19 febbraio 2016

Perché per noi cattolici il giorno di festa è la Domenica?

Il martire san Giustino (100-165 d.C.) scrive nella sua appassionata difesa della fede cristiana: «nel giorno chiamato “del Sole” ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne, e si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei Profeti, finché il tempo consente. … Ci raccogliamo tutti insieme nel giorno del Sole, poiché questo è il primo giorno nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia, creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, il nostro Salvatore, risuscitò dai morti. Infatti Lo crocifissero la vigilia del giorno di Saturno, ed il giorno dopo quello di Saturno, che è il giorno del Sole, apparve ai suoi Apostoli e discepoli» (Apologia I, 67, 3.7).
Giustino si occupa esattamente del giorno in questione. In effetti, come scrive un lettore, il sabato è un giorno sacro per il mondo dell’ebraismo. Anche alcune denominazioni cristiane come i Battisti del Settimo Giorno, la Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno, gli Avventisti del Settimo Giorno del Movimento di Riforma, la Vera Chiesa di Gesù, osservano il riposo dalla sera del venerdì a quella del sabato.
Entriamo più da vicino in questo mondo. L’origine del comando che troveremo nel «decalogo» risiede nell’atto della creazione divina: «Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando» (Genesi 2,2-3).
Ne parla anche uno dei più importanti (e purtroppo quasi sconosciuto) libri del Nuovo Testamento, la Lettera agli Ebrei: «Si dice infatti in un passo della Scrittura a proposito del settimo giorno: E nel settimo giorno Dio si riposò da tutte le sue opere» (Ebrei 4,4). Questo avvenimento, che segnala come Dio prende la distanza anche dalla stessa creazione, opera delle sue mani, è alla base della prescrizione che troviamo nel libro dell’Esodo, prima, e del Deuteronomio poi: «in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato (Esodo 20,11); «Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo asino, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te, perché il tuo schiavo e la tua schiava si riposino come te. Ricòrdati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto e che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore, tuo Dio, ti ordina di osservare il giorno del sabato» (Deuteronomio 5,13-15).
Dal termine stesso che in ebraico indica il cessare (da ogni lavoro) è derivata la parola «sabato». In altre lingue si chiama il «giorno di Saturno», (inglese Saturday), dal nome della divinità latina dell’abbondanza. Il riposo, ancora nell’Esodo, ha a che fare con la festa di Pasqua: «Per sette giorni voi mangerete azzimi. Fin dal primo giorno farete sparire il lievito dalle vostre case, perché chiunque mangerà del lievitato dal giorno primo al giorno settimo, quella persona sarà eliminata da Israele» (Esodo 12,15). O ancora: «Per sette giorni mangerai azzimi. Nel settimo giorno vi sarà una festa in onore del Signore. Nei sette giorni si mangeranno azzimi e non compaia presso di te niente di lievitato; non ci sia presso di te lievito entro tutti i tuoi confini» (Esodo 13,6). La stessa manna viene raccolta tutti i giorni della settimana, ma non il giorno settimo: «Disse Mosè: “Mangiatelo oggi, perché è sabato in onore del Signore: oggi non ne troverete nella campagna. Sei giorni lo raccoglierete, ma il settimo giorno è sabato: non ve ne sarà”». Così, scrive ancora l’Esodo: «Nel settimo giorno alcuni del popolo uscirono per raccoglierne, ma non ne trovarono» (Esodo 16,25-27).
Quanto alla Domenica, che Giustino chiama, come i suoi contemporanei, il «giorno del Sole» (come anche in alcune lingue moderne: Sunday, Sonntag) ha assunto per tutti i cristiani (e quindi non solo i cattolici!) occidentali e orientali un ruolo analogo al sabato, e tuttavia derivato dal fatto, che quel giorno - dice ancora san Giustino - è «il primo giorno nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia, creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, il nostro Salvatore, risuscitò dai morti» (Luca 1,59).
Il legame con il sabato è segnalato dai Vangeli nei racconti della risurrezione del Signore. Marco, ad esempio, scrive: «Passato il sabato» (16,1); Luca che era «il primo giorno dopo il sabato» (24,1). Giovanni dice chiaramente: «Nel giorno dopo il sabato». Ma soprattutto Matteo, specifica: «Passato il sabato, all’alba del primo giorno della settimana (lett. «dei sabati»)» (28,1). Il suo significato è rafforzato dal fatto che in quel giorno Gesù si manifesta ai discepoli «La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato» (Giovanni 20,19), e poi,ancora, «otto giorni dopo» (Giovanni 20,26).
Questo giorno, come scrive un lettore, ha soprattutto un altro nome, ed è quello per cui nella nostra lingua, lo chiamiamo «Domenica», dal latino dominica dies, ossia «giorno del Signore». E nell’ultimo libro delle Scritture parla proprio così Giovanni: «Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell’isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù. Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba» (Apocalisse 1, 9-10). A questo punto è chiaro che non si tratta più della questione del riposo, in doveroso rispetto della creazione e del suo divino Artefice, ma dell’accogliere il dono della risurrezione, che diventa a tutti gli effetti la nuova creazione, come scrive ancora l’Apocalisse: «vidi un cielo nuovo e una terra nuova» (21,1).
don Stefano Tarocchi, preside della Facoltà teologica dell’Italia centrale