4 marzo 2018

In che senso Gesù è morto per noi?


Ti presento il significato della morte di Gesù con le parole di un accademico di Francia, Jean Guitton.
Le ha scritte in un libro intitolato Il mio piccolo catechismo.
Nel sottotitolo scrive: Dialogo con un bambino.
Presenta il significato della morte di Gesù con termini semplicissimi.
Ecco che cosa scrive:

“Per spiegarti la morte di Gesù per i nostri peccati ti leggerò (e tu l'imparerai) una pagina di un profeta, che, pur essendo vissuto cinquecento anni prima di Gesù, vide in anticipo quello che sarebbe successo.
Isaia descrive un personaggio che chiama il servo o il servitore, il servitore di Dio, «il giusto mio servo». Tutti siamo servitori di Dio. Ma colui che egli annuncia era un servitore straordinario.
«È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per potercene compiacere.
Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui, per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca.
Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua sorte?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per l'iniquità del mio popolo fu percosso a morte, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità.
Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori» (Isaia, capitolo 53).

Non so se hai ben compreso questa pagina, ma adesso farò un paragone. Capita che un uomo offra la propria vita per salvare altri uomini: per esempio, un soldato in guerra. I nemici invadono il paese. Allora i soldati rischiano la morte per salvare le donne, i bambini e tutto il popolo. Questo si chiama morire per la patria e il nobile gesto lo si considera una grande gloria.
Similmente, accade che un medico muoia per salvare i suoi malati, o che uno scienziato esponga la propria vita per fare una scoperta che sarà utile a tutta l'umanità. I cosmonauti che sono andati sulla luna hanno rischiato la loro vita. E si potrebbero addurre molti altri esempi. Di recente, un pilota, preso tra gli ostaggi, ha sacrificato la sua vita per salvare i passeggeri di un aereo. Nel tuo cuore tu senti la bellezza di queste azioni, e puoi quindi capire la parola di Gesù: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». Durante l'ultima guerra un sacerdote polacco chiamato Kolbe era prigioniero in un campo di sterminio. Essendo evaso un prigioniero, i nazisti avevano designato dieci detenuti per morire di fame in prigione. Sapendo che uno di essi era padre di famiglia, il sacerdote Kolbe, discepolo di san Francesco, si offrì al posto di lui, morendo di fame in una prigione, dopo parecchi giorni, nel 1942.
Tutti questi esempi ti dimostrano che c'è nell'uomo un profondo desiderio di purezza, di giustizia e di riscatto, e che può succedere che un uomo si offra alla sofferenza e alla morte per evitare la sofferenza e la morte degli altri. Questo si chiama sacrificio. E nel tuo cuore puoi capire che non c'è nulla di più bello che sacrificarsi così per gli altri. Una madre si sacrifica per il figlio”.

A questo punto Jean Guitton immagina che il bambino gli faccia la seguente domanda: “Come la morte di Gesù ha potuto cancellare il peccato degli uomini?”.
E risponde così: “Se riuscirò a farti capire questo, saremo giunti al cuore del cristianesimo. Tu fai sulla fronte e sulle spalle il segno della croce. Questo è il segno del cristiano: pronunciando le parole «nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo», evochi nello stesso tempo la morte di Gesù sul patibolo della croce, che è il patibolo della Redenzione. In un secondo, con le parole e con il gesto, tu proclami il cristianesimo: proprio per proclamare questa fede moltitudini di martiri sono morti nell'arco di duemila anni.
Come il servitore di Dio di cui ti ho parlato poco fa, leggendoti un testo del profeta Isaia, Gesù ha voluto prendere su di sé il castigo che doveva ricadere su di noi, al fine di liberarci e di salvarci in vista della felicità eterna.
Ora mi servirò di una similitudine: immagino alcuni uccelli che vogliono volare verso il cielo. Ma tra la terra e il cielo c'è una rete, simile alle reti che i pescatori usano per prendere il pesce; è una rete così fitta che gli uccelli non possono attraversarla e ricadono quindi a terra. Scorgo un uccello più coraggioso, più forte degli altri, che attraversa la rete, ma a prezzo del suo sangue, e rimane ferito. Allora tutti gli altri uccelli passano attraverso l'apertura che quello ha fatta e volano verso il cielo con lui. Questa immagine rappresenta quello che i cristiani credono di Gesù. Sanno che essi, a causa del peccato originale di Adamo e di tutti i loro peccati personali, sono incapaci di salire verso la luce totale. Ma Gesù, che è uomo e Dio, si sacrifica. Versa il suo sangue, muore, passa al di là della rete, forandola, e tutti gli altri possono salire verso la luce al suo seguito. Tutto ciò non avviene facilmente. È necessario che Gesù venga oltraggiato, sfigurato, insultato, disprezzato e versi tutto il suo sangue. Ecco cos'è la Redenzione”.

Con altre parole il Catechismo della Chiesa Cattolica esprime il medesimo concetto:
“Questo sacrificio di Cristo è unico: compie e supera tutti i sacrifici.
Esso è innanzitutto un dono dello stesso Dio Padre che consegna il Figlio suo per riconciliare noi con lui.
Nel medesimo tempo è offerta del Figlio di Dio fatto uomo che, liberamente e per amore, offre la propria vita al Padre suo nello Spirito Santo per riparare la nostra disobbedienza” (CCC 614).

“Gesù sostituisce la sua obbedienza alla nostra disobbedienza
«Come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti» (Rm 5,19).
Con la sua obbedienza fino alla morte, Gesù ha compiuto la sostituzione del Servo sofferente che offre «se stesso in espiazione», mentre porta «il peccato di molti», e li giustifica addossandosi «la loro iniquità».
Gesù ha riparato per i nostri errori e dato soddisfazione al Padre per i nostri peccati” (CCC 615).

“Sulla croce, Gesù consuma il suo sacrificio
È l’amore «sino alla fine» (Gv 13,1) che conferisce valore di redenzione e di riparazione, di espiazione e di soddisfazione al sacrificio di Cristo.
Egli ci ha tutti conosciuti e amati nell’offerta della sua vita.
«L’amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti» (2 Cor 5,14).
Nessun uomo, fosse pure il più santo, era in grado di prendere su di sé i peccati di tutti gli uomini e di offrirsi in sacrificio per tutti.
L’esistenza in Cristo della Persona divina del Figlio, che supera e nel medesimo tempo abbraccia tutte le persone umane e lo costituisce Capo di tutta l’umanità, rende possibile il suo sacrificio redentore per tutti” (CCC 616).

Come puoi vedere la tua domanda è semplice, ma non è banale.
È una domanda alla quale dobbiamo tornare spesso per ricordare il significato della nostra vita e della redenzione.

Padre Angelo

https://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=5187