5 giugno 2013

Nati ieri: i primi cento anni della babele dello spirito

Ufficialmente, il fenomeno sale alla ribalta a Los Angeles nel 1906, dove in una chiesa afroamericana, guidata dal predicatore William J. Seymour, avvengono "manifestazioni pentecostali" di vario genere (estasi, guarigioni e "glossolalia"). Da allora questo nuovo "risveglio" si è affermato in tutto il mondo – un quarto dei cristiani del pianeta fa riferimento alla galassia pentecostale – e può ben dirsi il "caso religioso" del secolo. Con tutti i rischi e i motivi di riflessione che comporta.


Citano la Bibbia a memoria, credono nel battesimo dello Spirito Santo, parlano in lingue: sono i pentecostali, una corrente evangelica nata solo cento anni fa ma che oggi arriva a contare quasi mezzo miliardo di credenti, all’incirca un quarto della cristianità.

Il loro passo biblico fondamentale è nel libro degli Atti, dove si racconta che mentre i primi apostoli erano riuniti, all’improvviso «si sentì un rumore dal cielo, come quando tira un forte vento, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Allora», prosegue il racconto, «videro qualcosa di simile a lingue di fuoco che si separavano e si posavano sopra ciascuno di loro. Tutti furono riempiti di Spirito Santo e si misero a parlare in altre lingue, come lo Spirito Santo concedeva loro di esprimersi».

Pentecostali alle Fiji.
Pentecostali alle Fiji (foto AP/R. Griffith)
Il movimento salì alla ribalta delle cronache cento anni fa, a Los Angeles in una chiesa afroamericana dei quartieri poveri della città: in quella comunità, guidata da un giovane predicatore nero che si chiamava William J. Seymour, si registrarono ripetute "manifestazioni pentecostali" che, in breve, finirono sulle prime pagine dei giornali: «I devoti di questa strana dottrina», annotava il Los Angeles Times del 18 aprile del 1906, in un articolo intitolatoUna magica Babele di lingue, «praticano il più fanatico dei riti, predicano le teorie più selvagge e essi stessi vivono in uno stato di folle eccitamento». In realtà analoghe forme di spiritualità si erano già espresse in Kansas, a Topeka, nel 1900, dove il predicatore Charles F. Parham aveva predicato il «battesimo dello Spirito»; correnti pentecostali, d’altra parte, si registravano anche all’interno delle grandi Chiese storiche del protestantesimo nordamericano. Soprattutto nell’ambito delle Chiese metodiste – nate sull’onda della predicazione di John Wesley nella prima metà del ’700 – era sorto un «movimento spirituale», Holiness, che predicava la «santificazione» del credente attraverso un radicale processo di conversione a Cristo. La radicalità di questo impegno spirituale costituì una base importante per il «battesimo dello spirito» vissuto dai pentecostali negli anni successivi.
Nonostante questi precedenti, è nel 1906 che il movimento pentecostale acquista una grande visibilità: colpiscono i costanti richiami alla Chiesa delle origini, i fenomeni estatici che caratterizzano ogni riunione di culto, le guarigioni e, soprattutto, laglossolalia: è questa una particolare esperienza spirituale che consiste nell’emettere una serie di suoni o di parole che non corrispondono ad alcuna lingua conosciuta ma che tuttavia permettono al credente di esprimere la ricchezza dei doni spirituali ricevuti da Dio. In questo senso la glossolalia non è tanto un miracolo, quanto l’espressione di una speciale benedizione. Un dono, appunto.



Battesimo collettivo di fedeli pentecostali a Ilopango, El Salvador.
Battesimo collettivo di fedeli pentecostali a Ilopango,
El Salvador
 (foto AP/E. Romero)
Dalla periferia di Los Angeles, il movimento pentecostale si diffuse rapidamente in tutti gli Stati Uniti e ben presto arrivò anche in Europa, sfidando l’establishment religioso e secolari equilibri confessionali faticosamente raggiunti tra le grandi famiglie cristiane. Fu un’ascesa costante, al punto da proporsi come il più grande fenomeno di risveglio della storia del cristianesimo: secondo l’autorevole World Christian Encyclopedia, in trent’anni (dal 1970 al 2000) i pentecostali sono passati da 8 a 37,6 milioni in Europa; da 24,2, a 79,6, in Nord America; da 17 a 126 in Africa; da 10,1 a 134,9 in Asia; da 12,6 a 141,43 in America latina; da 0,24 a 4,26 in Oceania. In sintesi, se nel 1970 i pentecostali costituivano solo il 6,4% del totale della cristianità, attualmente sono circa il 25% e si calcola che nel 2025 supereranno il 32%.

Sin dalla loro origine i pentecostali denunciarono il fallimento delle Chiese storiche, più preoccupate di affermare la loro particolare tradizione piuttosto che di proclamare la fede; nella loro interpretazione più comune e condivisa della storia del cristianesimo, già nei primi secoli la Chiesa divenne un apparato di potere piuttosto che il corpo vivente di Cristo. Come scrive uno dei grandi protagonisti del pentecostalismo italiano, Francesco Toppi, «quando la fiamma della Chiesa dell’era apostolica si spense, non vi fu nessuno che piangesse. Come un fuoco si riduce in cenere, così le caratteristiche della Chiesa del Nuovo Testamento gradualmente diminuirono e scomparvero».

Fedeli della Chiesa di Gesù Cristo della Famiglia di Dio, a Città del Guatemala.
Fedeli della Chiesa di Gesù Cristo della Famiglia di Dio,
a Città del Guatemala
 (foto AP/C. Lopez)
Nella storiografia pentecostale la Riforma protestante del ’500 indicò la strada del ritorno alla vera Chiesa delle origini ma purtroppo – sono sempre parole di Francesco Toppi – anche molte Chiese evangeliche «si sono poi cristallizzate nella loro posizione dottrinale, senza evolversi ulteriormente verso il modello apostolico». I pentecostali presentano se stessi, quindi, come coloro che riaccendono il fuoco dello Spirito della prima Chiesa apostolica: cristiani «evangelici» perché strettamente ancorati alla lettera del messaggio evangelico e impegnati a predicare il ritorno alle dottrine, all’esperienza e alla pratica della Chiesa dell’età apostolica.

Il reverendo Charles Fox Parham - foto AP/Assemblies of God ArchivesSulla base di queste premesse, è ovvio che il rapporto tra il movimento pentecostale e le diverse Chiese cristiane sia complesso e difficile: nonostante negli ultimi anni si sia aperto qualche canale di dialogo con la Chiesa cattolica, i rapporti con Roma restano decisamente scarsi. È da segnalare, tuttavia, il rapporto di fraternità carismatica sorto tra alcune componenti del movimento pentecostale e le comunità di Rinnovamento dello Spirito nate in ambito cattolico.

Più articolate le relazioni con le Chiese della Riforma protestante; anche se a livello locale non sono rare occasioni di incontro e di dialogo, nessuna importante Chiesa pentecostale aderisce a organismi ecumenici come il Consiglio ecumenico delle Chiese o la Conferenza delle Chiese europee. È il segnale di una distanza non solo organizzativa: i pentecostali contestano alle Chiese storiche, oltre al loro carattere ormai istituzionalizzato e quindi distante dallo spirito apostolico della pentecoste, un rapporto troppo disincantato con il testo biblico e quindi un eccessivo liberalismo sulle questioni etiche.




Raduno di giovani pentecostali a Berlino.
Raduno di giovani pentecostali a Berlino 
(foto EPD-Bild/M. Jespersen)

Dal canto loro, le Chiese storiche criticano il fondamentalismo biblico che caratterizza l’esperienza pentecostale, e quindi un approccio rigido e letteralistico alle Scritture, ignorando il contesto nel quale furono redatte e gli strumenti critici e interpretativi di cui ora gli studiosi possono disporre. È una polemica vecchia di cento anni ma che, con qualche aggiustamento, si esprime ancora in questi termini. Probabilmente si ridurrebbe a una querelle tra addetti ai lavori se i numeri non fossero così alti e il movimento pentecostale non rischiasse di alterare gli equilibri religiosi di grandi aree del mondo, prima tra tutte l’America latina.

Nel tempo del "ritorno di Dio", i pentecostali sono tra coloro che raccolgono i maggiori dividendi di una nuova e più alta domanda religiosa. Come afferma il sociologo Harvey Cox, tra i massimi studiosi del fenomeno pentecostale, con esso «ci troviamo certamente in un periodo di rinnovata vitalità religiosa, un altro "grande risveglio" se vogliamo chiamarlo così, con tutte le promesse e i pericoli che i risvegli religiosi portano sempre con sé, questa volta su scala mondiale».



Il senatore repubblicano John Ashcroft, cristiano pentecostale, durante un raduno della Christian Coalition.
Il senatore repubblicano John Ashcroft, cristiano pentecostale,
durante un raduno della Christian Coalition (foto AP/W. Lee).



Promesse e pericoli. Tra questi ultimi vi è soprattutto il rischio di un rapporto troppo stretto con la politica: in Brasile, come nel Centroamerica e negli Usa molte Chiese pentecostali – non tutte, sarebbe sbagliato generalizzare – si sono associate a partiti conservatori che mostravano di condividere la loro piattaforma "morale" su temi etici e sociali. Sono così nati degli ibridi politico-religiosi che si sono espressi in vere e proprie formazioni parapolitiche come quella capeggiata da Edir Macedo, leader della Chiesa universale del Regno di Dio, una denominazione pentecostale brasiliana in grande ascesa, che già ora conta sei milioni di membri; o come le varie organizzazioni della destra religiosa nordamericana – dalla ormai dissolta Moral Majority allaChristian Coalition, daAmerican Values al Family Research Council– tutte compattamente schierate con la destra del partito repubblicano e tutte fortemente sostenute da cristiani "conservatori" in buona parte provenienti proprio dalle fila pentecostali.

Tra i molti elementi a favore della crescita del movimento pentecostale, questa diffusa tentazione politica verso la destra potrebbe costituire, oltre che un pericolo per l’autonomia spirituale del movimento, anche un limite alla sua espansione.

"Manifestazioni pentecostali" in una chiesa afroamericana di San Diego, California.
"Manifestazioni pentecostali" in una chiesa afroamericana di San Diego,
California (foto La Presse/Zuma/P. Peattle).


Ma quali sono i fattori di successo della proposta pentecostale? Per cercare di rispondere alla domanda si sono versati fiumi di inchiostro e ormai alcune risposte appaiono ampiamente condivise. In primo luogo il pentecostalismo è «portatile», nel senso che per dare vita a una comunità non occorrono grandi e pesanti strutture. Non servono né cattedrali e neanche chiese: può bastare una tenda, un cinema, un prato. Le chiese – intese come locali di culto dedicati – semmai arriveranno dopo, se e quando lo Spirito avrà soffiato. Non è un caso, probabilmente, che la massima crescita del movimento pentecostale si realizzi in zone economiche deprivate, prive di servizi e di grandi infrastrutture; d’altra parte, la «portabilità» del movimento gli consente di ricollocarsi agevolmente dove la gente si sposta e si aggrega.

Un secondo elemento è la trasmissibilità: l’invito dei pentecostali è alla fede in Cristo, è un invito semplice e diretto, senza troppi pesi dogmatici o teologici. In questo senso ogni pentecostale è un evangelizzatore, un testimone della novità di vita che ha sperimentato grazie ai doni dello Spirito. Il pentecostalismo è facilmente trasmissibile anche perché è accogliente: grazie ai canti, alla possibilità di partecipare alle preghiere, alle parole "in lingue" dei partecipanti al culto, entrando in una chiesa pentecostale si vive subito un’esperienza carismatica intensa e coinvolgente.



Fedeli di una chiesa pentecostale nigeriana accampati per una veglia notturna, a Lagos.
Fedeli di una chiesa pentecostale nigeriana accampati
per una veglia notturna, a Lagos (foto AP/G. Osodi).


Infine il congregazionalismo. Non esiste "una" Chiesa pentecostale, esistono "le" Chiese pentecostali, miriadi di comunità locali – congregazioni – che si autogestiscono e che hanno una concezione molto precisa della propria autonomia teologica e programmatica. Il che non vuol dire che non esistano "comunioni", "reti" o "federazioni" di Chiese pentecostali ma il legame che le vincola è assai più tenue di quello proprio di altre Chiese evangeliche, ad esempio della più stretta tradizione calvinista o luterana. Congregazionalismo significa anche un forte radicamento territoriale, un rapporto intenso con le domande e i bisogni della comunità locale.
Tutto vero. Ma forse c’è anche qualcos’altro, come la crisi dell’iniziativa delle Chiese storiche. Lo spiega bene il padre servita Clodovis Boff, parlando dell’America latina e, in particolare, del suo Brasile: «Quello che sappiamo proporre è quasi sempre solo il modello parrocchiale classico. Le nostre strutture sono troppo pesanti e accentrate per adattarsi alle nuove realtà, e sono anche troppo razionalizzate. Quello che ci manca è la mistica, la capacità di appello, di convocazione. Le nostre Chiese funzionano bene, ma siamo troppo preoccupati da questioni dottrinali, morali, amministrative. Ci manca la fiamma dello Spirito».

Paolo Naso



Il brasiliano Edir Macedo, fondatore della Chiesa universale del Regno di Dio.
Il brasiliano Edir Macedo, fondatore della Chiesa universale
del Regno di Dio (foto AP/S. Martins).



La "famiglia" pentecostale che è in Italia
Le prime missioni pentecostali giunsero in Italia già nel 1908. Si trattava di immigrati italiani che, rientrando dagli Stati Uniti, volevano diffondere le idee pentecostali nel Paese d’origine. Le prime comunità sorsero a Roma e a La Spezia, ma a breve seguirono Firenze, Milano. Di lì a poco, la crescita del movimento pentecostale sarebbe stata duramente contrastata dal regime fascista; nel 1935 la circolare Buffarini Guidi mise al bando il movimento pentecostale perché «si estrinseca e concreta in pratiche religiose contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza». Il movimento riprenderà vigore solo dopo il 1943; nel 1946 si costituiscono leAssemblee di Dio in Italia (Adi) che per decenni saranno l’unica grande "centrale" pentecostale in Italia. I grandi animatori di questa comunità di fede sempre più radicata in Italia saranno Roberto Bracco e Francesco Toppi, quest’ultimo ancora oggi a capo delle Adi. La circolare Buffarini Guidi fu revocata solo nel 1955; nel 1986, ai sensi dell’articolo 8 della Costituzione, fu approvata un’Intesa tra lo Stato italiano e le Adi, che così hanno ottenuto un pieno riconoscimento giuridico. Forti di circa centomila membri, tuttavia le Adi non costituiscono l’unica famiglia pentecostale presente in Italia; il movimento risulta infatti molto articolato e persino frammentato in Chiese autonome e indipendenti. Negli ultimi anni si è costituita e rafforzata anche laFederazione delle Chiese pentecostali (Fcp), attualmente presieduta da Remo Cristallo. Secondo i dati della Federazione delle Chiese pentecostali, vi aderiscono oltre 350 comunità locali per un totale di 45 mila membri; altri 50 mila pentecostali sono legati a Chiese "indipendenti". Mentre le Adi sono molto critiche nei confronti dell’ecumenismo, alcune Chiese della Fcp partecipano alle iniziative della "Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani". La Fcp inoltre mostra un crescente interesse alla collaborazione con la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia che, come noto, raccoglie le Chiese storiche del protestantesimo italiano. Una situazione, insomma, in movimento.

p.n.