4 aprile 2018

Le parole di Francesco sull'inferno: “eterno abisso di solitudineˮ

Papa Bergoglio ha citato numerose volte gli inferi, che non sono un luogo ma uno stato nel quale si sceglie di essere rifiutando l'amore di Dio



CITTÀ DEL VATICANO
Papa Francesco nei primi cinque anni di pontificato ha parlato moltissime volte del demonio, essere personale e tentatore, e ha citato in varie occasioni anche l'inferno. La pena principale dell'inferno, si legge nel Catechismo della Chiesa cattolica al numero 1035 «consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira». Il magistero della Chiesa insegna che esiste dopo la morte terrena uno stato, non un luogo, che spetta a chi è morto nel peccato grave e ha perduto la grazia santificante con un atto personale. Questo stato comporta la privazione dolorosa della visione di Dio. 
La prima citazione esplicita dell'inferno Papa Bergoglio l'ha fatta il 21 marzo 2014, nella parrocchia romana di San Gregorio VII, incontrando i membri dell'associazione “Liberaˮ che combatte le mafie. «Sento che non posso finire senza dire una parola ai grandi assenti, oggi, ai protagonisti assenti: agli uomini e alle donne mafiosi. Per favore, cambiate vita, convertitevi, fermatevi, smettete di fare il male! E noi preghiamo per voi. Convertitevi, lo chiedo in ginocchio; è per il vostro bene. Questa vita che vivete adesso, non vi darà piacere, non vi darà gioia, non vi darà felicità. Il potere, il denaro che voi avete adesso da tanti affari sporchi, da tanti crimini mafiosi, è denaro insanguinato, è potere insanguinato, e non potrete portarlo nell’altra vita. Convertitevi, ancora c’è tempo, per non finire all’inferno. È quello che vi aspetta se continuate su questa strada. Voi avete avuto un papà e una mamma: pensate a loro. Piangete un po’ e convertitevi».

Tre mesi, dopo, l'11 giugno 2014, Francesco torna sull'argomento, parlando a braccio nel corso dell'udienza del mercoledì dedicata ai doni dello Spirito Santo. «Ma, stiamo attenti, perché il dono di Dio, il dono del timore di Dio è anche un “allarme” di fronte alla pertinacia nel peccato. Quando una persona vive nel male, quando bestemmia contro Dio, quando sfrutta gli altri, quando li tiranneggia, quando vive soltanto per i soldi, per la vanità, o il potere, o l’orgoglio, allora il santo timore di Dio ci mette in allerta: attenzione! Con tutto questo potere, con tutti questi soldi, con tutto il tuo orgoglio, con tutta la tua vanità, non sarai felice. Nessuno può portare con sé dall’altra parte né i soldi, né il potere, né la vanità, né l'orgoglio. Niente! Possiamo soltanto portare l’amore che Dio Padre ci dà, le carezze di Dio, accettate e ricevute da noi con amore. E possiamo portare quello che abbiamo fatto per gli altri. Attenzione a non riporre la speranza nei soldi, nell’orgoglio, nel potere, nella vanità, perché tutto ciò non può prometterci niente di buono!».

Pur non citando esplicitamente la parola inferno è evidente il riferimento a uno “statoˮ doloroso dopo la morte che è destinato a quanti fino all'ultimo rifiutano Dio. «Penso per esempio alle persone che hanno responsabilità sugli altri e si lasciano corrompere; voi pensate che una persona corrotta sarà felice dall’altra parte? No, tutto il frutto della sua corruzione ha corrotto il suo cuore e sarà difficile andare dal Signore. Penso a coloro che vivono della tratta di persone e del lavoro schiavo; voi pensate che questa gente che tratta le persone, che sfrutta le persone con il lavoro schiavo ha nel cuore l’amore di Dio? No, non hanno timore di Dio e non sono felici. Non lo sono. Penso a coloro che fabbricano armi per fomentare le guerre; ma pensate che mestiere è questo. Io sono sicuro che se faccio adesso la domanda: quanti di voi siete fabbricatori di armi? Nessuno, nessuno. Questi fabbricatori di armi non vengono a sentire la Parola di Dio! Questi fabbricano la morte, sono mercanti di morte e fanno mercanzia di morte. Che il timore di Dio faccia loro comprendere che un giorno tutto finisce e che dovranno rendere conto a Dio».

All'Angelus del 2 Novembre 2014, giorno della commemorazione dei defunti, il Papa ha così pregato: «Volgi su di noi il tuo sguardo pietoso, che nasce dalla tenerezza del tuo cuore, e aiutaci a camminare sulla strada di una completa purificazione. Nessuno dei tuoi figli vada perduto nel fuoco eterno dell’inferno, dove non ci può essere più pentimento». 

L'8 marzo 2015, dialogando con i parrocchiani di Santa Maria Madre del Redentore a Tor Bella Monaca, Papa Bergoglio ha detto: «Voi sapete che c’era un angelo molto orgoglioso, molto orgoglioso; che era molto intelligente. E lui aveva invidia di Dio, capite? Aveva invidia di Dio. Voleva il posto di Dio. E Dio ha voluto perdonarlo, ma lui diceva: “Io non ho bisogno di perdono, io sono sufficiente a me stesso!”. Questo è l’Inferno: dire a Dio: “Arrangiati tu, che io mi arrangio da solo”. All’Inferno non ti mandano: ci vai tu, perché tu scegli di essere lì. L’Inferno è volere allontanarsi da Dio perché io non voglio l’amore di Dio. Questo è l’Inferno. Hai capito? È una teologia un po’… facile da spiegare, ma è questo. Il diavolo è all’Inferno perché lui l’ha voluto: mai un rapporto con Dio».
«Ma, se tu sei … pensa a un peccatore: se tu fossi un peccatore tremendo, con tutti i peccati del mondo, tutti; e poi, ti condannano alla pena di morte; e quando stai lì, bestemmi, insulti, tante cose… E al momento di andare lì, alla pena di morte, quando stai per morire, guardi il Cielo e dici: “Signore…!”. Dove vai, in Cielo o all’Inferno?… In Cielo, vai, perché c’era un altro che era un ladrone, ma un ladro di quelli… È stato crocifisso vicino a Gesù. E uno di questi due ladri insultava Gesù. Questo non credeva a Gesù; sopportava i dolori fino alla morte. Ma a un certo punto, qualcosa s’è mosso dentro e ha detto: “Signore, abbi pietà di me!”. E cosa ha detto Gesù? Ti ricordi cosa ha detto? “Oggi, questa sera, sarai con me nel Paradiso”. Perché? Perché ha detto “ricordati”, “guardami”. Va all’Inferno soltanto colui che dice a Dio: “Non ho bisogno di Te, mi arrangio da solo”, come ha fatto il diavolo che è l’unico che noi siamo sicuri che sia all’Inferno».

Alla fine del 2015 viene reso noto il messaggio del Papa per la Quaresima 2016. Nel testo si legge: «Le opere corporali e quelle spirituali non vanno perciò mai separate. È infatti proprio toccando nel misero la carne di Gesù crocifisso che il peccatore può ricevere in dono la consapevolezza di essere egli stesso un povero mendicante. Attraverso questa strada anche i “superbi”, i “potenti” e i “ricchi” di cui parla il Magnificat hanno la possibilità di accorgersi di essere immeritatamente amati dal Crocifisso, morto e risorto anche per loro. Solo in questo amore c’è la risposta a quella sete di felicità e di amore infiniti che l’uomo si illude di poter colmare mediante gli idoli del sapere, del potere e del possedere. Ma resta sempre il pericolo che, a causa di una sempre più ermetica chiusura a Cristo, che nel povero continua a bussare alla porta del loro cuore, i superbi, i ricchi ed i potenti finiscano per condannarsi da sé a sprofondare in quell’eterno abisso di solitudine che è l’inferno».

Il 25 novembre 2016, nell'omelia della messa a Santa Marta Bergoglio si sofferma su una frase dell'Apocalisse: «Poi la morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco». «Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco», ha spiegato. In realtà, ha aggiunto, «la dannazione eterna non è una sala di tortura, questa è una descrizione di questa seconda morte: è una morte». E «quelli che non saranno ricevuti nel regno di Dio è perché non si sono avvicinati al Signore: sono quelli che sono sempre andati per la loro strada, allontanandosi dal Signore e passano davanti al Signore e si allontanano da soli». Perciò «la dannazione eterna è questo allontanarsi continuamente da Dio, è il dolore più grande: un cuore insoddisfatto, un cuore che è stato fatto per trovare Dio ma per la superbia, per essere stato troppo sicuro di se stesso, si è allontanato da Dio». Invece Gesù ha cercato di attrarre i superbi «con parole di mitezza» dicendo: «Vieni». E lo dice per perdonare. «Ma i superbi — ha proseguito Francesco — si allontanano, vanno per la loro strada e questa è la dannazione eterna: lontani per sempre dal Dio che dà la felicità, dal Dio che ci vuole tanto bene». In realtà «non sappiamo» se «sono tanti», ma «sappiamo soltanto che questa è la strada della dannazione eterna». L’allontanamento, dunque, è «il fuoco di non potersi avvicinare a Dio perché non voglio». È l’atteggiamento di coloro «che ogni volta che il Signore si avvicinava loro dicevano: “va’ via, me la cavo da solo”. E continuano a cavarsela da soli nell’eternità: questo è tragico».

Infine, il 13 maggio 2017, nell'omelia della messa del centenario delle apparizioni di Fatima, celebrata sul sagrato del grande santuario mariano portoghese, Francesco ha ricordato l’immagine dell’Apocalisse della donna vestita di sole, in procinto di dare alla luce un figlio: «La Vergine Madre non è venuta qui perché noi la vedessimo: per questo avremo tutta l’eternità, beninteso se andremo in Cielo. Ma Ella, presagendo e avvertendoci sul rischio dell’inferno a cui conduce una vita – spesso proposta e imposta – senza Dio e che profana Dio nelle sue creature, è venuta a ricordarci la Luce di Dio che dimora in noi e ci copre».

Queste sono le parole pronunciate pubblicamente o scritte da Francesco, che richiamano ciò che la Chiesa crede sull'inferno. E nel giorno in cui il Papa invita a salutare il suo predecessore facendogli augurare “Buona Pasqua!ˮ da tutti i fedeli radunati in piazza San Pietro è confortante ricordare una risposta di Benedetto XVI contenuta nel libro-intervista con Peter Seewald “Ultime conversazioniˮ. Alla domanda se avesse una preghiera preferita, il Papa emerito ha risposto citandone più una. Tra queste anche quella di san Francesco Saverio: «Io ti amo non perché puoi darmi il paradiso o condannarmi all’inferno, ma perché sei il mio Dio. Ti amo perché Tu sei Tu».

Nessuno dei tuoi figli vada perduto nel fuoco eterno dell’inferno