19 dicembre 2013

Il martirio di Rolando Rivi

Il primo aprile di quell’anno, Pasqua di resurrezione, don Olinto Marzocchini è già rientrato a San Valentino e al suo fianco è rimasto il giovane curato. Durante la Settimana Santa, Rolando ha partecipato alle celebrazioni liturgiche con grande entusiasmo. E giovedì, davanti all'altare dell'Eucarestia, ornato di fiori e di ceri accesi, ha pregato: «Grazie, Gesù, perché ci hai donato Te stesso nell'Ostia santa e rimani sempre con noi... Aiutami a ritornare presto in seminario e a diventare sacerdote». Il venerdì, baciando il Crocifisso, ha ripetuto l'offerta al suo grande Amico: «Tutta la mia vita per Te, o Gesù, per amarTi e farTi amare». Il giorno di Pasqua, durante le Messe, Rolando suona l'organo accompagnando i canti. Riceve Gesù nella Comunione. In sacrestia, il parroco gli dice: «Sei stato bravo, Rolando! Per tutti i servizi fatti nella Settimana Santa, accetta questo piccolo dono... E che il Signore ti benedica», e gli mette in mano una piccola somma. Si sente nell'aria qualcosa di nuovo. C'è ancora la guerra, ma tutti sentono che volge alla fine. Nei giorni successivi, Rolando non manca mai alla Messa e alla Comunione. Poi, tornato a casa, esce con un libro sotto braccio e va a studiare presso un boschetto non lontano dalla sua abitazione. Il 10 aprile, martedì dopo la domenica in Albis, al mattino presto, è già in chiesa: si celebra la Messa cantata in onore di San Víncenzo Ferreri, che non si è potuta celebrare il 5 aprile, giorno anniversario, essendo l'ottava di Pasqua. Suona e accompagna all’organo i cantori, tra i quali c'è anche il papà. Si accosta alla Comunione e si raccoglie in preghiera a ringraziare il Signore. Prima di uscire, prende accordi con i cantori, per «cantare Messa» anche l'indomani. Torna a casa. I suoi genitori vanno a lavorare nel campi. Rolando, con i libri sottobraccio, si reca come al solito a studiare nel boschetto a pochi passi da casa. Indossa, come sempre, la sua veste nera. A mezzogiorno, non vedendolo ritornare, i genitori lo vanno a cercare. Tra i libri, sull'erba, trovano un biglietto: «Non cercatelo.lapide in memoria di rolando rivi Viene un momento con noi, partigiani». Il papà e il curato di San Valentino, in forte ansia, cominciano a girare nei dintorni alla ricerca del ragazzo. Cosa sarà mai capitato?... Alcuni partigiani comunisti lo hanno portato nella loro «base». Rolando capisce con chi si trova. Quelli lo spogliano della veste talare, che li irrita troppo. Ora hanno davanti a loro un povero ragazzo di quattordici anni, tremante, vestito poveramente, come Gesù nel pretorio di Pilato. Alle loro beffe, Rolando risponde: «Sono un ragazzo, si, un seminarista... e non ho fatto nulla di male». Quelli lo insultano, lo percuotono con la cinghia sulle gambe, lo schiaffeggiano. Adesso hanno davanti un ragazzino coperto di lividi, piangente. Così era stato fatto, un giorno lontano, a Gesù. Rolando, innocente, prega nel suo cuore e chiede pietà. Qualcuno si commuove e propone di lasciarlo andare, perché è soltanto un ragazzo. Ma altri si rifiutano: prevale l'odio al prete, all'abito che lo rappresenta. Decidono di ucciderlo. Lo portano in un bosco presso Piane di Monchio (Modena). Davanti alla fossa già scavata, Rolando comprende tutto. Singhiozzando implora di essere risparmiato. Gli viene risposto con un calcio. Allora dice: «Voglio pregare per la mia mamma e per il mio papà». Si inginocchia sull'orlo della fossa e prega per sé, per i suoi cari, forse per i suoi stessi uccisori. Due scariche di rivoltella lo rotolano a terra, nel suo sangue. Un ultimo pensiero, un ultimo palpito del cuore per Gesù, perdutamente amato... Poi la fine. Quelli lo coprono con poche palate di terra e di foglie secche. La veste da prete diventa un pallone da calciare; poi sarà appesa, come trofeo di guerra, sotto il porticato di una casa vicina. Era il 13 aprile 1945, ricorrenza del giovane martire Sant'Ermenegildo, venerdì, come quando Gesù si immolò sulla croce. Rolando aveva quattordici anni e tre mesi. In quell'istante il cielo si apri e Gesù accolse nella sua gloria Rolando Maria Rivi, piccolo angelo, martire della fede. Con la vita, con la parola e perfino con il suo sangue aveva proclamato: «Quanto ho di più caro al mondo è Cristo: Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui»!