27 gennaio 2013

Protestanti e nazismo

un silenzio spezzato solo da Bonhoeffer

Il teologo pagà con la vita la sua denuncia dell'alleanza tra chiesa evangelica e Hitler

Le lettere «Per il cristiano non è più accettabile il ruolo dello spettatore»


«Mi preme fare sapere che il partito nazionalsocialista non ha violato in nulla le mie convinzioni introducendo nella legge religiosa il paragrafo ariano. Se un ebreo venisse a me per essere battezzato, lo battezzerei, ma se mi dicesse che è suo vivo desiderio diventare pastore gli risponderei che ciò è impossibile... gli risponderei: benissimo ma sii allora un missionario fra gli ebrei; è impossibile avere nella nostra comunità un pastore di sangue straniero»: così afferma il 21 gennaio del 1934, il pastore evangelico Ludwig Mueller, che in qualità di «vescovo» supremo del Reich e di vescovo della chiesa evangelica della vecchia Prussica (il gruppo evangelico più importante d' ogni altro) ha accentrato nelle sue mani tutti i poteri di quella chiesa. La Chiesa del III Reich è dunque razzista ed esclude dalle cariche ecclesiastiche quanti non siano di pura razza ariana. Negli stessi anni in cui tante voci come quella di Edith Stein o del gesuita tedesco Friedrich Muckermann si alzavano per implorare una condanna più ferma della chiesa cattolica, la chiesa tedesca evangelica viveva lo stesso dilemma in modo ancora più drammatico: diventa fedele e solerte alleata di Hitler - eccetto minoranze resistenziali di altissima intensità spirituale presenti nella così detta Chiesa confessante. Le chiese evangeliche confederate lacerate tra l' adesione al Reich e la ribellione, tra la difesa della istituzione e la testimonianza profetica precipitano nell' alleanza con Hitler. Nel mese di gennaio del 1934 avviene quella così detta sincronizzazione del protestantesimo germanico con il regime nazionalsocialista di Adolf Hitler. E' interessante seguirne le vicende da un osservatorio speciale, che ci informa quasi giornalmente di ciò che succede, ma che soprattutto ci fa capire in modo indiretto e mascherato ciò che la Santa Sede pensava sull' evolversi della situazione in Germania. Si tratta delle corrispondenze fittizie che Federico Alessandrini, in seguito vicedirettore dell' Osservatore Romano, scriveva da Roma sotto lo pseudonimo Renano, controllate ed approvate dalla Segreteria di Stato. Una sorta di agenzia che poi veniva smistata nella stampa cattolica. Una vera miniera per capire il clima che si respirava perché ciascuno di quei «pezzi» prima di avere via libera doveva sottostare al controllo della Segreteria di Stato e rispondere alle richieste dell' allora Segretario di Stato, Eugenio Pacelli. Dentro le notizie, a volte tra le righe, a volte in modo diretto i commenti degli articoli trovavano comunque il modo di denunciare i presupposti ideologici del nazismo, a cominciare dalla mistica di Rosenberg, fino a raccontare il clima vessatorio contro cattolici e protestanti o alla descrizione degli orrori «della notte dei lunghi coltelli». Un modo e una formula che serviva anche per aggirare la censura nazista. E infatti il corrispondente Renano fu a lungo ricercato in Germania fino a quando non capirono che si annidava nelle segrete stanze del Vaticano stesso. In un articolo del 31 gennaio 1934 Renano a proposito delle conclamate dichiarazioni razziste di Mueller scriveva: «Sarebbe interessante sapere quali idee abbia il vescovo del Reich sulla diffusione del cristianesimo dalla Palestina nel mondo... Le parole di Mueller hanno un gravissimo valore oltre che per il contenuto dogmatico, per il momento in cui furono pronunciate: 600 pastori appoggiati da alcuni vescovi dei Laender meridionali sono in rivolta contro il vescovo del Reich a causa della sua adattabilità all' ideologia hitleriana e ne sfidano i fulmini... il 25 gennaio il Cancelliere Hitler ha convocato i vescovi dei Laender e ha fatto loro comprendere che i dissensi nella chiesa evangelica possono recare danno al terzo Reich. In particolare ha insistito sui danni presso la stampa estera...». In un altro articolo del 4 gennaio 1934, Confusione babelica nel protestantesimo tedesco, le Aberrazioni sacrileghe del «movimento tedesco di fede», a proposito delle nuove «idee teologiche» proposte dal professore dell'Università di Lipsia, Bergmann, «credo nel Dio della religione tedesca... credo nella Germania, educatrice degli uomini», i toni escono da ogni riserbo: «Siamo dunque in presenza di una mistica dell'ultranazionalismo, di un materialismo che può reggere il confronto solo con quello del bolscevismo... un ultranazionalismo sintomatico della metodologia materialista anticristiana dei neopagani tedeschi». L'insistita denuncia sulla inconciliabilità della concezione hitleriana con l' ispirazione evangelica di questi articoli assume un particolare valore in quanto voluta e approvata dalla Segreteria di Stato. Si tratta solo di alcuni esempi che si possono trovare nelle tante corrispondenze che, se non bastano a smentire il silenzio della Chiesa, non lo rendono neanche totale. Non è un silenzio assordante, si avvertono grida sussurrate. La voce che, invece, nel mondo protestante, si alza con lo stesso anelito di quella della Stein, è, come è noto, quella di Dietrich Bonhoeffer. Incarcerato a Tegel venne impiccato il 9 aprile 1945 a un mese dalla fine del conflitto, in seguito alla sua partecipazione al progetto di attentato contro Hitler. Nel 1933 aveva scritto un saggio, La chiesa di fronte alla questione ebraica, con la richiesta di intervenire subito contro le prime persecuzioni. Nel 1934, dopo l' imposizione del ministro dell' interno Frick di astenersi dal divulgare le tensioni interne alle chiese protestanti, che ancora si illudono, invidiando il concordato stipulato con i cattolici, di potere ricavare vantaggi e tutele, scrive «oso sperare che questa volta i pastori avranno il coraggio di sollevarsi contro lo Stato». Un senso di asfissia incombe su di lui che dal 1929 al 1934 spera ancora di potere andare in India ad incontrare Gandhi, sicuro che «nel "paganesimo" di laggiù ci sia più cristianesimo che in tutta la nostra chiesa del Reich». Poi di fronte al crescere delle delusioni per le prudenze, le paure, i cedimenti le totali collusioni delle chiese con la persecuzione ebraica, nel 1935, lancia il famoso anatema che segnerà la teologia del Novecento «solo chi alza la voce in difesa degli ebrei, può permettersi di cantare in gregoriano». Il nostro destino lui dice, come la Stein, non è dissociabile da quello degli ebrei. «Un ripudio degli ebrei da parte dell' Occidente comporta necessariamente il ripudio di Cristo; perché Gesù Cristo era un ebreo», (Etica, 1940). Le sue lettere dalla prigionia, Resistenza e Resa, apparse in Italia da Bompiani nel 1969 hanno segnato nel profondo la formazione della più avvertita generazione cattolica di quegli anni. «Mi sono chiesto - scrive il 21 febbraio 1944 - spesse volte dove passi il confine tra la necessaria resistenza e l' altra necessaria resa davanti al "destino"... limite che non si può determinare sul piano dei principi; l' una e l' altra devono essere presenti e assunti con decisione. La fede esige questo agire mobile e vivo». Tale concezione del rapporto tra fede e storia tra responsabilità e azione è diventata il cuore della generazione cresciuta con il Concilio Vaticano II. La lettera dal carcere che Bonhoeffer scrive per il battesimo del nipote è il vero lascito che la polemica sui silenzi consegna anche alla generazione conciliare: per il cristiano non è più accettabile «il lusso dello spettatore». La teologia e l'azione devono entrare in nuovo rapporto: «Voi penserete - scrive - solo ciò di cui dovrete assumervi la responsabilità agendo». Credo che le polemiche senza fine sulle responsabilità delle chiese di fronte agli ebrei siano state, paradossalmente, una straordinaria occasione storica, non tanto per più o meno coraggiose revisioni storiografiche ma quanto per non dimenticare mai che la fede deve sapersi incarnare nelle decisioni della storia. Non a caso le polemiche sui silenzi si acutizzano nei momenti storici in cui la coscienza cristiana - negli Anni Sessanta, come ora - sente l' urgenza di risvegliare alla storia ma, confusa, non sa bene con quali strumenti storici e teologici farlo. Gli anni all' estero e l'incontro con la Resistenza Dietrich Bonhoeffer nasce nel 1906 a Breslavia, da una famiglia dell' alta borghesia berlinese. Il padre è psichiatra e ha importanti relazioni con i livelli più alti dell' amministrazione dello Stato. Studia teologia e si laurea a 21 anni. Passa molti periodi all' estero. Risiede quasi un anno a Barcellona e poi parecchi mesi a New York, dove entra in contatto con il Social Gospel e celebra funzioni religiose nei ghetti neri. Dal ' 31 al ' 33 insegna a Berlino mostrando una grande carica innovativa, coinvolgendo gli studenti in iniziative legate non solo all' ambito accademico ma anche alla situazione politica esistente. Inizia in questo periodo la sua opposizione, sempre crescente, al nazismo. Dopo l' avvento di Hitler al potere lascia Berlino e si trasferisce a Londra per un paio d' anni. Torna in Germania e vi resta fino al ' 39. Entra a far parte di quella parte della Chiesa protestante che si chiama "confessante" e che si oppone a Hitler e lotta contro la discriminazione degli ebrei. Nel ' 40 inizia ad avere i primi contatti con la Resistenza. Nel ' 43 viene arrestato. Viene impiccato il 9 aprile 1945 nel campo di concentramento di Flossebürg. Nel 1949 esce postumo «Etica», due anni dopo vengono raccolte le sue lettere dal carcere nel volume «Resistenza e resa».


Fattorini Emma