30 dicembre 2018

La festa del Natale precede quella pagana del Sole Invitto

Presepio nella Basilica di San Pietro - Città del Vaticano - Natale 2018
di Michele Loconsole*

Fonti diverse confermano che la festa del Sole Invitto fu posta al 25 dicembre per tentare di “oscurare” quella del Natale cristiano. Non il contrario!

Sovente si sente affermare che la festa del Natale posta dalla Chiesa al 25 dicembre nel suo calendario liturgico soltanto agli inizi del IV secolo non è storicamente fondata. Ossia che non è possibile sapere con certezza in quale giorno sia nato, a Betlemme, Gesù di Nazaret.

Da qui l’ipotesi – oggi molto accreditata – che la scelta del 25 dicembre sarebbe il risultato del calcolo di un’operazione ideologica messa in atto dalla Chiesa antica per sovrapporsi e infine assorbire la festività pagana del dio Sole; la cerimonia cultuale-astronomica che veniva officiata in diverse civiltà, e non solo dell’area mediterranea, ben prima della nascita di Gesù, in coincidenza col solstizio d’inverno.

Fenomeno, quello operato dalla Chiesa di Roma, altrettanto noto agli studiosi di fenomenologia delle religioni come d’inculturazione o di cristianizzazione dell’Impero romano.

Fin qui il pensiero dominate. Mentre, alla luce delle fonti, sembra sia andato esattamente al contrario. È infatti la festa pagana del Sole Invitto che è stata posta – o ancora meglio spostata – al 25 dicembre per tentare di “oscurare” quella cristiana del Natale, le cui attestazioni documentali sono di gran lunga più antiche della prima. Solo per citarne una: Ippolito di Roma già nel 204 riferiva che la Chiesa festeggiava la nascita di Gesù il 25 dicembre.

Ricorrenza liturgica nota a quella parte della Chiesa universale che era venuta in contatto con la primitiva tradizione giudeo-cristiana, che questa festa faceva dipendere da quella ancora più antica dell’Annunciazione dell’Arcangelo Gabriele a Zaccaria, fissata nel calendario liturgico orientale al 23 settembre.

Sulle relazioni tra le due feste cristiane ho già riferito in un precedente articolo, dove ho riportato anche il fondamento storico-archeologico della storicità della nascita di Gesù al 25 dicembre; evidenza possibile grazie alla scoperta del Libro dei Giubilei tradotto e commentato dal prof. Shemarjahu Talmon dell’Università di Gerusalemme, all’indomani del ritrovamento del 1947 dei Rotoli di Qumran.

E allora, tornando alla questione: quale delle due feste celebrate il 25 dicembre, del Sole Invitto o del Natale cristiano, è la più antica? Quale delle due ha tentato di prevalere sull’altra?

Sull’antichità del Natale ho già detto sopra. Passando invece ad analizzare le fonti che attestano le date della festività pagana, domando: a quando risalirebbe la prima fonte documentata che la festività del dio Sole veniva celebrata il 25 dicembre?

Riposta: l’unico documento che abbiamo oggi a disposizione è il Chronographus anni 354. Per farsene un’idea si confronti la parte VI, dal titolo Calendario con testi e illustrazioni per i dodici mesi.

La notizia, però, sembra piuttosto tardiva: siamo infatti oltre la metà del IV secolo d.C. e all’indomani del primo Concilio di Nicea. Ricordo, di contro, che la prima attestazione del Natale al 25 dicembre è del 204, esattamente 150 anni più antica.

Prima del 354, per ritornare alle fonti della festa del Sole Invitto, ancora durante il regno di Licinio (imperatore dal 308 al 324 d.C.) il culto al dio solare veniva celebrato il 19 dicembre, e non il 25! (cfr. l’iscrizione citata da Allan S. Hoey, Official Policy towards Oriental Cults in the Roman Army, Transactions and Proceedings of the American Philological Association (70) 1939, pp 456-481, a p. 480, nota 128).

Si aggiunga, poi, che questa antica festa astronomica veniva celebrata anche in diverse altre date dell’anno, tra cui spesso veniva scelto il periodo compreso tra il 19 e il 22 ottobre (a tal proposito si veda M. R. Salzman, New Evidence for the Dating of the Calendar at Santa Maria Maggiore in Rome, Transactions of the American Philological Association (111) 1981, pp. 215-227, a p. 221).

Il culto del dio Sole, solo per fare ulteriore chiarezza, era stato introdotto a Roma da Eliogabalo (imperatore dal 218 al 222) e ufficializzato per la prima volta da Aureliano nel 274, che il 25 dicembre dello stesso anno consacrava il Tempio del Sol Invictus. La festa prese il nome di “Giorno di nascita del Sole Invitto”. Una ricorrenza, quindi, che potrebbe aver visto le sue origini occidentali sul finire del III secolo d.C.

Si tenga anche conto che i romani, già ai tempi di Adriano (imperatore dal 117 al 138), ritenevano che i cristiani adorassero il sole. In realtà commentavano gli usi liturgici cristiani che si sarebbero consolidati grazie all’opera di Giustino (morto a Roma tra il 162 e il 168), che imposterà i capisaldi della teologia cristiana (domenica, Eucaristia, Risurrezione, Natale, etc) proprio sul simbolo del sole: siamo appena nella prima metà del II secolo.

In conclusione, alla luce di quanto abbiamo detto credo sia possibile affermare almeno due cose importanti. La prima, che la festività del Sole Invitto non veniva celebrata soltanto il 25 dicembre – e che questa data si è imposta sulle altre soltanto dopo la metà del IV secolo d.C.

La seconda, che in Occidente questa festa pagana ha attestazioni documentali ben più recenti rispetto a quella del Natale cristiano, che come abbiamo visto sono più antiche.

E allora: non nasce il legittimo dubbio che l’ingresso della festa del Sole Invitto nel calendario romano del III secolo d.C. potrebbe corrispondere alla volontà da parte dall’establishment imperiale di “oscurare” la festa cristiana, che era certamente celebrata a Roma il 25 dicembre da almeno settant’anni?

Del resto questa nuova ipotesi sarebbe probabilissima se pensiamo al clima persecutorio in cui la religione di Cristo ha dovuto esistere in quasi ogni regione dell’Impero romano dalle sue origini fino alla venuta di Costantino (imperatore dal 306 al 337 d.C.) e ancor più all’indizione del Concilio di Nicea (325 d.C.).

*Michele Loconsole è dottore in Sacra Teologia Ecumenica, giornalista pubblicista e scrittore. Autore di una decina di volumi sulla storia del cristianesimo è attualmente presidente ENEC (Europe-Near East Centre).

La storia conferma la nascita di Gesù il 25 dicembre

"Sand Nativity": il presepe di sabbia in Piazza San Pietro - Città del Vaticano - Natale 2018
*di Michele Loconsole

Molti si interrogano se Gesù sia nato veramente il 25 dicembre. Ma cosa sappiamo in realtà sulla storicità della sua data di nascita? I Vangeli, come è noto, non precisano in che giorno è nato il fondatore del cristianesimo.

E allora, come mai la Chiesa ha fissato proprio al 25 dicembre il suo Natale? È vero, inoltre, che questa festa cristiana – seconda solo alla Pasqua – è stata posta al 25 dicembre per sostituire il culto pagano del dio Sole, celebrato in tutto il Mediterraneo anche prima della nascita di Gesù?

Cominciamo col dire che il solstizio d’inverno – data in cui si festeggiava nelle culture politeiste il Sol Invictus – cade il 21 dicembre e non il 25.

In secondo luogo è bene precisare che la Chiesa primitiva, soprattutto d’Oriente, aveva fissato la data di nascita di Gesù al 25 dicembre già nei primissimi anni successivi alla sua morte.

Dato che è stato ricavato dallo studio della primitiva tradizione di matrice giudeo-cristiana – risultata fedelissima al vaglio degli storici contemporanei – e che ha avuto origine dalla cerchia dei familiari di Gesù, ossia dalla originaria Chiesa di Gerusalemme e di Palestina.
E allora, se la Chiesa ha subito fissato al 25 dicembre la nascita di Gesù, abbiamo oggi prove documentali e archeologiche che possono confermare la veneranda tradizione ecclesiale? La risposta è si.

Nel 1947 un pastorello palestinese trova casualmente una giara, semisepolta in una grotta del deserto di Qumran, un’arida regione a pochi chilometri da Gerusalemme. La località era stata sede della comunità monastica degli esseni, che oltre all’ascetismo praticava la copiatura dei testi sacri appartenuti ai loro antenati israeliti. I monaci del Mar Morto produssero in pochi decenni una grande quantità di testi, poi nascosti in grandi anfore per salvarli dall’occupazione romana del 70 d.C.

All’indomani della fortunata scoperta, archeologi di tutto il mondo avviarono una grande campagna di scavi nell’intera zona desertica, rinvenendo ben 11 grotte, che custodivano, da quasi venti secoli, numerosi vasi e migliaia di manoscritti delle Sacre Scritture israelitiche, arrotolati e ben conservati.

Tra questi importanti documenti, uno ci interessa particolarmente: è il Libro dei Giubilei, un testo del II secolo a.C.

La fonte giudaica ci ha permesso di conoscere, dopo quasi due millenni, le date in cui le classi sacerdotali di Israele officiavano al Tempio di Gerusalemme, ciclicamente da sabato a sabato, quindi sempre nello stesso periodo dell’anno.

Il testo in questione riferisce poi che la classe di Abia, l’VIII delle ventiquattro che ruotavano all’officiatura del Tempio – classe sacerdotale cui apparteneva il sacerdote Zaccaria, il padre di Giovanni Battista – entrava nel Tempio nella settimana compresa tra il 23 e il 30 settembre.

La notizia apparentemente secondaria si è rivelata invece una vera bomba per gli studiosi del cristianesimo antico. Infatti, se Zaccaria è entrato nel Tempio il 23 settembre, giorno in cui secondo il vangelo di Luca ha ricevuto l’annuncio dell’Arcangelo Gabriele, che gli ha comunicato – nonostante la sua vecchia età e la sterilità della moglie Elisabetta – che avrebbe avuto un figlio, il cui nome sarebbe stato Giovanni, questo vuol dire che il Precursore del Signore potrebbe essere nato intorno al 24 giugno, nove mesi circa dopo l’Annuncio dell’angelo.

Guarda caso gli stessi giorni in cui la Chiesa commemora nel calendario liturgico, già dal I secolo, sia il giorno dell’Annunciazione a Zaccaria che la nascita di Giovanni.

Detto ciò, Maria potrebbe avere avuto la visita, sempre di Gabriele, giorno dell’Annunciazione, proprio il 25 marzo. Infatti, quando Maria si reca da sua cugina Elisabetta, subito dopo le parole dell’Arcangelo, per comunicare la notizia del concepimento di Gesù, l’evangelista annota: “Elisabetta era al sesto mese di gravidanza”.

Passo evangelico che mette in evidenza la differenza di sei mesi tra Giovanni e Gesù. E allora, se Gesù è stato concepito il 25 marzo, la sua nascita può essere ragionevolmente commemorata il 25 dicembre, giorno più, giorno meno.

Se così stanno i fatti – e la fonte qumranica li documenta – possiamo affermare senza tema di smentita che grazie alla scoperta della prezioso testo, avvenuto appena sessant’anni fa, la plurimillenatria tradizione ecclesiastica è confermata: le ricorrenze liturgiche dei concepimenti e dei giorni di nascita, sia di Giovanni che soprattutto di Gesù, si sono rivelati pertanto compatibili con la scoperta archeologica del Deserto di Giuda.

Cosa sarebbe accaduto se, per esempio, avessimo scoperto che il sacerdote Zaccaria fosse entrato nel Tempio nel mese di marzo o di luglio? Tutte le date liturgiche che ricordano i principali avvenimenti dei due personaggi evangelici sopra citati sarebbero diverse da quelle indicate dalla tradizione ecclesiale. E subito gli scettici, strappandosi le vesti, avrebbero gridato al mondo intero che la Chiesa si è inventata tutto, compreso la data di nascita del suo fondatore.

Ma l’indagine non è ancora terminata! Alcuni detrattori della storicità della data del Natale al 25 dicembre hanno, infatti, osservato che in quel mese – cioè in pieno inverno – gli angeli non potevano incontrare in aperta campagna e di notte greggi e pastori a cui dare la lieta notizia della nascita del Salvatore dell’umanità.

Eppure, quanti sostengono questa ipotesi dovrebbe sapere che nell’ebraismo tutto è soggetto alle norme di purità. Secondo non pochi antichi trattati ebraici, i giudei distinguono tre tipi di greggi.

Il primo, composto da sole pecore dalla lana bianca: considerate pure, possono rientrare, dopo i pascoli, nell’ovile del centro abitato. Un secondo gruppo è, invece, formato da pecore la cui lana è in parte bianca, in parte nera: questi ovini possono entrare a sera nell’ovile, ma il luogo del ricovero deve essere obbligatoriamente al di fuori del centro abitato.

Un terzo gruppo, infine, è formato da pecore la cui lana è nera: questi animali, ritenuti impuri, non possono entrare né in città né nell’ovile, neppure dopo il tramonto, quindi costretti a permanere all’aperto con i loro pastori sempre, giorno e notte, inverno e estate.

Non dimentichiamo, poi, che il testo evangelico riferisce che i pastori facevano turni di guardia: fatto che appare comprensibile solo se la notte è lunga e fredda, proprio come quelle d’inverno. Ricordo che Betlemme è ubicata a 800 metri sul livello del mare.

Alla luce di queste considerazioni, possiamo ritenere risolto il mistero: i pastori e le greggi incontrati dagli angeli in quella santa notte a Betlemme appartengono al terzo gruppo, formato da sole pecore nere. Prefigurazione, se vogliamo, di quella parte della società, composta da emarginati, esclusi, derelitti e peccatori che tanto piacerà avvicinare al Gesù predicatore.

In conclusione, possiamo dunque affermare non solo che Gesù è nato proprio il 25 dicembre ma che i vangeli dicono la verità storica circa i fatti accaduti nella notte più santa di tutti i tempi: coloriamo di nero le bianche pecorelle dei nostri presepi e saremo più fedeli non solo alla storia quanto al cuore dell’insegnamento del Nazareno.

*Il prof. Michele Loconsole è dottore in Sacra Teologia ecumenica, Presidente dell’associazione internazionale ENEC (L’EUROPE – NEAR EAST CENTRE) e Vicepresidente della Fondazione Nikolaos e dell’Associazione Puglia d’Oriente. Ha pubblicato recentemente il volume “Il simbolo della croce. Storia e liturgia” (Bari 2009).

29 dicembre 2018

Concedimi, o Dio,

in questo momento, la grazia di confessare i miei peccati dinanzi a Te, e di pentirmene sinceramente.

Cancella dal Tuo libro, Signore Misericordioso, tutti gli innumerevoli atti peccaminosi che ho commesso contro di Te.

Perdona le mie distrazioni nella preghiera, le mie omissioni, i peccati che ho deliberatamente commesso andando contro coscienza.

Dammi occhi per riconoscere ciò che è giusto, cuore per seguirlo, forza per metterlo in pratica.

Fa che in tutto io possa procedere nell’opera di santificazione e compiere sempre la Tua volontà di modo che, tramite la Tua grazia, possa finalmente accedere alla gloria del Tuo Regno eterno,

per Gesù Cristo Nostro Signore.

Amen

di John Henry Newman

21 dicembre 2018

Discorso del Santo Padre Francesco alla Curia Romana per gli auguri di Natale

........ anche oggi ci sono tanti “unti del Signore”, uomini consacrati, che abusano dei deboli, approfittando del proprio potere morale e di persuasione. Compiono abomini e continuano a esercitare il loro ministero come se niente fosse; non temono Dio o il suo giudizio, ma temono soltanto di essere scoperti e smascherati. Ministri che lacerano il corpo della Chiesa, causando scandali e screditando la missione salvifica della Chiesa e i sacrifici di tanti loro confratelli.
......

I peccati e i crimini delle persone consacrate si colorano di tinte ancora più fosche di infedeltà, di vergogna e deformano il volto della Chiesa minando la sua credibilità. Infatti, la Chiesa, insieme ai suoi figli fedeli, è anche vittima di queste infedeltà e di questi veri e propri “reati di peculato”.

Cari fratelli e sorelle,

sia chiaro che dinanzi a questi abomini la Chiesa non si risparmierà nel compiere tutto il necessario per consegnare alla giustizia chiunque abbia commesso tali delitti. La Chiesa non cercherà mai di insabbiare o sottovalutare nessun caso. È innegabile che alcuni responsabili, nel passato, per leggerezza, per incredulità, per impreparazione, per inesperienza – dobbiamo giudicare il passato con l’ermeneutica del passato – o per superficialità spirituale e umana hanno trattato tanti casi senza la dovuta serietà e prontezza. Ciò non deve accadere mai più. Questa è la scelta e la decisione di tutta la Chiesa.

VATICAN.VA
Papa Francesco si è recato al Monastero Mater Ecclesiae per fare gli auguri di Natale al papa emerito Benedetto XVI. Si tratta di un gesto di cortesia che si rinnova ogni anno e che testimonia l'amicizia e il rispetto reciproco tra i due pontefici.

TGcom24

19 dicembre 2018

Catechesi - Natale: le sorprese che piacciono a Dio

PAPA FRANCESCO
UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI
Mercoledì, 19 dicembre 2018


  

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Tra sei giorni sarà Natale. Gli alberi, gli addobbi e le luci ovunque ricordano che anche quest’anno sarà festa. La macchina pubblicitaria invita a scambiarsi regali sempre nuovi per farsi sorprese. Ma mi domando: è questa la festa che piace a Dio? Quale Natale vorrebbe Lui, quali regali, quali sorprese?

Guardiamo al primo Natale della storia per scoprire i gusti di Dio. Quel primo Natale della Storia fu pieno di sorprese. Si comincia con Maria, che era promessa sposa di Giuseppe: arriva l’angelo e le cambia la vita. Da vergine sarà madre. Si prosegue con Giuseppe, chiamato a essere padre di un figlio senza generarlo. Un figlio che – colpo di scena – arriva nel momento meno indicato, cioè quando Maria e Giuseppe erano sposi promessi e secondo la Legge non potevano coabitare. Di fronte allo scandalo, il buon senso del tempo invitava Giuseppe a ripudiare Maria e salvare il suo buon nome, ma lui, che pur ne aveva diritto, sorprende: per non danneggiare Maria pensa di congedarla in segreto, a costo di perdere la propria reputazione. Poi un’altra sorpresa: Dio in sogno gli cambia i piani e gli chiede di prendere con sé Maria. Nato Gesù, quando aveva i suoi progetti per la famiglia, ancora in sogno gli vien detto di alzarsi e andare in Egitto. Insomma, il Natale porta cambi di vita inaspettati. E se noi vogliamo vivere il Natale, dobbiamo aprire il cuore ed essere disposti alle sorprese, cioè a un cambio di vita inaspettato.

Ma è nella notte di Natale che arriva la sorpresa più grande: l’Altissimo è un piccolo bimbo. La Parola divina è un infante, che letteralmente significa “incapace di parlare”. E la parola divina divenne “incapace di parlare”. Ad accogliere il Salvatore non ci sono le autorità del tempo o del posto o gli ambasciatori: no; sono dei semplici pastori che, sorpresi dagli angeli mentre lavoravano di notte, accorrono senza indugio. Chi se lo sarebbe aspettato? Natale è celebrare l’inedito di Dio, o meglio, è celebrare un Dio inedito, che ribalta le nostre logiche e le nostre attese.

Fare Natale, allora, è accogliere in terra le sorprese del Cielo. Non si può vivere “terra terra”, quando il Cielo ha portato le sue novità nel mondo. Natale inaugura un’epoca nuova, dove la vita non si programma, ma si dona; dove non si vive più per sé, in base ai propri gusti, ma per Dio; e con Dio, perché da Natale Dio è il Dio-con-noi, che vive con noi, che cammina con noi. Vivere il Natale è lasciarsi scuotere dalla sua sorprendente novità. Il Natale di Gesù non offre rassicuranti tepori da caminetto, ma il brivido divino che scuote la storia. Natale è la rivincita dell’umiltà sull’arroganza, della semplicità sull’abbondanza, del silenzio sul baccano, della preghiera sul “mio tempo”, di Dio sul mio io.

Fare Natale è fare come Gesù, venuto per noi bisognosi, e scendere verso chi ha bisogno di noi. È fare come Maria: fidarsi, docili a Dio, anche senza capire cosa Egli farà. Fare Natale è fare come Giuseppe: alzarsi per realizzare ciò che Dio vuole, anche se non è secondo i nostri piani. San Giuseppe è sorprendente: nel Vangelo non parla mai: non c’è una parola, di Giuseppe, nel Vangelo; e il Signore gli parla nel silenzio, gli parla proprio nel sonno. Natale è preferire la voce silenziosa di Dio ai frastuoni del consumismo. Se sapremo stare in silenzio davanti al presepe, Natale sarà anche per noi una sorpresa, non una cosa già vista. Stare in silenzio davanti al presepe: questo è l’invito, per Natale. Prenditi un po’ di tempo, vai davanti al presepe e stai in silenzio. E sentirai, vedrai la sorpresa.

Purtroppo, però, si può sbagliare festa, e preferire alle novità del Cielo le solite cose della terra. Se Natale rimane solo una bella festa tradizionale, dove al centro ci siamo noi e non Lui, sarà un’occasione persa. Per favore, non mondanizziamo il Natale! Non mettiamo da parte il Festeggiato, come allora, quando «venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto» (Gv 1,11). Fin dal primo Vangelo dell’Avvento il Signore ci ha messo in guardia, chiedendo di non appesantirci in «dissipazioni» e «affanni della vita» (Lc21,34). In questi giorni si corre, forse come mai durante l’anno. Ma così si fa l’opposto di quel che Gesù vuole. Diamo la colpa alle tante cose che riempiono le giornate, al mondo che va veloce. Eppure Gesù non ha incolpato il mondo, ha chiesto a noi di non farci trascinare, di vegliare in ogni momento pregando (cfr v. 36).

Ecco, sarà Natale se, come Giuseppe, daremo spazio al silenzio; se, come Maria, diremo “eccomi” a Dio; se, come Gesù, saremo vicini a chi è solo; se, come i pastori, usciremo dai nostri recinti per stare con Gesù. Sarà Natale, se troveremo la luce nella povera grotta di Betlemme. Non sarà Natale se cercheremo i bagliori luccicanti del mondo, se ci riempiremo di regali, pranzi e cene ma non aiuteremo almeno un povero, che assomiglia a Dio, perché a Natale Dio è venuto povero.

Cari fratelli e sorelle, vi auguro buon Natale, un Natale ricco delle sorprese di Gesù! Potranno sembrare sorprese scomode, ma sono i gusti di Dio. Se li sposeremo, faremo a noi stessi una splendida sorpresa. Ognuno di noi ha nascosta nel cuore la capacità di sorprendersi. Lasciamoci sorprendere da Gesù in questo Natale.

15 dicembre 2018

GESÙ, Figlio di Maria,

noi Ti preghiamo per quanti ci sono vicini e cari. Ti imploriamo di condurli tutti alla luce della Tua verità, o di conservarli in essa se già la possiedono.

Mantienili in uno stato di grazia, e concedi loro il dono della perseveranza.
Perciò Ti preghiamo per i nostri padri e madri, per i nostri bambini, per i nostri fratelli e sorelle, per gli amici e per i vicini, per i nostri superiori e governanti.

Ti preghiamo per coloro che ci vogliono bene e per quelli che ci odiano; per i nostri nemici e rivali; per quanti ci hanno ingiuriato e calunniato.

Includiamo in questa preghiera non solo i vivi, ma anche coloro che sono morti nella grazia di Dio, affinché Egli possa rendere più breve il tempo della loro espiazione, e ammetterli così alla Sua presenza in cielo.


8 dicembre 2018

Atto di venerazione all’Immacolata in Piazza di Spagna

PREGHIERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO A MARIA IMMACOLATA
Piazza di Spagna - Sabato, 8 dicembre 2018




Madre Immacolata,
nel giorno della tua festa, tanto cara al popolo cristiano,
vengo a renderti omaggio nel cuore di Roma.
Nel mio animo porto i fedeli di questa Chiesa
e tutti coloro che vivono in questa città, specialmente i malati
e quanti per diverse situazioni fanno più fatica ad andare avanti.

Prima di tutto vogliamo ringraziarti
per la premura materna con cui accompagni il nostro cammino:
quante volte sentiamo raccontare con le lacrime agli occhi
da chi ha sperimentato la tua intercessione,
le grazie che chiedi per noi al tuo Figlio Gesù!
Penso anche a una grazia ordinaria che fai alla gente che vive a Roma:
quella di affrontare con pazienza i disagi della vita quotidiana.
Ma per questo ti chiediamo la forza di non rassegnarci, anzi,
di fare ogni giorno ciascuno la propria parte per migliorare le cose,
perché la cura di ognuno renda Roma più bella e vivibile per tutti;
perché il dovere ben fatto da ognuno assicuri i diritti di tutti.
E pensando al bene comune di questa città,
ti preghiamo per coloro che rivestono ruoli di maggiore responsabilità:
ottieni per loro saggezza, lungimiranza, spirito di servizio e di collaborazione.

Vergine Santa,
desidero affidarti in modo particolare i sacerdoti di questa Diocesi:
i parroci, i viceparroci, i preti anziani che col cuore di pastori
continuano a lavorare al servizio del popolo di Dio,
i tanti sacerdoti studenti di ogni parte del mondo che collaborano nelle parrocchie.
Per tutti loro ti chiedo la dolce gioia di evangelizzare
e il dono di essere padri, vicini alla gente, misericordiosi.

A te, Donna tutta consacrata a Dio, affido le donne consacrate nella vita religiosa e in quella secolare, che grazie a Dio a Roma sono tante, più che in ogni altra città del mondo,
e formano un mosaico stupendo di nazionalità e culture.
Per loro ti chiedo la gioia di essere, come te, spose e madri,
feconde nella preghiera, nella carità, nella compassione.

O Madre di Gesù,
un’ultima cosa ti chiedo, in questo tempo di Avvento,
pensando ai giorni in cui tu e Giuseppe eravate in ansia
per la nascita ormai imminente del vostro bambino,
preoccupati perché c’era il censimento e anche voi dovevate lasciare il vostro paese, Nazareth, e andare a Betlemme…
Tu sai, Madre, cosa vuol dire portare in grembo la vita
e sentire intorno l’indifferenza, il rifiuto, a volte il disprezzo.
Per questo ti chiedo di stare vicina alle famiglie che oggi
a Roma, in Italia, nel mondo intero vivono situazioni simili,
perché non siano abbandonate a sé stesse, ma tutelate nei loro diritti,
diritti umani che vengono prima di ogni pur legittima esigenza.

O Maria Immacolata,
aurora di speranza all’orizzonte dell’umanità,
veglia su questa città, sulle case, sulle scuole, sugli uffici, sui negozi,
sulle fabbriche, sugli ospedali, sulle carceri;
in nessun luogo manchi quello che Roma ha di più prezioso,
e che conserva per il mondo intero, il testamento di Gesù:
“Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi” (cfr Gv 13,34).
Amen.

4 dicembre 2018

E niente..... ci vuole la laurea, meglio se due, per entrare nel Regno dei Cieli, e io laurea non ce l'ho...😭😭😭😭

Però, con tutta la mia ignoranza ricordo che Gesù disse (Matteo 25,31-46) che i requisiti per entrare nel Regno dei cieli erano altri:

"Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi....."

di lauree non mi sembra se ne parli.....

25 novembre 2018

Gesù Cristo Re dell’universo

PAPA FRANCESCO - ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 25 novembre 2018

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

La solennità di Gesù Cristo Re dell’universo, che celebriamo oggi, è posta al termine dell’anno liturgico e ricorda che la vita del creato non avanza a caso, ma procede verso una meta finale: la manifestazione definitiva di Cristo, Signore della storia e di tutto il creato. La conclusione della storia sarà il suo regno eterno. L’odierno brano evangelico (cfr Gv 18,33b-37) ci parla di questo regno, il regno di Cristo, il regno di Gesù, raccontando la situazione umiliante in cui si è trovato Gesù dopo essere stato arrestato nel Getsemani: legato, insultato, accusato e condotto dinanzi alle autorità di Gerusalemme. E poi, viene presentato al procuratore romano, come uno che attenta al potere politico, a diventare il re dei giudei. Pilato allora fa la sua inchiesta e in un interrogatorio drammatico gli chiede per ben due volte se Egli sia un re (cfr vv. 33b.37).

E Gesù dapprima risponde che il suo regno «non è di questo mondo» (v. 36). Poi afferma: «Tu lo dici: io sono re» (v.37). È evidente da tutta la sua vita che Gesù non ha ambizioni politiche. Ricordiamo che dopo la moltiplicazione dei pani, la gente, entusiasta del miracolo, avrebbe voluto proclamarlo re, per rovesciare il potere romano e ristabilire il regno d’Israele. Ma per Gesù il regno è un’altra cosa, e non si realizza certo con la rivolta, la violenza e la forza delle armi. Perciò si era ritirato da solo sul monte a pregare (cfr Gv 6,5-15). Adesso, rispondendo a Pilato, gli fa notare che i suoi discepoli non hanno combattuto per difenderlo. Dice: «Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei» (v.36).

Gesù vuole far capire che al di sopra del potere politico ce n’è un altro molto più grande, che non si consegue con mezzi umani. Lui è venuto sulla terra per esercitare questo potere, che è l’amore, rendendo testimonianza alla verità (cfr v. 37). Si tratta della verità divina che in definitiva è il messaggio essenziale del Vangelo: «Dio è amore» (1Gv 4,8) e vuole stabilire nel mondo il suo regno di amore, di giustizia e di pace. E questo è il regno di cui Gesù è il re, e che si estende fino alla fine dei tempi. La storia ci insegna che i regni fondati sul potere delle armi e sulla prevaricazione sono fragili e prima o poi crollano. Ma il regno di Dio è fondato sul suo amore e si radica nei cuori – il regno di Dio si radica nei cuori –, conferendo a chi lo accoglie pace, libertà e pienezza di vita. Tutti noi vogliamo pace, tutti noi vogliamo libertà e vogliamo pienezza. E come si fa? Lascia che l’amore di Dio, il regno di Dio, l’amore di Gesù si radichi nel tuo cuore e avrai pace, avrai libertà e avrai pienezza.

Gesù oggi ci chiede di lasciare che Lui diventi il nostro re. Un re che con la sua parola, il suo esempio e la sua vita immolata sulla croce ci ha salvato dalla morte, e indica – questo re – la strada all’uomo smarrito, dà luce nuova alla nostra esistenza segnata dal dubbio, dalla paura e dalle prove di ogni giorno. Ma non dobbiamo dimenticare che il regno di Gesù non è di questo mondo. Egli potrà dare un senso nuovo alla nostra vita, a volte messa a dura prova anche dai nostri sbagli e dai nostri peccati, soltanto a condizione che noi non seguiamo le logiche del mondo e dei suoi “re”.

La Vergine Maria ci aiuti ad accogliere Gesù come re della nostra vita e a diffondere il suo regno, dando testimonianza alla verità che è l’amore.

21 novembre 2018

Papa Francesco è come Papa Onorio considerato eretico?

Se anche fosse, come nel caso di Papa Onorio, la condanna viene da un Concilio. Non la fa ne un qualche vaticanista da strapazzo come neanche qualche oscuro don che non è riuscito andare oltre il suo incarico di viceparroco

C’è chi ormai preso da vera e proprie fissazioni contro Papa Francesco, non fa altro che citare il caso di Papa Onorio considerato eretico. Senza entrare nel merito della sua più o meno presunta eresia, c’è da dire che la condanna per eresia di Papa Onorio ci fu dopo diversi anni dalla sua morte e tale condanna ci fu con il Concilio di Costantinopoli III e in seguito confermata da Papa Leone II. In ogni caso nonostante tale condanna non si è considerato decaduto Papa Onorio dal suo ministero ma è continuato ad essere considerato Papa legittimamente eletto

20 novembre 2018

“Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me.”

E noi l’abbiamo aperta la porta? Abbiamo ascoltato la sua voce o ci siamo tappati gli orecchi? Oppure la porta l’abbiamo subito richiusa sbattendola in faccia?

18 novembre 2018

Il timone della vita va dato a Lui, perché sia Lui a gestire la rotta

“La barca della nostra vita è spesso sballottata dalle onde e scossa dai venti, e quando le acque sono calme presto tornano ad agitarsi. Allora ce la prendiamo con le tempeste del momento, che sembrano i nostri unici problemi. Ma il problema non è la tempesta del momento, è in che modo navigare nella vita. Il segreto del navigare bene è invitare Gesù a bordo. Il timone della vita va dato a Lui, perché sia Lui a gestire la rotta. Solo Lui infatti dà vita nella morte e speranza nel dolore; solo Lui guarisce il cuore col perdono e libera dalla paura con la fiducia. Invitiamo oggi Gesù nella barca della vita. Come i discepoli sperimenteremo che con Lui a bordo i venti si calmano e non si fa mai naufragio. Con Lui a bordo non si fa mai naufragio! Ed è solo con Gesù che diventiamo capaci anche noi di rincuorare. C’è grande bisogno di gente che sappia consolare, ma non con parole vuote, bensì con parole di vita, con gesti di vita. Nel nome di Gesù si dona vera consolazione. Non gli incoraggiamenti formali e scontati, ma la presenza di Gesù ristora. Rincuoraci, Signore: consolati da te, saremo veri consolatori per gli altri.”


17 novembre 2018

Papolatra!

Una volta erano i settari protestanti a darmi del papolatra. Chi lo avrebbe mai immaginato che un giorno me lo avrebbe detto un sacerdote della Chiesa cattolica che non perde occasione per insinuare più o meno apertamente qualcosa contro Papa Francesco.... come cambiano i tempi! 😂

12 novembre 2018

Diffondere fake, specie contro Papa Francesco, non è peccato? 🤔

SCHNEIDER SMENTISCE LA FAKE NEWS SUI SUOI ARRESTI “DOMICILIARIˮ



«Mi rattrista il fatto che tali notizie si stiano diffondendo. Non ho ricevuto alcun divieto di viaggiare». Con queste parole il vescovo ausiliare di Astana, Athanasius Schneider ha chiarito e portato alle corrette dimensioni le notizie messe in circolazione dal circuito mediatico antipapale che in Italia è arrivato a parlare del vescovo costretto agli arresti «domiciliari», impossibilitato a ricorrere contro la decisione e vittima «del clima da Corea del Nord». 

Schneider è il vescovo che più di ogni altro ha criticato pubblicamente l'attuale pontificato e il suo magistero, ed è anche il più vicino alle istanze dei lefebvriani. È abituato a tenere conferenze e a presiedere celebrazioni in tutto il mondo. La presunta notizia sui suoi arresti «domiciliari» è stata data in questi termini: «un’ingiunzione verbale dal Vaticano che gli chiede di ridurre la frequenza dei suoi viaggi all’estero», comunicatagli dal nunzio apostolico a nome del Segretario di Stato, ma senza «niente di scritto, nessun documento in base al quale il vescovo potesse prendere una qualche iniziativa legale» per «appellarsi verso decisioni dell’autorità che ritenesse ingiuste». È stato scritto che a Schneider non è stata data «alcuna motivazione» per «spiegare questa straordinaria richiesta».  
  
È stato lo stesso vescovo Schneider a dover intervenire per cercare di placare l'indignazione montante dei suoi più accesi sostenitori che già ne avevano dipinto il ritratto di martire in quanto una delle poche «voci libere in un regime in cui si parla di dialogo, ma dove le critiche sono temute». E così ha riportato ai suoi contorni reali la notizia. «Mi rattrista il fatto che tali notizie si stiano diffondendo», ha detto il vescovo a LifeSitenews. E ha aggiunto: «Mi è stato chiesto, a nome della Santa Sede, di ridurre la frequenza dei miei viaggi fuori dalla mia diocesi, in modo che la loro durata non superi i limiti indicati dal Diritto Canonico (cioè 30 giorni). Pertanto non vi è alcun divieto di viaggio». Dunque nessun arresto “domiciliareˮ, nessuna limitazione di movimento, nessuna ingiunzione scritta, ma semplicemente un invito verbale al rispetto delle norme stabilite per qualsiasi vescovo cattolico. 
  
Il riferimento è al canone 410 del Codice, che recita: «Il vescovo coadiutore e il vescovo ausiliare sono tenuti, come il vescovo diocesano, all'obbligo di risiedere in diocesi; non se ne allontanino se non per breve tempo, tranne che a motivo di un ufficio da svolgere fuori della diocesi o di ferie, da non protrarsi oltre un mese». La norma dunque stabilisce che, fatte salve le vacanze, le assenze per motivi di salute e i viaggi legati a «un ufficio da svolgere» (come può essere la partecipazione a un Sinodo, ai lavori di un dicastero del quale si è membri, alla visita a missioni all'estero della propria diocesi, etc), ci si deve limitare a non più di quattro settimane di assenza per ragioni proprie come possono essere conferenze o inviti per celebrazioni (queste ultime, se sono pubbliche richiedono sempre il consenso dell'ordinario della diocesi in cui avvengono). 

16 ottobre 2018

Fantasie di chi si lagna di un bastone pastorale

Con il consueto ping pong digitale tra le due sponde dell'Atlantico, qualcuno si lagna e qualcun altro proprio si scandalizza – ad esempio, sul blog “Messa in latino” ( tinyurl.com/ybb3fbv9 ) – per la ferula che papa Francesco ha utilizzato nel corso della messa di apertura del Sinodo sui giovani, lo scorso 3 ottobre. Viene definita «aggeggio» (in America) e «bastone cornuto», con tutto ciò che le corna hanno di allusivo al diavolo nell'iconografia cristiana. C'è anche l'immagine: a me, d'istinto, rimanda alle braccia levate di Cristo in croce; infatti un chiodo le trapassa, mentre in ciò che ai detrattori pare un nodo, o al massimo un naso, ravviso il volto del Salvatore. Aldo Maria Valli ( tinyurl.com/ya6blaej ) racconta che si tratta di un dono fatto al Papa durante l'incontro con i giovani italiani al Circo Massimo, l'11 agosto, da «una giovane» sulla quale il blogger John Zuhlsdorf imbastisce una cupa fantasia stregonesca. Cerco allora di sapere qualcosa di più di questo dono, ma come ferula è introvabile in Rete: anche l'accurato catalogo di ferule usate da papa Francesco (21, quasi tutte di foggia consueta) sul forum “Cattolici Romani” ( tinyurl.com/y938expx ) la contempla solo, correttamente, al 3 ottobre scorso. Tutto cambia invece se interrogo Google con «bastone pastorale di legno scolpito»: non c'è fonte che non abbia riportato questa frase pronunciata durante il saluto al Papa al Circo Massimo, appunto l'11 agosto, per accompagnare quel dono fatto a Francesco «da tutti i giovani italiani». Seguirono una lettura cristologica “forte” dell'oggetto e un auspicio: «Come sarebbe bello che questo pastorale la accompagnasse durante il Sinodo dei giovani!». Tutto documentato nel video di Vatican News, dal minuto 15 in poi ( tinyurl.com/y7b6cueb ), e richiamato ieri da “Avvenire”, a pagina 5. All'epoca nessuno, mi pare, si scandalizzò. Per fortuna.


7 ottobre 2018

Il card Ouellett rivolgendosi a mons Viganò: “Esci dalla tua clandestinità, pentiti della tua rivolta e torna a migliori sentimenti nei confronti del Santo Padre, invece di inasprire l’ostilità contro di lui. Come puoi celebrare la Santa Eucaristia e pronunciare il suo nome nel canone della messa? Come puoi pregare il santo Rosario, San Michele Arcangelo e la Madre di Dio, condannando colui che Lei protegge e accompagna tutti i giorni nel suo pesante e coraggioso ministero?”

Già.... e quindi mi domando anche come fanno certi sacerdoti che si leggono qui in facebook e apertamente ostili a Papa Francesco, come fanno a celebrare l’Eucarestia e pronunciare il suo nome nel canone della Messa....


4 ottobre 2018

In quel tempo Gesù disse:

 «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli.
Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.
Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare».


29 settembre 2018

Il Papa: chiedo ai fedeli di pregare per la Chiesa attaccata dal diavolo.


Francesco invita a una speciale preghiera nel mese mariano di ottobre per implorare protezione da chi mira a dividere e per chiedere che il male non prevalga

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

La Chiesa è sotto attacco e Papa Francesco, nel giorno della memoria liturgica dei tre arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, chiede al popolo cristiano una speciale preghiera nel mese di ottobre. È un’iniziativa che indica quanta sia la preoccupazione del Vescovo di Roma per lo scandalo degli abusi sui minori ma anche per l’innalzarsi del livello degli attacchi contro il Papa, la Curia, i vescovi, da parte di chi quotidianamente semina divisioni e inculca odio e scherno verso i successori degli apostoli favorendo il diffondersi di una mentalità scismatica. I fatti sono sotto gli occhi di tutti: l’uso strumentale dello scandalo pedofilia, utilizzato per le battaglie di potere nella Chiesa, la messa in stato d’accusa del Pontefice, la critica feroce e martellante della sua persona, qualsiasi cosa faccia o dica.

«Il Santo Padre - informa la Sala Stampa vaticana - ha deciso di invitare tutti i fedeli, di tutto il mondo, a pregare il Santo Rosario ogni giorno, durante l’intero mese mariano di ottobre; e a unirsi così in comunione e in penitenza, come popolo di Dio, nel chiedere alla Santa Madre di Dio e a San Michele Arcangelo di proteggere la Chiesa dal diavolo, che sempre mira a dividerci da Dio e tra di noi».

Nei giorni scorsi Francesco ha incontrato padre Fréderic Fornos, direttore internazionale della Rete Mondiale di Preghiera per il Papa; e gli ha chiesto «di diffondere in tutto il mondo questo suo appello a tutti i fedeli, invitandoli a concludere la recita del Rosario con l’antica invocazione “Sub Tuum Praesidium”, e con la preghiera a San Michele Arcangelo che ci protegge e aiuta nella lotta contro il male. La preghiera – ha affermato il Pontefice pochi giorni fa, l’11 settembre, in un’omelia a Santa Marta, citando il primo libro di Giobbe - è l’arma contro il Grande accusatore che “gira per il mondo cercando come accusare”. Solo la preghiera lo può sconfiggere. I mistici russi e i grandi santi di tutte le tradizioni consigliavano, nei momenti di turbolenza spirituale, di proteggersi sotto il manto della Santa Madre di Dio pronunciando l’invocazione “Sub Tuum Praesidium”».

L’invocazione “Sub Tuum Praesidium” recita così: «Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine Gloriosa e Benedetta».

«Con questa richiesta di intercessione - informa ancora la Sala Stampa - il Santo Padre chiede ai fedeli di tutto il mondo di pregare perché la Santa Madre di Dio, ponga la Chiesa sotto il suo manto protettivo: per preservarla dagli attacchi del maligno, il grande accusatore, e renderla allo stesso tempo sempre più consapevole delle colpe, degli errori, degli abusi commessi nel presente e nel passato e impegnata a combattere senza nessuna esitazione perché il male non prevalga. Il Santo Padre ha chiesto anche che la recita del Santo Rosario durante il mese di ottobre si concluda con la preghiera scritta da Leone XIII: “San Michele Arcangelo, difendici nella lotta: sii il nostro aiuto contro la malvagità e le insidie del demonio. Supplichevoli preghiamo che Dio lo domini e Tu, Principe della Milizia Celeste, con il potere che ti viene da Dio, incatena nell’inferno satana e gli spiriti maligni, che si aggirano per il mondo per far perdere le anime. Amen”».

«Le divisioni sono l’arma che il diavolo ha più alla mano per distruggere la Chiesa da dentro» aveva detto il Pontefice due anni fa. Nei giorni scorsi, dopo il clamoroso memoriale dell’ex nunzio Viganò che si concludeva con la richiesta senza precedenti delle dimissioni del Papa, Francesco ha detto: «Con le persone che cercano soltanto lo scandalo e la divisione», dinanzi ai «cani selvaggi» che cercano la guerra e non la pace, l’unica strada da percorrere è quella del «silenzio» e della «preghiera».

Il nuovo calendario liturgico ha raggruppato in un unico giorno la festa dei tre arcangeli. Michele è citato nella Bibbia nel libro di Daniele come primo dei principi e custodi del popolo d’Israele; è definito arcangelo nella lettera di Giuda e nel libro dell’Apocalisse. Ed è colui che conduce gli altri angeli alla battaglia contro il drago, cioè il demonio, e lo sconfigge.

28 settembre 2018

Cile, Papa toglie status clero Karadima "Decisione eccezionale per il bene della Chiesa"

(ANSA) - CITTÀ DEL VATICANO, 28 SET - Papa Francesco ha dimesso dallo stato clericale Fernando Karadima Farina, dell'arcidiocesi di Santiago del Cile. "Il Santo Padre ha preso questa decisione eccezionale in coscienza e per il bene della Chiesa", riferisce la Santa Sede. Karadima è accusato di pedofilia e il suo caso, anche per le coperture ricevute, aveva fatto esplodere il dossier abusi in Cile.

26 settembre 2018

“Io sono responsabile dell’accordo con la Cina. Ci sarà dialogo sui candidati, ma i vescovi li nomina il Papa”


Francesco sul volo di ritorno da Tallin parla dell’intesa con Pechino: “Non è un’improvvisazione, è un vero cammino”

Andrea Tornielli
Inviato sul volo Tallinn-Roma

Sul volo Tallinn-Roma Papa Francesco parla dell’accordo con la Cina che è stato firmato sabato scorso. E spiega che è il frutto paziente di un dialogo durato tanti anni, non un’improvvisazione. Ci sarà dialogo sui candidati all’episcopato ma la decisione ultima sarà del Papa.

Tre giorni fa si è firmato un accordo tra Vaticano e Cina. Può darci qualche informazione supplementare sul suo contenuto? Perché alcuni cattolici e in particolare il cardinale Joseph Zen l’accusano di aver svenduto la Chiesa al governo?

«Questo è un processo di anni, un dialogo tra la commissione vaticana e la commissione cinese, per sistemare la nomina dei vescovi. La squadra vaticana ha lavorato tanto, vorrei fare alcuni nomi: monsignor Claudio Maria Celli, con pazienza ha dialogato per anni, per anni. Poi Gianfranco Rota Graziosi, un umile curiale di 72 anni che voleva farsi prete per andare in parrocchia ed è rimasto in Curia per aiutare in questo processo. E poi il Segretario di Stato (Pietro Parolin, ndr), che è un uomo molto devoto, ma ha una speciale devozione alla lente: tutti i documenti li studia: punto, virgola, accenni. Questo mi dà una sicurezza molto grande. Questa squadra con queste qualità è andata avanti. Voi sapete che quando si fa un accordo di pace, ambedue le parti perdono qualcosa. Questa è la legge: ambedue le parti. Si è andati con due passi avanti, uno indietro… due avanti e uno in dietro. Poi mesi senza parlarsi. È il tempo di Dio che assomiglia al tempo cinese. Lentamente, la saggezza dei cinesi. I vescovi che erano in difficoltà sono stati studiati caso per caso. E i dossier di ciascuno è arrivato sulla mia scrivania. Sono stato io il responsabile di firmare (il ristabilimento della comunione con il Papa per i sette vescovi, ndr). Poi il caso dell’accordo: sono tornate le bozze sulla mia scrivania, davo le mie idee, si discuteva e andavano avanti. Io penso alla resistenza, ai cattolici che hanno sofferto: è vero, loro soffriranno. Sempre in un accordo c’è sofferenza. Ma loro hanno una grande fede e mi scrivono, fanno arrivare i messaggi per dire che quello che la Santa Sede, quello che Pietro dice, è quello che dice Gesù. La fede martiriale di questa gente oggi va avanti. Sono dei grandi. L’accordo l’ho firmato io, le lettere plenipotenziarie le ho firmate io. Io sono il responsabile, gli altri hanno lavorato per più di dieci anni. Non è un’improvvisazione, è un vero cammino. Un aneddoto semplice e un dato storico: quando c’è stato quel famoso comunicato di un ex nunzio apostolico (il Papa si riferisce al caso Viganò, ndr), gli episcopati del mondo mi hanno scritto dicendomi che si sentivano vicini e pregavano per me. Dei fedeli cinesi mi hanno scritto e la firma di questo scritto era del vescovo della Chiesa, diciamo così, “tradizionale cattolica” e il vescovo della Chiesa “patriottica”, insieme tutti e due ed entrambe le comunità di fedeli. Per me è stato un segnale di Dio. Poi non dimentichiamo che in America Latina per 350 anni erano i re del Portogallo e della Spagna a nominare i vescovi. Non dimentichiamo il caso dell’impero austro-ungarico. Altre epoche grazie a Dio, che non si ripetono. Quello che c’è, è un dialogo sugli eventuali candidati, ma nomina Roma, nomina il Papa, questo è chiaro. E preghiamo per le sofferenze di alcuni che non capiscono o che hanno alle spalle tanti anni di clandestinità».

Lei ha parlato a Vilnius dell’anima lituana, dicendo che dobbiamo (la domanda è stata posta da un giornalista lituano, ndr) essere un ponte tra est e ovest. Ma non è facile essere un ponte se è sempre attraversato dagli altri. Magari uno dice è meglio decisamente diventare parte dell’Occidente. Che cosa significa essere un ponte?

«Voi siete parte oggi politicamente dell’Occidente, della Ue, e avete fatto tanto per entrare nell’Unione europea dopo l’indipendenza subito. Avete fatto tutti i compiti che non sono facili e siete riusciti a entrare nell’Unione europea, in un’appartenenza all’Occidente e anche avete rapporti con la Nato, appartenete alla Nato. Se voi guardate all’Oriente, c’è la vostra storia, storia dura. Anche parte della storia tragica è venuta dall’Occidente, dai tedeschi, dai polacchi, ma soprattutto dal nazismo. Per l’Oriente dall’impero russo. Fare ponte suppone ed esige fortezza, fortezza non solo di appartenenza, ma della propria identità. Io sono consapevole che la situazione dei tre paesi baltici sempre è in pericolo, la paura dell’invasione, perché la storia stessa vi ricorda questo. E lei ha ragione a dire che non è facile, ma è una partita che si gioca ogni giorno, con la cultura, col dialogo. L’obbligo di tutti noi è aiutarvi ed esservi vicini col cuore».

Nei paesi baltici lei ha parlato spesso dell’importanza delle radici e dell’identità. Lettonia, Lituania, Estonia: ci sono tante persone che sono partite per altri Paesi più prosperi. C’è un problema demografico in Europa. Che cosa possono e dovrebbero fare i leader dei nostri Paesi e ciascuno personalmente?

«Io dall’Estonia e dalla Lettonia, nella mia patria non conoscevo gente. Ma era molto forte l’emigrazione lituana in Argentina, ce ne sono tanti. E loro portano là la cultura, la storia e sono fieri nello sforzo di inserirsi nel paese nuovo ma anche di conservare l’identità. Credo che la lotta per mantenere l’identità voi la fate in modo molto forte, avete un’identità forte, che si è fatta nella sofferenza, nella difesa e nel lavoro, nella cultura. Che cosa si può fare per difenderla? Il ricordo alle radici, questo è importante, deve essere trasmesso. L’identità si inserisce nell’appartenenza a un popolo e l’appartenenza al popolo va trasmessa, le radici vanno trasmesse alle nuove generazioni e questo con l’educazione, col dialogo soprattutto tra vecchi e giovani. E dovete farlo perché è un tesoro la vostra identità».

Nella sua omelia di oggi lei ha accennato agli armamenti, nei paesi baltici ci sono molti soldati dispiegati per garantire sicurezza. Cosa pensa del pericolo per chi vive ai confini dell’Europa?

«La minaccia delle armi oggi, le spese mondiali in armi sono scandalose. Mi dicevano che con quello che si spende in armi in un mese si potrebbe dare da mangiare a tutti gli affamati del mondo in un anno. Non so se è vero, ma è terribile. Industria e commercio e contrabbando delle armi è una delle corruzioni più grandi, e davanti a questo c’è la logica della difesa. Davide è stato capace di vincere con una fionda e cinque pietre, ma oggi non ci sono i Davide e credo che per sistemare un Paese si deve avere un ragionevole e non aggressivo esercito di difesa. Ragionevole e non aggressivo. Così la difesa è lecita e anche è un onore difendere la patria così. Il problema accade quando diventa un modo aggressivo, non ragionevole e si fanno le guerre di frontiera. Ne abbiamo tanti esempi, non solo in Europa, verso l’Est, ma anche in altri continenti: si litiga per il potere, per colonizzare un Paese. È scandalosa oggi l’industria delle armi davanti a un mondo affamato».

In tutti i paesi baltici lei ha parlato di apertura di fronte ai migranti, agli altri. Ma per esempio in Lituania c’è una discussione su una ragazza che è venuta a salutarla, che non era vestita proprio alla lituana… Abbiamo (domanda di un giornalista lituano, ndr) ricevuto il suo messaggio?

«Non ci sono forti fuochi populisti in Lituania, neanche in Estonia e Lettonia, sono popoli aperti, che hanno voglia di integrare i migranti ma non massicciamente perché non si può. Integrarli con la prudenza del governo. Abbiamo parlato coi due dei tre capi di Stato di questo, e nei discorsi dei presidenti la parola accoglienza, apertura è stata frequente. Questo indica una voglia di universalità nella misura in cui si possa, con lo spazio, il lavoro, l’integrazione. Nella misura in cui non sia una minaccia contro la propria identità. Questo a me ha toccato molto: apertura prudente e ben pensata. Credo che il messaggio è stato ricevuto. Il problema dei migranti di tutto il mondo è un problema grave e non è facile studiarlo, e in ogni Paese in ogni luogo ha diverse connotazioni».

Che cosa ha provato visitando il museo dove venivano uccisi i prigionieri del KGB a Vilnius?

«La vostra è una storia di invasioni, di dittature, di crimini, di deportazioni, quando ho visitato il museo a Vilnius… museo è una parola che ci fa pensare al Louvre. Ma quel museo è invece un carcere dove i detenuti per ragioni politiche o religiose erano portati. Ho visto celle della misura di questo sedile dove solo in piedi si poteva stare, celle di tortura. Ho vito posti di tortura dove col freddo che c’è in questo Paese portavano i prigionieri nudi e gli buttavano acqua. E rimanevano lì per ore, per ore, per rompere la loro resistenza. E poi sono entrato nella stanza delle esecuzioni: venivano portati lì con la forza i prigionieri e con un colpo alla nuca venivano uccisi. Uscivano con uno scalo meccanico verso un camion che li portava nella foresta. Ne ammazzavano quaranta al giorno, più o meno. Alla fine sono stati 15mila. Poi sono andato al posto del grande ghetto, dove sono stati uccisi migliaia di ebrei, poi nello stesso pomeriggio sono andato al monumento alla memoria dei condannati, uccisi, torturati e deportati. Quel giorno, vi dico la verità, sono rimasto distrutto: mi ha fatto pensare sulla crudeltà. Ma vi dico, la crudeltà non è finita. La stessa crudeltà oggi si trova in tanti posti di detenzione, si trova in tante carceri. Anche la sovrappopolazione di un carcere è un modo di torturare, di non far vivere con dignità. Un carcere oggi che non dia al detenuto l’uscita della speranza, già è una tortura. Poi abbiamo visto, in Tv, le crudeltà dei terroristi dell’Isis: quel pilota giordano bruciato vivo, i copti sgozzati nella spiaggia della Libia e tanti altri. Oggi la crudeltà non è finita. In tutto il mondo c’è, e questo messaggio vorrei darlo a voi come giornalisti: questo è uno scandalo, un grave scandalo della nostra cultura e della nostra società».

«Un’altra cosa che ho visto in questi tre Paesi è l’odio contro la religione, qualsiasi essa sia. L’odio! Ho visto un vescovo gesuita in Lituania che è stato deportato in Siberia per dieci anni, poi in un altro campo di concentramento, adesso è anziano… Tanti uomini e donne per difendere la propria fede e la propria identità sono stati torturati e deportati in Siberia e non sono tornati, sono stati ammazzati. La fede di questi tre Paesi è grande, è una fede che nasce proprio dal martirio e questa è una cosa che forse voi avete visto parlando con la gente. Poi questa esperienza di fede così importante ha provocato un fenomeno singolare in questi Paesi: una vita ecumenica come non c’è in altri, così generalizzata. C’è un vero ecumenismo tra luterani, battisti, anglicani, ortodossi… Nella cattedrale ieri, nell’atto ecumenico a Riga lo abbiamo visto: che cosa grande, fratelli, vicini, una sola Chiesa».

«Poi c’è un altro fenomeno in questi Paesi: la trasmissione della cultura dell’identità e della fede. Di solito la trasmissione è stata fatta dai nonni, perché i papà lavoravano e anche sono stati educati atei. Ma i nonni hanno saputo trasmettere la fede e la cultura in un tempo in cui in Lituania era vietato l’uso della lingua lituana e tolta dalle scuole. Quella generazione ha imparato la lingua madre dai nonni. Quando un governo vuole diventare dittatoriale la prima cosa che fa prende in mano i mezzi di comunicazioni».

All’incontro ecumenico a Tallinn ha detto che i giovani di fronte a scandali sessuali non vedono una condanna netta da parte della Chiesa…

«I giovani si scandalizzano dell’ipocrisia dei grandi, delle guerre, si scandalizzano dell’incoerenza, si scandalizzano della corruzione. E in questo entra quello che lei sottolinea, gli abusi sessuali. È vero che c’è un’accusa alla Chiesa. Tutti sappiamo e conosciamo le statistiche, io non le dirò, ma anche fosse stato un solo prete ad abusare di un bambino o una bambina questo è mostruoso! Perché quell’uomo è stato scelto da Dio per portare quel bambino al Cielo. Capisco che i giovani si scandalizzano per questa corruzione. Sanno che c’è dappertutto, ma nella Chiesa è più scandalosa. Bisogna portare i bambini a Dio e non distruggerli! I giovani cercano di farsi strada con l’esperienza. L’incontro oggi era molto chiaro: loro chiedono ascolto, non vogliono formule fisse, non vogliono un accompagnamento che dà direttive. La Chiesa non fa le cose come deve nel pulire questa corruzione? Prendiamo il report Pennsylvania e vediamo che nei primi settant’anni ci sono stati tanti preti che sono caduti in questa corruzione. Poi in tempi più recenti è diminuita, perché la Chiesa se n’è accorta che doveva lottare in un altro modo. E ce l’ha messa tutta. Negli ultimi tempi io ho ricevuto tante, tante condanne fatte dalla congregazione per la Dottrina della fede. Mai ho firmato una richiesta di grazia dopo una condanna su questo; su questo non si negozia. Nei tempi antichi queste cose si coprivano, e si coprivano a casa quando lo zio violentava la nipotina, quando il papà violentava i figli. Si coprivano perché era una vergogna molto grande, era il modo di pensare dei secoli scorsi. C’è un principio per interpretare la storia: un fatto storico va interpretato con l’ermeneutica dell’epoca nella quale è avvenuto, non con l’ermeneutica di oggi. Per esempio, l’indigenismo, le tante ingiustizie e brutalità verso gli indigeni: non può essere interpretato con l’ermeneutica di oggi che abbiamo un’altra coscienza. L’ultimo esempio è la pena di morte: il Vaticano come Stato pontificio aveva la pena di morte, l’ultimo è stato decapitato nell’Ottocento. Ma poi la coscienza morale cresce. È vero che sempre ci sono le scappatoie e ci sono condanne a morte nascoste: tu sei vecchio, dai fastidio, non ti dò le medicine, è una condanna a morte sociale di oggi».

20 settembre 2018

“Gli ipocriti, lo strumento del diavolo per distruggere la Chiesa”

A Santa Marta Francesco ammonisce coloro che si «scandalizzano» dei peccati altrui perché «si credono salvati per i propri meriti esterni». «Gesù perdona e usa misericordia, non dimentichiamolo quando sparliamo degli altri»

«Ma guarda, quale scandalo! Non si può vivere così! Abbiamo perduto i valori… Adesso tutti hanno il diritto di entrare in chiesa, anche i divorziati, tutti. Ma dove stiamo?». In passato o nel presente sono tanti i «giusti» e i «puri» che esclamano frasi del genere dentro e fuori la Chiesa. Francesco dà un nome a queste critiche e pubbliche denunce: è «lo scandalo degli ipocriti», dice nella messa a Santa Marta. È «l’ipocrisia di coloro che si credono salvati per i propri meriti esterni».


Gesù stesso mostra un atteggiamento durissimo nei confronti di queste persone che «esteriormente mostrano “tutto bello”» ma dentro hanno «putredine», marciume. «Sepolcri imbiancati», li definisce Cristo. E Francesco rincara la dose: «La Chiesa, quando cammina nella storia, è perseguitata dagli ipocriti: ipocriti da dentro e da fuori. Il diavolo non ha niente da fare con i peccatori pentiti, perché guardano Dio e dicono: “Signore sono peccatore, aiutami”. E il diavolo è impotente, ma è forte con gli ipocriti. È forte, e li usa per distruggere, distruggere la gente, distruggere la società, distruggere la Chiesa. Il cavallo di battaglia del diavolo è l’ipocrisia, perché lui è un bugiardo: si fa vedere come principe potente, bellissimo, e da dietro è un assassino».

Totalmente contraria è la testimonianza offerta da Gesù, afferma Francesco nella sua omelia riportata da Vatican News: un amore grande, totale, che guarda anche al «piccolo gesto di buona volontà, lo prende e lo porta avanti». Come accade ad esempio per la donna del Vangelo di oggi, che non nasconde la sua condizione di «peccatrice» ma mostra un grande amore a Cristo. «Sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato», sono le parole di Gesù su cui il Pontefice invita a riflettere. «A questa le è stato perdonato tanto perché ha amato molto».

«“Ma come amare? Queste non sanno amare”», obietterebbe qualcuno. «Cercano l’amore», replica il Papa. «Gesù, parlando di queste, dice – una volta ha detto - che saranno davanti a noi, nel Regno dei Cieli». «Ma quale scandalo… Ma questa gente!”», esclamano i farisei, che «hanno un atteggiamento che soltanto gli ipocriti usano spesso: si scandalizzano», annota Francesco.

Conclude quindi esortando a «non dimenticare che Gesù perdona, riceve, usa misericordia, una parola tante volte dimenticata quando sparliamo degli altri». Come Gesù dobbiamo «essere misericordiosi e non condannare gli altri. Gesù al centro». Solo così, insiste il Papa, possiamo incontrare «il vero amore», al contrario degli ipocriti «incapaci di incontrare l’amore perché hanno il cuore chiuso».


https://www.lastampa.it/…/gli-ipocriti-strument…/pagina.html

3 settembre 2018

I ricordi (imprecisi) dell'ex nunzio che vuole la testa del Papa

Nuove smentite al racconto di Viganò che chiede la rinuncia di Francesco, il Papa che ha punito il cardinale McCarrick. Cronologia ragionata degli eventi sulla base delle notizie emerse finora


CITTÀ DEL VATICANO
San Giovanni Paolo II è morto nell’aprile 2005 e non può più parlare. Il Papa emerito Benedetto, spiegano i collaboratori, non intende assolutamente dire nulla in proposito. Papa Francesco ha invitato i giornalisti a leggere quanto scritto dall’ex nunzio Carlo Maria Viganò nel suo j’accuse che tenta di coinvolgere pesantemente ben tre Pontefici nella vicenda del cardinale molestatore seriale di seminaristi (scopertosi poi anche abusatore di minori) Theodore McCarrick. Ecco un’ampia cronologia ragionata delle notizie emerse finora corredata dalle prime smentite ricevute da Viganò attraverso dichiarazioni di testimoni e prove documentali. 

1994 
Un sacerdote (presumibilmente Gregory Littleton) scrive al vescovo di Metuchen, Edward Thomas Hughes, parlando dell’abuso sessuale e psicologico che il vescovo Theodore Edgar McCarrick (nato nel 1930, ordinato prete a New York nel 1958, consacrato vescovo ausiliare di New York nel 1977, trasferito a Metuchen nel 1981, quindi promosso a Newark nel 1986), gli ha inflitto. Afferma che McCarrick lo avrebbe lasciato così traumatizzato da averlo spinto a molestare due ragazzi di 15 anni. Il prete sarà rimosso e ridotto allo stato laicale dieci anni dopo, a seguito dell’entrata in vigore delle nuove regole anti-pedofilia, sulla base delle ammissioni contenute nella lettera. 

21 novembre 2000 
Giovanni Paolo II nomina Theodore McCarrick arcivescovo di Washington. Il nunzio negli Stati Uniti è Gabriel Montalvo, il prefetto della Congregazione dei vescovi (insediatosi da poche settimane) è Giovanni Battista Re. Secondo un’ipotesi di Viganò un ruolo importante nella nomina lo avrebbe svolto il cardinale Segretario di Stato Angelo Sodano. Viganò afferma che Re si sarebbe opposto in quanto il nome di McCarrick era soltanto il 14° nella lista dei candidati. Viganò nel suo comunicato non cita in alcun modo il nome del segretario particolare di Giovanni Paolo II, il vescovo Stanislaw Dziwisz, molto legato a Re. Dziwisz è infatti una delle persone più influenti nell’entourage di Papa Wojtyla. Dal racconto di Viganò emerge un ritratto desolante e offensivo del Pontefice ora proclamato santo. L’ex nunzio infatti ricorda che Giovanni Paolo II era «già molto malato» lasciando intendere: così malato da non essere più in grado di curarsi delle nomine, nemmeno le più importanti, nemmeno quelle che portavano - in quel momento - alla sicura attribuzione del cappello cardinalizio e dunque all’inclusione in un futuro conclave. 

Papa Wojtyla nel 2000 aveva ancora davanti a sé cinque anni di vita. In quello stesso anno, oltre a presiedere decine di celebrazioni del Giubileo, visita l’Egitto, la Terra Santa (Giordania, Israele, Territori sottoposti all’Autorità Palestinese) e Fatima. Pochi mesi prima di McCarrick, nel febbraio 2000, Papa Wojtyla aveva nominato il nuovo arcivescovo di Westminster, Cormac Murphy-O’Connor; quindi nel giugno 2000, aveva designato Edward Michael Egan quale arcivescovo di New York. All’inizio dell’anno successivo, come vedremo, Giovanni Paolo II crea ben 44 nuovi cardinali in un unico concistoro. Dopo McCarrick a Washington avrebbe nominato - per fare qualche esempio e solo limitandoci ad alcune sedi metropolitane - Angelo Scola al patriarcato di Venezia (gennaio 2002); Philippe Barbarin ad arcivescovo di Lione (luglio 2002); Péter Erdo quale arcivescovo di Esztergom-Budapest (dicembre 2002); Tarcisio Bertone a Genova (dicembre 2002); Diarmuid Martin quale arcivescovo coadiutore di Dublino (maggio 2003); Gaudencio Rosales ad arcivescovo di Manila (dicembre 2003); Lluís Martinez Sistach ad arcivescovo di Barcellona (giugno 2004). Karol Wojtyla, nonostante il lento avanzare della malattia che lo inibisce sempre di più dal punto di vista motorio, è un Pontefice che continua a viaggiare e a governare la Chiesa. Chiunque abbia seguito le vicende vaticane sa che presentare nell’anno 2000 il Papa come un uomo incapace di intendere e di volere è una falsità

22 novembre 2000 
Il frate domenicano Boniface Ramsey scrive una lettera al nunzio Montalvo nella quale riferisce voci di comportamenti impropri di McCarrick nei confronti dei seminaristi e afferma di conoscere alcuni di questi seminaristi e preti. Ramsey preannuncia a Montalvo per telefono l’arrivo della stessa missiva, quindi cambia idea dopo una conversazione con un amico, e telefona per riferire al nunzio di averci ripensato. Ma nel corso di questa seconda conversazione - come racconta lo stesso Ramsey al National Catholic Register - il nunzio lo convince ad inviarla comunque. Il documento probabilmente non transita in attraverso l’ufficio del Delegato per le rappresentanze pontificie, Carlo Maria Viganò. Secondo quanto si legge nel suo comunicato, Viganò avrà notizia di questa prima lettera contenente accuse soltanto nel 2006, dal nuovo nunzio Pietro Sambi. E insiste nel colpevolizzare solo e soltanto il cardinale Sodano che l’avrebbe ricevuta nello stesso novembre 2000, senza peraltro indicare né prove né indizi: «L’ufficio che allora ricoprivo non fu portato a conoscenza di alcun provvedimento preso dalla Santa Sede dopo quella denuncia del nunzio Montalvo alla fine del 2000, quando Segretario di Stato era il Card. Angelo Sodano». 

Gennaio-febbraio 2001 
Theodore McCarrick si insedia come arcivescovo di Washington. Il 21 febbraio dello stesso anno riceve la porpora da Giovanni Paolo II, nel Concistoro più affollato della storia della Chiesa: 44 nuovi cardinali. Tra questi ci sono molti latinoamericani e lo stesso Jorge Mario Bergoglio. 

2004 –2005 
Secondo quanto affermato dalla portavoce della diocesi di Metuchen, Erin Friedlander, nel 2004 arriva alla diocesi la prima denuncia contro McCarrick. Ne seguiranno altre due, tutte relative a fatti di decenni precedenti. L’arcidiocesi di Newark e le diocesi di Metuchen e Trenton, pagano un risarcimento a Robert Ciolek, molestato da McCarrick, in cui è però compreso anche il risarcimento per gli abusi che Ciolek aveva subito da un insegnante mentre era studente in un liceo cattolico. Secondo la portavoce della diocesi di Metuchen, il risarcimento è segnalato alla nunziatura. 

Aprile 2005 
McCarrick partecipa alle congregazioni pre-Conclave e poi al Conclave che il 19 aprile di quell’anno elegge Pontefice il cardinale Joseph Ratzinger. 

7 luglio 2005 
McCarrick compie 75 anni e, come è tenuto a fare ogni vescovo, invia la sua rinuncia alla Santa Sede. 

16 maggio 2006 
La rinuncia di McCarrick viene accettata da Benedetto XVI, otto mesi dopo l’età canonica: non è un periodo lungo (gli arcivescovi metropoliti con la porpora, se in buona salute, rimangono almeno un anno ma spesso anche due oltre la scadenza dei 75 anni); non è nemmeno un periodo così breve da far immaginare che a Roma si volesse dare un segnale punitivo nei confronti dell’arcivescovo di Washington. Al posto di McCarrick, Papa Ratzinger nomina Donald Wuerl. Il pensionamento di McCarrick avviene dopo la prima richiesta di risarcimento alla diocesi di Newark. 

Giugno 2006 
L’ex prete Gregory Littleton (il suo nome per esteso non era mai stato reso pubblico, è Viganò a farlo per la prima volta) denuncia alla diocesi di Metuchen gli abusi subiti da McCarrick nel periodo in cui era vescovo lì: gli sarà pagato un risarcimento di 100mila dollari. Anche in questo caso, trattandosi di un vescovo (per di più poi divenuto cardinale), la diocesi è tenuta a informare la nunziatura apostolica negli Stati Uniti. La portavoce della diocesi di Metuchen afferma oggi che la segnalazione avvenne regolarmente. 

Dicembre 2006 
Viganò, in quel momento ancora Delegato per le rappresentanze diplomatiche in Segreteria di Stato, redige un appunto sulla base della Memoria di accusa di Littleton, trasmessa in Segreteria di Stato dal nunzio Pietro Sambi e consegnata a Viganò il 6 dicembre del 2006. Nel trasmettere le informazioni, Sambi spiegava che Littleton «aveva già inoltrato questa sua Memoria a circa una ventina di persone, fra cui autorità giudiziarie civili ed ecclesiastiche, di polizia ed avvocati, fin dal giugno 2006, e che era quindi molto probabile che la notizia venisse presto resa pubblica. Egli sollecitava pertanto un pronto intervento della Santa Sede». Secondo il racconto di Viganò quello stesso 6 dicembre egli consegna l’appunto ai superiori, il cardinale Tarcisio Bertone e il sostituto Leonardo Sandri, senza però ricevere indicazioni sul da farsi. Viganò nel suo comunicato non fa alcun cenno a notizie sul pagamento dei risarcimenti alle vittime di McCarrick. 

23 aprile 2008 
Viene messo online sul web lo “Statement for Pope Benedict XVI about the pattern of sexual abuse crisis in the United States” di Richard Sipe, in cui si fa riferimento anche ai comportamenti impropri e agli abusi di McCarrick con i seminaristi. Il 24 aprile il documento viene inviato al cardinale William Levada (prefetto della Congregazione per la dottrina della fede nominato da Benedetto XVI quale suo successore alla guida dell’ex Sant’Uffizio). Levada trasmette lo statement di Sipe al cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, e il 24 maggio arriva sulla scrivania del delegato Viganò il quale redige un nuovo appunto, consegnato il 25 maggio al nuovo sostituto della Segreteria di Stato, Fernando Filoni. 

Novembre-dicembre 2008 
Il nunzio negli Stati Uniti Pietro Sambi comunica al cardinale McCarrick (piuttosto bruscamente, secondo una testimonianza) l’invito del Papa a lasciare il seminario neocatecumenale Redemptoris Mater dove viveva e a ridurre la sua vita pubblica. Sulla natura e sulla portata di queste presunte “sanzioniˮ o raccomandazioni, la versione di Viganò diverge da quelle di uno stretto collaboratore di Papa Ratzinger, che oggi, seppure in forma anonima, racconta al National Catholic Register: «Si trattava di una richiesta privata», senza un decreto scritto, il cardinale era invitato «a tenere un basso profilo». Secondo quanto scrive il giornalista del NCR Edward Pentin, la fonte ratzingeriana avrebbe commentato a proposito della segretezza e della mancata severità della sanzione: «Talvolta è meglio che ciò che dorme sia lasciato dormire». 

La data è soltanto presunta e la si può ipotizzare a motivo di un episodio riportato dalla Catholic News Agency: alla fine dell’anno 2008 McCarrick si prepara a lasciare il seminario Redemptoris Mater di Washington e all’inizio del 2009 va a vivere nella canonica della parrocchia di St. Thomas the Apostle, nel centro della capitale federale. Nessuno viene a sapere delle cosiddette “sanzioniˮ. Ecco invece come Viganò descrive queste ultime: «Seppi con certezza, tramite il Card. Giovanni Battista Re, allora prefetto della Congregazione per i Vescovi, che il coraggioso e meritevole statement di Richard Sipe aveva avuto il risultato auspicato. Papa Benedetto aveva comminato al Card. McCarrick sanzioni simili a quelle ora inflittegli da Papa Francesco: il cardinale doveva lasciare il seminario in cui abitava, gli veniva proibito di celebrare in pubblico, di partecipare a pubbliche riunioni, di dare conferenze, di viaggiare, con obbligo di dedicarsi ad una vita di preghiera e di penitenza». 

La raccomandazione privata, non viene comunicata al delegato Viganò. Benedetto XVI ne parla presumibilmente con Bertone o con il prefetto della Congregazione dei vescovi Giovanni Battista Re. Non è escluso che la comunicazione al nunzio Sambi sia soltanto verbale, e avvenga durante un passaggio dello stesso diplomatico vaticano a Roma. Catholic News Agency conferma che il colloquio tra Sambi e McCarrick è situabile in questo periodo: «Due fonti presenti all’incontro del 2008 fra McCarrick e Sambi hanno dichiarato alla CNA che il nunzio aveva ordinato in quel momento a McCarrick di lasciare il seminario. Secondo quanto riferito da queste fonti, Sambi disse a McCarrick che il suo spostamento era una istruzione diretta di Papa Benedetto XVI». Da notare la sostanziale differenza con la versione del comunicato di Viganò: l’istruzione papale sarebbe stata soltanto di lasciare il seminario, non anche di abbandonare la vita pubblica e di vivere ritirato. I fatti fino ad ora documentabili confermano e corroborano quanto riportato dalla fonte vicina a Papa Ratzinger e sollevano invece notevoli dubbi sulle parole di Viganò circa la natura e il peso delle presunte “sanzioniˮ contro l’anziano cardinale. McCarrick infatti, a parte il cambio di residenza, non cambia abitudini e non si ritira facendo vita di penitenza. Se quello di Papa Ratzinger era un “ordineˮ (per quanto segreto), non vi obbedisce. Se era una “raccomandazioneˮ, non la accoglie. L’unica cosa che fa, è lasciare il seminario. L’esistenza di questa “raccomandazioneˮ o “istruzioneˮ segreta da parte del Pontefice rende evidente che Benedetto XVI era stato informato da Bertone delle denunce contro McCarrick. 

16 luglio 2009 
Carlo Maria Viganò è nominato da Benedetto XVI segretario del Governatorato della Città del Vaticano. 

2009-2010 
Secondo Viganò, le presunte “sanzioniˮ di Papa Benedetto a McCarrick sarebbero state comunicate all’interessato in una data imprecisata tra il 2009 e il 2010, «con incredibile ritardo». In realtà, considerando il cambio di residenza del porporato - unico atto documentabile che è possibile riconnettere alle “raccomandazioniˮ del Pontefice - il tutto sembra essere avvenuto un anno prima. A meno di non dover ipotizzare non uno bensì due interventi di Sambi su McCarrick: il primo, nel 2008, con l’invito a lasciare il seminario. Il secondo - nel 2009/2010 - per indurlo a vivere ritirato. Ipotetica “sanzioneˮ che - se esiste - non viene assolutamente presa in considerazione dall’interessato. 

27 luglio 2011 
Muore il nunzio apostolico negli Usa, Pietro Sambi. 

2011 
McCarrick, secondo quanto afferma la Catholic News Agency, lascia la canonica della parrocchia dove ha risieduto per due anni e decide di andare a vivere in una casa adiacente al seminario dell’Istituto del Verbo Incarnato. Qui viene regolarmente assistito in un primo momento da giovani sacerdoti e quindi sarà assistito da seminaristi. Non vengono riportate lamentele per suoi comportamenti scorretti o per molestie. Ma si tratta di una presenza considerata ingombrante, perché secondo alcune testimonianze, McCarrick richiede un trattamento speciale per quanto riguarda il vitto, oltre che utilizzare i seminaristi come autisti per i suoi spostamenti. 

6 ottobre 2011 
Il “sanzionatoˮ McCarrick è a Roma per partecipare all’ordinazione dei nuovi diaconi del North American College, celebrazione presieduta dall’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, il cardinale statunitense William Levada, stretto collaboratore di Papa Ratzinger. 
  
19 ottobre 2011 
Carlo Maria Viganò viene nominato da Benedetto XVI nunzio apostolico negli Stati Uniti e allontanato dal Vaticano. Nei mesi precedenti l’arcivescovo si era contrapposto al cardinale Bertone per vicende interne al Governatorato e per aver accusato di cattiva gestione finanziaria, e anche di immoralità, alcuni prelati. 

Ottobre 2011 
Viganò scrive nel suo comunicato di aver ricevuto verbalmente, prima di partire da Roma, dal cardinale Marc Ouellet (prefetto della Congregazione dei vescovi) notizia delle «disposizioni di Papa Benedetto» contro McCarrick. Ricordiamo che secondo Viganò queste disposizioni prevedono che il cardinale abusatore di seminaristi si ritiri in preghiera e penitenza. «A mia volta le ribadii al Card. McCarrick al mio primo incontro con lui in nunziatura - scrive l’ex nunzio nel suo comunicato - Il cardinale, farfugliando in modo appena comprensibile, ammise di aver forse commesso l’errore di aver dormito nello stesso letto con qualche seminarista nella sua casa al mare, ma me lo disse come se ciò non avesse alcuna importanza». 


16 gennaio 2012 
Anche dopo aver ricevuto nuova comunicazione delle raccomandazioni papali da parte di Viganò, McCarrick mostra di non tenerle in alcuna considerazione. Il cardinale partecipa infatti all’udienza per la visita “ad limina” dei vescovi americani e in quell’occasione saluta per due volte di persona Benedetto XVI. 

Gennaio-ottobre 2012 
Il 27 gennaio il giornale italiano Il Fatto Quotidiano pubblica una prima lettera riservata di Viganò a Bertone con la quale il prelato racconta di un complotto ai suoi danni per metterlo in cattiva luce. È l’inizio del primo Vatileaks. Le lettere di Viganò, insieme ai documenti trafugati dall’aiutante di camera Paolo Gabriele, sono la base per una trasmissione condotta dal giornalista Gianluigi Nuzzi, che pubblica un libro nel quale Viganò e il suo lavoro al Governatorato è molto citato. 

16 aprile 2012 
McCarrick - che secondo il comunicato di Viganò in questo momento sarebbe sottoposto alle “sanzioniˮ di Benedetto XVI - torna una seconda volta a Roma, per partecipare ad un’udienza concessa dal Pontefice alla Papal Foundation. È una fondazione nella quale McCarrick è personalmente coinvolto da molti anni, e che ha versato ingenti somme per la carità del Papa. Quel giorno è il compleanno di Joseph Ratzinger, e gli viene regalata una torta. È la seconda volta in pochi mesi che Benedetto XVI si ritrova di fronte l’arcivescovo emerito di Washington. Non risulta che Viganò venga invitato a fare nuove comunicazioni a McCarrick, ricordandogli le “istruzioniˮ del Pontefice e le presunte “restrizioniˮ. 


2 maggio 2012 
Carlo Maria Viganò partecipa a New York, presso un hotel di Manhattan, alla premiazione degli «ambasciatori delle Missioni Pontificie». È un galà che vede protagonista proprio il presunto “sanzionatoˮ McCarrick. Viganò lo saluta con affetto dicendogli: «Lei è tanto amato da tutti noi». 

28 febbraio 2013 
McCarrick torna in Vaticano per partecipare all’ultima udienza del Papa dimissionario Benedetto XVI, che saluta uno ad uno tutti i porporati presenti. L’incontro è cordiale, come lo è con tutti gli altri. 

3 marzo 2013 
Il cardinale arcivescovo di Edimburgo Keith O’Brien annuncia che non parteciperà al prossimo Conclave e ammette le accuse rivolte contro di lui affermando: «la mia condotta sessuale al di sotto degli standard». Era stato anche lui accusato di aver avuto relazioni sessuali con seminaristi e sacerdoti. Il 18 febbraio precedente Benedetto XVI aveva accettato la sua rinuncia alla guida della diocesi nonostante mancassero ancora 27 giorni al compimento dei 75 anni. Il 20 marzo 2015 viene annunciato che Papa Francesco ha accettato la rinuncia di O’Brien ai diritti e alle prerogative del cardinalato, pur mantenendo il titolo onorifico di cardinale. 

Marzo 2013 
Si svolgono le congregazioni pre-Conclave. McCarrick, la cui lista di denunce è più corposa rispetto a quelle contro O’Brien, vi partecipa. Ma in quanto già ultraottantenne non entra in conclave e dunque non prende parte alle votazioni che la sera del 13 marzo portano all’elezione del cardinale Jorge Mario Bergoglio. Nel passaggio di consegne tra Benedetto XVI e Francesco è altamente probabile che non venga fatto alcun cenno alla vicenda McCarrick. E che questa non venga nemmeno sollevata nelle prime udienze con il prefetto della Congregazione dei vescovi. Di certo c’è che Viganò non riceve istruzioni circa le presunte “sanzioniˮ stabilite da Benedetto XVI e mai fatte rispettare. Nessuno da Roma lo invita a reiterarle. Nessuno da Roma gli comunica che esse hanno cessato di esistere. Per tutti gli altri, semplicemente, quelle istruzioni papali non sono mai esistite in quanto McCarrick ha continuato a fare la vita di prima. 

Eppure lo stesso Viganò scrive nel suo comunicato: «Era poi evidente che a partire dalla elezione di Papa Francesco McCarrick, ormai sciolto da ogni costrizione, si era sentito libero di viaggiare continuamente, di dare conferenze e interviste». Un’affermazione che è stata smentita dai documenti audio-video e da decine di articoli. Tanto da indurre lo stesso ex nunzio a fare retromarcia smentendo sé stesso e riconoscendo, in un’intervista con il sito ultraconservatore LifeSiteNews, che in effetti McCarrick non aveva mai obbedito alle indicazioni di Benedetto XVI. A giustificazione del suo atteggiamento di stima e amicizia pubblica nei confronti del cardinale molestatore, Viganò adduce comprensibili ragioni diplomatiche: siccome le istruzioni papali erano segrete, non poteva certo fare un rimprovero pubblico all’anziano porporato, il quale era peraltro già in pensione (un altro motivo che secondo la nuova versione di Viganò avrebbe reso più leggere le “sanzioniˮ).  

Viganò giustifica nello stesso modo anche le molteplici udienze di McCarrick con il Papa dopo la decisione delle presunte “sanzioniˮ, ricordando il notorio carattere “miteˮ di Benedetto XVI. Il che però dimostra la falsità dell’assunto di un McCarrick sanzionato e ritirato in preghiera che si sarebbe sentito “liberoˮ dopo l’elezione di Papa Francesco. No, McCarrick si è sentito sempre libero. E le presunte “sanzioniˮ, stando a una fonte anonima vicina a Benedetto XVI citata dal giornalista del National Catholic Register Edward Pentin, erano soltanto una «richiesta privata», senza alcun decreto scritto. 

10 maggio 2013 
Viganò partecipa insieme a McCarrick a una messa solenne e a una cena di beneficenza organizzata dall’Università Cattolica di Washington. Nella foto di rito al termine della messa il nunzio è seduto proprio accanto a McCarrick. 


21 giugno 2013 
Al termine dell’udienza di Papa Francesco con i nunzi apostolici, Carlo Maria Viganò ha la possibilità di salutare per la prima volta per qualche istante il nuovo Papa. Ecco il racconto così come si legge nel suo comunicato: «Quando fu il mio turno, ebbi appena il tempo di dirgli “sono il nunzio negli Stati Uniti”, che senza alcun preambolo mi investì con tono di rimprovero con queste parole: “I vescovi negli Stati Uniti non devono essere ideologizzati! Devono essere dei pastori!” Naturalmente non ero in condizione di chiedere spiegazioni sul significato delle sue parole e per il modo aggressivo con cui mi aveva apostrofato». Anche questa affermazione del nunzio è smentita dai fatti, anzi, dalle immagini. Era apparso subito strano, in effetti, che nel primissimo saluto con il nuovo Papa, questi si mettesse pubblicamente ad apostrofare in modo aggressivo prelati che non conosceva.  

Il video del Centro Televisivo Vaticano dimostra che Viganò che a distanza di qualche anno ha ricordi alquanto offuscati. Il Papa infatti lo accoglie sorridendo, con gentilezza, e appena saputo che è il nunzio negli Stati Uniti, non lo investe «senza alcun preambolo con tono di rimprovero», bensì lo ringrazia amabilmente per il suo lavoro. Poi, subito dopo, la faccia del Pontefice si fa un po’ più seria - come accade ogni qual volta in queste circostanze egli desidera comunicare un messaggio che considera importante, come sanno bene coloro che per lavoro seguono i video di questo tipo di udienze - e subito comincia tranquillamente e con voce pacatissima, senza toni aggressivi a dire: «Negli Stati Uniti...». Immediatamente dopo il video si interrompe: la Tv vaticana non divulga infatti le parole private scambiate in occasioni come queste. Ma è comunque evidente che Francesco non è aggressivo, non assale Viganò, non lo rimprovera affatto

23 giugno 2013 
Viganò ottiene un’udienza privata di circa 40 minuti con il nuovo Papa. L’ex nunzio non racconta di essere stato lui a introdurre - dimostrando finalmente quella preoccupazione fino a quel momento mai manifestata - l’argomento McCarrick. È Francesco, che gli rivolge una domanda sull’ex arcivescovo di Washington. Sull’accaduto ci possiamo affidare soltanto dei ricordi di Viganò, che avrebbe detto al Pontefice: «Santo Padre, non so se lei conosce il card. McCarrick, ma se chiede alla Congregazione per i vescovi c’è un dossier grande così su di lui. Ha corrotto generazioni di seminaristi e di sacerdoti e Papa Benedetto gli ha imposto di ritirarsi ad una vita di preghiera e di penitenza». Il nunzio non produce documenti, non consegna appunti al nuovo Papa. Non gli parla per primo di McCarrick, già da anni in pensione. Si limita a dirgli che c’è un dossier contro di lui presso la Congregazione dei vescovi e che Papa Ratzinger gli avrebbe «imposto» una vita di preghiera e di penitenza. Viganò non racconta di aver aggiunto qualcosa sul fatto che McCarrick non ha obbedito e che Benedetto non è mai più intervenuto per farsi obbedire. 

Francesco non reagisce, non nulla, ma nemmeno decide di modificare eventuali decisioni “segreteˮ del predecessore, delle quali fino a quel momento probabilmente nessuno gli aveva mai parlato. E nemmeno dice al nunzio che intende togliere anche formalmente quelle presunte “imposizioniˮ. Secondo Viganò, durante l’udienza Francesco gli avrebbe chiesto un cambiamento di linea rispetto alle ultime nomine episcopali: bisognava designare - questo è il succo - vescovi pastori, non cultural warriors (guerrieri culturali) di destra e politicizzati. L’ex nunzio afferma senza alcuna prova che questa idea sarebbe stata suggerita al Pontefice dallo stesso McCarrick. In realtà Bergoglio da diversi anni la pensa così.  

Viganò riceve anche una ulteriore smentita su questo preciso punto da parte dell’ex ambasciatore Usa presso la Santa Sede, Miguel Diaz, nominato nel maggio 2009, il quale in una dichiarazione scritta e firmata si dice sorpreso per aver letto le affermazioni di Viganò a proposito delle parole di Francesco sui vescovi americani: «Perché mi hanno subito fatto venire in mente che durante il mio primo incontro con il nunzio Sambi nella sua residenza a Washington (siamo ancora nel pontificato di Benedetto XVI, ndr)» egli disse che «abbiamo bisogno di vescovi americani che siano meno politici e più pastorali, non cultural warriors». Dunque, secondo questa testimonianza, già negli ultimi anni di Papa Ratzinger l’indicazione che arrivava al nunzio apostolico negli Usa era quella di nominare vescovi pastori. Evidentemente la questione dell’eccessivo collateralismo dell’episcopato nordamericano con certe posizioni politiche e un certo interesse unilaterale soltanto per alcune questioni etiche era già sentita come problematica. 

10 ottobre 2013 
Carlo Maria Viganò ottiene una seconda udienza con Papa Francesco. Dell’incontro e degli argomenti trattati l’ex nunzio dice poco nulla nel comunicato, se non che uno dei temi è stato il cardinale Donald Wuerl, nominato nel 2006 da Benedetto XVI arcivescovo di Washington. Viganò non racconta di aver nuovamente allertato il Pontefice sulla questione McCarrick

Aprile 2014 
A fronte di un nuovo viaggio internazionale di McCarrick, Viganò afferma nel comunicato di aver scritto al Segretario di Stato Pietro Parolin per chiedere se le presunte “sanzioniˮ comminate da Papa Benedetto erano ancora valide. L’ex nunzio afferma di non aver ricevuto risposta. 

22 settembre-28 settembre 2015 
Il Papa visita gli Stati Uniti, le città di Washington, New York e Philadelphia. A Washington risiede presso la nunziatura apostolica retta da Viganò. Nella capitale federale nordamericana Francesco fa visita alla Casa delle Piccole sorelle dei poveri, note in tutti gli Stati Uniti per aver iniziato un’azione legale contro l’“Obamacare” del presidente Barack Obama, la riforma sanitaria che le obbliga a garantire servizi contrari agli insegnamenti della morale cattolica. Un gesto di attenzione e vicinanza a chi si batte per il diritto alla libertà di coscienza c’è dunque stato. Le Piccole sorelle dei poveri e la loro battaglia sono note. Ma non si sono trasformate in un simbolo politico e non partecipano a comizi. Ma Viganò chiede a Francesco di incontrare privatamente anche Kim Davis, responsabile dell’Anagrafe di Ashland, nel Kentucky, finita in prigione per essersi rifiutata di rilasciare le licenze per le nozze gay e anche per aver impedito ai suoi sottoposti di farlo. La Davis, appartenente alla congregazione evangelica della “Pietra Dura”, è diventata un simbolo politico e ha sfilato a fianco di diversi candidati repubblicani. Sia il presidente della Conferenza episcopale statunitense, Joseph Kurtz, sia il cardinale arcivescovo di Washington, non sono d’accordo con l’iniziativa. Ma il nunzio procede e la presenta ai collaboratori del Papa. Francesco saluta Kim Davis e la notizia dell’incontro viene divulgata ai media riproponendo le consuete polarizzazioni politiche. 

9 ottobre 2015 
Nuova udienza privata di Viganò con Papa Francesco. Il nunzio - in un nuovo comunicato diffuso attraverso i giornalisti amici - afferma oggi di essere stato richiamato d’urgenza a Roma dopo l’infuriare delle polemiche politiche negli Stati Uniti per l’udienza a Kim Davis. Ma dice che durante l’incontro Bergoglio si sarebbe limitato a ringraziarlo per l’organizzazione della visita papale. E conferma che il Pontefice sarebbe stato perfettamente informato su chi aveva di fronte. Anche in questo caso, Viganò viene smentito. La sua ricostruzione è messa infatti in discussione da due testimoni, padre Thomas Rosica e padre Federico Lombardi, quest’ultimo in quel momento ancora direttore della Sala Stampa vaticana. Entrambi hanno attestato per iscritto che il giorno dopo l’udienza papale, Viganò li aveva incontrati insieme nel suo appartamento in Vaticano. E aveva dichiarato loro: «Il Santo Padre nella sua paterna benevolenza mi ha ringraziato per la sua visita negli USA ma mi ha detto che l'ho ingannato nel presentare questa signora a lui nella nunziatura». Lasciando intendere un’evidente carenza di informazioni circa il caso e il disagio per non essere stato adeguatamente informato dal nunzio apostolico. Viganò non ci dice se durante i molteplici incontri avuti con il Papa durante il la sua permanenza negli Usa o durante l’udienza del 9 ottobre successivo, si sia riparlato del caso McCarrick. Tutto lascia pensare che ciò non sia avvenuto, perché se fosse avvenuto l’ex nunzio ne avrebbe parlato nel comunicato (a meno di non ipotizzare un lento dosaggio di indiscrezioni ad orologeria). 

12 aprile 2016 
Il Papa accetta le dimissioni di Viganò da nunzio negli Stati Uniti. Da due mesi ha compiuto l’età canonica dei 75 anni (anche se i nunzi apostolici possono ritirarsi già a 70 anni). 

2017 
Nei primi mesi dell’anno McCarrick lascia la casa vicina al seminario del Verbo Incarnato, secondo l’arcidiocesi per problemi di salute, e si trasferisce in una casa di riposo gestita da religiose. 

20 giugno 2018 
Vengono pubblicati tre comunicati negli Stati Uniti. Il primo è a firma del cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York, il quale informa di una denuncia per abuso su un minore contro McCarrick all’epoca in cui era sacerdote nella Grande Mela. «Questa è stata la prima segnalazione di una violazione della Carta per la protezione dei bambini e dei giovani mai fatta contro di lui di cui l’arcidiocesi sia a conoscenza», precisa il porporato. Secondo protocollo pubblico in vigore, «i risultati dell’indagine sono stati forniti all’Archdiocesan Review Board, un gruppo di professionisti tra giuristi, esperti di forze dell’ordine, genitori, psicologi, un prete e una religiosa. Il comitato di revisione ha ritenuto le affermazioni credibili e fondate». Contemporaneamente il cardinale Tobin, arcivescovo di Newark, dichiara: «Questa arcidiocesi e la diocesi di Metuchen hanno ricevuto tre accuse di cattiva condotta sessuale con adulti decenni fa; due di queste accuse hanno portato a dei risarcimenti». Infine, pubblica un comunicato anche lo stesso McCarrick, dicendo di non ricordare di aver abusato di un minore. Il cardinale è sospeso da ogni ministero pubblico. 

28 luglio 2018 
Papa Francesco accetta le dimissioni di McCarrick dal collegio cardinalizio e gli ordina una vita di penitenza e preghiera. L’arcivescovo emerito di Washington non è più cardinale. «Papa Francesco – si legge nel comunicato vaticano – ne ha accettato le dimissioni da cardinale ed ha disposto la sua sospensione dall’esercizio di qualsiasi ministero pubblico, insieme all’obbligo di rimanere in una casa che gli verrà indicata, per una vita di preghiera e di penitenza, fino a quando le accuse che gli vengono rivolte siano chiarite dal regolare processo canonico». 

Giugno-agosto 2018 
L’ex nunzio Viganò prende contatto con il vaticanista del Tg1 Aldo Maria Valli (è lui stesso rivelarlo) e con il vaticanista Marco Tosatti. Quest’ultimo racconta di aver collaborato anche alla stesura e all’editing del testo di Viganò. Rivendica un ruolo nell’operazione anche Timothy Busch, avvocato conservatore, uno degli amministratori del Eternal Word Television Network (Ewtn), che ha ricevuto il comunicato di Viganò. Busch racconta al New York Times che «i responsabili della pubblicazione gli avevano personalmente assicurato: il Papa emerito, Benedetto XVI, ha confermato il racconto dell’arcivescovo Viganò». Notizia che viene smentita dal segretario particolare di Ratzinger, l’arcivescovo Georg Gänswein, il quale la bolla come «fake news!» 

26 agosto 2018 
Viene divulgato all’unisono da una rete di media americani e italiani il comunicato Viganò, documento composto da 11 pagine, che accusa Francesco di aver coperto il cardinale abusatore McCarrick e si spinge a chiederne le dimissioni. Viganò coinvolge l’intero entourage di Giovanni Paolo II (tranne il segretario particolare del Papa, Stanislao Dziwisz), ma come abbiamo visto cerca en passant di “salvareˮ Wojtyla descrivendolo come un vecchio incapace di intendere e di volere, scaricando ogni colpa su Sodano. Coinvolge pure l’intero entourage di Benedetto XVI, cercando di “salvareˮ Ratzinger perché questi - venuto a conoscenza del caso - avrebbe punito McCarrick, seppur tardivamente e blandamente, per colpa di Bertone. Com’è stato documentato, Viganò con ogni probabilità esagera la portata di queste “punizioniˮ comminate da Benedetto e mai fatte rispettare da nessuno, in primis il nunzio apostolico negli Usa, cioè Viganò stesso.  

Infine, l’ex nunzio accusa l’intero entourage di Francesco: l’attuale Pontefice, l’unico Papa che ha sanzionato pesantemente McCarrick, appare come il vero obiettivo del clamoroso comunicato. Nel testo sono citati in totale 38 tra vescovi, arcivescovi e cardinali. Di tutti questi soltanto uno - l’attuale segretario della Congregazione dei vescovi - ha ottenuto la nomina episcopale durante il pontificato di Papa Francesco. Tutti gli altri sono diventati vescovi durante i pontificati di Paolo VI (soltanto 3), Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Ciò significa che le indagini sul candidato e il necessario processo per la prima nomina a vescovo si sono svolti durante nella quasi totalità dei casi durante i pontificati di Wojtyla e Ratzinger. Inoltre, la grande maggioranza dei cardinali citati da Viganò (in tutto 16) hanno ricevuto la porpora o da Wojtyla o da Ratzinger. Infine, anche i tre cardinali nel mirino dell’ex nunzio perché “reiˮ di essere un po’ meno conservatori rispetto ai loro predecessori - Kevin Farrell (cardinale, prefetto del Dicastero per i laici e la famiglia), Blase Cupich (cardinale arcivescovo di Chicago), William Tobin (cardinale arcivescovo di Newark) - sono tutti divenuti vescovi o arcivescovi con bolle di nomina firmate da san Giovanni Paolo II o da Benedetto XVI. Durante la conferenza stampa sull’aereo che lo riporta a Roma da Dublino, Francesco a una domanda sulle accuse di Viganò, risponde ai giornalisti: «Credo che il comunicato di Viganò parli da sé, e voi avete la maturità professionale per trarre le conclusioni»

26-27-28 agosto 2018 
Alcuni vescovi statunitensi (in tutto 24) a partire dall’arcivescovo di Philadelphia Charles Chaput, pubblicano dichiarazioni - in qualche caso anche con l’ordine di leggerle nelle chiese - per attestare la credibilità di Viganò. Richiedono un’inchiesta sul suo comunicato senza esprimersi sulla clamorosa richiesta di dimissioni avanzata dall’ex nunzio. 

1 settembre 2018 
Benjamin Harnwell, ex politico inglese e presidente del consiglio di fondazione del “Dignitatis Humanae Instituteˮ, difende il cardinale Renato Raffaele Martino, accusato da Viganò di appartenere «alla corrente filo omossessuale favorevole a sovvertire la dottrina cattolica a riguardo dell’omosessualità». Dichiarazioni assurde, secondo Harnwell, per un cardinale come Martino che rappresenta «uno degli indiscussi titani pro-life della Chiesa cattolica nell’ultimo quarto di secolo». Harnwell domanda pubbliche scuse da parte di Viganò per l’accusa che, «fino a quando non verrà presentata alcuna prova contraria», va considerata «come una macchia contro un innocente di 85 anni». 

3 settembre 2018 
Nell'omelia della messa a Santa Marta Francesco afferma che di fronte a quanti «cercano solo scandalo» e «divisione» l'unica risposta è il silenzio e la preghiera.  
Padre Federico Lombardi, già portavoce vaticano, intervistato da Tv2000, definisce l'omelia del Papa «una riflessione che colleghiamo spontaneamente alla situazione di oggi in cui abbiamo un’ondata di accuse estremamente aggressive che mescolano alcuni elementi di verità con tanti elementi di falsitàche confondono e soprattutto tendono a creare una situazione di divisione nella Chiesa». «Di fronte a questa situazione – aggiunge Lombardi - il Papa ribadisce la sua intenzione di non rispondere direttamente a queste accuse e di non lasciarsi coinvolgere in una spirale terribile di dispute, contraddizioni violenteche non possono portare solo che a ulteriori divisioni e a un profondo male nella Chiesa. Il Papa sceglie di imitare l’atteggiamento di Gesù che si pone ad un livello superiore di pazienza, umiltà e non si lascia coinvolgere sul piano estremamente basso e cattivo delle accuse e contraccuse».