30 aprile 2016

La falsa profezia di Malachia & altre sui ‘due papi’


Tratto dal libro «2012 – Catastrofismo e fine dei tempi», Piemme  
Immancabile in tante persone la smania di correre dietro alle “profezie”, tanto più gettonate quanto più possono far pensare a una prossima fine del mondo.Come se il 21 dicembre 2012 non avesse insegnato niente!!!
Gruppi estremisti tradizionalisti, o ai margini della Chiesa e altri seguaci di false o non approvate  rivelazioni private cattoliche, fanno un gran polverone con la presunta “profezia dei due papi “.
La più gettonata è la falsa “profezia dell’ultimo papa o profezia sui Sovrani Pontefici” falsamente attribuita a San Malachia , perchè non appartiene affatto al vero SAN MALACHIA,vissuto dal 1094 al 1148 ,ma è un testo inventato e scritto di sana pianta nel 1595!
La spieghiamo meglio in seguito.
Prima ci soffermiamo su una tra le più gettonate,che viene spesso abbinata a quella di Malachia:  è quella tratta dagli scritti della Beata Anna Caterina Emmerich. Molti tradizionalisti sostengono che la “profezia” riguarda la Chiesa dopo il Concilio Vaticano II  e in particolare il rapporto tra  Papa Francesco e Papa Benedetto emerito. Il testo dimostra chiaramente che questo è del tutto falso. Le parole trascritte della Emmerick non sono una profezia, ma una visione.Bisogna andare molto cauti con il fare parallelismi pericolosi nell’ambito di un discernimento che spetta soltanto al Magistero della Chiesa!  Tra l’altro, sappiamo che LA EMMERICK DETTO’ I SUOI SCRITTI AD UN’ALTRA PERSONA: Dal 1819 fino al giorno del suo trapasso, nel 1824, le visioni della Emmerick furono dettate da lei stessa al poeta romanticista Clemens Brentano,che sedette al capezzale della Emmerick  per trascrivere quanto lei diceva :ciò quindi ci mette ulteriormente in guardia dall’ interpretare come ci pare le rivelazioni private!
La visione della Emmerick riguarda la situazione della Chiesa nel 19 ° secolo, e sono identificati i due papi: Bonifacio IV regnò nel 608-615; Pio VII regnò nel 1800-1823.  I passaggi rilevanti sono citati qui di seguito:

“Poi ho avuto una visione meravigliosa.
“Roma mi è apparsa improvvisamente nei primi tempi … ho visto un Papa (Bonifacio IV), e un imperatore il cui nome non conoscevo. Non riuscivo a trovare la mia strada nella città, anche le cerimonie sacre; eppure le ho riconosciute come cattoliche …
Papa Bonifacio IV
“Quando avevo assistito a questa visione, anche nei più piccoli dettagli, ho visto ancora una volta l’attuale Papa (Pio VII) e la chiesa buia del tempo a Roma. Sembrava essere una grande, vecchia casa come un municipio con colonne di fronte … [questa descrizione  si adatta ad un tempio massonico di quel tempo].
” Poi ho visto la connessione tra i due papi e due templi … Il quadro era favorevole ai primi tempi, perché in loro l’idolatria era in calo, mentre ai nostri giorni è proprio il contrario. 
Papa Pio VII
“La vita e le rivelazioni di Anna Caterina Emmerich completi” , pagina 277 e segg.)
CHI ERA DAVVERO SAN MALACHIA?

santo7929bigMalachia O’Morgair era un monaco irlandese cistercense, arcivescovo di Armagh, vissuto tra il 1094 e il 1148, oggi noto per la Profetia Summis Pontifices che, però, venne alla luce soltanto 450 anni dopo la sua morte, inserita in un’opera in lingua latina del monaco benedettino Arnoldo Wion,Lignum Vitae (1595), il quale la introduce soltanto con queste parole: “San Malachia morì il 2 novembre 1148. Noi possediamo tre lettere di San Bernardo a lui indirizzate, le epistole CCCXIII, CCCXVI e CCCXVII. Si crede che egli abbia scritto pure qualche opuscolo. Ma di lui non conosco che una certa profezia sui Sovrani Pontefici. Siccome questo scritto è breve e a quanto pare non è stato ancora stampato, lo riproduco qui per rispondere al desiderio di parecchi”.
La profezia in realtà è un elenco di 111 papi, a partire da Celestino II (1143-1144) ognuno dei quali definito da un breve motto in latino che dovrebbe metterne in evidenza il nome, il simbolo, il luogo di provenienza o comunque un elemento che lo contraddistingue. Dopo l’elenco dei 111 papi, nel manoscritto si trova un’intera frase che recita così: “Nella persecuzione estrema, il trono della Santa Romana Chiesa verrà occupato da Pietro il Romano, che pascerà il suo gregge fra molte sofferenze, finite le quali la città dei sette colli verrà distrutta e il tremendo Giudice giudicherà il proprio popolo. Fine (o Amen)”.
La profezia era già tornata di grande attualità dopo la morte di Giovanni Paolo II, che era il 110mo nell’elenco e ovviamente lo è ancora di più ora che Benedetto XVI rinuncia al ministero di vescovo di Roma.
L’autenticità della profezia è stata però ripetutamente smentita da una seria ricerca storica. San Malachia non è anonimo monaco, al contrario è stato una figura molto importante della Chiesa irlandese e del monachesimo cistercense. Non per niente San Bernardo ne ha scritto la biografia citando tutti gli aspetti possibili, personali e di governo della Chiesa, senza mai menzionare presunte profezie o rivelazioni personali riguardo al succedersi dei Papi. Il che sarebbe davvero strano se ci fosse stato un manoscritto del genere. Il quale è pubblicato invece per la prima volta, come detto, nel 1595.
In secondo luogo, il riferimento ai Papi precedenti il 1590 è abbastanza preciso, con motti che richiamano lo stemma o il casato, mentre per i Papi successivi il riferimento è molto più vago e diventa possibile solo andando alla ricerca di elementi eterogenei cosa che, tra l’altro, renderebbe possibile la compatibilità con qualsiasi personaggio. Ad esempio, il primo papa della lista, Celestino II, è definito Ex castro Tiberi, con allusione al luogo di origine del Papa, che nacque a Città di Castello, sul fiume Tevere. Eugenio III (1145-1153) è definito Ex magnitudo montis, e anche qui il riferimento è al luogo di nascita: Montemagno, in provincia di Pisa.
Se invece guardiamo ai papi della nostra epoca, le interpretazioni date ai rispettivi motti sono a dir poco forzate. Giovanni XXIII sarebbe Pastor et Nauta (pastore e marinaio) con riferimento al suo mandato di Patriarca di Venezia (antica repubblica marinara) o al ruolo di “traghettatore della Chiesa nel mare della modernità” attraverso il Concilio Vaticano II. Paolo VI è indicato dal motto Flos Forum, fiore dei fiori, definizione che alcuni attribuiscono al giglio: nello stemma di Paolo VI compaiono tre gigli. Giovanni Paolo I èDe Medietate lunae, che molti hanno riferito al fatto che il suo pontificato – 33 giorni – è durato “il tempo di una luna” con riferimento al mese lunare; in realtà il mese lunare è di 28 giorni e mezzo mese lunare, come indica il motto, è quindi di 14 giorni. Giovanni Paolo II sarebbe De labore solis, che alcuni vedono come riferimento alla provenienza da un Paese dell’Est (dove sorge il sole). Benedetto XVI sarebbe poi De gloria olivae, motto che fa faticare non poco gli esegeti di Malachia: l’interpretazione che va per la maggiore fa riferimento al nome Benedetto sostenendo che i benedettini sono chiamati anche olivetani, il che però non è vero in quanto gli Olivetani sono soltanto un ramo riformato del monachesimo benedettino; più recentemente ci si è riferiti al fatto che Benedetto XVI ha canonizzato il fondatore degli Olivetani, san Bernardo Tolomei, ma si vede che per poter rendere credibile la profezia bisogna fare un notevole sforzo di fantasia.
Del resto come non notare che un motto del genere è così vago da potersi adattare a chiunque? A un papa italiano (terra degli ulivi) come a un papa mediorientale o nordafricano (di carnagione olivastra) o anche a un papa impegnato per la pace (l’ulivo è simbolo di pace). Qualcuno prima del conclave che ha poi portato all’elezione del cardinal Ratzinger, aveva visto nella profezia di Malachia un rafforzamento della candidatura al papato del cardinal Martini, ma era sicuramente qualcuno esperto di cocktail, visto che aveva associato l’oliva al Martini.
Un altro elemento sottolineato dai critici è il fatto che nell’interpretazione classica, nell’elenco dei Papi sono considerati anche dieci anti-papa, il che è quantomeno curioso. Per la Chiesa gli anti-papa non possono essere certo inclusi nella successione di Pietro (tanto è vero che l’esistenza di un anti-papa Giovanni XXIII all’inizio del XV secolo non ha impedito che papa Roncalli assumesse quel nome nel 1958) né nella profezia si fa menzione di eventuali anti-papa, come ci si aspetterebbe. Se dovessimo perciò togliere gli anti-papa dall’elenco troveremmo che Benedetto XVI non sarebbe più il 111esimo Papa della lista ma soltanto il 101mo, Crux de Cruce, con tanti auguri agli esegeti per trovare un nuovo aggancio tra persona e motto.
Un ultimo problema riguarda il 112esimo della lista, Petrus Romanus. Secondo alcuni storici si tratterebbe di un’aggiunta al testo inserita nel XIX secolo, ma a parte questo, la profezia non parla di un 112esimo papa. La cosa ha dato adito a due interpretazioni. La prima è che ci possano essere altri papi dopo il numero 111 e prima di Petrus Romanus, che poi nella tradizione è diventato Pietro II: in questo caso la fine della Chiesa e del mondo sarebbe rimandata a data da destinarsi. La seconda è che dopo Benedetto XVI non ci sia un altro Papa, ma un “reggente” che guidi la Chiesa senza che ci siano tempo e condizioni per la convocazione o la conclusione di un conclave.
In questo caso la fine sarebbe davvero prossima: al venir meno di un papa (per morte o, come in questo caso, per rinuncia) la reggenza della Chiesa spetta infatti, fino all’elezione del papa successivo, al cardinale Camerlengo di Santa Romana Chiesa. Attualmente il Camerlengo è il cardinale Tarcisio Bertone, che è anche segretario di Stato vaticano. Ebbene, il nome completo del cardinale Bertone è Tarcisio Pietro Evasio, nato a Romano Canavese: ed ecco fatto Petrus Romanus, a patto di non farsi domande sul perché Malachia avrebbe indicato il secondo nome e non il primo, e usato come aggettivo (Romanus) il nome della città che in questo caso è sostantivo.
Ma, del resto, quando si è fermamente intenzionati a credere al catastrofismo apocalittico,si prende per buono tutto ed il contrario di tutto….
* Tratto dal libro «2012 – Catastrofismo e fine dei tempi», Piemme

28 aprile 2016

"Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo. In preda all'angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra."


Anche noi, nella preghiera dobbiamo essere capaci di portare davanti a Dio le nostre fatiche, la sofferenza di certe situazioni, di certe giornate, l’impegno quotidiano di seguirlo, di essere cristiani, e anche il peso del male che vediamo in noi e attorno a noi, perché Egli ci dia speranza, ci faccia sentire la sua vicinanza, ci doni un po’ di luce nel cammino della vita.

Papa Benedetto XVI


27 aprile 2016

L'Angelo e il bambino

Meditazione di Papa Francesco



Per non lasciarci mai soli Dio ha messo accanto a ciascuno di noi un angelo custode che ci sostiene, ci difende, ci accompagna nella vita. Sta a noi saper cogliere la sua presenza ascoltandone i consigli, con la docilità di un bambino, per mantenerci sulla strada giusta verso il paradiso, forti della saggezza popolare che ci ricorda come il diavolo “faccia le pentole ma non i coperchi”. È proprio alla missione di «ambasciatori di Dio» dei santi angeli custodi, nel giorno della loro memoria liturgica, che Francesco ha dedicato l’omelia della messa celebrata venerdì 2 ottobre, nella cappella della Casa Santa Marta.

Per la sua riflessione il Pontefice ha preso spunto dalla preghiera eucaristica iv, perché «c’è una frase che ci fa riflettere». Infatti «diciamo al Signore: “Quando, per la sua disobbedienza, l’uomo perse la tua amicizia, tu non lo hai abbandonato”». E, ancora, «pensiamo — ha suggerito Francesco — a quando Adamo è stato cacciato via dal paradiso: il Signore non ha detto “arrangiati come puoi!”, non l’ha lasciato solo».

Del resto, ha detto riferendosi alla prima lettura, tratta dal libro dell’Esodo (23, 20-23), Dio «ha sempre inviato aiuti: in questo caso si parla dell’aiuto degli angeli». Si legge, infatti, nel passo biblico: «Ecco, io mando un angelo davanti a te, per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che io ho preparato». Il Signore, dunque «non ha abbandonato» ma «ha camminato con il suo popolo, ha camminato con quell’uomo che aveva perso l’amicizia con lui: il cuore di Dio è un cuore di padre e mai abbandona i suoi figli».

Il Pontefice ha rimarcato che «oggi la liturgia ci fa riflettere su questo, e anche su un modo particolare di compagnia, di aiuto che il Signore ci ha dato a tutti: gli angeli custodi». Ognuno di noi, ha spiegato, «ne ha uno; ne ha uno che ci accompagna». E, ha aggiunto, proprio «nella preghiera, all’inizio della messa, abbiamo chiesto la grazia che nel cammino della vita siamo sorretti dal suo aiuto per poi godere, con loro, nel cielo».

Siamo «sorretti proprio dal loro aiuto: l’angelo che cammina con noi», ha ribadito il Papa, riferendosi all’espressione dell’Esodo: «Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato».

L’angelo custode «è sempre con noi e questa è una realtà: è come un ambasciatore di Dio con noi». E, sempre nel passo del libro dell’Esodo, proprio «il Signore ci consiglia: “Abbi rispetto della sua presenza!”». Così «quando noi, per esempio, facciamo una cattiveria e pensiamo» di essere soli, dobbiamo ricordarci che non è così, perché «c’è lui». Ecco, allora, l’importanza di «aver rispetto della sua presenza» e di «dare ascolto alla sua voce, perché lui ci consiglia». Perciò «quando sentiamo quell’ispirazione “Ma fa’ questo... questo è meglio... questo non si deve fare...”», il consiglio giusto è di ascoltarla e non di ribellarci all’angelo custode.

«Il mio nome è in lui» ha affermato ancora Francesco. E «lui ci consiglia, ci accompagna, cammina con noi nel nome di Dio». È sempre il libro dell’Esodo a indicare l’atteggiamento migliore: «Se tu dai ascolto alla sua voce e fai quanto ti dirò, io sarò il nemico dei tuoi nemici e l’avversario dei tuoi avversari». Ma «cosa vuol dire?», si è domandato il Papa. La risposta di Dio è chiara: «io sarò il tuo difensore, sarò sempre a difenderti, a custodirti. “Io!” dice il Signore, ma perché tu hai ascoltato i consigli, l’ispirazione dell’angelo».

Magari, ha proseguito il Pontefice, in alcune occasioni pensiamo di poter «nascondere tante cose»: è vero, «possiamo nasconderle». Eppure «il Signore ci dice che possiamo nascondere tante cose brutte, ma alla fine tutto si saprà». E «la saggezza del popolo dice che il diavolo fa le pentole, non i coperchi». Alla fine, perciò, «si sa tutto»; e «questo angelo, che noi tutti abbiamo, è per consigliarci, andare sul cammino». Dunque «è un amico, un amico che noi non vediamo, ma che sentiamo; è un amico che sarà con noi in cielo, nella gioia eterna».

«Dio ci manda l’angelo — ha detto Francesco — per liberarci, per allontanare il timore, per allontanarci dalla sventura». Ci «chiede soltanto di ascoltarlo, di rispettarlo»; dunque «soltanto questo: rispetto e ascolto». E «questo rispetto e ascolto a questo compagno di cammino si chiama docilità: il cristiano deve essere docile allo Spirito Santo», ma «la docilità allo Spirito Santo incomincia con questa docilità ai consigli di questo compagno di cammino».

È «l’icona del bambino» che Gesù sceglie «quando vuol dire come deve essere un cristiano». Ce lo rammenta il passo liturgico di Matteo (18, 1-5.10): «Chiunque si farà piccolo come questo bambino» sarà più grande nei cieli; e «guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli».

Queste parole di Gesù significano, ha spiegato il Papa, «che la docilità a questo compagno di cammino ci fa come bambini: non superbi, ci fa umili; ci fa piccoli; non sufficienti come quello orgoglioso e superbo. No, come un bambino!». Proprio «questa è la docilità che ci fa grande e ci porta in cielo».

Concludendo la sua meditazione, Francesco ha chiesto al Signore «la grazia di questa docilità, di ascoltare la voce di questo compagno, di questo ambasciatore di Dio che è accanto a noi nel nome suo», in modo che possiamo essere «sorretti dal suo aiuto, sempre in cammino».
E «anche in questa messa, con la quale noi lodiamo il Signore — ha concluso — ricordiamo quanto buono è il Signore: dopo aver perso l’amicizia non ci ha lasciato soli, non ci ha abbandonato», ma «ha camminato con noi, col suo popolo, e anche oggi ci dà questo compagno di cammino». Dunque, «ringraziamo e lodiamo il Signore per questa grazia e stiamo attenti con questo amico che il Signore ci ha dato».

https://w2.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2015/documents/papa-francesco-cotidie_20151002_l-angelo-e-il-bambino.html

Vegliate e pregate

21 aprile 2016

Papa Francesco: «mai compromessi con il peccato se vogliamo la misericordia di Dio»

“Sta venendo giù tutto”“Bergoglio legittima il peccato”“la Chiesa è alla deriva”. Sono alcune delle simpatiche e catastrofiche riflessioni del tradizionalismo cattolico, l’eresia che Papa Francesco ha avuto il merito di scoperchiare, speculare a quella progressista, contro la quale avevano a lungo parlato i suoi predecessori, Ratzinger e Wojtyla.
Quella sulla “legittimazione del peccato” è diventata un vero must in certi ambienti, abituati a ragionare sul bianco e nero, impauriti che l’accento che Francesco ha dato sulla misericordia sostituisca l’aspetto della giustizia o si trasformi in un relativistico buonismo in cui tutti fanno ciò che vogliono tanto Dio perdona sempre.
Eppure, Papa Francesco dice proprio l’opposto. Nell’Udienza generale di ieri ha ribadito il concetto: «Il fariseo non concepisce che Gesù si lasci “contaminare” dai peccatori. Ma la Parola di Dio ci insegna a distinguere tra il peccato e il peccatore: con il peccato non bisogna scendere a compromessi, mentre i peccatori – cioè tutti noi! – siamo come dei malati, che vanno curati, e per curarli bisogna che il medico li avvicini, li visiti, li tocchi. E naturalmente il malato, per essere guarito, deve riconoscere di avere bisogno del medico!».
Nessun compromesso con il peccato e la misericordia di Dio è possibile soltanto se ci si riconosce peccatori. Esattamente ciò che ha detto nell’intervista pubblicata nel libro “Il nome di Dio è Misericordia” (Piemme 2016): «La Chiesa condanna il peccato perché deve dire la verità: questo è un peccato. Ma allo stesso tempo abbraccia il peccatore che si riconosce tale, lo avvicina, gli parla della misericordia infinita di Dio». Il teologo padre Angelo Bellon ha recentemente scritto«la misericordia predicata da Papa Francesco è la misericordia predicata e insegnata da sempre. È la misericordia che vuole vincere il male, non quella che lascia nel male. È la misericordia che vuole vincere il peccato, non quella che lascia nel peccato».
Non c’entra nulla l’arrendevolezza, il lassismo del “sbagliato giudicare”. Misericordiaha scritto sempre Papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo che stiamo vivendo, è anche «consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti». La correzione fraterna è più che necessaria, ha ribadito in un’altra occasione, certo, «quando ti dicono la verità non è bello sentirla, ma se è detta con carità e con amore è più facile accettarla». Dunque, «si deve parlare dei difetti agli altri», ma con carità. «Tante volte si confonde la misericordiacon l’essere confessore “di manica larga”»ha spiegato infine nel marzo 2015. «Né un confessore di manica larga, né un confessore rigido è misericordioso. Nessuno dei due. Il primo, perché dice: “Vai avanti, questo non è peccato, vai, vai!”. L’altro, perché dice: “No, la legge dice…”. Ma nessuno dei due tratta il penitente come fratello, lo prende per mano e lo accompagna nel suo percorso di conversione! Misericordia significa prendersi carico del fratello o della sorella e aiutarli a camminare. Non dire “ah, no, vai, vai!”, o la rigidità».
Bisogna diffidare seriamente degli apocalittici, dei giornalisti improvvisati teologi che vivono ormai nella delirante polemica contro il Pontefice. Poco importa se hanno avuto un passato da illuminanti testimoni. Come ci ha insegnato questa mattina Francesco, «fa bene al cuore cristiano fare memoria della sua strada, della propria strada: come il Signore mi ha condotto fino a qui, come mi ha portato per mano?». Chi non fa memoria si perde e fa perdere chi lo segue, si nega come figlio e pretende di essere padre. Come scrisse Pio XI«ci sono, purtroppo, pseudo-cattolici che sembrano felici quando credono di scorgere una differenza, una discrepanza, a modo loro (s’intende), fra un Vescovo e l’altro, più ancora fra un Vescovo e il Papa». Sappiamo bene quanti di questi pseudo-cattolici gioiscono oggi, ad esempio, alla notizia del calo delle vocazioni, così da poter incolpare anche di questo il Papa. Magari arrivando anche a convincersi che le bastonate quotidiane al successore di Pietro siano amore alla verità.

Il Papa scrive ad Antonio Socci: l’abbraccio di Francesco ad un fratello in difficoltà

Nessuno ha ripreso la notizia, eppure la riteniamo importante. Un segno del grande spessore umano di questo Pontefice, capace di testimoniare l’essenza del cristianesimo con i suoi gesti, le sue azioni. Più che con le parole.
L’ultima grande testimonianza di Papa Francesco è stata rispondere al giornalista di LiberoAntonio Socci, suo noto denigratore. Socci gli ha inviato una copia del suo ultimo libro con lettera allegata e il Papa ha risposto, di suo pugno, con parole d’affetto, benedicendolo, addirittura ringraziandolo per le sue critiche.
Un’iniziativa che riempie di ammirazione se pensiamo che ogni giorno, da due anni a questa parte, Antonio Socci riserva a lui le più demenziali critiche anticlericali. Ecco solo le più recenti: «Bergoglio è un “sinistrino” che vuole trasformare la Chiesa in succursale di “Repubblica” e di Greenpeace e rottamare la dottrina e la tradizione» (Libero, 07/02/16); «Bergoglio rosica di brutto per il successo del Family Day perché detesta questo popolo immenso che si è radunato in difesa della famiglia» (Libero, 31/01/16); «Bergoglio prova ostilità per noi cattolici, fedeli al Magistero di sempre della Chiesa» (Lo Straniero, 31/01/16); «Una forte incidenza dei cattolici nella vita pubblica di fatto sarebbe una sconfessione della linea “argentina” di Bergoglio, che punta a ridurre i cattolici all’insignificanza e a renderli subalterni alle correnti del “politically correct”» (Libero, 29/01/16); «Bergoglio disprezza i cristiani, specie i più eroici» (Libero, 12/11/15); «Bergoglio quando sente parlare di Eucarestia si rabbuia, preferisce sempre altri impegni quando si tratta di star lontanidall’Eucarestia» (Facebook, 12/02/16);
E ancora: «Bergoglio preferisce gli orrori del comunismo al consumismo» (Facebook, 06/02/16); «Bergoglio imperversa dentro e fuori del Sinodo cercando di influenzarlo, condizionarlo e teleguidarlo in tutti i modi, interviene a gamba tesa per bastonare i cattolici e spingere il Sinodo verso i dissolutori. Lo fa dall’esterno con gli aggressivi comizidi santa Marta» (Facebook, 07/10/15); «Da quando è arrivato in Vaticano Bergoglio ha trasformato la Santa Sede: non più la roccia di difesa della fede cattolica ma una macchina di esaltazione e di propaganda del mito planetario Giorgio Mario Bergoglio» (Libero, 10/01/16); «Bergoglio si comporta come il sovrano di uno stato teocraticoche non riconosce né il diritto della libera stampa, né le garanzie processuali tipiche del diritto internazionale» (Libero, 26/11/15); «Bergoglio preferisce lo sputtanamento pubblico e generalizzato di tutti perché vuole vendicarsi di essere stato messo in minoranza in ben due Sinodi e non aver potuto imporre – per ora – le sue riforme eterodosse. Così adesso la fa pagare al mondo ecclesiastico» (Lo straniero, 20/11/15).
Ecco, di fronte a tutto questo il Santo Padre cosa fa? Si arrabbia? Lo liquida come un mitomane, un personaggio delirante? Nient’affatto, prende carta e penna e gli scrive: «Ho ricevuto il suo libro e la lettera che lo accompagnava. Grazie tante per questo gesto. Il Signore la ricompensi. Ho cominciato a leggerlo e sono sicuro che tante delle cose riportate mi faranno molto bene. In realtà, anche le critiche ci aiutano a camminare sulla retta via del Signore. La ringrazio davvero tanto per le sue preghiere e quelle della sua famiglia. Le prometto che pregherò per tutti voi chiedendo al Signore di benedirvi e alla Madonna di custodirvi. Suo fratello e servitore nel Signore, Francesco». Una grande testimonianza.
Papa Francesco non è comunque nuovo a queste iniziative, nel novembre 2013 aveva telefonato anche al compianto Mario Palmaro, anche lui critico verso il suo pontificato. Antonio Socci, ai tempi, difendeva Francesco, scrivendo«mi spiace per Gnocchi e Palmaro, ma un cattolico non può irridere il Papa o accusarlo di eresia con la leggerezza di un articoletto di giornale» (quello che inizierà a fare lui stesso su Libero poco tempo dopo, irridendo come bergoglionate i suoi discorsi). Anche in quel caso, invece, il Papa scelse di chiamare Palmaro, facendogli sentire la sua vicinanza«aveva compreso che quelle critiche erano state fatte con amore e come fosse importante, per lui, riceverle»spiegò commosso il noto bioeticista, deceduto nel marzo 2014.
E’ un Pontefice che, quando può, va lui incontro a chi è lontano, a chi si sta allontanando, gli tende una mano, anzi lo abbraccia, gli scalda il cuore. Ed è fuori di dubbio che Antonio Socci si trovi oggi in un periodo difficile della sua vita, un lungo momento di crisi personale. Lo scrive lui stesso: «Ho buttato alle ortiche quello che il mondo definisce “prestigio”, costruito in decenni di lavoro, per diventare un reietto nel mondo cattolico, che è la mia casa. Diventato di colpo un “appestato”, in questi due anni ho fatto indigestione di insulti. Quelli più frequenti sono stati i seguenti: “sei un indemoniato” e “sei impazzito”».
Ma è Socci ad essersi isolato, a rimanere incastrato nelle sue profezie apocalittiche, nel suo catastrofismo, nel suo personaggio ideologicamente anti-bergogliano. I suoi articoli sono un continuo ammonimento all’«ombra apocalittica», alla «minaccia atomica planetaria», all’«autodistruzione dell’umanità», all’«esplosione globale», agli «scenari apocalittici» (già detto?). E’ difficile per molti cattolici (definiti da lui “papolatri” perché seguono il Papa senza trovare motivi di critica) accettare di veder strumentalizzati i santi e i beati, dei quali Socci estrapola citazioni per contrapporli a Francesco. Una grave ingiustizia verso la loro memoria e di certo non sono contenti nel vedersi usati come bastone contro il successore di Pietro e come strumento per scandalizzare la fede dei lettori. Sul Foglio Maurizio Crippa, dopo aver definito “fantasy allucinogeno” e “panzana sedevacantista” il suo libro sul Papa, ha criticato Socci proprio per l’uso strumentale perfino di don Luigi Giussani, che dice essere suo padre spirituale, «soprattutto per scagliarlo come un’arma contro il Papa. Giussani non l’avrebbe mai fatto né permesso, e questa è una porcata inaccettabile». Lo stesso comportamento il giornalista di Libero lo attua con i predecessori del Papa, soprattutto Benedetto XVI, senza mai aver avuto il coraggio di pubblicare le parole di pieno e spontaneo sostegno che più volte il Papa emerito ha rivolto a Francesco.
Anzi, prima di entrare in crisi, fu lo stesso Socci a scrivere: «Questi sedicenti ratzingeriani dimenticano che papa Benedetto ha proclamato fin dall’inizio la sua affettuosa sequela al nuovo papa. Se non si crede questo, come ci si può dire cattolici?». Era lui stesso, quindi, a voler isolare i “sedicenti ratzingeriani” che contrapponevano Francesco al suo predecessore, dubitando addirittura della loro fede cattolica. Lo stesso che è capitato anche a lui quando, poco tempo dopo, ha iniziato a comportarsi nello stesso modo che prima veementemente criticava. Addirittura definì “fondamentalisti” coloro che denigravano il Pontefice credendo alle parole che Eugenio Scalfari gli ha attribuito nei suoi articoli su Repubblica: «Il fondamentalista non riflette su come quella frase sia stata veramente detta dal Papa e magari su com’è stata capita e riportata da Scalfari, non coglie la circostanza colloquiale, né il fatto che Bergoglio parla in una lingua che non è la sua e che non padroneggia alla perfezione. Infine tutto andrebbe valutato alla luce del vero e costante magistero ufficiale di papa Francesco». Oggi il suo cavallo di battaglia sono proprio le parole che Scalfari ha messo in bocca a Francesco, quindi nel 2013 si è dato del “fondamentalista” da solo.
Tornando alla lettera ricevuta, purtroppo è stata già usata dal giornalista di Libero come vanto personale: «Oggi però le parole che Francesco mi ha scritto fanno giustizia di mesi e mesi di insulti». Il Papa ha ringraziato Socci, così come l’amato Papa emerito, Benedetto XVI, ringraziò Piergiorgio Odifreddi nella lettera che inviò di suo pugno al matematico ateo. Queste lettere non fanno giustizia né a Socci, né a Odifreddi, i due Pontefici non riconoscono come vere le accuse che vengono loro rivolte. Al contrario, fanno giustizia alla grande umanità cristiana di questi due Papi, che dimostrano la loro libertà e non hanno remore nel porgere l’altra guancia ai loro frenetici accusatori. Un grande esempio «di umiltà e di paternità», come infatti scrive giustamente Socci.
Una lezione a tanti cattolici, noi compresi, che guardano ormai indifferenti verso Antonio Socci, relegandolo ad una “scheggia impazzita”. Invece no, sbagliano e sbagliamo! Papa Francesco ci ha insegnato che un fratello ferito, in difficoltà, confuso, va comunque abbracciato, va rincuorato e da lui bisogna trarre anche quel poco di utile che certamente c’è, ringraziandolo per questo. Una lezione di umiltà. La stessa che servirà tanto anche a Socci, quelle del Papa «sono parole che non lasciano indifferenti», ha infatti scritto. Speriamo davvero che servano a frenare il suo imponente orgoglio che lo ha portato a convincersi davvero di essere il custode della Santa dottrina contro il “partito di Bergoglio”, quello che vorrebbe far affondare la Chiesa. Combattendo il suo stesso popolo pur di affermare se stesso stesso, i suoi libri e le sue idee su come dovrebbero comportarsi vescovi, cardinali, il Vaticano e il Santo Padre. Ed invece, come ci ha detto il card. Camillo Ruini«bisogna essere ciechi per non vedere l’enorme bene che papa Francesco sta facendo alla Chiesa».
Questa lettera, inviata a Socci, è uno dei tanti esempi.

19 aprile 2016

Papa Francesco: il pane e il vino diventano realmente il Suo Corpo e il Suo Sangue


«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,54). Lo stupore degli ascoltatori è comprensibile; Gesù infatti usa lo stile tipico dei profeti per provocare nella gente – e anche in noi – delle domande e, alla fine, provocare una decisione. Anzitutto delle domande: che significa “mangiare la carne e bere il sangue” di Gesù?, è solo un’immagine, un modo di dire, un simbolo, o indica qualcosa di reale? Per rispondere, bisogna intuire che cosa accade nel cuore di Gesù mentre spezza i pani per la folla affamata. Sapendo che dovrà morire in croce per noi, Gesù si identifica con quel pane spezzato e condiviso, ed esso diventa per Lui il “segno” del Sacrificio che lo attende. Questo processo ha il suo culmine nell’Ultima Cena, dove il pane e il vino diventano realmente il suo Corpo e il suo Sangue. E’ l’Eucaristia, che Gesù ci lascia con uno scopo preciso: che noi possiamo diventare una cosa sola con Lui. Infatti dice: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui» (v. 56). Quel “rimanere”: Gesù in noi e noi in Gesù. La comunione è assimilazione: mangiando Lui, diventiamo come Lui. Ma questo richiede il nostro “sì”, la nostra adesione di fede.
A volte si sente, riguardo alla santa Messa, questa obiezione: “Ma a cosa serve la Messa? Io vado in chiesa quando me la sento, o prego meglio in solitudine”. Ma l’Eucaristia non è una preghiera privata o una bella esperienza spirituale, non è una semplice commemorazione di ciò che Gesù ha fatto nell’Ultima Cena. Noi diciamo, per capire bene, che l’Eucaristia è “memoriale”, ossia un gesto che attualizza e rende presente l’evento della morte e risurrezione di Gesù: il pane è realmente il suo Corpo donato per noi, il vino è realmente il suo Sangue versato per noi.
L’Eucaristia è Gesù stesso che si dona interamente a noi. Nutrirci di Lui e dimorare in Lui mediante la Comunione eucaristica, se lo facciamo con fede, trasforma la nostra vita, la trasforma in un dono a Dio e ai fratelli. Nutrirci di quel “Pane di vita” significa entrare in sintonia con il cuore di Cristo, assimilare le sue scelte, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. Significa entrare in un dinamismo di amore e diventare persone di pace, persone di perdono, di riconciliazione, di condivisione solidale. Le stesse cose che Gesù ha fatto.
Gesù conclude il suo discorso con queste parole: «Chi mangia questo pane vivrà in eterno» (Gv 6,58). Sì, vivere in comunione reale con Gesù su questa terra ci fa già passare dalla morte alla vita. Il Cielo incomincia proprio in questa comunione con Gesù.
E in Cielo ci aspetta già Maria nostra Madre – abbiamo celebrato ieri questo mistero. Lei ci ottenga la grazia di nutrirci sempre con fede di Gesù, Pane della vita.


La lingua batte dove il dente duole



Papa Francesco con Fatima non sembra che ce l'ha  Emoticon grin


La Emmerich è stata beatificata da Giovanni Paolo II canonizzato da Papa Francesco quindi...
Cornacchiola non è che ci ha lasciato oltre 40.000 messaggi....
Poi visto che sia i veggenti di Fatima, Cornacchiola, Emmerich sono defunti non rimango che i veggenti di..... Emoticon grin

18 aprile 2016

Considerazioni riguardo la "Cena del Signore"

Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao. Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?». Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio».
Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Forse anche voi volete andarvene?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». (Giovanni 6,48-69)

     La questione è: Gesù ci ha veramente dato da mangiare il suo corpo e il suo sangue oppure è da intendere tutto in modo simbolico, come fanno tdg e pentecostali che intendono mangiare carne e sangue in modo simbolico e cioè cibarsi della Parola di Dio?

     Se Gesù avesse parlato per simbolismi o parabole avrebbe dato poi la spiegazione agli apostoli , come lo ha fatto sempre con le parabole. Invece no, gli ha detto che dovevano mangiare la sua carne e il suo sangue. Da notare che il termine "mangiare" è una traduzione resa gentile perché la traduzione più esatta è masticare.

     Quindi Gesù parla di azioni reali tanto che i discepoli dissero: questo discorso è duro chi lo può ascoltare? e infatti tanti se ne andare scandalizzati dalle parole di Gesù e non è che Gesù li ha fermati dicendogli che il suo discorso è simbolico, anzi ha detto agli altri ancora li: "Anche voi ve ne volete andare?"
     Gli risponde Pietro: "Signore da chi andremo? tu solo hai parole di vita eterna".
     Quindi Pietro si è fidato di Gesù, probabilmente senza aver capito

     "Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo"
     "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna"

      Cioè? con una parola come si definiscono le parole niente affatto simboliche di Gesù?

     "Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo"

     "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna"

     Cioè pane = carne, vino = sangue..... perché dicono che questa cosa se la sono inventata i cattolici mentre è li, l'abbiamo letta in Giovanni 6

     TRANSUSTANZIAZIONE

1413 Mediante la consacrazione si opera la transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Sotto le specie consacrate del pane e del vino, Cristo stesso, vivente e glorioso, è presente in maniera vera, reale e sostanziale, il suo Corpo e Sangue con la sua anima e divinità

     Cioè il pane e il vino come specie rimangono tali, ma mediante la consacrazione nel pane e nel vino è realmente presente Cristo

     Quanto scritto da S.Paolo ha senso solo se nel pane e vino consacrati è realmente presente Cristo

"ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga. PERCIÒ CHIUNQUE IN MODO INDEGNO MANGIA IL PANE O BEVE IL CALICE DEL SIGNORE, SARÀ REO DEL CORPO E DEL SANGUE DEL SIGNORE. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché CHI MANGIA E BEVE SENZA RICONOSCERE IL CORPO DEL SIGNORE, MANGIA E BEVE LA PROPRIA CONDANNA. (1Corinzi 11,23-29)

    Ci si potrebbe chieder: ma i primi cristiani come facevano?

    Dall'apologia di San Giustino Martire nel circa 160 d.C. 

Allora non esistevano ne protestanti, ne ortodossi e vari, ci stava la Chiesa cattolica, eresie sparse qui e la ma non spaccature come ci sarebbero stare in seguito

    Gia allora celebravano la S.Messa
L'EucaristiaLXV. - 1. Noi allora, dopo aver così lavato chi è divenuto credente e ha aderito, lo conduciamo presso quelli che chiamiamo fratelli, dove essi si trovano radunati, per pregare insieme fervidamente, sia per noi stessi, sia per l'illuminato, sia per tutti gli altri, dovunque si trovino, affinché, appresa la verità, meritiamo di essere nei fatti buoni cittadini e fedeli custodi dei precetti, e di conseguire la salvezza eterna.
2. Finite le preghiere, ci salutiamo l'un l'altro con un bacio.
3. Poi al preposto dei fratelli vengono portati un pane e una coppa d'acqua e di vino temperato; egli li prende ed innalza lode e gloria al Padre dell'universo nel nome del Figlio e dello Spirito Santo, e fa un rendimento di grazie per essere stati fatti degni da Lui di questi doni.
4. Quando egli ha terminato le preghiere ed il rendimento di grazie, tutto il popolo presente acclama: "Amen". La parola "Amen" in lingua ebraica significa "sia".
5. Dopo che il preposto ha fatto il rendimento di grazie e tutto il popolo ha acclamato, quelli che noi chiamiamo diaconi distribuiscono a ciascuno dei presenti il pane, il vino e l'acqua consacrati e ne portano agli assenti.

E' carne e sangue di quel Gesù incarnatoLXVI. - 1. Questo cibo è chiamato da noi Eucaristia, e a nessuno è lecito parteciparne, se non a chi crede che i nostri insegnamenti sono veri, si è purificato con il lavacro per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e vive così come Cristo ha insegnato.
2. INFATTI NOI LI PRENDIAMO NON COME PANE COMUNE E BEVANDA COMUNE; MA COME GESÙ CRISTO, il nostro Salvatore incarnatosi, per la parola di Dio, prese carne e sangue per la nostra salvezza, così abbiamo appreso che anche quel nutrimento, consacrato con la preghiera che contiene la parola di Lui stesso e di cui si nutrono il nostro sangue e la nostra carne per trasformazione, è carne e sangue di quel Gesù incarnato.
3. Infatti gli Apostoli, nelle loro memorie chiamate vangeli, tramandarono che fu loro lasciato questo comando da Gesù, il quale prese il pane e rese grazie dicendo: "Fate questo in memoria di me, questo è il mio corpo". E parimenti, preso il calice e rese grazie disse: "Questo è il mio sangue"; e ne distribuì soltanto a loro.
4. I malvagi demoni per imitazione, dissero che tutto ciò avveniva anche nei misteri di Mitra. Infatti voi già sapete, o potete apprendere, come nei riti di iniziazione si introducano un pane ed una coppa d'acqua, mentre si pronunciano alcune formule.

Nel giorno chiamato "del Sole"LXVII. - 1. Da allora noi ci ricordiamo a vicenda questo fatto. E quelli che possiedono, aiutano tutti i bisognosi e siamo sempre uniti gli uni con gli altri.
2. Per tutti i beni che riceviamo ringraziamo il creatore dell'universo per il Suo Figlio e lo Spirito Santo.
3. E nel giorno chiamato "del Sole" (Sunday=Domenica) ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne, e si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei Profeti, finché il tempo consente.
4. Poi, quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi.
5. Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere; e, come abbiamo detto, terminata la preghiera, vengono portati pane, vino ed acqua, ed il preposto, nello stesso modo, secondo le sue capacità, innalza preghiere e rendimenti di grazie, ed il popolo acclama dicendo: "Amen". Si fa quindi la spartizione e la distribuzione a ciascuno degli alimenti consacrati, ed attraverso i diaconi se ne manda agli assenti.
6. I facoltosi, e quelli che lo desiderano, danno liberamente ciascuno quello che vuole, e ciò che si raccoglie viene depositato presso il preposto. Questi soccorre gli orfani, le vedove, e chi è indigente per malattia o per qualche altra causa, e i carcerati e gli stranieri che si trovano presso di noi: insomma, si prende cura di chiunque sia nel bisogno.
7. Ci raccogliamo tutti insieme nel giorno del Sole, poiché questo è il primo giorno nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia, creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, il nostro Salvatore, risuscitò dai morti. Infatti Lo crocifissero la vigilia del giorno di Saturno, ed il giorno dopo quello di Saturno, che è il giorno del Sole, apparve ai suoi Apostoli e discepoli, ed insegna proprio queste dottrine che abbiamo presentato anche a voi perché le esaminiate.

     Ora provate da tdg ed evangelici a farvi dare un qualche nome di cristiano che seguisse ai tempi di Giustino Martire le "sante cene" protestanti o le "commemorazioni" geoviste....
     Insistete nel farvi dare i nomi dei primi cristiani oltre a quelli citati nella Bibbia. Se ci riuscite...

     La "Commemorazione" geovista: 

     Loro si passano il pane e il vino senza toccarlo perché ritengono che possa farlo solo quelli che appartengono a quello che loro definiscono il "piccolo gregge"  cioè i 144.000 destinati al cielo. Per il momento lasciamo da parte i 144.000 poi ci si ritorna.

     Non c'è affatto scritto che la "commemorazione" va fatta una volta l'anno, infatti S.Paolo nel riprendere i Corinzi che non si comportavano nel modo dovuto al momento della Cena del Signore, scrive:

     "E mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi per il fatto che le vostre riunioni non si svolgono per il meglio, ma per il peggio. Innanzi tutto SENTO DIRE CHE, QUANDO VI RADUNATE IN ASSEMBLEA, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo. È necessario infatti che avvengano divisioni tra voi, perché si manifestino quelli che sono i veri credenti in mezzo a voi. QUANDO DUNQUE VI RADUNATE INSIEME, IL VOSTRO NON È PIÙ UN MANGIARE LA CENA DEL SIGNORE. CIASCUNO INFATTI, QUANDO PARTECIPA ALLA CENA, PRENDE PRIMA IL PROPRIO PASTO E COSÌ UNO HA FAME, L'ALTRO È UBRIACO. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla chiesa di Dio e far vergognare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!" (1 Corinzi 11,17-22)

     Quindi la Cena del Signore era ogni volta che si riunivano in assemblea e non lo facevano di certo una volta l'anno e si può comprendere il perché tutt'oggi si deve essere digiuni per poter partecipare, anche per evitare certi abusi come ai tempi dei Corinzi.
     La Cena del Signore ha sostituito la Pasqua, infatti Gesù quando si riunì con gli apostoli è istituì la Cena del Signore, lo fece perché stava appunto celebrando la Pasqua ebraica che è un "memoriale": che cosa è il memoriale? il memoriale ebraico (zikkaron) è il rendere presente un avvenimento passato, cioè è come se i presenti a quel "memoriale" partecipano all'evento accaduto tanto tempo prima.
     "In memoria di me" non vuole affatto significare che fai solo un bel ricordo di un evento passato ma è come se quell'evento passato lo sta vivendo anche chi in futuro partecipa. Il memoriale è il riattualizzare lo stesso evento, non il ripetere quell'evento.
     Quindi non è che ogni volta c'è un nuovo sacrificio di Cristo ogni volta che il sacerdote ripete le sue stesse parole, "prendete e mangiate... " è come se noi stessimo partecipando allo stesso evento che Gesù istituì 2000 anni fa.

UN SACERDOTE RISPONDE: L'EUCARISTIA NON È SOLTANTO MEMORIA, MA MEMORIALE

PADRE TORNESE: LA CENA DEL SIGNORE



     144.000 che poi stando ai tdg sono coloro che possono partecipare alla Cena del Signore o commemorazione, gli altri no!

     Iniziamo subito dai numeri. 144.000 è numero simbolico che risulta dalla moltiplicazione di 12.000 per 12. I consacrati (unti) sono divisi secondo le 12 tribù di Israele. Dodicimila salvati per ogni tribù: complessivamente 144.000. Il numero 12 è il numero della perfezione e si addice, in modo particolare, alla Gerusalemme celeste, alla città santa, al popolo di Dio. Il numero 12, moltiplicato per mille, indica il massimo della perfezione e della totalità. il mille rappresenta il tempo di Dio, che non va inteso come mille anni ma come un tempo a noi indefinito secondo il nostro modo di pensare, non lo possiamo calcolare
     Quindi 12x1000 = 12.000 sono i salvati di ogni tribù d'Israele che però non sono tali di numero ma sono il totale dei salvati da Dio nel nostro tempo. e ciò vale per ogni tribù d'Israele 


     Quindi sono dodici le tribù d'Israele che moltiplicati per 12.000 danno i famosi 144.000 che come visto non sono affatto da prendere alla lettera ma sono il totale dei salvati da Dio che è un numero che non conosciamo in ogni caso molto grande.

     Infatti prendiamo l'apocalisse cap.7

"2 Vidi poi un altro angelo che saliva dall'oriente e aveva il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali era stato concesso il potere di devastare la terra e il mare: 3 «Non devastate né la terra, né il mare, né le piante, finché non abbiamo impresso il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei suoi servi».
4 Poi udii il numero di coloro che furon segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila, segnati da ogni tribù dei figli d'Israele:
5 dalla tribù di Giuda dodicimila;
dalla tribù di Ruben dodicimila;
dalla tribù di Gad dodicimila;
6 dalla tribù di Aser dodicimila;
dalla tribù di Nèftali dodicimila;
dalla tribù di Manàsse dodicimila;
7 dalla tribù di Simeone dodicimila;
dalla tribù di Levi dodicimila;
dalla tribù di Issacar dodicimila;
8 dalla tribù di Zàbulon dodicimila;
dalla tribù di Giuseppe dodicimila;
dalla tribù di Beniamino dodicimila."

     Cosa si può notare qui? che una voce dice agli angeli di non devastare la terra finché non è completato il numero dei 144.000

     DOMANDA: Dove stanno quindi i 144.000?  è evidente che stanno in terra, e non in cielo come vogliono far credere i tdG, il sigillo di salvezza viene appunto impresso quando si è in terra. 
     Poi continuiamo con la visione di Giovanni:

"9 Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani. 10 E gridavano a gran voce:
«La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello».
11 Allora tutti gli angeli che stavano intorno al trono e i vegliardi e i quattro esseri viventi, si inchinarono profondamente con la faccia davanti al trono e adorarono Dio dicendo:
12 «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
13 Uno dei vegliardi allora si rivolse a me e disse: «Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono?». 14 Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello. 15 Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuario; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro."

    "Dopo ciò apparve... " Quindi prima Giovanni ode il numero dei salvati, poi li vede e sono una moltitudine immensa che nessuno può contare. Questo è il numero dei salvati.
Piccola considerazione: se il numero dei salvati è piccolo allora vuol dire che il male ha vinto sul bene e quindi Dio è stato sconfitto. Ovviamente cosa non possibile

     DOMANDA: Ma la moltitudine immensa dei salvati che nessuno riesce a contare dove sta? 
    
     Sta dinanzi al Trono di Dio che è in cielo!

     Quindi i testimoni di Geova hanno sfrattato dallo stare dinanzi al trono di Dio la moltitudine che nessuno riesce a contare e ce ne fanno stare solo 144.000!

Se prendiamo alla lettera come fanno i tdG il numero di 144.000 dovremmo prendere alla lettera anche ciò che ne segue, cioè che devono appartenere tutti alle tribù d'Israele, poi sempre alla lettera devono essere tutti maschi e pure vergini!
Cosa un po complicata Emoticon grin è qui la cosa buffa dei tdG è che il numero dei 144.000 lo prendono alla lettera e subito dopo passano al simbolico.... trovare 144.000 maschi e pure vergini... insomma!
Ebrei 8,8 "Dio infatti, biasimando il suo popolo, dice: Ecco vengono giorni, dice il Signore, quando io stipulerò con la casa d'Israele e con la casa di Giuda un'alleanza nuova..."

QUALE È LA NUOVA ALLEANZA, TENENDO CONTO CHE LA VECCHIA ALLEANZA ERA QUELLA CHE DIO AVEVA FATTO CON IL POPOLO D'ISRAELE?
Luca 22,20
Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: «Questo calice è LA NUOVA ALLEANZA nel mio sangue, che viene versato per voi».
La NUOVA ALLEANZA l'ha istituita Cristo nell'Ultima Cena  

Quindi il Popolo con il quale è stata stretta la NUOVA ALLEANZA sono 
I DISCEPOLI DI CRISTO, SONO LORO IL NUOVO ISRAELE

     I CRISTIANI SONO IL NUOVO ISRAELE, CIOE' i SIMBOLICI 144.000, LA MOLTITUDINE IMMENSA CHE STA DINANZI AL TRONO DI DIO
     COLORO CHE HANNO LAVATO LE LORO VESTi CON IL SANGUE DELL'AGNELLO.

    QUINDI QUESTA MOLTITUDINE CHE NESSUNO RIESCE A CONTARE FA PARTE DEL NUOVO PATTO.


E QUINDI ALLA SANTA MESSA PARTECIPA ALL'EUCARESTIA
Non è che sta guardare mentre passa il pane e il vino come fanno i testimoni di geova nella loro commemorazione Emoticon grin

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A queste mie considerazioni, non dico catechesi perché mi sembra eccessivo, devo purtroppo fare un appunto. La stessa persona che mi ha chiesto di fare queste lezioni, in aiuto a F..... che stava cadendo nei tranelli dei tdG, ora dice che a me manca il coraggio di fare confronti con il suo "catechista", cioè il sig. M. quello dei "lavori grandiosi" (come da immagine allegata), faccio notare che la stessa signora in questione mi scrisse il suo "catechista" il sig. M., se lo sogna fare lo stesso lavoro che ho fatto io con F....


Se ho qui riportato tutto ciò è perché la signora che dice che non ho il coraggio di confrontarmi con il suo "catechista" il sig. M.L. non disdegna di fare un salto qui, in queste mie considerazioni, piuttosto che rivolgersi a chi a suo dire fa lavori grandiosi....

Ricorda S..... che  le bugie hanno le gambe corte

Papa Francesco: chi segue Gesù non sbaglia, lasciar stare veggenti e cartomanti

"Gesù buon pastore è l'unica porta che possa far entrare nel recinto della vita, vita quotidiana e vita eterna. Seguirlo è facile, basta conformarsi al Vangelo delle beatitudini. Bisogna quindi non dar retta a "veggenti e cartomanti", a quanti propongono altre "porte": sono "delinquenti", cercano di prendere la porta "di contrabbando".

Questa la riflessione del Papa nell'omelia della messa a Santa Marta. "Chi segue Gesù non sbaglia! - ha rimarcato Papa Francesco -. 'Eh, Padre, sì, ma le cose sono difficili, tante volte io non vedo chiaro cosa fare. Mi hanno detto che là c'era una veggente e sono andato là o sono andata là; sono andato dal tarotista (cartomante) che mi ha girato le carte...'. Se fai questo, tu non segui Gesù! Segui un altro che ti dà un'altra strada, diversa. Lui davanti indica il cammino. Non c'è un altro che possa indicare il cammino".