Un giorno mentre stavo riposando suona il telefono. Era sorella Sonia che mi cercava perché un giovane voleva parlarmi. Scendo le scale e me lo trovo davanti. Lo saluto dandogli la mano. «Padre, la mia professione è quella di rubare e rapinare le persone per la strada. Mi aiuti a uscire dall’inferno in cui vivo. Guardi cosa ho sul fianco sinistro. Questa ferita profonda da cui esce sangue è il frutto di una lite fra “colleghi” per questioni di soldi. Con un cacciavite ben appuntito mi hanno ferito. Mi fa male, ma soffro ancor di più per la mia vita disordinata. Quello che voglio da lei è potermi confessare, perché il peso dei miei peccati mi sta soffocando. Sono disperato e in questa situazione mi è venuto in mente ciò che diceva sempre mia madre: “Non dimenticare di confessarti, perché senza questo sacramento non potrai cambiare”. Per questo sono qui».
Gli diedi l’assoluzione pronunciando, commosso, le più grandi parole che esistono al mondo: «Io ti assolvo dai tuoi peccati, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Amen». Queste parole sono più necessarie del respiro, o meglio, sono il respiro della vita. Se ne è andato barcollando per la ferita ma con gli occhi luminosi. È stato sufficiente dire «Padre, voglio confessarmi» perché riaccadesse l’Avvenimento per cui è fatto il nostro cuore.
Poi all’imbrunire salgo alla clinica per la processione con il Santissimo. La suora mi si fa subito incontro avvisandomi che è stato ricoverato un uomo malato di Aids e che è in cattive condizioni di salute. Raggiungo subito la stanza dove giace in un letto. Non parla, però mi guarda riconoscendo che sono il sacerdote. Subito gli domando chi è e se è cattolico, per poter dargli il sacramento della confessione e quello della unzione degli infermi. Continua a tacere e allora lì per lì, mi invento un “metodo” di comunicazione. Gli comunico, nel caso desideri i sacramenti, di alzare il pollice verso l’alto, in caso contrario lo giri verso il basso. Con fatica e con una certa lentezza mi “risponde” alzando il pollice. Così l’ho assolto dai peccati. Ricordo quanto i suoi occhi brillassero di allegria. Ancora una volta è bastato un filo di luce per trasformare una vita fatta di soli peccati in una vita di grazia.
Don Aldo Trento – Paraguay
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