13 settembre 2014

Ma la Madonna appare a un'ora stabilita?

Negli ultimi tempi le apparizioni della Madonna si moltiplicano. Come comportarsi? Come vuole Dio che ci comportiamo di fronte a questi fenomeni?

La riflessione del vescovo Luciano Monari

Brescia.  Da un avviso parrocchiale: “Domenica alle ore 16.30 recita del Santo Rosario; seguirà la celebrazione della Messa. Alle ore 18.40 la veggente avrà l’apparizione della Madonna…”. Mi viene un sussulto: come? si può programmare anche giorno e ora dell’apparizione della Madonna? Immagino la Madonna che, assunta in cielo in corpo e anima, viene nella parrocchia x, nel momento in cui la veggente la invoca e mi sento un poco a disagio. Negli ultimi tempi le ‘apparizioni’ della Madonna si moltiplicano, tanto che si ha l’impressione di una strategia di rivelazione universale. Ai luoghi tradizionali (Lourdes, Fatima, La Salette…) se ne aggiungono molti nuovi, tanto che i vescovi fanno fatica a seguire tutto, a valutare la veridicità delle esperienze, a suggerire o scoraggiare l’afflusso dei pellegrini nell’uno o nell’altro luogo.

Incoraggiare potrebbe essere un invito alla superstizione, al gusto dello straordinario; scoraggiare potrebbe essere una mortificazione dello spirito religioso. Come comportarsi? Come vuole Dio che ci comportiamo di fronte a questi fenomeni? Si ricorre al criterio evangelico dei frutti: se i frutti sono buoni, vuol dire che è buono l’albero, e viceversa. Ma anche questo non è un criterio sicurissimo: bisognerebbe che i frutti fossero tutti di un tipo – o tutti buoni o tutti cattivi. E purtroppo, di solito, i frutti si trovano mescolati; ci sono molti che si convertono e ritrovano la fede, la voglia di pregare: frutti buoni; ci sono anche manifestazioni di fanatismo o interessi economici ambigui: frutti acerbi.

Partiamo da una domanda semplice: dove si trova il Signore Gesù risorto? E dove si trova sua madre, risorta dopo di Lui e a motivo di Lui? Naturalmente non si trovano in un luogo particolare del mondo; in questo caso, sarebbe definibile il loro ‘luogo’ con delle coordinate cartesiane. Non è così: il luogo del Signore risorto, quello che sarà il luogo di tutti i risorti con Lui è semplicemente Dio. Gesù risorto vive in Dio; Maria assunta vive in Dio; noi risorgeremo in Dio. Naturalmente, né io né chiunque altro può spiegare come sia fatto questo misterioso ‘luogo’ che è Dio stesso o come si possa ‘abitare’ in questo luogo; non possiamo perché non conosciamo Dio se non in modo parziale, attraverso l’analogia. Vengono in memoria le parole decisive del Concilio Lateranense IV secondo il quale il vero Dio è “immenso, onnipotente, immutabile, incomprensibile e ineffabile” e, di conseguenza, “tra il creatore e le creature non si può osservare una qualche somiglianza che non si debba osservare tra loro una dissomiglianza più grande".

Quando diciamo di Maria che ‘appare’ a qualcuno in un luogo e in un tempo particolare vogliamo dire in quel luogo e in quel tempo una persona (o un gruppo di persone) ha vissuto un’esperienza singolare e intensa della presenza di Maria; che ha ‘visto’ una forma umana riconoscibile come quella di Maria e udito parole umane la cui origine viene attribuita a Maria. Il fatto che altre persone, presenti nello stesso luogo e tempo, non facciano la medesima esperienza (non vedano la stessa forma e non sentano le stesse parole) significa che la percezione di Maria non è una percezione naturale (che ha origine cioè dai sensi e dal loro funzionamento usuale), ma, eventualmente, un dono speciale concesso a qualcuno per un motivo particolare di Dio. La forma, la natura, le caratteristiche di questa esperienza dipendono dal dono di Dio (che è libero) e dipendono dalla capacità ricettiva della persona stessa (che è comunque limitata). Posto questo, posso rivedere le immagini che mi erano venute in testa leggendo: alle ore 18,40 (colpisce la precisione!) apparirà la Madonna. Questo non vuol dire che la Madonna accorrerà in quel momento nella parrocchia di x lasciando il paradiso di Dio; e nemmeno che chi sfortunatamente in quel momento si trovasse lontano dalla parrocchia di x dovrebbe necessariamente rinunciare a incontrare la presenza di Maria perché Maria è ‘altrove’. Vuol dire invece che la veggente, che vive una devozione mariana particolarmente intensa e ha avuto doni di preghiera particolarmente vivaci, si porrà in quel momento in un atteggiamento di preghiera, nel contesto di una comunità che pregherà con lei; che questa preghiera potrà renderla ‘recettiva’ nei confronti della presenza soprannaturale di Maria (una presenza che, in qualche modo, c’è sempre quando un cristiano prega, ma che qualcuno, in un momento particolare, per grazia, può percepire con maggiore intensità e chiarezza); che addirittura, se Dio vorrà, in questa esperienza potrà accogliere un invito a un cammino di purificazione e di santificazione; che questa esperienza intensa potrà sollecitare altre persone presenti a fare anch’esse, nella preghiera, esperienza della vicinanza di Maria e, attraverso questa esperienza, esperienza dell’amore (anche) ‘materno’ di Dio stesso… Per questo assume grande rilevanza il giudizio sulla maturità, la fede, la sincerità, l’umiltà, il disinteresse dei ‘veggenti’.

In ogni modo vale anche per questa esperienza un principio della filosofia scolastica, secondo cui: “quicquid recipitur, ad modum recipientis recipitur”, e cioè: tutto ciò che viene ricevuto, viene ricevuto secondo la capacità e il modo di ricevere di colui che lo riceve. Il professore dice le medesime parole a una scolaresca intera, ma ciascuno degli ascoltatori riceverà i messaggi dell’insegnante secondo la sua capacità di ricevere (di capire, comprendere, afferrare). La ‘veggente’ parla e descrive la sua esperienza religiosa, sembra avere qualità buone di ‘ricezione’, altre persone sono portate ad aver fiducia in lei e accolgono come vere le sue parole, sono attirate a pregare a loro volta; ma, come per tutti, anche la ricezione della ‘veggente’ non è completa e perfetta e la sua esperienza non può diventare una regola che definisce l’esperienza religiosa degli altri. Ci potranno essere reazioni diverse: per alcuni pregare insieme alla veggente (o dove ha pregato la veggente) significherà fare un’esperienza particolarmente intensa, sentire un invito urgente alla fede, a una vita nuova e migliore; per altri quella esperienza rimarrà una semplice (che non significa banale!) esperienza di preghiera mariana. Bisogna però diventare attenti ai rischi che sono presenti in ogni esperienza religiosa di questo tipo: il primo è che la fede cristiana venga ridotta ai fenomeni straordinari mentre la vera misura della fede è l’obbedienza a Dio (“fare la volontà di Dio”) nel quotidiano; il secondo è che il gusto del miracoloso allontani dalla fatica di vivere la durezza del mondo per gustare la dolcezza dei mondi immaginari; il terzo è che nella figura di Maria vengano sottolineati elementi secondari e ci si allontani dall’essenziale: il suo ascolto della Parola di Dio, la sua fede obbediente, la sua maternità divina, la sua esemplarità nei confronti del mistero della Chiesa.

In concreto: se qualcuno trova in queste esperienze un arricchimento della fede, se ne serva con semplicità. Ma stia bene attento a verificare in se stesso gli effetti reali: sappia distinguere una reale crescita di maturità spirituale da un’emozione spirituale ambigua. È sempre possibile vivere processi di regressione nei quali diminuisce il senso di responsabilità delle proprie azioni: andare dietro a illusioni non è senza conseguenze negative sulla propria vita. Per un cristiano il criterio vero è Gesù Cristo: questa esperienza ti porta a conoscere meglio e ad amare di più Gesù Cristo? Ti spinge a una vita più evangelica, cioè più ricca di fede in Dio, di amore verso gli altri, di dominio di te stesso, di servizio umile…? O in questa esperienza sei portato a dimenticare Gesù Cristo, ad abbandonare la Messa, a considerare superflua la Chiesa? Cerchi forse una via di fuga facile dalla realtà troppo pesante? Se vuoi essere all’altezza della tua dignità di persona umana, devi porti questi interrogativi e devi rispondere con verità. Al contrario, se qualcuno non sente bisogno di queste esperienze o non trova in esse un nutrimento vero dalla sua vita spirituale, rimanga tranquillo; non si faccia scrupoli come se stesse rifiutando una grazia, ma non diventi nemmeno accusatore impietoso della fede (considerata infantile) degli altri.

Una cautela particolare debbono avere, però, i preti. Il motivo è che un prete appartiene strutturalmente a un presbiterio e quindi coinvolge il presbiterio intero nella sua predicazione e nel suo ministero pastorale. I fedeli hanno il diritto di ricevere dai preti un insegnamento e una prassi sacramentale che li inserisca correttamente e in pienezza nel mistero della Chiesa, niente di meno (quindi un prete non può ‘facilitare’ l’appartenenza alla Chiesa esonerando da comportamenti necessari) e niente di più (quindi un prete non può esigere niente di più di quanto esige la Chiesa). Per questo un prete deve stare attento che i suoi comportamenti non si configurino (e non possano essere interpretati) come un’approvazione indebita di fenomeni sui quali la Chiesa non ha ancora dato un giudizio; si renderebbe responsabile delle illusioni e delle conseguenti deformazioni spirituali delle persone.

Ho steso queste riflessioni senza riferirmi a casi particolari. Ho parlato quindi di ‘apparizioni’ in genere, prescindendo dai ‘messaggi’ che a volte sono legati a questi fenomeni. Sui messaggi bisognerebbe aggiungere altre riflessioni: che debbono essere uno stimolo a un’autentica vita di fede, di speranza e di carità; che debbono essere conformi con l’insegnamento del vangelo, con la fede della Chiesa, con la morale cristiana; se un messaggio si oppone alla fede (al Credo), il messaggio certo non viene da Dio. Soprattutto bisogna essere cauti quando si tratta di ‘profezie’ che anticiperebbero eventi (generalmente paurosi) del futuro. Nella maggior parte dei casi queste profezie sono fughe da un presente difficile da capire e da vivere, nascono da un risentimento inconsapevole nei confronti del mondo e della storia, distraggono le persone dalla responsabilità di vivere qui, oggi la volontà di Dio. Ma su tutto questo il giudizio ultimo appartiene al Papa e al collegio dei vescovi insieme con lui. A me e al presbiterio insieme con me il Signore chiede di vegliare perché il cammino dei credenti sia indirizzato correttamente verso una crescita di fede e non devii invece verso un desiderio non sano di cose straordinarie. I segni sono certamente preziosi, ma, in sé rimangono insufficienti (cf. Mt 7,22-23) e possono anche essere ambigui (cf. Mc 13,22); la fede nel Signore Gesù morto e risorto, l’amore verso il prossimo sono invece pienezza di bene e fondamento sicuro di speranza. A questo ci conducono la Parola di Dio e l’eucaristia che debbono essere la traccia centrale del nostro impegno di tutti i giorni.

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