5 marzo 2013

Anche satana cita le scritture...

Satana e le Scritture

"Se tu sei il Figlio di Dio, buttati giù; perché nella Bibbia è scritto:
Dio comanderà ai suoi angeli. Essi ti sorreggeranno con le loro mani e così tu non inciamperai contro alcuna pietra." (Matteo 4, 6)

Per i credenti le Scritture sono la fonte della Verità, la Bibbia è quindi uno strumento prezioso: un dono di Dio. Ma, come tutti i doni, deve essere usata con discernimento. Il passo delle tentazioni di Gesù ci dà un esempio di come la Bibbia può essere usata in modo pericoloso. Capita spesso di vederla usata come un’arma contro gli altri, qualcosa da buttare sprezzantemente in faccia a chiunque osi dubitare di quello che si sta dicendo. La cosa diventa ancora più odiosa quando il malcapitato è un non credente che si vede inabissato da una marea di citazioni e spesso senza la minima spiegazione, con la convinzione che quella valanga (nella maggior parte dei casi, male assortita) basti a se stessa in virtù della autorità della Bibbia. Senza capire che così facendo si produce nel malcapitato un effetto del tutto contrario a quello che si vorrebbe.

Esiste però un uso ancora più pericoloso, quello di usare la Bibbia per demolire la Verità della Bibbia stessa. Può sembrare un paradosso, ma è così. Si può negare la Verità usando come argomento una parte di quella Verità. È quello che fa Satana nel passo sopra citato. L’antidoto lo offre Cristo nella sua risposta:

Gesù gli rispose: - Ma nella Bibbia c'è scritto anche: Non sfidare il Signore, tuo Dio.

Questa è la chiave di volta del metodo interpretativo di Gesù: “Sta scritto anche”. Un metodo questo, poi ereditato dalla Chiesa, riassumibile nella forma latina dell’et-et. Quest’ultima è la regola d’oro di ogni saggia interpretazione del testo biblico, infatti le varie eresie che hanno funestato la storia della Chiesa si sono sempre basate su una logica dell’aut-aut. Per questo, per fare degli esempi, alcuni dicevano che se Cristo era un uomo non poteva essere anche Dio. E, giustamente, altri dicevano che se era Dio, non poteva essere un uomo (per cui ne aveva solo le sembianze). Nel Cristianesimo una logica dell’aut-aut non può che isolare alcune parti della Scrittura (stando sempre al nostro esempio, l’umanità o la divinità) per dimenticarne – o sottovalutarne – altre. Ancora oggi, alcune confessioni cristiane sembrano proprio basarsi su questo metodo, se ne possono fare innumerevoli esempi. Basti pensare alla questione della salvezza per fede o per opere. Chi volesse sostenere che ci si salva solo per fede userà questi passi:

È per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere, affinché nessuno se ne vanti. (Efesini 2:8)

Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo; ma chi non crederà sarà condannato. (Marco 16, 16)

La questione sembra essere risolta: ci si salva per fede. I passi citati sembrano affermarlo senza appello. Però anche chi sostiene l’importanza delle opere ha i suoi passi di riferimento:

Quando il Figlio dell`uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. 32 E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, 33 e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. 34 Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. 35 Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. 37 Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? 38 Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? 39 E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? 40 Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l`avete fatto a me. 41 Poi dirà a quelli posti alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. 42 Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; 43 ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. 44 Anch`essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? 45 Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l`avete fatto a me. 46 E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna". (Matteo 25, 31-46)

Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta. (Gc 2, 26)

A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Forse che quella fede può salvarlo? (Giacomo 2,14)

Ancora una volta, la questione sembra conclusa a favore delle opere. Nel passo di Matteo nemmeno si parla della fede, eppure il contesto è quello del Giudizio Universale. Quindi, a seconda delle preferenze, è possibile scegliere fra fede e opere e dire che questa preferenza è biblica. Ecco l’aut-aut. Per questo le confessioni protestanti, da Lutero a questa parte, affermano che la salvezza avviene esclusivamente per fede e che le opere sarebbero una semplice esternazione accessoria di questo stato di grazia (un po’ per farsi belli, si potrebbe dire). Questo lo dice la Bibbia, ma è la Bibbia dell’aut-aut: Efesini e Marco sì, Matteo e Giacomo no (in questo caso). È la dottrina della sola fide. Non è infrequente vedere qualcuno che riceve reazioni ostili solo per aver fatto riferimento ai passi “sbagliati”. Qual è invece la soluzione che si può dare a questo problema con l’approccio gesuano dell’et-et? Ne troviamo un esempio nella dottrina cattolica che parte dai passi della Bibbia che pongono la fede alla base della salvezza, ma ricordando che “sta scritto anche” che la fede senza le opere è morta e che “se […] possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.” (1 Cor 13, 2).

Per questo la Chiesa cattolica insegna che la salvezza procede per la fede ma che ha bisogno anche delle opere della Grazia: et-et. Avendo ben chiaro che Dio non ha bisogno delle opere dell’uomo, ma le richiede come segno della sua partecipazione. A questo riguardo Paolo scrive:

Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa. (Col 1, 24).

Con questo Paolo non vuole certo dire che il sacrificio di Cristo è incompleto, ma che è vano senza la nostra compartecipazione a quel mistero. Le opere che necessitano al cristiano non sono le opere “umane” delle quali ci si potrebbe vantare, sono le opere fatte in Dio e che Dio ha stabilito per noi (come precisa lo stesso Paolo): le opere della Grazia. Non bisogna dimenticare, infatti, che quando Paolo parla della contrapposizione fra fede e opere fa riferimento alle opere della Legge. Ovvero della Legge antica che i farisei applicavano alla lettere credendo così di salvarsi praticamente da soli. Per questo inserire le opere nell’economia della salvezza non implica in alcun modo la presunzione dell’autosalvezza, poiché sia la fede che le opere (quelle nuove) vengono dalla Grazia. Si legge infatti nel Catechismo, all’articolo 426:

Nei confronti di Dio l’uomo, di per sé, non può meritare nulla, avendo tutto da lui gratuitamente ricevuto. Tuttavia Dio gli dona la possibilità di acquistare meriti per l’unione alla carità di Cristo, sorgente dei nostri meriti davanti a Dio. I meriti delle opere buone devono perciò essere attribuiti innanzitutto alla grazia di Dio e poi alla libera volontà dell’uomo (una volontà che però è necessaria, n.d.r.).

Questo è solo un esempio di come un approccio alla Scrittura di tipo gesuano permetta di comprendere appieno la Bibbia, anche nelle sue divergenze (vere o presunte) tenendo sempre a mente il contesto. Senza la creazione di passi proibiti. Purtroppo l’interpretazione dell’aut-aut fa entrare le persone in un circolo vizioso. Da un lato si afferma l’assoluta aderenza al testo biblico, ma dall’altra se ne fa un’implicita selezione. E così, per il rifiuto di una dottrina “umana” come spesso viene definita quella cattolica, si aderisce ad una dottrina veramente umana (nel senso peggiore del termine) ma senza rendersene conto. Per questo si vedono spesso fare citazioni che (nei pochi casi in cui siano corrette e non usate per far loro affermare quello che non dicono) non ammettono appello, nemmeno se questo viene dalla Bibbia stessa. Umano o divino che sia non importa: “sta scritto che…” e non c’è spazio alcuno per lo “sta scritto anche”. E da qui si capisce perché gli appelli lanciati – a volte in maniera un po’ ossessiva – di leggere la Bibbia non osino mai ricordare che bisognerebbe anche leggerla bene e con un minimo di discernimento che permetta anche di fare sintesi dei suoi insegnamenti. Per questo, anche se la Bibbia indica che ci sarà anche un giudizio sulle opere, un protestante – di solito – non ve lo ricorderà mai. E lo stesso accade nelle dottrine espresse dalla varie chiese, un esempio su tutte quella che si definisce Chiesa Cristiana Evangelica Internazionale (vd. alla voce Il nostro credo, paragrafo 2) :

http://www.salmo42.com/Chi%20Siamo/Chi%20Siamo.htm

Un’altra tentazione è quella dello “E questo dove sta scritto?”. Una domanda in sé legittima, ma della quale spesso viene fatto abuso. Perché si dimentica che lo stesso Gesù afferma:

Ho ancora molte cose da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata; quando però sarà venuto lui, lo Spirito della verità, Egli vi guiderà alla Verità (Conoscenza) tutta intera, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annuncerà le cose a venire. Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà. (Giov. 16, 12-14)

Un serio problema che si presentò ai primi Cristiani fu quello del compimento della Legge. Anche i pagani, cioè, dovevano seguire i dettami della Legge antica e quindi, fra le altre cose, farsi circoncidere? La risposta noi la troviamo oggi nelle lettere paoline. Ma come si giunse a questa soluzione? La Chiesa si interrogò e, pur con dei compromessi, accettò sostanzialmente l’idea di Paolo del superamento della legge mosaica. Ma questo è stato solo uno dei problemi che si ponevano allora e la Chiesa ha dovuto affrontarne tanti altri. Questo si ostinano a non capire coloro che vorrebbero far precipitare di nuovo la Cristianità nell’iconoclasmo, gloriosamente sconfitto molti secoli fa da quei successori degli apostoli che “avevano visto e creduto”. Per questo non si può pretendere che la Bibbia risolva ogni problema possibile e immaginabile, ma senza dubbio essa fornisce un metodo. Per questo molti contestatori della dottrina cattolica sono talvolta obbligati ad ammettere l’ineccepibilità delle riflessioni alla base di molte scelte, e devono così rifugiarsi nel semplicistico argomento che “questo non sta scritto”. E via allora con la sfilza di maledizioni su chi toglie e aggiunge, senza capire che quelle si rivolgono a chi manomette i testi e non a chi si interroga su certi problemi. E, soprattutto, senza mai ricordare che la Bibbia stessa ammonisce di non aver potuto umanamente dire tutto, rendendo vano (quando non ci sono errori) un rifiuto bastato esclusivamente sulla mancanza di un esplicito mandato divino (anche per le cose più semplici). Questo non perché la Rivelazione non sia conclusa, si tratta semplicemente di approfondire e di spiegare alcuni aspetti. Ancora una volta, lo stesso Vangelo ci mostra quanto sia sbagliato un atteggiamento del genere. Abbiamo già commentato altrove l’episodio di Marco 12, 18-27. Quello dove i Sadducei negano la risurrezione proprio perché non la trovano esplicitamente affermata nella Scrittura. Gesù dà loro una risposta stupefacente, ma non può citare un passo che affermi esplicitamente “I morti risorgeranno”. Oggi qualche teologo si schiererebbe con i Sadducei, perché “non sta scritto”.


Un ultimo veloce esempio. L’avversione degli amici protestanti all’eucarestia è sintomatica. Prima di tutto perché mostra come sia possibile costruire una dottrina basata non solo su una accurata selezione di passi, ma addirittura sull’arbitrario isolamento di un singolo periodo all’interno di un passo. Il fatto che “fate questo in memoria di me” abbia del tutto oscurato la parte più importante del “Questo è il mio corpo” dimostra tutto l’inganno della dottrina luterana della sola scriptura. Da Lutero in poi l’eucarestia divenne un simbolo panteistico e di simbolo parla anche la sopracitata chiesa, si legge infatti:

…con questi due simboli, ha istituito il Nuovo Patto con il Suo sacrificio perfetto, (Matteo 20:22; Marco 14:36), e ci ricorda la Sua morte fin che Egli ritornerà.

È inutile notare che mai nel Nuovo Testamento si parli di “simbolo” in merito all’eucarestia. Anzi, i passi che ne parlano (vd. Giov. 6, 35-58 e 1 Cor 11, 29) sembrano affermare l’esatto contrario. Così mentre si crede di smontare la dottrina cattolica chiedendo “dove sta scritto” allo stesso tempo si predica una dottrina che non solo “non è scritta” ma – cosa più importante – è del tutto sbagliata.

In conclusione, con l’et-et, non si vuole certo introdurre un principio assolutistico o, peggio, relativistico nell’interpretazione biblica perché è chiaro che ogni singolo passo deve essere scrutato con attenzione. Però quello dell’et-et è un principio che permette la piena comprensione e sintesi del messaggio biblico ed è una cura efficace che avrebbe prevenuto l’opera di Lutero. Il quale riuscì, incredibilmente, non solo a fare a pezzi il Cristianesimo (come tanti altri) ma anche, allo stesso tempo, a convincere tutti (compreso alcuni cattolici) di farlo in nome di Dio e della Bibbia. E questa opera continua in tutti quelli che, in perfetta buona fede, rifiutano la tradizione e l’insegnamento della Chiesa in favore di dottrine che si vorrebbero esclusivamente bibliche ma che sono frutto di letture parziali. E spesso anche i passi che sopravvivono all’inconsapevole filtro luterano ricevono, a loro volta, interpretazioni errate. Gli amici protestanti, in particolare gli evangelici, fanno quindi molto bene ad essere legati alla Scrittura. Ma è necessario adottare un approccio di tipo gesuano e abbandonare quello luterano per poter creare la condizione affinchè si realizzi la promessa della “Verità tutta intera”.

http://ettorebarra.blogspot.it/2009/03/satana-e-le-scritture.html