17 luglio 2014

HIC EST PETRUS. venti secoli di testimonianze

Dove morì San Pietro? le testimonianze storiche non hanno mai lasciato dubbi.



Pietro infatti è tra le vittime delle feroci persecuzioni volute da Nerone nell'anno 64. L'imperatore, incendiata la città, ne aveva scaricata la colpa sui cristiani per sentirsi legittimato alla vendetta. Così negli «horti» vaticani, il luogo dei grandi spettacoli pubblici, vennero organizzate le crocifissioni: è facile immaginare che sotto i chiodi degli aguzzini finisce anche Pietro, il primo degli apostoli. È Tacito, all'inizio del II secolo, a tramandare nei suoi «Annales» con precisione luogo e circostanze della strage. Ma già prima di lui un Pontefice, papa Clemente romano, aveva raccontato nel suo «Epistolae ad Corinthios» delle medesime persecuzioni neroniane, attestando che i cristiani si raccolsero, per prepararsi ad affrontare, il martirio, intorno a Pietro e a Paolo.

Dopo Clemente e Tacito arriva anche la testimonianza di Eusebio, autore di una «Historia ecclesiatica». Lo storico riporta integralmente le parole di un fedele romano vissuto tra il 199 e il 217. Gaio, questa il nome del cristiano, conferma l'esistenza nella capitale dell'impero di «trofei», cioè di «tombe gloriose». Gaio si riferiva a quelle dell'apostolo Pietro in Vaticano e di Paolo sull'Ostiense.

Anche San Girolamo nel 392, riferisce che Pietro fu sepolto sulla via Aurelia, presso il luogo dove era stato crocifisso cioè in Vaticano. Il senatore Marcello, sempre nel IV secolo, ricorda come sul luogo della sepoltura di Pietro avvenissero le Naumachie, cioè le battaglie navali volute da Nerone. Sulla scorta di tante testimonianze tramandate, l'imperatore Costantino ordinò la costruzione della prima Basilica in onore di San Pietro su questo luogo. La basilica incorporava la primitiva e veneratissima tomba dell'apostolo.

Dopo di allora si susseguirono numerosissimi interventi, ad opera di vari Papi: cominciò Gregorio Magno, intorno all'anno 600, a costruire un altare sopra quello primitivo fatto erigere dall'imperatore. Nel 1123 l'intervento di Gregorio Magno fu inglobato, in un sistema che ricordava quello delle scatole cinesi, dal nuovo altare di Callisto II. Infine, nel 1594 arrivò Clemente VIII a costruire l'altare attualmente ancora in funzione.

Tutte queste stratificazioni vennero alla luce sin dai primi scavi ordinati da Pio XII e trascinatisi per nove anni, tra 1940 e il 1949. Oltre al riconoscimento del luogo della sepoltura dell'apostolo, in quelle circostanze vennero trovate, in un loculo nei pressi della tomba, una gran quantità di ossa che gli archeologi non riuscirono a scorgere perché si confusero con lo strato di detriti caduti durante gli scavi. A scorgerle fu monsignor Ludwig Kaas, il segretario della Fabbrica di San Pietro, che non immaginandone l'appartenenza le depose in una cassetta di legno sopra la quale fu scritto un biglietto che ne indicava la provenienza, e le conservò in un ripostiglio delle Grotte Vaticane.

Solo nel '53, Margherita Guarducci, informata circa la provenienza di quelle ossa, suggerisce di procedere ad esami scientifici accurati. I risultati chiarirono che lo scheletro era appartenuto ad un uomo tra i 60 e i 70 anni, di corporatura robusta, vissuto circa duemila anni prima. Altre indagini in vari campi di studio danno la possibilità di riconoscere, nel 1963, che quelle ossa sono proprio le reliquie del Santo. Secoli di polemiche anti-cattoliche in quella scoperta archeologica trovavano la migliore smentita.

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