21 novembre 2012

Klaas Hendrikse pastore ateo e fiero di esserlo

Klaas Hendrikse è un distinto signore di 63 anni. Divorziato e padre di due figli. Vive praticando la professione di pastore nella ridente cittadina di Middelbourg, capoluogo della Zelanda. Laureato in marketing aveva lavorato dal 1973 al 1983 come esperto commerciale per una famosa multinazionale dell’informatica. Dopodiché scopre la sua passione per la teologia e decide di dedicarsi allo studio delle scienze religiose. Nel 1984 è consacrato prete della PKN (Chiesa Protestante Neerlandese).

Sin dall’inizio Klaas si colloca nella corrente progressista della chiesa. Le sue prediche sono sempre state molto originali e poco tenere con la visione tradizionalista della “chiesa come forma di controllo sociale”. Risultato: la sua chiesa è sempre piena mentre altrove si fatica a riempire le prime file.

La svolta rivoluzionaria, il pastore zelandese la compie però soltanto nel 2007 con l’uscita del suo libro: Geloven in een God die niet bestaat. Manifest van een atheïstische dominee (Credere in un Dio che non esiste. Manifesto di un prete ateo. pp.204, Nieuw - Amsterdam, 2007). Un libro-manifesto in cui non solo spiega le sue convinzioni ma dichiara anche che questo non è assolutamente in contraddizione con il suo mestiere.

Dopo le polemiche iniziali, il consiglio della chiesa neerlandese decide di riconfermarlo nella sua funzione e di permetterli di continuare le sue funzioni. Nella sua predica di Pasqua il pastore Hendrikse ha spiegato l’origine pagana del mito della resurrezione. In seguito ha affermato che Gesù, l’uomo, è morto ed è stato seppellito, e non è mai resuscitato... se non nel cuore di chi ha apprezzato i suoi insegnamenti. «Le persone amate che sono decedute rimangono vive nei nostri pensieri. - ha commentato il pastore- È questo il senso vero di questi testi».

Ma il pastore Hendrikse non rimette in causa né la religiosità, né l’essere credente. Dice che si può credere anche in un Dio inesistente. L’importante sono i valori, non i rituali, non i dogmi.

La scelta della chiesa protestante neerlandese di riconoscere la diversità di Hendrikse è in realtà soltanto un riconoscimento per una situazione di fatto molto frequente. Uno studio realizzato nel 2006, dalla TV ecumenica Ikon et dalla libera università di Amsterdam, ha svelato che un pastore su sei non crede più nell’esistenza di Dio o almeno non è più molto convinto e che la chiesa subisce una vera e propria emorragia di fedeli. Ha prevalso ancora una volta il pragmatismo protestante: meglio una chiesa aperta al dubbio e piena, che una chiesa fedele al’origine ma vuota.

In un momento in cui la religione torna sulla scena politica, più forte che mai, le istituzioni religiose invece sono dappertutto in crisi. Continuano a voler dirigere all’antica un mondo che cambia a velocità della luce. Dopo il maschilismo schiacciante messo in crisi con l’ingresso delle donne come sacerdotesse in varie correnti religiose (soprattutto tra le chiese protestanti, ma anche in alcune scuole di rabbinismo progressista e persino in alcune scuole del sufismo musulmano...), dopo le pressioni per la “riabilitazione” dell’omosessualità e l’apertura verso la diversità e verso le altre verità... Ecco che l’istituzione religiosa si confronta con quello che forse è il limite più estremo. Riconoscere la possibilità dell’inesistenza di Dio stesso sarebbe riconoscere l’origine umana delle religioni e dunque anche del potere dei cleri.

Chi sa se domani si potrà mandare gente a bombardare paesi interi in nome di un Gesù che forse è figlio di Dio o forse solo un uomo come un altro? o a farsi esplodere in nome di un Allah che forse esiste e forse no? o a perseguitare milioni di povera gente per recuperare una terra promessa da un improbabile Eloah? o ancora a commettere un genocidio contro i Tamil in nome di un Buddha che forse è Dio stesso, origine di tutto, o forse era solo un principino irrequieto in cerca di un po’ di giustizia?

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