31 dicembre 2015

Noi Ti Lodiamo, Dio,

ti proclamiamo Signore.O eterno Padre,tutta la terra ti adora 
A te cantano gli angeli
e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo
il Signore Dio dell'universo. 
I cieli e la terra
sono pieni della tua gloria.
Ti acclama il coro degli apostoli
e la candida schiera dei martiri; 
le voci dei profeti si uniscono nella lode;
la santa Chiesa proclama la tua gloria,
adora il tuo unico Figlio
e lo Spirito Santo Parassito. 
O Cristo, re della gloria,
eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine Madre
per la salvezza dell'uomo. 
Vincitore della morte,
hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre.
Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi. 
Soccorri i tuoi figli, Signore,
che hai redento col tuo Sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria
nell'assemblea dei santi. 
Salva il tuo popolo, Signore,
guida e proteggi i tuoi figli.
Ogni giorno ti benediciamo,
lodiamo il tuo nome per sempre 
Degnati oggi, Signore,
di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi la tua misericordia:
in te abbiamo sperato.
Pietà di noi, Signore,
pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza,
non saremo confusi in eterno.


30 dicembre 2015

Il Re Povero · San Francesco a Greccio nel Natale del 1223 ·

Nel Natale 1223, Francesco d’Assisi predispose a Greccio l’occorrente per celebrare in modo degno l’eucaristia in quel giorno solenne: con l’aiuto di un uomo della contrada, di nome Giovanni, fece mettere della paglia in una mangiatoia e fece procurare un bue e un asino, perché fosse visibile a tutti — con «gli occhi del corpo» — in qual modo il fanciullo Gesù era nato a Betlemme, privo di tutto ciò che è necessario a un infante.

Giovanni preparò ogni cosa secondo le indicazioni ricevute: in quella circostanza solennissima il popolo accorse in massa portando ceri e fiaccole. Dopo aver meditato la grandezza del mistero, ripresentato visivamente grazie alla scena fatta allestire da Francesco, sulla greppia venne approntato l’altare e fu celebrata l’eucaristia. Francesco, diacono, intonò il Vangelo e predicò al popolo, parlando con molto trasporto di quel grande mistero: terminata la celebrazione, tutti tornarono alle proprie dimore pieni di gioia. Questo, nella sostanza, il racconto di Tommaso da Celano, il quale narrò per primo l’episodio nella sua Vita del beato Francesco, scritta tra il 1228 e il 1229.

Dal racconto di Tommaso non risulta che Francesco avesse pensato di mettere in scena un presepe come oggi noi lo intendiamo, pura rappresentazione di un mistero di fede. Piuttosto, aveva voluto ricreare le condizioni per un incontro reale con il mistero dell’incarnazione del Signore. Non c’era il bambino nella mangiatoia (né vi fu chi interpretò i ruoli di Giuseppe e Maria), ma su quella stessa mangiatoia fu celebrato il sacrificio eucaristico, poiché per Francesco entrambe le realtà — l’eucaristia e l’incarnazione — rimandavano alla stessa scelta di fondo. La scelta di un Dio che si umilia, che si svuota delle sue prerogative divine, per la salvezza dell’uomo.

Il pensiero di Francesco è sufficientemente chiaro in proposito, ed è in sintonia con quello di molti altri autori spirituali del tempo. «Ecco, ogni giorno egli si umilia — scrive nell’Ammonizione i —, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote».

L’eucaristia perpetua quindi l’incarnazione di Cristo nella storia e, al tempo stesso, esige che — come Cristo — sappiamo espropriarci di tutto, senza ritenere per noi niente di noi stessi. Lo grida a viva voce, Francesco, in un passo pieno di lirismo della Lettera a tutto l’Ordine: «Tutta l’umanità trepidi, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nelle mani del sacerdote, è presente Cristo, il Figlio del Dio vivo. O ammirabile altezza e stupenda degnazione! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, e aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché tutti e per intero vi accolga Colui che tutto a voi si offre». Espropriarsi di tutto, anche di ogni attesa nei riguardi degli altri. Nel Natale del 1223 Francesco volle ricordare, ancora una volta, questa realtà, ripresentandola visivamente agli abitanti di Greccio e del contado vicino.

È opportuno soffermarsi su quanto Tommaso riferisce sui contenuti e le modalità della predicazione di Francesco. L’agiografo afferma che il santo, quella notte, predicò sulla nascita del re povero e su Betlemme, piccola città. Il fulcro della predica di Francesco in quella santa notte mirava, dunque, a contemplare le modalità scelte dal Figlio di Dio per il suo ingresso nella storia degli uomini: il re era un re povero, la città nella quale era nato era una città piccolina. Si tratta, indubbiamente, di un tema costante nella meditazione di Francesco e nella sua proposta di vita cristiana.

Interessantissime, poi, le annotazioni dell’agiografo sulle modalità di quella predicazione: Tommaso afferma infatti che quando Francesco pronunciava la parola «Betlemme» lo faceva riempiendosi la bocca di tenero affetto e producendo (ovviamente con la reiterazione della prima “e”) un suono simile al belato di una pecora, e tutte le volte che diceva «bambino di Betlemme» oppure «Gesù» si leccava le labbra e deglutiva, quasi a gustare la dolcezza di quelle parole. Tommaso, peraltro, è — tra gli agiografi — colui che meglio ci informa sul modo in cui Francesco utilizzava tutte le risorse del corpo e della voce per comunicare i propri sentimenti, fino al punto di affermare che egli aveva fatto di tutto il suo corpo una lingua.

Il Signore, dunque, nasceva ancora una volta, umile e povero come a Betlemme, e chiedeva agli uomini di seguire le sue orme. Il mistero dell’incarnazione e il sacrificio eucaristico, saldamente uniti nella celebrazione voluta da Francesco (è importante ribadire che l’eucaristia fu celebrata sulla mangiatoia da lui fatta appositamente preparare), attestavano un’irrevocabile scelta di campo da parte del Figlio di Dio. Tra l’altro, lo stesso Tommaso da Celano dice espressamente che «l’umiltà della incarnazione e la carità della passione» di Gesù Cristo tenevano tanto occupata la memoria di Francesco, che egli non voleva pensare ad altro.
Tommaso si premura poi di spiegare bene il senso della visione avuta da uno dei presenti, uomo — egli precisa — di mirabile virtù. Costui aveva visto che nella mangiatoia giaceva esanime un fanciullo, il quale, però, all’avvicinarsi di Francesco, si era ridestato dal suo profondo torpore. Questa visione, chiarisce Tommaso, non era in contraddizione con la realtà delle cose, poiché, attraverso il suo servo Francesco, il fanciullo Gesù si era ridestato nel cuore di molti che lo avevano dimenticato.
Certamente la notte di Greccio ha esercitato una profonda influenza sulla posteriore diffusione del presepe (si pensi peraltro quale straordinario strumento di catechesi esso finiva per essere nella polemica contro l’eresia catara, che negava la realtà dell’incarnazione e l’umanità di Cristo). Tuttavia, ben più profondo e impegnativo fu il messaggio lanciato da Francesco nel Natale del 1223: un messaggio che era invito ad accogliere la proposta di Gesù e a seguire le sue orme, nell’umiltà, nella povertà, nell’espropriazione totale di sé. Cosa che egli fece con decisione e con forza, fino alla fine.

L'Osservatore Romano

25 dicembre 2015

Buon Natale a tutti

Auguri, auguri, auguri, auguri..... in tanti probabilmente ce lo hanno detto, ma poi se gli chiedi per cosa fanno gli auguri si va sul generico o magari c'è anche dell'imbarazzo nello specificare

24 dicembre 2015

Nessuna similitudine tra Gesù, Mitra e altre divinità pagane

Gesù Cristo non sarebbe altro che una creazione fondata sulle diffuse mitologie delle divinità soggette a morte e rinascita, note in tutto il mondo pagano. Il testo che ha maggiormente diffuso queste credenze è “The Jesus Mysteries: Was the “Original Jesus” a Pagan God?” (Three Rivers Press 1999) di T. Freke e P. Gandy.
La tesi dei due autori è che «la vicenda di Gesù non è la biografia di un messia storico, ma un mito fondato sulle eterne favole pagane. Il cristianesimo non fu una rivelazione nuova e unica, ma un adattamento ebraico dell’antica religiose dei misteri pagani»(p. 2). Secondo loro al cuore dei tanti misteri pagani ci sarebbe il mito di un uomo-dio che sarebbe morto e risorto, a cui furono attribuiti diversi nomi: Osiride, Dioniso, Attis, Adone, Bacco, Mitra. E anche Apollonio. Ciò che accomunerebbe tutte queste divinità è la loro biografia: sarebbero figli di Dio e di una madre mortale vergine, nacquero il 25 dicembre in una grotta di fronte a tre pastori e uomini sapienti, come primo miracolo trasformarono l’acqua in vino, fecero il loro ingresso in città a dorso d’asino, furono crocifissi per Pasqua allo scopo di emendare i peccati del mondo, il terzo giorno resuscitarono. Avete già sentito questa storia, vero?
Inutile ricordare che i due autori non sono studiosi ma semplici scrittori, famosi unicamente per queste tesi. L’agnostico Bart D. Ehrman, docente di Nuovo Testamento e presidente del Dipartimento di studi religiosi dell’Università della Carolina del Nord, nel suo “Did Jesus Exist” (HarperCollins Publisher 2012) ha commentato: «Gli storici del mondo antico -quelli seri- sono scandalizzati da tali asserzioni. Gli autori non corredano di prove le loro affermazioni sul modello mitologico dell’uomo-dio. Non citano alcuna fonte pervenutaci dal mondo antico che sia possibile verificare. Non si può dire che abbiano fornito un’interpretazione alternativa delle testimonianze a nostra disposizione. Non le hanno neppure citate. E hanno fatto bene. Quelle testimonianze non esistono» (p. 27). Effettivamente il grande problema di queste tesi è che mancano completamente le testimonianze storiche. Senza contare che «il Gesù storico non proviene dagli ambienti fortemente influenzati dalle religioni misteriche pagane del’Egitto della fine del I secolo, ma dagli ebrei vincolati alla loro religione decisamente antipagana della Palestina degli anni Trenta dell’èra volgare e dei periodi seguenti» (p. 28).
I miticisti, in particolare, si soffermano particolarmente a mostrare presunti paralleli tra Gesù Cristo e Mitra, perché una loro teoria alternativa è che la biografia di Gesù sarebbe interamente paragonabile a quella di questa divinità: oltre alle identiche date e luoghi di nascita, al concepimento verginale della madre (in realtà l’iconografia romana fa nascere Mitra già fanciullo da una roccia, la petra genetrix) e la loro resurrezione, i rituali di venerazione di Mitra sarebbero stati guidati da un sovrano con il nome di papa e tenuti sul colle del Vaticano. La replica di Ehrman è netta: «Non ci sono prove che sia così. E’ un’invenzione. Gli studiosi dei misteri mitraici non hanno difficoltà ad ammettere che, come per la maggior parte delle religioni misteriche, non sappiamo molto del mitraismo. I mitraisti non hanno lasciato libri per spiegare quali fossero i loro riti e le loro credenze. Quasi tutte le testimonianze in nostro possesso sono prove archeologiche, dal momento che sono stati scoperti molti templi sacri al culto (chiamati mitrei) e una statua che raffigura l’uccisione di un toro […]. Non abbiamo testi mitraici, e tanto meno testimonianze secondo cui il dio Mitra sarebbe nato da una vergine il 25 dicembre e sarebbe morto per espiare i peccati, per poi risorgere di domenica. Religioni quali il mitraismo sono definite culti misterici dagli studiosi perché i seguaci erano vincolati da un voto di segretezza e non rivelarono mai né i misteri del loro culto, né i loro riti o il loro credo». Per approfondire consigliamo le più importanti opere storiche sul mitraismo: “The religion of the Mithras Cult in the Roman Empire: Mysteries of the Unconcquered Sun” (R. Beck, Oxford University Press 2007) e “Mystery Cults of the Ancient World” (H. Bowden, Princeton University Press 2010).
E’ vero che alcuni autori cristiani, come Tertulliano, trovavano similitudini tra la propria religione e i culti misterici, ma scrivevano in un periodo molto tardo e non avevano compiuto ricerche in proposito, il loro intento era far capire ai pagani che il cristianesimo comprendeva parole e azioni non tanto diverse da quelle delle loro religioni, pertanto non c’era ragione di fare un distinguo per i cristiani e perseguitarli. Ma non disponevano di fonti di informazione affidabili. Come ha commentato recentemente il prof. Larry Hurtado, docente di Nuovo Testamento presso l’Università di Edimburgo, «alcuni cristiani del II secolo a volte hanno usato la terminologia utilizzata nei culti misterici a causa dei contrasti con il cristianesimo ma, ovviamente, non è la stessa cosa dell’essere influenzati/plasmati dai culti misterici».
I parallelismi inoltre, oltre a non avere fonti storiche ed essere inventati di sana pianta, hanno anche diverse problematiche per come sono presentati e appaiono completamente differenti dalla biografia di Gesù, come ha ottimamente mostrato il prof. Alfredo Jacopozzi, docente alla Facoltà teologica dell’Italia Centrale. Pensiamo soltanto alla crocifissione di Gesù: «Morire per espiare i peccati è un’idea che non è mai appartenuta all’antica mitologia pagana» (p. 218), ha commentato il prof. Ehrman. «Sia per i particolari sia per la teoria complessiva, sembra perlopiù una tesi studentesca, zeppa di informazioni palesemente false e di incongruenze. Le loro interpretazioni saranno state credibili oltre un secolo fa, ma oggi nessuno studioso le sostiene» (p. 28).
Ha quindi concluso il prof. Jacopozzi: «i presunti “paralleli cristiani” presenti nel mitraismo romano, sono nati almeno un secolo dopo i testi neotestamentari, dunque troppo tardi per dire che il cristianesimo abbia preso in prestito qualche idea dal mitraismo. Semmai, è estremamente probabile che sia vero il contrario».

23 dicembre 2015

Gesù è nato davvero il 25 dicembre?

Alcuni studi dello scorso secolo dimostrano che la data del Natale non è soltanto un simbolo




Il Natale cristiano è sempre stato festeggiato il 25 dicembre. Malgrado ciò, nel progredire del tempo, si sono levate più voci che hanno contestato la storicità di tale data. La tesi sostenuta è che in epoca antica si sia voluto semplicemente sostituire a una ricorrenza pagana una memoria cristiana. Evidentemente, tale posizione ha generato in taluni fedeli confusione e desiderio di chiarire meglio la questione. Per questo, a meno di quarantott’ore dal Natale, abbiamo rivolto alcune domande a uno storico della Chiesa, il prof. Pier Luigi Guiducci. Ecco la sue risposte.
***
Prof. Guiducci, da dove nasce la questione legata al 25 dicembre?
Secondo una tesi diffusa, la celebrazione del Natale del Signore, nella prima metà del IV sec.,  sarebbe stata fissata dalla Chiesa di Roma al 25 dicembre per contrastare una festa pagana: quella del  Dies natalis Solis invicti (il dio Mitra?). Quest’ultima ricorrenza, era stata fissata in occasione del solstizio invernale (21-22 dicembre), quando il sole illumina in maggior misura l’emisfero australe. Quindi in ambito cristiano, risalendo di 9 mesi, si era posta al 25 marzo la celebrazione dell’annuncio dell’Angelo a Maria (e la sua Immacolata Concezione del Figlio). Di conseguenza, sei mesi prima della nascita del Signore, venne inserita anche la memoria della nascita di Giovanni Battista. L’Occidente cristiano non celebrava l’annuncio a Zaccaria della nascita del Battista. Al contrario, tale annuncio era commemorato nell’Oriente siro alla prima domenica del “Tempo dell’Annuncio (Sûbarâ)”che includeva (in successive domeniche) l’annunciazione a Maria Vergine, la Visitazione, la nascita del Battista, l’annuncio a Giuseppe, la genealogia del Signore secondo l’evangelista Matteo. L’Oriente bizantino celebrava invece al 23 settembre anche l’annuncio a Zaccaria. Si avevano in successione quattro date: 1] l’annuncio a Zaccaria, e 2] sei mesi dopo l’annunciazione a Maria, 3] rispettivamente nove e tre mesi dopo le prime due date, la nascita del Battista, e 4] rispettivamente sei mesi dopo quest’ultima data, e naturalmente nove mesi dopo l’Annunciazione, la Nascita del Signore.
Il Natale rimane un riferimento-chiave…
Il Natale del Signore venne  fissato al 25 dicembre. Su questa base, furono disposte le feste dell’Annunciazione (nove mesi prima), e della nascita del Battista (sei mesi prima). Gli storici e i liturgisti hanno espresso su tale impostazione dei dubbi. Tutto è collegato a un problema: nei secoli II-IV erano state avanzate diverse datazioni (che tenevano conto di computi astronomici o di idee teologiche), ma una data “storica” non esisteva.
Una particolare attenzione è stata rivolta al Vangelo di Luca…
Sì, è vero. Luca è attento a taluni aspetti storici. Cita, ad esempio il decreto di Cesare Augusto. Fa riferimento al censimento di Quirinio (7-6 a.C. ca), durante il quale avvenne la nascita del Signore. Rimanda all’anno XV di Tiberio Cesare (circa il 27-28 d.C.), per indicare l’inizio della predicazione del Battista. E annota: “Gesù, quando cominciò il suo ministero, aveva circa trent’anni” (Lc 3,23). Secondo il suo racconto, lo stesso angelo Gabriele, sei mesi prima dell’annunciazione a Maria (Lc 1,26-38), alla conclusione della solenne celebrazione sacrificale quotidiana, aveva annunciato nel santuario all’anziano sacerdote Zaccaria che la sua sposa, sterile e anziana, Elisabetta, avrebbe concepito un figlio, destinato a preparare un popolo a Colui che doveva venire (Lc 1,5-25). Luca specifica che Zaccaria apparteneva alla “classe [sacerdotale] di Abia” (Lc 1,5), e che ha l’apparizione di Gabriele mentre “esercitava sacerdotalmente nel turno del suo ordine” (Lc 1,8).
Luca offre quindi due dati…
Sì. Il primo è che nel santuario di Gerusalemme, i sacerdoti erano distinti in classi. Quest’ultime, erano impegnate in 24 turni (1Cr 24,1-7.19). Tali “classi”, avvicendandosi in ordine immutabile, dovevano prestare servizio liturgico per una settimana, “da sabato a sabato”, due volte l’anno. L’elenco delle classi sacerdotali, fino alla distruzione del Tempio (70 d.C.), secondo il testo dei Settanta,  era stabilito per sorteggio, così: I) Iarib;  II) Ideia;  III) Charim; IV) Seorim;  V) Mechia;  VI) Miamin; VII) Kos;  VIII) Abia;  IX) Giosuè; X) Senechia; XI) Eliasib; XII) Iakim; XIII) Occhoffa; XIV) Isbaal;  XV) Belga; XVI) Emmer; XVII) Chezir;  XVIII) Afessi;  XIX) Fetaia; XX) Ezekil; XXI) Iachin; XXII) Gamoul; XXIII) Dalaia; XXIV) Maasai.
E il secondo dato?
È che Zaccaria apparteneva al “turno di Abia”, l’ottavo. Luca scrive quando il Tempio è ancora in attività, quindi tutti potevano conoscere le sue funzioni. Il problema è che  l’evangelista non annota “quando” stava in esercizio il “turno di Abia”. Non dice in quale dei due avvicendamenti annuali Zaccaria ricevette l’annuncio dell’angelo nel santuario. Sembra che lungo i secoli nessuno abbia avuto cura di riportare la memoria. Non risultano ricerche di merito. Nel 1953 avviene un fatto nuovo.
Quale?
Una studiosa francese, Annie Jaubert, pubblica un articolo dal titolo: Le calendrier des Jubilées et de la secte de Qumran. Ses origines bibliques [in “Vetus Testamentum”, suppl. 3, 1953, pp. 250-264]. Questa specialista aveva studiato il calendario del Libro dei Giubilei. Si tratta di un apocrifo ebraico (fine II sec. a.C.). Numerosi frammenti di testo di tale calendario (ritrovati nelle grotte di Qumran) dimostravano non solo che esso era stato fatto proprio dagli Esseni, ma che era ancora in uso. Detto calendario è solare, non dà nomi ai mesi, ma li indica con il numero di successione. La studiosa aveva pubblicato su tale argomento anche altri articoli [cfr. anche la sua voce Calendario di Qumran, in “Enciclopedia della Bibbia” 2 (1969), pp. 35-38]. In una monografia, La date de la CèneCalendrier biblique et liturgie chrétienne  (“Études Bibliques”, Paris 1957), aveva pure ricostruito la successione degli eventi della Settimana Santa, individuando in modo convincente (salvo riserve di qualcuno) al martedì, e non al giovedì, la data della Cena del Signore. A questo punto, interviene un altro studioso.
Di chi si tratta? 
Di Shemarjahu Talmon. Era uno specialista  dell’Università Ebraica di Gerusalemme.  Aveva lavorato sui documenti di Qumran, e sul calendario dei Giubilei. Ed era riuscito a precisare lo svolgersi settimanale dell’ordine dei 24 turni sacerdotali nel Tempio, nel tempo di Gesù.
Quali dati risultano importanti?
I risultati  di Talmon vennero  pubblicati nell’articolo The Calendar Reckoning of the Sect from the Judean Desert. Aspects of the Dead Sea Scrolls (in “Scripta Hierosolymitana”, vol. IV, Jerusalem 1958, pp. 162-199). La lista che  lo studioso ha ricostruito indica che il “turno di Abia (Ab-Jah)”, ricorreva così: la prima volta, dall’8 al 14 del terzo mese del calendario; e la seconda volta dal 24 al 30 dell’ottavo mese del calendario. Ora, secondo il calendario solare (non lunare, come è l’attuale calendario ebraico), questa seconda volta corrisponde all’incirca all’ultima decade di settembre.
È un contributo-chiave? 
Sì. Come annota anche Antonio Ammassari nell’articolo Alle origini del calendario natalizio [in “Euntes Docete” 45 (1992) pp. 11-16], Luca, con l’indicazione sul “turno di Abia”, risale a una tradizione giudeo-cristiana gerosolimitana che offre la possibilità di ricostruire alcune date storiche.
Quindi si possono individuare delle date storiche?
Sì. Il rito bizantino, alla data del  23 settembre, fa memoria dell’annuncio a Zaccaria, e conserva una data storica certa, e pressoché precisa (forse con un arretramento di uno o due giorni). La principale datazione storica sulla vita del Signore è centrata sull’evento-chiave: la sua Risurrezione. Avvenne all’alba della domenica 9 aprile dell’anno 30 d. C., data astronomica certa; quindi, quella della sua morte si verificò alle 15 pomeridiane del venerdì 7 aprile del 30. Secondo i dati ricavati dall’indagine succitata, si snoda da qui un intreccio di altre date storiche.
Può fare dei cenni?
Il ciclo di Giovanni il Battista. Ha la data storica accertata (circa) del 24 settembre del nostro calendario gregoriano dell’anno 7-6 a.C. per l’annuncio divino al padre Zaccaria. Nel computo attuale, sarebbe nell’autunno dell’1 a.C., ma si sa che dal VI secolo vi fu un errore di circa sei o cinque anni sulla data reale dell’anno della nascita del Signore. La nascita di Giovanni il Battista nove mesi dopo (Lc 1,57-66), (circa) il 24 giugno, è una data storica. A questo punto, nel ciclo di Cristo (che Luca sviluppa in modo parallelo a quello del Battista), l’annunciazione a Maria “nel sesto mese” dopo la concezione di Elisabetta (Lc1,28) risulta come un’altra data storica.
Festeggiare il Natale del Signore il 25 dicembre ha dunque riscontri storici?
Esatto. Possiamo affermare che è una data storica la nascita del Signore al 25 dicembre, cioè 15 mesi dopo l’annuncio a Zaccaria, nove mesi dopo l’annunciazione a Maria, sei mesi dopo la nascita di Giovanni il Battista. La circoncisione, otto giorni dopo la nascita, è una data storica. E così, quaranta giorni dopo la nascita, il 2 febbraio, la “presentazione” del Signore al Tempio, è una data storica.

21 dicembre 2015

Che la forza sia con voi!

BERLINO, MESSA A TEMA "STAR WARS" NELLA CHIESA PROTESTANTE


Una chiesa protestante luterana di Berlino ha celebrato la messa della domenica in tema "Star Wars". I due pastori hanno impugnato delle spade laser mentre tra i banchi numerosi fedeli indossavano gli abiti e le maschere degli eroi della saga galattica. La chiesa di Zion, nel quartiere berlinese di Mitte, ha voluto celebrare un parallelismo tra la lotta tra le forze del bene e del male e il nuovo film, "Il risveglio della forza". In risposta a una crisi della frequentazione delle chiese in Germania, i due giovani pastori in formazione - Ulrike Garve, 29 anni, e Lucas Ludewig, 30 anni - hanno brandito le spade laser durante il sermone domenicale. "Parlando del film abbiamo voluto fare un parallelo con la tradizione cristiana - così Ulricke Garve in un comunicato - e abbiamo voluto spiegarlo durante la messa". La chiesa protestante di Zion è famosa per aver avuto come pastore lo scrittore e anti nazista Dietrich Bonhoeffer, morto in un campo di concentramento. Nei giorni precedenti la caduta del muro di Berlino la chiesa fu un luogo di incontro per l'oppositori del regime comunista

11 dicembre 2015

San Pietro, Fiat Lux e le troppe bestie

È più dissacrante il leone proiettato sulla facciata della basilica di San Pietro o il leone del Canova che adorna da 300 anni la tomba di Papa Clemente XIII?



Siamo sicuri che la presenza di leoni, delfini, balene, api e farfalle sulla facciata di San Pietro sia stata una «dissacrazione»? Uno sguardo a ciò che è contenuto all’interno della basilica vaticana, cioè in uno spazio certamente più sacro rispetto alla sua facciata, avrebbe dovuto indurre a un po’ più di prudenza nei commenti di chi si è stracciato le vesti in questa occasione.

Dentro la basilica di San Pietro sono infatti raffigurate, con dovizia di particolari, ben 67 specie diverse di animali. Un primo conteggio lo fece in un mini-saggio un grande maestro del vaticanismo, Arcangelo Paglialunga, corrispondente dal Vaticano per i quotidiani «Il Gazzettino» e «Il Giornale di Brescia». Più recente è lo studio sistematico dello storico dell’arte Sandro Barbagallo, che lavora ai Musei Vaticani e ha pubblicato il libro «Gli animali nell’arte religiosa. La Basilica di San Pietro» (Libreria Editrice Vaticana, 240 pagine, 33 euro), corredato con molte immagini suggestive.

Ebbene, tra le 67 specie di animali figurano rappresentante in sculture, dipinti, mosaici e bassorilievi ben 500 api, 470 colombe, 100 draghi (sì, avete capito bene, proprio draghi, quelli preferiti dagli amanti del Fantasy e di Harry Potter). Ci sono leoni, aquile, farfalle, serpenti, elefanti, delfini, gatti, cani, coccodrilli, giaguari, balene, lucertole. Ci sono anche pipistrelli, e creature mitologiche come unicorni e sfingi. Per questo monsignor Giovanni Fallani, presidente della Commissione di Arte Sacra ai tempi di Giovanni XXIII, amava definire quello di San Pietro un vero e proprio «zoo sacro».

Ora, che a qualcuno possa non essere piaciuto lo spettacolo di luci e immagini sulla facciata perché giudicato inappropriato alla circostanza, è più che comprensibile e, come ho detto, condivido la perplessità. In ogni caso è vero che i giochi di luce non sono una novità per la basilica vaticana: si veda quanto accadde nel 1940, con il mondo in guerra, e San Pietro trasformata in un trionfo di luminarie.

Ed è vero che lo spettacolo non è mai stato del tutto escluso dalla grande piazza vaticana: qualche anno fa venne montato un tendone del circo in occasione di un pellegrinaggio dei circensi.

Quello che suona a mio avviso stonato, in molti commenti, è il ritenere dissacrante la proiezione di immagini di animali sulla facciata di San Pietro. Ne hanno mostrati comunque di meno di quelli che vi sono rappresentati all’interno, mai ritenuti dissacranti neanche ai tempi della Controriforma e tutt’oggi ospitati nel più grande «zoo sacro» della cristianità insieme alle statue di Gesù, della Madonna, dei grandi santi e dei papi (santi e meno santi).

Andrea Tornielli

10 dicembre 2015

Fiat Lux, lo spettacolo della natura sulla facciata di San Pietro e naturalmene i soliti sedevacantisti e paccottiglia fai-simile....

Per la cronaca. le immagini proiettate sulla basilica di San Pietro sono di grandi fotografi e lo spettacolo stesso si chiama “Fiat Lux” con chiaro riferimento alla Genesi,

Se poi anche Dio lo si vuole considerare un ecologista visto che ha creato la stupenda natura che l'uomo sta massacrando, e quindi a loro modo di vedere da condannare, facciano pure ma sia chiaro che è Papa Francesco che con la sua enciclica "Laudato Si” dimostra di essere uomo di Dio, non questi esagitati sedevacantisti che ormai sono da considerare fuori della barca di Pietro e quindi stanno correndo il serio rischio di affogare.




8 dicembre 2015

La cretinata da parte di chi si dice cattolica ad inizio Giubileo non poteva certo mancare


E quando mai avrebbe il Papa mai detto questa mattina ad apertura Giubileo della Misericordia che "le anime morte senza la grazia di Dio si dissolvono, si annientano"?

Roba da testimoni di geova che non credono nell'esistenza dell'inferno...

Ma il fatto è che il Papa questa mattina non ha detto una cosa del genere, io come tanti altri non l'abbiamo ascoltata e neanche è riportata sul sito ufficiale della Santa Sede, basta leggere l'Omelia di questa mattina e l'Angelus che riportano esattamente le parole dette dal Papa, non riportano una cosa del genere, basta leggere:

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2015/documents/papa-francesco_20151208_giubileo-omelia-apertura.html

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/angelus/2015/documents/papa-francesco_angelus_20151208.html

Natura,mente c 'è chi farà appelloper sostenere la sua cretina tesi a quanto scrisse qualche mese fa l'ateo Eugenio Scalfari attribuendo al Papa certe parole riguardo l'annientamento dell'anima. Ma orma dovrebbe e essere cosa risaputa che Eugenio Scalfari ha "Scalfarizzato" la sua intervista a Papa Francesco facendogli dire cose che mai ha detto e per questo che poi tale intervista fu tolta dal sito ufficiale della Santa Sede...

http://m.repubblica.it/mobile/r/sezioni/politica/2015/03/15/news/quel_che_francesco_puo_dire_all_europa_dei_non_credenti-109542750/

AVRETE NOTATO CHE DI RECENTE QUESTO BLOG HA CAMBIATO NOME: Non più eresie pentecostali, non perché queste non esistono più, anzi. Ma il fatto è che ormai ci sono tanti di quei cattolici che ne sparano contro il Papa e la Chiesa e in maniera per quanto possibile misericordiosa (e di certo non sempre ci riesce) preferiamo prima occuparci di loro

Papa Francesco: il Papa emerito varca la Porta Santa subito dopo di lui

Papa Francesco ha aperto la Porta Santa della basilica di San Pietro. Subito dopo di lui, come secondo pellegrino dell’Anno giubilare della Misericordia, ha varcato la soglia della stessa Porta il Papa emerito Benedetto XVI. L’abbraccio fraterno tra Papa Francesco e Papa Benedetto era avvenuto poco prima che quest’ultimo compisse l’atto di inizio ufficiale del Giubileo, nell’atrio della basilica vaticana.

http://agensir.it/quotidiano/2015/12/8/papa-francesco-il-papa-emerito-varca-la-porta-santa-subito-dopo-di-lui/


7 dicembre 2015

«Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te»

A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.

 

4 dicembre 2015


Quando mi sarò unito a Te con tutto me stesso, non esisterà per me dolore e pena in nessun luogo. Sarà vera vita la mia vita, tutta piena di te.

Tu sollevi chi riempi; io ora, non essendo pieno di te, sono un peso per me; le mie gioie, di cui dovrei piangere, contrastano le afflizioni, di cui dovrei gioire, e non so da quale parte stia la vittoria; le mie afflizioni maligne contrastano le mie gioie oneste, e non so da quale parte stia la vittoria.

Ahimè, Signore, abbi pietà di me! Ahimè! Vedi che non nascondo le mie piaghe. Tu sei medico, io sono malato; tu sei misericordioso, io sono misero...

A ragione è salda la mia speranza che guarirai tutte le mie debolezze grazie a Chi siede alla tua destra e intercede per noi presso di te.

Sant'Agostino

29 novembre 2015

Signore che vieni a visitare
il popolo tuo nella pace,
abbi pietà di noi!
Signore pietà!
Abbi pietà di noi!
Signore pietà!

Cristo che vieni a salvare,
a salvare chi è perduto,
abbi pietà di noi!
Cristo pietà!
Abbi pietà di noi!
Cristo pietà!

Signore che vieni a creare un mondo,
un mondo nuovo
abbi pietà di noi!
Signore pietà!
Abbi pietà di noi!
Signore pietà!

28 novembre 2015

«Per gli islamici è una provocazione» bufera sul preside che sposta Natale


MILANO, LA FESTA A FINE GENNAIO SENZA CANTI E SIMBOLI. LA PROTESTA DEI GENITORI. A ROMA IN UNA SCUOLA MATERNA I MIGRANTI COME RE MAGI E GESÙ BAMBINO BANDITO DAL PRESEPE
La festa di Natale trasformata in festa dell’Inverno (e posticipata a fine gennaio), la classica Tu scendi dalle stelle sostituita dalle filastrocche di Gianni Rodari e dalle canzoni di Sergio Endrigo. Il tutto in nome della «laicità della scuola e dell’insegnamento». Il Garofani di Rozzano, hinterland Sud di Milano, è un istituto da mille studenti e classi che vanno dall’asilo alle superiori. Gli studenti stranieri sono tanti, il venti per cento, e molti i musulmani. La scelta del Natale «laico» si deve al preside, Marco Parma, uno che qualche anno fa corse pure per la poltrona di sindaco del paese sostenuto da una lista civica a da un Movimento Cinque Stelle ancora in fase embrionale. «Un passo avanti verso l’integrazione e per rispettare la sensibilità di chi la pensa diversamente, ha altre culture o religioni», si giustifica ora il preside Parma. «Questa è una scuola multietnica, sarebbe stato giusto se nelle feste di classe una parte dei bambini avessero cantato delle canzoni dalle quali erano esclusi altri? E poi dopo quello che è successo a Parigi qualcuno lo avrebbe considerato una provocazione anche pericolosa».
Il Natale di Rozzano, segnalato dal Giorno, è diventato un caso politico nazionale. Matteo Salvini (Lega) regalerà allora un presepe all’istituto Garofani, Mariastella Gelmini (Forza Italia) chiede l’intervento del ministro Stefania Giannini, Riccardo De Corato (Fratelli d’Italia) quello del prefetto di Milano. La Regione guidata dal leghista Maroni si offre di ospitare la festa degli studenti rimasti senza Natale. Ma anche il sindaco pd Barbara Agogliati si dissocia dalla scelta del preside: «Abbiamo sempre festeggiato tutti insieme questo momento di condivisione, di unità e di fratellanza senza discriminazioni, cattolici e non cattolici, atei e religiosi, famiglie di ogni confessione. Non c’è mai stata nessuna divisione su questo. Ecco perché sono stupita della decisione presa dalla direzione dell’istituto Garofani».
Esplora il significato del termine: Ma a Rozzano protestano anche i genitori della scuola, che lo scorso giugno avevano dovuto digerire la decisione del Consiglio d’istituto di non riportare i crocifissi nelle aule. «In nome di quale valore superiore dovremmo rinunciare a festeggiare il Natale? Se si parla di rispetto verso coloro che non professano la religione cristiana cattolica in nome della libertà di culto, ci permettiamo di dissentire. Anzi, proprio in nome del valore dello scambio culturale, riteniamo che perseverare, senza limitazioni, nelle nostre tradizioni non possa che comportare un arricchimento verso coloro che professano altre religioni e altre tradizioni», hanno scritto 28 mamme e papà in una lettera indirizzata al preside. Tra i firmatari anche una mamma italiana convertita all’Islam e sposata con un egiziano. In serata l’Ufficio scolastico territoriale ha comunque avviato le «opportune verifiche» sul caso. A Milano l’anno scorso la polemica era scoppiata in centro. Al Parini, uno più prestigiosi licei classici della città, una insegnante propose di fare il presepe: idea bocciata dagli altri docenti senza nemmeno troppe discussioni.Ma a Rozzano protestano anche i genitori della scuola, che lo scorso giugno avevano dovuto digerire la decisione del Consiglio d’istituto di non riportare i crocifissi nelle aule. «In nome di quale valore superiore dovremmo rinunciare a festeggiare il Natale? Se si parla di rispetto verso coloro che non professano la religione cristiana cattolica in nome della libertà di culto, ci permettiamo di dissentire. Anzi, proprio in nome del valore dello scambio culturale, riteniamo che perseverare, senza limitazioni, nelle nostre tradizioni non possa che comportare un arricchimento verso coloro che professano altre religioni e altre tradizioni», hanno scritto 28 mamme e papà in una lettera indirizzata al preside. Tra i firmatari anche una mamma italiana convertita all’Islam e sposata con un egiziano. In serata l’Ufficio scolastico territoriale ha comunque avviato le «opportune verifiche» sul caso. A Milano l’anno scorso la polemica era scoppiata in centro. Al Parini, uno più prestigiosi licei classici della città, una insegnante propose di fare il presepe: idea bocciata dagli altri docenti senza nemmeno troppe discussioni.
Da Milano a Roma, da Rozzano a Fonte Nuova, un Comune di trentamila abitanti alle porte della Capitale, dove alla materna Peter Pan il presepe si farà, ma in versione inedita: senza Gesù Bambino. I Re Magi, in compenso, avranno le sembianze di tre migranti. Proteste e polemiche anche qui. Il giro d’Italia del Natale senza religione si chiude (per ora) nel profondo Veneto. Alla media Montegrappa di Romano d’Ezzelino si dovrebbe riproporre il concerto multietnico dello scorso anno, con un programma di canti dominato da musiche arabe e africane. Tu scendi dalle stelle come gran finale non era bastata a placare i mugugni dei genitori. Si sfoga il sindaco Rossella Olivo: «La voce che gira è che quest’anno non si faccia più nemmeno lo spettacolo; spero non sia vero, dopo tanti anni sarebbe la prima volta. Capisco l’autonomia scolastica, ma la nostra cultura va difesa». Da Milano a Roma, da Rozzano a Fonte Nuova, un Comune di trentamila abitanti alle porte della Capitale, dove alla materna Peter Pan il presepe si farà, ma in versione inedita: senza Gesù Bambino. I Re Magi, in compenso, avranno le sembianze di tre migranti. Proteste e polemiche anche qui. Il giro d’Italia del Natale senza religione si chiude (per ora) nel profondo Veneto. Alla media Montegrappa di Romano d’Ezzelino si dovrebbe riproporre il concerto multietnico dello scorso anno, con un programma di canti dominato da musiche arabe e africane. Tu scendi dalle stelle come gran finale non era bastata a placare i mugugni dei genitori. Si sfoga il sindaco Rossella Olivo: «La voce che gira è che quest’anno non si faccia più nemmeno lo spettacolo; spero non sia vero, dopo tanti anni sarebbe la prima volta. Capisco l’autonomia scolastica, ma la nostra cultura va difesa».

fonte: Il Corriere
Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande. Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. 
»State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo».
(Lc 21,25-28.34-36)


22 novembre 2015

Il card. Ruini dà una bella lezione agli “antibergogliani”: «siete ciechi»

«Bisogna essere ciechi per non vedere l’enorme bene che papa Francesco sta facendo alla Chiesa e alla diffusione del Vangelo». A dirlo in un’intervista è il card. Camillo Ruini, leader della “cordata conservatrice” in Curia, secondo le superficiali etichette mediatiche.
A chi sta dando del “cieco” il grande collaboratore di Papa Wojtyla e di Benedetto XVI? Ai cosiddetti stalker di Papa Francesco, il gruppetto di cattolici («si professano cattolici», direbbe il Papa) che da due anni ha intrapreso una battaglia quotidiana contro il Pontefice, minacciando scismi, annunciando catastrofi, recitando l’Apocalisse, coinvolgendo la massoneria, sbrodolando fiumi di profezie dell’Antico Testamento, sforzandosi di interpretare messaggi di qualche mistico o mistica piegandoli senza pietà alla realtà attuale. Molti li definiscono “tradizionalisti”, noi preferiamo “socciani”, in onore del loro “riferimento spirituale” Antonio Socci.
Giusto qualche esempio. La riflessione più matura dell’ultimo periodo del giornalista di Libero (quotidiano del famoso titolo ben poco evangelico “Bastardi islamici”, da cui Socci non ha ancora preso le distanze) è stata sciorinare un lenzuolo di profezie, tagliandole e incollandole a piacere le une alle altre per sostenere che l’Islam distruggerà Roma e il Vaticano. Una performance onestamente imbarazzante, malamente derisa dai suoi colleghi giornalisti (anche qui). Dello stesso livello l’articolo di due giorni fa dove ha messo in bocca a Francesco una frase virgolettata che non ha mai detto«La Chiesa non adori la “santa tangente”». Così lo ha accusato di «sputtanare pubblicamente» vescovi e cardinali di corruzione, sospettandoli di pagare tangenti. Lo avrebbe fatto, secondo l’intellettuale di Libero perché «vuole vendicarsi di essere stato messo in minoranza in ben due Sinodi e non aver potuto imporre» la comunione ai divorziati e le nozze gay. «Così adesso la fa pagare al mondo ecclesiastico». Ognuno può percepire da solo il livello delle critiche che deve subire il Papa, acriticamente riprese dai socciani su Facebook. Se si legge il testo dell’omeliail Papa mette semplicemente in guardia la Chiesa a non cadere nella mondanità, cioè nel fascino del potere e del denaro, ricordando quando gli scribi e i farisei vennero redarguiti da Gesù perché adoravano la “santa tangente”.
Sintomatico il pensiero di chi osserva tutto questo dall’esterno, come Giuseppe Caldarola, ex direttore dell’Unità«Sono abbastanza stupito e scandalizzato dal modo in cui ferventi cattolici trattano papa Francesco. Chi ha la ventura e la pazienza di leggersi le omelie su “Libero” di Antonio Socci, ispirato, e sempre sudato, giornalista diventato dirigente Rai nei primi anni del centrodestra al potere, scoprirà che siamo passati, nel giro di pochi mesi, da una avversione quasi epidermica verso il papa argentino all’organizzazione, ovvero al tentativo di organizzare un movimento anti-papale. Quel che il suo linguaggio, in politica diremmo “stalinista”, sembra evocare è uno scisma della “parte cattolica” contro la “parte non cattolica”. Uomini e donne che invitano i fedeli alla dottrina e all’obbedienza si mettono alla testa di una rivolta che dovrebbe concludersi con la cacciata dell’infedele, in questo caso il buon Francesco».
Eppure molte delle persone che i socciani chiamano abitualmente in causa per contrapporli a Francesco sono i primi sostenitori del suo pontificato. L’ultimo esempio è proprio quello del card. Camillo Ruini, : «Non ho difficoltà a riconoscere che tra papa Francesco e i suoi predecessori più vicini ci sono differenze, anche notevoli», ha affermato recentemente. «Io ho collaborato per vent’anni con Giovanni Paolo II, poi più brevemente con papa Benedetto: è naturale che condivida la loro sensibilità. Ma vorrei aggiungere alcune cose. Gli elementi di continuità sono molto più grandi e importanti delle differenze. E fin da quando ero uno studente liceale ho imparato a vedere nel Papa prima la missione di successore di Pietro, e solo dopo la singola persona; e ad aderire con il cuore, oltre che con le parole e le azioni, al Papa così inteso. Quando Giovanni XXIII è succeduto a Pio XII, i cambiamenti non sono stati meno grandi; ma già allora il mio atteggiamento fu questo. Bisogna essere ciechi per non vedere l’enorme bene che papa Francesco sta facendo alla Chiesa e alla diffusione del Vangelo».
E’ la testimonianza di un vero cattolico, che non pone i suoi pensieri e i suoi ragionamenti prima della fede, della fiducia nel successore di Pietro, che prega di riuscire a chiarire gli eventuali dubbi e perplessità che ha, senza dare scandalo e minare la fede altrui. Il card. Ruini, inoltre, ha condiviso apertamente il documento di riforma del processo canonico sulle dichiarazioni di nullità del matrimonio presentato da Papa Francesco, affermando che la «decisione di papa Francesco, che molti di noi —me compreso —auspicavano, non ha niente a che fare con» il “divorzio cattolico”, come invece sostenuto da alcuni antipapisti.

Ricordiamo anche le parole di Benedetto XVI («Io sono grato di poter essere legato da una grande identità di vedute e da un’amicizia di cuore a Papa Francesco. Io oggi vedo come mio unico e ultimo compito sostenere il suo Pontificato nella preghiere»), oppure gli interventi pubblici (almeno tre) del segretario personale del Papa emerito, mons. Georg Gänswein, a sostegno di Papa Francesco e contro i suoi critici (chi dubita di Bergoglio, ha affermato «ha poco senso della Chiesa»). Ricordiamo anche l’intervento del ratzingeriano Vittorio Messori, quando ricordò che -anche in presenza di legittime perplessità- «capo unico e vero della Chiesa è quel Cristo onnipotente e onnisciente che sa un po’ meglio di noi quale sia la scelta migliore, quanto al suo temporaneo rappresentante terreno. E a chi volesse giudicare, non dice nulla l’approvazione piena, più volte ripetuta – a voce e per iscritto – dell’attività di Francesco da parte di quel “Papa emerito” pur così diverso per stile, per formazione, per programma stesso?». Lo stesso nuovo pupillo dei socciani, il guineano card. Robert Sarah (la cui caratteristica principale, secondo Antonio Socci, è «l’assoluta fedeltà alla dottrina della Chiesa»), ha affermato: «cosa pensare di un figlio o di una figlia che critica pubblicamente il padre o la madre? Come potrebbe la gente rispettare quella persona? Il Papa è nostro padre. Gli dobbiamo rispetto, affetto e fiducia (anche se le critiche non sembrano dargli fastidio). Per via di certi scritti o di certe dichiarazioni, alcuni potrebbero avere l’impressione che egli potrebbe non rispettare la dottrina. Personalmente, ho piena fiducia in lui ed esorto ogni cristiano a fare lo stesso».
Fonte: UCCR

20 novembre 2015

PAOLO VESCOVO SERVO DEI SERVI DI DIO UNITAMENTE AI PADRI DEL SACRO CONCILIO A PERPETUA MEMORIA



DICHIARAZIONE SULLE RELAZIONI DELLA CHIESA
CON LE RELIGIONI NON CRISTIANE NOSTRA AETATE


Introduzione

1. Nel nostro tempo in cui il genere umano si unifica di giorno in giorno più strettamente e cresce l'interdipendenza tra i vari popoli, la Chiesa esamina con maggiore attenzione la natura delle sue relazioni con le religioni non-cristiane. Nel suo dovere di promuovere l'unità e la carità tra gli uomini, ed anzi tra i popoli, essa in primo luogo esamina qui tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino. 
I vari popoli costituii
cono infatti una sola comunità. Essi hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l'intero genere umano su tutta la faccia della terra (1) hanno anche un solo fine ultimo, Dio, la cui Provvidenza, le cui testimonianze di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti (2) finché gli eletti saranno riuniti nella città santa, che la gloria di Dio illuminerà e dove le genti cammineranno nella sua luce (3).
Gli uomini attendono dalle varie religioni la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana, che ieri come oggi turbano profondamente il cuore dell'uomo: la natura dell'uomo, il senso e il fine della nostra vita, il bene e il peccato, l'origine e lo scopo del dolore, la via per raggiungere la vera felicità, la morte, il giudizio e la sanzione dopo la morte, infine l'ultimo e ineffabile mistero che circonda la nostra esistenza, donde noi traiamo la nostra origine e verso cui tendiamo.

Le diverse religioni

2. Dai tempi più antichi fino ad oggi presso i vari popoli si trova una certa sensibilità a quella forza arcana che è presente al corso delle cose e agli avvenimenti della vita umana, ed anzi talvolta vi riconosce la Divinità suprema o il Padre. Questa sensibilità e questa conoscenza compenetrano la vita in un intimo senso religioso. 
Quanto alle religioni legate al progresso della cultura, esse si sforzano di rispondere alle stesse questioni con nozioni più raffinate e con un linguaggio più elaborato. Così, nell'induismo gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con la inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia; cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza. Nel buddismo, secondo le sue varie scuole, viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo mutevole e si insegna una via per la quale gli uomini, con cuore devoto e confidente, siano capaci di acquistare lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di illuminazione suprema per mezzo dei propri sforzi o con l'aiuto venuto dall'alto. Ugualmente anche le altre religioni che si trovano nel mondo intero si sforzano di superare, in vari modi, l'inquietudine del cuore umano proponendo delle vie, cioè dottrine, precetti di vita e riti sacri. 
La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini. 
Tuttavia essa annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è « via, verità e vita » (Gv 14,6), in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se stesso tutte le cose (4). 
Essa perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi.

La religione musulmana

3. La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra (5), che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è sottomesso anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; onorano la sua madre vergine, Maria, e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio, quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Così pure hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio, soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno. 
Se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà.

La religione ebraica

4. Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo. 
La Chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti. 
Essa confessa che tutti i fedeli di Cristo, figli di Abramo secondo la fede (6), sono inclusi nella vocazione di questo patriarca e che la salvezza ecclesiale è misteriosamente prefigurata nell'esodo del popolo eletto dalla terra di schiavitù. Per questo non può dimenticare che ha ricevuto la rivelazione dell'Antico Testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l'Antica Alleanza, e che essa stessa si nutre dalla radice dell'ulivo buono su cui sono stati innestati i rami dell'ulivo selvatico che sono i gentili (7). La Chiesa crede, infatti, che Cristo, nostra pace, ha riconciliato gli Ebrei e i gentili per mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in se stesso (8). Inoltre la Chiesa ha sempre davanti agli occhi le parole dell'apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua stirpe: « ai quali appartiene l'adozione a figli e la gloria e i patti di alleanza e la legge e il culto e le promesse, ai quali appartengono i Padri e dai quali è nato Cristo secondo la carne» (Rm 9,4-5), figlio di Maria vergine. 
Essa ricorda anche che dal popolo ebraico sono nati gli apostoli, fondamenta e colonne della Chiesa, e così quei moltissimi primi discepoli che hanno annunciato al mondo il Vangelo di Cristo.
Come attesta la sacra Scrittura, Gerusalemme non ha conosciuto il tempo in cui è stata visitata (9); gli Ebrei in gran parte non hanno accettato il Vangelo, ed anzi non pochi si sono opposti alla sua diffusione (10). Tuttavia secondo l'Apostolo, gli Ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento (11). Con i profeti e con lo stesso Apostolo, la Chiesa attende il giorno, che solo Dio conosce, in cui tutti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e « lo serviranno sotto uno stesso giogo » (Sof 3,9) (12).
Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei, questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo. 
E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo (13), tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo. 
E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo. 
La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque. In realtà il Cristo, come la Chiesa ha sempre sostenuto e sostiene, in virtù del suo immenso amore, si è volontariamente sottomesso alla sua passione e morte a causa dei peccati di tutti gli uomini e affinché tutti gli uomini conseguano la salvezza. Il dovere della Chiesa, nella sua predicazione, è dunque di annunciare la croce di Cristo come segno dell'amore universale di Dio e come fonte di ogni grazia.

Fraternità universale

5. Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio. L'atteggiamento dell'uomo verso Dio Padre e quello dell'uomo verso gli altri uomini suoi fratelli sono talmente connessi che la Scrittura dice: « Chi non ama, non conosce Dio » (1 Gv 4,8). 
Viene dunque tolto il fondamento a ogni teoria o prassi che introduca tra uomo e uomo, tra popolo e popolo, discriminazioni in ciò che riguarda la dignità umana e i diritti che ne promanano. 
In conseguenza la Chiesa esecra, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione. E quindi il sacro Concilio, seguendo le tracce dei santi apostoli Pietro e Paolo, ardentemente scongiura i cristiani che, « mantenendo tra le genti una condotta impeccabile » (1 Pt 2,12), se è possibile, per quanto da loro dipende, stiano in pace con tutti gli uomini (14), affinché siano realmente figli del Padre che è nei cieli (15).
Tutte e singole le cose stabilite in questo Decreto, sono piaciute ai Padri del Sacro Concilio. E Noi, in virtù della potestà Apostolica conferitaci da Cristo, unitamente ai Venerabili Padri, nello Spirito Santo le approviamo, le decretiamo e le stabiliamo; e quanto stato così sinodalmente deciso, comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio.

Roma, presso San Pietro, 28 ottobre 1965.


Io PAOLO Vescovo della Chiesa Cattolica.
Seguono le firme dei Padri.

SOSPENSIONE DELLA LEGGE PER I DECRETI PROMULGATI NELLA SESSIONE VII
Il Beatissimo Padre ha stabilito la dilazione della legge, quanto alle nuove leggi che sono contenute nei decreti ora promulgati, fino al 29 giugno 1966, cio fino alla festa dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo dell’anno prossimo.
Nel frattempo il Sommo Pontefice emaner le norme per l’applicazione di dette leggi.


† PERICLES FELICI
Arcivescovo tit. di Samosata
Segretario Generale del SS. Concilio


Firme dei Padri

Io PAOLO Vescovo della Chiesa Cattolica

† Ego ANTONIUS titulo S. Laurentii in Panisperna Presbyter Cardinalis GAGGIANO, Archiepiscopus Bonaërensis.

Ego PETRUS titulo S. Laurentii in Lucina Presbyter Cardinalis CIRIACI.

† Ego IOSEPHUS titulo S. Mariae de Victoria Presbyter Cardinalis SIRI, Archiepiscopus Ianuensis.

† Ego IACOBUS titulo S. Mariae in Transpontina Presbyter Cardinalis LERCARO, Archiepiscopus Bononiensis.

† Ego STEPHANUS titulo S. Mariae Trans Tiberim Presbyter Cardinalis WYSZYNSKI, Archiepiscopus Gnesnensis et Varsaviensis, Primas Poloniae.

† Ego BENIAMINUS titulo S. Vitalis Presbyter Cardinalis DE ARRIBA Y CASTRO, Archiepiscopus Tarraconensis.

† Ego FERDINANDUS titulo S. Augustini Presbyter Cardinalis QUIROGA Y PALACIOS, Archiepiscopus Compostellanus.

† Ego PAULUS AEMILIUS titulo S. Mariae Angelorum in Thermis Presbyter Cardinalis LEGER, Archiepiscopus Marianopolitanus.

† Ego VALERIANUS titulo S. Mariae in Via Lata Presbyter Cardinalis GRACIAS, Archiepiscopus Bombayensis.

† Ego IOANNES titulo S. Marci Presbyter Cardinalis URBANI, Patriarcha Venetiarum.
Ego PAULUS titulo S. Mariae in Vallicella Presbyter Cardinalis GIOBBE, S. R. E. Datarius.

† Ego IOSEPHUS titulo S. Honuphrii in Ianiculo Presbyter Cardinalis GARIBI Y RIVERA, Archiepiscopus Guadalajarensis.

† Ego ANTONIUS MARIA titulo S Chrysogoni Presbyter Cardinalis BARBIERI, Archiepiscopus Montisvidei.
Ego CAROLUS titulo S. Agnetis extra moenia Presbyter Cardinalis CONFALONIERI.

† Ego PAULUS titulo Ss. Quirici et Iulittae Presbyter Cardinalis RICHAUD, Archiepiscopus Burdigalensis.

† Ego IOSEPHUS M. titulo Ss. Viti, Modesti et Crescentiae Presbyter Cardinalis BUENO Y MONREAL, Archiepiscopus Hispalensis.

† Ego FRANCISCUS titulo S. Eusebii Presbyter Cardinalis KÖNIG, Archiepiscopus Vindobonensis.

† Ego IOSEPHUS titulo S. Athanasii Presbyter Cardinalis SLIPYI, Archiepiscopus Maior Ucrainorum.

† Ego LAURENTIUS titulo S. Leonis I Presbyter Cardinalis JAEGER, Archiepiscopus Paderbornensis.

† Ego IOSEPHUS titulo S. Crucis in via Flaminia Presbyter Cardinalis BERAN, Archiepiscopus Pragensis.

† Ego MAURITIUS titulo D.nae N.ae de SS. Sacramento et Martyrum Canadensium Presbyter Cardinalis ROY, Archiepiscopus Quebecensis, Primas Canadiae.

† Ego IOSEPHUS titulo S. Teresiae Presbyter Cardinalis MARTIN, Archiepiscopus Rothomagensis.

† Ego AUDOËNUS titulo S. Praxedis Presbyter Cardinalis MCCANN, Archiepiscopus Civitatis Capitis.

† Ego LEO STEPHANUS titulo S. Balbinae Presbyter Cardinalis DUVAL, Archiepiscopus Algeriensis.

† Ego ERMENEGILDUS titulo Reginae Apostolorum Presbyter Cardinalis FLORIT, Archiepiscopus Florentinus.

† Ego FRANCISCUS titulo Ss. Petri et Pauli in Via Ostiensi Presbyter Cardinalis ŠEPER, Archiepiscopus Zagrabiensis.

† Ego IOANNES titulo S. Silvestri in Capite Presbyter Cardinalis HEENAN, Archiepiscopus Vestmonasteriensis, Primas Angliae.

† Ego IOANNES titulo Ssmae Trinitatis in Monte Pincio Presbyter Cardinalis VILLOT, Archiepiscopus Lugdunensis et Viennensis, Primas Galliae.

† Ego PAULUS titulo S. Camilli de Lellis ad Hortos Sallustianos Presbyter Cardinalis ZOUNGRANA, Archiepiscopus Uagaduguensis.

† Ego LAURENTIUS I. titulo S. Clementis Presbyter Cardinalis SHEHAN, Archiepiscopus Baltimorensis.

† Ego HENRICUS titulo S. Agathae in Urbe Presbyter Cardinalis DANTE.
Ego CAESAR titulo D.nae N.ae a Sacro Corde in Circo Agonali Presbyter Cardinalis ZERBA.

† Ego AGNELLUS titulo Praecelsae Dei Matris Presbyter Cardinalis ROSSI, Archiepiscopus S. Pauli in Brasilia.

† Ego IOANNES titulo S. Martini in Montibus Presbyter Cardinalis COLOMBO, Archiepiscopus Mediolanensis.

† Ego GUILLELMUS titulo S. Patricii ad Villam Ludovisi Presbyter Cardinalis CONWAY, Archiepiscopus Armachanus, totius Hiberniae Primas.

† Ego MICHAEL DARIUS MIRANDA, Archiepiscopus Mexicanus, Primas Mexici.

† Ego FRANCISCUS MARIA DA SILVA, Archiepiscopus Bracharensis, Primas Hispaniarum.

† Ego PAULUS GOUYON, Archiepiscopus Rhedonensis, Primas Britanniae.

† Ego HUMBERTUS MALCHIODI, Archiepiscopus Episcopus Placentinus.

Sequuntur ceterae subsignationes.

Ita est.
† Ego PERICLES FELICI
Archiepiscopus tit. Samosatensis
Ss. Concilii Secretarius Generalis
† Ego IOSEPHUS ROSSI
Episcopus tit. Palmyrenus
Ss. Concilii Notarius
† Ego FRANCISCUS HANNIBAL FERRETTI
Ss. Concilii Notarius 

NOTE
(1) Cf. At 17,26.
(2) Cf. Sap 8,1; At 14,17; Rm 2,6-7; 1 Tm 2,4.
(3) Cf. Ap 21,23-24.
(4) Cf. 2 Cor 5,18-19.
(5) Cf. S. GREGORIO VII, Epist., III, 21, ad Anazir (Al-Nãþir), regem Mauritaniae, ed. E. CASPAR in MGH, Ep. sel. II, 1920, I, p. 288, 11-15; PL 148, 451A.
(6) Cf. Gal 3,7.
(7) Cf. Rm 11,17-24.
(8) Cf. Ef 2,14-16.
(9) Cf. Lc 19,44.
(10) Cf. Rm 11,28.
(11) Cf. Rm 11,28-29; CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium: AAS 57 (1965), p. 20 [pag. 151ss].
(12) Cf. Is 66,23; Sal 64,4; Rm 11,11-32.
(13) Cf. Gv 19,6.
(14) Cf. Rm 12,18.

(15) Cf. Mt 5,45.

Fonte: Vatican