27 aprile 2016

L'Angelo e il bambino

Meditazione di Papa Francesco



Per non lasciarci mai soli Dio ha messo accanto a ciascuno di noi un angelo custode che ci sostiene, ci difende, ci accompagna nella vita. Sta a noi saper cogliere la sua presenza ascoltandone i consigli, con la docilità di un bambino, per mantenerci sulla strada giusta verso il paradiso, forti della saggezza popolare che ci ricorda come il diavolo “faccia le pentole ma non i coperchi”. È proprio alla missione di «ambasciatori di Dio» dei santi angeli custodi, nel giorno della loro memoria liturgica, che Francesco ha dedicato l’omelia della messa celebrata venerdì 2 ottobre, nella cappella della Casa Santa Marta.

Per la sua riflessione il Pontefice ha preso spunto dalla preghiera eucaristica iv, perché «c’è una frase che ci fa riflettere». Infatti «diciamo al Signore: “Quando, per la sua disobbedienza, l’uomo perse la tua amicizia, tu non lo hai abbandonato”». E, ancora, «pensiamo — ha suggerito Francesco — a quando Adamo è stato cacciato via dal paradiso: il Signore non ha detto “arrangiati come puoi!”, non l’ha lasciato solo».

Del resto, ha detto riferendosi alla prima lettura, tratta dal libro dell’Esodo (23, 20-23), Dio «ha sempre inviato aiuti: in questo caso si parla dell’aiuto degli angeli». Si legge, infatti, nel passo biblico: «Ecco, io mando un angelo davanti a te, per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che io ho preparato». Il Signore, dunque «non ha abbandonato» ma «ha camminato con il suo popolo, ha camminato con quell’uomo che aveva perso l’amicizia con lui: il cuore di Dio è un cuore di padre e mai abbandona i suoi figli».

Il Pontefice ha rimarcato che «oggi la liturgia ci fa riflettere su questo, e anche su un modo particolare di compagnia, di aiuto che il Signore ci ha dato a tutti: gli angeli custodi». Ognuno di noi, ha spiegato, «ne ha uno; ne ha uno che ci accompagna». E, ha aggiunto, proprio «nella preghiera, all’inizio della messa, abbiamo chiesto la grazia che nel cammino della vita siamo sorretti dal suo aiuto per poi godere, con loro, nel cielo».

Siamo «sorretti proprio dal loro aiuto: l’angelo che cammina con noi», ha ribadito il Papa, riferendosi all’espressione dell’Esodo: «Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato».

L’angelo custode «è sempre con noi e questa è una realtà: è come un ambasciatore di Dio con noi». E, sempre nel passo del libro dell’Esodo, proprio «il Signore ci consiglia: “Abbi rispetto della sua presenza!”». Così «quando noi, per esempio, facciamo una cattiveria e pensiamo» di essere soli, dobbiamo ricordarci che non è così, perché «c’è lui». Ecco, allora, l’importanza di «aver rispetto della sua presenza» e di «dare ascolto alla sua voce, perché lui ci consiglia». Perciò «quando sentiamo quell’ispirazione “Ma fa’ questo... questo è meglio... questo non si deve fare...”», il consiglio giusto è di ascoltarla e non di ribellarci all’angelo custode.

«Il mio nome è in lui» ha affermato ancora Francesco. E «lui ci consiglia, ci accompagna, cammina con noi nel nome di Dio». È sempre il libro dell’Esodo a indicare l’atteggiamento migliore: «Se tu dai ascolto alla sua voce e fai quanto ti dirò, io sarò il nemico dei tuoi nemici e l’avversario dei tuoi avversari». Ma «cosa vuol dire?», si è domandato il Papa. La risposta di Dio è chiara: «io sarò il tuo difensore, sarò sempre a difenderti, a custodirti. “Io!” dice il Signore, ma perché tu hai ascoltato i consigli, l’ispirazione dell’angelo».

Magari, ha proseguito il Pontefice, in alcune occasioni pensiamo di poter «nascondere tante cose»: è vero, «possiamo nasconderle». Eppure «il Signore ci dice che possiamo nascondere tante cose brutte, ma alla fine tutto si saprà». E «la saggezza del popolo dice che il diavolo fa le pentole, non i coperchi». Alla fine, perciò, «si sa tutto»; e «questo angelo, che noi tutti abbiamo, è per consigliarci, andare sul cammino». Dunque «è un amico, un amico che noi non vediamo, ma che sentiamo; è un amico che sarà con noi in cielo, nella gioia eterna».

«Dio ci manda l’angelo — ha detto Francesco — per liberarci, per allontanare il timore, per allontanarci dalla sventura». Ci «chiede soltanto di ascoltarlo, di rispettarlo»; dunque «soltanto questo: rispetto e ascolto». E «questo rispetto e ascolto a questo compagno di cammino si chiama docilità: il cristiano deve essere docile allo Spirito Santo», ma «la docilità allo Spirito Santo incomincia con questa docilità ai consigli di questo compagno di cammino».

È «l’icona del bambino» che Gesù sceglie «quando vuol dire come deve essere un cristiano». Ce lo rammenta il passo liturgico di Matteo (18, 1-5.10): «Chiunque si farà piccolo come questo bambino» sarà più grande nei cieli; e «guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli».

Queste parole di Gesù significano, ha spiegato il Papa, «che la docilità a questo compagno di cammino ci fa come bambini: non superbi, ci fa umili; ci fa piccoli; non sufficienti come quello orgoglioso e superbo. No, come un bambino!». Proprio «questa è la docilità che ci fa grande e ci porta in cielo».

Concludendo la sua meditazione, Francesco ha chiesto al Signore «la grazia di questa docilità, di ascoltare la voce di questo compagno, di questo ambasciatore di Dio che è accanto a noi nel nome suo», in modo che possiamo essere «sorretti dal suo aiuto, sempre in cammino».
E «anche in questa messa, con la quale noi lodiamo il Signore — ha concluso — ricordiamo quanto buono è il Signore: dopo aver perso l’amicizia non ci ha lasciato soli, non ci ha abbandonato», ma «ha camminato con noi, col suo popolo, e anche oggi ci dà questo compagno di cammino». Dunque, «ringraziamo e lodiamo il Signore per questa grazia e stiamo attenti con questo amico che il Signore ci ha dato».

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