31 agosto 2014

Pietro ha da Gesù un carisma unico: "conferma i tuoi fratelli nella fede" (Lc 22,31-32).

Inoltre Gesù gli dona l'ampio potere delle "Chiavi". Pietro è l'elemento di unità nella Chiesa di Cristo e non accettarlo o mettersi contro di lui significa non accettare la volontà di Dio e rompere l'unità voluta da Cristo, e per la quale Egli ha più volte accoratamente pregato.




30 agosto 2014

Come si può andare sicuri se non si conosce la vera via? - Criteri per leggere la Bibbia

E Gesù ci dice che Egli è la Via che ognuno di noi deve seguire. E' la "Via" che non va smarrita, perché è quella giusta che porterà a Lui, e per Lui al Padre. Egli è per tutti gli uomini. la "Via" non solo con le Sue parole, col Suo insegnamento, ma anche con la Sua presenza, col Suo essere Dio-Uomo.

E', dunque per questa "Via" che noi possiamo giungere alla "Verità" e la Verità ci farà liberi (cf. Gv 8,32) .e potremo conseguire la "Vita" quella beata, increata, eterna.
- Non è conveniente e neppure lecito agli uomini scegliere altre vie, le quali ci distoglierebbero dalla verità e ci potrebbero impedire la conquista della vita eterna.
A questo rischio si espone chiunque segue dottrine e opinioni di uomini e non quelle chiaramente, strettamente e rigorosamente stabilite da Cristo.

Pietro - che continua a vivere nei suoi successori e nel Magistero Ecclesiastico con i successori degli Apostoli - ha le "Chiavi" del Regno dei Cieli e della "Scienza" evangelica.
E' a lui che Gesù ha conferito l'esclusiva potestà e Carisma di confermare gli altri nella fede, ed a lui ha affidato la guida suprema di tutto il "Suo gregge", ossia della Chiesa da Lui fondata (cf Mt 16,18-20; Lc 22,31-32; Gv 21,19-17).

E' bene a questo punto non dimenticare due passi, con i quali è lo stesso Pietro a richiamare la nostra attenzione sul giusto trattamento della parola ispirata, la quale, proprio perché ispirata, non è soggetta a privata interpretazione (cf 2 Pt 1,19-21) e capita spesso, allora come adesso, che persone ignoranti e instabili la leggono "a modo loro", ma anche a loro danno (cf 2 Pt3,15).

Facciamo quindi attenzione ai falsi profeti e ai falsi maestri che hanno introdotto per il passato e - ancora oggi - introducono eresie perniciose rinnegando così il Signore e la Sua Parola, (cf 2 Pt 2,1).
Questa vigile attenzione di Pietro sul gregge di Cristo non è mai venuta meno nei suoi successori."




29 agosto 2014

Rosiconi!..... 10 motivi per non comprare fan facebook falsi

In questi giorni, noi "rosiconi"  abbiamo assistito ad una vertiginosa scalata pomeridiana di una a noi nota pagina Facebook di "riflessioni" cattoliche.... 10.000 (diecimila!) mi piace in un solo pomeriggio per una pagina che è soprattutto gradita tra giovani della "cattolicissima" Turchia.... 





10 MOTIVI PER NON COMPRARE FAN FACEBOOK FALSI...

Va di moda, ormai da tempo, l’acquisto di finti fan Facebook: con pochi euro è possibile averne pacchetti da 1000, 2000, 3000 o persino di più.

Una pratica scorretta e sanzionata dallo stesso Facebook, utilizzata da alcuni per far “esplodere” il contatore dei like e dare “imponenza” alla propria pagina, ritenuta evidentemente sottodimensionata rispetto ai diretti concorrenti.

Mi permetto alcune considerazioni, valide come consiglio per NON lasciarsi tentare dall’acquisto, invitando tutti a commentare con ulteriori riflessioni.

Pro (puramente estetici):


stupire gli utenti più disattenti e potersi vantare del proprio numero di fan, magari in fase di vendita della stessa pagina o di spazi pubblicitari ad essa associati;

Contro (suppergiù ordinati da meno tecnici a più tecnici):
  1. i fan finti non interagiscono con la pagina, sono perciò inutili;
  2. rischio di FIGURACCE con gli utenti più esperti, che possono accorgersi della pratica scorretta allertati dai “picchi” di crescita dei like (vedi immagine) o utilizzando la Graph Search per vedere i fan strani;
  3. inutile dispendio di denaro, che potrebbe essere impiegato per utilizzare gli strumenti promozionali di Facebook, sicuramente più costosi, ma per lo meno efficaci;
  4. rischio di ban degli utenti finti: infatti Facebook nel tempo potrà individuare gli account fraudolenti usati per dare il like e bannarli. Questo potrebbe condurre ad un calo del numero dei propri like: la pagina anziché crescere, potrebbe tendere a numeri più bassi;
  5. rischio di ban della pagina: Facebook, per garantire la bontà della piattaforma, ma anche per incentivare l’uso dei propri strumenti a pagamento, può in alcuni casi optare per la cancellazione della pagina che fa uso di pratiche scorrette, con conseguente perdita dei like veri e dei vecchi post;
  6. perdita del proprio target geografico. Infatti i finti fan hanno una propria località di riferimento, che potrebbe divenire quella più popolare per la pagina che acquista i loro like. Così una pagina italiana potrebbe avere come “Città di maggior popolarità: Instanbul, Turchia” (vedi esempio e immagine in alto): brutto da vedere e dannoso (vedi punto 8 sull’affinità);
  7. scarse interazioni percentuali: i contenuti condivisi sulla propria pagina Facebook acquisiscono maggiore visibilità sulle bacheche degli utenti – sia falsi, sia veri che essi siano – secondo le regole stabilite da alcuni algoritmi (evoluzioni dell’EdgeRank). Se si ha una grossa fetta di fan finti, che per loro natura non interagiscono mai con i post della propria pagina, il “Rank” dei propri contenuti tenderà ad abbassarsi vertiginosamente, aprendo una spirale che porterà al crollo della visibilità sulle bacheche e delle interazioni anche con i fan reali;
  8. scarsa affinità: è un parametro già presente nella formula originaria dell’Edge Rank, che tiene conto di una serie non nota di elementi. Non ci vuole molto ad intuire che un grosso numero di fan, di chissà quale nazionalità, con like sparsi su argomenti disparati, possano avere affinità pressoché nulla con i fan reali, soprattutto se targettizzati localmente. Un ulteriore elemento di peggioramento del rank dei post, che potrebbero avere molta difficoltà a comparire nella bacheca dei fan reali;
  9. Facebook suggerisce le pagine affini agli utenti. Nel caso di fan falsi, probabilmente tutti avranno i propri mi piace alle stesse pagine (tutte quelle dei clienti di chi vende i like). Questo assocerà tra loro tali pagine, nella realtà totalmente differenti, e non quelle effettivamente affini, facendo perdere l’opportunità di ottenere nuovi like realmente interessati;
  10. rischio di ban a cascata: da buon lettore di forum “black hat”, negli ultimi mesi ho letto vari casi di ban da parte di Facebook estesi dalla pagina, al profilo di tutti gli amministratori e addirittura di tutti i contenuti associati allo stesso IP.
  11. Mi colpì molto la storia di un ragazzo indiano al quale, nonostante avesse fatto “massima attenzione”, avevano cancellato tutto ciò associato al suo IP, persino il profilo personale con 5 o 6 anni di ricordi e foto. Cercava in ogni modo di contattare Facebook per farselo riattivare, ma non ne volevano sapere: era distrutto;
  12. (bonus) ingannare gli altri, ma in fondo anche se stessi, probabilmente significa perdere un’occasione.
  13. Il vostro concorrente ha usato tali pratiche? Lasciatelo fare e condividete questo articolo con i vostri collaboratori.
Hai letto questo articolo troppo tardi e ora ti sei pentito dell’acquisto di fan? Mi riprometto di scrivere in futuro un post sulle soluzioni (possibili) per rimediare.

OLTRE AL PENTIMENTO E' ANCHE NECESSARIO UN BAGNO DI UMILTA'

Bimbo malato di tumore portato via dall’ospedale, caccia ai genitori



Ashya King, 5 anni, ha un carcinoma al cervello. era ricoverato a southampton. suo padre e sua madre lo portano in francia. i medici: «potrebbe morire se non si cura»

Un bambino di 5 anni malato di tumore al cervello, i suoi genitori che lo portano via dall’ospedale dov’era ricoverato senza il consenso dei medici . E’ accaduto la notte scorsa a Southampton, Gran Bretagna. La madre e il padre di Ashya King ora sono ricercati dalla polizia inglese che ha scatenato una vera e propria caccia all’uomo, anche attraverso una campagna massiccia sui social network, per ritrovarli. Le telecamere di sorveglianza del Southampton General Hospital mostrano il momento in cui , alle due di notte, Brett King si allontana dalla clinica con il figlio Ashya nel carrozzino. Il 51enne e sua moglie Naghemeh King, 45, hanno poi preso un traghetto da Portsmouth, direzione Cherbourg , nord della Francia. Non si comprende ancora bene il motivo per il quale i due avrebbero deciso di sottrarre il loro bambino, gravemente malato, alle cure. Secondo chi li conosce, entrambi sono testimoni di Geova. Su Facebook e Twitter la polizia ha postato foto dei due genitori e il tipo di auto sulla quale stanno viaggiando, una Hyundai I800 Style.

Al piccolo Ashya è stato diagnosticato il carcinoma soltanto un mese fa, ma si tratta di una forma molto aggressiva tanto che non riesce più a muoversi e a parlare. L’allarme dei medici è molto serio perché secondo quanto hanno riferito: «Il bambino potrebbe morire se non sottoposto a cure immediate e costanti». E’ una corsa contro il tempo dunque per rintracciare i genitori. Il capo del dipartimento di polizia dell'Hampshire, Dick Pearson, ha diffuso un appello perché : «chiunque abbia notizie di dove si trovi il piccolo le riferisca». A fine luglio Naveed, il fratello di Ashya, aveva postato un commovente video su YouTube raccontando il dramma.

http://www.corriere.it/esteri/14_agosto_29/bimbo-malato-tumore-portato-via-dall-ospedale-caccia-genitori-499776ac-2f5a-11e4-ba33-320a35bea038.shtml

28 agosto 2014

Chiesa Cristiana E Chiesa Cattolica Romana

"Non esiste una Chiesa cristiana in opposizione ad una Chiesa cattolica romana. Perché la Chiesa, assolutamente parlando, è cristiana e basta. Ma dato le deviazioni e gli sviluppi dei tempi, è bene chiamarla anche cattolica, apostolica e romana"
......

"il Cristianesimo che non è anche Cattolico e Romano, non è quello vero, non è quello giusto. Quindi, le fondazioni di tanti "cristianesimi" al di fuori del Cattolicesimo romano mancano necessariamente di autenticità cristiana, per il semplice fatto che essi sono INVENZIONI umane che spesso rigettano la stessa parola di Dio e lo stesso spirito evangelico."




Il rischio di essere missionari

Quanti missionari restano vittima di malattie contagiose incurabili e non fanno notizia?

Il fatto che l'unico spagnolo contagiato dall'ebola sia un missionario – non sarò il primo a sottolinearlo – non è una casualità. Quando noi europei ci rechiamo in alcuni Paesi africani, in genere non condividiamo le condizioni di vita della gente del posto. E molto raramente viaggiamo con un biglietto di sola andata. Non è però il caso dei missionari, perché la loro dedizione alle missioni è per la vita, è per sempre. Un'altra cosa è come i loro superiori li cambino di missione nel corso della loro vita nel contesto delle missioni al plurale, ovvero della missione della Chiesa nel suo insieme.

I missionari, oltre ad andare in Africa senza biglietto di ritorno, vanno nei luoghi peggiori del continente, i più poveri, i più isolati e pericolosi, quelli che hanno più bisogno di solidarietà. E i missionari, in questi luoghi, non svolgono solo missioni isolate e protette, ma vivono tra la gente, nelle loro case e condividendo le stesse condizioni di vita. Per questo vanno lì, per condividere umilmente con loro il destino della loro vita e per condividere umilmente il senso stesso della vita.

Miguel Pajares, unico spagnolo contagiato dall'ebola, missionario destinato alla Sierra Leone, non è un'eccezione. Aveva irrimediabilmente tutte le carte in regola per rimanere vittima del contagio, che non è dovuto ad alcuna imprudenza da parte sua, ma al rischio inseparabile dal suo stato di missione. I fratelli di San Giovanni di Dio già avevano previsto, per via della sua età, il suo ritorno in Spagna, anche se non avevano mai immaginato che sarebbe arrivato nelle condizioni in cui è arrivato, avvolto in una capsula plastica di isolamento e con tutti i mezzi di comunicazione in attesa.

Alla fine del XIX secolo, con il “boom” missionario vissuto dalla Chiesa (creazione di Propaganda Fide, nascita di centinaia di ordini religiosi missionari...), su ogni dieci missionari che andavano in Africa, sette morivano pochi mesi dopo contagiati da malattie sconosciute alle quali gli europei non erano immuni. Nonostante questo, erano in continuo aumento le vocazioni missionarie, e le congregazioni non cessavano di inviare missionari in Africa.

Quando sono stato alcuni anni fa in Angola con Aiuto alla Chiesa che Soffre, ho condiviso la vita con i missionari salesiani (anch'essi spagnoli) destinati lì. Vivevano con e come gli abitanti delle loro missioni, ed erano la porta della massima speranza della gioventù angolana. Alcuni di loro, dopo anni di vita in missione, e pur prendendo le massime precauzioni, hanno contratto la malaria. Quanti missionari, giovani e anziani, restano vittima di malattie contagiose incurabili e non fanno notizia neppure sul giornale del loro paesino!

di Manuel Bru

http://www.aleteia.org/it/dal-mondo/articolo/il-rischio-di-essere-missionari-5881140040695808

27 agosto 2014

La Bibbia

Importanza dei due Testamenti, gli autori di essi, vastità della materia, le fonti della divina Rivelazione, la differenza dei libri tra la Bibbia ebraica e quella cattolica per quanto riguarda l'A.T., il numero dei libri che compongono la Bibbia e la necessità di ogni credente di doverla conoscere, studiare e vivere




26 agosto 2014

Orme sulla sabbia

di Margaret Fishback Powers

Questa notte ho fatto un sogno,
ho sognato che ho camminato sulla sabbia
accompagnato dal Signore
e sullo schermo della notte erano proiettati
tutti i giorni della mia vita.

Ho guardato indietro e ho visto che
ad ogni giorno della mia vita,
apparivano due orme sulla sabbia:
una mia e una del Signore.

Così sono andato avanti, finché
tutti i miei giorni si esaurirono.

Allora mi fermai guardando indietro,
notando che in certi punti
c'era solo un'orma...
Questi posti coincidevano con i giorni
più difficili della mia vita;
i giorni di maggior angustia,
di maggiore paura e di maggior dolore.

Ho domandato, allora:
"Signore, Tu avevi detto che saresti stato con me
in tutti i giorni della mia vita,
ed io ho accettato di vivere con te,
perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti
più difficili?".

Ed il Signore rispose:
"Figlio mio, Io ti amo e ti dissi che sarei stato
con te e che non ti avrei lasciato solo
neppure per un attimo:

i giorni in cui tu hai visto solo un'orma sulla sabbia,
sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio".



Trucchi per ottenere mi piace su Facebook

Quanto c'è di cristiano nell'usare trucchi per aumentare vertiginosamente nello spazio di qualche ora i mi piace alla propria pagina?

E' noto che ci sono varie modalità per aumentare i mi piace alla propria pagina:
Serve a qualcosa? Si, solo ad illudere se stessi

per chi vuole tentare...



25 agosto 2014

«Jesse, il mio figlio down ha una missione: amare le persone nel momento e nel modo in cui ne hanno bisogno»

Jim, papà di un bambino affetto da trisomia 21, ha narrato la sue esperienza: «All’inizio avevamo paura, ma ci siamo fidati e le benedizioni ricevute sono molte più delle difficoltà affrontate»

«Sicuramente all’inizio ci siamo spaventati per il fatto di avere un figlio diverso, non sapendo che LifeNews.com la sua esperienza.
cosa ci fosse che non andava». Jim padre di Jesse, affetto da trisomia 21, ha raccontato al sito americano
La notizia «può spaventare» e «noi l’abbiamo affrontata con la preghiera e la decisione: “Ok, se Dio ci ha mandato questo figlio significa che è una benedizione”. Ed è così che lo abbiamo trattato». I momenti difficili sono stati molti ma sono imparagonabili «alla quantità di benedizioni ricevute».

UN’INTUIZIONE DIVERSA. Grazie al figlio, la famiglia di Jim è entrata in contatto con altri bambini con la medesima sindrome: «c’è una certa qualità che caratterizza i bambini Down: uno dei loro tratti è la capacità di amare, la loro tenerezza e la capacità di affezione». Ecco perché se anche «abbiamo pensato spesso: “Ok sono qui per Jesse”, non possiamo spiegare quanto invece sia lui ad essere qui per noi». Del figlio, Jim ammira sopratutto l’abilità di saper ascoltare la gente. «È dotato di una capacità intuitiva speciale, capisce di che cosa le persone hanno bisogno e come si sentono, si accorge se sono tristi o felici, con una percezione maggiore rispetto a noi».
Per il padre il piccolo Jesse ha «una missione: amare le persone nel momento e nel modo in cui ne hanno bisogno». Anche per questo «lavorare con questi bambini è un’esperienza arricchente», attraverso cui «imparare chi siamo e apprendere modi nuovi e diversi per comunicare con chi non riusciamo a capire. Questo sperimentiamo grazie a Jesse e ai bambini che tramite lui sono entrati nella nostra vita».

http://www.tempi.it/jesse-figlio-down-ha-una-missione-amare-le-persone-nel-momento-e-nel-modo-in-cui-ne-hanno-bisogno#.U_uqkUtcDM0

24 agosto 2014

Ecco chi sono i terroristi del Califfato «made in Italy»

L'Isis è in Europa. I quadri intermedi del gruppo jihadista sarebbero composti proprio da europei per
nascita, formazione o mentalità. Secondo fonti d’intelligence, che da mesi ormai sta monitorando e combattendo i miliziani guidati da Abu Bakr al Baghdadi che proclama la rinascita del Califfato dell'Islam tra Iraq e Siria, una parte dell’organizzazione terroristica ha una provenienza occidentale, non solo per nascita. Dopo l'uccisione del giornalista americano, James Foley, per mano di un britannico aderente all'Isis, la possibilità che il numero di europei, quindi anche italiani, impegnati a fianco dell'Isis sia una realtà importante, è diventata una certezza. Gli investigatori ritengono che al momento siano 8 gli italiani attualmente operativi negli scenari di guerra. Sarebbero circa 50, invece, i mujaheddin partiti e tornati dai fronti di guerra in Iraq e Siria acquisendo esperienze sul campo. Un centinaio, poi, secondo le stime sarebbero quelli che simpatizzano per l’ideologia jihadista. Tra questi A.B e H.S., due siriani che vivono a Milano, e che sono partiti per combattere il regime di Assad e poi sono rientrati nel nostro Paese.
Gli stessi hanno partecipato all'assalto dell'ambasciata a Roma il 10 febbraio del 2012. Un numero di fondamentalisti crescente, dunque, che non ha ancora raggiunto i livelli di altri paesi europei a causa di un flusso migratorio iniziato in ritardo. Un notevole contributo al prolificare di volontari disposti a morire in nome di Allah, secondo gli investigatori, è da attribuire ad internet, che consente uno scambio veloce di informazioni e contatti. La rete, inoltre, se utilizzata da esperti, consente anche di navigare senza possibilità di essere rintracciati. Tra le fila del gruppo jihadista, dunque, nei ruoli di potere intermedio, che contemplano anche la presenza sui campi di battaglia, oltre che l'impegno nell'organizzazione, i posti di «potere» sono occupati da persone che in qualche modo sono legate all'Europa e, quindi all'Italia. Tre gli identikit dei possibili combattenti: gli europei per formazione, cioè i musulmani che hanno studiato e lavorato nei paesi occidentali, acquisendo conoscenze informatiche elevate e padronanza delle lingue.
Tra i mujaheddin, poi, ci sono quelli nati in Italia o in altre nazioni europee, e che in seguito alla conversione all'Islam, sono partiti per i teatri di guerra Mediorientali a fianco dei miliziani di Abu Bakr al Baghdadi. Il terzo profilo, invece, apparterrebbe ai cosiddetti europei per mentalità, ossia le seconde generazioni di immigrati che ritornano nei paesi d'origine, o si affiancano alle varie sigle dell'islamismo, per esportare la jihad. Insomma, una realtà variegata, ma che trova il suo punto di contatto proprio nell'odio verso l’Occidente. Non è escluso, infatti, che molti dei combattenti partiti per la Siria o l'Iraq abbiano precedentemente studiato nelle università italiane o frequentato il nostro mondo professionale. L'età dei volontari abbraccia una forbice che va dai 18 ai 28 anni, con una preparazione scolastica spesso elevata. Quindi, intrisi di cultura e formazione europea, si recano nei vari fronti di guerra. Tra i profili dei volontari italiani, spicca anche quello dei convertititi che provengono da ambienti di estremismo di destra e di sinistra. Grazie a queste nuove leve, dunque, il fondamentalismo islamico ha per certi aspetti cambiato pelle, distaccandosi dal modello medioevale che ha caratterizzato l'era di Bin Laden e accedendo alla nuova forma di comunicazione più veloce e globale: il web. è proprio sui social network, infatti, che viaggiano il messaggio e la propaganda dei fondamentalisti che postano foto, condividono link, commentano immagini e si scambiano informazioni. È il caso della pagina Facebook #storiaislamicapersa, dedicata ad «informare i musulmani su aspetti che si collegano al Califfato islamico: aspetti sociali, economici, scientifici, culturali e curiosità». Scorrendo post e commenti alla pagina, che è collegata anche con il sito www.islamlaverareligione.it, è possibile imbattersi nei profili di italiani convertiti o immigrati che vivono nel nostro paese e che sostengono in varie forme la jihad. Curiosando poi sulle bacheche dei singoli profili non passano inosservate foto di combattenti con armi in pugno, bandiere dell'Isis, commenti a favore del Califfato e contro l'Occidente. In uno dei tanti post è persino riportato un dialogo tra Giuliano Ibrahim Del Nevo, il genovese convertito all'Islam e morto in Siria nel 2012, e un altro utente in cui, secondo l'autore del post, sarebbe rappresentato il vero pensiero di Del Nevo, ingiustamente accusato di terrorismo. La nuova era del fondamentalismo, però, non ha cancellato le «vecchie maniere di operare».
Lo sgozzamento, infatti, è ancora una pratica usata per creare il panico nelle fila nemiche e per guadagnarsi il consenso di altri fanatici, favorendone il sostegno e il reclutamento. L'innovazione, quindi, sta nella velocità e nei metodi di divulgazione della notizia. Anche il ruolo delle donne all'interno dell'organizzazione è un segnale di forte cambiamento. Tra coloro che provengono dall'Europa, infatti, non prevale l'idea che la donna sia un essere inferiore a cui è negata la partecipazione ad azioni militari o ruoli di potere. In questo modo, dunque, il mondo femminile è entrato a far parte in pieno titolo della jihad, conquistando un ruolo attivo. L'organigramma dell'Isis, dunque, ha travalicato i confini territoriali. Se dapprima si poteva ipotizzare che il network jihadista fosse essenzialmente ristretto nei territori a maggioranza musulmana, oggi assistiamo ad un rovesciamento di questa teoria in favore di una globalizzazione della rete terroristica. Le basi degli ideologi, dei reclutatori e degli addestratori non vanno più cercate nei Paesi oltre mare, ma possono essere ramificate in qualsiasi punto del mondo occidentale.

http://www.iltempo.it/esteri/2014/08/23/ecco-chi-sono-i-terroristi-del-califfato-made-in-italy-1.1299795

Iraq, non solo morte e distruzione. Storie di amicizia tra cristiani e musulmani, che rischiano la vita per aiutarsi



Articolo tratto dall’Osservatore Romano - Baghdad, 22. Musulmani che aiutano cristiani, sfidando le rappresaglie dallo Stato islamico, e cristiani che accolgono sciiti, turcomanni o shabak in fuga dalle violenze: accade anche questo nello sconvolgente scenario iracheno segnato da atrocità e persecuzioni. Oltre alla guerra, «nel nord dell’Iraq c’è anche una grande solidarietà interreligiosa», afferma monsignor Yousif Thomas Mirkis, arcivescovo di Kerkūk dei Caldei. Il presule riferisce di episodi concreti di generosità avvenuti sia nella Mosul occupata dai combattenti sunniti dello Stato islamico sia nelle altre città storicamente multietniche e multiconfessionali del nord dell’Iraq.

Ad As-Sulaymaniyah, ha dichiarato il presule all’agenzia Misna, «vivono anche cinquanta persone in una stessa casa perché tante famiglie, musulmane e cristiane, hanno aperto le porte a chi fuggiva dalla violenza». La maggior parte dei profughi ha raggiunto la regione autonoma del Kurdistan, il capoluogo Arbil o i distretti al confine con Siria e Turchia. Ma duecentocinquanta famiglie sono arrivate anche a Kerkūk e cinquecento ad As-Sulaymaniyah, verso la frontiera con l’Iran. «Sono parte — spiega ancora l’arcivescovo caldeo — delle circa 130.000 persone che a inizio mese hanno dovuto lasciare tredici cittadine e villaggi dell’area di Mosul». Nella grande maggioranza sono cristiani, ma ci sono anche esponenti di altre minoranze etniche e religiose. Come i turcomanni, residenti da secoli in centinaia di città e villaggi dell’Iraq. E come gli shabak, considerati “fratelli” degli yazidi. O come gli sciiti, maggioranza nel sud dell’Iraq ma sempre più a rischio di fronte all’avanzata dello Stato islamico. «A Kerkūk — afferma monsignor Mirkis — ne stiamo assistendo circa cinquecento, accogliendoli nelle chiese e procurando tutto quello che serve». Questi profughi sono giunti per lo più dai monti Sinjar e dalla città di Tal Afar.

Sorprendenti storie di solidarietà si registrano anche a Mosul, capoluogo del governatorato di Ninive, la città più importante tra quelle cadute nelle mani dello Stato islamico. «Alcune famiglie musulmane — racconta l’arcivescovo, che di Mosul è originario — acquistano cibo, aiutano e nascondono cristiani; lo fanno in modo clandestino, perché se fossero scoperti rischierebbero la vita».

Un rinnovato appello alla preghiera e alla solidarietà in favore delle minoranze perseguitate in Iraq è stato lanciato nelle ultime ore da Caritas italiana. Le notizie delle violenze nel Nord del Paese si susseguono senza sosta, e la stessa Caritas Iraq, per la prima volta negli ultimi anni — viene riferito in un comunicato — è stata costretta a chiudere tre suoi uffici nelle località di Qaraqosh, Bartilla e Alqosh e a trasferire il suo staff ad Arbil, capoluogo della regione del Kurdistan, e nelle località di Zakho e Duhok, vicine al confine con la Turchia e la Siria, e ad Ainkawa.

In particolare a Zakho si concentra l’assistenza di Caritas Iraq alla minoranza religiosa degli yazidi, molti dei quali sono sopravvissuti dopo essersi rifugiati sul monte Sinjar, in pieno deserto e con temperature altissime. La fuga di molte famiglie è stata così rapida che hanno portato con sé solo quello che avevano addosso; ora, come informa Caritas Iraq, «i loro sguardi sono senza speranza, frustrati dal timore che il mondo non riesca a mettere fine a queste continue tragedie umane, una violenza che vuole trasformare il mondo in una giungla». Caritas Iraq — viene ricordato — ha scelto di concentrare la maggior parte delle sue attività nei villaggi vicini a Duhok (Sarsank, Ineshky, Amadiya) e a Zahko (Fishkhabour, Persephy, Derabon). Si tratta di zone non raggiunte da altre organizzazioni umanitarie, ma ben note alla Caritas, che meglio conosce il territorio. Sono cinquemila le famiglie assistite con viveri, medicinali, rifugi provvisori, ma il loro numero è in costante crescita. «L’impegno finanziario è notevole, supera il milione di euro e — viene sottolineato — il contributo della rete Caritas continua a essere essenziale».

http://www.tempi.it/iraq-non-solo-morte-e-distruzione-storie-di-amicizia-tra-cristiani-e-musulmani-che-rischiano-la-vita-per-aiutarsi#.U_ngeUtcDM0


Fumo di satana

«Da qualche fessura sia entrato il fumo di satana nel tempio di Dio . C’è il dubbio, l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione, il confronto.

Non ci si fida più della chiesa; ci si fida del primo profeta profano che viene a parlarci da qualche giornale o da qualche moto sociale per rincorrerlo e chiedere a lui se ha la formula della vera vita. E non avvertiamo di esserne invece già noi padroni e maestri.

OMELIA DI PAOLO VI 
Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo 
Giovedì, 29 giugno 1972

http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/homilies/1972/documents/hf_p-vi_hom_19720629_it.html

E non c'è dubbio che attualmente ce ne sono non pochi di "intossicati dal fumo di satana" tra certi cattolici che attaccano la Chiesa in maniera niente affatto diversa rispetto a certe sette "cristiane"


23 agosto 2014

Love bombing, l'amore che ripudia

Il "love bombing" è la tecnica di "bombardamento d'amore" impiegata in tutti i movimenti religiosi distruttivi e non, tuttora riconosciuta in ambito clinico. 

Gli adepti di setta, infatti, entrano a far parte di un gruppo religioso o pseudo religioso a seguito di un "adescamento" preciso e sottile, fatto di affetto, fiducia e sostegno ricevuto dai membri che ne fanno parte nonché, ovviamente, dal guru, santone o leader carismatico a capo della setta.



22 agosto 2014

Allora pace verrà

Se tu credi,
che un sorriso è più forte di una lacrima,
se tu credi alla potenza di una mano offerta,
se tu credi che quello che unisce gli uomini
è più forte di quello che divide,
se tu credi che l'essere diversi
costituisce una ricchezza e non un pericolo,
se tu preferisci la speranza al sospetto,
se credi che devi fare il primo passo anziché gli altri,
allora la pace verrà.

Se lo sguardo di un bambino riesce ancora
a disarmare il tuo cuore,
se l'ingiustizia fatta agli altri ti suscita ribellione
come se l'avessi subita tu stesso,
se per te l'estraneo è un fratello che ti viene presentato,
se sai donare gratuitamente un po' del tuo tempo per amore,
se sai accettare che un altro ti renda un servizio,
se dividi il tuo pane e sai aggiungere un po' del tuo cuore,
se credi che il perdono va più lontano della vendetta,
allora la pace verrà.

Se puoi ascoltare gli infelici che ti fanno perdere tempo
e conservare il sorriso,
se sai accettare la critica ed approfittarne
senza respingerla e difenderti,
se sai accogliere un consiglio diverso dal tuo e adottarlo,
se ti rifiuti di versare sul petto altrui la tua colpa,
se per te la collera è una debolezza e non una prova di forza,
se tu preferisci essere abbandonato
anziché fare torto a qualcuno,
se tu rifiuti che dopo di te venga il diluvio,
se ti schieri dalla parte del povero e dell'oppresso
senza pretendere di essere un eroe,
se tu credi che l'amore è la sola forza della discussione,
se tu credi che la pace sia possibile,
allora la pace verrà.

P. Gilbert

La grande testimonianza dei profughi yazidi e cristiani:

hanno perso tutto, pur di non rinnegare la loro fede millenaria



Il cardinale Filoni, di ritorno dall’Iraq, ha raccontato il suo viaggio. «Questa gente ha preferito abbandonare tutto, perdere tutto, anziché la fede e la tradizione religiosa che custodiscono da millenni».

Ieri sull’Osservatore Romano il cardinale Fernando Filoni, inviato da papa Francesco in Iraq, ha raccontato il suo viaggio tra quelle terre martoriate dalla furia islamista. Il cardinale non ha solo ripetuto quel che va dicendo da tempo, e cioè che la popolazione yazida e cristiana è allo stremo e che la prova che essa sta sopportando è titanica, ma ha anche aggiunto un’annotazione personale interessante: «A me ha fatto molto bene questa missione». Perché, accanto alla sofferenza e alla tribolazione («soprattutto in quelle famiglie dove ci sono tanti bambini»), il cardinale non ha potuto fare a meno di registrare la grande testimonianza che, a lui in prima persona e a noi tutti, queste persone stanno dando.

«NOI SIAMO VENUTI DOPO». In primo luogo – e non è un elemento da sottovalutare – da parte delle autorità civili: «Dovunque sono andato», ha raccontato, «le autorità civili — sia quelle dell’Iraq, il presidente della Repubblica, sia quelle del Kurdistan iracheno, il presidente e il primo ministro — hanno assicurato la loro vicinanza, la loro solidarietà, il loro aiuto. Soprattutto mi hanno detto di essere totalmente impegnati nella difesa dei cristiani: vogliamo che ritornino, perché sono parte integrante del mosaico della nostra terra e hanno un diritto nativo di stare qui in mezzo a noi. E hanno riconosciuto: noi siamo venuti dopo». Queste parole hanno confortato Filoni che, pragmaticamente, si aspetta che a quelle promesse seguano i fatti.

FEDELE AL PROPRIO CREDO. In secondo luogo, Filoni ha descritto l’incontro con le comunità degli sfollati «Ho trovato delle comunità molto belle, che danno veramente una testimonianza di fede straordinaria». Perché questa gente ha perso tutto, pur di non perdere la fede. «Davanti a situazioni in cui sarebbe stato facile ingannare chi chiedeva di rinnegare la fede, pur di rimanere nella propria terra, oppure accettare piccoli compromessi e cedimenti con i jihadisti o con altri, questa gente ha scelto di rimanere fedele al proprio credo. Ha preferito abbandonare tutto, perdere tutto, anziché la fede e la tradizione religiosa che custodiscono da millenni».

SIAMO TUTTI NAZARENI. Per questo, noi, così lontani e distratti rispetto alla loro tragedia, cosa possiamo fare? Filoni ha detto che «questa gente ha bisogno di sentire la nostra solidarietà, fatta non solamente di parole, oppure di aiuto attraverso offerte di tipo economico. Una solidarietà che dev’essere prima di tutto ecclesiale: i loro problemi non sono una questione di persone lontane che alla fine non ci toccano, non ci riguardano. Il loro desiderio è che noi ci facciamo carico di un affetto, di una vicinanza, di un aiuto, di un sostegno che vada al di là delle questioni materiali e al di là delle parole stesse. Questo è un compito che come Chiesa dobbiamo assumerci. Sono fratelli e sorelle dispersi qua e là, piccole comunità, ma posso testimoniare che sono ricchissimi di fede, di tradizione, di amore straordinario al Papa e ai propri vescovi». Questi nostri fratelli ci testimoniano che siamo tutti nazareni. Ce lo dicono al prezzo della loro vita. A noi il compito di immedesimarci nel loro coraggioso sacrificio o, almeno, di esserne consapevoli.




Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi

Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 
Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. 
Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati 
e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono. 
Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto. 
Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi? 
Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna. 
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi. 
Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 
Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero un denaro per ciascuno. 
Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo: 
Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo. 
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? 
Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te. 
Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi». Matteo 20,1-16a

CHI HA ORECCHI PER INTENDERE INTENDA



nota: Specifico che il brano del Vangelo riportato non si tratta di "estrapolazione" ma la lettura del Vangelo del giorno 20 Agosto 2014, e neanche ho avuto bisogno di cercarla per applicarla a qualcuno, in quanto ero presente quando è stata letta e il pensiero è andato subito a certi "teologi cattolici" esperti di copiaincolla

18 agosto 2014

Superbia

"Se il tuo fratello commette una colpa, và e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano." (Mt 18,15-17)

Guai a correggere certi fratelli privatamente palesemente in errore, te ne faranno una colpa anche se di colpe non ne hai

Porti due o tre testimoni? finiscono per diventare colpevoli anche i testimoni, anche se di colpe non ne hanno se non quella di sostenere la verità

Dirlo all'assemblea? ma di certo è in errore anche questa!

Allora non se ne può che concludere che ci si trova davanti a qualcuno che ha una stima esagerata di se, che assume atteggiamenti di superiorità mascherata da umiltà, e con disprezzo degli altri che osano contraddirlo: trattasi questa di SUPERBIA.



Mi piace, non mi piace più: rosicone!

Ripropongo per l'ennesima volta uno dei diversi post pubblicati in tempi passati, nei quali si specifica che non mi affanno dietro alla corsa dei mi piace...

Come invece sta facendo qualcuno che dice che sto "rosicando" perche la sua pagina e' piu' seguita della mia... eppure si ha a che fare con persone adulte..

preghiamo per il poeta...

"MI PIACE".... "NON MI PIACE PIÙ"

Diverse volte è successo, anche poca fa, che c'è stato chi non soddisfatto di ciò che scriviamo, ci ha comunicato di togliere il "mi piace" alla nostra pagina.

Chiariamo che noi non siamo qui a fare una raccolta di "mi piace", un gara per vincere non si sa bene cosa.

Non abbiamo mai chiesto di mettere il "mi piace" alla nostra pagina come fanno altri che vanno elemosinando "mi piace", come vedete nell'immagine.
Questo proprio non ci interessa. Siamo qui, con tutti i nostri limiti, per farvi conoscere gli inganni di chi vuole rubarvi la fede.

Quindi è inutile che ci si viene a "minacciare" o a "comunicare" di togliere il "mi piace", perché non vi assecondiamo con risposte che piacerebbe sentire

Non rinunciamo a dire quella che per noi è la Verità,
Non rinunciamo a denunciare le menzogne, gli imbrogli
solo per mantenere o conquistare qualche mi piace.

La corsa ai "mi piace" facebook la lasciamo ad altri,
a noi ci interessa il "mi piace", che ci vorrà dare il nostro Signore Cristo Gesù



17 agosto 2014

Parla Ulf Ekman, il leader pentecostale da poco convertito:

«La Verità decisiva? Esiste una Chiesa fondata da Gesù Cristo ed è quella Cattolica»



«La convinzione della necessità di diventare cattolici è cresciuta lentamente, la decisione di compiere questo passo è arrivata piuttosto alla fine». A parlare è Ulf Ekman, il pastore pentecostale svedese che lo scorso marzo ha annunciato la sua conversione al cattolicesimo insieme alla moglie Brigitte. Una notizia dirompente perché Ekman, 64 anni, è stato – come ha detto di lui Stefan Gustavsson, segretario generale dell'Alleanza evangelica svedese – «il leader cristiano più dinamico e influente che abbiamo avuto in Svezia durante l'ultimo mezzo secolo». E una figura di grande prestigio in tutto il mondo pentecostale. La comunità che ha fondato, Livets Ord, o Word of Life in inglese, Parola di Vita, conta una scuola frequentata da un migliaio di alunni, diversi missionari attivi specialmente in Russia, Kazakistan e altre regioni ex sovietiche, nonché una Ong caritativa attiva in India. Ha dato vita alla più grande scuola di studi biblici dell’intera Penisola scandinava, i suoi libri sono tradotti in 60 lingue e i suoi sermoni televisivi hanno varcato i confini europei.

Passata la buriana mediatica, Ekman negli scorsi giorni ha scritto una testimonianza sulla sua vicenda per il settimanale britannico Catholic Herald, in cui si legge:

«…abbiamo incontrato anche persone con un approccio curioso, alquanto postmoderno alla questione [della conversione sua e della moglie ndr]. Erano pronti ad accettare che Dio potesse chiamarci alla Chiesa cattolica, di cui però non potevano accettare la dottrina. Un predicatore l’ha detto in questo modo: “Ok, siete diventati cattolici, ma non crederete certo a quello che credono loro, no?”. Parlavano come se veramente potessi scegliere tra quello che prendevo. Quando rispondevo che credevo in tutto ciò che la Chiesa cattolica crede e insegna, sembrava veramente strano a molti dei miei amici protestanti. Era difficile per loro capire che essere cattolici significa credere come cattolici.

Per noi la verità è stata l'elemento decisivo. Abbiamo sempre creduto nella Parola di Dio e che c’è una verità assoluta, rivelata da Dio. Via via abbiamo capito sempre meglio come c’è anche una Chiesa concreta, storica, fondata da Gesù Cristo e un tesoro, un deposito di fede oggettiva e viva. Questo ci ha attratto verso il cattolicesimo. Una volta arrivati a credere che la pienezza della verità è conservata e custodita nella Chiesa cattolica, non avevamo altra scelta che unirci pienamente a questa Chiesa.

Quando finalmente è giunto il tempo di essere ricevuti nella Chiesa ci siamo sentiti più che pronti, ansiosi di lasciare una terra di nessuno. E’ stato come diventare finalmente ciò che eravamo. Alla fine il desiderio di ricevere la grazia sacramentale è stato soddisfatto.

Abbiamo provato a spiegare ai nostri amici che non rigettiamo quello che Dio ci ha dato nel mondo evangelico e carismatico, ma che “evangelico non è abbastanza” [titolo del libro di un altro famoso convertito, Thomas Howard ndr]. Non è sbagliato nel suo amore per la Scrittura e per le verità fondamentali del Vangelo, nella sua forza di evangelizzazione. Tutto questo è importante, ma non è sufficiente. La vita carismatica, con la sua enfasi sulla forza e la guida dello Spirito Santo, è necessaria ed è un dono meraviglioso. Ma non può essere vissuta nella sua pienezza in un contesto scismatico e oltremodo individualista. Il capire questo ci ha aperto alla comprensione della necessità della Chiesa in tutta la sua pienezza, con la sua ricca vita sacramentale.

Non rinneghiamo il nostro trascorso e le ricche esperienze che abbiamo avuto lungo molti anni, come fondatori e guide della Parola di Vita. Siamo per sempre grati al Signore per quanto ha fatto. Ma siamo immensamente felici e grati per aver compreso che abbiamo veramente bisogno della Chiesa cattolica nella nostra vita e nel nostro servizio al Signore, che continuano.

Ora iniziamo un cammino in cui c’è molto da esplorare. Ora che non ci sono più le responsabilità, i doveri e gli obblighi di prima, possiamo, almeno per il momento, vivere a un ritmo che ci permette una vita più riflessiva. Siamo stati abituati a reggere il nostro ministero e la nostra Chiesa. Ora è la Chiesa ci solleva. I sacramenti sono diventati una realtà tangibile nella nostra vita e ci sostengono in modo concreto. Qualcosa – la grazia, ne sono certo – è presente come non lo è mai stato prima. Una fresca brezza sta soffiando nelle nostre vite. Non vediamo l’ora di esplorare e di identificarci pienamente con tutto ciò di cui ora siamo parte. È veramente emozionante vivere pienamente per Gesù Cristo, nella Chiesa cattolica».

http://www.iltimone.org/32061,News.html

15 agosto 2014

https://twitter.com/Pontifex_it


"Noi non possiamo tacere". preghiera per l'Iraq"

Oggi, per inizitiva della Conferenza episcopale italiana, in tutte le chiese si prega per i cristiani perseguitati in ogni parte del mondo, e in particolare per i fratelli e le sorelle dell'Iraq.




La giornata di preghiera che la Conferenza episcopale ha incoraggiato per il 15 agosto è un modo concreto di stare vicini ai cristiani perseguitati in ogni parte del mondo, ma in particolare per quelli che in questi giorni stanno subendo il martirio e vessazioni di ogni tipo in Iraq.
La presidenza della Cei ricorda la vicenda della Chiesa coreana, che il Papa sta visitando in questi giorni, e sottolinea che la sua «vicenda storica è stata attraversata da una grave persecuzione, durata quasi un secolo, nella quale circa 10.000 fedeli subirono il martirio: 103 di loro sono stati canonizzati nel 1984, in occasione del secondo centenario delle origini della comunità cattolica nel Paese. In questa luce si coglie la forza del tema che scandisce l’evento: “Giovani dell’Asia! Svegliatevi! La gloria dei martiri risplende su di voi: “Se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con Lui”».
Parole, scrivono i vescovi che dovrebbero scuotere anche l'Europa «distratta ed indifferente, cieca e muta davanti alle persecuzioni di cui oggi sono vittime centinaia di migliaia di cristiani. Se la mancanza di libertà religiosa – fondativa delle altre libertà umane – impoverisce vaste aree del mondo, un autentico Calvario accomuna i battezzati in Paesi come Iraq e Nigeria, dove sono marchiati per la loro fede e fatti oggetto di attacchi continui da parte di gruppi terroristici; scacciati dalle loro case ed esposti a minacce, vessazioni e violenze, conoscono l’umiliazione gratuita dell’emarginazione e dell’esilio fino all’uccisione. Le loro chiese sono profanate: antiche reliquie, come anche statue della Madonna e dei Santi, vengono distrutte da un integralismo che, in definitiva, nulla ha di autenticamente religioso».
La Cei ricorda che «in queste zone la presenza cristiana – la sua storia più che millenaria, la varietà delle sue tradizioni e la ricchezza della sua cultura – è in pericolo: rischia l’estinzione dagli stessi luoghi in cui è nata, a partire dalla Terra Santa».
Di fronte a tutto ciò - ed è lo slogan della Giornata di oggi - «noi non possiamo tacere. L’Occidente non può continuare a volgere lo sguardo altrove, illudendosi di poter ignorare una tragedia umanitaria che distrugge i valori che l’hanno forgiato e nella quale i cristiani pagano il pregiudizio che li confonde in modo indiscriminato con un preciso modello di sviluppo. A nostra volta, vogliamo che la preoccupazione per il futuro di tanti fratelli e sorelle si traduca in impegno ad informarci sul dramma che stanno vivendo, puntualmente denunciato dal Papa: “ci sono più cristiani perseguitati oggi che nei primi secoli”». 

http://www.famigliacristiana.it/articolo/noi-non-possiamo-tacere-preghiera-per-l-iraq.aspx


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Maria, Madre del Signore, è segno splendente sul cammino del popolo di Dio, figura di un’umanità nuova e fraterna. Chiediamo a lei, Regina della pace, di intercedere perché, nei paesi devastati da varie forme di conflitti e dove i cristiani sono perseguitati a causa della loro fede, la forza dello Spirito di Dio riporti alla ragione chi è irriducibile, faccia cadere le armi dalle mani dei violenti, e ridoni fiducia a chi è tentato di cedere allo sconforto.

Santa Maria, intercedi per noi! 

Per le nazioni dove da troppo tempo la vita è resa impossibile dai conflitti armati e dall’odio che li alimenta, perché il rifiuto della violenza e l’avvio di una coesistenza giusta e fraterna aprano a un futuro migliore.

Santa Maria, intercedi per noi! 

Per le vittime di ogni guerra, per i rifugiati, gli oppressi, e soprattutto per i cristiani perseguitati a causa della fede, perché sia riconosciuto il loro diritto alla libertà e onorata la dignità di ogni figlio di Dio.

Santa Maria, intercedi per noi! 

O Dio, Padre di tutti gli uomini, rinnova nel tuo Santo Spirito la faccia della terra e conduci questa tua umanità sulle vie della giustizia e della pace, perché possa giungere a godere un giorno con Maria della tua gloria senza fine. Per Cristo nostro Signore. Amen.

14 agosto 2014

Frati e preti cattolici squartati vivi

Stiamo parlando dei jihadisti dell'ISIS? no, dei protestanti inglesi

Se si chiede a uno studente medio italiano (“medio” non nel senso che frequenta la scuola media, ma nel senso della preparazione, della maturità e della capacità critica), anche di livello universitario, che cosa gli facciano venire in mente espressioni come Riforma e Controriforma, nove volte su dieci, crediamo, parlerà dei roghi dell’Inquisizione, dell’Indice dei libri proibiti, insomma delle varie manifestazioni di intolleranza dei cattolici nei confronti dei protestanti; mettendovi dentro forse anche, per buona misura, il processo a Galilei, sebbene non c’entri nulla con l’argomento suddetto.

Se poi si chiederà a quel medesimo studente che cosa sappia della vita civile e religiosa in Inghilterra
nel Cinquecento, e specialmente durante il regno della “grande” Elisabetta, nove volte su dieci egli parlerà in termini entusiastici della libertà inglese, della tolleranza inglese, del meraviglioso clima di rispetto per le opinioni altrui che caratterizzava quel fortunato Paese, mentre nel resto d’Europa, e specialmente nei Paesi rimasti cattolici, il boia, il carceriere e l’aguzzino addetto alla tortura, lavoravano senza posa per conculcare il sacrosanto diritto di ciascun essere umano a seguire la fede religiosa e le opinioni filosofiche che ritiene vere.

C’è, sì - è vero - il piccolo neo della persecuzione contro i puritani, da cui lo storico viaggio del «Mayflower»; ma insomma si tratta di cosa secondaria e, del resto, necessaria alla fondazione di un altro mito caratteristico della storiografia moderna: il fatto che lo spirito di libertà fosse nei cromosomi dei Padri Pellegrini e quindi, attraverso di essi, nei futuri Stati Uniti d’America - che, come tutti sanno, sono la più matura e compiuta democrazia del mondo.

Che i cattolici, nell’Inghilterra di Enrico VIII e di Elisabetta I, fossero sottoposti a persecuzioni estremamente crudeli; che, per aver governato per cinque anni in senso antiprotestante, la regina Maria Tudor sia stata chiamata dai suoi sudditi, e sia rimasta poi per sempre, “Maria la Sanguinaria”, mentre per aver mandato al patibolo i cattolici durante i quarantacinque anni del suo regno, Elisabetta è passata alla storia come “la grande”: tutto questo o non si sa, o non si dice, o non si dice perché non lo si vuol sapere; e vada per i libri di storia inglesi, dato che la storia, come è ovvio, viene scritta dai vincitori e non dai vinti.

Ma che questa informazione a senso unico, che questa visione partigiana siano assunte dai nostri professori e dai nostri studenti e, attraverso di loro, dall’intera opinione pubblica italiana, ciò lo si deve a un’altra ragione: alla piaggeria e al servilismo dei nostri studiosi accademici nei confronti della storiografia di marca protestante e anglosassone, per cui tutto ciò che è anticattolico e tutto ciò che è britannico (o americano) viene acriticamente recepito come buono e giusto e, soprattutto, come politicamente corretto.

Gli Inglesi, popolo di mercanti, hanno perfettamente appreso l’arte di vendere bene la propria merce, compresa quella particolare merce che è la propria immagine pubblica: e l’esportazione della loro cultura, del loro modo di vedere il mondo, del loro stile di vita, costituisce ancor oggi uno dei punti di forza del loro imperialismo commerciale e finanziario, che comprende la capacità di attrarre nei loro college milioni di giovani in costosissimi soggiorni di studio, nonché quello di rubare i migliori cervelli fra i neolaureati di mezzo mondo, per impiegarli nelle loro università, nei loro laboratori scientifici, nelle loro industrie.

I nostri libri di storia, e specialmente quelli scolastici, sono scritti da professori italiani che hanno totalmente introiettato la visione anglosassone (mentre quelli delle materie scientifiche sono scritti, in buona parte, direttamente da autori anglosassoni, come se non avessimo dei professori di fisica, di biologia o di scienze della Terra capaci di scrivere degnamente dei libri di testo) e che continuano a veicolare quella “leggenda nera” che gli Inglesi del tempo di Elisabetta diffusero nei confronti del cattolicesimo, della Spagna, dell’Italia, nel medesimo tempo in cui erano impegnatissimi a celebrare se stessi come araldi della libertà di pensiero.

Così, quella che era la propaganda di una parte in lotta durante i conflitti religiosi del Cinquecento, è diventata la verità storica definitiva, vidimata e approvata da tutti gli studiosi “seri” e non più sottoponibile al vaglio della critica; e questo da parte di noi Italiani, che siamo così inclini a criticare, demitizzare e perfino denigrare la nostra propria storia nazionale, da Scipione l’Africano a Cavour e Mazzini, suona decisamente come paradossale.

Ebbene: cominciamo allora col dire che la maggioranza del popolo inglese, dopo che Enrico VIII, per la fregola di impalmare la bella Anna Bolena (futura madre di Elisabetta), ebbe rotto con la Chiesa che gli negava l’annullamento del matrimonio con Caterina d’Aragona (madre di Maria) e proclamato l’Atto di Supremazia, nel 1534, rimase per non pochi anni fedele al cattolicesimo; che il terribile Re Barbablu, per mettere a tacere la voce critica del suo ministro Thomas More, uno dei maggiori umanisti dell’epoca, non seppe far di meglio che mandarlo al patibolo; e che tutta l’operazione regia del distacco da Roma fu motivata largamente dalla volontà di saccheggiare le immense proprietà della Chiesa cattolica (circa un quinto delle terre del Regno!), ciò che permise di sanare le finanze statali, estremamente dissestate.

Così fanno gli Inglesi quando si trovano alle prese con il LORO debito pubblico: confiscano le ricchezze di qualche soggetto politicamente scomodo; depredano qualche nazione straniera in nome del “white’s man burden” (ieri con l’India o il Sudafrica, oggi con l’Iraq o la Libia); oppure, come stanno facendo in questi giorni, stampano sterline a volontà, proprio come i loro cugini americani che stampano dollari a tutto andare, mentre i Paesi fessi come il nostro si sottopongono a manovre finanziarie massacranti per pagare onestamente il proprio debito, con una moneta, l’euro, che ormai è come un nodo scorsoio per chi l’adopera.

Dalla confisca delle immense ricchezze della Chiesa inglese nacque un nuovo ceto di proprietari che, essendo stati complici della monarchia nel perpetrare il crimine - e come altro lo si dovrebbe chiamare, visto che per i preti e i frati che “resistevano” c’era lo squartamento? -, erano ad essa legati materialmente e moralmente; non restava che un’ultima cosa da fare, demonizzare l’avversario sconfitto: e furono varate le leggi anticattoliche che imperversarono per secoli e che ridussero i cattolici, inevitabilmente sempre meno numerosi, al rango di sudditi di serie B (e non parliamo degli irlandesi i quali, oltre che cattolici, avevano pure il torto di essere dei “selvaggi”, un po’ come i Pellerossa d’America, agli occhi dei conquistatori e colonizzatori inglesi: contro di loro qualunque arma andava bene, qualunque crimine diventava lecito).

Insomma, se è vero che la storiografia deve caratterizzarsi per lo sforzo di equanimità e per la capacità di rimettere incessantemente in discussione le proprie “verità”, mai da considerarsi definitive e intoccabili, è altrettanto vero che non ci sono ragioni per cui, a quasi cinque secoli di distanza, in Italia si debba continuare a studiare la storia inglese con la lente deformante che la propaganda britannica e protestante dispiegò a suo tempo, a fini puramente polemici: anche se siamo, per molti versi, una provincia dell’Impero mondiale anglosassone, definito dal binomio dollaro-sterlina, potremmo anche prenderci il lusso di essere un po’ meno servili, almeno qualche volta.

Così Angela Loffredo ricorda le vicende dei regni di Enrico VIII, Edoardo VI, Maria I ed Elisabetta I Tudor, in uno dei pochi libri di testo scolastici in cui si ricorda l’aspetto meno noto della cosiddetta Riforma in Inghilterra, chiamandolo con il suo vero nome, ossia «la persecuzione dei cattolici in Inghilterra» (Albrigoni e altri, «Geostoria», La Nuova Itali, Firenze, 2001, volo. 2°, pp. 76-77):

«Quando Enrico VIII istituì la Chiesa anglicana, molti Inglesi rimasero fedeli alla fede cattolica. La convivenza tra le due religioni fu ancora più difficile che in Francia.Durante il beve regno della cattolica May Tudor (1553-58) i protestanti venero perseguitati così duramente che la regina venne chiamata “bloody Mary””Mary la sanguinaria”.

Nel 1558, salita al trono la sorellastra Elisabetta, la situazione cambiò e toccò ai cattolici subire feroci persecuzioni. La regina fece chiudere le chiese cattoliche, i “papisti” (così venivano definiti con disprezzo i cattolici) non potevano partecipare a funzioni religiose e ricevere i sacramenti; inoltre essi erano obbligati a educare i propri figli secondo le regole della Chiesa anglicana. Le case dei cattolici potevano essere perquisite dalla polizia in ogni momento e senza alcun preavviso, poiché essi erano considerati come traditori del regno al servizio di una potenza straniera, il Papato.

I preti e i frati erano stati banditi dalle isole britanniche: se uno di essi veniva scoperto in Inghilterra, veniva condannato a morte per squartamento.

Nonostante ciò, molti gesuiti sbarcarono clandestinamente in Inghilterra per mantenere viva la fede cattolica. Essi dovevano vivere in clandestinità, ma contemporaneamente dovevano visitare le varie comunità sparse nel paese. Perciò fu organizzata una rete segreta tra i cattolici inglesi per nascondere i gesuiti e gli altri preti: nelle case di campagna della nobiltà furono ricavati dei nascondigli molto ingegnosi (alcuni erano dotati di tubi di collegamento con le cucine per poter nutrire coloro che erano nascosti, altri avevano gallerie per fuggire nei boschi vicini). A capo di questa organizzazione vi erano le donne: a causa della loro dipendenza sociale dai mariti, le moglie e le madri cattoliche godevano di una certa immunità, perché non erano in grado di pagare le multe e difficilmente venivano imprigionate in quanto nel loro ruolo di mogli dovevano essere di aiuto ai mariti. Presso le famiglie di queste donne, i religiosi potevano nascondersi sotto false spoglie, ad esempio come insegnanti; spesso la salvezza dei clandestini dipendeva dalla prontezza di spirito e dal coraggio delle padrone di casa che non si tradivano durante le frequenti irruzioni della polizia. C’era quindi un’inversione di ruoli; nelle questioni religiose, i preti erano guide spirituali, ma per la loro incolumità fisica, spesso dipendevano interamente dalle donne.

Durante gli ultimi anni del Cinquecento, la situazione migliorò leggermente per i papisti: venne loro concesso di dichiarare apertamente la propria fede, anche molti membri del Parlamento si professavano cattolici. Tuttavia la libertà religiosa doveva essere pagata, poiché i cattolici, per poter continuare a esserlo, dovevano pagare una elevata tassa annuale. Molte famiglie dell’aristocrazia inglese dilapidarono i patrimoni per mantenersi fedeli al papa.

I cattolici erano solo la minoranza religiosa più numerosa, anche altri gruppi non anglicani erano perseguitati dal governo inglese. Ogni dissenso religioso, infatti, era interpretato come una ribellione contro il re, la tolleranza tra la popolazione non poté essere raggiunta in Inghilterra fino a che i sovrani non concessero le libertà fondamentali ai propri sudditi.»

Generalmente, quando si parla delle persecuzioni contro i cattolici, vengono in mente quelle avvenute in Giappone alla fine del XVI secolo, oppure quelle che si verificarono in Messico nei primi anni del Novecento, o quelle della Russia bolscevica; di fatto, molte persone ignorano la durezza e la lunga durata delle persecuzioni anticattoliche in Inghilterra e Irlanda, che produssero numerosi martiri;.

Così pure, molte persone non amano ricordare che il padre nobile del liberalismo anglosassone, il filosofo John Locke, approvava pienamente la discriminazione nei confronti dei cattolici, anzi la loro persecuzione attiva, e ciò proprio mentre componeva quel suo «Trattato sulla tolleranza» che molti suoi improvvidi ammiratori continuano a magnificare come la moderna Bibbia del pensiero pluralista e della libertà di coscienza (cfr. il nostro articolo «Locke auspica libertà religiosa per tutti, ma invoca la persecuzione di cattolici islamici e atei», apparso sul sito di Arianna Editrice in data 10/02/2011).

Anche questi sono segni del conformismo culturale, dell’appiattimento delle coscienze, della smemoratezza storica e della distorsione del vero, tipici di questa nostra epoca così “illuminata”, “democratica” e “progressista”. Provare per credere: se si cerca, su Internet, qualche immagine delle persecuzioni anticattoliche in Inghilterra, non viene fuori praticamente nulla; in compenso, abbondano le immagini dell’Inquisizione intenta a torturare, a bruciare, a squartare i protestanti...

http://ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=42018

12 agosto 2014

Questione di vita o di morte. Raccolta fondi per i fratelli cristiani perseguitati in Iraq. Bastano cinque euro

Il sito Asianews ha lanciato una raccolta fondi per i cristiani perseguitati in Iraq dallo Stato islamico. Louis Sako, i fedeli fuggono verso il Kurdistan: «Un esodo, una vera Via Crucis, con i cristiani costretti a marciare a piedi nella torrida estate irachena…. Fra loro vi sono anche malati, anziani, bambini e donne incinte. Hanno bisogno di cibo, acqua e riparo…».
La situazione, come vi abbiamo raccontato tante volte, è tragica. Come ha spiegato il patriarca di Baghdad,
AsiaNews informa che «per dare da mangiare a un cristiano di Mosul per un mese occorrono 160 euro; per una settimana ne bastano 40; per un giorno, soltanto 5 euro». I soldi raccolti saranno inviati al Patriarcato di Baghdad, che provvederà a distribuirli secondo i bisogni di ogni famiglia.

Il 10 agosto, sempre su Asianews, è stata pubblicata una lettera dello stesso Sako, che qui riportiamo:

«La morte e la malattia si accaniscono sui bambini e sugli anziani tra le migliaia di famiglie di rifugiati sparpagliate nella regione curda, le quali hanno perso tutto a causa dei recenti, tragici sviluppi; le milizie dell’Isis continuano la loro avanzata e gli aiuti umanitari sono insufficienti.

Vi sono almeno 70mila sfollati cristiani ad Ankawa, assieme a membri di altre minoranze religiose di questa città che ha una popolazione cristiana locale di oltre 25mila cristiani. Le famiglie che hanno trovato accoglienza nelle chiese o nelle scuole sono in condizioni soddisfacenti, mente quanti dormono tuttora per le strade o nei parchi pubblici sono in una situazione deplorevole.

A Dohuk, il numero dei rifugiati cristiani ha superato i 60mila e la loro situazione è persino peggiore di quella di Erbil. Vi sono inoltre famiglie che hanno trovato riparo a Kirkuk e Sulaymaniyah, così come alcuni sono riusciti ad arrivare anche fino alla capitale, Baghdad.

Nel frattempo, cresce in maniera esponenziale il fabbisogno di beni di prima necessità: alloggio, cibo, acqua, medicine e fondi; la mancanza di un coordinamento internazionale sta rallentando e limitando la realizzazione di una effettiva assistenza a quelle migliaia di persone che attendono un sostegno immediato. Le Chiese, per quanto è nelle loro possibilità, stanno mettendo a disposizione tutto ciò che hanno.

Ricapitolando la situazione dei villaggi cristiani attorno a Mosul e fino ai confini della regione curda: le chiese sono state svuotate e profanate; cinque vescovi sono al di fuori delle rispettive diocesi, i sacerdoti e le suore hanno abbandonato istituti e missioni, lasciandosi ogni cosa alle spalle, le famiglie sono fuggite con i loro bambini, e lasciandosi tutto il resto dietro di sé! Il livello del disastro è estremo.

La posizione del presidente statunitense Barack Obama di fornire solo assistenza militare per proteggere Erbil è deludente. E le continue voci di divisioni dell’Iraq rappresentano una ulteriore fonte di minaccia. Gli americani non sembrano voler garantire una soluzione rapida, che sia fonte di speranza, perché non intendono attaccare l’ISIS a Mosul e nella piana di Ninive. La conferma che questa situazione terribile è destinata a continuare fino a che le forze di sicurezza irakene non combatteranno a fianco dei Peshmerga (curdi) contro le milizie ISIS è deprimente. Il presidente della regione autonoma del Kurdistan ha affermato che le truppe curde stanno combattendo contro uno Stato terrorista e non contro gruppi minoritari! Mentre il Paese è sotto il fuoco incrociato, i politici a Baghdad continuano a combattere per il potere.

Alla fine, pare probabile che Mosul non verrà liberata e nemmeno i villaggi della piana di Ninive. Non vi è alcuna strategia concreta per inaridire le fonti di potere le risorse di questi terroristi islamici. Essi controllano la città petrolifera di Zimar e i giacimenti petroliferi di Ain Zalah e Batma, assieme a quelli di Al-Raqqa e Deir ez-Zor in Siria. I combattenti estremisti islamici si stanno unendo a loro da tutte le parti del mondo.

La scelta delle famiglie di rifugiati:

Migrare: dove dovrebbero andare e con quali soldi e documenti?
Restare: nelle tendopoli e nei campi di rifugiati, in attesa che finisca l’estate e arrivi l’inverno? Saranno forse riaperte le scuole e potranno i bambini frequentare le scuole elementari, e i più grandi le superiori o l’università? Saranno accolti con favore nelle scuole di Erbil, Duhok e Sulaymaniyah? Qual è il futuro delle proprietà e dei beni di appartenenza, unitamente ai lavori di un tempo, per queste migliaia di persone innocenti costrette a fuggire nella notte dai loro amati villaggi?

Vi sono domande che dovrebbero infliggere dolori terribili alle coscienze di ciascuna persona o istituzione, perché si faccia davvero qualcosa per salvare queste persone, la cui storia è radicata in questa terra fin dalle origini.
Baghdad, 10 agosto 2014

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11 agosto 2014

Signore, vogliamo pregarti oggi per tutti i sacerdoti del mondo.

Ti preghiamo per questi nostri fratelli che dedicano la loro vita a costruire comunità.

E mentre preghiamo per i sacerdoti,
pensiamo a tutti quelli che abbiamo conosciuto:
a volte sacerdoti staccati dalla gente comune,
a volte uomini pieni di comprensione e di umanità,
altre volte sacerdoti inchiodati dalle loro incoerenze più o meno evidenti...

Molte volte i preti che abbiamo avuto accanto
li abbiamo giudicati, criticati, contestati, isolati…
Poche volte abbiamo ricordato che il prete è solo un nostro fratello,
limitato e fragile, che dedica la sua vita ad annunciare il Vangelo,
cercando con tanta fatica di vivere le cose che dice.

Ti chiediamo, Signore, di aiutarci a voler bene ai nostri sacerdoti.
Aiutaci a cercare il bene insieme. Facci capire che prima di abbandonarli,
pensiamo che, anche loro, come tutti noi, hanno bisogno di un sorriso e di un amico.

Signore Gesù,
tu cerchi sempre dei "pazzi", dei "folli" d'amore disposti a seguirti.
Manda ancora nelle nostre comunità sacerdoti pieni di gioia,
capaci di stravolgerci il cuore con la tua grazia.
Amen.


Un' esempio delle varie falsificazioni che si trovano in rete

in questo caso proviene dal un più volte, da cattolici condiviso, quotidiano online nostrano

Questa la falsa notizia:

Iraq, Sbai: ISIS sta vendendo al mercato di Mosul le donne cristiane rapite

7 agosto – “In questo momento le donne, della minoranza Yazidi e cristiane, rapite dai miliziani dell’ISIS sono ‘in vendita’ al mercato di Mosul dopo essere state ‘smistate’ nel campo di prigionia di Sinjar, città Yazidi che nel frattempo è stata conquistata”. Lo rende noto Souad Sbai, giornalista e scrittrice. 
“Le foto che ritraggono le donne rapite velate integralmente, incatenate e minacciate da integralisti armati di spada, dovrebbero far riflettere il mondo intero su quale catastrofe è in corso nel quadrante mediorientale. Ma attorno alla loro triste sorte vedo solo un silenzio vergognoso da parte dei paladini dei diritti umani che spesso, anche con le bombe, hanno tentato di insegnarci cosa fosse la democrazia, creando solo disastri geopolitici e catastrofi umanitarie di cui oggi paghiamo le conseguenze”. adnkronos


http://www.imolaoggi.it/2014/08/07/iraq-sbai-isis-sta-vendendo-le-donne-cristiane-rapite-al-mercato-di-mosul/


Chi si vede nelle immagini non sono affatto donne cristiane o di una qualche minoranza messa in vendita, quelle donne stanno stanno facendo la rievocazione della "Battaglia di Kerbala" avvenuta un bel po di secoli fa

http://townhall.com/tags/religion/photos/page/263

DI ORRORI CE NE SONO ABBASTANZA PER AGGIUNGERCI ANCHE QUELLI INVENTATI