28 agosto 2012

Irlanda, accusato di pedofilia, padre Eugene è risultato innocente: «Mi ha sostenuto la fede»

Nel 2010 fu accusato di tentati abusi sessuali risalenti agli anni Novanta. Ma a giugno la corte di Londonderry lo ha dichiarato “non colpevole”. E ora racconta la sua storia.

Dopo due anni di sospensione è stato dichiarato innocente. Per padre Eugene Boland è stato il “peggior incubo per un sacerdote”, ma lui ne è uscito a testa alta: la corte di Londonderry, Irlanda del Nord, lo ha assolto lo scorso giugno dall’accusa di aver tentato violenze sessuali ai danni di una donna, ora trentasettenne, che nel 2010 lo aveva denunciato per fatti risalenti agli inizi degli anni Novanta, quando padre Eugene era di servizio in una parrocchia della città e la vittima aveva solo quattordici anni. E ora che la tempesta è passata, Boland racconta la sua storia al giornale irlandese Independent.

Originario del Donegal, è uno di quei sacerdoti che ha pagato sulla sua pelle la bufera della pedofilia nella Chiesa irlandese, vittima del clima di sospetto che si è creato intorno alle prelature dell’isola verde. Tanti sacerdoti sono rimasti coinvolti nello scandalo, ma alcuni ingiustamente. Padre Eugene è uno di questi: lui si è sempre dichiarato innocente, fin da quando, più di due anni fa, ricevette una telefonata dal suo vescovo che gli annunciava una notizia poco piacevole per lui: un’accusa gravava nei suoi confronti. «Fu un giorno triste. Tutto accadeva così improvvisamente. È il peggior incubo per un sacerdote. Ero sotto shock. Non sapevo che tipo di accusa fosse, né chi la stesse portando avanti. Arrivi a immaginarti qualsiasi tipo di cosa. Quando avevo sentito di accuse verso altri, pensavo sempre: “Cosa farei io se saltasse fuori qualcuno e mi muovesse un’accusa di fatti risalenti a 20 o 30 anni fa e ci fosse solo la sua parola contro la mia?”. Ecco, ora stava accadendo a me».

Solo il giorno dopo padre Eugene scoprì tutto: il nome della persona che lo accusava, il crimine imputatogli, i dettagli della vicenda. «Ci si creda o no, in realtà mi sentivo alleggerito perché sapevo di non aver fatto nulla di male nei confronti di questa persona». Ma il sacerdote doveva difendersi: i suoi superiori lo sollevarono dall’incarico. Era il 15 agosto, il giorno in cui celebrò l’ultima messa e annunciò il fatto alla sua congregazione: «Dissi loro che per motivi di tutela dei bambini dovevo lasciare l’incarico dal ministero pubblico».

I mesi passarono, e padre Eugene si mise in attesa della sentenza: molte persone erano con lui, credendo nella sua innocenza: «Ricevetti dalle 3 alle 400 lettere». Poi la polizia lo convocò: «Fu un’esperienza sconvolgente. Era la prima volta che mi accadeva nella vita, e il clima era molto ostile». Finché finalmente, nel giugno 2012, arriva il momento dell’udienza davanti alla corte: otto giorni di processo e il caso torna su tutti i giornali. Le cinque accuse all’inizio sembrano insovvertibili, ma i testimoni portati dalla difesa hanno dato sostegno al sacerdote: nessun tentativo di abuso, padre Eugene è soltanto una persona molto calorosa, ma nei suoi comportamenti non c’è mai stato nulla di inappropriato.

E così, viene dichiarato “non colpevole”: è libero di andare e tornare in servizio. Nessuna remora nei confronti di chi lo ha accusato. Ora vuole solo tornare in parrocchia a servire la Chiesa e i tanti amici che lo hanno sostenuto in questi mesi, forte di una cosa: «Non ho mai messo in dubbio la mia fede. È stata lei a sostenermi».

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