17 giugno 2016

Pietro è qui - La tomba di San Pietro e le scoperte archeologiche

L’archeologo Paolo Lorizzo, laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l’Università “La Sapienza” di Roma, ha recentemente trattato su “Zenit.it” la sepoltura di San Pietro nella Necropoli Vaticana, così come confermata dalle fonti letterarie e dall’apporto dell’archeologia.
Ogni storico serio sa che Pietro morì martire sotto Nerone nel 64, nel Circo Vaticano, fu sepolto a breve distanza dal luogo del suo martirio, e sulla sua tomba, all’inizio del IV secolo, l’imperatore Costantino fece costruire la grande Basilica vaticana. Attraverso le fonti letterarie si può ricostruire cosa accadde dopo il martirio, come ad esempio la testimonianza del I° secolo di Clemente, capo della comunità cristiana di Roma. Nei due scritti del II° secolo, “l’Ascensione d’Isaia” e “l’Apocalisse di Pietro”, si conferma la morte di Pietro a Roma in seguito al martirio neroniano del 64 d.C. La presenza a Roma dell’Apostolo è inoltre suffragata dal fatto che mai nessuno in passato ha rivendicato di possedere la sua tomba, segno dunque che le fonti possono esclusivamente limitarsi al raggio d’azione nella Capitale.
Rispetto alla tomba dell’Apostolo, utile è la testimonianza di Eusebio, storico della Chiesa del III-IV° secolo, che cita un presbitero romano di nome Gaio, il quale fa riferimento alla sepoltura definendola il “trofeo” di Pietro in Vaticano. Soltanto nel 1939, sotto il pontificato di Pio XII, vennero avviate ricerche sistematiche allo scopo di confermare le varie fonti letterarie.
Gli studiosi trovarono una antica necropoli parallela al Circo di Nerone che l’imperatore Costantino decise di sotterrare all’inizio del IV secolo livellando il terreno per la futura basilica. Esattamente sotto l’altare papale trovarono una successione di monumenti e di altari fin sopra il monumento che Costantino, ancora prima di costruire la basilica, aveva fatto erigere tra il 321 e il 326 sul luogo della tomba di Pietro. All’interno del monumento di Costantino c’era un muro coperto di graffiti, di antiche iscrizioni coperte di epigrafi che indicavano col loro affollamento l’immensa devozione dei fedeli. Il primo monumento di san Pietro aveva nel pavimento un’antica tomba in terra, detta “terragna”(poggiante direttamente a terra), sulla quale tutti questi monumenti si erano sovrapposti. Tuttavia la si trovò vuota.
A partire dal 1952 e fino al 1965 il lavoro dell’archeologa Margherita Guarducci fu fondamentale per raggiungere alla certezza che possediamo oggi: studiò il muro dei graffiti scoprendo la presenza esuberante del nome di Pietro, espresso con le lettere P, PE, PET, e unito di solito col nome di Cristo, col simbolo di Cristo, con la sigla di Cristo e col nome di Maria, e soprattutto dominavano, su questo muro, le acclamazioni alla vittoria di Cristo, Pietro e Maria. Poi c’era il ricordo della Trinità, il ricordo di Cristo seconda persona della Trinità, e via di seguito. Tutta la teologia del tempo era su quel muro.
Nel settembre 1953 l’archeologa italiana scoprì le ossa di Pietro: esse stavano nella tomba “terragna” come la tradizione della Chiesa aveva sempre dichiarato. Tuttavia durante gli scavi del ’40 non ci si accorse di esse e la Guarducci le ritrovò all’interno di un loculo ricavato nel muro di epoca costantiniana interamente rivestito di marmo (precisamente porfido), solitamente destinato a sepolture di grande riguardo. L’analisi delle ossa, avvolte in un tessuto prezioso, anche con l’aiuto dell’antropologo Venerando Correnti, rivelarono l’età approssimativa di 60/70 anni e le tracce terrose corrispondevano esattamente al tipo di terra contenuta all’interno della fossa ‘terragna’, segno dunque erano lì contenute prima della traslazione da parte dell’imperatore Costantino. L’analisi del loculo del cosiddetto ‘muro g’ ha messo inoltre in evidenza un graffito in lingua greca che riporta la frase “Pietro è (qui) dentro”.
L’identificazione delle reliquie come effettivamente appartenenti all’apostolo Pietro venne annunciata da Papa Paolo VI nel 1968 e mai smentita. Nel 1953 a Gerusalemme due archeologi scoprirono un ossario di una comunità cristiana di Gerusalemme, con alcuni nomi biblici familiari tra cui “Shimon Bar Yonah” cioè il nome biblico originale del discepolo Pietro (oltre a Gesù, Giuseppe, Giuda, Matteo, Marta, Maria e Mariame). Alcuni protestanti e anticlericali ritengono che sia la prova che Pietro non è sepolto a Roma, ma la comunità scientifica ha respinto tali affermazioni, anche per il semplice fatto che non avrebbe avuto alcun senso riferirsi a Pietro con il suo nome originale e non come “Cefa” o “Peter”.
UCCR


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