23 giugno 2016

Quell’invidioso del figlio maggiore


di P. Rosario Sammarco

Ripensando alla Parabola dei Figliol Prodigo, alla figura del “fratello maggiore” e ai tanti “fratelli maggiori” che mi capita spesso di incontrare, mi viene da fare una considerazione che credo importante e che condivido con voi per metterci in guardia.

Leggiamo nel racconto della Parabola che il figlio maggiore, vista la festa che il Padre aveva organizzato per il fratello più piccolo e scapestrato che era tornato, si è lamentato col Padre in questi termini: «Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso». (Lc 15, 29-30). Qual’è il problema di questo “figlio maggiore”? Lo stesso Padre gli fa rilevare che in tutto questo periodo tutto quello che è stato del Padre è stato anche suo. E nondimeno non ha mai chiesto nulla al Padre che, si presume, se avesse ricevuto una richiesta onesta, come quella di una festa con gli amici, l’avrebbe accontentata. «Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo […]». A pensarci bene, sono parole bellissime. Sembra che Dio si rivolga a tutti noi dicendoci: “Tutto quello che è mio, è anche vostro. Il Paradiso, che è mio, è vostra eredità”. Non ho parole per descrivere la gioia che dovrebbero suscitarci. E nondimeno non siamo contenti. Perché? Perché “quello lì”, il Figliol Prodigo, il Peccatore, ha fatto quello che voleva, se l’è spassata e ora torna pure qua con tutti gli onori. Ecco il punto. Lui se l’è spassata e continuerà ancora a spassarsela, sia pure in modo diverso. Io NON HO POTUTO FARLO, MA MI SAREBBE PIACIUTO.

C’è del rammarico in quelle parole. Non è per senso di giustizia che il figlio maggiore s’indigna, ma per invidia. Questo significa che la sua fedeltà al Padre non è stata motivata dall’amore per il Padre, ma semplicemente dalla PAURA DEL CASTIGO, o comunque delle conseguenze negative. Avendo visto che il fratello scapestrato non s’è presa la punizione, ora gli dispiace di non essersela spassata pure lui.

Può sembrare esserci giustizia nella sua richiesta ma non c’è. Perché nell’atto di misericordia del Padre la giustizia è salvata in quanto il Padre non approva il peccato, e il figlio si allontana da esso. Non vengono, quindi, messi sullo stesso piano il bene e il male.

Quando la giustizia è vera, è animata dalla carità e si rallegra del perdono e della misericordia. Perché mentre essa viene tutelata, a trionfare su tutto è la salvezza dell’anima traviata, che è quanto dovrebbe stare a cuore più di tutto ad ognuno di noi.

La giustizia del figlio maggiore è una giustizia falsa. È solo un’ombra di giustizia.

L’atteggiamento del figlio maggiore è identico a quello della persona che non ruba o non uccide non perché vede che rubare o uccidere siano male, ma perché sa che se ruba o uccide va in galera.

Non è questo il modo migliore per rapportarsi alla Legge Divina, ai Comandamenti, al Vangelo. Se siamo veramente Figli di Dio noi dobbiamo amare ciò che Dio ama, e fare quello che ci chiede non per timore, ma per amore. E quando fai o rinunci a una cosa per amore vedi che la misericordia che il Padre usa a chi sbaglia non ti scandalizza più. Perché quella cosa tu mai e poi mai l’avresti fatta: per amore! E non ti dispiace che il tuo fratello l’abbia fatta facendola franca, per il semplice motivo che non ti entra proprio nell’ordine delle idee la possibilità di farla.

Dobbiamo amare la Legge Divina e fuggire il peccato non per timore del castigo, ma per amore di Dio e per il dispiacere di offenderlo.

Certo, il timore del castigo nelle anime imperfette può essere un deterrente. Ma se si limita a quello e non passa all’amore, l’anima imperfetta il Paradiso rischia di vederlo molto tardi, perché il Paradiso è il Regno dell’Amore.