25 gennaio 2014

Le migliaia di ebrei salvati in chiese e conventi

Si riaccende la polemica sui "silenzi" di Pio XII. Ma parlano i fatti. La Chiesa cattolica diede rifugio a un gran numero di israeliti. Un commento della storica ebrea Anna Foa 

ROMA, 23 gennaio 2014 – Fresco di una visita al suo amico di lunga data Jorge Mario Bergoglio e prossimo suo compagno di viaggio in Israele, il rabbino argentino Abraham Skorka ha detto al Sunday Times a proposito del pontificato di Pio XII: "Credo che il papa aprirà gli archivi".

Con ciò Skorka non ha rivelato nulla di nuovo, ma sono bastate queste poche parole ad eccitare le attese di un'apertura imminente degli archivi riguardanti papa Eugenio Pacelli, addirittura prima del viaggio di Francesco in Terra Santa, in programma dal 24 al 26 maggio.

Già negli anni Sessanta Paolo VI aveva fatto pubblicare – in eccezionale anticipo sui tempi – ben dodici grossi volumi di documenti vaticani del periodo della seconda guerra mondiale.

Ma ora si aspetta che papa Francesco metta a disposizione la documentazione completa del pontificato di Pio XII, dal 1939 al 1958, una documentazione che comprende sedici milioni di fogli, più di 15 mila buste, 2.500 fascicoli.

In Vaticano sono sei anni che si lavora a dare ordine a questa imponente mole di carte, per renderla effettivamente consultabile dagli studiosi. E il prefetto dell'archivio segreto vaticano, il vescovo Sergio Pagano, ha detto al Corriere della Sera che "ci vorrà ancora un anno, un anno e mezzo".

Fu Benedetto XVI a dare impulso all'apertura degli archivi di Pio XII. Ma quando alla fine del 2009 proclamò le virtù eroiche di quel papa, primo passo sulla via della canonizzazione, le polemiche sui presunti suoi silenzi durante la Shoah ebbero un ritorno di fiamma. Lo Yad Vashem di Gerusalemme, il museo della memoria, giudicò "deplorevole" che venissero riconosciute le virtù prima della pubblicazione di tutti i documenti.

Risalgono a quel periodo le "impazienze" dell'allora arcivescovo di Buenos Aires, Bergoglio – in colloqui con il rabbino Skorka poi raccolti in un libro –, circa l'apertura degli archivi riguardanti Pio XII, al fine di "capire se si trattò di un errore di visione o cosa accadde realmente", poiché "se abbiamo sbagliato in qualcosa dovremo dire: 'Abbiamo sbagliato in questo'. Non dobbiamo avere paura di farlo".

Nel frattempo, però, gli studi sul pontificato di Pio XII e gli ebrei hanno fatto notevoli passi avanti in un'altra direzione, meno ideologica e più concreta: ricostruendo ciò che accadde alle migliaia di israeliti che ebbero salva la vita trovando rifugio in chiese e conventi di Roma e d'Italia.

Le ricerche in proposito sono molto avanzate. E da esse risulta con sempre maggiore chiarezza che il salvataggio di tanti ebrei fu non solo consentito ma anche coordinato dai sommi vertici della Chiesa.

"Si cancella così l’immagine proposta negli anni Sessanta di un papa Pio XII indifferente alla sorte degli ebrei o addirittura complice dei nazisti", ha sostenuto pochi giorni fa una storica ebrea di primo piano, Anna Foa.

Non solo. Queste ricerche gettano luce su una solidarietà di vita, instauratasi in quel periodo tra preti e suore e gli ebrei nascosti nei loro edifici, che è stata antesignana del dialogo tra Chiesa ed ebraismo avviatosi decenni dopo.

Anna Foa ha descritto questa realtà in un convegno tenuto a Firenze il 19 e 20 gennaio. Quello che segue è il testo quasi integrale del suo intervento, pubblicato su "L'Osservatore Romano" del 20-21 gennaio.

Anna Foa è una firma ricorrente del quotidiano della Santa Sede. Insegna storia moderna all'Università di Roma La Sapienza.

di Sandro Magister