30 ottobre 2013

Ex satanista avverte del pericolo halloween



Un quotidiano nazionale ha pubblicato la testimonianza di una donna che confessa di aver fatto un culto in una setta satanica e mette in guardia dai pericoli di celebrare Halloween o notte delle streghe.
Il quotidiano "El Norte", riporta le dichiarazioni di Cristina Kneer Vidal, ex occultista, ex satanista e spiritista di origine americana che vive a Hermosillo, Sonora, che si dice molto preoccupata del fatto che ogni 31 ottobre e decine di giovani e bambini vengono uccisi in tutto il Messico dalle sette sataniche.
Cristina Kneer Vidal ha chiesto alle famiglie di prendersi cura dei loro figli, nel paese vi sarebbero circa 1.500 "adoratori di Satana", che sono distribuiti principalmente in città come Guadalajara, Monterrey, Messico. Dice Cristina: "Non voglio spaventare nessuno, ognuno è libero di credere a quello che vuole, ma le mie parole devono essere prese in considerazione, almeno vi chiedo di ascoltarmi, ragionare e decidere ".
Secondo la Kneer, "migliaia di persone hanno inconsapevolmente adottato una pratica satanica [Halloween] e quindi stanno propiziando la crescita del satanismo in Messico, soprattutto nelle grandi città come Guadalajara e Monterrey."
Il quotidiano "El Norte" dice che Cristina Kneer ha trascorso molto tempo vicino al satanismo, ha incontrato il male e la cattiveria di molti satanisti con i quali viveva e dice: "Questi sono argomenti poco conosciuti, ho praticato la meditazione e ancora adesso me ne pento, sono arrivata a detestare Dio".
Secondo la Kneer il satanismo esiste in tutto il mondo e la sua pratica è antica quanto il culto a Dio. "Gli ambiziosi", ella nota, "hanno firmato un patto con il diavolo in cambio di ricchezza e di potere ed hanno offerto in cambio la loro anima". Dice Cristina Kneer: "'Essi pagano un prezzo terribile; non arriveranno mai ad avere la pace e inoltre sono puniti brutalmente anche dopo la loro morte" e avverte che "riconoscere un satanista è molto difficile perché sono politici, artisti, funzionari pubblici o commercianti che godono di prestigio" ma aggiunge "Ciò non significa che tutti i politici siano satanisti". La Kneer sostiene, inoltre, che in date come quella di Halloween [31 ottobre], i satanisti fanno la "messa nera" e spiega che "la Messa è officiare nel campo o in edifici chiusi fortemente protetti e iniziare con l'evocazione di Satana che spesso non si presenta perché, a differenza di Dio, non può essere ovunque ". A metà della "messa", ella dice, sono macellati animali come gatti, cani, e quando la "messa" è molto importante, come Halloween, sono fatti sacrifici umani. Per la Kneer "preferibilmente vengono scelti i bambini perchè non hanno peccato e sono i preferiti da Dio; prima della macellazione sono violati a privati della loro purezza ". Secondo la Kneer, oltraggiare o ferire un bambino dà il potere di Satana al satanista ed è un modo per prendersi gioco di Dio. Per la Kneer le celebrazioni sataniche, sono sempre tenuti in otto date diverse, anche se la più importante è la festa di Samhain o Halloween il 31 ottobre che celebra il nuovo anno satanico, spiega, "E' come il compleanno del Diavolo". "Le vittime", dice la Kneer, "sono state sacrificate, togliendo loro il cuore che viene consumato dai presenti, poi il corpo viene cremato e gettato in mare". Dice la Kneer, "Per i satanisti è molto facile sbarazzarsi dei corpi perché coloro che fanno la 'messa' nera sono molto importanti'.
Si avverte che nella notte di Halloween molti satanisti nascondono nei dolci e nella frutta che regalano ai bambini: coltelli, droghe, veleno o chiodi.
Attualmente, la Kneer e le altre donne che hanno partecipato a culti satanici hanno costituito un gruppo denominato SAL che mira a inviare ai satanisti un messaggio di speranza e la richiesta di non fare più danni. Dice la Kneer: "Ogni satanista che legge queste informazioni e desidera rifiutare o abbandonare satanismo può con l'aiuto di Dio, come abbiamo fatto, noi'.

http://www.gris-imola.it/ultime_notizie/ExsatanistaavvertedelpericolodiHalloween.php

27 ottobre 2013

Molti mi scrivono e mi chiedono – perchè lei scrive contro i testimoni di geova?



Di Rocco Politi, ex testimone di Geova

In tutte le mie interviste, i miei post, i miei video, desidero sempre parlare della mia tremenda esperienza nei testimoni di Geova e della pericolosità di tale moderna americana organizzazione per quanto riguarda l’opera di persuasione che essi operano,”goccia dopo goccia” sulla vittima di turno.

Il mio obiettivo è quello di informare che nei testimoni di Geova non esiste nessuna forma di libertà al libero dissenso, pena la disassociazione (espulsione), con la scusante della disobbedienza a Dio, una offensiva calunnia per milioni di ex testimoni di Geova che credono fermamente nel Vero Dio, ma non credono più nel dettame di questa organizzazione, dettame che cambia in continuazione.

Desidero mettere in risalto che i testimoni di Geova hanno un Dio confuso che i vertici dei testimoni di Geova vanno reinventando il loro credo, a scadenze periodiche, sicuramente per garantirsi qualche cosa di nuovo da dire, ma soprattutto anche per garantirsi una sicurezza economica. (Vedere l’epocale cambiamento nella loro rivista del 15 luglio 2013. – Un cambiamento che in poche pagine ha reso avariato un cibo spirituale che ha nutrito i testimoni di Geova per tantissimi anni.)

E poi si permettono di definire gli ex testimoni di Geova aiutanti del grande cuoco Satana il Diavolo.

E’ spaventoso, quanti sono i morti che essi hanno provocato, rifiutando le trasfusioni di sangue, in nome di una errata interpretazione della Sacra Bibbia e quanti ne continuano a morire ancora nei nostri giorni.

Un Dio che, è vero, vietava di mangiare carne animale contenente il sangue, ma che non castigò il suo popolo quando furono costretti a mangiarla, per non morire di fame.

Dio capisce le situazioni particolari e anche quando trasgredire è necessario, non incolpa l’uomo delle sue azioni.

Sono convinto che tutte le persone credenti nell’esistenza di un Dio di amore sentono dentro di loro che Dio non vorrebbe mai la nostra morte, rifiutando gli interventi medici necessari, incluso le trasfusioni di sangue per bambini e neonati.

Sono convinto che i testimoni di Geova se non cambiano, dovranno rispondere di tutte le morti che hanno provocato con la loro criticata e controversa credenza del rifiuto del sangue quando questa è essenziale per la vita.

Dovranno rispondere anche delle divisioni famigliari, fra coniugi, genitori e figli dovute alle mancate trasfusioni e all’ostracismo brutale quale conseguenza.

A proposito della mancanza di libertà nei testimoni di Geova, esistono migliaia di testimonianze di testimoni di Geova ed ex testimoni di Geova che hanno vissuto grandi sofferenze, causate proprio dai loro famigliari per essersi attenuti al dettame della moderna congregazione americana, intimoriti dalle conseguenze della mancata applicazione. L’OSTRACISMO!

L’ insegnamento che viene trasmesso dal vertice non ritiene neppure utile l’istruzione scolastica e la lettura di altri libri cristiani, ma solo le loro pubblicazioni, e in secondo posto la Bibbia, questa è la loro concezione di “vera conoscenza”.

Dio non ci ama attraverso l’imposizione, attraverso l’appartenenza a una moderna organizzazione americana che appare una prigione una non vita! Dio è AMORE.

Se i testimoni di Geova si possono chiamare cristiani, decidetelo voi!

Devono cambiare, devono essere controllati, perché fanno solo del male? Decidetelo voi!

Decidetelo tenendo conto che i testimoni di Geova prendono in giro Cristo, facendo presa con il loro falso insegnamento su persone momentaneamente deboli, su coloro che vivono situazioni particolarmente piene di problemi che vivono quotidianamente.

Dio e suo figlio Gesù non si approfittano di nessuno, insegnano l’amore,la carità,la misericordia,l’importanza di essere come bambini, il perdono!

Niente di tutto ciò rientra nell’insegnamento e nelle azioni dei testimoni di Geova.

Vietano, perfino la vita preferendo la morte con un rifiuto a una trasfusione essenziale alla sopravvivenza di un bambino, provocando divisioni e smembramento di tantissime famiglie!

Il contrario di quello che c’insegna Gesù, figlio di Dio che ha dato il suo proprio sangue in sacrificio in cambio del nostro riscatto.

Le mie esposizioni non vogliono minimamente dare l’impressione del disprezzo dei singoli testimoni di Geova, ma ritenengo non importante quello che gli uomini dicono in confronto a quello che Dio ha fatto scrivere nella Bibbia, e cerco di fare del mio meglio per evidenziare l’errore che i capi dei testimoni di Geova commettono sfruttando il nome di Dio e dell’autorità della sua Parola, la Bibbia, per innalzarsi su di un piedistallo costruito negli uffici americani della sede centrale per il proprio tornaconto.

Il mio scopo è quello di raggiungere il cuore di tutte le persone che mi leggono, con l’auspicio non solo, di farle riflettere seriamente ma nello stesso tempo chiedere una loro valutazione di ciò che ho scritto sperando che possano trarne profitto.

Non desidero esprimere un giudizio severo sui testimoni di Geova, ma penso che tutti coloro che hanno un contatto con i testimoni di Geova debbano riflettere attentamente sul loro insegnamento che è in aperto contrasto con tutta l’interpretazione della Bibbia fatta da ogni essere umano e religione su tutta la terra.

Trovo questa riflessione estremamente necessaria a mio avviso, la reputo fondamentale ed essenziale per coloro che stanno per dare credito ad un apparato organizzativo su scala mondiale, che pretende di essere “il solo canale attraverso il quale si può conoscere Dio e la sua Parola la Bibbia” addirittura arrivando al punto di affermare di essere gli unici a conoscere la verità in modo assoluto.

Occorre controllare attentamente per verificare se ciò che questa moderna organizzazione asserisce, è compatibile e corretto secondo i canoni della Parola di Dio.

Occorre constatare se nella sua storia affiorano elementi di evidentissima e inconfutabile verità, vale a dire se ci sono state predizioni eventi, avvenimenti poi avverati concretamente, insomma che l’hanno caratterizzata quale inconfondibile unica organizzazione di Dio sulla faccia della terra, unica verità come asseriscono.

Non voglio affermare che l’esame di un complesso argomento biblico, non possa essere preso in esame da una organizzazione religiosa per esprimere un suo giudizio.

Però, quando l’argomento biblico è chiaramente delineato, questi da solo non richiede nessun complicato rabbocco per essere capito e accettato.

Viceversa se una moderna organizzazione come i testimoni di Geova non ha elementi concreti che caratterizzano la incontestabile rivelazione divina su un certo argomento di natura spirituale, allora il discorso è completamente diverso.

Scende in campo l’intelligenza di ogni individuo che non si accontenta solo di semplici espressioni illusorie ma fa richiesta di concrete basi che la appagano e la soddisfano.

Con questa premessa vorrei chiedere:

Questa organizzazione ha sempre detto il vero in ogni tempo, senza rabbocchi di nessun genere?

L’insegnamento dei Testimoni di Geova è attendibile?

Per essere obiettivi è necessario sapere che:

Secondo la Bibbia è Dio che riveste della sua autorità chi deve comunicare la sua volontà agli uomini e li istruisce. Questo è un aspetto determinante per chi assolve questo ruolo perchè lo esalta a un ruolo di inconfondibile appartenenza e viene accreditato come LUCE DEL MONDO.

L’organizzazione dei testimoni di Geova oggi è inconfondibilmente accreditata quale unica LUCE DI DIO NEL MONDO?

La Bibbia è chiarissima anche in questo aspetto.

Chi parlava per conto di Dio è come se parlasse Dio stesso …..“Così dice Jahvè”.

Questo per affermare che il messaggio non era il prodotto di una volontà umana e neanche un adattamento che l’uomo concepiva seconda le varie situazioni e circostanze in cui veniva a trovarsi, come quella di rabbocare chiari insegnamenti divini per trarne vantaggi economici.

Chi parlava per Dio era lo strumento che Dio usava, per fare arrivare agli uomini la sua Parola.

L’organizzazione dei testimoni di Geova agisce come se a farlare sia effettivamente Dio?……..“Così dice Jahvè”.

Dalla loro nascita non ci sono mai stati rabbocchi?

Oppure continui cambiamenti stanno cancellando l’intero apparato dottrinale esistente?

Dio non può risiedere in mezzo a chi rabbocca continuamente.

Stupende parole come queste (Che il cielo deve ritenere fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose, dei quali Dio ha parlato per bocca di tutti i suoi santi profeti fin dal principio del mondo (Atti 3: 21)) chiamano a garante il cielo che deve ritenere fino ai tempi della restaurazione di ogni cosa le parole espresse per bocca dei veri rappresentanti di Dio.

Si possono applicare queste parole alla moderna organizzazione americana dei testimoni di Geova?

Parlare nel nome di “Dio o dire: “Dio mi ha mandato”, non è stato mai difficile sentirlo dire fin dai tempi antichi. Lo dicevano in tanti.

Ma come si poteva conoscere chi parlava veramente in nome di Dio e faceva conoscere la Sua volontà, rispetto a quello che diceva il falso, ma che pure diceva: “Dio ha detto, il Signore mi ha mandato”, mentre il Signore non aveva detto e non aveva mandato?

Ebbene Mosè per il primo, diede una precisa norma.

Quando il profeta parla in nome dell’Eterno e la cosa non succede e non si avvera, quella è una cosa che l’Eterno non ha proferito; l’ha detta il profeta per presunzione; non aver paura di lui (Deut. 18:22).

Per dare la dimostrazione che Dio non scherzava con le cose serie, attraverso lo stesso Mosè, ci fa sapere come doveva essere trattato un profeta che avvalendosi della sua libertà di parlare, agiva spinto dalla sua presunzione.

Ma il profeta che ha la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire o che parla in nome di altri dèi, quel profeta sarà messo a morte (Deut. 18:20).

Ma quel profeta o quel sognatore di sogni sarà messo a morte, perché ha parlato in modo da farvi allontanare dall’Eterno…………(Deut. 13:5).

Il profeta Geremia, mise in risalto alcuni aspetti che dovrebbero far ragionare chi è ancora testimone di Geova, perchè descrive quello che produceva nella vita del popolo, chi ascoltava il parere di coloro che si innalzavano a rivelatori di cose che Dio non aveva mai detto.

Allora dissi: ah, Signore, Eterno! Ecco, i profeti dicono loro: voi non vedrete la spada né soffrirete la fame, ma io vi darò una pace sicura in questo luogo.

L’Eterno mi disse: i profeti profetizzano menzogne nel mio nome; io non li ho

mandati, non ho ordinato e non ho parlato loro. Essi vi profetizzano una visione falsa, una divinazione vana e l’inganno del loro cuore. Perciò così dice l’Eterno riguardo ai profeti che profetizzano nel mio nome senza che io li abbia mandati,e dicono: Non ci sarà né spada né fame in questo paese, quei profeti saranno consumati dalla spada e dalla fame (Ger. 14:13–15).

Così dice l’Eterno degli eserciti: non ascoltate le parole dei profeti che vi

profetizzano. Essi vi fanno diventare spregevoli; vi espongono le visioni del loro cuore e non ciò che procede dalla bocca dell’Eterno (Ger. 23: 16).

Io non ho mandato quei profeti; ma essi sono corsi; non ho parlato loro, ma essi hanno profetizzato (Ger. 23: 21).

Ecco, dice l’Eterno, io sono contro i profeti che usano la loro lingua e dicono: Egli dice (Ger. 23:30,31).

Dio non ha mai scherzato e non si è mai comportato benigno e compassionevole con coloro che hanno di continuo rabboccato le sua parole e le hanno cambiate radicalmente.

Perché?

Perchè quando si nomina il suo nome, equivale ad implicare Dio nella menzogna. Parlare di menzogna e di falsità, oltre ad essere una caratteristica di Satana (Giov. 8: 44), è anche una chiara caratteristica dell’uomo, nel senso che l’errore e la menzogna, appartengono esclusivamente all’essere umano e non possono essere mai attribuite a Dio camuffandole di cambiamenti divini o nuove luci.

A tutti coloro che hanno sete di verità e giustizia sono rivolte le parole di Isaia

Guai a quelli che chiamano bene il male, e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro! (Is. 5:20).

Anche il profeta Ezechiele ha qualcosa da dirci per quanto riguarda i falsi

veggenti e il loro modo di agire:Hanno avuto visioni false e divinazioni bugiarde e dicono: l’Eterno ha detto, mentre l’Eterno non li ha mandati. Tuttavia essi sperano che la loro parola si adempie. Non avete forse avuto visioni false e non avete proferito divinazioni bugiarde? Voi dite: l’Eterno ha detto, ma io non ho parlato. Perciò così dice il Signore, l’Eterno: Poiché avete proferito falsità e avete avuto visioni bugiarde, eccomi contro di voi, dice il Signore, l’Eterno (Ez. 13:6–8)

Chi parla quando l’Eterno non ha parlato e va quando Egli non lo ha mandato, e poi “sperare che la parola detta si avveri”, è un modo di metter alla prova Dio e addirittura come voler mettersi al suo posto, inventando nuovi rabbocchi trasformandoli in luce progressiva.

Per concludere chiedo a tutti i testimoni di Geova battezzati, inattivi, titubanti, incerti, insicuri, indecisi, a coloro che stanno studiando con essi a tutti coloro che sono simpatizzanti, a tutti coloro che aprono loro la porta chiedetevi:

L’insegnamento dei Testimoni di Geova è attendibile?

Alla luce di quanto dice la Bibbia sulla parola che Dio emette e non cambia mai e chiama a testimone come garante il cielo, lascio a ogni uno di voi la risposta!

Ma non dimenticate le parole:

Ecco, dice l’Eterno, io sono contro i profeti che usano la loro lingua e dicono: Egli dice (Ger. 23:30,31).

Quando Dio dice una cosa ed è Egli che ha parlato, si verificherà immancabilmente, senza rabbocchi e false nuove luci.

Così sarà la mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non ritornerà a me a vuoto, senza avere compiuto ciò che desidero e realizzato pienamente ciò per questo l’ho mandata. Is..55:11

http://www.roccopoliti.it/?p=2874

25 ottobre 2013

Un Dio.... nazista? - dal solito autonominatosi "dottore della parola":

"possiamo definire la germania nazista di Hitler una ‘verga dell’ira di Dio’ contro certe nazioni e persone? 
Sì, perchè il terzo reich di Hitler portò morte e distruzione in altre nazioni per volere di Dio"




24 ottobre 2013

Che cos’è il culto dei Santi?



Molto spesso si sente condannare il culto dei santi come una forma di negromanzia. Per cui basta citare qualche passo della Bibbia, dove giustamente viene condannata, e la dimostrazione è bella che pronta. Per chi è abbastanza superficiale da crederci.
Se invece vogliamo vedere le cose per quelle che sono, dobbiamo capire prima di tutto cosa si intenda esattamente per negromanzia e cosa, invece, per culto dei santi. E poi stabilire se vi sia qualche connessione. Partiamo da qualche definizione di necromanzia:
«Arte divinatoria che comprende diverse pratiche occulte di magia, prima fra tutte l’evocazione degli spiriti e delle anime di persone morte SIN stregoneria»

«La necromanzia (dal greco νεκρομαντία, nekromantía) è una forma di divinazione in cui i praticanti (detti necromanti) cercano di evocare degli “spiriti operativi” o “spiriti della divinazione” per varie ragioni, dalla protezione spirituale alla saggezza. La parola deriva dal greco νεκρός (nekrós), “morto”, e μαντεία (manteía), “divinazione”. Comunque, a partire dal medioevo, la necromanzia è stata associata ampiamente alla magia nera e all’evocazione di demoni in genere, perdendo a volte il suo significato originario: la forzatura dello spirito di un morto in un corpo umano utilizzando energia astronomica.»

Insomma, è una pratica che ha a che fare coi morti. E i santi sono morti. Ma è un po’ poco per creare un’associazione. La già citata condanna biblica si trova nel Deuteronomio:
«Non si trovi in mezzo a te chi immola, facendoli passare per il fuoco, il suo figlio o la sua figlia, né chi esercita la divinazione o il sortilegio o l’augurio o la magia;
né chi faccia incantesimi, né chi consulti gli spiriti o gli indovini, né chi interroghi i morti,
perché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore»
(Deut 18, 10-12)

Che cosa si intende, invece, per “culto dei santi”? Il culto non è qualcosa da rendere solo a Dio? Il passo più citato, a riguardo, è senza dubbio quello delle tentazioni di Cristo:
«Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse:

“Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai”.
Ma Gesù gli rispose: “Vattene, satana! Sta scritto:
Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto”.»
(Matteo 4, 8-10)

Solo che una lettura un pò meno superficiale di quella che circola di solito in certi ambienti, permette di capire meglio la giusta interpretazione di questo passo. Satana ha chiesto a Cristo di adorarlo, e Cristo ha risposto che il culto di adorazione è solo per Dio. Tutto qui. Il punto è che le parole possono assumere significati diversi, si tratta di intendersi. Il dizionario etimologico chiarisce che per culto si può intendere quello di adorazione legato alla divinità, o semplicemente un più laico “Onore e Venerazione affettuosa verso persone o cose che ne siano degne”. E il culto dei santi rientra proprio in questa seconda categoria, essendo un culto di venerazione. Venerazione che a sua volta può essere intesa come adorazione oppure come “profondo rispetto, ammirazione, stima: trattare qualcuno, qualcosa con v.”. Davvero dovremmo credere che il messaggio di Matteo 4, 8-10 sia quello di vietare ogni forma di profondo rispetto verso persone? Non sarebbe solo un’interpretazione sbagliata, vorrebbe dire operare un grave fraintendimento del senso logico e grammaticale del passo stesso.

L’INTERCESSIONE DEI SANTI

Quindi, anche secondo la Bibbia, è negromanzia invocare i morti per interrogarli o per altri fini. Cosa che richiede dei rituali magici ben precisi. Ora, invece, il culto dei santi si basa semplicemente sulla convinzione della potenza della preghiera in comune (vedi Matteo 18, 19-20). Cioè sulla richiesta di intercessione, che si può fare anche con i vivi. In altre parole, se qualcuno vi chiede di pregare, non sta cercando di invocare il vostro spirito a fini divinatori ma solo di unirvi a lui nella preghiera. Questo vale per i vivi come per i morti. Pertanto, anche se i santi sono morti, chiedere la loro intercessione non ha nulla a che fare con la stregoneria e consimili.

Esempi di richieste di intercessioni fatte a santi, ce ne sono nella stessa Bibbia. Basta pensare al passo degli Atti dove si legge:

«Dio intanto operava prodigi non comuni per opera di Paolo, al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui e le malattie cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano» (Atti 19, 11)

Oggi qualcuno griderebbe all’idolatria, soprattutto per l’uso dei fazzoletti. E in effetti taluni sembrano avere un concetto talmente stretto di idolatria che, se applicato alla Bibbia, perfino questa ne uscirebbe a pezzi. Il culto dei santi, quindi, è la semplice credenza nel potere di intercessione di figure come Paolo (e non nella divinizzazione della sua persona): niente di più e niente di meno.
Il mondo dei morti nella Bibbia

Sgombrato il campo da questo primo equivoco, bisogna affrontare il problema del ruolo e dello stato dei morti. Fra i Testimoni di Geova e gli evangelici (una coincidenza?) è molto forte l’idea che i morti vivano in uno stato di incoscienza, una specie di limbo. Convinzione questa che – paradossalmente – non trova alcuno sostegno nelle Scritture, anzi. Potrebbe sembrare questo un aspetto secondario, in realtà è una questione importante visto che Lutero non esitò a sforbiciare dalla Bibbia tutti quei passi – e talvolta interi libri – colpevoli di non accordarsi alle sue teorie.
Il più famoso è senza dubbio il passo del secondo Libro dei Maccabei (12, 38-45) dove si legge un esempio di vivi che intercedono per i morti. Testimoniando cioè di un rapporto dinamico vivi-morti. Forse anche il terzo capitolo del libro di Daniele è stato tagliato per il verso 86 che recita:
«Benedite, spiriti e anime dei giusti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.»

Ma da questa opera di rimaneggiamento, qualcosa si è salvato. Soprattutto passi del Nuovo Testamento che nemmeno Lutero ebbe il coraggio di toccare. Il primo è senza dubbio quello della trasfigurazione di Gesù (cfr. Matteo17, 1-8) dove Mosè ed Elia appaiono per conversare amabilmente. Se si può obiettare che, secondola Bibbia, Elia non sia morto lo stesso non si può dire per Mosè. Il quale invece morì senza dubbio e fu sepolto (Deuteronomio 34, 5-8). Quindi il Nuovo Testamento, ci offre l’esempio di un morto (Mosè) che appare sulla terra e conversa con Cristo. Niente magia e niente “limbo”, quindi, in cui i morti riposano senza avere più niente a che fare con le vicende terrestri. Ma non potrebbe trattarsi di un caso straordinario, di un antico profeta che esce dal limbo (di cui, ripetiamo, non si parla mai nella Scrittura) per rendere omaggio al Messia?
No, anche perché il Nuovo Testamento offre un passo ancora più significativo a riguardo. Nell’Apocalisse si legge
«Poi venne un altro angelo e si fermò all’altare, reggendo un incensiere d’oro. Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sull’altare d’oro, posto davanti al trono.
E dalla mano dell’angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme con le preghiere dei santi.»
(Ap. 8, 3-4)

È però necessario interrogarsi sui personaggi di questi due passi biblici. Si riferiscono davvero a dei morti? Per quanto riguarda il libro di Daniele, è lo stile del capitolo che ci dà informazioni in questo senso. Infatti tutto il finale del capitolo segue uno schema fisso, quello del “benedite…il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli”. Il soggetto è, di volta in volta, espresso in vocativo senza mai riferimento a spiriti e anime. Ovvero, sono gli angeli, i servi, i sacerdoti ecc… che devono benedire il Signore, non le loro anime. Il fatto che questa precisazione si trovi solo per i giusti, vuole indicare che si tratta di persone che ormai sono solo “spiriti a anime”.

I SANTI DELL’APOCALISSE

Ancora più chiaro lo status dei santi di cui parla l’Apocalisse. Infatti, si legge nel capitolo immediatamente precedente che:
«Uno dei vegliardi allora si rivolse a me e disse: “Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono?”. Gli risposi: “Signore mio, tu lo sai”. E lui: “Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuario; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.» (Ap 7, 13-15)
Si tratta chiaramente dei martiri, di coloro che – come abbiamo visto nel post sulle origini storiche del culto dei santi – erano chiamati, per l’appunto, santi dalle prime comunità cristiane. E i martiri, è ovvio, sono morti. L’Apocalisse, dunque, non ci parla di un “limbo” in cui ci sono dei santi persi nella contemplazione di Dio e che quindi non devono essere “disturbati”. No, abbiamo dei santi che prestano servizio come gli angeli. E come gli angeli si occupano di quello che interessa a Dio: l’umanità. E quindi pregano e le loro preghiere salgono “davanti a Dio”. Tanto che l’Apocalisse, facendo ancora un salto indietro, ci presenta anche una di queste preghiere nel sesto capitolo:
«Quando l’Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa.
E gridarono a gran voce:
“Fino a quando, Sovrano,
tu che sei santo e verace,
non farai giustizia
e non vendicherai il nostro sangue
sopra gli abitanti della terra?”.
Allora venne data a ciascuno di essi una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro.» (Ap 6, 9-11)

I MORTI NELLA TRADIZIONE

Molti vanno dicendo che pratiche come quelle di far dire messe per i morti, siano figlie della dottrina del Purgatorio che effettivamente fu consapevolmente elaborata , dal punto di vista teologico, nel Medioevo. Niente di più falso. Se guardiamo a Padri della Chiesa del calibro di sant’Agostino, sant’Ambrogio e del meno noto san Paolino di Nola, ci accorgiamo che già nei primi secoli del Cristianesimo quel rapporto dinamico morti-vivi, del resto teorizzato dalla Bibbia, era del tutto accettato e praticato. Infatti, come approfondito in un altro post , furono le sopra dette figure (spesso citate dagli stessi protestanti) a incoraggiare il culto dei santi. Certo, non mancavano abusi e polemiche ma nessuno si sognava di accostare la comunione dei santi all’evocazione dei morti. In particolare, è interessante soffermarsi su un breve scritto di Agostino intitolato sulla “Sulla cura dovuta ai morti” che è interamente consultabile online. Si tratta di una risposta sollecitata dall’amico Paolino di Nola sull’utilità della pratica – sempre più diffusa – di farsi seppellire vicino ai martiri. Quello che a noi interessa qui sono le riflessioni che il quesito induce in Agostino. Prima di entrare nel merito, infatti, il grande pensatore afferma l’utilità delle preghiere per i defunti:
Nei libri dei Maccabei si legge che venne offerto un sacrificio per i defunti 2. Ma anche se in nessun luogo delle antiche Scritture si leggesse qualcosa di simile, non poca cosa sarebbe l’autorità della Chiesa universale che si manifesta in questa usanza quando, tra le preghiere che dal sacerdote vengono innalzate al Signore nostro Dio davanti al suo altare, c’è un posto preminente la preghiera per i defunti (1. 3)
Qui Agostino, oltre a dirci che già ai suoi tempi le preghiere per i morti erano pratica comune, ci informa anche che si tratta di una tradizione antica. E che a prescindere dalla Scrittura, ci si può prestare fede per l’autorità della Chiesa. Come se non bastasse, continuando a leggere si trova scritto che la sepoltura nei pressi dei santuari ha una qualche utilità se intesa nel modo giusto.
Verso la fine dello scritto, sant’Agostino si interroga anche sul problema di base: il rapporto fra i vivi e i morti. In particolare, confronta l’intervento dei morti con quella che definisce una sua opinione personale: che i defunti non possano conoscere le vicende terrestri (13. 16). Opinione che sembra basata su una considerazione particolare: in sostanza se sua madre morta potesse vedere costantemente la vita del figlio, non avrebbe pace. Opinione personale che però in alcun modo giunge alla negazione della dinamicità del rapporto vivi-morti. Infatti, nei punti successivi, l’autore suppone che ai morti sia fatto conoscere quello che loro interessa per vie traverse, tramite gli angeli oppure dalle notizie in possesso di altri defunti. Il tutto per arrivare al punto decisivo: i morti non possono fare niente (nè vedere nè intervenire), ma lo possono se Dio lo vuole (16. 9). E, ovviamente, a Dio tutto è possibile.

CONCLUSIONI

La Bibbia dunque ci mostra dei morti che pregano Dio, e pregano per la terra. In sostanza, se davvero nel Cristianesimo delle origini (di cui, purtroppo, molto spesso si favoleggia) ci fosse stato questo orrore sacro per qualsiasi cosa che avesse a che fare coi morti, molto difficilmente si troverebbero nella Bibbia antichi profeti che scendono sulla Terra per conversare o santi che pregano davanti al trono di Dio. Del resto la comunione dei santi si trova già nel simbolo apostolico, una comunione che neanche la morte (ormai sconfitta da Cristo) può spezzare. Per questo Paolo fa notare che
«Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione… » (Eb 12, 22-23)
Cioè entrare nella Chiesa, vuol dire entrare in una comunione anche con gli “spiriti dei giusti portati alla perfezione”. Una Chiesa che non è una sorta di società a tempo determinato, un mero club umano. Bensì una realtà eterna con componenti diverse ma strettamente collegate. Del resto, come abbiamo visto nel post sopra citato, una delle più appariscenti innovazioni del Cristianesimo fu proprio l’instaurarsi di un nuovo, e più dinamico, rapporto tra i vivi e i morti.

http://apologeticon.wordpress.com/2011/04/30/il-culto-dei-santi-e-necromanzia/

23 ottobre 2013

i riformatori Martin Lutero e Giovanni Calvino sostenevano la perpetua verginità di Maria, la Madre di Gesù.

Lutero disse:
‘Cristo … fu il solo Figlio di Maria, e la Vergine Maria non ebbe altri figli oltre a Lui … Io sono incline ad essere d’accordo con quelli che dichiarano che ‘fratelli’ veramente significa ‘cugini’ qua, perché la Sacra Scrittura e gli Ebrei chiamano i cugini sempre fratelli’ (Sermoni su Giovanni, cap. 1-4 [1539]).

Calvino disse:
‘Elvidio ha mostrato eccessiva ignoranza nel concludere che Maria deve avere avuto molti figli, perchè alcune volte sono menzionati i ‘fratelli’ di Cristo’ (Harmony of Matthew, Mark and Luke, sec. 39 [Geneva, 1562], vol. 2 / From Calvin’s Commentaries, translated by William Pringle, Grand Rapids, Michigan: Eerdmans, 1949, p. 215; on Matthew 13:55),

ed anche:
‘[Su Matteo 1:25] La conclusione che lui [Elvidio[ ha tratto da esso fu che Maria rimase una vergine fino alla sua prima nascita [cioè fino al suo primo figlio], e che in seguito ella ebbe altri figli da suo marito … Nessuna giusta e ben fondata conclusione può essere tratta da queste parole … in merito a quello che accadde dopo la nascita di Cristo. Egli è chiamato ‘primogenito’; ma con il solo scopo di informarci che egli nacque da una vergine … Lo storico non ci informa di ciò che avvenne dopo …’ (Pringle, ibid., vol. I, p. 107)

Thomas Henry Louis Parker, nel suo libro Calvin: an Introduction to his Thought (Westminster John Knox Press, 1995), conferma che Calvino sosteneva la perpetua verginità di Maria: ‘… la Nascita Verginale, che Calvino sosteneva, assieme alla perpetua verginità di Maria’ (pag. 66)

Lutero addirittura sosteneva pure l’immacolata concezione di Maria, molto tempo prima quindi che ciò diventasse dogma nella Chiesa Cattolica Romana, infatti egli disse:

‘E’ una credenza dolce e pia che l’infusione dell’anima di Maria fu effettuata senza peccato originale, cosicché nella stessa infusione della sua anima ella fu anche purificata dal peccato originale e adornata di doni di Dio, ricevendo un’anima pura infusa da Dio; perciò dal primo momento che ella cominciò a vivere, ella fu libera da ogni peccato’ (Sermone: ‘Sul giorno della concezione della Madre di Dio’, 1527),

ed anche:

‘Ella è piena di grazia, viene dichiarata essere completamente senza peccato – qualcosa di estremamente grande. Perchè la grazia di Dio la riempie di ogni cosa buona e la rende priva di ogni male’ (Libro di Preghiera Personale (‘Piccolo’), 1522).

se certi riformati o chiese e chiesucce di turno (nate tutte dalla riforma) non vogliono credere a quello che insegna la Chiesa Cattolica, abbiano almeno la decenza di credere ai loro padri fondatore


La Storia del Canone Biblico

Per poter parlare di canone biblico occorre stabilire quanti e quali siano in concreto i libri ispirati. Si cercherà di mostrare come i libri ispirati furono uniti nel tempo insieme, formando la collezione chiamata Canone biblico. Esamineremo, nelle linee generali, questo lento processo, dopo aver premesso alcune necessarie nozioni.

Il criterio della canonicità è il medesimo dell’ispirazione, con la sola differenza che, mentre il criterio per l’ispirazione è applicato a tutti i libri sacri in generale, il criterio per la canonicità è applicato a ciascun libro in particolare. Tale criterio è la Tradizione apostolica della Chiesa. Questa Tradizione si manifestò fin dagli inizi della comunità cristiana, attraverso forme concrete: testimonianze dei Padri e degli scrittori ecclesiastici, citazioni di brani dell’AT e NT attribuiti a Dio, decisioni sinodali, lettura liturgica.

Il termine canone biblico designa fina dal sec III i cataloghi ufficiali dei libri ispirati, i quali costituiscono, insieme con la Tradizione, la regola della fede. Dal termine canone si forma l’aggettivo canonico, nel senso d’appartenente al canone, e il verbo canonizzare (ammettere nel canone). In epoca più recente è stato formato il termine astratto di canonicità per indicare l’appartenenza di un libro al catalogo dei testi ispirati.

Sebbene esista uno stretto legame fra il termine canonico ed ispirato, essi corrispondono formalmente a due aspetti diversi. Coincidono nella verità di fede che tutti i libri canonici sono ispirati. Differiscono nel concetto ontologico: l’ispirazione fa riferimento all’origine divina dei libri sacri; la canonicità, al loro riconoscimento da parte della Chiesa. La canonicità dunque presuppone l’ispirazione: un libro è canonico poiché ispirato, non viceversa.

La Bibbia è il testo contenente la rivelazione che Dio fa di se stesso, i suoi interventi capaci di fare della storia umana una storia della salvezza, garantendo agli uomini, protagonisti e destinatari del messaggio, la verità in quanto contiene e comunica.
Il termine Bibbia è un vocabolo d’origine greca (βιβλία = libro), usato in italiano nella sua forma plurale per indicare i libri che la compongono. La Bibbia si presenta al lettore come una gran biblioteca. Per gli ebrei e i cristiani la Bibbia è molto più di un documento ricco di storia, di cultura e di religiosità. E' la parola della nostra salvezza, capace di convertirci e trasformarci.



ISPIRAZIONE E CANONICITÀ

Fin dall’inizio, i libri ispirati ricevettero l’approvazione apostolica, nel fare ciò la Chiesa fu guidata con infallibilità dallo Spirito Santo il quale, dopo aver ispirato gli apostoli nel proclamare autenticamente la Rivelazione, la ha assistita lungo i secoli per conservare, custodire e proclamare il deposito della Rivelazione. Il rapporto tra Scrittura e Tradizione è il nesso di fondamento al criterio di canonicità nella teologia cattolica.

In Israele

Per quanto riguarda la Tradizione in Israele, ad un’uniformità si arrivò soltanto dopo il 70 d C, quando distrutta Gerusalemme, i farisei divennero i dirigenti indiscussi della comunità ebraica, imponendo le loro credenze religiose. Anteriormente la questione era molto discussa, non esisteva un magistero dogmatico unificante. Riguardo al canone, risulta evidente la mancanza d’unità.

La discussione riguardava i libri da considerare fondamentali e quelli accessori, in un dibattito sempre più crescente tra la comunità della Palestina e quelle della diaspora. Probabilmente la comunità ebraica d’Alessandria attribuiva ai deuterocanonici (1) un’autorità normativa uguale ai libri protocanonici. Difatti, non sembra si possa dare altra spiegazione all’inserimento nella versione greca della LXX dei deuterocanonici, lasciando da parte molti altri libri circolanti negli ambienti giudeo-ellenistici, fra i quali molti apocrifi veterotestamentari, non come gruppo separato, nella forma d’appendice o di raccolta marginale, ma nello stesso corpo della versione, attribuendo loro l’identico valore.

Forse in Palestina, alcuni gruppi religiosi, accettavano i deuterocanonici. Infatti, tra le comunità di Gerusalemme e d’Alessandria ci furono sempre buone relazioni, e non risulta ci fossero state dispute riguardo al canone biblico.

Da diversi dati si può dedurre come all’inizio dell’era cristiana i libri deuterocanonici godevano di stima fra gli ebrei della Palestina. Il Siracide fu considerato come scrittura sacra fino al sec. X; 1Mac, Baruc, Tobia e Giuditta erano letti pubblicamente nelle sinagoghe; anche l’ispirazione del libro della Sapienza fu in discussione fino al sec VI.

Da quanto detto sembra si possa formulare la seguente teoria. Fino l’anno 70 d C, nel giudaismo non c’era un’unica opinione sui libri da considerarsi sacri ed ispirati. La religione era centrata sul Tempio, e non si era trasformata, come posteriormente, in una religione del libro. Dopo la distruzione di Gerusalemme e del Tempio, e la fine del sacerdozio levitino, la situazione cambiò profondamente. I farisei raggiunsero un’egemonia spirituale assoluta. Seguendo la tradizione dei padri, vollero assicurare la vita religiosa della nazione, stabilendo le basi ferme del giudaismo. Sottomisero i libri ad uno scrupoloso esame, sia per definire il testo valido sia per delimitare l’estensione del canone.

Nella storia della Chiesa l’agire divino degli agiografi, è stato sempre compreso come un dono, capace di perfezionare le capacità umane affinché divengano fedeli collaboratrici del volere divino. L’agire di Dio nell’uomo è stato descritto dalla teologia e il Magistero lo ha sottolineato, in particolare in due importanti passi: uno nella Providentisimus Deus "Dio stesso così li stimolò e li mosse a scrivere con la sua virtù soprannaturale, così li assisté mentre scrivevano, di modo che tutte quelle cose e quelle sole che Egli voleva le concepissero rettamente con la mente, e avessero la volontà di scriverle fedelmente e le esprimessero in maniera atta con infallibile verità: diversamente non sarebbe Egli stesso l’autore di tutta la Sacra Scrittura" (EB125 DS3293); l’altro nella Spiritus Paraclitus "Dio con un dono della sua grazia illumina lo spirito dello scrittore riguardo alla verità che questo deve trasmettere agli uomini per ordine divino. Egli suscita in lui la volontà e lo costringere a scrivere; gli conferisce un’assistenza speciale fino al compimento del libro" (EB448 DS3651).

Nella Dei Verbum [di seguito DV] la dottrina è riassunta con le parole: "Per la composizione dei libri sacri, Dio scelse e si servì di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo Egli in essi e per loro mezzo, scrivessero come veri autori, tutte soltanto quelle cose che egli voleva fossero scritte" (DV11). Questa formula indica come le facoltà e le forze dell’agiografo intervennero nella composizione dei libri sacri, poiché adoperate da Dio.

La DV contiene anche un’esplicita affermazione sul criterio di canonicità della Bibbia: "È questa tradizione che fa conoscere alla Chiesa l’intero canone dei libri sacri e nella Chiesa fa più profondamente comprendere e rendere interrottamente operanti le stesse sacre Scritture" (DV8). Questo testo asserisce un dato di fatto, verificabile nella storia della formazione del canone della sacra Scrittura, e un dato di fede: sottolinea l’importanza primaria e insostituibile della Tradizione apostolica nella determinazione del canone biblico. L’affermazione fatta dalla DV ribadisce che l’elenco completo dei libri, come lo troviamo dai concili africani d’Ippona e Cartagine in poi, è stato trasmesso dagli apostoli, consentendo alla Chiesa di fissare con certezza i libri ispirati e di proclamare il canone come vero dogma di fede.

CANONE EBRAICO

La Chiesa ha ricevuto il canone biblico dell’AT attraverso Gesù e gli apostoli, questi approvavano, almeno implicitamente, e trasmisero l’insieme dei libri ritenuti sacri dalla tradizione ebraica. Nonostante ciò, la lista canonica sancita nel Concilio di Trento, corrispondente all’antica edizione latina Volgata e alla versione greca dei LXX (sec III/II a C), non coincide con il canone ebraico per quanto si riferisce ai deuterocanonici. Il motivo di questa differenza è ancora un problema aperto. Per spiegare questa differenza e come si è costituito il canone accettato dalla Chiesa cercherò di esporre come si formò il canone dell’AT fra gli ebrei.

Serve ricercare come si formò il canone dei protocanonici presso gli Ebrei e cosa pensassero dei deuterocanonici. Non c’è dubbio sul pensiero dei giudei in favore dei protocanonici, rimane incerto quale fossero le diverse opinioni riguardo ai deuterocanonici.

Secondo l’uso corrente i protocanonici dell’AT sono 39. Antichi documenti giudaici (l’apocrifi IV Esdra, il Talmud babilonese, con altri scritti rabbinici) e due scrittori ecclesiastici (S.Gerolamo, S.Ilario di Poitiers) ne contano solo 24; questa cifra è una riduzione ottenuta mediante raggruppamenti di libri simili tra loro e sostanzialmente corrispondente alla cifra precedente.

Causa il numero esiguo di documenti, è impossibile tracciare una storia completa ed esauriente del canone dei protocanonici dell’AT i pochi dati ci permettono di stabilire soltanto le linee generali.

Le tre raccolte

Nella Bibbia ebraica i protocanonici dell’AT sono distribuiti in tre gruppi: la Legge, i Profeti, gli Scritti. Questa tripartizione è attestata da antichi documenti, i quali menzionano le prime due con i loro nomi ben determinati, il terzo con termini diversi. Queste ripartizioni dimostrano che il canone dell’AT non si formò di getto, ma lentamente e in varie tappe.

La canonizzazione della prima raccolta ha una propria storia, anche se nota solo in modo approssimativo, permette di ritenere come certo il riconoscimento del suo valore sacro e normativo; tale storia ebbe una fase decisiva, se non finale, nel sec IV a C, per opera di Esdra (2) . L’importanza di questa prima raccolta è tale che con il termine Legge a volte s’indicava tutto l’AT.

La canonizzazione della seconda raccolta era già terminata nei primi anni del sec II a C. Tale affermazione è verosimile, non è certa la conclusione prima della terza parte non si può ricavare con certezza dalle espressioni dove la formula Legge e Profeti equivale all’intero AT: si tratta dell’indicazione delle parti principali per il tutto.

La canonizzazione degli Scritti, iniziata con Ezechia, si sviluppò lentamente: non si può stabilire quando sia giunta a compimento. Dall’aggiungere alla Legge anche i Profeti e gli Scritti, possiamo dedurre come i giudei riconoscessero alla seconda e alla terza raccolta lo stesso valore normativo attribuito alla Legge: le consideravano raccolte di libri sacri.

Che cosa pensavano gli Ebrei dell’ispirazione dei deuterocanonici è ancora molto discusso. Le opinioni sono tre:

a.     il canone giudaico sarebbe stato unico per tutti gli Ebrei, sia della diaspora sia della Palestina, e breve, cioè senza i deuterocanonici;

b.     secondo altri il canone giudaico sarebbe stato unico per tutti e lungo, con i deuterocanonici, solo in un secondo tempo gli Ebrei palestinesi, rappresentati dai farisei, avrebbero escluso i deuterocanonici, ritenuti canonici dagli Ebrei alessandrini e della diaspora;

c.     infine il canone giudaico sarebbe stato duplice: breve per i palestinesi, lungo per gli alessandrini; però gli stessi palestinesi avrebbero avuto una stima particolare almeno verso alcuni deuterocanonici.

La chiusura del canone

Quando avvenne la chiusura del canone ebraico e da chi fu operata? Questioni alle quali, attualmente, non è possibile rispondere. Verso l’anno 130 a C, un autore legato all’Ecclesiastico parla di una traduzione della Legge dei Profeti e degli altri libri; verso lo stesso periodo il 1Mac parla di libri sacri, testi che godono di una particolare venerazione presso il popolo d’Israele; il 2Mac 3,13 riferisce che tra le attività riorganizzative di Neemia vi fu anche una biblioteca, probabilmente, comprendente anche altri testi accanto ai libri sacri.

Alle soglie dell’era cristiana, tra gli Ebrei vi erano ancora delle esitazioni: il giudaismo palestinese rivela la tendenza a considerare sacri soltanto i libri antichi, scritti soprattutto in ebraico, e non quelli scritti in greco, questa è la tendenza, principalmente, dei farisei.

Questi sembrano attenersi a tre criteri fondamentali di canonicità:

a.     l’antichità del libro, per questo dovevano considerarsi ispirati soltanto i libri scritti prima della fine dei profeti, ritenendo come ultimo Malachia (sec V);

b.     essere scritti nella lingua sacra (ebraico o aramaico);

c.     la conformità con i principi religiosi del fariseismo.

L’ambiente sadduceo, e quello samaritano, considerava canonico soli il pentateuco; mentre nella diaspora alessandrina, a Qumran , forse si riteneva non ultimata la parola di Dio e si attendeva ancora un messaggio ispirato. Nella diaspora si riconosce una vera autorità divina ai deuterocanonici, a Qumran, probabilmente, si dava la stessa autorità a certi scritti della setta.

La lingua

La lingua ebraica fa parte del ceppo semitico nord-occidentale, comprendente l’ugaritico, il cananeo, il moabitico, il fenicio ed altre lingue.

Le origini sia della lingua sia della scrittura ebraica sono certo anteriori al popolo: si tratta essenzialmente della lingua parlata in Canaan (Palestina) quando sopraggiunse il gruppo di immigrati da cui si sviluppo il popolo ebraico. Secondo un’opinione comune il proto-ebraico, è la lingua parlata dagli immigrati, corrispondente al cananeo centro-meridionale che la famiglia patriarcale, e poi gli Ebrei venuti dall’Egitto, trovarono in Palestina nella forma particolare assunta in bocca agli immigrati.

La scrittura dell’ebraico ha avuto tre momenti principali: l’uso dell’alfabeto fenicio, l’uso dell’alfabeto quadrato o aramaico, la puntazione masoretica. In Palestina furono usate anche la scrittura cuneiforme e in minor misura quella geroglifica egiziana, ma erano scritture estranee agli indigeni. Nel periodo postesilico, gli Ebrei adottarono la scrittura quadrata, cioè i segni alfabetici dell’aramaico, e gli antichi testi furono trasportati nel nuovo alfabeto (3).

I testi

Gli autografi degli scrittori sacri nessuno finora ci è giunto, il testo sacro fu però più volte trascritto e nelle copie subì varie vicende, per chiarezza, possiamo dividerle nei quattro seguenti periodi:

1.     dalle origini al sec I d C, il primo periodo è caratterizzato dalla varietà del testo: quasi tutte le alterazioni (4) da noi oggi conosciute risalgono a questa epoca;

2.     dal sec I d C al IV, caratteristica di questo periodo è la codificazione del testo delle consonanti per opera degli scribi;

3.     dal sec IV al X, in questo periodo fu fissato il testo delle vocali, per opera dei Masoreti (5);

4.     dal sec X in poi, dall’epoca dei Masoreti fino all’invenzione della stampa il testo ebraico fu trascritto sempre secondo le norme della Masora [di seguito TM], con fedeltà maggiore o minore a seconda che le copie erano destinate all’uso pubblico, nella Sinagoga, o privato; di qui un certo numero di varianti nei codici pervenuti fino a noi.

La prima versione greca della Bibbia (sec III-II a C) sorse ad Alessandria d’Egitto, destinata ai Giudei ellenisti ivi residenti, i quali generalmente non comprendevano più l’ebraico. Iniziata verso la metà del sec III a C, terminò sulla fine del sec II a C. La versione è detta Alessandrina dal luogo, più comunemente dei Settanta [di seguito detta LXX] dal numero tradizionale dei traduttori (6).

                   La Settanta

Fu eseguita da più persone di ben diversa capacità. Come nel caso di libri ispirati che, dopo la loro composizione da parte dell’agiografo hanno subito aggiunte, sviluppi, correzioni da parte di autori secondari, così non sembra ci sia difficoltà se ciò sia avvenuto anche nel momento stesso in cui qualche libro biblico veniva tradotto in altra lingua, se la traduzione è anteriore all’epoca apostolica.

In numerosi punti la versione dei LXX presenta notevoli divergenze rispetto al testo originale, masoretico o premasoretico; divergenze che toccano la sostanza religiosa, anche se non la alterano, e talvolta con un netto progresso della rivelazione. In qualche caso autori del NT citano passi dell’AT non nella forma del testo ebraico, ma nella forma data loro dai LXX. Ciò fa pensare che gli autori del NT ritenessero ispirati almeno quei passi nella forma propria dei LXX. Sembra dunque si possa pensare ai LXX come ispirati, almeno in quei punti dove costituiscono un reale progresso rispetto ai corrispondenti passi dell’originale ebraico.

Se poi si riflette che gli autori del NT ricorrono alla versione alessandrina in misura pressappoco uguale che all’originale ebraico, e soprattutto che la Chiesa dei primi secoli considerava questa versione come il suo testo ufficiale della sacra Scrittura, sembra tale traduzione possa essere considerata, nel suo insieme, parola divina al pari della Bibbia ebraica. Le stesse considerazioni non possono valere per la Volgata latina, perché il tempo della rivelazione pubblica si è chiuso con la fine dell’epoca apostolica.
CANONE CRISTIANO DELL’ANTICO TESTAMENTO
Il NT parla genericamente di Scritture, nomina però anche i tre gruppi visti precedentemente; per le prime due si serve della solita terminologia, Legge e Profeti, per la terza si serve del termine Salmi. Non essendo suo scopo, il NT non dà mai l’elenco dei libri dell’AT.

Nessuno ha mai posto in dubbio che tutta la tradizione cristiana abbia ammessa la canonicità dei libri protocanonici. La discussione si centra solo sui deuterocanonici, intorno ai quali il pensiero della tradizione cristiana ha avuto un periodo di unanimità (sec I-II), un periodo d’incertezza (sec III-V), seguito dal ritorno all’unanimità (dal sec VI in poi).

Le cause delle incertezze si possono ridurre a tre:

1.     la polemica con gli ebrei, questi non ammettevano l’autorità dei deuterocanonici; polemizzavano con loro, i primi apologisti cristiani si trovarono nella necessità di tralasciarne le testimonianze;

2.     la diffusione degli apocrifi, il timore che penetrassero nel canone libri non corretti, aventi somiglianze con i libri canonici, contribuì a una presa di posizione ostile ai deuterocanonici;

3.     la mancanza di una decisione ecclesiastica chiarificatrice: le prime decisioni sono della fine del sec IV, non ancora della Chiesa universale.

La Volgata

Col nome Volgata s’intende oggi la traduzione latina della Bibbia attualmente in uso nella Chiesa cattolica. A causa della frequente trascrizione e dell’imperizia di certi correttori, numerosi errori ed aggiunte si erano introdotte nelle antiche versioni latine, anche in quella usata dalla Chiesa di Roma. Gli inconvenienti accorsi indussero il papa S.Damaso a ordinare un lavoro di revisione e di correzione. Tale compito, laborioso e delicato, fu affidato a S.Girolamo. Il lavoro iniziò nel 383 a Roma e terminò nel 405-406 a Betlemme, fu duplice: prima di revisione poi di traduzione (7).

Una nuova traduzione dai testi originali ebraici sarebbe stata certamente più utile della semplice revisione, S.Girolamo vi si accinse con ardore, mettere nelle mani dei cristiani un testo fedele all’originale, base incontrastata nelle loro controversie con gli Ebrei, i quali rifiutavano continuamente le testimonianze dei LXX e della Vetus Latina, non sempre conformi all’originale ebraico.

Per una tale opera egli era maturo, possedeva le lingue bibliche, si trovava sul luogo della storia sacra con la possibilità di perlustrarlo a suo piacere, era a contatto con dotti rabbini da poter consultare a volontà. Eseguì la traduzione sul testo ebraico del rotolo usato nella sinagoga di Betlemme trascrivendolo di suo pugno: questo testo era affine al TM, almeno per le consonanti. Tradusse solo i libri protocanonici, dei deuterocanonici, ai quali era contrario perché mancanti nella Bibbia ebraica, tradusse Tobia e Giuditta, per compiacenza verso alcuni amici.

Malgrado la sua incontestabile superiorità, l’opera di S.Girolamo incontrò, già durante la vita del suo autore, forti opposizioni, suscitando vivaci polemiche. Tale accoglienza sfavorevole proveniva da un’esagerata stima dei LXX, da cui derivava l’antica latina, e dall’attaccamento a quest’ultima. La situazione cambiò quando S.Agostino, a poca distanza dalla morte dell’amico iniziò a servirsi della nuova versione. L’uso diffuso in tutta la Chiesa della Volgata si avrà verso la fine del sec VIII.

LA FORMAZIONE DEL CANONE DEL NUOVO TESTAMENTO

Tutti i libri del NT furono scritti nella seconda metà del primo secolo, durante un periodo di circa 50 anni. Dal primo momento questi libri, che contenevano l’insegnamento di Gesù e la dottrina degli apostoli, furono accolti con grande venerazione dalle primitive comunità cristiane a cui erano indirizzati.

Alcune lettere avevano una destinazione più ampia perché indirizzate a varie chiese locali, ed è logico pensare che le chiese destinatarie avessero, per successive trascrizioni, copie di quei documenti, facendo così delle piccole raccolte.

Non si è in grado di precisare con maggiore esattezza questa fase iniziale di formazione del Canone. Forse Rm ed Ef ebbero una rapida diffusione per il loro contenuto dogmatico; nelle chiese della Grecia e dell’Asia Minore, per la loro vicinanza, si formò una collezione costituita da alcuni scritti paolini, giovannei e lucani. A Roma sarebbe stata integrata da Rm e Mc; in Siria e Palestina da Mt, Gc e Gd. In alcune comunità, come la Gallia, la storia sembra confermare la precoce costituzione di tutto il canone; in altre, quali la Siria, il processo fu molto più lento.

I primi secoli

Nella formazione del canone nel sec II, nessuno degli scrittori ecclesiastici (Didachè, S.Clemente Romano, Pseudo-Barnaba, S.Ignazio antiocheno, S.Policarpo, S.Giustino, Taziano, Atenagora, S.Teofilo, S.Ireneo) si preoccupò di redigere un catalogo dei libri ritenuti ispirati (8). Essi mostrano comunque una grande familiarità con gli scritti del NT. Dalle loro opere si possono ricavare i seguenti tre dati: citano o alludono a quasi tutti i libri del canone (tranne 3Gv); nessuno dei libri ispirati viene messo in dubbio; tutti riconoscono ad essi un’autorità suprema (9).

Verso la fine del sec II il canone biblico del NT era praticamente formato: c’era un consenso quasi unanime nelle chiese sui libri da ritenere ispirati e normativi. Dall’inizio del sec III le testimonianze sono più chiare, nelle diverse comunità cristiane, dove possedevano proprie tradizioni, si avvertì un doppio fenomeno: da una parte, le liste dei libri mostravano come in alcune di esse non si era aggiunta una conoscenza completa del canone; dall’altra, al contatto fra le diverse comunità, si manifestarono dubbi sulla reale canonicità degli scritti non riconosciuti da tutte le chiese come ispirati (10). La tradizione sull’ispirazione con la conseguente normatività, dei libri del canone, si impose gradualmente grazie alla catena continua di testimonianze su di essi, mai interrotta.

Tutti i libri del NT furono scritti nel greco comune, ampiamente diffuso in Oriente durante l’epoca ellenistica; tale lingua ricevette il nome di κοινή (comune, ordinario). Nei testi si riscontrano anche risonanze semitiche.

Riguardo il materiale scrittorio si riscontra l’uso del papiro, inizialmente, dal sec IV divenne comune la pergamena, più costosa e più resistente. Il formato del papiro era generalmente il rotolo, è documentata anche la rilegatura a libro; per la pergamena prevale il codice, estremamente pratico tale sistema si impose nell’uso.

La scrittura era di due forme: onciale o minuscola. La prima era simile alla scrittura capitale, utilizzata per monumenti e monete, più arrotondata e meno lineare, le lettere sono tutte della stessa altezza, un’oncia da cui il nome. La seconda fu utilizzata dal sec IX, in sostituzione della precedente, scritta con i caratteri legati e diversa altezza.

I manoscritti erano redatti di seguito su una o due colonne, senza punteggiatura, l’attuale divisione in capitoli si fa risalire al Vescovo di Canterbury Stefano Langton, morto nel 1228; l’uso dei versetti venne introdotto dallo stampatore francese Robert Estienne, nel 1551.

FUORI DAL CANONE

Come accanto ai libri sacri, il mondo ebraico producesse fra il sec II a C, ed il sec II d C, un’ampia letteratura, la cui conoscenza risulta vantaggiosa per precisare la storia del canone, per l’ermeneutica biblica, come espressione dell’ambiente culturale-religioso in cui nacquero i libri sacri. Tale letteratura è chiamata intertestamentaria per l’epoca in cui sorse, benché a volte i testi definitivi raggiunsero la forma finale molto più tardi. Accanto ad essa si sviluppò una letteratura che pose per iscritto l’insegnamento dei rabbini e possiamo denominar rabbinica.

Una possibile classificazione di questi scritti comprende la letteratura liturgica (orazioni, Targumim), la letteratura rabbinica di tipo halakico (Mishnah, Ghemara, Talmud, Tosefta), la letteratura rabbinica haggadica (Midrashim), la letteratura apocrifa dell’AT (palestinese ed ellenistica), gli scritti di Qumran, la produzione letteraria del giudaismo ellenico (Filone d’Alessandria, Giuseppe Flavio).

Anche il NT ebbe una ricca letteratura concorrente tra il sec II e il V d C, tali testi sono detti αποκρυφος (occulto, nascosto). Questi libri, pur presentando affinitΰ per il titolo o per il contenuto con i libri del canone, non furono mai riconosciuti dalla Chiesa come ispirati, anche libri attribuiti ad un falso autore per dargli autorevolezza usando il nome di un apostolo o di un personaggio dell’AT o del NT. Gli apocrifi del NT sono molti e si suddividono in vangeli, atti, lettere, apocalissi, a seconda dei libri neotestamentari a cui si ispirano. La critica attribuisce a gli apocrifi un certo valore per quanto riguarda le indicazioni geografiche, archeologiche e ambientali in genere, non però per quanto concerne il contenuto.

Sempre nell’ambito del cristianesimo troviamo gli àgrafa, sono frasi isolate attribuite a Gesù da qualche tradizione, non presenti nei Vangeli canonici, sono anche chiamati loghia o detti. Perché si possano ritenere autentici è necessario che abbiano a loro favore varie testimonianze degne di fede ed indipendenti fra loro, e contengano una dottrina conforme all’insegnamento autentico del Cristo ed al suo stile. Il risultato dell’indagine condotta dai critici è stato piuttosto scarso; e gli àgrafa considerati più probabili ben poco aggiungono alla figura di Gesù conosciuta attraverso i Vangeli canonici.

CHIESA E CANONE

La definizione dogmatica del canone biblico, vetero e neotestamentario, fu proclamato dal Concilio di Trento. In precedenza non mancarono decisioni magisteriali più circoscritte, di alcuni concili provinciali o di documenti pontifici, che attestavano la fede della Chiesa come era vissuta nelle diverse comunità cristiane.

Le prime definizioni

Le prime decisioni dell’autorità ecclesiastica sul canone biblico furono emanate in tre concili plenari africani: quello d’Ippona del 393, e i due celebrati a Cartagine, il III e il IV, del 397 e 419, ai quali prese parte S.Agostino, al primo come sacerdote agli altri due come vescovo. In questi concili, per risolvere i dubbi ancora esistenti nella chiesa africana, si redasse la lista completa dei libri dell’AT e NT comprendente sia i protocanonici sia i deuterocanonici. Il IV concilio cartaginese offre l’interesse particolare di segnalare il criterio di cannonicità, ossia il perché si stabiliva la suddetta lista dei libri: per averli ricevuti dai Padri. Afferma testualmente: "Dai nostri Padri, infatti, abbiamo accolto questi testi, perché siano letti nella Chiesa" (EB20).

A questi documenti se ne possono aggiunger altri due: la lettera Consulenti Tibi del 405 di papa Innocenzo I a S.Esuperio, vescovo di Tolosa, il quale aveva chiesto indicazioni riguardo il canone dei libri sacri, nella lettera si trova l’elenco completo con l’avvertimento verso gli apocrifi, invece, da respingere e condannare; il canone del sinodo greco detto Trullano o Quinisesto del 692, è importante per il suo influsso sulla questione del canone in Oriente.

Per trovare un altro documento rilevante bisogna giungere fino al sec XV, quando il Concilio ecumenico di Firenze, nel decreto per i Giacobini, riporterà il primo catalogo ufficiale della Chiesa universale sui libri sacri. Il decreto non è propriamente una definizione dogmatica solenne, piuttosto una professione di fede, espone la dottrina cattolica così come era già universalmente ammessa. Riproduce l’elenco completo, seguendo i decreti dei sinodi cartaginesi.

Il Concilio di Trento

Il motivo per cui il Concilio di Trento affrontò questo argomento fu l’atteggiamento dei protestanti riguardo il canone. Con il rifiuto della Tradizione e del Magistero, il protestantesimo risolse il problema della determinazione di un canone adottando, per l’AT, il canone ebraico ristretto. Per il NT le opinioni dei protestanti furono molteplici.

Nella sessione dell’8 aprile 1546, nel decreto De libris sacris et de traditionibus recipiendis, il Concilio definì il canone dei libri sacri. Il testo conclude affermando: "E se qualcuno poi non accetterà come sacri e canonici questi libri, nella loro integrità e con tutte le loro parti, come si è soliti leggerli nella Chiesa cattolica e come si trovano nell’antica versione della Volgata latina, e disprezzerà consapevolmente le predette tradizioni: sia anatema" (EB60 DS1504). In questa definizione dogmatica viene affermata l’autorità normativa di tutti i libri del canone, senza introdurre differenze al suo interno, e l’estensione della canonicità a tutti i libri con tutte le loro parti. Oltre al canone tale decreto stabilì anche: la validità delle due forme distinte della rivelazione, scritta ed orale, Scrittura e Tradizione; la dottrina della validità e dell’autorità del Magistero; l’autenticità della Volgata, come testo ufficiale e normativo per la Chiesa latina.

La definizione del tridentino, dalla quale risulta con certezza quanti e quali libri dovevano essere ritenuti ispirati, quindi canonici, fu rinnovata dal Concilio Vaticano I di fronte al rinascere di vecchie teorie manifestanti dubbi sull’autorità di alcuni libri sacri, così si espresse il Concilio: "Questi libri dell’Antico e del Nuovo Testamento, nella loro interezza, con tutte le loro parti, così come sono elencati nel decreto di questo concilio e come si trova nell’antica edizione della Volgata, devono essere accettati come sacri e canonici" (EB77 DS3006).

                     Le conseguenze

Le conseguenze delle eresie protestanti influirono molto sulla teologia e nel modo di affrontare la Bibbia. Una prima conseguenza fu la soppressione dalle edizioni della Bibbia dei deuterocanonici, il soggettivismo della traduzione e dell’interpretazione, da parte dei protestanti. Per evitare e scoraggiare il soggettivismo nella traduzione e nell’interpretazione la Chiesa sottopose alla revisione le varie traduzioni e mise in guardia i cattolici da eventuali traduzioni ed interpretazioni non concordi con le indicazioni del Magistero. Nell’ultimo secolo (XX) molteplici sono state le iniziative riguardo la scrittura:

a.     nel 1910 viene fondato l’Istituto superiore di ricerca biblica voluto dal papa Pio X, detto Pontificio Istituto Biblico;

b.     nel 1943 con l’enciclica Divino affilante Spiritu di Pio XII si invitano i teologi ad accettare i generi letterari, come elementi indispensabili per comprendere l’AT;

c.     nel 1964 la Commissione Biblica estende anche al NT l’accoglienza del metodo di studio della Storia delle Forme, favorendo il rifiorire degli studi biblici nel mondo cattolico.

Il Concilio Vaticano II

Il Concilio Vaticano II [di seguito CVII] ha ripreso la dottrina sul canone biblico soprattutto nei capitoli IV e V della DV, ha messo in rilievo la funzione della sacra Tradizione come criterio ultimo per la definizione del canone biblico, (come già citato: cfr pag. 4).

Il Concilio ricupera il concetto di rivelazione, dove il Concilio di Trento lo aveva sostituito con quello di Vangelo. Sulla rivelazione il CVII esprime ciò che la Chiesa ha sempre creduto, accogliendo anche i risultati degli studi biblici e teologici, sempre più perfezionati e progrediti in quest’ultima parte di secolo. Credo utile riportare, di seguito, ampie citazioni della DV per presentare con la chiarezza delle parole del CVII il pensiero della Chiesa.

Ha orientato lo studio sull’articolazione interna del canone, come la relazione dinamica fra l’AT e il NT: "Iddio, progettando e preparando nella sollecitudine del suo grande amore la salvezza del genere umano, si scelse con singolare disegno un popolo al quale affidare le promesse. […] L’economia della salvezza, preannunziata, narrata e spiegata dai sacri autori, si trova in qualità di vera parola di Dio nei libri del Vecchi Testamento; perciò questi libri divinamente ispirati conservano valore perenne: "Quanto fu scritto, lo è stato per nostro ammaestramento, affinché mediante quella pazienza e quel conforto che vendono dalle Scritture possiamo ottenere la speranza" (Rm 15,4)"(DV14); ed ancora: "Dio dunque, il quale ha ispirato i libri dell’uno e dell’altro Testamento e ne è l’autore, ha sapientemente disposto che il Nuovo fosse nascosto nel Vecchio e il Vecchio fosse svelato nel Nuovo" (DV16).

La centralità dei Vangeli nell’insieme delle Scritture: "Cristo stabilì il regno di Dio sulla terra, manifestò con opere e parole il Padre suo e se stesso e portò a compimento l’opera sua con la morte, la risurrezione e la gloriosa ascensione, nonché con l’invio dello Spirito Santo. Elevato da terra, attira tutti a sé, lui che solo ha parole di vita eterna. Ma questo mistero non fu palesato alle altre generazioni, come adesso è stato svelato ai santi apostoli suoi e ai profeti nello Spirito Santo, affinché predicassero l’Evangelo, suscitassero la fede in Gesù Cristo Signore e radunassero la Chiesa" (DV17); ed ancora: "A nessuno sfugge che tra tutte le Scritture, anche quelle del Nuovo Testamento, i Vangeli possiedono una superiorità meritata, in quanto costituiscono la principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del Verbo incarnato, nostro Signore" (DV18). La specifica ordinazione degli altri scritti notestamentari ai Vangeli: "Il canone del Nuovo Testamento, oltre ai quattro Vangeli, contiene anche le lettere di san Paolo ed altri scritti apostolici, composti per ispirazione dello Spirito Santo; questi scritti, per sapiente disposizione di Dio, confermano tutto ciò che riguarda Cristo Signore[…]" (DV20).

Gli elementi più importanti presenti nella DV sulla rivelazione sono:

1.     Dio parla all’uomo, gli si rivela e l’uomo ha la capacita di aprirsi a Dio; la Bibbia contiene il piano di salvezza pensato da Dio per l’uomo, svoltosi nella storia del popolo eletto (AT), si è realizzato in Gesù (NT), si compie e attualizza ancora nella predicazione della Chiesa (Tradizione e Magistero);

2.     la sacra Tradizione e la sacra Scrittura costituiscono un solo deposito della Parola di Dio affidata alla Chiesa;

3.     la verità divinamente rivelata e contenuta nei libri della sacra Scrittura furono scritte per ispirazione dello Spirito Santo;

4.     la Costituzione afferma la necessità e la validità del Magistero della Chiesa, incoraggia gli studi e tutti ad accostarsi al testo sacro;

5.     ricorda che la verità di cui parla la Bibbia è quella riferita alla salvezza dell’uomo, non ad altre verità raggiungibili dall’uomo con i propri mezzi intellettivi.

Il viaggio alla scoperta del Canone biblico è un itinerario che, partendo dall’origine stessa della Parola, attraverso la Chiesa, giunge fino a noi, continuando il cammino nel futuro attraverso la Tradizione ed il Magistero, sotto l’attenta guida dello Spirito Santo.

"La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di Cristo, e di porgerlo ai fedeli. Insieme con la sacra tradizione, ha sempre considerato e considera le divine Scritture come la regola suprema della propria fede; esse infatti, ispirate come sono da Dio e redatte una volta per sempre, comunicano immutabilmente la parola di Dio stesso e fanno risuonare nelle parole dei profeti e degli Apostoli la voce dello Spirito Santo" (DV21).

Fraternamente in Cristo

NOTE:

1) I deuterocanonici sono sette nell’AT: Tobia, Giuditta, Sapienza, Ecclesiastico, Baruc, 1-2 Maccabei.

2) Fu opinione di vari scrittori ecclesiastici, quali Ireneo, Clemente Alessandrino, Tertulliano, Origene, Eusebio, Girolamo, che Esdra avesse formato e chiuso il canone. L’opinione si diffuse largamente tra protestanti e cattolici e dominò fino ai nostri giorni passando come tradizione: secondo i protestanti Esdra avrebbe chiuso il canone in modo che non sarebbe più stato permesso aggiungervi altri libri, mentre i cattolici sostenevano che i giudei d’Alessandria vi avessero aggiunto più tardi i deuterocanonici.

3) Il materiale scrittorio era di generi molto diversi, come si deduce tanto dalla Bibbia quanto dalla letteratura extrabiblica. Lastre di pietra dure o ricoperte di calce, tavolette di terracotta, lastre di piombo, d’argento, d’oro, tavolette di legno ricoperte di cera, cocci o frammenti di terracotta; molto antico fu l’uso del papiro. L’uso della pergamena è certo posteriore al papiro, ma non si è certi in quale epoca sia stato introdotto; forse dal sec II al III a C.

4) Le cause principali di tali alterazioni furono due: la poca cura che ci deve essere stata per questi scritti quando, non essendo ancora fissato il canone, non tutti ancora ne riconoscevano l’ispirazione; la sorte subita dai libri sacri in tempi di prove religiose, come l’esilio babilonese e la persecuzione d’Antioco Epifane.

5) Masoreti sono chiamati quei dotti rabbini della scuola tiberiense che raccolsero e misero in iscritto la Masora, ossia tutto il complesso d’annotazioni critiche relative al testo sacro, fino allora trasmesse per via orale. Tra queste annotazioni critiche vi era anzitutto il modo di leggere il gruppo di consonanti di ciascuna parola, ossia la vocalizzazione delle consonanti. Questa vocalizzazione, iniziata al sec VI, fu completata nel sec VIII, mentre l’intero lavoro masoretico ebbe termine nel sec X.

6) Dietro richiesta del re Tolomeo Filadelfo (285-247) le autorità di Gerusalemme mandarono ad Alessandria 72 dottori della legge, i quali ritiratesi nell’isoletta di Faro, davanti ad Alessandria, in 72 giorni tradussero il Pentateuco. In questo racconto generalmente si riconosce come storico soltanto il fatto che verso la metà del sec III a C, sotto il re Tolomeo ad Alessandria fu tradotta in greco la Legge.

7) La revisione fu eseguita parte a Roma parte a Betlemme. A Roma emendò i quattro vangeli in base ad ottimi codici greci, limitando ordinariamente la correzione ai punti dove il senso era alterato. È molto probabile che abbia riveduto anche altri libri del NT. Contemporaneamente rivide anche i Salmi sul testo dei LXX. A Betlemme emendò tutto l’AT, ad eccezione dei deuteronomici, secondo il testo esaplare d’Origene, recandosi nella biblioteca di Cesarea. Questo lavoro andò poco dopo perduto, prima ancora che lo pubblicasse, ne rimase il Salterio, detto gallicano.

8) Nella storia della formazione del Canone è utile ricordare il ruolo dell’opera dell’eretico Marcione (morto nel 160 circa). Questi volle raggiungere il nucleo originale del messaggio cristiano, consistente nella rivelazione di un Dio dell’amore in contrapposizione al Dio degli Ebrei, vendicativo e giustiziere. Stabilì un elenco di Scritture, composto da 10 lettere di Paolo e il Vangelo di Luca. Oltre al rifiuto dell’AT escluse anche i restanti testi del NT, poiché avrebbero falsificato la dottrina aggiungendo elementi giudaici, arrivando a correggere il proprio canone da ogni elemento dell’AT.

9) La più antica lista di libri sacri del NT che finora si conosce è quella scoperta nel 1740 da Lodovico Antonio Muratori nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, denominata Canone del Muratori. È opinione comune che il canone abbia avuto la sua origine a Roma; e dal testo si deduce che, al più tardi, deve risalire all’anno 180 circa, poiché il papa Pio, cui si accenna, è stato pontefice romano negli anni 141-155. Il documento presenta quattro serie di libri: 1)libri considerati sacri da tutti e si devono leggere in chiesa pubblicamente; 2) libri che non sono considerati sacri da tutti e quindi non tutti leggono pubblicamente in chiesa; 3) libri che si possono leggere privatamente; 4) libri non accolti poiché apocrifi o scritti da eretici. Il valore del canone è notevole, l’autore è un tenace assertore dell’autorità apostolica e dell’autorità della Chiesa; il tono autoritario e il netto senso della cattolicità sono argomenti in favore dell’origine romana.

10) Le chiese siriaca e antiochena presentano un caso del tutto particolare. Qui il processo di canonizzazione attraversò sommariamente tre periodi: a) all’inizio ci fu una misconoscenza dell’esistenza delle lettere cattoliche, comprese le due protocanoniche (1Pt e 1Gv), e dell’Apocalisse, come si deduce dagli scritti d’Afraate e dal cosiddetto canone siriano, la lettera agli Ebrei fu sempre riconosciuta come libro ispirato; b) in un secondo momento, attestato dalla versione siriaca Peshitta (inizi del sec V), entrarono nel canone le tre lettere cattoliche maggiori (1Pt, 1Gv, Gc); c) a partire dal 450 si arriva alla formazione del canone completo, i cui libri integreranno, in maniera del tutto normale, la versione siriaca chiamata filosseniana, dal vescovo Filosseno di Mabbug (482-523), sull’Eufrate, che autorizzò una revisione della Peshitta con una traduzione dei libri che in essa mancavano.

http://www.zio-zeb.it/b2.html

22 ottobre 2013

Maria, tra vero culto e presunte apparizioni

di Mons. L. Bressan
Da parte di alcune persone e comunità sono state richieste all’Ordinario Diocesano indicazioni sull’atteggiamento da assumere circa presunte apparizioni della Madonna ed attività connesse. 
Al fine di orientare nel modo più corretto e proficuo il culto a Maria sembra utile ricordare quanto afferma il Concilio Vaticano II nel capitolo VIII della Lumen Gentium dedicato, appunto, alla “Beata Maria Vergine Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa”, con una ricchezza d’insegnamento, che contraddice alla bramosia riscontrata in certi di ricorrere a rivelazioni private. Tale testo resta il punto di riferimento fondamentale, al quale gli stessi Papi si sono richiamati più volte nei loro messaggi e discorsi. 

In particolare ricordo alcune affermazioni: “Uno solo è il nostro mediatore, secondo le parole dell'Apostolo: « Poiché non vi è che un solo Dio, uno solo è anche il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che per tutti ha dato se stesso in riscatto » (1 Tm 2,5-6). La funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l'efficacia.” (n°60). “I fedeli si ricordino che la vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa qual vana credulità, bensì procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della madre di Dio, e siamo spinti al filiale amore verso la madre nostra e all'imitazione delle sue virtù.” (n°67). “Tutti i fedeli effondano insistenti preghiere alla madre di Dio e madre degli uomini, perché, dopo aver assistito con le sue preghiere la Chiesa nascente, anche ora, esaltata in cielo sopra tutti i beati e gli angeli, nella comunione dei santi interceda presso il Figlio suo, fin tanto che tutte le famiglie di popoli, sia quelle insignite del nome cristiano, sia quelle che ancora ignorano il loro Salvatore, in pace e concordia siano felicemente riunite in un solo popolo di Dio, a gloria della santissima e indivisibile Trinità.” (n°69). 

Il vero culto a Maria deve quindi portarci a mettere sempre di più Cristo al centro della nostra vita, a collaborare alla crescita delle comunità cristiane ed a portare pace ad ogni persona, cominciando dalle più vicine, dai famigliari, fino alle più lontane. 
Rispetto alle “visioni”, è opportuno menzionare poi che le scienze psicologiche insegnano che molte persone sono propense a “vedere e parlare” con persone che a loro sono care, senza poter però parlare di apparizioni oggettive, essendo soltanto proiezione di una loro aspirazione o affetto: pertanto la loro asserzione di una visione o messaggio avuto non risulta necessariamente frutto di falsità intenzionale, poiché talora in essi vi è un vero convincimento, senza tuttavia una base oggettiva esterna. 
Inoltre, lo stesso Concilio insegna che “Dio, con somma benignità, dispose che quanto egli aveva rivelato per la salvezza di tutte le genti, rimanesse per sempre integro e venisse trasmesso a tutte le generazioni… Gli Apostoli, affinché l’Evangelo si conservasse sempre integro e vivo nella Chiesa, lasciarono come loro successori i Vescovi ad essi affidando il loro proprio posto di magistero. Questa Sacra Tradizione dunque e la Scrittura Sacra dell’uno e dell’altro Testamento sono come uno specchio nel quale la Chiesa pellegrina in terra contempla Dio, dal quale tutto riceve, finché giunga a vederlo faccia a faccia, com’Egli è” (Dei Verbum, 7).

LE VERE RIVELAZIONI PRIVATE SONO ECCEZIONALI, E QUINDI RARE. RITENERE CHE POSSANO PORTARE QUALCOSA DI SOSTANZIALE AL DEPOSITO DELLA FEDE È CONTRARIO ALLA DOTTRINA DELLA CHIESA ora ricordata. Si devono comunque distinguere dalle ispirazioni personali, date a ciascuno per sua guida, ma sempre da confrontare con il magistero ecclesiastico. L’adesione personale alle rivelazioni private non deve comunque distogliere dalla partecipazione comunitaria, poiché la Chiesa è una, affidata alla guida del Papa e dei Vescovi, ai quali è mandato l’ufficio di riconoscere i carismi. I sacerdoti e quanti hanno responsabilità di guida nella Chiesa devono astenersi dal sostenere con la presenza, con scritti e dichiarazioni o con iniziative di qualsiasi genere “apparizioni” che non siano state approvate formalmente. I fedeli devono restare prudenti, affinché non si lascino trascinare in devozioni che sviano dalla vita cristiana, che di sua natura è comunitaria, basata sulla autentica parola di Dio. 

Le richieste di chiarimento pervenutemi riguardano principalmente tre “casi”, sui quali vorrei precisare quanto segue: 
- A) Nulla di nuovo è emerso circa i cosiddetti “fatti di Malé”, che supponevano una manifestazione speciale della Madonna, e quindi vige ancora il giudizio già espresso precedentemente dalla nostra Diocesi circa la non-presenza di fattori che rivelino un intervento speciale di Dio; pertanto sono da scoraggiare tutte le iniziative intese a far rivivere una devozione in merito. 
-  Per quanto riguarda i “fatti di Schio”, il Vescovo della Diocesi di Vicenza (entro cui si trova Schio), ricordando anche i giudizi negativi sulla loro origine divina emessi dal suo predecessore e da lui precedentemente, ha confermato con lettera del 31 maggio 2001: “Poiché non sono riscontrabili novità significative che permettano di mutare le precedenti dichiarazioni, ribadisco che non esistono elementi tali da indurre ad attribuire un carattere soprannaturale ai fenomeni che si sarebbero verificati a S. Martino in Schio e nei luoghi connessi… rimane non approvato il culto della Madonna denominata ‘Regina dell’amore’, e quindi non sono consentite manifestazioni religiose (pellegrinaggi, celebrazioni…) che ad esso si riferiscano”. Anche i fedeli del Trentino sono tenuti a osservare tali indicazioni, e ogni promozione di pellegrinaggio a S. Martino di Schio va abbandonata. La Diocesi di Vicenza ha preso atto dell’esistenza del “Movimento mariano Regina dell’Amore”, ma non lo ha riconosciuto, e intende verificarne lo sviluppo. 
- C) Circa gli incontri di S. Vito di Flavon, dove il signor Salvatore Caputa asserisce che la Vergine Maria gli parlerebbe, dopo attento esame degli eventi e degli atteggiamenti, non posso che trarne la conclusione che anche qui vale il giudizio già espresso su di lui dalla Diocesi di Mantova a proposito di presunte apparizioni da lui avute nel Mantovano, ossia che “niente consente di obiettivamente pensare ad apparizioni, a visioni e a fatti straordinari. Alcuni elementi espressivi dei presunti fenomeni e taluni aspetti della coreografia che li accompagna, costituiscono piuttosto obiettive controindicazioni”. 

Pertanto possiamo concludere che anche nel Trentino “salvo il rispetto dovuto alla persona, si tratti di esperienze del tutto soggettive”. Si deve osservare poi che i testi dei messaggi attribuiti alla Madonna dal signor Caputa nella Pineta di S. Vito (Flavon) riflettono una spiritualità popolare già diffusa, ma vi sono imprecisioni nella formulazione teologica, che non vedo come possano venire dal cielo. 
Concludendo mi pare opportuno citare un testo del Papa Giovanni Paolo II: “Non si può pensare di vivere la vera devozione alla Madonna, se non si è in piena sintonia con la Chiesa e col proprio vescovo. Si illuderebbe di essere accolto da Lei come figlio chi non si curasse di essere, al tempo stesso, figlio obbediente della Chiesa, alla quale spetta il compito di verificare la legittimità delle varie forme di religiosità” (Discorso del 7 settembre 1991).
Trento, 9 Marzo 2002

+ Luigi Bressan
Arcivescovo



ELENCO (parziale) FALSE APPARIZIONI E RIVELAZIONI CONDANNATE DAI VESCOVI DIOCESANI:

- 1600~ Maddalena della croce, Cordova, Spagna
- 1769-1821 Marie Lenormand, Francia 
- 1846 La Salette, Francia, riconosciuta nel 1851 ma condannata dal Sant' Uffizio Decr. 9 maggio 1923 ed inserita nell' Index Librorum Prohibitorum (Pio XI) - Testo in italiano
- 1871-1916 Rasputin, Siberia
- 1861-1922 Felicie Kozlowska, suora francescana condannata dal Vescovo Szembeck di Plock e scomunicata da Pio X il 5.12.1906
- 1878 Luisa Piccareta, Corato (I)Condanna Decr. S. Off. 13 iul. 1938 (Index Librorum Prohibitorum) - Testo in italiano
- 1931 Ezquioga, Antonia e Andrés Bereciartua, Ramona Olabada Spagna Condanna del Sant'Uffizio nel giugno 1934
- 1931 Izurdiaga, Spagna
- 1933 Onkerzele, Belgio Berthonia Holtkamp e Joseph Kempeneers Condannata il 23.8.34 dal Cardinal Van Roey
- 1933 Etikhove, Belgio
- 1933 Herzele, Belgio Jules de Vuyst confessa l'inganno prima della morte
- 1933 Olsene, Belgio
- 1933 Berchem-Anvers, Belgio
- 1933 Tubize, Belgio
- 1933 Verviers, Belgio
- 1933 Wilrijk, Belgio
- 1936 Bouxiers-les-Dames, Francia
- 1936 Ham-sur-Sambre, Belgio
- 1937 Voltago, Italia diverse ragazzine, Condannata il 31.12.38
- 1938 Kerizinen, Francia Jeanne-Louise Ramonet
- 1943 Girkalnis, Lituania
- 1943 Athis-Mons, Francia
- 1944 Ghiaie di Bonate, Italia Adelaide Roncalli
- 1946 Espis, Francia Condannata il 31.7.47 dal Vescovo Théas di Tarbes e Lourdes
- 1947 Pierina Gilli, Montichiari (I)
- 1947 Casanova Stafora (ragazza), Italia
- 1947 Rosa Mistica, Italia, condannata dal Vescovo Bruno Foresti di Brescia
- 1947 Forstweiler di Tannhausen, Germania, Pauline H. Condannata dal Vescovo Sproll di Rottenburg 11.1948
- 1948 Gimigliano di Venarotta, Italia, Anita Federici 
- 1948 Marina di Pisa, Italia, Paola Luperini 
- 1948 Lipa (1 religioso), Filippine
- 1948 Montlucon, Michel Collin (religioso), Francia, Ridotto a stato laico per decreto del Sant'Uffizio nel 1951 
- 1948 Cluj, Romania
- 1949 Opus Angelorum (L'Opera degli Angeli) fondata da Gabrielle Bitterlich (Austria 1896-1978), condannata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 24.9.83
- 1949 Lublin, Polonia
- 1949 Zo-Se (1 religioso), Cina
- 1949 Heroldsbach (4 bambini), Germania, Condanna Arcivescovo Kolb di Bamberg, 25.7.51 Sant'Uffizio sospende a divinis preti disobbedienti
- 1950 Acquaviva Platani (ragazza), italia
- 1951 Casalicontrada (1 uomo), Italia
- 1953 Cossirano (1 uomo), Italia, Condanna del Vescovo Tredici di Brescia nel 54 e 58
- 1953 Santo Saba (ragazzo), Italia
- 1953 Maria Valtorta, Caserta (I), condannata dalla Santa Sede nel 1949, 1959, 1985 e 1993 (16.12.59 Papa Giovanni XXIII conferma "libri proibiti") EWTN - Testo condanna originale del 6.1.1960 dell'Osservatore Romano
- 1954 Eisenberg, Aloisia Lex, Austria, Condannata il 20.5.69 dal Vescovo di Eisenstadt
- 1954 Marie-Paule Guigère, Quebec, 1971 forma l’armata di Maria, condannata nel 1987 dal Cardinal Louis-Albert Vachon, Arcivescovo di Quebec con conferma del Cardinal Ratzinger nel febbraio 1987. Agosto 2001 I vescovi canadesi: l'«Armée de Marie» non è cattolica. 
- 1956 Urbania (diversi bambini), Italia
- 1961 Garabandal (4 ragazze), Spagna, condannata definitivamente dal Vescovo di Santander Jose Vilaplana 11.10.96, link interno
- 1961 Craveggia (1 donna), Italia
- 1961 Rosa Quattrini, San Damiano (I) Condannata il 2.2.68 e 2.11.70 dal Vescovo Enrico Manfredi di Piacenza
- 1962 La Ladeira, Maria da Conceição Mendes Horta, Portogallo, Condannata il 17.6.77 dal Vescovo di Santarém
- 1964 San Vittorino, Italia
- 1966 Ventebbio (1 prete), Italia
- 1967 Bohan (2 uomini), Belgio
- 1968 EL Palmar de Troya (4 ragazzi), Spagna, di cui Clemente Dominguez seguito dall'Arcivescovo di Bulla Regia Ngô-dinh-Thuc scomunicato il 17.9.76 per ordinazioni illegittime di presbiteri e vescovi, assolto il 17.12.76 ma riscomunicato il 12.3.83 dalla C.D.F. (dichiarava vacante la Sede Apostolica). Ritratta pubblicamente i propri errori prima della morte.

- 1968 Carmela Carabelli, Italia
- 1970 Veronica Lueken, Bayside (USA), condannata dal Vescovo di Brooklyn John Mugavero 4.11.86
- 1971 Marisa Rossi, Roma (I), seguita da Don Claudio Gatti incorso nella sospensione "latae sententiae" il 22.10.1998 dal Card. Camillo Ruini.
- 1972 Don Stefano Gobbi, Italia, 85 Autorità Ecclesiastica invita a lasciare la direzione del movimento, 98 ammette alla Congregazione della Dottrina della Fede che non sono messaggi della Madre di Dio, condanna Arcivescovo Agostino Cacciavillan (USA) 12.1.95 
- 1973 Mortzel, Belgio
- 1973 Dozulé (Magdalene Aumont) Francia, condannata dai Vescovi di Bayeux & Lisieux Jean Badré 24.6.83 e Pierre Pican 15.3.91
- 1974 Derval (1 uomo), Francia
- 1976 Cerdanyola, Spagna
- 1977 Le Fréchou (1 uomo), Francia
- 1980 Ampero Cuevas, El Escorial Spagna
- 1980 Ede Oballa (1 uomo), Nigeria
- 1981 Medjugorje (6 ragazzi), Bosnia-Erzegovina, CONDANNATA dai Vescovi Pavao Zanic (1985) e Ratko Peric (1993, 1997)
- 1981 La Taludière, Jean Piégay e sua figlia Blandine, francia, Condanna del 18.4.82 dal Vescovo Rousset di Saint-Étienne
- 1982 Nowra (1 uomo), Australia
- 1982 Canton (1 donna), USA
- 1983 Peñablanca, Miguel Angel Poblet, Cile, Condanna dall'Arcivescovo Valenzuela Rios il 4.9.84 per "manipolazione fede popolare"
- 1983 Olawa, Polonia, Kazimierz Domanski, Condannato dal Cardinal Glemp Arcivescovo di Varsavia nel 1988
- 1984 Gargallo di Carpi (1 uomo), Italia
- 1985 Renato Baron, San Martino di Schio (Vicenza) Italia Arcivescovo Mons. Bressan rigurado Schio, Malé e San Vito di Flavon
- 1985 Oliveto Citra, Salerno (12 ragazzi) Italia
- 1985 Maureen Sweeney, Cleveland (USA)
- 1985 Julia Kim, Naju, Korea, Condannata il 1°.1.98 dall'Arcivescovo Victorinus K. Youn di Kwangju
- 1985 Vassula Ryden, Svizzera, "messaggi non divini" Congregazione per la Dottrina della Fede 6.10.95
- 1986 Nsimalen (6 ragazzi), Cameroon, Condanna 90 dal Vescovo Zoa di Yaoundé, 8.5.92 nota pastorale denuncia attività pastorale di 2 preti
- 1987 Mayfield, Irlanda
- 1987 Terra Blanca (3 ragazzi), Messico
- 1988 Christina Gallagher, Irlanda, "nessun intervento soprannaturale" Arcivescovo Michael Neary
- 1988 Lubbock (diverse persone), USA
- 1988 Scottsdale (diverse persone), USA
- 1988 Estella Ruiz, Phoenix (USA)
- 1989 Joseph Januszkiewicz, Marlboro, New Jersey
- 1990 Teresa Lopez e Veronica Garcia, Denver (USA), divieto di promozione Arcivescovo J. Francis Stafford 9.3.94
- 1992 Carol Ameche, Scottsdale, Arizona (USA)
- 1992 Manduria (Taranto) Debora Moscugiari condannata il 14.12.97 da Monsignor Franco Vescovo d’Oria ed ordinario del luogo. Lettera pastorale letta in tutte le Chiese della Diocesi. Fatti qualificati come opera del Maligno. Da Faussaires de Dieu di Joachin Bouflet 
- 1993 Matthew Kelly, New S. Wales, Australia
- 1999 Marpingen, Germania, 3 donne, l'11.8.99 Vescovo Spital di Trèves pubblica nota su nessun riconoscimento d'intervento soprannaturale. Nonostante questo gruppi mariani legati a Medjugorje ed alla rivista Stella Maris, non tengono conto del documento episcopale (J.B.)
- Altri luoghi e veggenti pericolosi in Italia sono:
Salvatore Caputa a Mozanbano (Mantova); Pina Micali a Giampilieri Marina (Messina); Giuseppe Auricchia di Avola (Siracusa); Silvana Orlandi ad Ostina (Firenze); Rossana Salvadori a Borgo Meduna (Pordenone); Fratel Cosimo a Reggio Calabria; "Chiesa dello spirito santo" (1 donna) di Asso (Como); Pino Casagrande (in circolazione); Divina Sapienza di Cassino (messaggi trasmessi via internet), Marco Ferrari, Paratico (Brescia)
Esistono moltissime altre rivelazioni private non riconosciute dalla Santa Chiesa, tuttavia queste sono tra le più famose che hanno e che continuano ad ingannare tanti fedeli e religiosi nel mondo intero. Ad ogni modo per evitare rischi, meglio fuggire da qualsiasi rivelazione soprannaturale e camminare in oscura fede che è ciò che Dio vuole come potete leggere nell'opera "Salita del Monte Carmelo" di San Giovanni della Croce

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Per quanto riguarda la Salette che sembra allo stesso tempo come apparizione riconosciuta e allo stesso tempo negata,  c'è da dire che il messaggio che viene normalmente diffuso in rete è quello che è stato messo all'indice da Papa Pio XI, ed è quello che riporta la fatidica frase: "ROMA PERDERÀ LA FEDE E DIVENTERÀ LA SEDE DELL’ANTICRISTO!". Questo è stato messaggio fin dai primi tempi è stato considerato un falso e i sospetti autori sembra che siano protestanti.

Recentemente in uno studioso ha ritrovato in Vaticano il testo originale della veggente di La Salette, Melania, inviato a Papa Pio IX nel 1851:

-Melania, sto per dirti qualcosa che non dirai a nessuno. Il tempo della collera di Dio è arrivato; se, quando avrai detto ai popoli ciò che ho detto adesso e che ti dirò di dire ancora; se, dopo ciò, essi non si convertiranno, non si farà penitenza e non si cesserà di lavorare la domenica e si continuerà a bestemmiare il nome di Dio, in una parola, se la faccia della terra non cambia, Dio si vendicherà contro il popolo ingrato e schiavo del demonio. Il mio Figlio sta per manifestare la sua potenza.

Parigi, questa città macchiata da ogni sorta di crimini, perirà infallibilmente, Marsiglia sarà inghiottita poco tempo dopo. Quando queste cose succederanno, il disordine sarà completo sulla terra; il mondo si abbandonerà alle sue empie passioni.

Il papa sarà perseguitato da ogni parte, gli si sparerà addosso, lo si vorrà mettere a morte, ma non gli potranno fare nulla. Il Vicario di Cristo trionferà ancora una volta.

I sacerdoti, i religiosi e i vari servi del mio Figlio saranno perseguitati e molti moriranno per la fede in Gesù Cristo. Regnerà in quel tempo una grande fame.

Dopo che saranno avvenute tutte queste cose, molte persone riconosceranno la mano di Dio su di loro e si convertiranno e faranno penitenza dei loro peccati.

Un grande Re salirà sul trono e regnerà per alcuni anni. La religione rifiorirà e si spanderà su tutta la terra e la fertilità sarà grande, il mondo, contento di non mancare di nulla, ricomincerà con i suoi disordini e abbandonerà Dio e si darà in braccio alle sue passioni criminali.

Vi saranno anche dei ministri di Dio e delle spose di Gesù Cristo che si abbandoneranno ai disordini e questa sarà una cosa terribile; infine un inferno regnerà sulla terrà: sarà allora che nascerà l’Anticristo da una religiosa, ma guai ad essa; molte persone gli crederanno perchè si dirà venuto dal cielo; il tempo non è molto lontano, non passeranno due volte 50 anni.

Figlia mia, tu non dirai ciò che ti ho detto, tu non dirai, se devi dirlo un giorno, tu dirai quello che riguarda ciò, infine non dirai nulla finchè non ti permetto di dirlo.

Prego il Santo Padre di darmi la sua santa benedizione.

Melania Matthieu, pastorella de La Salette Grenoble, 6 luglio 1851

NON CHE SIA MOLTO TENERO, MA NEANCHE DICE CHE A ROMA SARA' LA SEDE DELL'ANTICRISTO, MA DICE ESATTAMENTE IL CONTRARIO DEL TESTO NORMALMENTE DIFFUSO (falso): "Il Vicario di Cristo trionferà ancora una volta."

Per questo c'è quella stranezza di La Salette che viene riconosciuta come autentica apparizione ma allo stesso tempo ne è stato messo all'indice il messaggio

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C'è anche da dire di Katharina Emmerick. Si sa benissimo che quanto ci è pervenuto è stato trascritto dal poeta tedesco Clemens Brentano che ha raccolto le visioni della Emmerick, quindi quanto ci sia di originale nelle visioni riportate in effetti non si sa....