eh! È un criminale chi fa questo. “Ma padre non si può far l’amore?”. No, questo non è fare l’amore, questo è torturare una donna. Non confondiamo i termini». 

La radice di tutto, afferma il Pontefice interrotto dagli applausi, nasce da una «mentalità malata», quella per cui «la donna va sfruttata». Al giorno d’oggi «non c’è femminismo che sia riuscito a togliere questo dalla coscienza più profonda e dall’immaginario collettivoLa donna va sfruttata… Così si spiega questa malattia dell’umanità, questa malattia di un modo di pensare sociale». 

Papa Bergoglio riporta a Blessing e agli altri ragazzi che lo ascoltano le esperienze raccolte nell’incontro, durante uno dei Venerdì della Misericordia, con alcune donne liberate dalla tratta. «È da non credere…», dice, «una è stata rapita in Moldavia e portata in macchina, dietro nel portabagagli, legata tutta una notte a Roma, minacciata che se fosse scappata, le avrebbero ucciso i genitori»; ad un’altra è stato tagliato un orecchio per non aver portato a casa la somma richiesta. Poi c’erano quelle dell’Africa che venivano ingannate dalla illusione di un lavoro e uno stipendio fisso, magari come hostess. «Non sono rapite ma ingannate… e subito infilate in questa vita», racconta il Papa. Queste donne «incominciano il lavoro e in quel momento parte in loro una schizofrenia difensiva: isolano il cuore la mente e soltanto dicono “questo è il mio lavoro”, ma non si coinvolgono per salvare la dignità interna, visto che quella esterna, sociale, è sul pavimento. Così si difendono senza alcuna speranza». 

«Alcune sono riuscite a sfuggire – spiega Francesco - ma la mafia di questa gente le perseguita, le trovano, alcune volte si vendicano». Ad altre sopravvissute spetta un’altra sorte, forse peggiore: lo stigma sociale e della propria famiglia. «Quando si liberano non hanno il coraggio di tornare a casa. C’è la dignità della famiglia, non hanno il coraggio di dire la verità, non possono… non perché sono codarde ma perché amano così tanto la famiglia che non vogliono che i genitori e i fratelli siano sporcati da questa storia. E rimangono girando come possono, cercando lavoro». 

«È una schiavitù», Papa Francesco non trova altri termini per definirla. E rincara la dose aggiungendo che: «Qui in Italia parlando dei clienti, credo – faccio un calcolo senza fondamenti – il 90% sono battezzati, cattolici… Io penso allo schifo che devono sentire queste ragazze quando questi uomini gli fanno fare qualche cosa. Ricordo una volta, c’era stato un incidente a Buneos Aires in una discoteca: sono morte 200 persone, sono andato a vedere i feriti in ospedale e in terapia intensiva c’erano due anziani. Avevano perso i sensi dopo un ictus. Mi hanno detto: sono stati portati qui dal postribolo. A nziani, giovani, queste ragazze sopportano tutto».  

Per fortuna ci sono comunità come quelle di don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Giovanni XXIII, che operano per il riscatto di queste donne. Francesco ne loda il metodo: «Le ragazze sono sorvegliate, si avvicina uno di loro (un volontario, ndr) inizia a parlare, uno pensa per mettersi d’accordo sul prezzo, ma invece di dirle “quanto costi?”, le domanda “quanto soffri?”. Allora la ragazza parla, lui le dà un biglietto e dice: noi ti porteremo via, nessuno ti troverà, ecco il numero telefono, qual è il giorno più sicuro per te, in quale angolo?».  

«L’80% delle donne chiama», assicura il Papa, e vengono portate via nelle strutture fuori Roma dove affrontano lunghi periodi di terapia psichiatrica e il lavoro per reinserirsi in società e nel mondo del lavoro. Alcune si sposano, anche con gli stessi volontari, e hanno figli. Certo, l’opera delle comunità di Don Benzi così come le «tante altre» in giro per il mondo ancora non sono sufficienti a contrastare questo «crimine contro l’umanità», perpetrato a volte anche da chi la mattina magari va a messa e dalle stesse donne. « Quelle che sono capaci di aiutare meglio queste ragazze sono le donne, le suore, ma anche ci sono donne che le vendono», denuncia il Pontefice, «anche gente che si dice cattolica… Forse è una minoranza, ma lo fa». 

Bergoglio invita quindi i giovani a lottare contro questa «malattia»: «Questa è una delle lotte che chiedo a voi giovani di fare, per la dignità della donna. La donna è degna, è figlia di Dio. Nel racconto della creazione è quella che ha stupito l’uomo con la sua bellezza… e poi si finisce così». Un’altra strada è quella di sanzionare i clienti, già applicata da diversi governi in Europa, ma i risultati, nonostante tutto, sono scarsi, osserva il Papa. 

Che risponde poi alle domande di altri cinque giovani del pre-Sinodo. Ad esempio quella di Yulian, seminarista dell’Ucraina, che chiede come prepararsi al sacerdozio e, allo stesso tempo, essere «aperto alla gioventù e cultura odierna», anche in forme più incomprensibili come i tatuaggi. Intanto, dice Francesco, «non spaventarti dei tuoi tatuaggi»: l’esagerazione è sempre un problema, ma anche quelli sono uno spunto per il dialogo. Nel senso che «il tatuaggio indica appartenenza. Tu, giovane, che ti sei tatuato così cosa cerchi? In quel tatuaggio quale appartenenza dici? Bisogna dialogare con questo e lì si arriva a capire la cultura dei giovani». Con loro, incoraggia il Papa, «non ci si deve spaventare mai, mai. Dietro le cose non tanto buone c’è sempre qualcosa che ci farà arrivare a qualche verità». 

Quello che serve ad un sacerdote è una «doppia testimonianza», afferma il Papa. Perché è vero che «un sacerdote che non è testimone di Cristo fa tanto male», ma è vero pure che «quella che testimonia è la comunità». «Povero prete che si trova in una comunità che non è testimone di Cristo!», esclama Bergoglio, «sarà solo, affettivamente solo». Diventa un «prete funzionale»: contattato per messe, comunioni e sepolture, e poi abbandonato a se stesso. In quel caso, avverte il Papa, «devono intervenire il vescovo e i sacerdoti: non devono lasciarlo solo, lo mangeranno crudo». 

Da San Francesco a San Filippo Neri, sempre i grandi Santi «hanno cercato infatti dei compagni». «Non si può essere testimoni di Cristo se non in una comunità», chiosa il Vescovo di Roma. Questo rapporto reciproco, però, può essere minato da due problematiche: il «clericalismo» e il «chiacchiericcio». Il primo, ribadisce il Papa, è «una delle malattie più brutte della Chiesa»: «Una comunità cerca un sacerdote e non trova un padre e un fratello ma un dottore, un professore o un principe». Il Papa si dice «preoccupato» perché spesso «si confonde il ruolo paternale del sacerdote e si riduce ad un ruolo dirigenziale: il “boss” della ditta». Così come è preoccupante «lo spiritualismo esagerato»: «Quando trovi questi preti sempre un po’ così, con le mani giunte, che pensano di stare sempre in cielo… Io dico i preti con la faccia da beata Imelda. No, non va… sono incapaci di capire. Quando tu hai fatto una di quelle scivolate che si fanno nella vita come fai a dirgliela a lui?». Allo stesso modo chi mai andrebbe a confidarsi con un prete «che è un rigido» o, ancora peggio, «un mondano»? «Pregate per loro perché il Signore li converta», dice il Papa. 

Per quanto riguarda il chiacchiericcio, invece, racconta un aneddoto riferitogli da «un cardinale simpatico» di una parrocchiana chiacchierona che, dopo la messa, sparlava di tutto e di tutti. «Lei abitava vicino alla parrocchia: dalla finestra poteva vedere l’altare. Un giorno era malata, chiama il prete e dice: “sono a letto con l’influenza, mi può portare la comunione?”. E il prete risponde: “Non si preoccupi, con la lingua che ha può arrivare al tabernacolo”». Un episodio simpatico che però rivela una realtà molto seria: «Il chiacchiericcio per me è una delle cose più brutte delle comunità cristiane», rimarca Francesco. «È come il terrorismo: uno si avvicina, parla con uno, butta la bomba, distrugge e se ne va». 

Altrettanto pericoloso, secondo il Pontefice che risponde alla domanda di una suora cinese che gli regala una stola rossa fatta a mano «simbolo di gioia» («Da Papa mi ha rifatto cardinale», scherza), è «castrare» la formazione dei religiosi. Come? Tentando di «proteggerli dal mondo» ma in realtà privandoli delle loro «potenzialità affettive, comunicative». «Questo non è proteggere ma annullare, questo è castrare le persone. La vera protezione si fa nella crescita». La formazione religiosa, spiega il Papa, deve essere pertanto umana, intellettuale, («cioè devono studiare»), comunitaria («imparare a convivere in comunità»), apostolica («imparare l’annuncio evangelico»). Se manca uno di questi «quattro pilastri» si rischia di formare religiosi e consacrati «psicologicamente immaturi».  

Stesso discorso per i laici: «Una mamma che “sovraprotegge” un bambino lo annulla, non lo lascia essere libero e così troviamo nella vita tanti zitelli e zitelle che non hanno saputo trovare una vita di amore, il matrimonio, perché costretti alla dipendenza materna, perché non hanno libertà di scegliere».Francesco ne è certo: «Preferisco che perda la vocazione e non che diventi un religioso malato che poi fa del male. Parliamoci chiaro, quando noi leggiamo i casi di abusi: quanti di questi sono stati annullati nello sviluppo, nella educazione affettiva e sono finiti così?». 

A tal proposito Papa Francesco esorta i giovani a «lasciar venire fuori i sentimenti, non anestetizzarli, non diminuirli» e a «cercare qualcuno di fiducia», «un saggio», con cui parlare delle proprie cose più intime. Perché «chiudersi male nella vita è come portare dentro un tumore, nell’anima, che prima o poi ti fa un peso e ti toglie libertà. L’importante è aprire tutto, non truccare i sentimenti», incoraggia il Papa. Infine mette in guardia dai pericoli del mondo virtuale: «Lo critico molto non perché sia vecchio e antiquato» ma perché le insidie ci sono e non sono poche. Il mondo virtuale «può portare ad un livello di alienazione molto forte, che rende liquidi, gassosi, senza radici». Tuttavia non va «demonizzato»: «È una ricchezza, ma dobbiamo saperlo usare» affinché «non ci schiavizzi facendoci allontanare dalla realtà concreta».  

18 marzo 2018

Papa Francesco: il crocifisso non è un accessorio di abbigliamento

“Chi vuole conoscere Gesù deve guardare dentro alla croce, dove si rivela la sua gloria. Guardare dentro alla croce. Il Vangelo di oggi ci invita a volgere il nostro sguardo al crocifisso, che non è un oggetto ornamentale o un accessorio di abbigliamento – a volte abusato! – ma è un segno religioso da contemplare e comprendere. Nell’immagine di Gesù crocifisso si svela il mistero della morte del Figlio come supremo atto di amore, fonte di vita e di salvezza per l’umanità di tutti i tempi. Nelle sue piaghe siamo stati guariti.

Posso pensare: “Come guardo io il crocifisso? Come un’opera d’arte, per vedere se è bello o non bello? O guardo dentro, entro nelle piaghe di Gesù fino al suo cuore? Guardo il mistero del Dio annientato fino alla morte, come uno schiavo, come un criminale?”. Non dimenticatevi di questo: guardare il crocifisso, ma guardarlo dentro. C’è questa bella devozione di pregare un Padre Nostro per ognuna delle cinque piaghe: quando preghiamo quel Padre Nostro, cerchiamo di entrare attraverso le piaghe di Gesù dentro, dentro, proprio al suo cuore. E lì impareremo la grande saggezza del mistero di Cristo, la grande saggezza della croce.”

Angelus 18 marzo 2018

17 marzo 2018

PAPA FRANCESCO TI VOGLIAMO UN GRAN BENE!



Visita Pastorale del Santo Padre Francesco a Pietrelcina, nella Diocesi di Benevento e a San Giovanni Rotondo, nella diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, nel centenario dell'apparizione delle stimmate permanenti di San Pio da Pietrelcina e nel 50.mo anniversario della sua morte

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
OMELIA DEL SANTO PADRE 
Sagrato della Chiesa di San Pio da Pietrelcina (San Giovanni Rotondo)
Sabato, 17 marzo 2018


Dalle Letture bibliche che abbiamo ascoltato vorrei cogliere tre parole: preghiera, piccolezza, sapienza.

Preghiera. Il Vangelo odierno ci presenta Gesù che prega. Dal suo cuore sgorgano queste parole: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra…» (Mt 11,25). A Gesù la preghiera sorgeva spontanea, ma non era un optional: era solito ritirarsi in luoghi deserti a pregare (cfr Mc 1,35); il dialogo col Padre era al primo posto. E i discepoli scoprirono così con naturalezza quanto la preghiera fosse importante, finché un giorno gli domandarono: «Signore, insegnaci a pregare» (Lc 11,1). Se vogliamo imitare Gesù, iniziamo anche noi da dove cominciava Lui, cioè dalla preghiera.

Possiamo chiederci: noi cristiani preghiamo abbastanza? Spesso, al momento di pregare, vengono in mente tante scuse, tante cose urgenti da fare... A volte, poi, si mette da parte la preghiera perché presi da un attivismo che diventa inconcludente quando si dimentica «la parte migliore» (Lc 10,42), quando si scorda che senza di Lui non possiamo fare nulla (cfr Gv 15,5) – e così lasciamo la preghiera. San Pio, a cinquant’anni dalla sua andata in Cielo, ci aiuta, perché in eredità ha voluto lasciarci la preghiera. Raccomandava: «Pregate molto, figli miei, pregate sempre, senza mai stancarvi» (Parole al 2° Convegno internazionale dei gruppi di preghiera, 5 maggio 1966).

Gesù nel Vangelo ci mostra anche come si prega. Prima di tutto dice: «Ti rendo lode, Padre»; non incomincia dicendo “ho bisogno di questo e di quello”, ma dicendo «ti rendo lode». Non si conosce il Padre senza aprirsi alla lode, senza dedicare tempo a Lui solo, senza adorare. Quanto abbiamo dimenticato noi la preghiera di adorazione, la preghiera di lode! Dobbiamo riprenderla. Ognuno può domandarsi: come adoro io? Quando adoro io? Quando lodo Dio? Riprendere la preghiera di adorazione e di lode. È il contatto personale, a tu per tu, lo stare in silenzio davanti al Signore il segreto per entrare sempre più in comunione con Lui. La preghiera può nascere come richiesta, anche di pronto intervento, ma matura nella lode e nell’adorazione. Preghiera matura. Allora diventa veramente personale, come per Gesù, che poi dialoga liberamente col Padre: «Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza» (Mt 11,26). E allora, nel dialogo libero e fiducioso, la preghiera si carica di tutta la vita e la porta davanti a Dio.

E allora ci domandiamo: le nostre preghiere assomigliano a quella di Gesù o si riducono a saltuarie chiamate di emergenza? “Ho bisogno di questo”, e allora vado subito a pregare. E quando non hai bisogno, cosa fai? Oppure le intendiamo come dei tranquillanti da assumere a dosi regolari, per avere un po’ di sollievo dallo stress? No, la preghiera è un gesto di amore, è stare con Dio e portargli la vita del mondo: è un’indispensabile opera di misericordia spirituale. E se noi non affidiamo i fratelli, le situazioni al Signore, chi lo farà? Chi intercederà, chi si preoccuperà di bussare al cuore di Dio per aprire la porta della misericordia all’umanità bisognosa? Per questo Padre Pio ci ha lasciato i gruppi di preghiera. A loro disse: «E’ la preghiera, questa forza unita di tutte le anime buone, che muove il mondo, che rinnova le coscienze, […] che guarisce gli ammalati, che santifica il lavoro, che eleva l’assistenza sanitaria, che dona la forza morale […], che spande il sorriso e la benedizione di Dio su ogni languore e debolezza» (ibid.). Custodiamo queste parole e chiediamoci ancora: io prego? E quando prego, so lodare, so adorare, so portare la vita mia e di tutta la gente a Dio?

Seconda parola: piccolezza. Nel Vangelo, Gesù loda il Padre perché ha rivelato i misteri del suo Regno ai piccoli. Chi sono questi piccoli, che sanno accogliere i segreti di Dio? I piccoli sono quelli che hanno bisogno dei grandi, che non sono autosufficienti, che non pensano di bastare a sé stessi. Piccoli sono quelli che hanno il cuore umile e aperto, povero e bisognoso, che avvertono la necessità di pregare, di affidarsi e di lasciarsi accompagnare. Il cuore di questi piccoli è come un’antenna: capta il segnale di Dio, subito, se ne accorge subito. Perché Dio cerca il contatto con tutti, ma chi si fa grande crea un’enorme interferenza, non arriva il desiderio di Dio: quando si è pieni di sé, non c’è posto per Dio. Perciò Egli predilige i piccoli, si rivela a loro, e la via per incontrarlo è quella di abbassarsi, di rimpicciolirsi dentro, di riconoscersi bisognosi. Il mistero di Gesù Cristo è mistero di piccolezza: Lui si è abbassato, si è annientato. Il mistero di Gesù, come vediamo nell’Ostia ad ogni Messa, è mistero di piccolezza, di amore umile, e si coglie solo facendosi piccoli e frequentando i piccoli.

E ora possiamo chiederci: sappiamo cercare Dio là dove si trova? Qui c’è uno speciale santuario dove è presente, perché vi si trovano tanti piccoli da Lui prediletti. San Pio lo chiamò «tempio di preghiera e di scienza», dove tutti sono chiamati a essere «riserve di amore» per gli altri (Discorso per il 1° anniversario dell’inaugurazione, 5 maggio 1957): è la Casa Sollievo della Sofferenza. Nell’ammalato si trova Gesù, e nella cura amorevole di chi si china sulle ferite del prossimo c’è la via per incontrare Gesù. Chi si prende cura dei piccoli sta dalla parte di Dio e vince la cultura dello scarto, che, al contrario, predilige i potenti e reputa inutili i poveri. Chi preferisce i piccoli proclama una profezia di vita contro i profeti di morte di ogni tempo, anche di oggi, che scartano la gente, scartano i bambini, gli anziani, perché non servono. Da bambino, alla scuola, ci insegnavano la storia degli spartani. A me sempre ha colpito quello che ci diceva la maestra, che quando nasceva un bambino o una bambina con malformazioni, lo portavano sulla cima del monte e lo buttavano giù, perché non ci fossero questi piccoli. Noi bambini dicevamo: “Ma quanta crudeltà!”. Fratelli e sorelle, noi facciamo lo stesso, con più crudeltà, con più scienza. Quello che non serve, quello che non produce va scartato. Questa è la cultura dello scarto, i piccoli non sono voluti oggi. E per questo Gesù è lasciato da parte.

Infine la terza parola. Nella prima Lettura Dio dice: «Non si vanti il sapiente della sua sapienza, non si vanti il forte della sua forza» (Ger 9,22). La vera sapienza non risiede nell’avere grandi doti e la vera forza non sta nella potenza. Non è sapiente chi si mostra forte e non è forte chi risponde al male col male. L’unica arma sapiente e invincibile è la carità animata dalla fede, perché ha il potere di disarmare le forze del male. San Pio ha combattuto il male per tutta la vita e l’ha combattuto sapientemente, come il Signore: con l’umiltà, con l’obbedienza, con la croce, offrendo il dolore per amore. E tutti ne sono ammirati; ma pochi fanno lo stesso. Tanti parlano bene, ma quanti imitano? Molti sono disposti a mettere un “mi piace” sulla pagina dei grandi santi, ma chi fa come loro? Perché la vita cristiana non è un “mi piace”, è un “mi dono”. La vita profuma quando è offerta in dono; diventa insipida quando è tenuta per sé.

E nella prima Lettura Dio spiega anche dove attingere la sapienza di vita: «Chi vuol vantarsi, si vanti […] di conoscere me» (v. 23). Conoscere Lui, cioè incontrarlo, come Dio che salva e perdona: questa è la via della sapienza. Nel Vangelo Gesù ribadisce: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi» (Mt 11,28). Chi di noi può sentirsi escluso dall’invito? Chi può dire: “Non ne ho bisogno”?. San Pio ha offerto la vita e innumerevoli sofferenze per far incontrare il Signore ai fratelli. E il mezzo decisivo per incontrarlo era la Confessione, il sacramento della Riconciliazione. Lì comincia e ricomincia una vita sapiente, amata e perdonata, lì inizia la guarigione del cuore. Padre Pio è stato un apostolo del confessionale. Anche oggi ci invita lì; e ci dice: “Dove vai? Da Gesù o dalle tue tristezze? Dove torni? Da colui che ti salva o nei tuoi abbattimenti, nei tuoi rimpianti, nei tuoi peccati? Vieni, vieni, il Signore ti aspetta. Coraggio, non c’è nessun motivo così grave che ti escluda dalla sua misericordia”.

I gruppi di preghiera, gli ammalati della Casa Sollievo, il confessionale; tre segni visibili, che ci ricordano tre eredità preziose: la preghiera, la piccolezza e la sapienza di vita. Chiediamo la grazia di coltivarle ogni giorno.

Ma Papa Francesco non aveva detto che l'inferno non esiste e di conseguenza neanche il demonio?

"Ma voi credete che il demonio esiste?... Non siete tanto convinti? Dirò al vescovo di fare delle catechesi... Esiste o non esiste il demonio? [rispondono: “Sì!”]. E va, va da ogni parte, si mette dentro di noi, ci muove, ci tormenta, ci inganna."




INCONTRO CON I FEDELI
DISCORSO DEL SANTO PADRE
Piazzale antistante l'Aula liturgica di Piana Romana, Pietrelcina
Sabato, 17 marzo 2018


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Sono lieto di trovarmi in questo paese, dove Francesco Forgione nacque e iniziò la sua lunga e feconda vicenda umana e spirituale. In questa comunità egli temprò la propria umanità, imparò a pregare e a riconoscere nei poveri la carne del Signore, finché crebbe nella sequela di Cristo e chiese di essere ammesso tra i Frati Minori Cappuccini, diventando in tal modo fra Pio da Pietrelcina. Qui egli cominciò a sperimentare la maternità della Chiesa, della quale fu sempre figlio devoto. Amava la Chiesa, amava la Chiesa con tutti i suoi problemi, con tutti i suoi guai, con tutti i nostri peccati. Perché tutti noi siamo peccatori, ci vergogniamo, ma lo Spirito di Dio ci ha convocato in questa Chiesa che è santa. E lui amava la Chiesa santa e i figli peccatori, tutti. Questo era san Pio. Qui meditò con intensità il mistero di Dio che ci ha amati fino a dare Sé stesso per noi (cfr Gal 2,20). Ricordando con stima e affetto questo Santo discepolo di San Francesco, saluto cordialmente tutti voi suoi compaesani, il vostro Parroco e il Sindaco insieme al Pastore della diocesi, Mons. Felice Accrocca, alla comunità dei Cappuccini e a tutti voi che avete voluto essere presenti.

Ci troviamo oggi nello stesso terreno sul quale padre Pio dimorò nel settembre del 1911 per “respirare un po’ di aria più sana”. In quel tempo non c’erano gli antibiotici e le malattie si curavano tornando al paesino natale, dalla mamma, a mangiare le cose che fanno bene, respirare bene l’aria e a pregare. Così fece lui, come un uomo qualsiasi, come un contadino. Questa era la sua nobiltà. Mai rinnegò il suo paese, mai rinnegò le sue origini, mai rinnegò la sua famiglia. In quel tempo, infatti, egli risiedeva nel suo paese natale per motivi di salute. Quello non fu, per lui, un periodo facile: era fortemente tormentato nell’intimo e temeva di cadere nel peccato, sentendosi assalito dal demonio. E questo non dà pace, perché si muove [si dà da fare]. Ma voi credete che il demonio esiste?... Non siete tanto convinti? Dirò al vescovo di fare delle catechesi... Esiste o non esiste il demonio? [rispondono: “Sì!”]. E va, va da ogni parte, si mette dentro di noi, ci muove, ci tormenta, ci inganna. E lui [P. Pio], aveva paura che il demonio lo assalisse, lo spingesse al peccato. Con pochi poteva parlarne sia per via epistolare sia in paese: al solo arciprete don Salvatore Pannullo manifestò «quasi tutto» il suo «intento per averne dei rischiaramenti» (Lettera 57, in Epistolario I, p. 250), perché non capiva, voleva chiarire cosa accadeva nella sua anima. Era un bravo ragazzo!

In quei terribili momenti padre Pio trasse linfa vitale dalla preghiera continua e dalla fiducia che seppe riporre nel Signore: «Tutti i brutti fantasmi – così diceva – che il demonio mi va introducendo nella mente spariscono allorché fiducioso mi abbandono nelle braccia di Gesù». Qui c’è tutta la teologia! Tu hai un problema, tu sei triste, sei ammalato: abbandonati nelle braccia di Gesù. E questo ha fatto lui. Amava Gesù e si fidava di Lui. Così scriveva al Ministro provinciale, asserendo che il proprio cuore si sentiva «attratto da una forza superiore prima di unirsi a Lui la mattina in sacramento». «E questa fame e sete anziché rimanere appagata», dopo averlo ricevuto, «si accresce[va] sempre più» (Lettera 31, in Epistolario I, p. 217). Padre Pio si immerse quindi nella preghiera per aderire sempre meglio ai disegni divini. Attraverso la celebrazione della Santa Messa, che costituiva il cuore di ogni sua giornata e la pienezza della sua spiritualità, raggiunse un elevato livello di unione con il Signore. In questo periodo, ricevette dall’alto speciali doni mistici, che precedettero il manifestarsi nelle sue carni dei segni della passione di Cristo.

Cari fratelli e sorelle di Pietrelcina e della diocesi di Benevento, voi annoverate san Pio tra le figure più belle e luminose del vostro popolo. Questo umile frate cappuccino ha stupito il mondo con la sua vita tutta dedita alla preghiera e all’ascolto paziente dei fratelli, sulle cui sofferenze riversava come balsamo la carità di Cristo. Imitando il suo eroico esempio e le sue virtù, possiate diventare voi pure strumenti dell’amore di Dio, dell’amore di Gesù verso i più deboli. Al tempo stesso, considerando la sua incondizionata fedeltà alla Chiesa, darete testimonianza di comunione, perché solo la comunione – cioè l’essere sempre uniti, in pace fra noi, la comunione fra noi – edifica e costruisce. Un paese che litiga tutti i giorni non cresce, non si costruisce; spaventa la gente. È un paese malato e triste. Invece un paese dove si cerca la pace, dove tutti si vogliono bene – più o meno, ma si vogliono bene –, non ci si augura del male, questo paese, benché piccolo, cresce, cresce, cresce, si allarga e diventa forte. Per favore non spendete tempo, forze, a litigare fra voi. Questo non fa nulla. Non ti fa crescere! Non ti fa camminare. Pensiamo a un bambino che piange, piange, piange e non vuole muoversi dalla sua culla e piange, piange. E quando la mamma lo mette sul pavimento perché incominci a gattonare, piange, piange… e torna nella culla. Vi domando: quel bambino sarà capace di camminare? No. perché è sempre nella culla! Se un paesino litiga, litiga, litiga, sarà capace di crescere? No. Perché tutto il tempo, tutte le forze vanno a litigare. Per favore: pace fra voi, comunione fra voi. E se a qualcuno di voi viene voglia di chiacchierare di un altro, mordetevi la lingua. Vi farà bene, bene all’anima, perché la lingua si gonfierà, ma vi farà bene; anche al paese. Date questa testimonianza di comunione. Auspico che questo territorio possa trarre nuova linfa dagli insegnamenti di vita di padre Pio in un momento non facile come quello presente, mentre la popolazione decresce progressivamente e invecchia perché molti giovani sono costretti a recarsi altrove per cercare lavoro. La migrazione interna dei giovani, un problema. Pregate la Madonna perché vi dia la grazia che i giovani trovino lavoro qui, fra voi, vicino alla famiglia, e non siano costretti ad andarsene a cercare da un’altra parte e il paese giù, giù, giù. La popolazione invecchia, ma è un tesoro, i vecchi sono un tesoro! Per favore, non emarginate i vecchi. Non bisogna emarginare i vecchi, no. I vecchi sono la saggezza. E che i vecchi imparino a parlare con i giovani e i giovani imparino a parlare con i vecchi. Loro hanno la saggezza di un paese, i vecchi. Quando sono arrivato mi è piaciuto tanto salutare uno di 99 anni e una “ragazzina” di 97. Bellissimo! Questi sono la vostra saggezza! Parlate con loro. Che siano protagonisti della crescita di questo paese. L’intercessione del vostro Santo concittadino sostenga i propositi di unire le forze, così da offrire soprattutto alle giovani generazioni prospettive concrete per un futuro di speranza. Non manchi un’attenzione sollecita e carica di tenerezza – come ho detto – agli anziani, che sono patrimonio delle nostre comunità. Mi piacerebbe che una volta si desse il premio Nobel agli anziani che danno memoria all’umanità.

Incoraggio questa terra a custodire come un tesoro prezioso la testimonianza cristiana e sacerdotale di san Pio da Pietrelcina: essa sia per ciascuno di voi uno stimolo a vivere in pienezza la vostra esistenza, nello stile delle Beatitudini e con le opere di misericordia. La Vergine Maria, che voi venerate con il titolo di Madonna della Libera, vi aiuti a camminare con gioia sulla via della santità. E per favore, pregate per me, perché ho bisogno. Grazie!

14 marzo 2018

Cerchiamo di ricapitolare e chiudere questa storia della lettera di Papa Benedetto inviata a mons. Viganò.

La cosa è più semplice di quanto si pensi. Il resto sono le masturbazioni mentali di certi cattolici, se così si possono definire. E per chiarire la lettera ci serviamo proprio di quanto pubblicato da Magister: 

Il 12 gennaio mons. Viganò invia a Papa Benedetto la raccolta degli undici piccoli volumi sulla teologia di Papa Francesco e chiede a Papa Benedetto se ne può fare un breve e denso commento. Papa Benedetto gli risponde che per farlo li dovrebbe leggere ma purtroppo non lo può fare viste soprattutto le sue condizioni fisiche e qualche altro impegno già preso.

A quel punto però Papa Benedetto ha capito che la richiesta di Viganò era principalmente dovuta ad una difesa di Papa Francesco attaccato da più parti e quindi Papa Benedetto fa un’aperta difesa dell’operato di Papa Francesco.

Vero, Papa Benedetto non li ha letti quei libri ma possibile che conoscendone gli autori, da la sua approvazione e plaude all’iniziativa.

Viganò ha semplicemente omesso quella parte del diniego di Papa Benedetto perché di fatto non interessava il motivo per il quale non ha potuto commentare quei libri. Si conosce l’età di Papa Benedetto e quindi non servono altre spiegazioni e di conseguenza ha letto solo la parte nella quale Papa Benedetto difende l’operato di Papa Francesco.

Quindi Papa Benedetto è stato grandioso nel difendere l’operato di Papa Francesco

THE END


La Santa Messa - 13. Liturgia eucaristica. III. "Padre nostro" e frazione del Pane

A FRANCESCO
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 14 marzo 2018

 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Continuiamo con la Catechesi sulla Santa Messa. Nell’ultima Cena, dopo che Gesù prese il pane e il calice del vino, ed ebbe reso grazie a Dio, sappiamo che «spezzò il pane». A quest’azione corrisponde, nella Liturgia eucaristica della Messa, la frazione del Pane, preceduta dalla preghiera che il Signore ci ha insegnato, cioè del “Padre Nostro”.

E così cominciano i riti di Comunione, prolungando la lode e la supplica della Preghiera eucaristica con la recita comunitaria del “Padre nostro”. Questa non è una delle tante preghiere cristiane, ma è la preghiera dei figli di Dio: è la grande preghiera che ci ha insegnato Gesù. Infatti, consegnatoci nel giorno del nostro Battesimo, il “Padre nostro” fa risuonare in noi quei medesimi sentimenti che furono in Cristo Gesù. Quando noi preghiamo col “Padre Nostro”, preghiamo come pregava Gesù. È la preghiera che ha fatto Gesù, e l’ha insegnata a noi; quando i discepoli gli hanno detto: “Maestro, insegnaci a pregare come tu preghi”. E Gesù pregava così. È tanto bello pregare come Gesù! Formati al suo divino insegnamento, osiamo rivolgerci a Dio chiamandolo “Padre”, perché siamo rinati come suoi figli attraverso l’acqua e lo Spirito Santo (cfr Ef 1,5). Nessuno, in verità, potrebbe chiamarlo familiarmente “Abbà” – “Padre” – senza essere stato generato da Dio, senza l’ispirazione dello Spirito, come insegna san Paolo (cfr Rm 8,15). Dobbiamo pensare: nessuno può chiamarlo “Padre” senza l’ispirazione dello Spirito. Quante volte c’è gente che dice “Padre Nostro”, ma non sa cosa dice. Perché sì, è il Padre, ma tu senti che quando dici “Padre” Lui è il Padre, il Padre tuo, il Padre dell’umanità, il Padre di Gesù Cristo? Tu hai un rapporto con questo Padre? Quando noi preghiamo il “Padre Nostro”, ci colleghiamo col Padre che ci ama, ma è lo Spirito a darci questo collegamento, questo sentimento di essere figli di Dio.

Quale preghiera migliore di quella insegnata da Gesù può disporci alla Comunione sacramentale con Lui? Oltre che nella Messa, il “Padre nostro” viene pregato, alla mattina e alla sera, nelle Lodi e nei Vespri; in tal modo, l’atteggiamento filiale verso Dio e di fraternità con il prossimo contribuiscono a dare forma cristiana alle nostre giornate.

Nella Preghiera del Signore - nel “Padre nostro” - chiediamo il «pane quotidiano», nel quale scorgiamo un particolare riferimento al Pane eucaristico, di cui abbiamo bisogno per vivere da figli di Dio. Imploriamo anche «la remissione dei nostri debiti», e per essere degni di ricevere il perdono di Dio ci impegniamo a perdonare chi ci ha offeso. E questo non è facile. Perdonare le persone che ci hanno offeso non è facile; è una grazia che dobbiamo chiedere: “Signore, insegnami a perdonare come tu hai perdonato me”. È una grazia. Con le nostre forze noi non possiamo: è una grazia dello Spirito Santo perdonare. Così, mentre ci apre il cuore a Dio, il “Padre nostro” ci dispone anche all’amore fraterno. Infine, chiediamo ancora a Dio di «liberarci dal male» che ci separa da Lui e ci divide dai nostri fratelli. Comprendiamo bene che queste sono richieste molto adatte a prepararci alla santa Comunione (cfr Ordinamento Generale del Messale Romano, 81).

In effetti, quanto chiediamo nel “Padre nostro” viene prolungato dalla preghiera del sacerdote che, a nome di tutti, supplica: «Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni». E poi riceve una sorta di sigillo nel rito della pace: per prima cosa si invoca da Cristo che il dono della sua pace (cfr Gv 14,27) – così diversa dalla pace del mondo - faccia crescere la Chiesa nell’unità e nella pace, secondo la sua volontà; quindi, con il gesto concreto scambiato tra noi, esprimiamo «la comunione ecclesiale e l’amore vicendevole, prima di comunicare al Sacramento» (OGMR, 82). Nel Rito romano lo scambio del segno di pace, posto fin dall’antichità prima della Comunione, è ordinato alla Comunione eucaristica. Secondo l’ammonimento di san Paolo, non è possibile comunicare all’unico Pane che ci rende un solo Corpo in Cristo, senza riconoscersi pacificati dall’amore fraterno (cfr 1 Cor 10,16-17; 11,29). La pace di Cristo non può radicarsi in un cuore incapace di vivere la fraternità e di ricomporla dopo averla ferita. La pace la dà il Signore: Egli ci dà la grazia di perdonare coloro che ci hanno offeso.

Il gesto della pace è seguito dalla frazione del Pane, che fin dal tempo apostolico ha dato il nome all’intera celebrazione dell’Eucaristia (cfr OGMR, 83; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1329). Compiuto da Gesù durante l’Ultima Cena, lo spezzare il Pane è il gesto rivelatore che ha permesso ai discepoli di riconoscerlo dopo la sua risurrezione. Ricordiamo i discepoli di Emmaus, i quali, parlando dell’incontro con il Risorto, raccontano «come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane» (cfr Lc 24,30-31.35).

La frazione del Pane eucaristico è accompagnata dall’invocazione dell’«Agnello di Dio», figura con cui Giovanni Battista ha indicato in Gesù «colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29). L’immagine biblica dell’agnello parla della redenzione (cfr Es12,1-14; Is 53,7; 1 Pt 1,19; Ap 7,14). Nel Pane eucaristico, spezzato per la vita del mondo, l’assemblea orante riconosce il vero Agnello di Dio, cioè il Cristo Redentore, e lo supplica: «Abbi pietà di noi … dona a noi la pace».

«Abbi pietà di noi», «dona a noi la pace» sono invocazioni che, dalla preghiera del “Padre nostro” alla frazione del Pane, ci aiutano a disporre l’animo a partecipare al convito eucaristico, fonte di comunione con Dio e con i fratelli.

Non dimentichiamo la grande preghiera: quella che ha insegnato Gesù, e che è la preghiera con la quale Lui pregava il Padre. E questa preghiera ci prepara alla Comunione.

Saluti:

Je suis heureux d’accueillir les pèlerins francophones, venant en particulier de France et de Suisse. Je salue les membres de la Communauté de Taizé, les jeunes des collèges et lycées de France et les diocésains d’Angers et du Puy. En ce temps de préparation à la célébration de Pâques, je vous invite à enraciner la paix du Christ dans vos cœurs, afin de vivre la fraternité et de la guérir lorsqu’elle a été blessée. Que Dieu vous bénisse !

[Sono lieto di dare il benvenuto ai pellegrini francofoni, in particolare a quelli provenienti dalla Francia e dalla Svizzera. Saluto i membri della Comunità di Taizé, i giovani delle scuole superiori francesi e le Diocesi di Angers e di Puy. In questo tempo di preparazione alla celebrazione della Pasqua, vi invito a rinsaldare la pace di Cristo nei vostri cuori, per vivere la fratellanza e guarirla quando è ferita. Dio vi benedica!]

I greet the English-speaking pilgrims and visitors taking part in today’s Audience, particularly those from England, Ireland, Norway, Australia, China, Indonesia and the United States of America. With prayerful good wishes that this Lent will be a time of grace and spiritual renewal for you and your families, I invoke upon all of you joy and peace in our Lord Jesus Christ. God bless you!

[Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’Udienza odierna, specialmente quelli provenienti da Inghilterra, Irlanda, Norvegia, Australia, Cina, Indonesia e Stati Uniti d’America. Con fervidi auguri che questa Quaresima sia per voi e per le vostre famiglie un tempo di grazia e di rinnovamento spirituale, invoco su voi tutti la gioia e la pace del Signore Gesù. Dio vi benedica!]

Herzlich grüße ich die Pilger aus den Ländern deutscher Sprache, insbesondere die Gemeinschaft des Friedrich-List-Berufskollegs aus Hamm. Von der Gnade des Herrn geformt und von der göttlichen Hoffnung erfüllt können wir unseren Nächsten gegenüber die Liebe erwidern, die Gott uns jeden Tag schenkt. Schönen Aufenthalt in Rom unter der Leitung des Heiligen Geistes.

[Con affetto saluto i pellegrini provenienti dai paesi di lingua tedesca, in particolare la comunità del Collegio professionale Friedrich List di Hamm. Plasmati dalla grazia del Signore e ricolmi di speranza divina, possiamo ricambiare nei fratelli l’amore che Dio ci dona ogni giorno. Buon soggiorno a Roma sotto la guida dello Spirito Santo.]

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española provenientes de España y América Latina, en particular al grupo de la Fundación “Líderes Globales para el Fomento de los Gobiernos Locales”. En nuestro camino cuaresmal de preparación para la Pascua del Señor, pidamos a la Virgen María que no deje de mirarnos con amor para que, con la ayuda del Espíritu Santo, haga fecundos nuestros propósitos de una mayor entrega y generosidad en nuestra vida cristiana. Que el Señor los bendiga. Muchas gracias.

Saúdo os peregrinos de língua portuguesa, com menção particular dos fiéis das Lages do Pico e Coimbra. Faço votos que este encontro vos ajude a renovar nas vossas comunidades o compromisso de serdes instrumentos de misericórdia e paz, como nos inspira a oração do Pai Nosso. Que Deus vos abençoe.

[Saluto i pellegrini di lingua portoghese, in particolare i fedeli di Lages do Pico e di Coimbra. Auguro che questo incontro vi aiuti a rinnovare nelle vostre comunità l’impegno ad essere strumenti di misericordia e di pace, come ci ispira la preghiera del Padre Nostro. Dio vi benedica!]

أُرحّبُ بالحجّاجِ الناطقينَ باللّغةِ العربيّة، وخاصّةً بالقادمينَ منالشّرق الأوسط. أيّها الإخوةُ والأخواتُ الأعزّاء، ليدلّكم الرب في زمن التوبة هذا، على درب الرجاء التي ينبغي عليكم إتباعها. اسمحوا للروح القدس أن يقودكم لتقوموا بمسيرة ارتداد حقيقيّة وتتطهّروا من الخطيئة لكي تخدموا المسيح في الإخوة كلٌّ بحسب قدراته ودوره. ليُباركْكُم الربّ!

[Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dal Medio Oriente! Cari fratelli e sorelle, in questo tempo penitenziale, il Signore ci indica il cammino di speranza da seguire. Lasciatevi guidare dallo Spirito Santo, per compiere una vera conversione, per essere purificati dal peccato e per servire Cristo presente nei fratelli, secondo le capacità e i ruoli propri di ciascuno. Il Signore vi benedica!]

Witam serdecznie pielgrzymów polskich. W modlitwie „Ojcze nasz”, prosząc Boga: „Chleba naszego powszedniego daj nam dzisiaj”, modlimy się nie tylko o chleb, jako pokarm dla ciała, lecz także o Chleb Eucharystyczny, pokarm dla duszy. Wiemy, że kto popełnił grzech ciężki, nie powinien przyjmować Komunii świętej bez otrzymania wpierw rozgrzeszenia w sakramencie pokuty. Niech Wielki Post będzie dla was okazją, by przystąpić do tego sakramentu, dobrze się wyspowiadać i przyjąć Chrystusa w Komunii świętej. Spotkanie z Nim nadaje sens naszemu życiu. Z serca wam błogosławię.

[Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. Nel “Padre nostro”, dicendo al Signore: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, chiediamo non solo il cibo per il corpo, ma anche il dono del Pane eucaristico, nutrimento dell’anima. Sappiamo che colui che ha commesso un peccato grave non dovrebbe accostarsi alla Santa Comunione senza aver ottenuto prima l’assoluzione nel sacramento della Riconciliazione. La Quaresima sia un’occasione per accostarsi a quest’ultimo, confessarsi bene e incontrare Cristo nella Santa Comunione. L’incontro con Lui conferisce senso alla nostra vita. Vi benedico di cuore!]

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai fedeli di lingua italiana.

Sono lieto di accogliere le Figlie di Maria Ausiliatrice; i gruppi parrocchiali, in particolare quelli di Castellaneta, accompagnati dal Vescovo, Monsignor Claudio Maniago, di Bitritto e di Mesagne. A tutti auguro che la visita alla Città Eterna diventi un’occasione di riscoperta della fede e di crescita nella carità.

Saluto gli istituti scolastici; gli Ex-allievi Salesiani di Livorno e il Gruppo del Premio “Livio Tempesta” per la Bontà nella scuola, augurando di saper cogliere i tanti esempi positivi e di finalizzare gli sforzi formativi al generoso servizio del bene comune.

Un pensiero speciale porgo ai giovani, agli anziani, agli ammalati e agli sposi novelli. Cari amici, Cristo ha promesso di restare sempre con noi e in molti modi manifesta la sua presenza. A ciascuno il compito responsabile e coraggioso di annunciare e testimoniare il suo amore che ci sostiene in ogni occasione della vita. Non stancatevi, dunque, di affidarvi a Cristo e di diffondere ovunque il suo Vangelo.