31 dicembre 2016

Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore.

O eterno Padre,
tutta la terra ti adora.

A te cantano gli angeli
E tutte le potenze dei cieli:

Santo, Santo, Santo 
il Signore Dio dell'universo.

I cieli e la terra 
sono pieni della tua gloria.

Ti acclama il coro degli apostoli
e la candida schiera dei martiri.

Le voci dei profeti si uniscono nella tua lode;
La santa Chiesa proclama la tua gloria

Adora il tuo unico Figlio 
e lo Spirito Santo Paraclito.

O Cristo, re della gloria,
eterno Figlio del Padre.

Tu nascesti dalla Vergine Madre
per la salvezza dell'uomo.

Vincitore della morte,
hai aperto ai credenti il regno dei cieli.

Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre.
Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.

Soccorri, i tuoi figli, Signore,
che hai redento con il tuo sangue prezioso.

Accoglici nella tua gloria
nell'assemblea dei santi.

Salva il tuo popolo, Signore,
guida e proteggi i tuoi figli,

Ogni giorno ti benediciamo
lodiamo il tuo nome per sempre.

Degnati oggi, Signore,
di custodirci senza peccato.

Sia  sempre con noi la tua misericordia,
in te abbiamo sperato.

Pietà di noi, Signore
Pietà di noi.

Tu sei la nostra speranza
Non saremo confusi in eterno.

29 dicembre 2016

L'ennesima sparata Soccio-Tosattiana. Ovvio che la colpa e' di Papa Francesco: sicuri?


L'articolo che segue è del 16/10/2011, quindi ancora era papa Benedetto XVI e i più neanche sapevano chi era Bergoglio


Allarme in Vaticano per la crisi della chiesa in Brasile

Negli ultimi dieci anni, milioni di brasiliani hanno lasciato la comunità cattolica più numerosa del pianeta per entrare nelle congregazioni pentecostali
Trent’anni fa oltre il 90% dei brasiliani si definiva cattolico, adesso la soglia è scesa al 68%, il dato più basso dal 1872. L'allarme è scattato in perchè nel più grande paese cattolico del mondo (140 milioni di fedeli) sempre più persone recidono i legami con Roma.

Altro che Sud-America terra di speranza per il cattolicesimo mondiale. I dati dicono altro. Secondo quelli resi noti dalla fondazione «Getulio Vargas», nell’ultimo decennio, a causa della secolarizzazione e del boom delle sette evangeliche, diminuiscono continuamente i cattolici brasiliani mentre aumentano a dismisura le decine di denominazioni evangeliche. Una ricerca condotta dal principale istituto di ricerca del Brasile sulla base di 200mila interviste fotografa un progressivo allontanamento dalla Chiesa soprattutto delle nuove generazioni. 

E significativamente la Santa Sede ha scelto proprio Rio de Janeiro come prossima sede della Gm, per rilanciare la pastorale giovanile in Sud America. Negli ultimi dieci anni, milioni di brasiliani hanno lasciato la comunità cattolica più numerosa del pianeta per entrare nelle congregazioni pentecostali. Il 2010 è stato l’anno nero della Chiesa cattolica in Brasile. Il numero di «under 20» che dichiarano di non seguire alcuna religione è salito tre volte più velocemente di quello delle persone con più di 50 anni. Il 9% dei giovani brasiliani è privo di appartenenza religiosa. Una tendenza simile a quella degli abbandoni della Chiesa. 

L’adesione al cattolicesimo nella popolazione brasiliana è scesa al più basso livello dal 1872: 68% rispetto al 72,5% del 2003. L’emorragia di credenti colpisce soprattutto la classe media. Contemporaneamente i gruppi pentecostali sono saliti al 12,8% della popolazione.

La secolarizzazione morde la partecipazione religiosa e la concorrenza delle sette evangeliche è sempre più agguerrita. Roma si trova a dover fare i conti con una difficile convivenza tra la chiesa cattolica e le cosiddette sette di matrice cristiana (in maggioranza pentecostali) che raccolgono sempre più proseliti, soprattutto tra gli strati più bassi della popolazione.

Nel maggio 2007 il primo incontro di Benedetto XVI con i giovani ha reso evidente le difficoltà che attraversa la chiesa cattolica del Brasile: gli organizzatori attendevano 70 mila giovani (40 mila nello stadio e 30 mila all’esterno). In realtà i numeri sono stati certamente inferiori: nello stadio sono rimasti diversi spazi e posti vuoti mentre fuori i giovani erano pochi. In tutto quindi i partecipanti sono stati 35 mila secondo i dati forniti dagli stessi organizzatori: non molti se si tiene presente che San Paolo conta 11 milioni di abitanti. Le Chiese pentecostali stanno attirando un numero sempre crescente di fedeli strappati alla Chiesa cattolica (negli ultimi trent’anni la percentuale dei cattolici brasiliani sul totale della popolazione è scesa dal 91,7% al 73,8% e ora al 65%, mentre le Chiese protestanti evangeliche solo salite dal 5,2 % al 17,9%).

I cristiani di base attribuiscono a Giovanni Paolo II e al suo custode dell’ortodossia Joseph Ratzinger di aver «normalizzato» negli anni Ottanta e Novanta il clero e l’episcopato sudamericano e di averlo riempito di esponenti dell’Opus Dei e dei Legionari di Cristo, mettendo ai margini quei teologi della liberazioni che avevano spostato troppo a sinistra il baricentro della chiesa, dialogando con quel comunismo che invece il Vaticano stava combattendo nell’Europa dell’Est. 

E l’attuale, drammatica emorragia di fedeli a favore delle sette evangeliche sarebbe il frutto anche della marginalizzazione dei preti a più stretto contatto con i ceti popolari e con le masse delle favelas. Al tempo stesso la preoccupazione della Santa Sede è concentrata sulla crisi della disciplina ecclesiastica, la crescita delle Chiese evangeliche e l’influenza della teologia della liberazione tra i giovani religiosi. I documenti di Wikileaks svelano che il Vaticano era preoccupato per la condotta dei sacerdoti brasiliani sul celibato. E così si riapre una questione di estrema delicatezza per la Santa Sede, soprattutto in ragione dello spinoso tema del clero brasiliano (e sudamericano) vicini alla teologia della liberazione e delle tensioni con Roma di cui è una prova clamorosa il «caso Racife», cioè la controversia sull’aborto della madre-bambina. 

Secondo i documenti rivelati da Wikileaks, il Vaticano ha manifestato viva preoccupazione per il comportamento dei sacerdoti brasiliani, soprattutto per la loro inosservanza e indifferenza rispetto alla regola del celibato ecclesiastico. La fonte citata dal diplomatico statunitense nell’informativa è un prelato brasiliano, officiale della Segreteria di Stato monsignor Stefano Migliorelli, stretto collaboratore del cardinale Tarcisio Bertone, riferiva all’ambasciatore Usa, Francis Rooney, che il viaggio di Benedetto XVI in Brasile nel 2007 nasceva dall’allarme per la situazione della Chiesa cattolica locale. 

«Monsignor Migliorelli lamenta che il livello di preparazione dei sacerdoti brasiliani è molto basso e che in molti casi non vengono rispettati i capisaldi della disciplina clericale (per esempio il celibato ecclesiastico, etc..)», evidenzia il documento preparato dal diplomatico Francis Rooney per l’amministrazione americana. In un altro passaggio dell’informativa, elaborata nel 2007, si afferma che la crisi sacerdotale, il calo delle vocazioni e l’indisciplina del clero in America Latina sono peggiori che negli Stati Uniti. 

La Santa Sede, sempre secondo l’informativa Usa, dà voce al proprio allarme per la crescita delle Chiese evangeliche in Brasile nella regione sudamericana. A giudizio della Segreteria di Stato vaticana, il Brasile e l’America latina devono essere considerate come una «terra di missione» nella quale è necessario «ricominciare da zero» e «il clero deve essere nuovamente formato» per frenare l’avanzata delle Chiese evangeliche. Una situazione preoccupante, dunque, quella denunciata dall’ecclesiastico Migliorelli al diplomatico statunitense Rooney. Due anni e mezzo fa tra Santa Sede ed episcopato brasiliano la crisi raggiunse il livello di guardia. A provocare tensione fu il «caso Racife». 

La Chiesa deve rispettare la professionalità dei medici anche quando fanno interventi che sembrano contravvenire la legge ecclesiale come nel caso della bambina di 9 anni violentata e costretta ad abortire in Brasile perché rischiava la vita. La scomunica per la madre e i medici è «un giudizio che pesa come una mannaia e fa sembrare la chiesa insensibile». Il 14 marzo 2009 sull’”Osservatore Romano”, l’allora presidente della Pontificia accademia per la vita, Rino Fisichella stigmatizzò la posizione assunta dall’arcivescovo di Recife, José Cardoso Sobrinho, che una settimana prima aveva annunciato la grave sanzione canonica contro chi ha provocato l’interruzione di gravidanza, malgrado la bambina, incinta di due gemelli, rischiasse di morire. 

26 dicembre 2016

#Diteglielo!


PAPA FRANCESCO
ANGELUS
Piazza San Pietro
Lunedì, 26 dicembre 2016


Bapa Francesco subito dopo l'Angelus:
"Esprimo vive condoglianze per la triste notizia dell’aereo russo precipitato nel Mar Nero. Il Signore consoli il caro popolo russo e i familiari dei passeggeri che erano a bordo: giornalisti, equipaggio e l’eccellente coro e orchestra delle Forze Armate. La Beata Vergine Maria sostenga le operazioni di ricerca attualmente in corso. Nel 2004, il Coro si esibì in Vaticano per il 26.mo di pontificato di San Giovanni Paolo II: preghiamo per loro."


ANGELUS - Piazza San Pietro - Lunedì, 26 dicembre 2016

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

La gioia del Natale riempie anche oggi i nostri cuori, mentre la liturgia ci fa celebrare il martirio di santo Stefano, il primo martire, invitandoci a raccogliere la testimonianza che con il suo sacrificio egli ci ha lasciato. È la testimonianza gloriosa propria del martirio cristiano, patito per amore di Gesù Cristo; martirio che continua ad essere presente nella storia della Chiesa, da Stefano fino ai nostri giorni.

Di questa testimonianza ci ha parlato il Vangelo di oggi (cfr Mt 10,17-22). Gesù preannuncia ai discepoli il rifiuto e la persecuzione che incontreranno: «Sarete odiati da tutti a causa del mio nome» (v. 22). Ma perché il mondo perseguita i cristiani? Il mondo odia i cristiani per la stessa ragione per cui ha odiato Gesù, perché Lui ha portato la luce di Dio e il mondo preferisce le tenebre per nascondere le sue opere malvage. Ricordiamo che Gesù stesso, nell’Ultima Cena, pregò il Padre perché ci difendesse dal cattivo spirito mondano. C’è opposizione tra la mentalità del Vangelo e quella mondana. Seguire Gesù vuol dire seguire la sua luce, che si è accesa nella notte di Betlemme, e abbandonare le tenebre del mondo. 

Il protomartire Stefano, pieno di Spirito Santo, venne lapidato perché confessò la sua fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio. L’Unigenito che viene nel mondo invita ogni credente a scegliere la via della luce e della vita. È questo il significato della sua venuta tra noi. Amando il Signore e obbedendo alla sua voce, il diacono Stefano ha scelto Cristo, Vita e Luce per ogni uomo. Scegliendo la verità, egli è diventato nello stesso tempo vittima del mistero dell’iniquità presente nel mondo. Ma in Cristo, Stefano ha vinto!

Anche oggi la Chiesa, per rendere testimonianza alla luce e alla verità, sperimenta in diversi luoghi dure persecuzioni, fino alla suprema prova del martirio. Quanti nostri fratelli e sorelle nella fede subiscono soprusi, violenze e sono odiati a causa di Gesù! Io vi dico una cosa, i martiri di oggi sono in numero maggiore rispetto a quelli dei primi secoli. Quando noi leggiamo la storia dei primi secoli, qui, a Roma, leggiamo tanta crudeltà con i cristiani; io vi dico: la stessa crudeltà c’è oggi, e in numero maggiore, con i cristiani. Oggi vogliamo pensare a loro che soffrono persecuzione, ed essere vicini a loro con il nostro affetto, la nostra preghiera e anche il nostro pianto. Ieri, giorno di Natale, i cristiani perseguitati nell’Iraq hanno celebrato il Natale nella loro cattedrale distrutta: è un esempio di fedeltà al Vangelo. Nonostante le prove e i pericoli, essi testimoniano con coraggio la loro appartenenza a Cristo e vivono il Vangelo impegnandosi a favore degli ultimi, dei più trascurati, facendo del bene a tutti senza distinzione; testimoniano così la carità nella verità.

Nel fare spazio dentro il nostro cuore al Figlio di Dio che si dona a noi nel Natale, rinnoviamo la gioiosa e coraggiosa volontà di seguirlo fedelmente come unica guida, perseverando nel vivere secondo la mentalità evangelica e rifiutando la mentalità dei dominatori di questo mondo.

Alla Vergine Maria, Madre di Dio e Regina dei martiri, eleviamo la nostra preghiera, affinché ci guidi e ci sostenga sempre nel nostro cammino alla sequela di Gesù Cristo, che contempliamo nella grotta del presepe e che è il Testimone fedele di Dio Padre. 


25 dicembre 2016

Omelia di Papa Francesco per la Messa della Notte di Natale


«È apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini» (Tt 2,11). Le parole dell’apostolo Paolo rivelano il mistero di questa notte santa: è apparsa la grazia di Dio, il suo regalo gratuito; nel Bambino che ci è donato si fa concreto l’amore di Dio per noi.

È una notte di gloria, quella gloria proclamata dagli angeli a Betlemme e anche da noi oggi in tutto il mondo. È una notte di gioia, perché da oggi e per sempre Dio, l’Eterno, l’Infinito, è Dio con noi: non è lontano, non dobbiamo cercarlo nelle orbite celesti o in qualche mistica idea; è vicino, si è fatto uomo e non si staccherà mai dalla nostra umanità, che ha fatto sua. È una notte di luce: quella luce, profetizzata da Isaia (cfr 9,1), che avrebbe illuminato chi cammina in terra tenebrosa, è apparsa e ha avvolto i pastori di Betlemme (cfr Lc 2,9).

I pastori scoprono semplicemente che «un bambino è nato per noi» (Is 9,5) e comprendono che tutta questa gloria, tutta questa gioia, tutta questa luce si concentrano in un punto solo, in quel segno che l’angelo ha loro indicato: «Troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,12). Questo è il segno di sempre per trovare Gesù. Non solo allora, ma anche oggi. Se vogliamo festeggiare il vero Natale, contempliamo questo segno: la semplicità fragile di un piccolo neonato, la mitezza del suo essere adagiato, il tenero affetto delle fasce che lo avvolgono. Lì sta Dio.

Con questo segno il Vangelo ci svela un paradosso: parla dell’imperatore, del governatore, dei grandi di quel tempo, ma Dio non si fa presente lì; non appare nella sala nobile di un palazzo regale, ma nella povertà di una stalla; non nei fasti dell’apparenza, ma nella semplicità della vita; non nel potere, ma in una piccolezza che sorprende. E per incontrarlo bisogna andare lì, dove Egli sta: occorre chinarsi, abbassarsi, farsi piccoli. Il Bambino che nasce ci interpella: ci chiama a lasciare le illusioni dell’effimero per andare all’essenziale, a rinunciare alle nostre insaziabili pretese, ad abbandonare l’insoddisfazione perenne e la tristezza per qualche cosa che sempre ci mancherà. Ci farà bene lasciare queste cose per ritrovare nella semplicità di Dio-bambino la pace, la gioia, il senso della vita.

Lasciamoci interpellare dal Bambino nella mangiatoia, ma lasciamoci interpellare anche dai bambini che, oggi, non sono adagiati in una culla e accarezzati dall’affetto di una madre e di un padre, ma giacciono nelle squallide “mangiatoie di dignità”: nel rifugio sotterraneo per scampare ai bombardamenti, sul marciapiede di una grande città, sul fondo di un barcone sovraccarico di migranti. Lasciamoci interpellare dai bambini che non vengono lasciati nascere, da quelli che piangono perché nessuno sazia la loro fame, da quelli che non tengono in mano giocattoli, ma armi.

Il mistero del Natale, che è luce e gioia, interpella e scuote, perché è nello stesso tempo un mistero di speranza e di tristezza. Porta con sé un sapore di tristezza, in quanto l’amore non è accolto, la vita viene scartata. Così accadde a Giuseppe e Maria, che trovarono le porte chiuse e posero Gesù in una mangiatoia, «perché per loro non c’era posto nell’alloggio» (v. 7). Gesù nacque rifiutato da alcuni e nell’indifferenza dei più. Anche oggi ci può essere la stessa indifferenza, quando Natale diventa una festa dove i protagonisti siamo noi, anziché Lui; quando le luci del commercio gettano nell’ombra la luce di Dio; quando ci affanniamo per i regali e restiamo insensibili a chi è emarginato.

Ma il Natale ha soprattutto un sapore di speranza perché, nonostante le nostre tenebre, la luce di Dio risplende. La sua luce gentile non fa paura; Dio, innamorato di noi, ci attira con la sua tenerezza, nascendo povero e fragile in mezzo a noi, come uno di noi. Nasce a Betlemme, che significa “casa del pane”. Sembra così volerci dire che nasce come pane per noi; viene alla vita per darci la sua vita; viene nel nostro mondo per portarci il suo amore. Non viene a divorare e a comandare, ma a nutrire e servire. Così c’è un filo diretto che collega la mangiatoia e la croce, dove Gesù sarà pane spezzato: è il filo diretto dell’amore che si dona e ci salva, che dà luce alla nostra vita, pace ai nostri cuori.

L’hanno capito, in quella notte, i pastori, che erano tra gli emarginati di allora. Ma nessuno è emarginato agli occhi di Dio e proprio loro furono gli invitati di Natale. Chi era sicuro di sé, autosufficiente, stava a casa tra le sue cose; i pastori invece «andarono, senza indugio» (cfr Lc 2,16). Anche noi lasciamoci interpellare e convocare stanotte da Gesù, andiamo a Lui con fiducia, a partire da quello in cui ci sentiamo emarginati, a partire dai nostri limiti. Lasciamoci toccare dalla tenerezza che salva. Avviciniamoci a Dio che si fa vicino, fermiamoci a guardare il presepe, immaginiamo la nascita di Gesù: la luce e la pace, la somma povertà e il rifiuto. Entriamo nel vero Natale con i pastori, portiamo a Gesù quello che siamo, le nostre emarginazioni, le nostre ferite non guarite. Così, in Gesù, assaporeremo lo spirito vero del Natale: la bellezza di essere amati da Dio. Con Maria e Giuseppe stiamo davanti alla mangiatoia, a Gesù che nasce come pane per la mia vita. Contemplando il suo amore umile e infinito, diciamogli grazie: grazie, perché hai fatto tutto questo per me.

Buon Natale!

19 dicembre 2016

Videomessaggio del Papa: siamo artigiani di misericordia!



Buona sera, sono molto contento di questa iniziativa promossa dalla Gendarmeria e che ha coinvolto molte istituzioni e persone, ciascuno con le proprie personalità, con le proprie professionalità: gli artisti, le maestranze, i tecnici, gli operai. Tutti artigiani di misericordia perché, come ho detto in altre occasioni, le opere di misericordia che trovano l’ispiratore in Dio e la materia nella misericordia stessa, sono modellate da mani e dai cuori di uomini e di donne.

Al termine del giubileo straordinario, consegnando la lettera apostolica Misericordia et misera, ricordavo come la cultura della misericordia si forma nella preghiera assidua e come, per vincere la tentazione delle parole, della teoria sulla misericordia, è necessario trasformare la misericordia nella vita di tutti i giorni, vita che diventa partecipazione e condivisione.

Per esempio oggi, questo … pensiamo Bangui, pensiamo le terre terremotate, ma vediamo che i bambini di Bangui hanno fatto una raccolta per i bambini delle terre terremotate. Questo è, si chiama essere artigiani di Misericordia.

Questa sera dunque allarga l’orizzonte del giubileo della misericordia partecipando e condividendo situazioni concrete di povertà e di bisogno: Bangui e le terre terremotate del centro Italia.

Questa sera tutti voi state partecipando concretamente e generosamente alla costruzione di due progetti rivolti ai più deboli e fragili, i bambini, che saranno i segni visibili dell’anno della misericordia e che porteranno la firma di tanti di voi.

A volte qualcuno mi chiede: ma lei, padre, parla sempre dei poveri e della misericordia. Sì, dico, è vero, ma non è una malattia. E’ semplicemente il modo con cui Dio si è rivelato. Infatti il Natale ormai alle porte ci ricorda il modo con cui Dio è entrato nel mondo: nasce, da Maria Vergine, come tutti i bambini nasce, viene avvolto in fasce, preso in braccio, allattato. Non solo: lui, la sua mamma, Maria Vergine, e Giuseppe hanno dovuto fare i conti con il fatto che per loro non ci fosse posto nell’albergo.

E ancora: la buona notizia, l’annuncio della nascita non viene consegnato a re e a principi, ma a pastori, uomini poco o male considerati, peccatori incalliti potremmo dire. Questo è il nostro Dio; non il Totalmente Altro ma l’assolutamente prossimo. Per questo diventare artigiani della carità e costruttori di misericordia è come investire non in borsa, ma in paradiso, nella vita beata del cielo, nell’amore del Padre.

Grazie a tutti; grazie a nome dei bambini di Bangui e di quelli delle zone terremotare. Non possiamo fare cose grandi, realizzare grandi progetti, ma ciò che faremo avrà la firma della nostra passione, il Vangelo. Buon Natale a tutti.

NEWS.VA

18 dicembre 2016

La Provvidenza e lo scandalo del male



Ci sono "don" pronti a dare risposte sul perché del male, specie per quanto riguarda i bambini, e ovviamente lo fanno attaccando il Papa per cose da lui dette incontrando i piccoli malati dell'Ospedale Bambino Gesù.
Attacco basato sul nulla, fraintendendo ampiamente quanto detto dal Papa amputando quanto detto dal Papa stesso. Il Papa ha detto cose comprensibili anche da i bambini ma non evidentemente dai superbi sapienti che ti citano anche il catechismo a loro comodo omettendone altre parti fin troppo chiare sul perché del male.
 

Nel Video il bellissimo discorso di Papa di Papa Francesco nell'Udienza all'Ospedale Bambino Gesù. Discorso però frainteso da certi dono come anche da settari cattolici che hanno qui trovato l'ennesi occasione per attaccare Papa Francesco.

Dal Catechismo della Chiesa Cattolica

La provvidenza e lo scandalo del male
309 Se Dio Padre Onnipotente, creatore del mondo ordinato e buono, si prende cura di tutte le sue creature, perché esiste il male? 
A questo interrogativo tanto pressante quanto inevitabile, tanto doloroso quanto misterioso, nessuna risposta immediata potrà bastare
È l'insieme della fede cristiana che costituisce la risposta a tale questione: la bontà della creazione, il dramma del peccato, l'amore paziente di Dio che viene incontro all'uomo con le sue alleanze, con l'incarnazione redentrice del suo Figlio, con il dono dello Spirito, con la convocazione della Chiesa, con la forza dei sacramenti, con la vocazione ad una vita felice, alla quale le creature libere sono invitate a dare il loro consenso, ma alla quale, per un mistero terribile, possono anche sottrarsi. Non c'è un punto del messaggio cristiano che non sia, per un certo aspetto, una risposta al problema del male.

Domenica prossima sarà Natale.


"In questa settimana mi raccomando - cerchiamo di trovare qualche momento per fermarci, fare un po’ di silenzio, e immaginare la Madonna e san Giuseppe che stanno andando a Betlemme. Immaginare come vanno: il cammino, la fatica, ma anche la gioia, la commozione, e poi l’ansia di trovare un posto, la preoccupazione…, e così via. In questo aiuta molto il presepe. Cerchiamo di entrare nel vero Natale, quello di Gesù, che ci si avvicina – Dio-con-noi, vicino a noi –per ricevere la grazia di questa festa, che è una grazia di vicinanza, di amore, di umiltà e di tenerezza.

E in quei momenti anche ricordatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!"

15 dicembre 2016

Francesco e i “dubia”. “il diavolo probabilmente”…

“I grandi si possono permettere il dubbio e questo è bello. Sono sicuri della vocazione ma ogni volta che il Signore fa vedere loro una nuova strada del cammino entrano nel dubbio. ‘Ma questo non è ortodosso, questo è eretico, questo non è il Messia che io aspettavo’. Il diavolo fa questo lavoro e qualche amico anche aiuta, no?”. Senza espliciti rimandi, con assoluta discrezione ed educazione, nell’omelia di Santa Marta, Papa Francesco questa mattina ha fatto riferimento ai “dubia” dei quattro cardinali circa l’Amoris laetitia e le aperture pastorali (e sacramentali) ai divorziati risposati. “Questa è la grandezza di Giovanni, un grande, l’ultimo di quella schiera di credenti che è incominciata con Abramo, quello che predica la conversione, quello che non usa mezze parole per condannare i superbi, quello che alla fine della vita si permette di dubitare. E questo è un bel programma di vita cristiana”, ha proseguito Bergoglio prendendo spunto dalla figura di Giovanni Battista che, ha ricordato, “predicava forte, diceva delle cose brutte ai farisei, ai dottori della legge, ai sacerdoti, non diceva loro: ‘Ma cari, comportatevi bene’. No. Semplicemente diceva loro: ‘Razza di vipere’. Non andava con sfumature. Perché si avvicinavano per controllare e per vedere ma mai col cuore aperto: ‘Razza di vipere’. Rischiava la vita, si’, ma lui era fedele. Poi a Erode, in faccia, gli diceva: ‘Adultero, non ti è lecito questo vivere così, adultero!’. In faccia! Ma è sicuro che se un parroco oggi nell’omelia domenicale dicesse: ‘Fra voi ci sono alcuni che sono razza di vipere e ci sono tanti adulteri’, di sicuro il vescovo riceverebbe lettere di sconcerto: ‘Ma mandate via questo parroco che ci insulta’. E questo insultava. Perché? Perché fedele alla sua vocazione e alla verità”.

Tuttavia – come sottolinea l’AGI– c’è differenza tra il Battista e i 4 porporati che intignano contro la comunione ai divorziati risposati: il Battista “con la gente era comprensivo: ai pubblicani, peccatori pubblici perché sfruttavano il popolo, diceva: ‘Non chiedete più del giusto’. “Incominciava da poco. Poi vedremo. E li battezzava”, ha spiegato Francesco. “Prima questo passo. Poi vediamo”. E nonostante Giovanni fosse grande, forte, sicuro della sua vocazione, anche lui attraversava momenti bui, con i suoi dubbi, ha osservato Francesco. Giovanni infatti “dal carcere comincia a dubitare, anche se aveva battezzato Gesù, perché era un Salvatore non come lui lo aveva immaginato. E quindi invia due dei suoi discepoli a chiedergli se fosse proprio Lui il Messia. E Gesù corregge la visione di Giovanni con una risposta chiara. Dice infatti di riferire a Giovanni che i ciechi riacquistano la vista, i sordi odono, i morti risuscitano”. “I grandi si possono permettere di dubitare, perché sono grandi”, ha quindi concluso il Papa.

FarodiRoma

8 dicembre 2016

O Maria, Madre nostra Immacolata,

nel giorno della tua festa vengo a Te, e non vengo solo:
porto con me tutti coloro che il tuo Figlio mi ha affidato, in questa Città di Roma e nel mondo intero, perché Tu li benedica e li salvi dai pericoli.

Ti porto, Madre, i bambini,
specialmente quelli soli, abbandonati,
e che per questo vengono ingannati e sfruttati.
Ti porto, Madre, le famiglie,
che mandano avanti la vita e la società
con il loro impegno quotidiano e nascosto;
in modo particolare le famiglie che fanno più fatica per tanti problemi interni ed esterni.

Ti porto, Madre, tutti i lavoratori, uomini e donne, e ti affido soprattutto chi, per necessità,
si sforza di svolgere un lavoro indegno
e chi il lavoro l’ha perso o non riesce a trovarlo.

Abbiamo bisogno del tuo sguardo immacolato,
per ritrovare la capacità di guardare le persone e le cose
con rispetto e riconoscenza,
senza interessi egoistici o ipocrisie.

Abbiamo bisogno del tuo cuore immacolato,
per amare in maniera gratuita,
senza secondi fini ma cercando il bene dell’altro,
con semplicità e sincerità, rinunciando a maschere e trucchi. Abbiamo bisogno delle tue mani immacolate,
per accarezzare con tenerezza,
per toccare la carne di Gesù
nei fratelli poveri, malati, disprezzati,
per rialzare chi è caduto e sostenere chi vacilla.

Abbiamo bisogno dei tuoi piedi immacolati,
per andare incontro a chi non sa fare il primo passo,
per camminare sui sentieri di chi è smarrito,
per andare a trovare le persone sole.

Ti ringraziamo, o Madre, perché mostrandoti a noi libera da ogni macchia di peccato,
Tu ci ricordi che prima di tutto c’è la grazia di Dio, c’è l’amore di Gesù Cristo che ha dato la vita per noi, c’è la forza dello Spirito Santo che tutto rinnova.

Fa’ che non cediamo allo scoraggiamento,
ma, confidando nel tuo costante aiuto,
ci impegniamo a fondo per rinnovare noi stessi, questa Città e il mondo intero.

Prega per noi, Santa Madre di Dio!

Preghiera composta da Papa Francesco


7 dicembre 2016

Papa Francesco - lettera Apostolica Misericordia et misera

Su di noi rimangono sempre rivolti gli occhi misericordiosi della Santa Madre di Dio. Lei è la prima che apre la strada e ci accompagna nella testimonianza dell’amore. La Madre della Misericordia raccoglie tutti sotto la protezione del suo manto, come spesso l’arte l’ha voluta rappresentare. Confidiamo nel suo materno aiuto e seguiamo la sua perenne indicazione a guardare a Gesù, volto raggiante della misericordia di Dio.