30 agosto 2016


La preghiera è ardente quando è accompagnata dall'invocazione a Gesù. Egli porta il fuoco nella regione del cuore. La sua fiamma brucia le passioni come pula, e riempie il cuore di gioia e di pace; scende in noi nè da destra, nè da sinistra e neppure dall'alto, erompe nel cuore come sorgente dallo Spirito datore di vita.
Questa è la preghiera che devi desiderare di trovare e raggiungere nel cuore; conserva libera la mente da fantasticherie e spoglia di pensieri e ragionamenti. E non essere pavido. Colui che disse: Abbi fiducia sono io, non aver paura, è veramente in noi; Lui cerchiamo e Lui sempre ci protegge. Quando invochiamo il Signore non dobbiamo nè aver paura, nè sospirare.
Se qualcuno si è smarrito ed ha perduto il senno, ciò fu, credimi, per aver seguito il proprio capriccio e orgoglio.
Chi cerca Dio nella sottomissione, e con umiltà interroga chi è più esperto, non avrà da temere alcun danno per la grazia di Cristo che vuole salvare tutti gli uomini. Chi pratica la preghiera silenziosa segue sempre questa via regale. L'eccesso in qualunque direzione produce la presunzione che è seguita dallo smarrimento. Controlla il ritmo dei pensieri, stringendo un po' le labbra durante la preghiera, non ti preoccupare di quello delle narici come fanno gli stolti, per non soccombere all'orgoglio.
Tre sono le qualità della preghiera silenziosa: l'austerità, il silenzio, la non considerazione di se stessi, cioè l'umiltà; queste devono essere praticate con fedeltà; continuamente dobbiamo verificare se sono la nostra dimora, perchè dimenticandole non ci incamminiamo fuori di esse. L'una sostiene e custodisce l'altra, da esse nasce la preghiera e cresce in maniera perfetta.

http://www.monasterovirtuale.it/la-patristica/gregorio-il-sinaita-l-esicasta-deve-stare-seduto-in-preghiera-senza-aver-fretta-di-alzarsi.html

27 agosto 2016

“Il terremoto può strapparci tutto eccetto l’umile coraggio della fede”

“Vescovo, non ci ripetere parole di circostanza, le solite cose di voi preti”. Così monsignor Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno, durante l’omelia per le esequie celebrate nella palestra adiacente all’ospedale “Mazzoni” di Ascoli: “Ci sta anche che in queste giornate così drammatiche qualcuno direttamente o nei social mi dica questo, nel momento in cui le parole inciampano. Anzi, ditemelo, fratelli e figli miei! Diciamoglielo tutti assieme a Gesù Cristo: ‘Signore sono le solite cose. Qui abbiamo perso tutto o quasi e tu dove stai?’ Apparentemente non c’è risposta. Eppure, cari amici, se guardate appena sotto le lacrime, nessuno più di noi può testimoniare che il terremoto, come la malattia il dolore e la morte, possono strapparci tutto eccetto l’umile coraggio della fede”. Le “solite-cose”, ha spiegato mons. D’Ercole, “possono essere la scialuppa di salvataggio per non affogare nella disperazione e mai come ora possono ridare luce alla nostra speranza. Senza questa sorgente di speranza che è la fede, saremmo sul lastrico della miseria più nera”. Quindi il vescovo, dopo aver citato un episodio del Don Camillo di Guareschi, ha ricordato che “le torri campanarie, che hanno dettato i ritmi dei giorni e delle stagioni, sono crollate, non suonano più” ma “sotto le macerie, c’è qualcosa che ci dice che le nostre campane torneranno a suonare, ritroveranno il suono del mattino di Pasqua”.

http://agensir.it/quotidiano/2016/8/27/funerali-terremoto-mons-dercole-ascoli-piceno-il-terremoto-puo-strapparci-tutto-eccetto-lumile-coraggio-della-fede/


25 agosto 2016

Vergine Santa,

conforto degli afflitti e madre di consolazione,
a voi gridiamo dal fondo delle nostre tribolazioni:
Abbiate pietà di noi poveri infelici, che a voi la domandiamo.

O Maria, questo è il momento di mostrare, come è giusto il nome,
con cui vi invochiamo nostra madre.
Dimenticaste voi quelle ultime parole del vostro Gesù dalla Croce,
quella voce moribonda, quegli estremi sospiri,
coi quali a voi ci consegnava come figli?

O cara Madre udite il gemito di noi poveri peccatori sì,
ma figli vostri. Se voi non ci consolate,
a chi potremo noi domandare soccorso?
Deh voi dunque parlate di noi al vostro Gesù con quell'amore
che sempre lo vince.

Nel vostro seno deponiamo le nostre lacrime:
da voi aspettiamo la nostra consolazione;
e quando pure sapessimo che voi ce la negaste,
ancora rimarremo ai vostri piedi gridando:
Madre, consolateci, che siamo vostri figli.

Smemoratezza

Quindi oggi Socci ci dice che CL si vergogna di Cristo visto che i vari incontri al meeting di Rimini sono iniziati con un minuto di silenzio e non con una preghiera per i terremotati. Ok

Però sempre Socci si è "dinenticato" di dire che ieri Papa Francesco, e tutta piazza San Pietro con lui, ha pregato il Rosario per i terremotati...

il Signore passò.

Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello.... " 
(1Re 19,11-13)


24 agosto 2016

Ora c’è chi vuol insegnare a francesco a fare il Papa!


«In teoria dovrei essere tra quelli che “parteggiano” per Bergoglio. Inizialmente avevo creduto molto in questo Papa, Ma ama il protagonismo e mi inquieta il suo “riformismo religioso”...». Voci critiche contro papa Francesco, anche tra i nostri lettori: don Sciortino risponde


Ho letto molti vostri articoli su papa Francesco. Premetto che sono una credente anche se non praticante, e in teoria dovrei essere tra quelli che “parteggiano” per Bergoglio. Inizialmente avevo creduto molto in questo Papa, così positivo, brioso, gentile, “misericordioso”. Poi, con il passare del tempo, ha cominciato a stravolgere la fede cristiana, risponde in modo ambiguo alle interviste, ama il protagonismo. Ma quello che mi inquieta del suo “riformismo religioso” sono le posizioni sui rapporti coniugali e la famiglia. Perché, poi, dovremmo far entrare nelle nostre chiese i musulmani la cui religione non è affatto paci fica? Il Papa l’ha letto il Corano? Concordo con la tolleranza, ma non sono d’accordo con la “fusione” delle religioni. Perché dovremmo essere misericordiosi con quel terrorista islamico che con il camion ha stroncato la vita di ottantaquattro persone sul lungomare di Nizza, tra cui molti bambini? Io sono cresciuta con princìpi cristiani solidi e a questi voglio attenermi nella mia vita.
BARBARA - Bergamo


Leggendo la tua lettera, cara Barbara, mi è venuto in mente l’episodio dell’ambasciatrice americana in Italia, Clare Boothe Luce, cattolica convinta, la quale ricevuta in udienza particolare da Pio XII si prodigava nel dargli consigli su come contrastare il comunismo e come favorire un cattolicesimo integrale. Il Papa, dopo aver ascoltato le sue esternazioni, l’ha ripresa bonariamente con queste parole: «Signora cara, si ricordi che anch’io sono cattolico e non ho bisogno di essere convertito». Mi pare che la stessa cosa stia capitando con papa Francesco: molti si ergono a suoi “tutori” per insegnargli a fare il Papa. Come se Bergoglio non conoscesse la dottrina e la morale cristiana. Siamo all’assurdo!

Papa Francesco per le vittime del terremoto

PAPA FRANCESCO
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 24 agosto 2016



Avevo preparato la catechesi di oggi, come per tutti i mercoledì di questo Anno della Misericordia, sull’argomento della vicinanza di Gesù, ma dinanzi alla notizia del terremoto che ha colpito l’Italia centrale, devastando intere zone e lasciando morti e feriti, non posso non esprimere il mio grande dolore e la mia vicinanza a tutte le persone presenti nei luoghi colpiti dalle scosse, a tutte le persone che hanno perso i loro cari e a quelle che ancora si sentono scosse dalla paura e dal terrore. Sentire il Sindaco di Amatrice dire: “Il paese non c’è più”, e sapere che tra i morti ci sono anche bambini, mi commuove davvero tanto. 

E per questo voglio assicurare a tutte queste persone - nei pressi di Accumoli, Amatrice e altrove, nella Diocesi di Rieti e di Ascoli Piceno e in tutto il Lazio, nell’Umbria, nelle Marche - la preghiera e dire loro di essere sicure della carezza e dell’abbraccio di tutta la Chiesa che in questo momento desidera stringervi con il suo amore materno, anche del nostro abbraccio, qui, in piazza. 

Nel ringraziare tutti i volontari e gli operatori della protezione civile che stanno soccorrendo queste popolazioni, vi chiedo di unirvi a me nella preghiera affinché il Signore Gesù, che si è sempre commosso dinanzi al dolore umano, consoli questi cuori addolorati e doni loro la pace per l’intercessione della Beata Vergine Maria.
Lasciamoci commuovere con Gesù. 

Dunque rimandiamo alla prossima settimana la catechesi di questo mercoledì. E vi invito a recitare con me una parte del Santo Rosario: “Misteri dolorosi”.

22 agosto 2016

Quando anche i silenzi di certi don vogliono dire molto


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Ex....

a che pro certi ex che ora si dicono cattolici condividono notizie dello scorso anno lasciando quasi intendere che ci sia un'approvazione da parte della Chiesa dei matrimoni gay, cosa che non c'è stata?


21 agosto 2016

La Porta della Misericordia di Dio è stretta ma sempre spalancata per tutti!

Dio non fa preferenze, ma accoglie sempre tutti, senza distinzioni: Una porta stretta “per restringere il nostro orgoglio e la nostra paura”; una porta spalancata “perché Dio ci accoglie senza distinzioni”. E la salvezza che Egli ci dona è “un flusso incessante di misericordia, che abbatte ogni barriera e apre sorprendenti prospettive di luce e di pace”. “La porta stretta ma sempre spalancata: non dimenticatevi di questo”.

19 agosto 2016

Papa Francesco attaccato da modernisti e tradizionalisti

Vito Mancuso deluso dal Papa: «perché non vuole cambiare la dottrina?»

C’è forte delusione nel progressismo cattolico: Papa Francesco non ha alcuna intenzione di cambiare la dottrina, nessuna fantomatica apertura, nessun adeguamento al mondo.
Dopo fiumi di inchiostro sulle rivoluzioni dottrinali che avrebbe portato “il nuovo corso” di Francesco, il vaticanista del Fatto QuotidianoMarco Politi, ha smesso da mesi di scrivere libri e articoli ritirandosi in un impacciato e quanto mai salutare silenzio (l’ultimo articolo risale al marzo 2015). Se è sempre più palpabile l’imbarazzo degli storici Alberto Melloni e Massimo Faggioli, il vatiKanista del ManifestoLuca Kocci, è ancora frastornato dalla scomunica di Papa Francesco dei fondatori dell’associazione Noi siamo Chiesa, leader del progressismo cattolico internazionale a cui Kocci è molto legato e a cui continua imperterrito a dare voce (assieme all’agenzia Adista). Per non parlare del teologo Vito Mancuso. Nel marzo 2014 arrivò a fare pressioni al Papa in un editoriale di Repubblica, minacciando cataclismi se non avesse portato la Chiesa sulla strada dell’aborto libero, dell’eutanasia selvaggia e del matrimonio gay: «che ne sarebbe della Chiesa se fallisse Francesco? Che cosa avverrebbe se le riforme auspicate non andassero in porto e le attese di una nuova primavera si rivelassero solo illusioni? Sarebbe la fine della luce che si è accesa nell’esistenza di tutti gli esseri umani, con Roma che tornerebbe a essere periferia del mondo». 
Francesco ha risposto picche: non solo ha denunciato la falsa compassione che muove i sostenitori della cultura dello scarto (aborto e eutanasia), non solo ha beatificato Paolo VI, ma ha elogiato il suo coraggio per l’enciclica Humanae Vitae vero incubo di Mancuso in quanto incardina definitivamente la dottrina cattolica sulla sessualità-, affermando«Paolo VI non è stato un arretrato, un chiuso. No, è stato un profeta». Si è anche più volte scagliato contro il gender, legittimando la grande sollevazione popolare che il 21 giugno scorso ha portato in piazza un milione di persone. Proprio in queste ore la portavoce nazionale dei Socialisti, Maria Cristina Pisaniha accusatoPapa Francesco di non essere progressista in quanto, tramite un suo appello pochi giorni fa, ha influito sulla vittoria dei difensori della famiglia nel referendum in Slovenia, abbattendo la legge favorevole ai matrimoni omosessuali. In questi giorni, dopo aver rinnegato il Dio cristiano abbracciando pubblicamente il panenteismo, non potendo negare l’evidenza, Mancuso ha manifestato la sua delusione per Francesco, “tirandogli le orecchie”: «Sta facendo un ottimo lavoro, però occorrerebbe che non si limitasse alla dimensione disciplinare e interna della Curia, che va raddrizzata, ma che la riforma toccasse la dottrina, se si vuole parlare alla coscienza contemporanea».
Per farsi più attraenti agli occhi del mondo, è questa la nota ricetta di Mancuso, la Chiesa dovrebbe riformare quei punti della dottrina che gli stanchi uomini moderni faticano ad accettare. Un po’ come dire: al catechismo vanno pochi bambini? Smettiamo di parlare di Gesù, è troppo difficile, riempiamo le aule di videogiochi e vedrete quanta affluenza avremo! Ma Papa Francesco ha già risposto ai Mancuso, ai Melloni, ai Kocci e a tutti coloro che -ignorando il vicolo buio in cui si è infilata la chiesa protestante-, pensano di “attirare” gli uomini alla Chiesa rivoluzionando le tematiche sessuali e bioetiche. Si chiama, ha detto il Papa, «la tentazione di scendere dalla croce, per accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre; di piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo Spirito di Dio. E’ la tentazione del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei “buonisti”, dei timorosi e anche dei cosiddetti “progressisti e liberalisti”». Parole limpide e durissime. La Chiesa, semmai, deve adeguare il modo di comunicare la dottrina cattolica, invitando e accompagnando gli uomini a passare per la porta stretta. Non certo allargare la porta per far fare a loro meno fatica: sarebbe un’illusione e un tradimento.
Il colmo è che, se da una parte il Papa viene criticato per non voler cambiare la dottrina cattolica, dall’altra i tradizionalisti-socciani -devoti della chiesa mediatico-opinionista, il cui pastore spirituale è il giornalista Antonio Socci-, criticano pesantemente Francesco, accusandolo di aver (e di voler) cambiato la dottrina cattolica, annunciando a loro volta catastrofici cataclismi apocalittici. Arrivando a rallegrarsi per la diminuzione dei fedeli cattolici alle udienze dell’impostore Bergoglio, come lo chiamano loro, contrapponendolo ai numeri delle udienze del (vero) Papa, Benedetto XVI (rispetto ai numeri, è tutto da approfondire perché la situazione sembra essere ben più complessa).
L’accusa recente più circoscritta dei socciani è quella di aver “aperto” al divorzio cattolico tramite il Motu Proprio “mitis iudex dominus Iesus”. Lo sostiene apertamente il vaticanista dell’Espresso Sandro Magister, che da mesi si sta vendicando di essere stato allontanato dalla Sala Stampa del Vaticano per aver violato l’embargo sull’enciclica del Papa (proprio oggi gli è stato restituito l’accredito), arrivando a compiere veri e propri «atti di disturbo» -così li ha definiti padre Federico Lombardi- verso i lavori del Sinodo. Peccato che lo stesso card. Camillo Ruini, noto pupillo di Magister, ha chiaramente spiegato che «la decisione di papa Francesco», tramite il “motu proprio”, «che molti di noi —me compreso — auspicavano, non ha niente a che fare con un’ipocrisia del genere». Niente a che vedere con il “divorzio cattolico”. Aggiungendo che «bisogna essere ciechi per non vedere l’enorme bene che papa Francesco sta facendo alla Chiesa e alla diffusione del Vangelo».
Sempre il card. Ruini –da sempre riempito di complimenti da Antonio Socci-, è tornato recentemente a criticare i tradizionalisti-socciani affermando: «Il valore di papa Benedetto e del suo pontificato emergerà sempre di più, nel tempo. I rapporti tra lui e papa Francesco dimostrano quanto sia sbagliato contrapporli», ricordando che è anche errato parlare di vescovi conservatori che resistono a Papa Francesco: «Le contrapposizioni non fanno bene, specialmente all’intemo della Chiesa. Quella tra Papa e vescovi è però una leggenda metropolitana».
Anche da casa Ratzinger è arrivata pochi giorni fa un’altra difesa del Pontefice, il segretario personale di Benedetto XVI, mons. Georg Gänswein ha infatti ribadito: «Papa Francesco non vuole creare qualcosa di diverso, tagliare o aggiungere qualcosa ma soltanto mostrare nel concreto il messaggio di Cristo. Lui non è il successore di Benedetto XVI, ma il successore di Pietro e come ogni Pontefice porta con sé le sue capacità e le sue proprie priorità nel suo ministero. Papa Francesco è concentrato sulle domande sociali, su quelle persone che non hanno nessun ruolo nella società. Ma questo non significa che gli altri Papi non lo facessero, soltanto che lui mette l’accento sulle persone nelle periferie». Mons. Georg aveva già criticato gli “anti-bergogliani” nel gennaio 2015, nel febbraio 2015 e nel marzo 2015.
Progressisti-mancusiani da una parte e tradizionalisti-socciani dall’altra. Francesco, come abbiamo scritto nell’introduzione del nostro dossier, è il Papa più incompreso degli ultimi secoli, colpito contemporaneamente da due fuochi. Lo riconosceva perfettamente lo stesso Antonio Socci, prima di fondare la sua virtuale chiesa social-mediatica: «Giù le mani dal papa», scriveva con la solita foga nell’ottobre 2013. «Bisogna ripeterlo oggi che Francesco si trova strattonato a destra e a sinistra. Bersagliato da contestatori cattolici superficiali e imprudenti che lo rappresentano come modernista eterodosso e stravolto da sostenitori laicisti che lo applaudono attribuendogli idee egualmente eterodosse e quasi atee. Un circo mediatico assurdo». Un circo mediatico di cui lo stesso Socci è diventato nel tempo il leader indiscusso, contendendo il posto al suo alter-ego progressista Vito Mancuso.

16 agosto 2016

I Luterani Usa approvano documento per riconciliarsi con la Chiesa di Roma

La Evangelical Lutheran Church in America (ELCA) ha approvato un documento per il bene e l’unità tra i cristiani al servizio di tutto il mondo

Mercoledì 10 agosto scorso, con un voto a larghissima maggioranza, la Evangelical Lutheran Church in America (ELCA) una delle più grandi denominazioni cristiane negli Stati Uniti, ha approvato e annunciato un documento ecumenico verso una maggiore unità tra cattolici e luterani.
L’Elca le cui radici affondano negli scritti del riformatore chiesa tedesca, Martin Lutero, conta più di 3,7 milioni di membri e oltre 9.300 congregazioni in tutti e 50 gli Stati Uniti.
Nell’assemblea generale che si è tenuta a New Orleans, è stato votato il documento “Declaration on the Way” improntato a proporre una maggiore unità tra cattolici e luterani per il bene nel mondo.
Il documento che ha avuto 931 voti a favore e solo 9 contrari è stato considerato di valore storico, ed ha entusiasmato l’assemblea con la maggioranza in piedi ad applaudire.
In un comunicato diffuso dalla Elca si legge che al centro del documento ci sono 32 “dichiarazioni di accordo”, spiegando che luterani e cattolici non hanno differenze su temi che riguardano la chiesa, il ministero e l’Eucaristia.
Il documento esplora anche le differenze che rimangono.
“Cari fratelli e sorelle, fermiamoci ad onorare questo momento storico”, ha detto il presidente dell’Elca, Elizabeth A. Eaton rivolgendosi all’Assemblea dopo il voto.
“Anche se non siamo ancora arrivati in fondo, possiamo dire che siamo sulla strada per l’unità. Dopo 500 anni di divisione e 50 anni di dialogo, questa azione deve essere intesa nel contesto di altri accordi significativi che abbiamo raggiunto , in particolare la ‘Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione’ del 1999. ”
“La  ‘Declaration on the Way’ ci aiuta a realizzare più pienamente la nostra unità in Cristo con i nostri partner cattolici, ma serve anche a incoraggiare il nostro impegno per l’unità di tutti i cristiani”, ha detto Eaton.
Per onorare l’occasione, Eaton ha presentato un dono di comunione software realizzato appositamente per l’assemblea a vescovo Denis J. Madden, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Baltimora, e co-presidente della ‘Dichiarazione sulla via’ task force. ELCA Presiedente Vescovo emerito Mark Hanson servito come co-presidente dalla ELCA. La task force ha raccolto e presentato agli accordi chiesa raggiunti nei dialoghi tra luterani e cattolici.
Il vescovo Denis J. Madden, ausiliare dell’arcidiocesi di Baltimora, e co-presidente della ‘Declaration on the Way’ ha detto:  “Mi sento così privilegiato e così grato di aver trascorso questi pochi giorni condividendo il tempo e pregando con voi. Vi ringrazio per me e per i miei colleghi che si sono uniti a voi nelle celebrazioni eucaristiche. Sono stati una grande gioia e un ricordo, certi che presto celebreremo insieme come un corpo unico”.
L’assemblea ha espresso gratitudine per il testo ecumenico e lo ha indicato come una risorsa “per la vita comune della Chiesa.
L’assemblea ha anche votato con 921 voti a favore e 11 contro, la dichiarazione AMMPARO, per accompagnare i minori migranti, per garantire loro  una protezione, una rappresentanza ed una opportunità.
La ELCA ha sviluppato questa strategia basata sugli impegni per sostenere e garantire i diritti umani fondamentali e la sicurezza dei bambini migranti e delle loro famiglie; per affrontare le cause profonde della migrazione nei paesi dell’Europa centrale e nei confini tra Nord America e Messico e il trattamento dei migranti in transito; a lavorare per giuste e umane politiche che riguardano i migranti dentro e fuori gli Stati Uniti; di impegnarsi come una chiesa con tutti i suoi compagni, affiliati e partner per rispondere alla situazione della migrazione e alle sue cause.
L’assemblea ha anche votato il bilancio che destina circa 25 milioni di dollari per ognuno dei prossimi tre anni per combattere la fame nel mondo.

15 agosto 2016

Eucarestia, un "super-premio" per i "super-buoni"?

NO, secondo Papa Francesco: "l’Eucaristia attualizza l’Alleanza che ci santifica, ci purifica e ci unisce in comunione mirabile con Dio. Così impariamo che l’Eucaristia non è un premio per i buoni, ma è la forza per i deboli, per i peccatori. E’ il perdono, è il viatico che ci aiuta ad andare, a camminare."

Dall'omelia del Corpus Domini - 4 giugno 2015

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Ci si dimentica che prima di accostarci a prendere l’Eucarestia diciamo: «Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma dì soltanto una parola e io sarò salvato»
Quindi umilmente ci si riconosce comunque dei peccatori, anche se poco prima ci si è riconciliati. Non ci si deve sentire dei "super-buoni" che superbamente si apprestano a ricevere il loro "super-premio".




14 agosto 2016

Proclamazione del Dogma dell'Assunzione.

Il corteo esce dalla chiesa dell'Ara Coeli; i fedeli portano il tabernacolo della Madonna e i ceri.
Processione all'imbrunire; via della Conciliazione illuminata di notte; veduta dall'alto di Piazza San Pietro gremita di pellegrini.
Tra le autorità De Gasperi e Andreotti, fedeli sventolano i fazzoletti al passaggio del papa sulla sedia gestatoria. 
La fila di vescovi taglia la folla della piazza; una donna nella folla osserva il corteo del papa grazie all'aiuto di uno specchietto; i vescovi rendono omaggio al papa che siede sul trono sistemato ai piedi della basilica.
Il papa legge la bolla, la folla applaude, il papa bendice la folla di fedeli. 




10 agosto 2016

“Ma, Padre, noi cadiamo tante volte” – “Avanti, alzati!”. Questa è la parola di Gesù, sempre. Nel varcare la Porta Santa, cerchiamo di sentire nel nostro cuore questa parola: “Alzati!”.



PAPA FRANCESCO
UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI
Mercoledì, 10 agosto 2016



La consolazione per una mamma (cfr Lc 7,11-17)

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il brano del Vangelo di Luca che abbiamo ascoltato (7,11-17) ci presenta un miracolo di Gesù veramente grandioso: la risurrezione di un ragazzo. Eppure, il cuore di questo racconto non è il miracolo, ma la tenerezza di Gesù verso la mamma di questo ragazzo. La misericordia prende qui il nome di grande compassione verso una donna che aveva perso il marito e che ora accompagna al cimitero il suo unico figlio. È questo grande dolore di una mamma che commuove Gesù e lo provoca al miracolo della risurrezione.

Nell’introdurre questo episodio, l’Evangelista indugia su molti particolari. Alla porta della cittadina di Nain – un villaggio – si incontrano due gruppi numerosi che provengono da direzioni opposte e che non hanno nulla in comune. Gesù, seguito dai discepoli e da una grande folla sta per entrare nell’abitato, mentre da esso sta uscendo il mesto corteo che accompagna un defunto, con la madre vedova e molta gente. Presso la porta i due gruppi si sfiorano solamente andando ognuno per la propria strada, ma è allora che san Luca annota il sentimento di Gesù: «Vedendo [la donna], il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: “Non piangere!”. Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono» (vv. 13-14). Grande compassione guida le azioni di Gesù: è Lui che ferma il corteo toccando la bara e, mosso dalla profonda misericordia per questa madre, decide di affrontare la morte, per così dire, a tu per tu. E l’affronterà definitivamente, a tu per tu, sulla Croce.

Durante questo Giubileo, sarebbe una buona cosa che, nel varcare la Porta Santa, la Porta della Misericordia, i pellegrini ricordassero questo episodio del Vangelo, accaduto sulla porta di Nain. Quando Gesù vide questa madre in lacrime, essa entrò nel suo cuore! Alla Porta Santa ognuno giunge portando la propria vita, con le sue gioie e le sue sofferenze, i progetti e i fallimenti, i dubbi e i timori, per presentarla alla misericordia del Signore. Stiamo sicuri che, presso la Porta Santa, il Signore si fa vicino per incontrare ognuno di noi, per portare e offrire la sua potente parola consolatrice: «Non piangere!» (v. 13). Questa è la Porta dell’incontro tra il dolore dell’umanità e la compassione di Dio. Varcando la soglia noi compiamo il nostro pellegrinaggio dentro la misericordia di Dio che, come al ragazzo morto, ripete a tutti: «Dico a te, alzati!» (v. 14). A ognuno di noi dice: “Alzati!”. Dio ci vuole in piedi. Ci ha creati per essere in piedi: per questo, la compassione di Gesù porta a quel gesto della guarigione, a guarirci, di cui la parola chiave è: “Alzati! Mettiti in piedi, come ti ha creato Dio!”. In piedi. “Ma, Padre, noi cadiamo tante volte” – “Avanti, alzati!”. Questa è la parola di Gesù, sempre. Nel varcare la Porta Santa, cerchiamo di sentire nel nostro cuore questa parola: “Alzati!”. La parola potente di Gesù può farci rialzare e operare anche in noi il passaggio dalla morte alla vita. La sua parola ci fa rivivere, dona speranza, rinfranca i cuori stanchi, apre a una visione del mondo e della vita che va oltre la sofferenza e la morte. Sulla Porta Santa è inciso per ognuno l’inesauribile tesoro della misericordia di Dio!

Raggiunto dalla parola di Gesù, «il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre» (v. 15). Questa frase è tanto bella: indica la tenerezza di Gesù: “Lo restituì a sua madre”. La madre ritrova il figlio. Ricevendolo dalle mani di Gesù essa diventa madre per la seconda volta, ma il figlio che ora le è restituito non è da lei che ha ricevuto la vita. Madre e figlio ricevono così la rispettiva identità grazie alla parola potente di Gesù e al suo gesto amorevole. Così, specialmente nel Giubileo, la madre Chiesa riceve i suoi figli riconoscendo in loro la vita donata dalla grazia di Dio. E’ in forza di tale grazia, la grazia del Battesimo, che la Chiesa diventa madre e che ciascuno di noi diventa suo figlio. 

Di fronte al ragazzo tornato in vita e restituito alla madre, «tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: “Un grande profeta è sorto tra noi” e “Dio ha visitato il suo popolo”. Quanto Gesù ha fatto non è dunque solo un’azione di salvezza destinata alla vedova e al suo figlio, o un gesto di bontà limitato a quella cittadina. Nel soccorso misericordioso di Gesù, Dio va incontro al suo popolo, in Lui appare e continuerà ad apparire all’umanità tutta la grazia di Dio. Celebrando questo Giubileo, che ho voluto fosse vissuto in tutte le Chiese particolari, cioè in tutte le chiese del mondo, e non solo a Roma, è come se tutta la Chiesa sparsa nel mondo si unisse nell’unico canto di lode al Signore. Anche oggi la Chiesa riconosce di essere visitata da Dio. Per questo, avviandoci alla Porta della Misericordia, ognuno sa di avviarsi alla porta del cuore misericordioso di Gesù: è Lui infatti la vera Porta che conduce alla salvezza e ci restituisce a una vita nuova. La misericordia, sia in Gesù sia in noi, è un cammino che parte dal cuore per arrivare alle mani. Cosa significa, questo? Gesù ti guarda, ti guarisce con la sua misericordia, ti dice: “Alzati!”, e il tuo cuore è nuovo. Cosa significa compiere un cammino dal cuore alle mani? Significa che con il cuore nuovo, con il cuore guarito da Gesù posso compiere le opere di misericordia mediante le mani, cercando di aiutare, di curare tanti che hanno bisogno. La misericordia è un cammino che parte dal cuore e arriva alle mani, cioè alle opere di misericordia.

Ho detto che la misericordia è un cammino che va dal cuore alle mani. Nel cuore, noi riceviamo la misericordia di Gesù, che ci dà il perdono di tutto, perché Dio perdona tutto e ci solleva, ci dà la vita nuova e ci contagia con la sua compassione. Da quel cuore perdonato e con la compassione di Gesù, incomincia il cammino verso le mani, cioè verso le opere di misericordia. Mi diceva un Vescovo, l’altro giorno, che nella sua cattedrale e in altre chiese ha fatto porte di misericordia di entrata e di uscita. Io ho chiesto: “Perché hai fatto questo?” – “Perché una porta è per entrare, chiedere il perdono e avere la misericordia di Gesù; l’altra è la porta della misericordia in uscita, per portare la misericordia agli altri, con le nostre opere di misericordia”. Ma è intelligente questo vescovo! Anche noi facciamo lo stesso con il cammino che va dal cuore alla mani: entriamo in chiesa per la porta della misericordia, per ricevere il perdono di Gesù, che ci dice “Alzati! Vai, Vai!”; e con questo “vai!” – in piedi – usciamo per la porta di uscita. E’ la Chiesa in uscita: il cammino della misericordia che va dal cuore alle mani. Fate questo cammini!




9 agosto 2016

Ave, o stella del mare, madre gloriosa di Dio



Ave, o stella del mare, madre gloriosa di Dio,
vergine sempre, Maria, porta felice del cielo.

l’Ave del messo celeste reca l’annunzio di Dio,
muta la sorte di Eva, dona al mondo la pace.

Spezza i legami agli oppressi, rendi la luce ai ciechi,
scaccia da noi ogni male, chiedi per noi ogni bene.

Mostrati Madre per tutti, offri la nostra preghiera,
Cristo l’accolga benigno, lui che si è fatto tuo Figlio.

Vergine santa tra tutte, dolce regina del cielo,
rendi innocenti i tuoi figli, umili e puri di cuore.

Donaci giorni di pace, veglia sul nostro cammino,
fa’ che vediamo il tuo Figlio, pieni di gioia nel cielo.

Lode all’altissimo Padre, gloria al Cristo Signore,
salga allo Spirito Santo l’inno di lode e d’amore. Amen

8 agosto 2016

Le bufale diffuse da Radio Maria - P. Yacob non esiste



AGENZIA FIDES. Il Patriarcato caldeo: sono false le notizie sull'esecuzione di un prete a Mosul

Baghdad (Agenzia Fides) – E “completamente falsa” la notizia rilanciata da blog e organi di stampa secondo cui un prete cristiano iracheno sarebbe stato trucidato per sgozzamento a Mosul dai jihadisti dello Stato Islamico. La smentita categorica viene dal Patriarcato di Babilonia del Caldei, ed è stata diffusa attraverso i media ufficiali del Patriarcato. Nei giorni scorsi l'Arcivescovo caldeo Amel Shamon Nona – recentemente trasferito dalla sede di Mosul all’Eparchia di Saint Thomas the Apostle of Sidney dei Caldei - aveva già smentito le false informazioni riguardanti un fantomatico prete cristiano, indicato col nome di Boulos Yakoub, che avrebbe subito un'esecuzione sommaria a Mosul dopo essere stato tenuto prigioniero dai jihadisti dal luglio scorso.

Nella smentita del Patriarcato, pervenuta all'Agenzia Fides, si riferisce che nessun prete cristiano di Mosul porta quel nome e che tutti i sacerdoti cristiani hanno abbandonato la città quando essa è caduta nelle mani dei jihadisti, lo scorso 9 giugno. Nel comunicato patriarcale si richiama alla necessaria cautela da usare nella diffusione di notizie non verificate. Già a luglio l'Arcivescovo Amel Shamon Nona, in un colloquio con l'Agenzia Fides, aveva denunciato “operazioni di propaganda che spesso, in maniera inquietante, a seconda degli interessi, diffondono false informazioni anche sulla condizione dei cristiani in questo momento convulso vissuto dall'Iraq e da tutto il Medio Oriente”. (GV) (Agenzia Fides 5/2/2015).

AGENZIA FIDES

6 agosto 2016

Cantiamo al Signore: stupenda è la sua vittoria.

Voglio cantare al Signore,
perché ha mirabilmente trionfato:
cavallo e cavaliere
ha gettato nel mare.
 
Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
È il mio Dio: lo voglio lodare,
il Dio di mio padre: lo voglio esaltare!
 
I carri del faraone e il suo esercito
li ha scagliati nel mare;
i suoi combattenti scelti
furono sommersi nel Mar Rosso.
 
La tua destra, Signore,
è gloriosa per la potenza,
la tua destra, Signore,
annienta il nemico.

Es 15,1-6


4 agosto 2016

Visita alla Basilica di Santa Maria degli Angeli in occasione dell'ottavo centenario del perdono di Assisi


MEDITAZIONE DEL SANTO PADRE
Basilica di Santa Maria degli Angeli - Assisi
Giovedì, 4 agosto 2016




  
Mi piace ricordare oggi, cari fratelli e sorelle, prima di tutto, le parole che, secondo un’antica tradizione, san Francesco pronunciò proprio qui, davanti a tutto il popolo e ai vescovi: “Voglio mandarvi tutti in paradiso!”. Cosa poteva chiedere di più bello il Poverello di Assisi, se non il dono della salvezza, della vita eterna con Dio e della gioia senza fine, che Gesù ci ha acquistato con la sua morte e risurrezione? 

Il paradiso, d’altronde, che cos’è se non il mistero di amore che ci lega per sempre a Dio per contemplarlo senza fine? La Chiesa da sempre professa questa fede quando dice di credere nella comunione dei santi. Non siamo mai soli nel vivere la fede; ci fanno compagnia i santi e i beati, anche i nostri cari che hanno vissuto con semplicità e gioia la fede e l’hanno testimoniata nella loro vita. C’è un legame invisibile, ma non per questo meno reale, che ci fa essere “un solo corpo”, in forza dell’unico Battesimo ricevuto, animati da “un solo Spirito” (cfr Ef 4,4). Forse san Francesco, quando chiedeva a Papa Onorio III il dono dell’indulgenza per quanti venivano alla Porziuncola, aveva in mente quelle parole di Gesù ai discepoli: «Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14,2-3).

Quella del perdono è certamente la strada maestra da seguire per raggiungere quel posto in Paradiso. E’ difficile perdonare! Quanto costa, a noi, perdonare gli altri! Pensiamoci un po’. E qui alla Porziuncola tutto parla di perdono! Che grande regalo ci ha fatto il Signore insegnandoci a perdonare – o, almeno, ad avere la volontà di perdonare - per farci toccare con mano la misericordia del Padre! Abbiamo ascoltato la parabola con la quale Gesù ci insegna a perdonare (cfr Mt 18,21-35). Perché dovremmo perdonare una persona che ci ha fatto del male? Perché noi per primi siamo stati perdonati, e infinitamente di più. Non c’è nessuno fra noi, qui, che non sia stato perdonato. Ognuno pensi… pensiamo in silenzio le cose brutte che abbiamo fatto e come il Signore ci ha perdonato. La parabola ci dice proprio questo: come Dio perdona noi, così anche noi dobbiamo perdonare chi ci fa del male. E’ la carezza del perdono. Il cuore che perdona. Il cuore che perdona accarezza. Tanto lontano da quel gesto: “me la pagherai!” Il perdono è un’altra cosa. Precisamente come nella preghiera che Gesù ci ha insegnato, il Padre Nostro, quando diciamo: «Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12). I debiti sono i nostri peccati davanti a Dio, e i nostri debitori sono quelli a cui anche noi dobbiamo perdonare.

Ognuno di noi potrebbe essere quel servo della parabola che ha un grande debito da saldare, ma talmente grande che non potrebbe mai farcela. Anche noi, quando nel confessionale ci mettiamo in ginocchio davanti al sacerdote, non facciamo altro che ripetere lo stesso gesto del servo. Diciamo: “Signore, abbi pazienza con me”. Voi avete pensato alcune volte alla pazienza di Dio? Ha tanta pazienza. Sappiamo bene, infatti, che siamo pieni di difetti e ricadiamo spesso negli stessi peccati. Eppure, Dio non si stanca di offrire sempre il suo perdono ogni volta che lo chiediamo. E’ un perdono pieno, totale, con il quale ci dà certezza che, nonostante possiamo ricadere negli stessi peccati, Lui ha pietà di noi e non smette di amarci. Come il padrone della parabola, Dio si impietosisce, cioè prova un sentimento di pietà unito alla tenerezza: è un’espressione per indicare la sua misericordia nei nostri confronti. Il nostro Padre, infatti, si impietosisce sempre quando siamo pentiti, e ci rimanda a casa con il cuore tranquillo e sereno dicendoci che ci ha condonato ogni cosa e perdonato tutto. Il perdono di Dio non conosce limiti; va oltre ogni nostra immaginazione e raggiunge chiunque, nell’intimo del cuore, riconosce di avere sbagliato e vuole ritornare a Lui. Dio guarda al cuore che chiede di essere perdonato.

Il problema, purtroppo, nasce quando noi ci troviamo a confrontarci con un nostro fratello che ci ha fatto un piccolo torto. La reazione che abbiamo ascoltato nella parabola è molto espressiva: «Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”» (Mt 18,28). In questa scena troviamo tutto il dramma dei nostri rapporti umani. Quando siamo noi in debito con gli altri, pretendiamo la misericordia; quando invece siamo in credito, invochiamo la giustizia! E tutti facciamo così, tutti. Non è questa la reazione del discepolo di Cristo e non può essere questo lo stile di vita dei cristiani. Gesù ci insegna a perdonare, e a farlo senza limiti: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette» (v. 22). Insomma, quello che ci propone è l’amore del Padre, non la nostra pretesa di giustizia. Fermarsi a questa, infatti, non ci farebbe riconoscere come discepoli di Cristo, che hanno ottenuto misericordia ai piedi della Croce solo in forza dell’amore del Figlio di Dio. Non dimentichiamo, dunque, le parole severe con le quali si chiude la parabola: «Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello» (v. 35).

Cari fratelli e sorelle, il perdono di cui san Francesco si è fatto “canale” qui alla Porziuncola continua a “generare paradiso” ancora dopo otto secoli. In questo Anno Santo della Misericordia diventa ancora più evidente come la strada del perdono possa davvero rinnovare la Chiesa e il mondo. Offrire la testimonianza della misericordia nel mondo di oggi è un compito a cui nessuno di noi può sottrarsi. Ripeto: offrire la testimonianza della misericordia nel mondo di oggi è un compito a cui nessuno di noi può sottrarsi. Il mondo ha bisogno di perdono; troppe persone vivono rinchiuse nel rancore e covano odio, perché incapaci di perdono, rovinando la vita propria e altrui piuttosto che trovare la gioia della serenità e della pace. Chiediamo a san Francesco che interceda per noi, perché mai rinunciamo ad essere umili segni di perdono e strumenti di misericordia. 

Possiamo pregare su questo. Ognuno come lo sente. Invito i Frati, i Vescovi ad andare nei confessionali – anche io ci andrò – per essere a disposizione del perdono. Ci farà bene riceverlo oggi, qui, insieme. Che il Signore ci dia la grazia di dire quella parola che il Padre non ci lascia finire, quella che ha detto il figliol prodigo: “Padre ho peccato contro…”, e [il Padre] gli ha tappato la bocca, lo ha abbracciato. Noi incominciamo a parlare, e Lui ci tapperà la bocca e ci rivestirà... “Ma, padre, domani ho paura di fare lo stesso…”. Ma torna! Il Padre sempre guarda la strada, guarda, in attesa che torni il figliol prodigo; e tutti noi lo siamo. Che il Signore ci dia questa grazia. 


* * *
Saluto finale davanti alla Basilica di S. Maria degli Angeli

Vi ringrazio tanto per la vostra accoglienza, e chiedo al Signore che vi benedica. Vi ringrazio per questa volontà di essere vicini. E, anche, non dimenticatevi: sempre perdonare. Sempre! Perdonare dal cuore e, se si può, avvicinarsi all’altro, ma perdonare. Perché se noi perdoniamo, il Signore ci perdona; e tutti noi abbiamo bisogno di perdono… Qualcuno qui non ha bisogno di perdono?... Alzi la mano!... Tutti ne abbiamo bisogno. 

Adesso preghiamo insieme la Madonna e poi vi darò la benedizione.

Ave Maria…

[Benedizione]

E per favore pregate per me! Arrivederci!









3 agosto 2016

Orrore! chiesa in demolizione a Parigi.... ah! si sono dimenticati che l'avevano venduta

Un minimo di informazione non è che guasti prima di tirare fuori i soliti massoni e vario armamentario di contorno con il quale stanno facendo tanto baccano




IN BREVE. La Chiesa di Santa Rita a Parigi era proprietà della "société des chapelles catholiques et apostoliques" che nell'anno 2000 decise di venderla. Ed è stata quindi venduta. Non c'è stata nessuna opposizione da parte di autorità governative nel dare autorizzazione nel demolire la chiesa in quanto non ci sta alcun bene di carattere artistico da preservare. Mi sembra ovvio che a questo punto l'acquirente che ha versato la cifra dovuta per l'acquisto, quindi legittimo proprietario, ne faccia ciò che vuole.

Invece no, la chiesa è stata occupata illegalmente da un'associazione tradizionalista neanche vicina alla Chiesa di Roma. A questo punto è partito l'ordine di sgombro: l'orrore dove sta?
Secondo certi cattolici è giusto prima vendersi qualcosa, incassare i soldi e poi rientrare dalla finestra e continuare ad usare illegalmente ciò che si è venduto?

http://www.lexpress.fr/actualite/societe/evacuation-de-l-eglise-sainte-rita-squattee-par-des-militants-catholiques_1818203.html

2 agosto 2016

Mons. Galantino e Sodoma

Vediamo una delle ultime polemiche care ai settari cattolici (una volta si diceva protestanti ma ora i tempi sono cambiati)


ORRORE: Galantino ha detto che la città di Sodoma è salva perché ci sono giusti anche se pochi. Sappiamo invece che Sodoma è stata distrutta

Quindi l'ha sparata grossa? 

"Così, per l’intercessione di Abramo, Sodoma potrà essere salva, se in essa si troveranno anche solamente dieci innocenti. È questa la potenza della preghiera. Perché attraverso l’intercessione, la preghiera a Dio per la salvezza degli altri, si manifesta e si esprime il desiderio di salvezza che Dio nutre sempre verso l’uomo peccatore." (sempre Galantino? No, è Papa Benedetto XVI)

UDIENZA GENERALE - Piazza San Pietro - Mercoledì, 18 maggio 2011

E' che la Città di Sodoma in effetti è salva per l'intercessione di Abramo, solo che di giusti non se ne sono trovati neanche 10. 
Al più si può imputare a Galantino di non essere stato un poco più dettagliato dicendo che di giusti non se ne sono trovati neanche 10 e quindi....

(27-31 Luglio 2016) Incontro con i vescovi Polacchi


DISCORSO DEL SANTO PADRE
Cattedrale di Cracovia
Mercoledì, 27 luglio 2016



Papa Francesco:

Prima di incominciare il dialogo, con le domande che voi avete preparato, vorrei compiere un’opera di misericordia con tutti voi e suggerirne un’altra. So che in questi giorni, con la Giornata della gioventù, tanti di voi sono stati indaffarati e non hanno potuto andare alle esequie del caro Mons. Zimowski. E’ un’opera di carità seppellire i morti, e vorrei che tutti insieme, adesso, facessimo una preghiera per mons. Zygmund Zimowski e che questa sia una vera manifestazione di carità fraterna, seppellire un fratello che è morto. Pater noster… Ave Maria… Gloria Patri… Requiem aeternam…

E poi, l’altra opera di misericordia che vorrei suggerire. Io so che voi siete preoccupati per questo: il nostro caro cardinale Macharski che è tanto malato… Almeno avvicinarsi, perché credo che non si potrà entrare dove lui si trova, privo di conoscenza, ma almeno avvicinarsi alla clinica, all’ospedale, e toccare il muro come dicendo: “Fratello, ti sono vicino”. Visitare gli ammalati è un’altra opera di misericordia. Anch’io ci andrò. Grazie.

E adesso, qualcuno di voi ha preparato le domande, almeno le hanno fatte arrivare. Sono a disposizione.

S.E. Mons. Marek Jędraszewski (Arcivescovo di Łodź):

Santo Padre, sembra che i fedeli della Chiesa cattolica e in genere tutti i cristiani nell’Europa occidentale vengano a trovarsi sempre più in minoranza nell’ambito di una cultura contemporanea ateo-liberale. In Polonia assistiamo a un confronto profondo, a una lotta enorme tra fede in Dio da una parte, e dall’altra un pensiero e degli stili di vita come se Dio non esistesse. Secondo Lei, Santo Padre, che tipo di azioni pastorali dovrebbe intraprendere la Chiesa cattolica nel nostro Paese, affinché il popolo polacco resti fedele alla sua ormai più che millenaria tradizione cristiana? Grazie.

Papa Francesco:

Eccellenza, Lei è vescovo di…?

S.E. Mons. Marek Jędraszewski:

Di Łodź, dove è incominciato il cammino di Santa Faustina; perché proprio lì ha sentito la voce di Cristo per andare a Varsavia e farsi monaca, proprio a Łodź. La storia della sua vita è cominciata nella mia città.

Papa Francesco:

Lei è un privilegiato! 
E’ vero, la scristianizzazione, la secolarizzazione del mondo moderno è forte. E’ molto forte. Ma qualcuno dice: Sì, è forte ma si vedono fenomeni di religiosità, come se il senso religioso si svegliasse. E questo può essere anche un pericolo. Credo che noi, in questo mondo così secolarizzato, abbiamo anche l’altro pericolo, della spiritualizzazione gnostica: questa secolarizzazione ci dà la possibilità di far crescere una vita spirituale un po’ gnostica. Ricordiamo che è stata la prima eresia della Chiesa: l’apostolo Giovanni bastona gli gnostici - e come, con che forza! -, dove c’è una spiritualità soggettiva, senza Cristo. Il problema più grave, per me, di questa secolarizzazione è la scristianizzazione: togliere Cristo, togliere il Figlio. Io prego, sento… e niente più. Questo è gnosticismo. C’è un’altra eresia che è pure di moda, in questo momento, ma la lascio da parte perché la sua domanda, Eccellenza, va in questa direzione. C’è anche un pelagianesimo, ma questa lasciamola da parte, per parlarne in un altro momento. Trovare Dio senza Cristo: un Dio senza Cristo, un popolo senza Chiesa. Perché? Perché la Chiesa è la Madre, quella che ti dà la vita, e Cristo è il Fratello maggiore, il Figlio del Padre, che fa riferimento al Padre, che è quello che ti rivela il nome del Padre. Una Chiesa orfana: lo gnosticismo di oggi, poiché è proprio una scristianizzazione, senza Cristo, ci porta a una Chiesa, diciamo meglio, a dei cristiani, a un popolo orfano. E noi dobbiamo far sentire questo al nostro popolo. 

Che cosa consiglierei io? Mi viene in mente – ma credo che sia la pratica del Vangelo, dove c’è proprio l’insegnamento del Signore – la vicinanza. Oggi noi, servitori del Signore – vescovi, sacerdoti, consacrati, laici convinti –, dobbiamo essere vicini al popolo di Dio. Senza vicinanza c’è soltanto parola senza carne. Pensiamo – a me piace pensare questo – ai due pilastri del Vangelo. Quali sono i due pilastri del Vangelo? Le Beatitudini, e poi Matteo 25, il “protocollo” con il quale tutti noi saremo giudicati. Concretezza. Vicinanza. Toccare. Le opere di misericordia, sia corporali, sia spirituali. “Ma Lei dice queste cose perché è di moda parlare della misericordia quest’anno…”. No, è il Vangelo! Il Vangelo, opere di misericordia. C’è quell’eretico o miscredente samaritano che si commuove e fa quello che deve fare, e rischia anche i soldi! Toccare. C’è Gesù che era sempre fra la gente o con il Padre. O in preghiera, da solo con il Padre, o fra la gente, lì, con i discepoli. Vicinanza. Toccare. E’ la vita di Gesù... Quando Lui si è commosso, alle porte dalla città di Nain (cfr Lc 7,11-17), si è commosso, è andato e ha toccato la bara dicendo: “Non piangere…”. Vicinanza. E la vicinanza è toccare la carne sofferente di Cristo. E la Chiesa, la gloria della Chiesa, sono i martiri, certamente, ma sono anche tanti uomini e donne che hanno lasciato tutto e hanno passato la loro vita negli ospedali, nelle scuole, con i bambini, con i malati… Ricordo, in Centrafrica, una suorina, aveva 83/84 anni, magra, brava, con una bambina… E’ venuta a salutarmi: “Io non sono di qua, sono dell’altra parte del fiume, del Congo, ma ogni volta, una volta alla settimana, vengo qui a fare le spese perché sono più convenienti”. Mi ha detto l’età: 83/84 anni. “Da 23 anni sono qui: sono infermiera ostetrica, ho fatto nascere due/tre mila bambini …” – “Ah… e viene qui da sola?” – “Sì, sì, prendiamo la canoa…”. A 83 anni! Con la canoa faceva un’oretta e arrivava. Questa donna – e tante come lei – hanno lasciato il loro Paese – è italiana, bresciana – hanno lasciato il loro Paese per toccare la carne di Cristo. Se noi andiamo in questi Paesi di missione, nell’Amazzonia, in America Latina, nei cimiteri troviamo le tombe dei tanti uomini e donne religiosi morti giovani, perché per le malattie di quella terra loro non avevano gli anticorpi, e morivano giovani. Le opere di misericordia: toccare, insegnare, consolare, “perdere il tempo”. Perdere il tempo. Mi è piaciuto tanto, una volta, un signore che è andato a confessarsi ed era in una situazione tale che non poteva ricevere l’assoluzione. E’ andato con un po’ di paura, perché era stato mandato via alcune volte: “No, no… vattene via”. Il prete lo ha ascoltato, gli ha spiegato la situazione, gli ha detto: “Ma tu, tu prega. Dio ti ama. Io ti darò la benedizione, ma tu ritorna, me lo prometti?”. E questo prete “perdeva tempo” per attirare quest’uomo ai sacramenti. Questo si chiama vicinanza. E parlando ai Vescovi di vicinanza, io credo che devo parlare della vicinanza più importante: quella con i sacerdoti. Il vescovo deve essere disponibile per i suoi sacerdoti. Quando ero in Argentina ho sentito di sacerdoti… – tante, tante volte, quando andavo a dare gli Esercizi, a me piaceva dare gli Esercizi –; dicevo: “Parla con il vescovo su questo…” – “Ma no, io l’ho chiamato, la segretaria mi dice: No, è molto, molto impegnato, ma ti riceverà entro tre mesi”. Ma questo sacerdote si sente orfano, senza padre, senza la vicinanza, e incomincia ad andare giù. Un vescovo che vede nel foglio delle chiamate, alla sera, quando torna, la chiamata di un sacerdote, o quella stessa sera o il giorno dopo deve chiamarlo subito. “Sì, sono impegnato, ma è urgente?” – “No, no, ma mettiamoci d’accordo…”. Che il sacerdote senta che ha un padre. Se noi togliamo ai sacerdoti la paternità, non possiamo chiedere a loro che siano padri. E così il senso della paternità di Dio si allontana. L’opera del Figlio è toccare le miserie umane: spirituali e corporali. La vicinanza. L’opera del Padre: essere padre, vescovo-padre.

Poi, i giovani – perché si deve parlare di giovani in questi giorni. I giovani sono “noiosi”! Perché vengono sempre a dire le stesse cose, oppure “io la penso così…”, oppure “la Chiesa dovrebbe…”, e ci vuole pazienza con i giovani. Io ho conosciuto, da ragazzo, alcuni preti: era un tempo in cui il confessionale era più frequentato di adesso, passavano ore ascoltando, o li ricevevano nell’ufficio parrocchiale, ad ascoltare le stesse cose… ma con pazienza. E poi, portare i giovani in campagna, in montagna… Ma pensate a san Giovanni Paolo II, cosa faceva con gli universitari? Sì, faceva scuola, ma poi andava con loro in montagna! Vicinanza. Li ascoltava. Stava con i giovani…

E un’ultima cosa vorrei sottolineare, perché credo che il Signore me lo chieda: i nonni. Voi, che avete sofferto il comunismo, l’ateismo, lo sapete: sono stati i nonni, sono state le nonne a salvare e a trasmettere la fede. I nonni hanno la memoria di un popolo, hanno la memoria della fede, la memoria della Chiesa. Non scartare i nonni! In questa cultura dello scarto, che è appunto scristianizzata, si scarta quello che non serve, che non va. No! I nonni sono la memoria del popolo, sono la memoria della fede. E collegare i giovani con i nonni: anche questo è vicinanza. Essere vicini e creare vicinanza. Risponderei così a questa domanda. Non ci sono ricette, ma dobbiamo scendere in campo. Se aspettiamo che suoni la chiamata o che bussino alla porta… No. Dobbiamo uscire a cercare, come il pastore, che va a cercare gli smarriti. Non so, mi viene questo. Semplicemente.

Mons. Sławoj Leszek Głódź (Arcivescovo di Danzica):

Caro Papa Francesco, soprattutto siamo tanto grati che Papa Francesco ha approfondito l’insegnamento sulla misericordia che aveva iniziato San Giovanni Paolo II proprio qui a Cracovia. Tutti sappiamo che viviamo in un mondo dominato dall’ingiustizia: i più ricchi diventano ancora più ricchi, i poveri diventano miseri, c’è il terrorismo, ci sono etica e moralità liberale, senza Dio… E la mia domanda è la seguente: come applicare l’insegnamento della misericordia, e a chi, soprattutto? Il Santo Padre ha promosso una medicina che si chiama “misericordina”, che ho preso con me: grazie per la promozione…

Papa Francesco:

…ma adesso viene la “misericordina plus”: è più forte!

S.E. Mons. Sławoj Leszek Głódź:

…sì, e grazie per questo “plus”. Noi abbiamo anche il programma “plus” promosso anche dal governo per le famiglie numerose. Questo “plus” è di moda. A chi e come, soprattutto? In primo luogo, chi dovrebbe essere oggetto del nostro insegnamento della misericordia? Grazie.
Papa Francesco:
Grazie. Questa della misericordia non è una cosa che è venuta in mente a me. Questo è un processo. Se noi vediamo già il beato Paolo VI, aveva qualche accenno  sulla misericordia. Poi, san Giovanni Paolo II è stato il gigante della misericordia, con l’Enciclica Dives in misericordia, la canonizzazione di santa Faustina, e poi l’ottava di Pasqua: è morto alla vigilia di quel giorno. E’ un processo, da anni, nella Chiesa. Si vede che il Signore chiedeva di risvegliare nella Chiesa questo atteggiamento di misericordia tra i fedeli. Lui è il Misericordioso che perdona tutto. A me colpisce tanto un capitello medievale che si trova nella Basilica di Santa Maria Maddalena a Vézelay, in Francia, dove incomincia il Cammino di Santiago. In quel capitello, da una parte c’è Giuda impiccato, con gli occhi aperti, la lingua fuori, e dall’altra parte c’è il Buon Pastore che lo porta con sé. E se guardiamo bene, con attenzione, la faccia del Buon Pastore, le labbra da una parte sono tristi, ma dall’altra parte fanno un sorriso. La misericordia è un mistero, è un mistero. E’ il mistero di Dio. Mi hanno fatto un’intervista, da cui poi è stato tratto un libro intitolato Il nome di Dio è misericordia, ma è una espressione giornalistica, credo che si possa dire che Dio è il Padre misericordioso. Almeno, Gesù nel Vangelo lo fa vedere così. Punisce per convertire. E poi le parabole della misericordia, e il modo come Lui ha voluto salvarci… Quando venne la pienezza dei tempi, fece nascere il Figlio da una donna: con la carne, ci salva con la carne; non a partire dalla paura, ma dalla carne. In questo processo della Chiesa noi riceviamo tante grazie. 

E Lei vede questo mondo malato di ingiustizia, di mancanza di amore, di corruzione. Ma questo è vero, questo è vero. Oggi, sull’aereo, parlando di questo sacerdote ultraottantenne che è stato ucciso in Francia: è da tempo che io dico che il mondo è in guerra, che stiamo vivendo la terza guerra mondiale a pezzi. Pensiamo alla Nigeria… Ideologie, sì, ma qual è l’ideologia di oggi, che è proprio al centro e che è la madre delle corruzioni, delle guerre? L’idolatria del denaro. L’uomo e la donna non sono più al culmine della creazione, lì è posto l’idolo denaro, e tutto si compra e si vende per denaro. Al centro il denaro. Si sfrutta la gente. E la tratta delle persone oggi? Sempre è stato così: la crudeltà! Ho parlato di questo sentimento ad un Capo di governo e lei mi ha detto: “C’è sempre stata la crudeltà. Il problema è che noi adesso la guardiamo dalla televisione, si è avvicinata alla nostra vita”. Ma sempre quella crudeltà. Uccidere, per soldi. Sfruttare la gente, sfruttare il creato. Un Capo di governo africano, recentemente eletto, quando è venuto in udienza mi ha detto: “Il primo atto di governo che ho fatto è stato riforestare il Paese, che era stato deforestato e annientato”. Non abbiamo cura del creato! E questo significa più poveri, più corruzione. Ma cosa pensiamo noi quando l’80%  – più o meno, cercate bene le statistiche e se non è 80 è 82 o 78 – delle ricchezze sono nelle mani di meno del 20% della gente. “Padre non parli così, che Lei è comunista!”. No, no, sono statistiche! E chi paga questo? Paga la gente, il popolo di Dio: le ragazze sfruttate, i giovani senza lavoro. In Italia, dai 25 anni in giù il 40% è senza lavoro; in Spagna, il 50%; in Croazia, il 47%. Perché? Perché c’è un’economia liquida, che favorisce la corruzione. Mi raccontava scandalizzato un grande cattolico, che è andato da un amico imprenditore: “Io ti farò vedere come guadagno 20 mila dollari senza muovermi da casa”.  E con il computer, dalla California, ha fatto un acquisto di non so cosa e lo ha venduto alla Cina: in 20 minuti, in meno di 20 minuti, aveva guadagnato questi 20 mila dollari. E’ liquido tutto! E i giovani non hanno la cultura del lavoro, perché non hanno lavoro! La terra è morta, perché è stata sfruttata senza saggezza. E così andiamo avanti. Il mondo si riscalda, perché? Perché dobbiamo guadagnare. Il guadagno. “Noi siamo caduti nell’idolatria del denaro”: questo me lo ha detto un Ambasciatore quando è venuto per le Credenziali. E’ una idolatria. 

La Divina Misericordia è la testimonianza, la testimonianza di tanta gente, di tanti uomini e donne, laici, giovani  che fanno opere: in Italia, per esempio, il cooperativismo. Sì, ci sono alcuni che sono troppo furbi, ma sempre si fa del bene, si fanno cose buone. E poi le istituzioni per curare gli ammalati: organizzazioni forti. Andare per quella strada, fare cose perché la dignità umana cresca. Ma è vero quello che Lei dice. Viviamo un analfabetismo religioso, al punto che in alcuni santuari del mondo le cose si confondono: si va a pregare, ci sono negozi in cui si comprano gli oggetti di pietà, le corone… ma ce ne sono alcuni che vendono cose di superstizione, perché si cerca la salvezza nella superstizione, nell’analfabetismo religioso, quel relativismo che confonde una cosa con l’altra. E lì ci vuole la catechesi, la catechesi di vita. La catechesi che non è soltanto dare le nozioni, ma accompagnare il cammino. Accompagnare è uno degli atteggiamenti più importanti! Accompagnare la crescita della fede. E’ un lavoro grande e i giovani aspettano questo! I giovani aspettano…  “Ma se io comincio a parlare, si annoiano!”. Ma da’ loro un lavoro da fare. Di’ loro che vadano durante le vacanze, 15 giorni, ad aiutare a costruire abitazioni modeste per i poveri, o a fare qualche altra cosa. Che incomincino a sentire che sono utili. E lì lascia cadere il seme di Dio. Lentamente. Ma solo con le parole la cosa non va!. L’analfabetismo religioso di oggi dobbiamo affrontarlo con i tre linguaggi, con le tre lingue: la lingua della mente, la lingua del cuore e la lingua delle mani. Tutte e tre armonicamente. 

Non so… Sto parlando troppo! Sono idee che io vi dico. Voi, con la vostra prudenza, saprete cosa fare. Ma sempre la Chiesa in uscita. Una volta ho osato dire: c’è quel versetto dell’Apocalisse “Io sto alla porta e busso” (3,20); Lui bussa alla porta, ma mi domando quante volte il Signore bussa alla porta da dentro, perché noi gli apriamo e Lui possa uscire con noi a portare il Vangelo fuori. Non chiusi, fuori! Uscire, uscire! Grazie. 

S.E. Mons.Leszek Leszkiewicz (Vescovo Ausiliare di Tarnów):

Santo Padre, il nostro impegno pastorale si basa per lo più sul modello tradizionale della comunità parrocchiale, impostata sulla vita sacramentale. Un modello che qui continua a portare frutti. Tuttavia ci rendiamo conto che, anche da noi, le condizioni e le circostanze della vita quotidiana cambiano rapidamente e sollecitano alla Chiesa nuove modalità pastorali. Pastori e fedeli assomigliamo un po’ a quei discepoli che ascoltano, si danno da fare molto, ma non sempre sanno mettere a frutto il dinamismo missionario interiore ed esteriore delle comunità ecclesiali. Santo Padre, Lei, nella Evangelii gaudium, parla dei discepoli missionari che portano con entusiasmo la Buona Novella al mondo di oggi. Cosa suggerisce a noi? In cosa ci incoraggia, perché possiamo edificare nel nostro mondo la comunità della Chiesa in modo fruttuoso, fecondo, con gioia, con dinamismo missionario?

Papa Francesco:

Grazie! Io vorrei sottolineare una cosa: la parrocchia è sempre valida! La parrocchia deve rimanere: è una struttura che non dobbiamo buttare dalla finestra. La parrocchia è proprio la casa del Popolo di Dio, quella in cui vive. Il problema è come imposto la parrocchia! Ci sono parrocchie con segretarie parrocchiali che sembrano “discepole di satana”, che spaventano la gente! Parrocchie con le porte chiuse. Ma ci sono anche parrocchie con le porte aperte, parrocchie dove, quando viene qualcuno a domandare, si dice: “Sì, sì… Si accomodi. Qual è il problema?...”. E si ascolta con pazienza… perché prendersi cura del Popolo di Dio è faticoso, è faticoso! Un bravo professore universitario, un gesuita, che ho conosciuto a Buenos Aires, quando è andato in pensione ha chiesto al Provinciale di andare come parroco in un quartiere per fare questa altra esperienza. Una volta alla settimana veniva alla Facoltà – lui dipendeva da quella comunità – e un giorno mi dice: “Di’ al tuo professore di ecclesiologia che nel suo trattato mancano due tesi” – “Quali?” – “Prima: il Popolo Santo di Dio è essenzialmente stancante. E la seconda: il Popolo Santo di Dio ontologicamente fa quello che gli sembra meglio. E questo stanca!”. Oggi essere parroco è faticoso: portare avanti una parrocchia è faticoso, in questo mondo di oggi con tanti problemi. E il Signore ha chiamato noi perché ci stanchiamo un pochino, per lavorare e non per riposare. La parrocchia è stancante quando è ben impostata. Il rinnovamento della parrocchia è una delle cose che i vescovi devono avere sempre sotto gli occhi: come va questa parrocchia? Cosa fai? Come va la catechesi? Come la insegni? E’ aperta? Tante cose… Penso ad una parrocchia a Buenos Aires; quando i fidanzati arrivavano: “Noi vorremmo sposarci qui…” – “Sì, diceva la segretaria, questi sono i prezzi”. Questo non va, una parrocchia così non va. Come si accolgono le persone? Come si ascoltano? C’è sempre qualcuno al confessionale? Nelle parrocchie – non quelle che sono nei quartieri piccoli, ma nelle parrocchie che sono in centro, nelle grandi vie – se c’è un confessionale con la luce accesa, sempre la gente va. Sempre! Una parrocchia accogliente. Noi vescovi dobbiamo domandare questo ai preti: “Come va la tua parrocchia? E tu esci? Visiti i carcerati, gli ammalati, le vecchiette? E con i bambini cosa fai? Come li fai giocare e come porti avanti l’oratorio? E’ una delle grandi istituzioni parrocchiali, almeno in Italia. L’oratorio: lì i ragazzi giocano e si dà loro una parola, un po’ di catechesi. Tornano a casa stanchi, contenti e con un seme buono. La parrocchia è importante! Qualcuno dice che la parrocchia non va più, perché adesso è l’ora dei movimenti. Questo non è vero! I movimenti aiutano, ma i movimenti non devono essere una alternativa alla parrocchia: devono aiutare nella parrocchia, portare avanti la parrocchia, come c’è la Congregazione Mariana, come c’è l’Azione Cattolica e tante realtà. Cercare la novità e cambiare la struttura parrocchiale? Quello che vi dico potrà sembrare forse un’eresia, ma è come la vivo io: credo che sia una cosa analoga alla struttura episcopale, è differente, ma analoga. La parrocchia non si tocca: deve rimanere come un posto di creatività, di riferimento, di maternità e tutte queste cose. E lì attuare quella capacità inventiva; e quando una parrocchia va avanti così si realizza quello che – a proposito dei discepoli missionari – io chiamo “parrocchia in uscita”. Per esempio, penso ad una parrocchia – un esempio bello che poi è stato imitato da tante – in un paese in cui non era abituale che si battezzassero i bambini, perché non c’erano soldi; ma per la festa patronale si prepara la festa 3-4 mesi prima, con la visita alle case e lì si vede quanti bambini non sono battezzati. Si preparano le famiglie e uno degli atti della festa patronale è il Battesimo di 30-40 bambini che, al contrario, sarebbero rimasti senza Battesimo. Inventare cose del genere. La gente non si sposa in chiesa. Sto pensando ad una riunione di sacerdoti; uno si è alzato e ha detto: “Tu hai pensato perché?”. E ha dato tante ragioni che noi condividiamo: la cultura attuale, e così via. Ma c’è un bel gruppo di gente che non si sposa perché oggi sposarsi costa! Costa per tutto, la festa… E’ un fatto sociale. E questo parroco, che aveva una grande inventiva, ha detto: “Chi vuole sposarsi, io lo aspetto”. Perché in Argentina ci sono due matrimoni: si deve andare sempre al civile e lì si fa il matrimonio civile, e poi se vuoi vai nel tempio della tua religione a sposarti. Qualcuno – tanti! – non vengono a sposarsi perché non hanno soldi per fare una festa grande… Ma i preti che hanno un po’ di ingegno dicono: “No, no! Io ti aspetto!”. In quel giorno, al civile si sposa alle 11.00-12.00-13.00-14.00: quel giorno io non faccio la siesta! Dopo il matrimonio civile vengono in chiesa, si sposano e vanno in pace. Inventare, cercare, uscire, cercare la gente, mettersi nelle difficoltà della gente. Ma una parrocchia-ufficio oggi non va! Perché la gente non è disciplinata. Voi avete un popolo disciplinato, e questa è una grazia di Dio! Ma in genere non è disciplinata. Io penso alla mia terra: la gente, se tu non vai a cercarla, se tu non fai un avvicinamento, non viene. E questo è il discepolo missionario, la parrocchia in uscita. Uscire a cercare, come ha fatto Dio che ha inviato suo Figlio a cercarci. 

Non so se sia una risposta semplicistica, ma io non ne ho un’altra. Non sono un pastoralista illuminato, dico quello che mi viene.

S.E. Mons. Krzysztof Zadarko (Vescovo Ausiliare di Koszalin-Kołobrzeg):

Padre Santo, uno dei problemi più angustianti con cui si confronta l’Europa di oggi è la questione dei rifugiati. Come possiamo aiutarli, giacché essi sono così numerosi? E cosa possiamo fare per superare la paura di una loro invasione o aggressione, che paralizza l’intera società?

Papa Francesco

Grazie! Il problema dei rifugiati… Non in tutti i tempi i rifugiati erano come adesso. Diciamo migranti e rifugiati, li consideriamo insieme. Il mio papà è un migrante. E io raccontavo al Presidente [della Polonia] che nella fabbrica dove lui lavorava c’erano tanti migranti polacchi, nel dopoguerra; io ero bambino e ne ho conosciuti tanti. La mia terra è una terra di immigranti, tutti… E lì non c’erano problemi; erano altri tempi, davvero. Oggi, perché c’è tanta migrazione? Non parlo dell’emigrazione dalla propria patria verso l’estero: questa è per mancanza di lavoro. E’ chiaro che vanno a cercare lavoro fuori. Questo è un problema di casa, che anche voi avete un po’… Parlo di quelli che vengono da noi: fuggono dalle guerre, dalla fame. Il problema è là. E perché il problema è là? Perché in quella terra c’è uno sfruttamento della gente, c’è uno sfruttamento della terra, c’è uno sfruttamento per guadagnare più soldi. Parlando con economisti mondiali, che vedono questo problema, dicono: noi dobbiamo fare investimenti in quei Paesi; facendo investimenti avranno lavoro e non avranno bisogno di migrare. Ma c’è la guerra! C’è la guerra delle tribù, alcune guerre ideologiche o alcune guerre artificiali, preparate dai trafficanti di armi che vivono di questo: danno le armi a te che sei contro quelli, e a quelli che sono contro di te. E così vivono loro! Davvero la corruzione è all’origine della migrazione. Come fare? Io credo che ogni Paese debba vedere come e quando: non tutti i Paesi sono uguali; non tutti i Paesi hanno le stesse possibilità. Sì, però hanno la possibilità di essere generosi! Generosi come cristiani. Non possiamo investire là, ma per quelli che vengono... Quanti e come? Non si può dare una risposta universale, perché l’accoglienza dipende dalla situazione di ogni Paese e anche dalla cultura.  Ma certo si possono fare tante cose. Per esempio la preghiera: una volta alla settimana l’orazione al Santissimo Sacramento con preghiera per coloro che bussano alla porta dell’Europa e non riescono ad entrare. Alcuni riescono, ma altri no… Poi entra uno e prende una strada che genera paura. Abbiamo Paesi che hanno saputo integrare bene i migranti, da anni! Hanno saputo integrarli bene. In altri, purtroppo, si sono formati come dei ghetti. C’è tutta una riforma che si deve fare, a livello mondiale, su questo impegno, sull’accoglienza. Ma è comunque un aspetto relativo: assoluto è il cuore aperto ad accogliere. Questo è l’assoluto! Con la preghiera, l’intercessione, fare quello che io posso. Relativo è il modo in cui posso farlo: non tutti possono farlo nella stessa maniera. Ma il problema è mondiale! Lo sfruttamento del creato, e lo sfruttamento delle persone. Noi stiamo vivendo un momento di annientamento dell’uomo come immagine di Dio. 

E qui vorrei concludere con questo aspetto, perché dietro a questo ci sono le ideologie. In Europa, in America, in America Latina, in Africa, in alcuni Paesi dell’Asia, ci sono vere colonizzazioni ideologiche. E una di queste - lo dico chiaramente con “nome e cognome” - è il gender! Oggi ai bambini – ai bambini! – a scuola si insegna questo: che il sesso ognuno lo può scegliere. E perché insegnano questo? Perché i libri sono quelli delle persone e delle istituzioni che ti danno i soldi. Sono le colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da Paesi molto influenti. E questo è terribile. Parlando con Papa Benedetto, che sta bene e ha un pensiero chiaro, mi diceva: “Santità, questa è l’epoca del peccato contro Dio Creatore!”. E’ intelligente! Dio ha creato l’uomo e la donna; Dio ha creato il mondo così, così, così…, e noi stiamo facendo il contrario. Dio ci ha dato uno stato “incolto”, perché noi lo facessimo diventare cultura; e poi, con questa cultura, facciamo cose che ci riportano allo stato “incolto”!  Quello che ha detto Papa Benedetto dobbiamo pensarlo: “E’ l’epoca del peccato contro Dio Creatore!”. E questo ci aiuterà. 

Ma tu, Cristoforo, mi dirai: “Cosa c’entra questo con i migranti?”. E’ un po’ il contesto, sai? Riguardo ai migranti dirò: il problema è là, nella loro terra. Ma come li accogliamo? Ognuno deve vedere come. Ma tutti possiamo avere il cuore aperto e pensare di fare un’ora nelle parrocchie, un’ora a settimana, di adorazione e di preghiera per i migranti. La preghiera muove le montagne! 

Queste erano le quattro domande. Non so… Scusatemi se ho parlato troppo, ma il sangue italiano mi tradisce… 

Grazie tante dell’accoglienza e speriamo che questi giorni ci riempiano di gioia: di gioia, di grande gioia. E preghiamo la Madonna, che è Madre e che ci tiene sempre per mano. 

Salve Regina…

E non dimenticare i nonni, che sono la memoria di un popolo.