12 ottobre 2013

Di apocrifo ci sono solo le tante anime ingannate dal dominatore di questo mondo

Con tutta la buona volontà, e mettendo da parte il "falso ecumenismo", non nascondo la mia grave difficoltà nel dialogare con un "cristiano", il quale, per principio, rigetta l'autorità da Dio costituita per il governo della Chiesa fondata da Cristo.

(Anche se da "ingannato", in onore del vero, anche io ne ho fatto parte...)

Questo rifiuto rende, più o meno, quasi impossibile la comprensione tra noi.

Prego comunque umilmente tutti i "lontani" e i loro fratelli di fede non cattolici, a riflettere con serenità e umiltà sulla necessità, anche soltanto naturale, che qualunque società ha di avere una autorità, un principio di unità senza dei quali la società stessa si dissolverebbe.

La Parola di Dio in merito è molto chiara: a Pietro Gesù ingiunge di "confermare i suoi fratelli nella fede", su di lui fonda la Sua, unica Chiesa, che non sarebbe mai stata travolta dal tempo e dall'errore; a lui consegna le "chiavi del Regno dei Cieli".

Queste parole si riferiscono principalmente all'interpretazione della S. Scrittura, ossia alla fede e alla morale), e concede la potestà di sciogliere e legare (Cf anche Mt 18,18 e Gv 20,21-23, in cui Gesù estende la stessa potestà agli altri apostoli e discepoli); a Pietro, infine, Gesù commette il compito di pascere Il Suo gregge.

Oltre a ciò troviamo ancora scritto (Lc 10 16): "Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza Colui che mi ha mandato".

S. Paolo ci fa sapere come comportarci "nella Casa di Dio, che é la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della Verità' (1 Tm 3,14-15).

E' certo che quando S. Paolo parla della Chiesa di Dio intende riferirsi all'unica Chiesa fondata da Cristo su Pietro (Cf Mt 16,18-20).

"I LIBRI DEFINITI APOCRIFI DAI PROTESTANTI"

Che cosa sono i libri apocrifi?

Noi sappiamo che si chiamano "apocrifi", cioè nascosti, i seguenti libri ebraici, contemporanei agli ultimi scritti dell 'A.T. , e cioè: Tobia, Giuditta, Baruc, Ecclesiastico, la Sapienza, i due libri del Maccabei e alcuni brani aggiunti al libro di Ester e a quello di Daniele. Questi libri sono stati sempre chiamati "apocrifi", cioè non ispirati, per i quali il domenicano Sisto Seneto inventò la parola "deuterocanonici".

Bisogna innanzitutto fare la differenza tra libri "canonici", "protocanonici" e "deuterocanoníci".
Tali libri "sacri" sono stati ritenuti ispirati` sia dalla tradizione giudaica che da quella cristiana.

La parola greca "canon" significa "regola", "norma" ed è impiegata dal sec. IV per designare la collezione dei libri sacri. Da allora si parla di libri "canonici" in contrapposizione ai "non canonici". I termini "protocanonici" e "deuterocanonici" sono invece stati inventati, da Sisto Senese il quale volle distinguere quelli che concordarono sempre con l'A.T., da quelli sui quali alla fine del 1° secolo dopo Cristo, sorsero delle polemiche e dei dubbi che si protrassero per molti anni.

Gli Ebrei e i Protestanti chiamano i libri deuterocanonicí "apocrifi", escludendoli dal canone biblico.

Non dovrebbe essere difficile - almeno per chi crede nella divina istituzione della Chiesa - comprendere che, trattandosi di questioni a carattere soprannaturale, la facoltà di dichiarare infallibilmente quale libro sia dotato del carattere dell'ispirazione, e sia perciò da inserirsi nel canone biblico, é soltanto della Chiesa, depositaria della dottrina di Gesù Cristo. Quindi il criterio sicuro e anche logico per conoscere se un libro debba far parte di questa collezione è la tradizione che risalga fino all'età apostolica.

Sta di fatto che i libri, oggi detti deuterocanoníci, sono compresi nella versione greca detta dei "Settanta", realizzata da Giudei alessandrini qualche secolo prima di Cristo.

Essi erano letti nelle sinagoghe ed erano considerati ispirati.

La divergenza è dovuta ad un rigorismo degli scribi e rabbini palestinesi, che non tollerarono alcun libro originariamente in greco, e che anche verso libri composti originariamente in ebraico ed aramaico si mostrarono sospettosi quando non si presentassero come dovuti ad un autore insignito di carisma profetico (cf 1 Macc 4,46; 14,42); cosicché i requisiti indispensabili di un libro sacro furono quasi fissati nella lingua ebraica, nella qualità profetica dell'autore supposto anteriore ad Esdra, e nell'origine palestinese del libro.

Tale rigorismo non era condiviso dai Giudei ellenizzati della diaspora (=dispersione, migrazione degli Ebrei fuori la Palestina) che leggevano la Bibbia nella versione greca dei Settanta.

Notizie storiche ci assicurano che anche presso i Giudei palestinesi in un primo tempo questi libri, specialmente i più antichi, fossero ammessi.

Quanto a Gesù e agli Apostoli, dalle loro allusioni conservate nel N.T. e dall'uso frequente della versione dei Settanta, risulta in pratica che ritenevano per ispirati anche i "deuterocanonici".

Tale è la norma anche dei più antichi Padri, i quali citano o usano indifferentemente le due serie di libri (Clemente, Ippolito, Ireneo, Tertulliano, Clemente Alessandrino, Cipriano). Di modo che, per i primi due secoli non risulta alcuna incertezza circa l'ispirazione e l'autorità dei libri in questione. Solo verso la fine del 2° secolo, le controversie frequenti con i Giudei, che ormai concordemente rigettavano i libri "deuterocanonici", condussero gli apologisti (=difensori della fede) a non desumere i loro argomenti da questi scritti non ammessi dagli avversari. Si trattava di una norma pratica da seguire, più che di un principio teorico.

Ne riscontriamo i sintomi in Melitone di Sardi (+160 -180), in Origene, che tuttavia usa i deuterocanonici come libri ispirati. In tempi successivi tale opinione si diffuse più sensibilmente nella Chiesa greca; ad essa si attennero Atanasío, Cirillo di Gerusalemme, Epifanio, Gregorio di Nazianzio, e alcuni altri, sebbene anch'essi in pratica non si mantennero aderenti a quella opinione, giacché non è difficile ritrovare nelle loro opere citazioni di deuterocanonici come libri ispirati.

Allora cominciò a circolare presso i Greci una triplice distinzione di libri della Bibbia: si parlò di libri certi od ammessi da tutti, di libri controversi e di libri spuri o apocrifi.

Con il termine "controversi" si intendevano i nostri "deuterocanonici". Ma quanto poco fosse radicato il rifiuto di tali libri è confermato dall'accettazione incondizionata di essi da parte di numerosi altri dottori della Chiesa e dalla decisione del Concilio di Costantinopoli del 692, detto Trullano, che sebbene in una forma non del tutto perspicua riferì il canone integrale, mantenuto SEMPRE incontrastato nella Chiesa greca, almeno sino al Protestantesimo.

Nella Chiesa latina i primi ad attenersi al canone giudaico furono Ilario di Poitiers, Rufino di Aquileia e Girolamo. I primi due furono indotti dall'esempio di Origene, di cui si professavano discepoli; il terzo, che prima di recarsi in Oriente, sembra che ritenesse il canone completo, con la sua autorità ingenerò dubbi in autori posteriori.

Tuttavia la grande maggioranza degli scrittori mantenne categoricamente la ispirazione e la canonicità dei libri "controversi".

Rappresentante di questa opinione della maggioranza fu Agostino che conservò intatta la genuina tradizione della Chiesa.

La sede romana già con Innocenzo I (405) si pronunziò in modo deciso in favore di tali libri; alcuni anni più tardi il "Decreto", erroneamente detto "Gelasiano", segnò la norma costante di fede per i secoli successivi , finche i Concili ecumenici Fiorentino (1441~1446) e Tridentino (1546) lo sancirono solennemente.

Tuttavia l'autorità di Girolamo, che aveva fatto esitare e fuorviare taluni nel medioevo (Ugo di S. Vittore, Niccolé Lirano e qualche altro), si risente ancora in S. Antonio arcivescovo di Firenze (+1459), e nel cardinale Gaetano (1532), che negavano al libri "controversi" (deuterocanonici) un'autorità impegnativa in materia di fede.

Lutero, pur rigettando la tradizione ecclesiastica, manifestò una certa esitazione nel ripudiare i "deuterocanonici" e si accontentò di relegarli in fondo alla sua traduzione.

Dopo quanto ho detto, possiamo trarre una conclusione.

Col sorgere del Cristianesimo l'Antico Testamento fu usato nella sua traduzione greca dei "Settanta", i cui inizi risalgono al 3° secolo avanti Cristo.

I cristiani non escluso Cristo e gli Apostoli, traevano da questa versione le citazioni bibliche nelle loro polemiche contro i Giudei.
QUESTA FU LA PRINCIPALE RAGIONE per cui, lungo il 2° sec. dopo Cristo, i Giudei ripudiarono come infedele la versione dei "Settanta", sebbene in precedenza l'avevano circondata di particolare venerazione, e la sostituirono con altre versioni greche, totali o parziali, fatte da Giudei e giunte fino a noi soltanto in modo frammentario.

I veri libri apocrifi, cioè quelli non ispirati, furono ben presto smascherati dalla Chiesa Cattolica ed esclusi dall'ispirazione.

Cari "lontani" non cattolici, conoscevate tutta questa storia sui libri che voi erroneamente chiamate "apocrifi"?

Non è vero che i "deuterocanonicí" sono stati sempre chiamati "apocrifi"; che non è vero che la Chiesa Cattolica l'8 aprile 1546 al Concilio di Trento decise di metterli sullo stesso piano degli altri libri ispirati. In tale occasione la Chiesa volle derimere qualunque dubbio e questione in merito, definitivamente.

Non è vero che la Chiesa dei primi secoli non li riconosceva ispirati.

E neppure è vero che S. Girolamo col suo prestigio ha messo in imbarazzo la Chiesa di Dio, ma solo alcuni studiosi.

S. Agostino, tra i maggiori geni del Cristianesimo, credeva, con la Chiesa, alla "ispirazione" dei libri "controversi" (deuterocanonici).

Essi sono letti nella Chiesa anche allo scopo di trarvi una dottrina, proprio perché ispirati.

Comunque,molti "lontani" affermano, il 2° Maccabei termina così:

"Se la disposizione della materia è stata buona e come si conviene alla storia, è quello che ho desiderato. Se poi è mediocre e di scarso valore, è quanto ho potuto fare" (2° Macc 15,38). Quindi, lo stesso autore esclude trattarsi di libro ispirato... :

Sarà bene andare a rileggere 2,25-31 e vi troveremo l'intento dell'autore, il quale sta sunteggiando una storia...

Egli è cosciente dello sforzo letterario compiuto per unire l'utile al dilettevole. Il lettore moderno deve comprendere.... e, come gli uomini dell'oriente, deve rinunciare per un certo tempo al vino puro (ciò era prescritto per ragioni igieniche).

Sapendolo, troverà piacevole la parola di Dio che gli è proposta in questo libro. Questo vuol dire modestamente l'autore.

Il giudizio dell'ispirazione non è sua competenza. "Ai posteri l'ardua sentenza!". Difatti, la tradizione ebraica, come ho già detto, fino al rifiuto categorico degli Ebrei e alle polemiche con i cristiani aveva accettata la canonicità dei libri in questione compreso i due Maccabei.

QUESTA E' UNA PICCOLA PARTE, DEGLI ERRORI COMMESSI DAI PROTESTANTI, NEL RITENERE CHE QUESTI LIBRI NON SAREBBERO "ISPIRATI DA DIO"....