8 gennaio 2013

Pedofili eccellenti.....

Se Polanski fosse stato un cardinale

Roman. L'autore di Frantic” e del “Pianista” può lasciare lo chalet di Gstaad dove viveva dal 4 dicembre. Perez Hilton, il re del gossip Usa, commenta: «Un altro pedofilo in giro per il mondo». In Francia Henry Levy «si dichiara pazzo di gioia». Anche Mitterand contento.

Il vizio c'è sempre, ma stavolta è solo di forma: Roman Polanski da ieri è un uomo libero perché la Svizzera ha rifiutato l'estradizione agli Stati Uniti. Mentre la Chiesa è scossa dalle accuse di pedofilia, tanto da costringere il Papa a dichiararlo «il pericolo più grave che la inquina dall’interno», la domanda è lecita: se Polanski avesse vestito l'abito talare cosa gli sarebbe successo?

Invece la Svizzera ha deciso di «dare fiducia» al regista (l'espressione è letterale) perché «non sarebbe mai venuto al festival di Zurigo nel 2009 se non avesse avuto fiducia nel fatto che il viaggio non avrebbe comportato per lui nessun svantaggio legale». E poi «non è possibile escludere con la necessaria certezza che Polanski abbia già scontato la pena per la quale fu allora condannato e che la richiesta di estradizione sia minata da un grave vizio».

Forza Svizzera, un altro pedofilo è libero di camminare libero nel mondo». Una delle prime reazioni alla notizia che Roman Polanski non sarà estradato negli Stati Uniti per l’accusa di violenza ai danni di una minorenne è stata del seguitissimo blog Perez Hilton. Non è una voce ufficiale né autorevole, ma racconta bene gli umori del Paese, in attesa di reazioni ufficiali. Se le istituzioni americane hanno per ora taciuto, non altrettanto si può dire di quelle della Francia, nazione del quale Polanski è cittadino dopo la grande fuga nel 1978. Il ministro della cultura Frederic Mitterand si è detto «entusiasta per la moglie Emmanuelle Seigner, i suoi figli, gli amici e tutti quelli che lo hanno supportato con dignità e determinazione». Mitterand ha chiuso la sua nota invocando «tranquillità» sulla vicenda.

Non altrettanto pacato è stato il filosofo Bernard-Herny Levy, che aveva lanciato una petizione per Polanski. Alla Afp ha confessato di essere «pazzo di gioia» per l’amico. Proprio sul sito web di Levy, qualche mese fa, il regista aveva interrotto il suo silenzio sulla vicenda. Aveva usato quelle pagine per criticare il Dipartimento di Giustizia americano e confessare di sentirsi usato dal procuratore di Los Angeles, Steve Cooley, in cerca di visibilità per la sua campagna elettorale a procuratore della California.

La svolta di ieri ha sorpreso tutti, per primo l’avvocato del regista, Herve Temime: «Non ci aspettavamo questa decisione, ma si tratta di una scelta responsabile». Rischiava grosso Polanski: le autorità svizzere ricevono 200 richieste di estradizione ogni anno e ne respingono soltanto il cinque per cento. In caso di deportazione in America, avrebbe rischiato anche un paio di anni di carcere. Il Los Angeles Times aveva fatto un’inchiesta sulle condanne per lo stesso reato: sesso con un partner minorenne, equiparato dalle leggi dello Stato a uno stupro di fatto. Oggi le pene sono quattro volte più alte rispetto a 33 anni fa, quando il regista è scappato in Francia. In oltre il 70% dei casi, la sentenza del tribunale di L. A. è stata superiore all’anno, anche se molti detrattori invocavano una pena clamorosa, oltre i dieci anni, in virtù dei dettagli della vicenda, come l’uso di un tranquillante per vincere le resistenze di Samantha, e la lunga latitanza.

Invece è tornato ieri a essere un uomo libero, giusto in tempo per l’ultimo pranzo nello chalet di Gstaad dove era agli arresti domiciliari, sotto cauzione (4, 5 milioni di franchi) e sorvegliato da un braccialetto elettronico, che ieri mattina ha smesso di fare bip. La notizia è stata annunciata a Berna da Eveline Widmer-Schlumpf, capo del dipartimento federale di giustizia e polizia. «Polanski dalle 12. 30 di oggi può muoversi senza restrizioni e non sarà estradato negli Stati Uniti», ha annunciato. È stata disposta la revoca di tutte le misure restrittive nei confronti del detenuto. Polanski era stato già informato della decisione. Alle 14 un’auto con i vetri scuri ha lasciato la dimora forzata degli ultimi mesi, un’ora dopo un jet privato è decollato dal vicino aeroporto di Saanen.

Da un punto di vista legale, la Svizzera non aveva facoltà di entrare nel merito del caso Geimer. Poteva non estradare Polanski agli Usa soltanto sulla base di questioni formali. E in effetti ci sono motivazioni tecniche, nel comunicato ufficiale del ministero di giustizia, che si mescolano a un non meglio specificato «interesse nazionale» e a una valutazione sul comportamento tenuto da Polanski durante la sua latitanza.

«A dispetto di un esame molto accurato dei documenti», gli svizzeri hanno dichiarato di non poter escludere un vizio di forma nella richiesta di estradizione degli Usa, ritenuti non completa e non sufficiente. Prima di volare in Francia, Polanski aveva trascorso 42 giorni in un ospedale psichiatrico. Le autorità elvetiche avevano cercato di stabilire se per quella detenzione non dovesse ritenersi già scontata la pena per il caso Geimer. Come prova, aveva fatto richiesta di interrogare l’allora procuratore Roger Gunson. Permesso non accordato.

Ma il comunicato va oltre queste considerazioni, e cita la «buona fede» del fuggitivo, che è stato arrestato il 26 settembre del 2009 all’aeroporto di Zurigo, dove era appena arrivato per ritirare un premio alla carriera del festival. Il cineasta era entrato altre volte in Svizzera tra il 2005, quando è stato spiccato il mandato di arresto internazionale, e la cattura, quattro anni dopo, senza il timore di conseguenze penali. Il passaggio più significativo è però quello che cita le conseguenze in termini di «ordine pubblico internazionale», come fonte di ispirazione per la liberazione di Polanski. Parole che non mancheranno di generare polemiche. Non ci sarà però un ricorso ufficiale: gli Stati Uniti non potranno fare appello.

Polanski aveva lasciato la California l’1 febbraio del 1978, poche ore prima della sentenza definitiva per violenza sessuale. Dalla vittima è stato pubblicamente perdonato già nel 1997. Nel 2003 Samantha è tornata sull’argomento, invocando dalle pagine del Los Angeles Times la chiusura del caso e il permesso al regista di tornare negli Stati Uniti e ritirare l’Oscar. Forse Polanski non riuscirà mai a presentarsi davanti all’Academy, ma difficilmente finirà in prigione. In Francia è al sicuro, farà più attenzione agli Stati che visiterà e in ogni caso altri governi eviteranno accuratamente di trovarsi nella situazione della Svizzera, che dopo l’arresto ha visto il suo sistema penale sotto la lente del mondo intero per mesi.

di Ferdinando Cotugno

Tratto da Il Riformista del 13 luglio 2010