17 ottobre 2012

Eresie, menzogne, diffamazioni... altri frutti dei settari evangelici pentecostali.

Ma quando mai la chiesa cattolica ha proibito la lettura della bibbia?

La Chiesa Cattolica ha sempre incoraggiato le anime pie e devote alla lettura e alla meditazione del Vangelo e della Bibbia ma ha sempre sospettato che la lettura delle Sacre Scritture fosse poco utile agli spiriti increduli, superstiziosi, ignoranti o instabili (Matteo 7,6 ; Tito 3,10-11; 2 Pietro 3,16).

Ciò che la Chiesa ha con forza affermato nel passato è che la lettura della Bibbia non è strettamente necessaria per tutti né è sempre conveniente per le persone impreparate o caratterialmente volubili, visto che queste persone sono più facilmente esposte al rischio di fraintendere le Scritture, travisandone il significato e scivolando nel dubbio o nell'eresia.

Nessuna madre amorevole vieterebbe un cibo salutare ai propri figli, a meno che i figli non ne abusassero e ne facessero scempio. È pertanto comprensibile come in tempi di ignoranza, di eresie e di scismi la Chiesa possa aver limitato, controllato e vietato la lettura di bibbie sospette, senza note, senza approvazione ufficiale, edite da stamperie anonime, in lingua volgare o in dialetto. In tempi di grave apostasia o di preoccupante superstizione può essere stato anche salutare controllare la diffusione delle Sacre Scritture, visto l'uso perverso che ne veniva fatto dagli eretici, dagli indovini e dai nemici della Chiesa .

Nel Medioevo più volte la Chiesa operò controlli sulla lettura delle Bibbie in lingua volgare (spesso poco affidabili perché tradotte da persone prive di una adeguata preparazione), sulla indiscriminata diffusione delle versioni dialettali e sull'utilizzo delle Sacre Scritture da parte degli eretici.

In realtà, fino al 1500, per circa 15 secoli, i cristiani hanno sempre e comunque avuto modo di leggere la Bibbia, gli scritti dei Padri, quelli dei religiosi, quelli dei laici, dei profani, dei cristiani, dei non cristiani, dei classici greci e latini e dei pensatori arabi ed ebrei.

Fu soprattutto grazie alla lungimiranza ed alla cultura della Chiesa che, nel Medioevo, gli amanuensi ed i monaci ricopiarono e salvarono da distruzione un immenso patrimonio di libri classici, religiosi, filosofici, scientifici spesso ereditati dalla cultura pagana, giudaica ed islamica. Vietati furono solo quei libri contrari alla fede ed alla salute spirituale e materiale dei fedeli.

Il Sinodo di Tolosa (1299) proibì, nel Sud della Francia, la lettura personale della Bibbia in lingua volgare per limitare la diffusione delle eresie catara, gnostica e valdese.

Il divieto dell'uso di versioni non autorizzate venne poi formalmente sancito, per tutti i cattolici, quando Papa Paolo IV, terrorizzato dall’avanzata del protestantesimo in Europa, istituì l'Indice dei libri proibiti (1559), nel quale erano vietate ben 45 versioni della Bibbia in lingua volgare, tradotte da autori sospetti, non cattolici o anonimi, nonché la traduzione in italiano del veneziano Francesco Brucioli (alla quale nel 1540 i protestanti italiani avevano peraltro aggiunto un commento estremamente polemico contro la chiesa cattolica).

La lettura di bibbie in lingua volgare fu quindi permessa solo su licenza del Sant'Uffizio e su autorizzazione del Vescovo locale, mentre la lettura della Vulgata non fu mai vietata. Di fatto, la Chiesa non si oppose mai alla diffusione di traduzioni bibliche in lingue moderne, ma combatté solo quelle versioni che, a suo giudizio, potevano diffondere tra il popolo errori ed eresie. Tra le principali bibbie e traduzioni volgari la cui lettura fu sempre permessa ai cattolici è il caso di ricordare:

· in latino la Vulgata di San Gerolamo;
· in italiano, la Bibbia del Malermi (1471);
· in italiano, la Bibbia del Martini (1778);
· in spagnolo, la Bibbia Alfonsina (1280);
· in tedesco, la Bibbia di Rellach (1450);
· in francese, la Bibbia di Jacques Lefèvre d'Étaples (1528);
· in inglese, la Bibbia di Douai-Reims (1609).
· in formato interlineare, la Poliglotta Complutense (1437-1517).

Anche la diffusione di traduzioni dai testi originali fu merito soprattutto della chiesa cattolica.

Nel 1520 Papa Leone X approvò infatti la cosiddetta Poliglotta Complutense, fatta stampare dal Cardinale Primate di Spagna Francisco Ximenes de Cisneros (1437-1517) e contenente il testo greco del Nuovo Testamento e ben quattro volumi dell'Antico Testamento in latino, greco, aramaico ed ebraico.

La condanna al rogo di William Tyndale (1494-1536), autore di una autorevole traduzione inglese del Nuovo Testamento, viene di solito falsamente attribuita alla Chiesa Cattolica, nemica dei lumi e del libero pensiero.

Tyndale fu fatto imprigionare ad Anversa da Enrico VIII nel 1534, quando il re di Inghilterra aveva già apostatato dal cattolicesimo: il suo successivo assassinio (venne bruciato al rogo già morto) ricade pertanto tra i crimini più orrendi del sovrano inglese (nel 1531 Enrico VIII si fece riconoscere capo supremo della Chiesa di Inghilterra, nel 1533 divorziò da Caterina d'Aragona e sposò Anna Bolena, nel 1534 venne confermato dal Parlamento inglese come capo assoluto della chiesa anglicana, nel 1535 fece uccidere Tommaso Moro che rifiutava di rinnegare la fede cattolica e nel 1536 si occupò personalmente dell'eliminazione fisica di William Tyndale e di Anna Bolena).

Anche un famoso documento, da secoli citato contro la chiesa dai liberi pensatori, dagli acattolici e da alcune frange del protestantesimo più duro e reazionario, è molto probabilmente apocrifo.

Si tratta del cosiddetto "Consilium quorundam episcoporum Bononiae congregatorum quod de ratione stabilendae Romane ecclesiae", meglio noto come "Avvisi sopra i mezzi più opportuni a sostenere la Chiesa romana", pubblicato nel 1553 e tuttora conservato presso la Biblioteca Nazionale di Parigi.

Secondo la moderna critica storica e testuale (e secondo la stessa Biblioteca Nazionale), il testo sarebbe un falso storico inventato, prodotto e spacciato da Paolo Pietro Vergario (1498-1565), vescovo di Mondrusch e di Capodistria, apostata dalla fede cattolica nel 1549 per adesione alla riforma protestante. Il documento, con toni volgari e tracotanti, mette in scena tre incogniti cardinali cattolici che, nel 1550, avrebbero consigliato Papa Giulio III di vietare quasi totalmente la Bibbia al popolo, al fine di sbarrare il passo al libero esame delle scritture, di tenere i fedeli nell'ignoranza e di ristabilire l'autorità della chiesa.

Dopo il Concilio di Trento[3] (1545-63) maggiori controlli vennero sicuramente introdotti, nei paesi cattolici, sulle Sacre Scritture, sulle versioni in lingua volgare e sulla diffusione di Bibbie tradotte da ignoti o stampate da anonimi editori.

Il Textus Receptus, cui facevano costante riferimento le bibbie protestanti, risultava poi meno sicuro della Vulgata in quanto ricostruito da Erasmo da Rotterdam utilizzando alcuni manoscritti poco affidabili .

Tutte le versioni nelle lingue nazionali furono tratte dalla Vulgata (considerata, a quei tempi, la versione più attendibile), inclusero i libri deuterocanonici (definitivamente accettati come ispirati dopo il Concilio di Trento) e vennero liberamente lette dal popolo cristiano. Le autorità ecclesiastiche proibirono, invece, la lettura delle versioni protestanti in quanto spesso ricavate da manoscritti scarsamente attendibili, talora segnate da stili polemici ed anticattolici e sempre prive di note esplicative (indubbiamente utili in presenza di bassissimi livelli di cultura).

I timori legati alla diffusione della Bibbia in volgare si fondavano anche sul grave precedente di Lutero che, traducendo, facendo stampare e diffondendo la Bibbia in tedesco, aveva utilizzato la Bibbia come strumento per portare a termine il distacco della Germania dalla comunione con la Chiesa Cattolica.

Dopo un iniziale diffidenza verso le traduzioni nelle varie lingue nazionali (innescata soprattutto dal timore del protestantesimo), la Bibbia venne integralmente tradotta in lingua inglese verso il 1610 (celebre è la versione Douay-Rheims) ed in lingua italiana verso il 1780 (famosissima è la traduzione in lingua italiana della Vulgata curata dall'arcivescovo di Firenze Antonio Martini che peraltro ebbe grande diffusione fino al XX secolo).

Tutto il protestantesimo continuò però ad accusare la Chiesa cattolica di attaccamento superstizioso e bigotto alla Vulgata e di immotivato rifiuto delle traduzioni dai testi originali

In Inghilterra, il re protestante Giacomo I diffuse, nel 1611, la famosa Authorized Version (meglio nota come King James Bible), facendo ampio ricorso alla traduzione cattolica di Douay-Rheims, iniziata nel 1568 ed ultimata nel 1610, ed al Nuovo Testamento tradotto da William Tyndale nel 1534.

Anche qui, nonostante il gran parlare di riforma, di libero esame e di libero accesso ai testi originali, tutte le bibbie diverse dalla King James divennero "versioni non autorizzate" e la persecuzione infuriò contro i cattolici ed i puritani.

La Riforma protestante rigettò senza esitazione e con fragili motivazioni l’autorevole Vulgata Clementina, adottando per almeno tre secoli nelle cosiddette traduzioni dai testi originali il discutibile e lacunoso Textus Receptus.

I libri deuterocanonici furono gradualmente sradicati dalle Sacre Scritture perché conservati solo nella Versione greca dei Settanta, perché non accettati dagli ebrei e perché favorevoli ad alcuni insegnamenti cattolici (opere buone, elemosine, digiuno, preghiera per i defunti, …), non compatibili con i dogmi protestanti della “predestinazione” e della "salvezza per sola fede".

La Bibbia tedesca di Lutero (1522), pur riconoscendone l’utilità ed il carattere edificante, li pose in appendice.

Anche la prima versione della Bibbia di Re Giacomo (1611) inserì i libri deuterocanonici in appendice, salvo poi stralciarli definitivamente dopo la confessione di fede di Westminster (1647).

Nella dichiarazione di fede della Rochelle (1559) gli ugonotti francesi dichiararono che tali libri "benché utili, non possono essere usati per fondare alcun articolo di fede", incoraggiando così la progressiva espulsione dei libri deuterocanonici dalle bibbie protestanti francesi.

Nel 1826, su pressione dei presbiteriani e dei calvinisti, anche la Società Biblica Britannica e Forestiera cessò di stampare bibbie contenenti i libri deuterocanonici, favorendo inevitabili critiche, sospetti, rifiuti e condanne da parte della chiesa cattolica.

Fu comunque Papa Clemente XI che, nell'enciclica Unigenitus del 1713, per primo considerò sospette di eresia alcune categoriche affermazioni dei giansenisti (movimento cattolico fortemente affascinato dalla speculazione filosofica, dalle versioni protestanti della bibbia, dalla teoria del libero esame e dalle dottrine calviniste sulla predestinazione) riguardanti l'indiscriminata libertà di lettura e di interpretazione delle Sacre Scritture.

Nell'enciclica Inter praecipuas del 1844, il Papa Gregorio XVI mise poi in guardia vescovi e fedeli dalle Società Bibliche protestanti, dall'attendibilità delle molteplici versioni in lingua volgare e dagli effetti della propaganda biblica anticattolica sugli infedeli, sugli ignoranti e sulle anime instabili.

Permise invece la lettura della Bibbia in lingua volgare a tutte le persone in grado di trarre benefici in termini di "aumento della fede e della pietà", purché si trattasse di "traduzioni approvate dall'autorità ecclesiastica e corredate da note esplicative di Padri della Chiesa o di altri dotti e cattolici studiosi".

Le Società Bibliche protestanti furono quindi condannate ripetutamente da Papa Pio IX che, nell’enciclica Qui pluribus (1846), mostrò di temerle almeno quanto le società carbonare, liberali e massoniche, evidentemente terrorizzato dagli attacchi sferrati contro l’autorità civile e religiosa della chiesa cattolica.

In tempi più recenti la lettura e la ricerca biblica furono comunque promosse soprattutto da:

· Leone XIII che, nel 1893 con l’enciclica Providentissimus Deus, incoraggiò lo studio delle lingue orientali e l’impiego della critica testuale e, con decreto del 13/12/1898, offrì ai cattolici devoti ben 500 giorni d'indulgenza per 15 minuti giornalieri di lettura del Vangelo e l'indulgenza plenaria per una lettura regolare di tutta la Sacra Scrittura;

· Pio X che, nel 1907, commissionò ai monaci benedettini l'incarico di fare ricerche e preparativi per una edizione riveduta della Volgata;

· Pio XII che, nel 1943, con l’enciclica Divino Affilante Spiritu caldeggiò vivamente lo studio delle lingue antiche e la preparazione di nuove traduzioni dai testi originali.

PER UN GIUDIZIO EQUILIBRATO

Molte misure adottate dalla Chiesa Cattolica possono oggi sembrare eccessive: si bollarono con parole veementi tutte le società bibliche, si vietò il possesso di bibbie protestanti e si bruciarono bibbie cattoliche ristampate senza note e libri deuterocanonici.

Prima di condannare senza appello, occorre considerare che le posizioni dure dei riformati (il papa era stato ufficialmente definito “anticristo” nei canoni di Dordrecht del 1618, nella confessione di fede di Westminster del 1648 e nella confessione di fede Battista del 1689)[7] e soprattutto la scarsa disponibilità di informazioni rendevano giustamente circospette le autorità religiose.

Oggi sappiamo che alcune Bibbie protestanti (come la Riveduta del Luzzi, la Nuova Riveduta, l’American Standard Version, la Revised Standard Version e la New American Standard Bible) sono fortemente affidabili, risultano frutto di un onesto lavoro di revisione sui testi originali e vengono stampate da autorevoli case editrici (come l’American Bible Society, la Società Biblica Britannica e Forestiera, la Società Biblica di Ginevra e la Nelson Publishers). In passato però, in assenza di informazioni e di controlli, qualsiasi tipografo o libero pensatore avrebbe potuto manomettere le scritture e spacciare bibbie contraffatte, diffondendo tra il popolo errori, dubbi ed eresie.

Occorre poi onestamente riconoscere che molti evangelici sostenevano e sovvenzionavano le Società Bibliche con il nobile intento di diffondere la conoscenza della Parola di Dio tra il popolo inglese e nelle colonie britanniche. È questo il caso, ad esempio, di Granville-Sharp (primo presidente della British and Foreign Bible Society), ricordato per i profondi studi biblici e linguistici, per lo zelo missionario in Gran Bretagna, in Nord America, in Africa ed in Asia, per il fervore nella diffusione della Bibbia, per la lotta alla schiavitù in Inghilterra e per l'impegno a favore dell'indipendenza religiosa e politica degli Stati Uniti.

Come nel Medioevo, però, molti spiriti settari e libertini si servivano delle traduzioni delle Sacre Scritture in lingua volgare (o dialettale) per contendere con credenti spesso analfabeti, per confondere gli ignoranti, per seminare il dubbio tra le anime semplici, per diffondere perniciose eresie, per spingere all'apostasia larghe masse di persone, per disprezzare l'autorità e le tradizioni, per diffondere critiche velenose, idee agnostiche e scetticismo religioso, per deridere dogmi, devozioni e consuetudini, per far trionfare l'ateismo ed il libero pensiero, per sostenere società massoniche e per appoggiare movimenti rivoluzionari.

Anche il confronto con i missionari protestanti era poi difficile da sostenere, soprattutto dal popolo italiano, spesso analfabeta e quasi sempre privo di cultura religiosa: la chiesa cattolica sapeva che molte anime semplici non avrebbero saputo rispondere alle domande di persone culturalmente molto preparate, che molti deboli sarebbero stati turbati e scossi nella fede e che non pochi instabili avrebbero potuto cadere nell'apostasia.

In attesa di un innalzamento del livello culturale della popolazione (compito delle autorità civili e non solo dei poveri parroci di campagna), la soluzione più semplice era pertanto controllare le versioni bibliche in circolazione (possedere una bibbia protestante voleva dire aver già avuto contatti e rapporti con gli acattolici) e permettere la lettura delle Scritture solo a coloro che avessero un minimo di cultura (cioè non fossero analfabeti), che fossero disposti a ricevere un minimo di istruzione (lettura di note storiche, culturali e religiose a piè di pagina) e che fossero mossi da un minimo di devozione (cioè non leggessero le Scritture per torcerle e calpestarle) .

La severità delle autorità religiose era poi poca cosa se confrontata al dispotismo ed al totalitarismo delle autorità civili.

Fino a mezzo secolo fa valori come la libertà di pensiero, di stampa, di riunione, di associazione, di religione erano quasi del tutto sconosciuti.

I sovrani assoluti ed i dittatori avversavano infatti tutte le libertà (religiosa, filosofica, scientifica, politica, economica e sindacale) nel timore di perdere i propri privilegi, di vedere criticato il proprio operato e di lasciar spazio ad idee divergenti o rivoluzionarie.

Non mancarono poi sovrani (come Enrico VIII, Carlo V, Filippo II, Caterina dei Medici, Luigi XIV, Vittorio Amedeo II di Savoia) che perseguitarono con zelo maniacale ebrei ed eretici, tentando di guadagnare la stima, l'amicizia ed i favori dei cattolici, dei vescovi e del papa, salvo poi infischiarsene della fede e della religione quando la ragion di stato lo consigliava. Evidentemente valori come la democrazia, il dialogo, la libertà di coscienza, il rispetto delle opposizioni, la tolleranza religiosa si affermeranno a fatica soltanto in epoche più recenti.