11 aprile 2012

la pubblica abiura del protestantesimo del pastore Carlo Zardi



 Villa S. Sebastiano: un paese adagiato sui dislivelli marsicani a pochi chilometri da Tagliacozzo ed Avezzano, la bella cittadina abruzzese. Il 24 agosto del 1936 nella chiesa del paesello marsicano si svolgeva un'insolita cerimonia: la pubblica abiura del protestantesimo di un ministro wesleyano. La chiesa era ornata a festa. Anche la popolazione era tutta in festa nell’accogliere nella Casa comune colui che aveva, nello stesso paese, esercitato il ministero protestante.

In chiesa l'ex-ministro wesleyano, Carlo Zardi, sale i gradini dell'altare (il cuore gli martella in petto per l'emozione) e davanti al Vescovo dei Marsi e ai numerosissimi fedeli legge la ritrattazione degli errori protestanti. In fondo alla chiesa, con la corona del Rosario tra le mani, la madre dello Zardi piange della gioia calma e profonda di chi per armi e anni ha atteso questo istante; e fra quelle lagrime la vecchia madre ritorna col pensiero agli anni innocenti del suo Carlo, agli anni turbinosi, agli anni di sviamento e di adesione alla Chiesa di Wesley, agli armi di pastorato protestante. E lei, sempre fedele, sempre vicina, col cuore stretto dall'angoscia per l’aberrazione del figlio, ma con la ferma fiducia che, anche dopo lunga attesa, l'avrebbe ricondotto all'ovile: la santa pertinacia di chi vuol salvare, costi quel che costi! Del resto, la signora Zardi non era sola a vivere per il ravvedimento del figlio: si era associata alla Madre celeste, e lo stesso Zardi confessò più tardi la profondissima devozione della madre per la Madonna e la sua fedeltà alla recita del Rosario e alle altre pratiche mariane. DalI’unione del cuore della mamma terrena con quello della Mamma celeste si sprigionò una misteriosa forza che perseguitò, in un processo lento e continuo, l'anima dell'apostolo. Ecco una confessione dello Zardi: «L'incontro di due cuori mi ha fatto risorgere dalla morte e innestare, come tralcio alla vite, nel mistico Corpo».

Carlo Zardi era nato da una benestante famiglia ferrarese e, anche nei periodi più travagliati e più penosi della sua vita, conservò sempre il ricordo della santità del suo focolare domestico, benedetto nella pietà e nella fede della mamma. Il babbo, invece, era l'esponente del mangiapretismo del tempo.
A quattordici anni Carlo fu mandato, da solo, a Reggio Emilia presso una grande azienda di suo zio. Qui, ormai senza più freni, fu travolto dai primi bollori giovanili e precipitò nei borri vergognosi del libertinaggio dei suburbi. Ben presto però ne ebbe fin in gola degli stravizi cittadini, e un giorno fu colpito dalla lettura della parabola del figliol prodigo. Ne seguì una profonda crisi religiosa e i primi contatti con dei protestanti wesleyani. Costoro, i meno settari e i meno antiromani fra tutti i protestanti, attirarono alla loro chiesa il giovane Carlo. Dopo quattro anni di studi teologici a Roma, fu promosso pastore.
A nulla valsero le preghiere e le lagrime della madre desolata. Carlo, che si era getta to nella nuova vita col trasporto e la sincerità di un rigenerato, non diede peso ai richiami della madre e partì per le prime esperíenze pestorali nella Valsesia. La signora Zardi non perde tempo: nuova Monica, fa le valige e raggiunge il figlio a Domodossola. Vive così al fianco del figlio immerso nell'attività protestante. Non gli rivolge un rimprovero, non esige una chiarificazíone, non esercita alcuna pressione: gli sta vicino, lo serve come sempre, come se nulla fosse cambiato, lo avvolge del suo amore santificatore e redentore. Anche Carlo le usa la stessa liberalità, nonostante le critiche dei suoi parrocchiani: ella può frequentare liberamente la chiesa cattolica. In casa, quando è libera dalle faccende domestiche, si ritira in camera e s’inginocchia dinanzi all’immagine della Vergine scorrendo i grani della corona. La sera, quando il figlio si è coricato, entra piano piano nella stanza, lo bacia in fronte, come quando era bambino, e gli fa il segno della Croce...

Ma il sogno di Carlo, di una vera evangelizzazione fra i protestanti, svanisce ben presto (  .  .  .  ).
L'anima di Carlo viene scossa da tante miserie e il suo cuore è di nuovo tempestato dal dubbio. Si sottrae alla vista degli uomini e vaga solitario e meditabondo in lunghe passeggiate. Una sera di un rosso crepuscolo estivo segue con gli occhi, dal Santuario di S. Caterina del Sasso, le meraviglie del Lago Maggiore: la Stresa, l'isola Bella, l'isola Superiore, l'isola Madre... A un tratto, in una misteriosa fusione di vero e di sogno, «scorgo sul Mottarone (è lui che racconta) una grande Croce, e Gesù, quello che io stesso ho crocifisso con i miei peccati... Ai lati del Figlio dell'uorno ci sono due ladroni. Ai piedi, un solo uomo, Giovanni: poi uno stuolo di donne... La Madre Dolorosa, pur vicina al Figlio agonizzante, sembra gnardarmi... Ma che vedo? che sento? Non vedo più la Madonna, ma al suo posto mi sembra di intravedere mia madre che dopo tanto tempo ritorna a me, condotta dalla Vergine, per additarmi la via della salvezza...».

Ha così la netta sensazione dell’assistenza di due mamme unite in un sol cuore.
In tali condizioni di spirito viene mandato nel 1933 a Vintebbio Sesia e, poco dopo, a Villa S. Sebastiano, baluardo del protestantesimo italiano. Ma qui, il fanatismo dei proseliti e il settarismo dei pastori danno il colpo di grazia alle sue incertezze e finiscono per ricondurlo alla casa del Padre.
Ora, dall'altare della chiesa cattolica di Villa S. Sebastiano, professa la sua fede nella Chiesa di Roma, legittima depositaria del Vangelo; rigetta le aberrazioni protestanti e proclama apertamente la sua venerazione e la sua riconoscenza alla Vergine Santissima... Lo sguardo gli corre istintivamente in fondo alla chiesa e si posa sulla sua vecchia madre che gli sorride con gli occhi gonfi mentre le mani stringono la corona del Rosario...
«Era deciso che io giungessi a Lui per mezzo di sua Madre, la Vergine SS.».