25 settembre 2013

Storie di conversione: Giovanni Lindo Ferretti

Conosciuto dai più come il “CANTANTE DEI C.C.C.P.“, gruppo musicale post-punk degli anni ’80, fu al tempo UNO DEI PIÙ GRANDI SOSTENITORI DELL’IDEOLOGIA COMUNISTA NEL PANORAMA DISCOGRAFICO ITALIANO.

Quella di Giovanni Lindo Ferretti, nato a Cerreto Alpi il 9 settembre 1953, è una storia molto particolare, di quelle che non si trovano molto facilmente.
Il suo viaggio inizia nella Berlino Est del 1981: la scena underground dell’epoca era florida e molti giovani italiani lì si recavano per poter trarre ispirazione o guadagnare fama. Proprio a Berlino incontra Massimo Zamboni con il quale solo un anno dopo fonderà i CCCP, band sin dal principio dichiaratamente “filo-sovietica“.
Il successo arriva nel 1985 con l’EP “1964-1985 Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi – Del conseguimento della maggiore età“, ancora oggi considerato una pietra miliare del punk rock italiano, ispirato ad un volume collettivo d’alcuni membri del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese.
Le idee politiche traslate su nastro sono fredde, dirette e a tratti colme d’ironia sebbene nei titoli siano altrettanto evidenti i riferimenti agli eccitanti ed i calmanti assunti dal cantante.
Il turbine di passioni contrapposte delinea un chiaro segno d’instabilità psico-fisica, un voler creare l’immagine del battagliero che a stento riesce a rimanere “fedele alla linea”, dato che la linea non esiste ormai più.
“Vedevo la Chiesa come la causa di tutti i mali sociali, credevo che con la prassi rivoluzionaria si potesse costruire il paradiso in terra, invece peggiora le condizioni di vita degli uomini”, racconta oggigiorno.
Con i successivi albums Giovanni Lindo Ferretti, in crisi d’identità dovuta al declino dell’Unione Sovietica, inizia ad interessarsi di Cristianesimo: in “Socialismo e Barbarie” (1987) vorrà lui stesso includere una sua versione del canto gregoriano pro defunctis “Libera Me Domine“. Ciononostante non mancano ancora elementi di contrasto, e nella canzone acclusa al suddetto album “Manifesto” canterà molto fermamente “niente saldi di esistenze, niente saldi di speranze, niente voti alla Madonna“.
Il gruppo tra il 1989 ed il 1990 pubblica ancora due EP prima di sciogliersi definitivamente, seguendo con esattezza le orme dell’URSS.
La religiosità di Ferretti è ormai un fatto conclamato: lui stesso chiede di essere definito un “salmodiante”. Le canzoni “Madre”, “Maciste contro tutti” e “Paxo de Jerusalem” contengono temi sacri (riferimenti alla Vergine Maria, a Dio ed al Salmo 91), i concerti divengono preghiere.
Questa lenta riconciliazione con la religione viene ben definita nel 1989 in un concerto a Firenze, dove canterà “Manifesto” modificando le parole: “niente saldi di esistenze, niente saldi di speranze, meglio un voto alla Madonna“.

LA CONVERSIONE
Do­po aver cercato il senso in mille modi senza trovar­lo l’ho trovato tornando a casa. Al mio mondo di quando ero bimbo: i monti, il rosario [..] Sono uno che iniziò a curiosare tra i libri dell’allora cardinal Ratzinger per capire perché molti ne parlassero male. E ora che so­no tornato a casa, Benedetto XVI è il mio maestro.

La tematica del νόστος, ovvero del ritorno a casa dopo un lungo viaggio, era molto comune nella letteratura greca.
Essa naturalmente non rappresentava unicamente un ritorno fisico, era il simbolo del lungo viaggio dell’anima in cerca di significato: cioè serve non a portare l’eroe a una meta, ma a ricondurlo circolarmente, sano e salvo e fatto più esperto, al suo originario punto di partenza.
Il movimento avviene all’interno di uno schema polare: il ritorno a casa si realizza grazie a un viaggio eccentrico e avventuroso dentro l’ignoto. Questo “ignoto”, per Ferretti, è anche stato il dover subire il male del tumore.
Il ritorno a casa, avvenuto negli anni ’90, ha sigillato la completa riconciliazione tra il cantante e Dio: confessa di essere tornato a vivere in montagna perché l’uomo, a suo avviso, merita di vivere in un mondo che rispecchi la “creazione” e la presenza del Creatore, laddove le caotiche città ultramoderne sono il simbolo di un “mondo artefatto che non rispecchia l’essere umano, né è fatto per l’uomo”.
Tornare nella casa natia ha donato al cantante la possibilità di riscoprire le proprie radici, la riscoperta di un mondo che sembrava ormai dimenticato nelle regioni remote del passato, una storia degna dell’opera “La ricerca del tempo perduto” di Marcel Proust. Ogni contatto tecnologico con il mondo è rimosso: nessun cellulare, pc, tablet o tv.
La spiritualità viene dunque vissuta con estrema interiorità e semplicità, un metodo di vita non molto dissimile da quello monastico: ritmi rurali scanditi dal susseguirsi delle stagioni.
Giovanni Lindo Ferretti è di certo un’anima particolare, una razionalità molto limpida in continua ricerca dell’essenza metafisica della creazione, un salmodiante che di sera ama intonare il Veni Creator Spiritus ed, in primo luogo, un esempio di conversione profonda.

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