10 gennaio 2014

Testimonianza di due ex suore diventate evangeliche, la cui fede poggiava sulla sabbia


Nulla di nuovo sotto il sole, anche queste due ex-suore sono incappate nel fondamentalismo, nella lettura letteralista, probabilmente è loro accaduto la stessa cosa degli ex-cattolici passati ai Testimoni di Geova, la fede poggiava sulla sabbia e non sulla roccia.

Il testo in oggetto è un vero e proprio campionario dei luoghi comuni con cui gli "evangelici" sono soliti attaccare le dottrine cattoliche. 

Analisi punto per punto, in rosso quanto dicono le suore, in nero le relative considerazioni
le ex suore: “ L’affermazione «praticare il non oltre quello che è scritto» ci turbò non poco; infatti, approfondendo la Parola di Dio e leggendo la storia della chiesa, avevamo capito che varie dottrine, dogmi e riti, patrimonio della chiesa cattolica, non avevano un fondamento biblico ma erano pure invenzioni d’uomini.”.
Evidentemente queste due donne hanno commesso lo stesso errore dei TdG o di qualsiasi gruppo che estrapola un versetto per far sostenere una propria tesi, senza curarsi in che contesto tale versetto sia inserito.

Quanto San Paolo afferma “è scritto” oppure “tutta la scrittura è ispirata” a quali scritture si riferisce?, è vero che al suo tempo circolavano degli scritti di vari discepoli, ma la “scrittura ispirata” si riferiva alla Torah, anche Gesù stesso faceva riferimento ad essa dicendo “è scritto” oppure “avete udito” “avete letto”, i cristiani non poterono dimenticare le loro radici di provenienza (questo aspetto Paolo lo rimarca abbastanza bene nella lettera ai Romani).

Ora per comprendere il perché di quella frase “praticare il non oltre quello che è scritto” necessita comprenderne l’antefatto, nella chiesa di Corinzi era sorto un problema, il quale stava creando divisione tra i cristiani, esaminiamo il contesto.
le ex suore: I Corinzi 3 [21]Quindi nessuno ponga la sua gloria negli uomini, perché tutto è vostro:[22]Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! [23]Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.
Capitolo 4.
le ex suore: [1]Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. [2]Ora, quanto si richiede negli amministratori è che ognuno risulti fedele.
Il problema che i corinzi avevano era quello “delle fazioni”, sembrava che avessero dimenticato di poggiare la loro fede nel Cristo, poggiandola invece su comuni uomini, di fede ma uomini.
Cap. 3
le ex suore: [3]perché siete ancora carnali: dal momento che c'è tra voi invidia e discordia, non siete forse carnali e non vi comportate in maniera tutta umana?
[4]Quando uno dice: «Io sono di Paolo», e un altro: «Io sono di Apollo», non vi dimostrate semplicemente uomini?
La vera funzione dei predicatori
le ex suore: [5]Ma che cosa è mai Apollo? Cosa è Paolo? Ministri attraverso i quali siete venuti alla fede e ciascuno secondo che il Signore gli ha concesso. [6]Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere. [7]Ora né chi pianta, né chi irrìga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere. [8]Non c'è differenza tra chi pianta e chi irrìga, ma ciascuno riceverà la sua mercede secondo il proprio lavoro. [9]Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete il campo di Dio, l'edificio di Dio.
I corinti avevano divisioni, non appartenevano più a Cristo ma a Paolo, Cefa, Apollo, Paolo li richiamò alla fede, all'unità in Cristo giacché sia lui che Cefa e Apollo erano mezzi usati da Dio.

Cos’era scritto, se non le fondamenta su cui tutti i cristiani dovevano poggiare la loro fede, il non andare oltre gli insegnamenti apostolici, il non esagerare con i propri punti di vista, ma di cooperare come facevano gli apostoli nell'unità della Chiesa.

Allora il verso 6 di I Corinzi.
[6]Queste cose, fratelli, le ho applicate a modo di esempio a me e ad Apollo per vostro profitto perché impariate nelle nostre persone a stare a ciò che è scritto e non vi gonfiate d'orgoglio a favore di uno contro un altro.
Va collocato sul problema delle divisioni, delle fazioni, richiamando i corinti all’unità del Cristo.
Questo versetto da loro citato non ha nulla a che fare con dogmi, dottrine e riti vari.

Per ciò che concerne 1 Corinzi 4,6, a cui le nostre due ex-suore sembrano dare una così grande importanza, c'è da rilevare che si tratta di un passo che, a detta di moltissimi critici testuali, è spurio. Questo è ciò che ci dice la nota inserita nell'attuale edizione della Bibbia di Gerusalemme. Anche qualora il passo non fosse spurio, però, potrebbe trattarsi della citazione di un proverbio, così come suggeriva la nota della vecchia edizione della Bibbia di Gerusalemme. Questa è l'ipotesi fatta propria dai curatori della traduzione interconfessionale in lingua corrente (TILC), i quali rendono il versetto in oggetto così: "Fratelli, vi ho parlato di me e di Apollo per darvi un esempio, perché impariate da noi il senso del proverbio: "Non oltre quel che sta scritto". "
Altri esegeti hanno proposto l'intepretazione secondo cui Paolo con "quel che è scritto" volesse semplicemete far riferimento a quanto appunto aveva scritto poco prima. Nessuno, tranne i fondamentalisti biblici, a quanto pare, suggerisce che il versetto in oggetto possa essere riferito alla Scrittura, come se Paolo volesse appellarsi alla luterana dottrina della "sola Scrittura". Del resto, a quale Scrittura si sarebbe riferito Paolo? Non certo alla Bibbia cristiana, in quanto il Nuovo Testamento era all'epoca ancora in gran parte da scrivere. Per cui, se volessimo prendere questo passo nel senso che gli attribuiscono le due succitate suore, dovremmo intenderlo come un invito da parte di Paolo a rifarsi solo alla Bibbia Ebraica (l'unica Scrittura che egli conosceva) e di conseguenza come un invito a rifiutare tutto l'Evangelo di Cristo.

le ex suore: Trovammo in Esodo 20,4.6 il comandamento che proibisce di farsi statue o pitture per adorarle. Ci domandammo come mai questo comandamento non fosse presente nei 10 comandamenti cattolici imparati a memoria al catechismo. Confrontammo anche Deuteronomio 4,7.10, era lo stesso comandamento presente in Esodo. Perché la chiesa cattolica ha omesso il secondo comandamento?
Nei nostri studi biblici, quando avevamo dei dubbi o domande senza soluzione, il Signore, in un modo o in un altro ci dava la risposta: attraverso un libro, una persona preparata, la radio o la stessa Bibbia. Così fu per la spiegazione del 2° comandamento: leggemmo in un libro che proprio il grande teologo Agostino da Ippona, aveva tolto il secondo comandamento e diviso il 10° in due parti. Ora capivamo perché tante statue, dipinti sacri, candele, ceri, eccetera nelle chiese e nelle case cattoliche.

Prescindendo che mi lascia assai perplesso il fatto che due sedicenti ex-suore siano così digiune della dottrina cattolica da cadere in un tranello così sciocco.
Analizziamo il testo del Decalogo così come appare nel Deuteronomio5,6-21, vale adire, secondo moltissimi esegeti, nella sua forma originaria:

"Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile.

1) Non avrai altri dèi di fronte a me.

2) Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo né di quanto è quaggiù sulla terra né di quanto è nelle acque sotto la terra.

3) Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.

4) Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.

5) Osserva il giorno del sabato per santificarlo, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo asino, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te, perché il tuo schiavo e la tua schiava si riposino come te. Ricòrdati che sei stato schiavo nella terra d'Egitto e che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore, tuo Dio, ti ordina di osservare il giorno del sabato.

6) Onora tuo padre e tua madre, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato, perché si prolunghino i tuoi giorni e tu sia felice nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà.

7) Non ucciderai.

8 ) Non commetterai adulterio.

9) Non ruberai.

10) Non pronuncerai testimonianza menzognera contro il tuo prossimo.

11) Non desidererai la moglie del tuo prossimo.

12) Non bramerai la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo".

Come si vede i “dieci” comandamenti non sono dieci, ma almeno dodici. Come ridurre il numero a dieci? Semplicemente considerando alcuni degli imperativi riportati nella lista come un corollario del precedente. Ecco, allora che la Chiesa cattolica (sulla scorta di Agostino), così come la tradizione rabbinica (anche per gli ebrei i primi tre comandi di questa lista costituiscono un unico comandamento, il sceondo nella loro lista), non fa altro che considerare quelli che qui appaiono come il secondo ed il terzo imperativo come parte del primo comandamento. Gli evangelici sono soliti considerare il secondo ed il terzo comandamento della lista come il secondo comandamento del Decalogo, ma, così facendo, per far tornare i conti, sono poi costretti ad unire l'undicesimo ed il dodicesimo comandamento della lista, facendone uno solo, lì dove i cattolici li distinguono, consci del fatto che una cosa è desiderare la “donna” d'altri e un'altra desiderare la “roba” d'altri, a meno che non si voglia ridurre la moglie ad un possesso personale del marito.

Ma perché i cattolici si sentono in diritto di accorpare i primi tre comandamenti in un unico comandamento e di fare uso delle immagini nel loro culto?

Ecco la risposta, molto semplice, ma esauriente che il noto biblista A.A. Valdés dà a questo interrogativo:

LA BIBBIA PROIBISCE L'USO DI IMMAGINI? 

Il comandamento che manca

I cattolici spesso si sentono in imbarazzo quando, parlando con cristiani protestanti o membri di qualche setta, vengono rimproverati per l'uso delle immagini di Gesù Cristo, della Vergine Maria o dei Santi, sia nel culto come nella devozione privata. Dicono che è proibito dalla Bibbia e dalla Legge di Dio. 
È vero questo? Per rispondere dobbiamo prima vedere cosa dice la Bibbia. 
Racconta il libro dell'Esodo che quando Mosè, dopo aver guidato il popolo d'Israele nel deserto, giunse ai piedi del monte Sinai, Jahveh si presentò a lui in mezzo a tuoni, fulmini, tremore della terra e dense nubi, e gli diede i dieci comandamenti. 
Tutti ne conosciamo più o meno l'elenco. Pochi però sanno che in realtà il secondo comandamento diceva: "Non ti farai scultura e alcuna immagine né di quello che è su in cielo, né di quello che è quaggiù sulla terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai, perché io, il Signore tuo Dio, sono un Dio geloso" (Es 20,4-5). 
Allora era vero? 

Ciò che diceva la legge 

Se proseguiamo la lettura della Bibbia, questo sembra trovare conferma. Infatti, in molte altre occasioni viene proibito agli israeliti di fabbricare immagini e figure, tanto di Jahveh che di qualsiasi altra divinità. Il Levitico, ad esempio, terzo libro della Bibbia, ordinava: "Non fatevi idoli, non erigetevi statue o stele; non ponete nella vostra terra pietre lavorate per prostrarvi davanti ad esse" (Lv 26, l ). 
In un'altra parte della Bibbia si parla ancor più ampiamente: "Non prevaricate facendovi una figura scolpita di qualsiasi simulacro, immagine di maschio o di femmina, immagine di qualsiasi animale terrestre, immagine di qualsiasi uccello che vola nel cielo, immagine di qualsiasi rettile che striscia sul suolo, immagine di qualsiasi pesce che si trova nell'acqua, sotto la terra" (Dt 4,16-18). Era così grave questo fatto, da venir colpito con una maledizione: "Maledetto colui che fa un idolo scolpito e fuso, abominio per il Signore" (Dt 27,15). 
Come si vede, era proibita dalla Legge di Dio ogni raffigurazione di piante, di animali o di esseri umani nel culto. 
Seguendo questo precetto, molte chiese cristiane attualmente respingono le immagini nel loro culto e biasimano coloro che ne fanno uso. 

Ciò che il popolo viveva 

Nonostante le categoriche disposizioni bibliche, il popolo ebraico non fece del tutto a meno delle immagini. Vari passi della Bibbia stanno a indicare che erano tollerate, e persino permesse nell'Antico Testamento. Più ancora: in alcuni casi Dio stesso ha prescritto la costruzione di immagini sacre.. 
Per esempio durante Ia traversata del deserto, allorché Jahveh comandò di costruire l'arca dell'alleanza in cui venivano custodite le tavole della Legge, ordinò che da ciascun lato si collocasse l'effige dorata di un cherubino, essere angelico con fattezze metà di animale e metà di essere umano (Es 25,18). Anche il candelabro di sette braccia, collocato all'interno della Sacra Tenda, aveva incisioni con fiori di mandorlo (Es 25,33). 
Queste opere non erano frutto di decisioni umane. Secondo la Bibbia era stato Dio a riempire del suo Spirito l'artista Bezaleel fornendogli abilità e talento per idearle (Es 31,1-5). 
In altri episodi della storia d'Israele vediamo pii personaggi utilizzare per il culto, senza alcuna riserva, immagini e oggetti con figure. Gedeone, ad esempio, uno dei giudici più importanti d'Israele, fabbricò con anelli e altri oggetti d'oro una figura di Jahveh, alla quale gli israeliti tributavano culto (Gdc 8,24-27). E Mica, un ardente e pio jahvista, fece un'effige d'argento di Jahveh e fondò un santuario per tributarle culto (Gdc 18,3 I). Persino lo stesso re Davide, amato e benedetto da Dio, teneva tranquillamente in casa immagini della divinità (1 Sam 19,11-13). 

Un tempio senza prevenzioni 

Dalle descrizioni bibliche il maestoso tempio di Gerusalemme costruito da Salomone, sembra essere stato ornato con raffigurazioni e sculture, a cominciare dalla stanza interna più sacra, chiamata Santo dei Santi, dove due enormi cherubini scolpiti nel legno più pregiato si ergevano accanto all'arca dell'alleanza (I Re 6,23). 
L'interno era completamente decorato con immagini di cherubini, oltre che di palme e di altri ornamenti arborei (1 Re 6,29). E per sostenere il grande deposito di acqua per le purificazioni all'ingresso del tempio, vennero costruiti dodici magnifici tori di metallo rivolti ai quattro punti cardinali (1 Re 7,26). 
I capitelli delle colonne del Tempio avevano forma di gigli e duecento melagrane scolpite si aggrappavano attorno a ciascuna (1 Re 7,18-2O). I recipienti per le abluzioni liturgiche erano rivestiti con immagini di leoni, buoi e cherubini (1 Re 7,29). Il tutto con l'approvazione di Dio stesso. 
E come se non bastasse, il grande serpente di bronzo che Mosè aveva foggiato nel deserto per ordine di Jahveh, per guarire quanti, morsi dai serpenti, l'avessero guardato, rimase per duecento anni esposto nel Tempio fino a che non venne eliminato dal re Ezechia (2 Re 18,4). 
Quando il tempio di Gerusalemme fu distrutto nel secolo VI a.C., il profeta Ezechiele ebbe una visione del futuro tempio. Di esso descrive i cherubini e le palme che Io avrebbero ornato (Ez 41,18). 
La quantità di immagini, pitture, statue e decorazioni che riempivano il grandioso tempio di Dio in Gerusalemme, era addirittura incredibile. 

Non una sola voce 

Nonostante il secondo comandamento, nella Bibbia non troviamo alcun profeta antico che censuri le immagini. Essi, che erano le sentinelle di Dio, ed alzavano la voce contro qualsiasi peccato del popolo, e non concedevano la più piccola deviazione, rimasero in silenzio per secoli. 
Neppure i grandi Elia ed Eliseo, acerrimi difensori dell'ortodossia, le riprovarono. Nemmeno Amos, la cui unica missione fu quella di andare a predicare presso il tempio della città di Betel, dov'era stata collocata la statua di un toro che adornava l'altare di Jahveh, parlò contro le immagini. Recriminò soltanto contro il lusso, l'avarizia e la crudeltà del popolo, senza fare cenno al vitello del Tempio. 
Come la mettevano allora con la proibizione? Sembrava non essere in vigore. O perlomeno non era così assoluta. 
Qual era la motivazione che fondava il rifiuto delle immagini? La Bibbia in realtà non dà alcuna ragione e il popolo d'Israele non disse mai di conoscerne i motivi. Un solo testo, nel libro del Deuteronomio, cerca di dare una spiegazione: "Poiché dunque non vedeste alcuna figura, quando il Signore vi parlò sull'Oreb dal fuoco, state bene in guardia per la vostra vita" (4,15). Vale a dire, quando Dio aveva loro parlato dalla montagna, udirono soltanto la sua voce senza vedere alcuna immagine. 
Questa però non è una vera spiegazione. É solo un motivo storico, che ci porta di nuovo a chiedere: perché non apparve quel giorno nessuna immagine sul monte Sinai? E non c'è risposta. 

Si sospetta una ragione 

Anche se la Bibbia non lo dice, possiamo ipotizzare il motivo della proibizione delle immagini grazie alla conoscenza dell'ambiente religioso antico. 
Tutti i popoli che erano in contatto con Israele ritenevano che l'immagine non solo fosse un simbolo della divinità, ma che questa abitasse lì realmente. L'immagine era in un certo modo lo stesso Dio che rappresentava. 
Così, secondo la mentalità orientale primitiva, nell'immagine della divinità risiedeva un Fluido personale divino. 
Quando qualcuno creava un'immagine, il dio doveva venire a risiedere in essa, dal momento che ogni immagine costituiva in certo senso una epiclesis, cioè una invocazione a Dio perché venisse ad abitarla. Era una specie di "doppione" della divinità simbolizzata. 
Per questo la Bibbia racconta che quando Rachele. sposa di Giacobbe, rubò gli idoli al padre Labano, egli si lamentò perché gli avevano sottratto i suoi dei, non le immagini (Gli 31,30). E Mica, già ricordato, accusa la tribù dei dainiti di avergli rubato il suo dio, mentre essi se ne sono andati soltanto con un'immagine (Gdc 18,24). 

La voce, sì 

Si capisce allora, quanto fosse facile cadere in un'idea magica della divinità. Disporre dell'immagine era come avere i poteri del dio, esercitare una specie di dominio su di lui, manipolarlo a proprio piacimento, possedere un dio a misura d'uomo. 
Questo poteva mettere seriamente in pericolo l'identità di Jahveh. Egli si manifestava liberamente e spontaneamente dove voleva, molto al di sopra delle forze delle sue creature, e indirizzava il corso della storia secondo la sua volontà. 
Fin tanto che questa idea non era in pericolo, non ci furono difficoltà. Ma a partire dal secolo VIII a.C., il popolo d'Israele cadde fortemente nelle tentazioni. Allora i profeti si fecero sentire. Eccome! 
Osea fu il primo a denunciare i sacrifici e l'incenso offerti dal popolo alle immagini delle divinità straniere, per ottenerne i favori. 
Isaia, un po' più tardi, userà feroce ironia nei confronti del culto magico. Con la metà di una pianta, dice, accendono un fuoco per scaldarsi e cuociono un arrosto per saziarsi e con l'altra metà fanno un dio, che adorano e pregano: "Salvami, perché sei tu il mio dio". La satira è spietata. 
Geremia ed Ezechiele, nei secoli VII e VI a.C., censurarono anche il più piccolo simbolo della divinità, come una pietra o un pezzo di legno, perché non s'illudessero di poterlo manipolare. 
Non era ancora giunto il tempo in cui l'uomo avrebbe potuto adorare Dio in forma umana. 

Quando Dio fabbrica immagini 

Passarono i secoli. L'ambiente greco andò formando persone meno dedite alla magia e più influenzate dal pensiero filosofico e razionale. Questo contribuì a ridurre la concezione feticista delle immagini divine. 
Inoltre, Israele venne a comprendere che Jahveh era l'unico Dio di tutti i popoli e non esistevano divinità distinte per le altre nazioni. Pertanto qualsiasi immagine, altare, preghiera o culto che si fosse celebrato in qualsiasi luogo e lingua, era destinato solo a lui. Così, il pericolo che si adorassero divinità diverse scomparve. 
Lo stesso Dio, che si era mantenuto invisibile fino a quel momento, di fronte ad una tappa più matura dell'umanità volle farsi un'immagine perché tutti lo potessero contemplare. E se nell'Antica Alleanza si era rivelato al popolo senza alcuna immagine, nella Nuova Alleanza ritenne necessario averne una ed essere visto. Per questo nella notte di Natale gli angeli daranno ai pastori questo segno della nuova rivelazione: "Troverete un bambino avvolto in panni e adagiato in una mangiatoia" (Lc 2,12). 
Dio stesso volle, ora che non c'era più pericolo, avvicinarsi agli uomini attraverso una figura, quella di Cristo, perché lo vedessero, ascoltassero, toccassero e percepissero. 

Non è più necessario 

San Paolo, che era vissuto per un periodo sotto la Legge antica, comprese molto bene la nuova disposizione e poté parlare di Cristo come dell'”immagine di Dio" (2 Cor 4,4). In uno splendido inno canta Cristo "immagine del Dio invisibile" (Col 1.15). Gesù, parlando un giorno con l'apostolo Filippo, gli aveva anticipato: "Chi vede me, ha visto il Padre" (Gv 14,8). 
Dunque, se Dio stesso ha voluto non continuare a restare celato e farsi vedere attraverso un'immagine, chi siamo noi per proibire la sua raffigurazione?
Come si vede, il comando circa le immagini nell'Antico Testamento aveva uno scopo pedagogico e pertanto era temporaneo. 
Trascorsi i secoli e venuto meno il pericolo passò anche il comandamento. Così intesero la cosa i cristiani fin dall'antichità. Per questo iniziarono a fare immagini di Cristo e a rappresentare scene della sua vita, come aiuto al popolo per accostarsi a Dio. I cimiteri, le chiese e i templi si popolarono di figure per l'importanza che avevano sul piano psicologico, come aiuto nella preghiera. Con l'andar del tempo divennero la Bibbia dei bambini e degli analfabeti. […] 

Lutero stesso 

I protestanti, quando si separarono dalla Chiesa cattolica nel secolo XVI, reagirono contro le esagerazioni nel culto delle immagini e provocarono la distruzione di molte di esse. Senza dubbio, Lutero, l'iniziatore di questo movimento, non fu così intollerante. Al contrario, riconobbe la loro importanza, in una lettera del 1528 scriveva: "Penso che quanto riguarda le immagini, i simboli e le vesti liturgiche... e cose simili, lo si debba lasciare alla libera scelta. Chi non le vuole, le lasci in disparte. Quantunque, le immagini ispirate alla Scrittura o a storie edificanti mi sembrano molto utili". E in un altro passo affermava che le immagini erano "il vangelo dei poveri". 
Lutero intuì molto bene ciò che molti protestanti non vogliono capire: non si tratta di adorare un'immagine, ma di adorare Dio attraverso l'incentivo che l'immagine può offrire. Credere che quando uno s'inginocchia davanti a un'immagine stia sciupando l'adorazione che deve offrire a Dio solo, è avere una mentalità primitiva, continuando a pensare che abbia il fluido di altre divinità, e non si è ancora venuti fuori dall'Antico Testamento. 
Se vogliamo applicare a oltranza il secondo comandamento, non possiamo neppure accendere la televisione, perché in tal modo vengono prodotte immagini con l'aiuto della moderna tecnologia. 

L'immagine obbligata 

Quando Gesù, il Figlio di Dio, prese forma umana. mostrò la dimensione temporale del comandamento in questione e l'utilità delle raffigurazioni tangibili per la catechesi e la preghiera. Ciò che colpì i contemporanei di Cristo fu il fatto di averlo visto, contemplato e toccato, come diceva Giovanni (l Gv 1,1). 
Se è necessario evitare la superstizione e gli errori nell'uso delle immagini, non lo si può fare basandosi sulla loro proibizione nella Bibbia, come erroneamente pensano alcune sette e chiese. Ma c'è un'immagine che non possiamo far a meno di costruire: quella di Cristo in noi. 
Paolo scrivendo ai Romani dichiarava che "coloro che da sempre egli [Dio] ha fatto oggetto delle sue premure, li ha anche predeterminati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo" (8,29). Non coltivare questa immagine vorrebbe dire sciupare il nostro destino. 
Ogni azione, ogni opera che realizziamo, ogni contributo alla giustizia nel mondo, al bene comune, alla solidarietà, va cesellando in modo luminoso ed esatto l'immagine di Gesù Cristo nelle nostre vite. Alla fine deve riuscire quasi perfetta. Gesù stesso lo aveva chiesto: "Voi dunque sarete perfetti, come perfetto è il Padre vostro che è nei cieli" (Mt 5,48). 

Nota: 
Tratto da A. A. Valdés, Cosa sappiamo della Bibbia? Vol. 2, pp. 45-54

Queste due donne continuano nelle loro assurdità, esse affermano.
le ex suore: Trovammo in Esodo 20,4.6 il comandamento che proibisce di farsi statue o pitture per adorarle
Ora capivamo perché tante statue, dipinti sacri, candele, ceri, eccetera nelle chiese e nelle case cattoliche.
Distruggemmo perciò tutte le statue e le immagini sacre di nostra devozione! E ci liberammo da ogni devozione che non fosse rivolta al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
Il comandamento proibisce il farsi degli “Idoli”.
Quando Mose tardava nel ritornare tra il popolo, i medesimi hanno chiesto ad Aronne di fare un vitello d’oro, quel vitello non era una “Scultura” per gli israeliti, bensì un “dio”, “Ecco il nostro dio che ci ha tratto fuori dall’Egitto”, quel vitello non era rappresentativo di qualche divinità, esso stesso era una divinità quindi un idolo ed è a questo che il comandamento fa riferimento.

Forse queste donne è sfuggito un piccolo particolare, che nel tempio di Salomone era arricchito con immagini.
le ex suore: 1 Re. 23Nel santuario furono collocate due figure alate di cherubini, scolpite in legno di ulivo, alte cinque metri.
24- 26Avevano tutt'e due la stessa forma e le stesse dimensioni. Ogni cherubino era alto cinque metri e aveva due ali lunghe due metri e mezzo. La distanza dalla punta di un'ala all'altra era dunque di cinque metri. 27I due cherubini furono collocati nel santuario, uno di fianco all'altro, con le ali aperte. Le punte delle ali più esterne sfioravano le pareti, mentre le altre due si toccavano in corrispondenza del centro della stanza. 28I due cherubini erano rivestiti d'oro. 29Le pareti del tempio, sia interne che esterne, furono decorate con incisioni di cherubini, palme e calici di fiori.
32I due battenti erano decorati con incisioni di cherubini, palme e calici di fiori. I battenti, i cherubini e le palme erano ricoperti d'oro.
35I battenti vennero decorati con incisioni di cherubini, palme e calici di fiori. Queste incisioni furono riempite d'oro.

2 Cronache
10Nel Santo dei Santi eresse due cherubini, lavoro di scultura, e li rivestì d'oro. 11Le ali dei cherubini erano lunghe venti cubiti. Un'ala del primo cherubino, lunga cinque cubiti, toccava la parete della sala; l'altra, lunga cinque cubiti, toccava l'ala del secondo cherubino. 12Un'ala del secondo cherubino, di cinque cubiti, toccava la parete della sala; l'altra, di cinque cubiti, toccava l'ala del primo cherubino. 13Queste ali dei cherubini, spiegate, misuravano venti cubiti; essi erano raffigurati ritti, voltati verso l'interno. 14Fece il velo di stoffa di violetto, di porpora, di crèmisi e di bisso; sopra vi fece ricamare cherubini.

La vasca di bronzo 
le ex suore: 1 Re cap.7 -  25La vasca poggiava su dodici tori di bronzo, disposti con la testa verso l'esterno e la schiena verso il centro della vasca. Tre erano orientati verso nord, tre verso sud, tre verso est e tre verso ovest.
Fermiamoci qui.
Quindi secondo queste due donne anche Salomone sarebbe stato un “idolatra” facendo costruire queste sculture ed immagini, chiediamoci, Dio approvava o meno tale abbellimento del tempio e del Santissimo?.

le ex suore: 1 Re cap.8 - 10Appena i sacerdoti furono usciti dal santuario, la nube riempì il tempio del Signore, 11e i sacerdoti non poterono rimanervi per compiere il servizio a causa della nube, perché la gloria del Signore riempiva il tempio del Signore. 12Allora Salomone disse:
"Il Signore ha deciso di abitare nella nube oscura.
13Ho voluto costruirti una casa eccelsa,
un luogo per la tua dimora in eterno".
Con buona pace di queste due donne Dio approvava le sculture e le immagini fatte nel Suo tempio da parte di Salomone.
Quelle sculture ed immagini erano rappresentative, non erano “idoli” nella stessa maniera le statue e le immagini che vi sono nelle chiese (cattoliche) non sono idoli, ma rappresentative, possono ricordarci chi esse rappresentano sicché la nostra “Venerazione” (una Dulia) viene rivolta ai Santi, al contrario la “Latria” adorazione è esclusiva a Dio (S.Trinità).
Quindi la proibizione degli “idoli” è motivata dalla credenza che in quella statua risiedesse la divinità quindi la statua era divina, in Deuteronomio al cap. 4 chiarisce molto bene questo punto.
le ex suore: 28In quei luoghi sarete costretti a rendere culto a dèi fatti dagli uomini, semplici pezzi di legno e di pietra, che non sono in grado né di vedere, né di ascoltare, né di mangiare, né di sentire odori.
Isaia cap.44Quelli che fabbricano gli idoli9"Quelli che fabbricano gli idolisono gente da nulla.I loro dèi preziosi non servono a niente.Quelli che li adorano non vedonoe non si rendono conto;perciò saranno coperti di vergogna.10Chi fabbrica un idoloo fonde una statuasi illude di averne un vantaggio. 11Quelli che li prendono sul seriosaranno umiliati,perché gli idolisono stati fatti da semplici uomini.15usa una parte dell'albero per accendere il fuoco, e una parte per costruire un idolo. Mette la prima in un braciere per riscaldarsi e cuocere il pane; con l'altra invece fa la statua di un dio e la adora con grande rispetto.16Con un po' di legna fa fuoco;arrostisce la carne, se la mangia ed è sazio. Poi si riscalda e dice:Che bel calduccio! Che bel fuocherello! 17Poi con il resto si costruisce un dio, il suo idolo, lo adora, si inchina e lo prega così: Tu sei il mio Dio, salvami!18Questa gente è troppo stupidaper capire che cosa sta facendo: hanno gli occhi e l'intelligenza chiusi alla verità.19Nessuno di loro riflette, nessuno ha il buon senso o l'intelligenza di dire: Ho bruciato metà di un albero; sulla brace ho cotto il pane e arrostito la carne che mangio. Dell'altra metà ho fatto un idolo inutile.Mi prostro davanti a un pezzo di legno!20Niente affatto!La loro mente si nutre di cenere; il loro cuore è sviato, li fa sragionare.Il loro idolo non li può salvare, ma essi non riescono a pensare: È evidente che quello che ho in mano è un falso dio.
C’è inoltre da dire che l’iconografia non era solo nelle Chiese, ma prima d’esse le troviamo nelle catacombe, come ad esempio nella catacomba di Santa Priscilla (Roma, via Salaria) vi è una pittura (tra le molte) che rappresenta la Vergine Maria con Gesù bambino in braccio, tale pittura risale a poco più della metà del II secolo, siamo agli inizi del cristianesimo.
Queste due ex suore distruggendo le immagini hanno dimostrato di credere che tali immagini fossero degli idoli, che avessero chissà quale proprietà o che avessero in se la “vita”, mi domando, come hanno fatto a diventare suore?, e cosa hanno studiato?.

Le nostre due ex-suore scrivono poi:
le ex suore: Approfondimmo l’ordine di Dio che recita: «Avrete cura di mettere in pratica tutte le cose che vi comando; non v’aggiungerai nulla e nulla ne toglierai» (Dt 12,32).
Allora, io domando loro, perché avete tolto dalla Bibbia ben sette libri?
Già, perché la Bibbia cristiana ha sempre contenuto quei sette libri (i cosiddetti Deuterocanonici) che non appaiono invece nelle Bibbie evangeliche.
Bisogna attenersi alla Bibbia. Certo! Ma chi ci dice quali libri appartengono alla Bibbia?

Queste due ex suore continuano dicendo.
le ex suore: Trovammo sia nell’Antico Testamento sia nel Nuovo Testamento, molti versetti in cui Dio dà l’ordine di non «togliere e non aggiungere»:
In effetti i protestanti non hanno aggiunto, hanno solo tolto sette libri.
le ex suore: 1 Cor 15,1.2: «Vi ricordo fratelli l’Evangelo che vi ho annunziato, che voi avete anche ricevuto,nel quale state anche saldi, mediante il quale siete salvati, purché lo riteniate quale ve l’ho annunziato; a meno che non abbiate creduto invano».
Paolo stava insegnando ciò che egli stesso aveva ricevuto.
le ex suore: 1° Corinzi 15, 33Prima di tutto vi ho trasmesso l'insegnamento che anch'io ho ricevuto.
Le due donne citano questa scrittura sul "togliere ed aggiungere".
le ex suore: 2 Gv 1,9.11: «Chi va oltre e non rimane nella dottrina di Cristo, non ha Dio. Chi rimane nella dottrina, ha il Padre e il Figlio».
Citando questa scrittura non ci dice assolutamente niente, la medesima non ha nulla a che fare con il togliere o aggiungere, leggendo il contesto si comprende che l’apostolo Giovanni stava parlando di tutt’altra cosa, il verso 10 dice
le ex suore: Se arriva da voi uno che non porta quest'insegnamento, voi non dovete accoglierlo né dargli il benvenuto. 11Chi lo accoglie volentieri si rende complice delle sue imprese malvagie.
Ma anche in questo caso non comprendiamo bene cos’era questo “insegnamento diverso”, bisogna cercare il proseguo in 1° Giov. 2
le ex suore: “22Sapete chi è il bugiardo, l'anticristo: chiunque afferma che Gesù non è il Cristo. Chi dice così rifiuta non solo il Figlio, ma anche il Padre.”
andiamo avanti su questo falso insegnamento.
le ex suore: 2° Giov. Cap 1,” 7Si sono sparsi nel mondo molti falsi maestri, i quali non vogliono riconoscere che Gesù è venuto come vero uomo. Questi falsi maestri, sono proprio loro il seduttore e l'anticristo.”
Cosa vuol dire “ Riconoscere il Cristo nella carne”, significa riconoscerne la sua” natura umana”, oltre quella Divina, natura che lo ha accumunato a tutto il genere umano, subendo nella carne tutti gli aspetti umani, riconoscerne la sua nascita, la crescita, la gioia, la sofferenza, ed infine la sua morte, morte sacrificale per il beneficio di tutto il genere umano, riconoscerne la sua risurrezione come primizia di tutti quelli che verranno risuscitati e riconoscere la Chiesa come depositaria degli insegnamenti del Cristo.
Il cristiano, riconoscendo il Cristo nella carne, ne rimaneva nella sua dottrina.

Ecco dunque cos’era questo falso insegnamento, la negazione dell’umanità del Cristo, il Cristo nella carne e di conseguenza la negazione della sua morte e risurrezione, in tale insegnamento l’eretico Marcione fu un personaggio di spicco.
Queste due ex suore hanno citato questa scrittura che ha tutto un altro significato, estrapolare una scrittura senza tener conto del suo contesto è il “Modus Operandi” di molti movimenti del terzo protestantesimo, come ad esempio i Testimoni di Geova.

Passiamo ora a ciò che sembra che interessi loro.
le ex suore: Trovammo sia nell’Antico Testamento sia nel Nuovo Testamento, molti versetti in cui Dio dà l’ordine di non «togliere e non aggiungere»:
Questa affermazione in se stessa non ci dice niente, sappiamo che la Sacra Scrittura è parola di Dio (Davàr), la Sua rivelazione all’umanità, il problema nasce nell’individuare questa “Parola”, chi ci dice quale essa sia?, chi ci garantisce della sua autenticità?, molti scritti sono stati fatti ma quali di essi meritano la nostra fede?, basti pensare al nuovo testamento o per meglio dire alla seconda alleanza, la quantità di scritti che vi sono, perché queste due ex suore accettano i quattro vangeli , Matteo, Marco, Luca, Giovanni, quanto vi sono ad esempio i vangeli di Tommaso, degli Esseni, di Nicodemo, i vangeli di Filippo di Pietro di Gamaliele di Bartolomeo ecc.? perché queste due donne accettano l’Apocalisse di Giovanni e non quella di Pietro?.

Da ciò si comprende la difficoltà quanto si afferma di non aggiungere o togliere nulla alla scrittura, difficoltà data dalla incapacità di conoscere qual è l’autentica parola di Dio, a meno che ci venga detto quale sia la parola di Dio, ma chi può stabilirlo?. Se non coloro che furono testimoni del Cristo, coloro che furono le colonne portanti della Chiesa da Cristo stesso fondata, gli apostoli ai quali Dio ha affiatata la sua rivelazione, rivelazione per “Nostrae Salutis Causa”, i quali apostoli trasmisero imponendo le mani (Spirito Santo) la Traditio ai loro successori struttura della Chiesa, ed è questa Chiesa che in mezzo ad una moltitudine di scritti ha dichiarato “Ispirati, Infallibile autentica Parola di Dio” alcuni scritti creando un canone il quale è stato preservato fino ai nostri giorni, canone composto di 72 libri (73 se separiamo Geremia da Lamentazioni)

La Chiesa creatrice del canone, ritiene tutti i sacri libri “Ispirati, Infallibile parola di Dio” solo nella loro interezza e integrità, ora queste due ex suore fattesi protestanti hanno accettato l’eliminazione dal canone di vari libri, sicché quel “loro canone” non è più ne ispirato ne infallibile ne parola di Dio, in quanto l’uomo decide quali siano i libri che più gli siano consoni, avendo allora perso la “Sacralità della Rivelazione” un libro vale l’altro potendo usare anche quei libri cosiddetti apocrifi, ed è proprio per questo motivo che prolificano movimenti religiosi e sette varie elaborando dottrine, insegnamenti puramente umani, poiché dal momento che si fa della parola di Dio la parola dell’uomo si è abbandonata “La Via” e le orme che si seguono non sono più del Cristo ma bensì dell’uomo.
le ex suore: Approfondendo la lettera agli Ebrei, ci rendemmo conto che il sacrificio di Cristo è stato fatto una volta per sempre. Come mai la dottrina cattolica insegna che la messa è il ripetersi «incruento» del sacrifico di Cristo?
Con che coraggio queste suore si definiscono ex cattoliche se non conoscono la dottrina della CC? Il CCC dice:

1104 La Liturgia cristiana non soltanto ricorda gli eventi che hanno operato la nostra salvezza; essa li attualizza, li rende presenti. Il Mistero pasquale di Cristo viene celebrato, non ripetuto; sono le celebrazioni che si ripetono; in ciascuna di esse ha luogo l'effusione dello Spirito Santo che attualizza l'unico Mistero.

Inoltre, si leggano anche il n. 1362 e seguenti, facendo particolare attenzione al linguaggio teologico.
Leggendo questa lettera, sposo in pieno la tesi di un mio amico prete, il quale ha sempre sostenuto che le suore dovrebbero conseguire almeno la laurea in Scienze Religiose, almeno quella. Qui, però, siamo di fronte ad ignoranza del catechismo più elementare!

Queste due ex suore continuano dicendo.
La questione dell’autorità
le ex suore: Studiando la Bibbia quante dottrine cattoliche dovemmo confrontare con le dottrine bibliche! Per noi la Bibbia era diventata sempre più la nostra «autorità» a cui dovevamo obbedire perché è la «Parola di Dio». Del resto anche Gesù obbedì alla Parola di Dio; disse che era venuto per adempiere tutta la legge (Parola di Dio) e che «neppure uno iota o apice della legge passerà senza che tutto sia adempiuto» (Mt 5,18), asserendo così l’autorità in assoluto della Bibbia sopra ogni altra legge o tradizione umana.
La Bibbia ha autorità solo in virtù di chi ha concesso tale autorità.
Molti si accinsero a scrivere intorno a Gesù, molti cercarono di colmare quel “vuoto” sulla sua fanciullezza, adolescenza e giovinezza, altri scrissero in merito ai suoi insegnamenti, altri ancora in merito ai suoi viaggi (fino in India), molti scrissero pagine di dottrine interpretate secondo il loro punto di vista, e non sto parlando dell’umile cristiano bensì di persone importanti nelle comunità cristiane, come ad esempio i Vescovi.

In mezzo a questo mare di scritti quale sarebbe stata “l’Autorità” della Bibbia?, se dovevano “obbedire” alla Parola di Dio, come potevano sapere quale fosse questa parola?, non potevano, non c’era modo di poter capire quale effettivamente era la parola di Dio a cui obbedire.
Ora queste due donne affermano di “obbedire alla Parola di Dio” citando la Bibbia, ma la medesima sono quei scritti che la Chiesa Apostolica dichiarò “ Ispirati, Autentica” Parola di Dio, gli insegnamenti della Chiesa non sono e non possono essere in contrasto con ciò che Lei stessa dichiarò “ispirati e autentici”, al contrario proprio perché da Lei certificati è la sola che può darne interpretazione.

Cristo non si oppose alla Toràh, ma essendo il “Maestro” ed essendo colui che parla con “Autorità” ne da interpretazione, come fa la Chiesa con la sua scrittura, Cristo la perfezionò, non si fermò a ciò che era l’esteriorità della legge, a ciò che era la formalità la quale era anche necessaria fino al suo tempo, ma ne trasmise l’essenza, il cuore, l’intimo della legge, la legge si fermava ad esempio a “non assassinare” Cristo ne estrae la linfa vitale “ma se odi tuo fratello sei omicida”.
Inoltre la Bibbia non è al di sopra della Traditio, ma nasce dalla Traditio ed insieme formano quello che possiamo definire il “Progetto Shalom”.

Riprendiamo per un attimo il “problema” della Tradizione.

Queste donne citano Matteo 15, 3 “ Ma egli rispose loro: «E voi, perché trasgredite il comandamento di Dio a motivo della vostra tradizione?”.
Gesù era ebreo e come ebreo seguiva anche lui la tradizione, queste donne dimenticano che non è la tradizione in se ad essere sbagliata, infatti accusano i discepoli di Gesù di non lavarsi le mani, una delle tante tradizioni, queste donne dimenticano che la Toràh è parola di Dio, ma che le tradizioni erano un aspetto di vita quotidiana le quali avevano come radice la Toràh stessa.

Ad esempio, fare Korban significa fare un dono a Dio, è una tradizione, ora il comandamento di Dio imponeva ed impone di onorare il padre e la madre, tale onore deve essere manifestato anche nel loro sostentamento materiale, dove dunque Gesù critica i farisei? Nel fatto che i medesimi sono andati oltre ciò che è la tradizione, mentre fare Korban è un atto di devozione a Dio essi hanno esteso questa tradizione agli uomini asserendo che il dono fatto a Dio è più importante dell’onore al padre e alla madre sicché il dono fatto al tempio poteva essere usato sia dai sacerdoti che dal donatore stesso, ecco dunque la critica di Gesù ai farisei, non è errato la tradizione del Korban, ma è errata l’interpretazione che i farisei ne davano, cioè, è più importante fare Korban a Dio che non al padre e alla madre che con quel dono potevano essere sostenuti.

Questo del Korban è solo un esempio di come una tradizione che in se stessa è lecita venga stravolta per altri scopi, e Gesù stava condannando questo atteggiamento non la tradizione in se.

In merito poi alla “Tradizione Cattolica”, le due donne dovrebbero ringraziare la Chiesa la quale grazie alla “Tradizione” ci ha fatto conoscere il Cristo, è grazie alla tradizione che sappiamo la rivelazione Divina ed è sempre la tradizione la quale significa “ dare, passare qualcosa a qualcuno, consegnare, affidare e trasmettere” che abbiamo il canone biblico, in quel canone ove la parola di Dio ci ha fatto conoscere il “Verbo” fatto carne, permettendoci con la sua morte nella croce e risurrezione e nella fede in tale sacrificio di essere adottati come figli di Dio.

L’apostolo Paolo, apostolo delle genti, metteva in guardia i cristiani dagli insegnamenti fallaci, non bisogna dimenticare che, con l’estensione del cristianesimo ai pagani i medesimi furono portatori di vari pensieri filosofici, i quali non sempre erano compatibili con il cristianesimo, ed è da queste particolari filosofie che nei primi secoli emersero insegnamenti eretici.

affermano queste due donne
le ex suore: Perché la chiesa cattolica continua a sostenere questa tradizione? Non è un inganno per i credenti cattolici che incessantemente fanno celebrare messe per i loro morti? È vero che nel libro dei Maccabei si è trovato un appiglio (2 Maccabei 12,41. 45), ma sappiamo che questo libro non è contenuto nel canone dei libri dell’Antico Testamento accolti dal popolo ebraico come ispirati da Dio.

A prescindere che tale esternazione è propria dei protestanti, vediamo se effettivamente il libro dei Maccabei faceva parte del canone meno.
Ciò che interessa è comprendere com’era la situazione nel 1° secolo, a dispetto di ciò che pensano queste due ex suore nel 1° secolo vi erano tre tipi di canone.
Canone Alessandrino. III – II secolo
Dato che molti ebrei vivevano al di fuori della Palestina e non sempre erano in grado di capire l’ebraico sorse la necessità di tradurre dall’ebraico in greco, per far questo furono incaricati i 70 i quali tradussero in greco ciò che era chiamato “canone lungo” ed era composto da 46 libri.
Tale canone era in uso al tempo di Gesù, e la Chiesa fece proprio tale canone.

Canone Palestinese o canone corto.
Fu solo verso il 90 d.c. che i Farisei in un loro “concilio” a Jamnia stabilirono il loro canone di 39 libri, escludendo la LXX e i Deuterocanonici inclusi come Maccabei, più per altro come ostilità politica contro i sadducei che sostennero le lotte dei Maccabei, il canone Palestinese è ancora in uso dagli ebrei.
Canone Samaritano o canone cortissimo.
I Samaritani staccatosi dagli ebrei verso il IV secolo hanno adottato solo il Pentateuco con aggiunta di Giosuè condottiero nominato da Mosè.

Fatto interessante che la scoperta dei rotoli del mar Morto, nelle grotte di Qumràn hanno evidenziato l’uso del canone lungo o Alessandrino da parte delle comunità di Qumràn, il che attesta la LXX come canone lungo, canone come si è detto in uso al tempo di Gesù e che la chiesa ha inserito nel proprio canone.
Allo stato attuale, le chiese cattoliche latine e quelle ortodosse hanno accettato il canone Alessandrino eccetto il 4° libro di Esdra e il 3° dei Maccabei.
I Protestanti al contrario hanno accettato il canone Palestinese, nonostante ciò considerano alcuni libri del canone Alessandrino utili per la pietà.
Il concilio di Trento del 1546 confermò il canone Alessandrino.

Ed è proprio nel libro dei Maccabei che viene narrato l’avvenimento che c’interessa.
2° Maccabei.
43Poi Giuda fece una colletta fra il suo esercito. Raccolse del denaro da ciascun soldato e mandò a Gerusalemme la somma di duemila monete d'argento, e con esse fece offrire un sacrificio per il perdono dei peccati. Il suo fu un gesto bello e nobile, suggerito dalla fiducia nella risurrezione. 44Infatti, se Giuda non avesse sperato che quei soldati caduti sarebbero risorti, non avrebbe avuto nessun senso pregare per i morti. 45Invece Giuda era sicuro che a quanti fanno una morte santa è destinata una ricompensa magnifica. Perciò egli si lasciò ispirare da un pensiero santo e bello. E proprio per quel motivo fece offrire un sacrificio per il perdono, perché quei morti fossero liberati dal loro peccato.

E’ altresì evidente che quei morti erano in peccato, ecco allora che Giuda fa offrire un sacrificio a loro favore, affinché Dio perdonasse tale peccato risuscitandoli a suo tempo dai morti.
Ecco allora che, non sapendo se un’anima sia al cospetto di Dio oppure no anche noi seguendo l’esempio di Giuda Maccabei offriamo dei “doni” a suffragio di queste anime affinché possono godere della beatitudine di Dio, e questo lo si fa chiedendo al sacerdote una messa per i defunti, come anche Giuda lo chiese ai sacerdoti del tempio per i propri defunti.

Le due donne dicono.
le ex suore: Che la Bibbia sia ispirata da Dio ce lo conferma la seconda lettera di Pietro 1,20s: «Sappiate prima di tutto questo: che nessuna profezia della Scrittura proviene da un’interpretazione personale. Infatti nessuna profezia venne mai dalla volontà dell’uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo»
C’è prima di tutto da evidenziare che il termine “Bibbia” come canone al tempo degli apostoli non esisteva, esisteva il canone Alessandrino, ma tale canone riguardava la Toràh, i Nebehim ( profeti) e i Ketubim (altri scritti) racchiusi nel termine di Tanach.

La citazione fatta dell’apostolo Pietro come anche di San Paolo in 2° Timoteo 3,16 i quali affermano che “Tutta la scrittura è ispirata” non ci dicono che tutta la Bibbia sia ispirata, sia Pietro che Paolo stavano facendo riferimento alle scritture ebraiche, il cristianesimo fonda le sue radici nell’ebraismo, nelle scritture ebraiche, scritture che il Cristo adempì portandole a compimento, da non dimenticare che i primi cristiani erano ebrei israeliti, osservanti della legge, quella legge che avrebbe condotto al Cristo, ecco dunque che nelle scritture cristiane o Neotestamentarie si fa riferimento alla “Legge” poiché la comprensione del cristianesimo può essere solo proiettandolo nella prima alleanza.

Il citare le scritture Veterotestamentarie come “Parola di Dio” ispirate dallo Spirito Santo, pone la base, certifica, legittima il Cristo come fine ultimo della legge, sicché come lo Spirito Santo “Mosse” gli agiografi antichi così lo stesso Spirito Santo “Muoveva” gli autori del nuovo patto, cosa importante che nessun agiografo neotestamentario affermava l’ispirazione del suo scritto, i primi cristiani hanno ereditato gli scritti sacri e non sentirono nessuna necessità di scriverne dei propri.
Predicando l’Evangelo di Gesù Cristo raccontavano dei fatti accaduti e tutto ciò che lo riguardava, trasmettendo oralmente queste informazioni, facendo dove era necessario riferimento alla Legge, come anche Gesù stesso fece riferimento alla Toràh quando confortò i discepoli di Emmaus.
Dunque, come facciamo a sapere che la “Bibbia” è ispirata quando sappiamo che nulla viene detto in merito a questo nel nuovo testamento?, quando gli agiografi tacciono su questo quesito?.

La Bibbia come la conosciamo noi e come dovrebbero conoscerla in modo maggiore queste due ex suore fu definita nel concilio di Cartagine nel IV secolo d.c, nel concilio di Firenze nel 1441 e nel concilio di Trento nel 1546, i Vescovi hai quali fu trasmessa la successione apostolica con le imposizioni delle mani sostenuti dallo Spirito Santo dichiararono che “Tutta la scrittura” ossia quella della Prima Alleanza e quella della Seconda come “Ispirati e infallibile parola di Dio”, questa Bibbia che le due donne credono come ispirata lo credono poiché la Chiesa ha garantito la loro infallibilità e la loro ispirazione, ma se si vuole delegittimare la Chiesa la quale “Ha legittimato la Bibbia” allora anche la Bibbia ne viene delegittimata, o almeno gli scritti neotestamentari, non si può credere nella Bibbia come ispirata e negare la Chiesa che ne ha dato certificazione dell’autenticità, o si accettano ambedue oppure si rifiutano ambedue.

Le due donne continuano dicendo.
le ex suore: La frase «sacrificio di Cristo fatto una volta per sempre» è ripetuta più volte nella lettera agli Ebrei: 9,26.28; 10,10.18. Cristiana e io ci chiedevamo: «Allora, la messa a che serve se non c’è bisogno di ripetizione? Se il sacrificio di Cristo, compiuto una volta per sempre alla croce, ha valore unico e infinito, perché perpetuarlo nel cosiddetto “sacrificio della messa”?».
L’apostolo Giovanni si esprime così.
-  "Giov. 3,16
16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.

Giovanni Battista identifica Gesù come 
-  “29Il giorno dopo, Giovanni vede Gesù venire verso di lui, e dice: "Ecco l'Agnello di Dio che prende su di sé il peccato del mondo.” Giov.1,29"

E’ evidente che Cristo si “addossò” tutti i peccati del genere umano, con la sua morte li inchiodò nella croce, Cristo prefigurato dall’agnello, innocente e immacolato divenne egli stesso “peccatore” facendosi carico dei peccati dell’umanità, e tale sacrificio che per gli occhi di molti poteva essere una scandalo lo fu una volta per tutte quando il suo perfetto corpo fu immolato sulla croce.

Con la croce Cristo ridiede vita ad “Adamo”, aprì la porta della riconciliazione tra Dio e l’umanità, ora di nuovo l’uomo poteva ri- percorrere quella via affinché fosse “adottato” come figlio di Dio, quella strada doveva essere percorsa nella “Grazia Santificante, nella santità, la quale è data solo dalla “comunione” con il corpo di Gesù Cristo, egli stesso disse di se Giov. 6,35 “35Gesù disse: "Io sono il pane che dà la vita. Chi si avvicina a me con fede non avrà più fame; chi mette la sua fiducia in me non avrà più sete.”

-  Giov.6, 48-51.
“48Io sono il pane che dà la vita. 49I vostri antenati, nel deserto, mangiarono la manna e poi morirono ugualmente; 50invece, il pane venuto dal cielo è diverso: chi ne mangia non morirà. 51Io sono il pane, quello vivo, venuto dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà per sempre. Il pane che io gli darò è il mio corpo, dato perché il mondo abbia la vita.”

Cosa compresero gli ascoltatori di queste parole?
-  Giov. 6, 52-57
“52Gli avversari di Gesù si misero a discutere tra di loro. Dicevano:
- Come può darci il suo corpo da mangiare?”
53Gesù replicò:
- Io vi dichiaro una cosa: se non mangiate il corpo del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia il mio corpo e beve il mio sangue ha la vita eterna, e io lo risusciterò l'ultimo giorno; 55perché il mio corpo è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane unito a me e io a lui. 57Il Padre è la vita: io sono stato mandato da lui e ho la vita grazie a lui; così, chi mangia me avrà la vita grazie a me.

Allora domandiamoci, quando e quanto, il discepolo avrebbe dovuto cibarsi del corpo e del sangue di Cristo?
Cristo stesso poco prima della sua morte istaura quella che è la S.Eucarestia.

Luca 22,15-20
" 15Poi disse loro: "Ho tanto desiderato fare questa cena pasquale con voi prima di soffrire. 16Vi assicuro che non celebrerò più la Pasqua, fino a quando non si realizzerà nel regno di Dio". 17Poi Gesù prese un calice, ringraziò Dio e disse: "Prendete questo calice e fatelo passare tra di voi. 18Vi assicuro che da questo momento non berrò più vino fino a quando non verrà il regno di Dio". 19Poi prese il pane, fece la preghiera di ringraziamento, spezzò il pane, lo diede ai suoi discepoli e disse: "Questo è il mio corpo, che viene offerto per voi. Fate questo in memoria di me". 20Allo stesso modo, alla fine della cena, offrì loro il calice, dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza che Dio stabilisce per mezzo del mio sangue, offerto per voi".


Il sacrificio della croce fu fatto una volta per tutte, ma il cristiano deve alimentarsi di quel sacrificio affinché possa rimanere nella “Grazia Salvifica”, ecco dunque che Gesù Cristo invita i suo discepoli a “Cibarsi” regolarmente del “suo corpo e del suo sangue”, “

-  " 19Poi prese il pane, fece la preghiera di ringraziamento, spezzò il pane, lo diede ai suoi discepoli e disse: "Questo è il mio corpo, che viene offerto per voi. Fate questo in memoria di me".

San Paolo riprende questo aspetto della partecipazione all’eucarestia

1° Corinzi cap.11
"20Ma quando vi riunite, la vostra cena non è di certo la Cena del Signore! "

Da ciò si evince la regolarità dell’Eucarestia

23Io ho ricevuto dal Signore quel che a mia volta vi ho trasmesso: nella notte in cui fu tradito, il Signore Gesù prese il pane,24fece la preghiera di ringraziamento, spezzò il pane e disse: "Questo è il mio corpo che è dato per voi. Fate questo in memoria di me". 25Poi, dopo aver cenato, fece lo stesso col calice. Lo prese e disse: "Questo calice è la nuova alleanza che Dio stabilisce per mezzo del mio sangue. Tutte le volte che ne berrete, fate questo in memoria di me".
26Infatti, ogni volta che mangiate di questo pane e bevete da questo calice, voi annunziate la morte del Signore, fino a quando egli ritornerà.

San Paolo afferma che “ Ogni volta”, Cristo afferma “ Fate questo in memoria di me”, ed effettivamente le comunità cristiane o per meglio dire la Chiesa nascente celebrava regolarmente L’Eucarestia, il cristiano celebrando la comunione con Cristo ne proclama il suo sacrificio, quel sacrificio che fu ed è a favore di tutta l’umanità una volta per tutte.
Citazioni dalla Bibbia TILC.

Continuano le ex suore dicendo.
L’Eucarestia
le ex suore: L’Eucaristia ha rappresentato il dubbio che per molto tempo ha occupato la mente e il cuore di Cristiana: ella non poteva credere che la transustanziazione fosse solo un ragionamento ricavato dalla teologia fatta da uomini (ideata da Tommaso d’Aquino) e privo di contenuto biblico. Gesù non disse: «Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue»? (cfr. Mt 26,26ss). Non affermò: «E il pane che io darò è la mia carne»? (Gv 6,51). Cristiana a causa di queste parole restava nel dubbio. 
I giudei e i discepoli inorridirono pensando di dover mangiare la sua carne, quando Gesù disse: «Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno, e il pane che io darò è la mia carne, che darò per la vita del mondo» (Gv 6,51). Egli chiarì molto bene il concetto qualche versetto più avanti: «È lo spirito che vivifica; la carne non è d’alcuna utilità; le parole che vi ho dette sono spirito e vita» (Gv 6,63).
Se il corpo di Cristo è un corpo non più terrestre, come possiamo nutrirci del suo corpo risuscitato? 1 Cor 15,42.49 ci dà al riguardo una risposta molto chiara, e Cristiana ne fu convinta. Anche qui bisogna «praticare il non oltre quel che è scritto» (1 Cor 4,6).
E’ evidente che l’affermazione di Gesù sul “mangiare la sua carne e bere il suo sangue” era qualcosa di scandaloso per gli ebrei, e da ebreo Gesù lo sapeva benissimo, ma egli è il fine della legge, colui che l’avrebbe completata, raffinata,
Nel sangue era simboleggiata la vita, e nei sacrifici animali il sangue doveva essere versato a terra, restituire a Dio il diritto della vita, usurpare tale diritto bevendo il sangue significava disprezzare chi di tale vita ne era e ne è la fonte, e per questo il trasgressore doveva essere messo a morte, Gesù sapeva tutto questo, e le sue parole “sembravano” una istigazione alla trasgressione, mettendo a rischio la sua stessa vita.

Certi ascoltatori si soffermarono all’aspetto esteriore della legge, ai divieti, sapendo che le affermazioni erano esattamente l’opposto della legge non si soffermarono ad interrogarlo, a chiedere, a capire cosa volesse dire Gesù con quelle parole, e come poteva un uomo di Dio dire certe cose?, i loro occhi erano chiusi le loro orecchie tappate, la loro mente offuscata.
“Volete andarvene anche voi?” chiese Gesù ai suoi apostoli, “da chi ce ne andremo, tu hai parola di vita eterna, tu sei il Santo di Dio”.
Con questo non vuol dire che i discepoli compresero ciò che Gesù disse in relazione alla sua carne, ma compresero che era il Santo di Dio, e che a suo tempo il Maestro avrebbe aperto la loro mente, seppero attendere.

Come il sostentamento degli ebrei nel deserto era dovuto ad un atto vivificante da parte di Dio, poiché tale atto cioè la Manna dal cielo significò vita per gli Israeliti, e tale vita era subordinata a cibarsi di quel “cibo”, in modo simile la vita eterna, la vera vita il fine ultimo dell’uomo è data dal “cibarsi” di una “nuova Manna”, essa era/è il sangue e la carne di Cristo, di colui che la cedette per salvare l’umanità estraniata da Dio, tale corpo e tale sangue avrebbero reso l’anima in comunione con Cristo ed immersa nell’Eterno amore del Padre facendoci essere figli adottati.
1° Corinzi sarà chiaro ma non per loro.
In questi versetti l’apostolo stava trattando i “due tipi” di corpi, quello carnale, materiale, soggetto alle leggi fisiche soggetto alla corruzione, alla debolezza, soggetto alla morte, tale corpo corrotto non può ereditare il regno dei cieli.

Ciò che era corrotto risuscita nell’incorruzione, non è più un corpo carnale nel senso d’appartenenza all’umanità ferita, bensì un corpo spirituale o spiritualizzato, Cristo il “Primogenito dei risorti” rivestì un corpo spirituale, non un corpo di spirito, ma spirituale, tale corpo divenne un corpo glorioso in quanto l’anima gloriosa rese il corpo glorioso, ma tale corpo era qualcosa che si poteva toccare, che poteva relazionarsi con il mondo materiale, un corpo composto di carne, sangue e ossa, ma che non è più condizionato dalla corruzione essendo risuscitato incorrotto, Gesù disse a Tommaso
Giovanni 20
26Otto giorni dopo, i discepoli erano di nuovo lì, e c'era anche Tommaso con loro. Le porte erano chiuse. Gesù venne, si fermò in piedi in mezzo a loro e li salutò: "La pace sia con voi". 27Poi disse a Tommaso:
- Metti qui il dito e guarda le mani; accosta la mano e tocca il mio fianco. Non essere incredulo, ma credente!

Il corpo del risuscitato Gesù era vero corpo.
Luca 24, 36 – 43
36Gli undici apostoli e i loro compagni stavano parlando di queste cose. Gesù apparve in mezzo a loro e disse: "La pace sia con voi!".
37Sconvolti e pieni di paura, essi pensavano di vedere un fantasma. 38Ma Gesù disse loro: "Perché avete tanti dubbi dentro di voi? 39Guardate le mie mani e i miei piedi! Sono proprio io! Toccatemi e verificate: un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho".
40Gesù diceva queste cose ai suoi discepoli, e intanto mostrava loro le mani e i piedi. 41Essi però, pieni di stupore e di gioia, non riuscivano a crederci: era troppo grande la loro gioia!
Allora Gesù disse: "Avete qualcosa da mangiare?". 42Essi gli diedero un po' di pesce arrostito. 43Gesù lo prese e lo mangiò davanti a tutti.

Ebbene quel corpo del Risorto è il cibo della vita, sicché quando
Il sacerdote pronuncia le parole consacratorie sicché il pane e il vino vengono trasformate in corpo e sangue di Cristo, al pane rimangono gli aspetti esteriori ma non la sostanza, la quale è stata transustanziata nel corpo di Cristo, lo stesso è del sangue.
Anche Lutero si espresse in questo modo “ “Vedo qui parole recise, chiare e potenti di Dio, che mi obbligano a confessare che Cristo, corpo e sangue, è nel Sacramento”.
E’ questo cibare la propria anima, che ne permette la sua fortificazione nello spirito, fortificazione racchiusa in una breve frase.
Giovanni 6, 53 – 57
53Gesù disse loro: "In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57 Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.

La Confessione.
Le due donne ex suore, si interrogano sul sacramento della confessione, affermando.
le ex suore: Che dire poi della confessione dei peccati fatta al sacerdote? Gesù non aveva detto prima a Pietro (Mt 16,19) e poi ai discepoli (Mt 18,18): «Tutte le cose che legherete sulla terra saranno legate in cielo; e tutte le cose che scioglierete sulla terra saranno sciolte nel cielo»? A Cristiana e a me sembrava normale dover confessare le proprie colpe al prete, del resto anche lui si confessa a un altro prete.
Infatti questo è il “modus operandi”.
Continuano dicendo.
le ex suore: Invece cosa significano le parole dell’Evangelo sopra citate? Significano che quando un credente evangelizza qualcuno e questi crede, accetta l’Evangelo, i suoi peccati sono sciolti, cioè perdonati, perché «l’Evangelo è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (Rom 1,16).
Allora a chi si devono confessare i peccati? Giacomo risponde: «Confessate dunque i peccati gli uni gli altri» (5,16).
A sostegno della loro idea citano.
le ex suore: Clemente Romano, un credente dei primi tempi del cristianesimo, in una sua epistola scrisse: «Il Signore nulla esige dagli uomini se non una confessione fatta a Lui». Del resto solo Dio può perdonare i nostri peccati: «Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimetterci tutti i nostri peccati e purificarci da ogni iniquità» (1 Gv 1,9)
Da ciò si evince uno stato confusionale in merito al Sacramento della Riconciliazione, per dare una risposta è necessario fare una genesi della confessione.
Esaminiamo prima di tutto la base evangelica della confessione.
Gesù Cristo disse” In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo.” Matt. 18,18 C.E.I
E’ altresì evidente che il perdono dei peccati, ossia perdonare le nostre mancanze lieve o grave che siano può farlo solo Cristo, in quanto il sangue versato a favore dell’umanità fu versato da Cristo e da nessun altro.
Le due donne suppongono che il cristianesimo sia una sorta di “fai da te”, una specie di anarchia in quanto ogni cristiano decide da se cosa fare come farlo e quando farlo, niente di più falso.

La Confessione non era ad appannaggio solo del cristianesimo i primi cristiani erano ebrei, osservanti della Toràh, e in essa c’era la confessione come popolo per i propri errori, l’israelita doveva offrire sacrificio per le proprie colpe e tale sacrificio era officiato dal sacerdote, vi era una prassi da seguire, non era possibile un perdono diretto, cioè la persona e Dio, il Santo d’Israele ha stabilito una forma nella quale l’ebreo era obbligato a seguire se voleva essere perdonato, non c’erano altri modi.

Il cristianesimo segue lo stesso principio, Cristo fondamento della sua Chiesa, ha scelto dodici apostoli, come pietre miliari della sua chiesa e su queste pietre le quali poggiavano sul fondamento di Cristo, si eresse la struttura della chiesa, a chi dunque furono riferite le parole di Matteo 18,18? Se non ai suoi apostoli, il fulcro, l’ipocentro della Sua chiesa, ed erano coloro che potevano “sciogliere” oppure “legare”, il fatto che in cielo si sarebbe sciolto o legato lo sarebbe stato in base all’azione degli apostoli, azione che sarebbe stata trasmessa ai loro successori con l’imposizione delle mani e la discesa dello Spirito Santo, tali successori erano gli “Episkopos” o Vescovi, essi continuarono a legare o scioglie, e altri vescovi dopo di loro fino ai giorni nostri, il potere di rimettere i peccati, questo potere esercitato da Gesù sulla terra lo ha trasmesso dunque hai suoi apostoli, in quel momento essi agiscono in “Persona Christi ” identificandosi con lui, tale identificazione è così forte e profonda che all’atto assolutorio non dice “Cristo ti assolve” bensì “Io ti assolvo”.

Abbiamo detto che la confessione si doveva al Vescovo quale successore apostolico, il vescovo a sua volta a “mandato” ai “Presbiteros” (sacerdoti ministeriali) alcune funzioni sacramentali, ed una di queste è il sacramento della riconciliazione, della confessione, e solo seguendo questo iter che il cristiano viene da Dio perdonato dai suoi peccati, il fatto di chiedere perdono direttamente a Dio dimostra una contrizione di cuore e mette il cristiano nella posizione favorevole di ricevere la Grazia Santificante tramite una confessione liberatoria.

Vediamo qualche scrittura a supporto di questo.
1Giovanni 1:9
Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità.
Giacomo 5:16
Confessate dunque i vostri peccati gli uni agli altri, pregate gli uni per gli altri affinché siate guariti; la preghiera del giusto ha una grande efficacia.
Giovanni 20:23
A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi li riterrete, saranno ritenuti».

Per concludere possiamo dire che il sacramento della confessione è tale in seno alle chiese cattoliche, anche se può variare il metodo tra di esse.
Facciamo brevemente un excursus su come viene celebrato il sacramento della confessione.
Per il Cattolico di rito Latino “ I fedeli sono tenuti a confessarsi dal sacerdote almeno una volta all’anno. È obbligatoria la confessione dei peccati gravi cioè mortali.
La confessione dei peccati veniali è facoltativa.”

Per la Chiesa Ortodossa “ Le Chiese ortodosse sostanzialmente celebrano il sacramento come la Chiesa cattolica. Ma non c’è l’obbligo di confessarsi almeno una volta all'anno. È obbligatorio confessare i peccati gravi prima di fare la Santa Comunione.”
Con un distinguo.
Presso i caldei non si comincia a confessarsi prima dei 15 o 16 anni. Inoltre sacerdoti e diaconi sono completamente dispensati.

I cristiani ortodossi d’Etiopia si confessano solo in punto di morte.

Nella Chiesa russa si comincia a confessarsi dal momento in cui si acquisisce l’uso di ragione.

Per i greci, poi, la confessione rimette totalmente non solo la pena eterna, ma anche la pena temporanea.

Mentre per i protestanti.
I protestanti di vario genere non ammettono la sacramentalità della Riconciliazione.
Interpretano le parole di Gesù “a chi rimetterete i peccati” nel senso che uno accusa al fratello o alla comunità i propri peccati. Ma questa pratica è presso che abbandonata o ridotta ad un’accusa generica come quella del nostro “confesso a Dio onnipotente”, la confessione pubblica e la penitenza pubblica (caso eclatante dei Lapsi) fu abbandonata all’epoca Carolingia, per essere sostituita con quella tutt’ora in uso, la confessione auricolare, molto più consona.

Il Vescovo Clemente Romano non ha detto nulla in particolare, ha riaffermato il perdono di Dio tramite la confessione, confessare a Dio i nostri peccati tramite il mezzo che Cristo stesso ha indicato, la sua Chiesa, affinché ciò “ che sarà assolto in terra lo sarà anche in cielo”

La Madonna.
Le due ex – suore continuano la loro esternazione.
le ex suore: Un altro «credo», molto caro al magistero cattolico, ma certamente molto più caro al popolo cattolico, è la Madonna. Sia per Cristiana sia per me fu un argomento di studio e di ricerca molto accurato perché tutt’e due eravamo devotissime a Maria. Ci sembrava impossibile non doverci rivolgere a lei, pregarla e chiedere la sua protezione; dicevamo: «È la mamma di Gesù! È la mamma di tutti!». Iniziammo le nostre ricerche… e poiché Gesù dalla croce affidò la sua mamma a Giovanni, abbiamo cercato nei suoi scritti cosa avesse detto di Maria; non trovammo nessun riferimento alla madre di Gesù che giustificasse la devozione popolare a Maria, tanto meno i dogmi mariani.
Strano come questa loro “devozione” sia naufragata così facilmente, da buon neo-protestante cercano “dov’è scritto?”, dimenticando che la Bibbia è figlia della Traditio, o pensano che nella Bibbia vi sia scritto “Tutto” ciò che concerne la missione di Cristo?, dimenticano anche che Gesù non ci ha lasciato nulla, ne dei “detti” ne tantomeno dei “Fatti”, sicché tutto quello che sappiamo è grazie alla “Tradizione Apostolica”, questa tradizione che comprende “Anche la Bibbia”, ed è appunto sulla tradizione e nella tradizione che sappiamo della venerazione di Maria.

Vorrei chiedere a queste due donne, perché la scrittura riporta questa frase detta da Gesù sulla croce? “ 26 Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». 27 Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.” Giov.19.

L’apostolo Giovanni ci riporta l’espressione “Donna” e non “Maria” o "Madre" per quale motivo Gesù nel suo stato finale apostrofa la propria mamma con il nome di “Donna?”(come nel racconto delle nozze di Canaan), cosa voleva trasmettere? E perché chiama il discepolo con l’appellativo “Figlio” e non con il proprio nome di “Giovanni?”, è evidente che qui Gesù stava comunicando qualcosa che andava oltre il rapporto di parentela o di amicizia.

L’appellativo di “Donna” ripreso dalla 1°Alleanza era inerente alla donna “Figlia di Sion” , quella figlia rappresentante del patto tra Israele e Dio, Gesù come osservante ebreo sapeva questo e prendendo tale appellativo lo trasferisce a quello che chiamiamo 2° Alleanza, ecco dunque che rivolgendosi a sua madre chiamandola “Donna” ne fa rappresentazione di tutto il popolo radunato sotto la croce, così come vi è stata unità tra la madre e Gesù così vi è unità tra la “Donna” (che ha permesso al Divino di farsi umano) ed il popolo, la "Donna" non solo la madre di Giovanni (figlio) o degli apostoli, essa è madre di tutti i credenti, dunque "Madre della Chiesa", da quel momento, sotto la croce Maria la "Donna" ebbe un nuovo inizio, più elevato più sublime essa divenne di nuovo madre ma, non più secondo la carne bensì secondo lo spirito, poiché per mezzo dello Spirito Santo ha reso suoi figli coloro che hanno rivolto il loro sguardo al crocifisso.

Rendendo Giovanni “Figlio” a reso tutta l’umanità credente, unita alla “Donna” come un figlio verso la madre, Giovanni il “Figlio” rappresenta tutti coloro che giungono sotto la croce rendendosi figli della donna chiamandola “nostra Madre” rendendosi dunque fratelli in Cristo e figli adottivi di Dio.
Così, le prime comunità cristiane videro in Maria colei che poteva intercedere verso il suo figlio a loro favore, come nelle nozze di Canaan intercesse a favore dei padroni di casa, che sia così è attestato anche da varie iconografie come ad esempio nelle catacombe di Santa Priscilla a Roma, dove c’è (tra le molte) un’immagine della Madonna con il bambino risalente alla metà del II secolo d.c.
le ex suore: Se Maria fosse stata assunta in cielo, si sarebbe scritto di quest’eccezione come un caso unico.
Il Kerygma riguarda ciò che concerne la nostra salvezza, vi sono molte cose che la “Bibbia” non dice, dobbiamo forse dire che non esistono?, ricordo che la Bibbia altro non è che una parte della “Traditio” messa per iscritto, se si volesse cercare il “dov’è scritto”. Allora queste due donne mi dovrebbero rispondere dove sia scritto quello che Gesù ha detto o quello che ha fatto, poiché personalmente non conosco nessun scritto autografo di Gesù, vuol dire che siccome non abbiamo nessun scritto autografo non sappiamo nulla di lui?

Noi sappiamo della vita o parte della vita di Gesù grazie alla Tradizione Apostolica, perché è proprio la Tradizione che ne da informazione mettendo per iscritto ciò che ritiene essere importante per la nostra salvezza, tale Tradizione Apostolica nella sua interezza viene trasmessa per successione ai Vescovi con le imposizioni delle mani, ad essi viene trasmessa questa “Traditio” nella quale la “Bibbia” è una sua parte.

Riguardo dunque alla Madonna alcune cose sono dette esplicitamente altre implicitamente ed altre ancora vengono dedotte.
Ora che Maria sia senza peccato mi pare che sia ovvio anche a queste due neo protestanti, Gesù senza peccato non poteva nascere da una radice peccaminosa, un albero marcio da frutti marci, un albero buono da frutti buoni, Gesù doveva avere una madre la quale sia stata concepita senza il peccato solo così Maria avrebbe generato un figlio senza peccato.

In merito alla sua assunzione in cielo è Tradizione che Maria fosse stata assunta con il corpo, e questo si deduce da quanto segue.
La morte è il risultato del peccato (parliamo della morte “naturale”) quindi tutto il genere umano è morto e morirà a causa di questo, Maria essendo concepita senza peccato non poteva soggiacere alla morte in quanto mancava la causa della morte cioè il peccato, vuol dire che Maria non sia morta?.
Per comprendere questo passaggio bisogna comprendere l’implicazione che porta la morte, nel momento che si muore il corpo inizia la decomposizione, l’apostolo Paolo la chiama “Corruttibilità”, azione che rende il corpo “polvere”, tutto ciò è la conseguenza dello stato peccaminoso, Maria dunque non è morta secondo questo concetto di morte, ma in uno stato di “sonno” ossia, il corpo è morto secondo la nostra concezione della morte ma non essendo sottoposto alla corruzione è stato trasformato in un corpo glorioso come lo fu del Cristo, ecco che in quello stato di “ Dormizione” Maria è passata da uno stato sensibile ad uno sovrasensibile essendo stata portata in cielo con il suo corpo.

Maria, madre di Dio.

A Maria è stato concesso un massimo dono che una creatura possa avere, quello di servire Dio in un modo sublime, una Grazia che nessun altra creatura ha mai avuto e mai avrà, un servizio che per Lei donna, si compie nella forma più alta del servire, la maternità.

Diviene madre, non di un uomo secondo il generare umano, sia esso pure grande, ma, diviene Madre di Colui che è Dio sin dall’Eternità e comincia ad essere Uomo nel primo istante in cui, per opera dello Spirito Santo, Maria lo concepisce nel suo seno.

Isaia profetizzò questo quando disse " Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la Vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà l'Emmanuele" 7,14.
Nel vangelo di Matteo, ci dice chi sia "Emmanuele", “Tutto questo avvenne perchè si adempisse ciò che era stato detto
dal Signore per mezzo del profeta: 'Ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato l'Emmanuele, che significa Dio con noi"'. 1,22-23
In Isaia 9,5 leggiamo, “Poichè un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il regno della sovranità ed è chiamato: Consigliere Ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace"
Luca 1,43 dice "A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me?”.
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Ecco dunque che nel terzo concilio di Efeso nel 431 a Maria fu attribuito il titolo di “Theotokos” cioè “Madre di Dio”.

E’ altresì evidente che Maria non è “madre di Dio” in quanto a “Divinità”, è ovvio che non può essere madre di un Dio, ma Ella è madre di un Dio incarnato come uomo, ed è in questo senso che Maria è Madre di Dio poiché essa è genitrice di “Dio come uomo”.

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