19 agosto 2016

Papa Francesco attaccato da modernisti e tradizionalisti

Vito Mancuso deluso dal Papa: «perché non vuole cambiare la dottrina?»

C’è forte delusione nel progressismo cattolico: Papa Francesco non ha alcuna intenzione di cambiare la dottrina, nessuna fantomatica apertura, nessun adeguamento al mondo.
Dopo fiumi di inchiostro sulle rivoluzioni dottrinali che avrebbe portato “il nuovo corso” di Francesco, il vaticanista del Fatto QuotidianoMarco Politi, ha smesso da mesi di scrivere libri e articoli ritirandosi in un impacciato e quanto mai salutare silenzio (l’ultimo articolo risale al marzo 2015). Se è sempre più palpabile l’imbarazzo degli storici Alberto Melloni e Massimo Faggioli, il vatiKanista del ManifestoLuca Kocci, è ancora frastornato dalla scomunica di Papa Francesco dei fondatori dell’associazione Noi siamo Chiesa, leader del progressismo cattolico internazionale a cui Kocci è molto legato e a cui continua imperterrito a dare voce (assieme all’agenzia Adista). Per non parlare del teologo Vito Mancuso. Nel marzo 2014 arrivò a fare pressioni al Papa in un editoriale di Repubblica, minacciando cataclismi se non avesse portato la Chiesa sulla strada dell’aborto libero, dell’eutanasia selvaggia e del matrimonio gay: «che ne sarebbe della Chiesa se fallisse Francesco? Che cosa avverrebbe se le riforme auspicate non andassero in porto e le attese di una nuova primavera si rivelassero solo illusioni? Sarebbe la fine della luce che si è accesa nell’esistenza di tutti gli esseri umani, con Roma che tornerebbe a essere periferia del mondo». 
Francesco ha risposto picche: non solo ha denunciato la falsa compassione che muove i sostenitori della cultura dello scarto (aborto e eutanasia), non solo ha beatificato Paolo VI, ma ha elogiato il suo coraggio per l’enciclica Humanae Vitae vero incubo di Mancuso in quanto incardina definitivamente la dottrina cattolica sulla sessualità-, affermando«Paolo VI non è stato un arretrato, un chiuso. No, è stato un profeta». Si è anche più volte scagliato contro il gender, legittimando la grande sollevazione popolare che il 21 giugno scorso ha portato in piazza un milione di persone. Proprio in queste ore la portavoce nazionale dei Socialisti, Maria Cristina Pisaniha accusatoPapa Francesco di non essere progressista in quanto, tramite un suo appello pochi giorni fa, ha influito sulla vittoria dei difensori della famiglia nel referendum in Slovenia, abbattendo la legge favorevole ai matrimoni omosessuali. In questi giorni, dopo aver rinnegato il Dio cristiano abbracciando pubblicamente il panenteismo, non potendo negare l’evidenza, Mancuso ha manifestato la sua delusione per Francesco, “tirandogli le orecchie”: «Sta facendo un ottimo lavoro, però occorrerebbe che non si limitasse alla dimensione disciplinare e interna della Curia, che va raddrizzata, ma che la riforma toccasse la dottrina, se si vuole parlare alla coscienza contemporanea».
Per farsi più attraenti agli occhi del mondo, è questa la nota ricetta di Mancuso, la Chiesa dovrebbe riformare quei punti della dottrina che gli stanchi uomini moderni faticano ad accettare. Un po’ come dire: al catechismo vanno pochi bambini? Smettiamo di parlare di Gesù, è troppo difficile, riempiamo le aule di videogiochi e vedrete quanta affluenza avremo! Ma Papa Francesco ha già risposto ai Mancuso, ai Melloni, ai Kocci e a tutti coloro che -ignorando il vicolo buio in cui si è infilata la chiesa protestante-, pensano di “attirare” gli uomini alla Chiesa rivoluzionando le tematiche sessuali e bioetiche. Si chiama, ha detto il Papa, «la tentazione di scendere dalla croce, per accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre; di piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo Spirito di Dio. E’ la tentazione del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei “buonisti”, dei timorosi e anche dei cosiddetti “progressisti e liberalisti”». Parole limpide e durissime. La Chiesa, semmai, deve adeguare il modo di comunicare la dottrina cattolica, invitando e accompagnando gli uomini a passare per la porta stretta. Non certo allargare la porta per far fare a loro meno fatica: sarebbe un’illusione e un tradimento.
Il colmo è che, se da una parte il Papa viene criticato per non voler cambiare la dottrina cattolica, dall’altra i tradizionalisti-socciani -devoti della chiesa mediatico-opinionista, il cui pastore spirituale è il giornalista Antonio Socci-, criticano pesantemente Francesco, accusandolo di aver (e di voler) cambiato la dottrina cattolica, annunciando a loro volta catastrofici cataclismi apocalittici. Arrivando a rallegrarsi per la diminuzione dei fedeli cattolici alle udienze dell’impostore Bergoglio, come lo chiamano loro, contrapponendolo ai numeri delle udienze del (vero) Papa, Benedetto XVI (rispetto ai numeri, è tutto da approfondire perché la situazione sembra essere ben più complessa).
L’accusa recente più circoscritta dei socciani è quella di aver “aperto” al divorzio cattolico tramite il Motu Proprio “mitis iudex dominus Iesus”. Lo sostiene apertamente il vaticanista dell’Espresso Sandro Magister, che da mesi si sta vendicando di essere stato allontanato dalla Sala Stampa del Vaticano per aver violato l’embargo sull’enciclica del Papa (proprio oggi gli è stato restituito l’accredito), arrivando a compiere veri e propri «atti di disturbo» -così li ha definiti padre Federico Lombardi- verso i lavori del Sinodo. Peccato che lo stesso card. Camillo Ruini, noto pupillo di Magister, ha chiaramente spiegato che «la decisione di papa Francesco», tramite il “motu proprio”, «che molti di noi —me compreso — auspicavano, non ha niente a che fare con un’ipocrisia del genere». Niente a che vedere con il “divorzio cattolico”. Aggiungendo che «bisogna essere ciechi per non vedere l’enorme bene che papa Francesco sta facendo alla Chiesa e alla diffusione del Vangelo».
Sempre il card. Ruini –da sempre riempito di complimenti da Antonio Socci-, è tornato recentemente a criticare i tradizionalisti-socciani affermando: «Il valore di papa Benedetto e del suo pontificato emergerà sempre di più, nel tempo. I rapporti tra lui e papa Francesco dimostrano quanto sia sbagliato contrapporli», ricordando che è anche errato parlare di vescovi conservatori che resistono a Papa Francesco: «Le contrapposizioni non fanno bene, specialmente all’intemo della Chiesa. Quella tra Papa e vescovi è però una leggenda metropolitana».
Anche da casa Ratzinger è arrivata pochi giorni fa un’altra difesa del Pontefice, il segretario personale di Benedetto XVI, mons. Georg Gänswein ha infatti ribadito: «Papa Francesco non vuole creare qualcosa di diverso, tagliare o aggiungere qualcosa ma soltanto mostrare nel concreto il messaggio di Cristo. Lui non è il successore di Benedetto XVI, ma il successore di Pietro e come ogni Pontefice porta con sé le sue capacità e le sue proprie priorità nel suo ministero. Papa Francesco è concentrato sulle domande sociali, su quelle persone che non hanno nessun ruolo nella società. Ma questo non significa che gli altri Papi non lo facessero, soltanto che lui mette l’accento sulle persone nelle periferie». Mons. Georg aveva già criticato gli “anti-bergogliani” nel gennaio 2015, nel febbraio 2015 e nel marzo 2015.
Progressisti-mancusiani da una parte e tradizionalisti-socciani dall’altra. Francesco, come abbiamo scritto nell’introduzione del nostro dossier, è il Papa più incompreso degli ultimi secoli, colpito contemporaneamente da due fuochi. Lo riconosceva perfettamente lo stesso Antonio Socci, prima di fondare la sua virtuale chiesa social-mediatica: «Giù le mani dal papa», scriveva con la solita foga nell’ottobre 2013. «Bisogna ripeterlo oggi che Francesco si trova strattonato a destra e a sinistra. Bersagliato da contestatori cattolici superficiali e imprudenti che lo rappresentano come modernista eterodosso e stravolto da sostenitori laicisti che lo applaudono attribuendogli idee egualmente eterodosse e quasi atee. Un circo mediatico assurdo». Un circo mediatico di cui lo stesso Socci è diventato nel tempo il leader indiscusso, contendendo il posto al suo alter-ego progressista Vito Mancuso.