14 maggio 2013

La sfida difficile di Papa Francesco

Altro che Cattolici: il Sudamerica è invaso dalle sette


L’America Latina l’ultimo grande gigante cattolico? 

Andiamoci piano; forse è, al contrario, l’area del mondo dove la crisi della Chiesa di Roma vive la sua fase più intensa.

Certo i cattolici nella regione rimangono maggioranza almeno nominalmente, cioè per numero di battezzati.

Ma se si guarda ai praticanti si assiste, anche nel “Cono sud”, a un calo verticale della fede senza contare il problema della concorrenza interna, cioè della rivalità con le chiese evangeliche pentecostali.

Le cosiddette “sette”, vale a dire la diffusione di movimenti di origine protestante nordamericana slegati dalle chiese storiche europee, hanno ormai assunto dimensioni tali da mettere in discussione il primato dei cattolici; fra gli studiosi del fenomeno c’è anzi chi sostiene che se si guarda ai fedeli “attivi” il sorpasso è già iniziato nonostante la vulgata voglia che il 40% dei cattolici del mondo si trovi in America Latina.

Dietro l’elezione del primo Papa argentino della storia c’è dunque anche la perdita di peso del cattolicesimo nell’intera regione e il rischio di una sua progressiva marginalizzazione.

Sotto questo punto di vista, al di là delle continuità dottrinarie – in definitiva prevedibili – affermate da molti osservatori rispetto al precedente pontificato, c’è un elemento di rottura formidabile che va considerato nell’elezione di Francesco.

Se Benedetto XVI infatti aveva affermato, sin dai primi giorni del suo pontificato, che il suo primo obiettivo era la ri-evangelizzazione dell’Europa, cioè delle antiche nazioni di tradizione cristiana, ora il cambio di prospettiva è radicale.

Non tanto perché il nuovo pontefice si disinteresserà dell’Europa, ma è evidente che le priorità della Chiesa universale cambiano radicalmente.

Fra l’altro uno dei problemi che ha tormentato il pontificato ratzingeriano è proprio il tema della distanza mai colmata con la sensibilità e la cultura del centro e del sud America, una lontananza registrata anche all’interno del cattolicesimo tradizionale dove il papa tedesco, di cui pure si condivideva la tenuta dottrinaria, è stato guardato al massimo con simpatia ma sempre con un misto di diffidenza e indifferenza.

Il viaggio in Brasile del 2007 non cambiò questa sensazione – e anzi caso mai l’ampliò – un po’ meglio andarono le cose esattamente un anno fa quando Benedetto XVI è volato a Cuba e in Messico, lo stesso Ratzinger, allora, si era forse ormai reso conto che una certa impostazione data alla prima parte del suo pontificato non era più sufficiente per guidare la Chiesa universale.

Del resto secondo quanto è emerso in queste settimane, fu proprio in quell’occasione che il Papa-teologo maturò l’idea delle dimissioni.

Dunque la scelta del Brasile quale Paese ospitante la Giornata mondiale della Gioventù del 2013 (dal 23 al 28 luglio), è in questo senso tutt’altro che casuale. Si tratta del Paese leader del cattolicesimo latinoamericano dove però le sette evangeliche fanno proseliti e progressi straordinari, mentre la Chiesa cattolica, dagli anni ’60 ad oggi, ha subito un calo progressivo e inesorabile. In sostanza si è passati da una popolazione che quasi totalmente si dichiarava di fede cattolica, a una cifra di circa il 65%, con punte verso il baso introno al 50% o anche inferiori nelle grandi metropoli, Rio de Janeiro compresa, dove appunto si terrà il grande meeting della gioventù organizzato dalla Chiesa di Roma e al quale prenderà parte Francesco.

Secondo diverse fonti statistiche e ricerche, dagli anni ’60 ad oggi i pentecostali sono cresciuti in modo esponenziale in tutto il continente, si fa la cifra di circa 160 milioni di fedeli; i dati sono parziali e il quadro è in movimento; in ogni caso sarebbero più che triplicati in Argentina e poi anche in Nicaragua e Repubblica Dominicana, quadruplicati in Brasile e Porto Rico; addirittura il loro numero sarebbe cresciuto di sei volte in Ecuador e Colombia, mentre una forte incremento viene registrato anche in Venezuela, Paraguay, Panama.

Fra i Paesi del centroamericana in cui la presenza delle sette è impressionate c’è il Guatemala, si tenga presente che “L’Assemblea di Dio”, forse la più consistente fra le denominazioni pentecostali, conta circa 50 milioni di aderenti.

A lanciare l’allarme qualche anno fa fu l’ex arcivescovo di San Paolo del Brasile, Claudio Hummes, uno dei grandi elettori di Bergoglio all’ultimo conclave.

Hummes sottolineò già nel 2007, in occasione del sinodo generale celebratosi in Vaticano sulla “Parola di Dio”, anche il tema dell’urbanizzazione quale fenomeno che aveva contribuito a scardinare la tradizione cattolica in Brasile.

Da molti vescovi latinoamericani, poi, è stato sollevato negli ultimi anni il problema della carenza di sacerdoti a fronte di territori ampi e di molte comunità lontane l’una dall’altra.


D’altro canto proprio su questo piano i movimenti le chiese pentecostali si muovono in modo assai più dinamico dei pastori cattolici.

Sono presenti in ogni strada e in ogni quartiere, riescono a stabilire un contatto diretto con le persone e le famiglie, danno un supporto spirituale e «spesso – spiega una fonte missionaria – attraverso un’intensa vita comunitaria, pur non contribuendo a cambiare le condizioni di vita delle persone, riescono a dare l’illusione di un’alternativa, di una speranza, portano sollievo dando l’impressione che non si è lasciati soli.

E però chiedono costantemente soldi e contributi con quali alimentano i centri capillari di evangelizzazione in ogni strada e in ogni paese».

A partire da quest’idea del recupero del rapporto con piccoli gruppi di fedeli, molte chiese locali cattoliche – prendendo quindi esempio dal lavoro degli evangelici – stanno cercando di ricostruire un tessuto di appartenenza.

Senza contare che le chiese pentecostali generano anche milioni di posti di lavoro soprattutto fra le fasce più indigenti della popolazione, e in tal modo stringono un patto di fedeltà sempre più forte.

Va anche ricordato che nei decenni passati la chiesa latinoamericana è stata fortemente divisa al suo interno fra i sostenitori della teologia della liberazione nella sue varie sfumature, e quanti hanno scelto un’adesione alla tradizione e non di rado con governi autoritari. Una spaccatura che ha danneggiato l’esperienza delle comunità di base, per le gerarchie vaticane troppo impegnate sul piano sociale.

Ma se questo è il passato, oggi la Chiesa cattolica prova a rilanciare sia sul terreno dei temi della povertà e della giustizia che su quelli di una nuova evangelizzazione.

Così l’elezione di Francesco s’incrocia con la diffusione dei movimenti carismatici cattolici, si pensi, per esempio, a “Rinnovamento nella Spirito”, o anche agli stessi “Focolari”.


La presenza di predicatori simili a popstar ha caratterizzato molte delle sette evangeliche penetrate in America Latina.

Fra l’altro gli evangelici cominciano ad avere fra i propri aderenti diversi parlamentari in vari Paesi e soprattutto in Brasile.


Anche i “neopentecostali” tuttavia, sono al loro interno tutti uguali e anzi, con il passare degli anni, si differenziano anche politicamente fra di loro.

Alcuni gruppi hanno cominciato ad impegnarsi anche sui temi della giustizia sociale, mentre il Celam, il consiglio episcopale dell’America latina, ha cercato di aprire un dialogo ecumenico con alcune di queste chiese.

http://www.linkiesta.it/sudamerica-sette