7 febbraio 2015

Sacerdoti martiri nell'oblio che durante la guerra civile in Italia (1943-1945), immolarono la vita per restare fedeli alla loro missione di apostoli di Cristo.

Vittime della ferocia dei nemici della fede e della patria, i partigiani comunisti

DON GIUSEPPE AMATELO, parroco di Coassolo (Torino), ucciso a colpi di ascia dai partigiani comunisti il 15 marzo 1944 perché aveva deplorato gli eccessi dei guerriglieri rossi;

DON GENNARO AMATO, parroco di Locri (Reggio Calabria), ucciso nell'ottobre 1943 dai capi della repubblica comunista di Caulonia;

DON ERNESTO BANDELLI, parroco di Bria, ucciso dai partigiani slavi a Bria, il 30 aprile 1945;

DON VITTORIO BAREL, economo del seminario di Vittorio Veneto, ucciso il 26 ottobre 1944 dai partigiani comunisti;

DON STANISLAO BARTHUS, della Congregazione di Cristo Re (Imperia), ucciso il 17 agosto 1944 dai partigiani perché in una predica aveva deplorato le «violenze indiscriminate dei partigiani»;

DON DUILIO BASTREGHI, parroco di Cigliano e Capannone Pienza, ucciso la notte del 3 luglio 1944 dai partigiani comunisti che lo avevano chiamato con un pretesto;

DON CARLO BEGHÈ, parroco di Novegigola (Apuania), sottoposto il 2 marzo 1945 a finta fucilazione che gli produsse una ferita mortale;

DON FRANCESCO BONIFACIO, curato di Villa Gardossi (Trieste), catturato dai miliziani comunisti iugoslavi l'11 settembre 1946 e gettato in una foiba;

DON LUIGI BORDET, parroco di Hône (Aosta), ucciso il 5 marzo 1946 perché aveva messo in guardia i suoi parrocchiani dalle insidie comuniste;

DON SPERINDIO BOLOGNESI, parroco di Nismozza (Reggio Emilia), ucciso dai partigiani comunisti il 25 ottobre 1944;

DON CORRADO BORTOLINI, parroco di Santa Maria in Duno (Bologna), prelevato dai partigiani il 1° marzo 1945 e fatto sparire;
Don Raffaele Bortolini, canonico della Pieve di Cento, ucciso dai partigiani la sera del 20 giugno 1945;

DON LUIGI BOVO, parroco di Bertipaglia (Padova), ucciso il 25 settembre 1944 da un partigiano comunista poi giustiziato;

DON MIROSLAVO BULLESCHI, parroco di Monpaderno (Diocesi di Parenzo e Pola), ucciso il 23 agosto 1947 dai comunisti iugoslavi;

DON TULLIO CALCAGNO, direttore di Crociata Italica, fucilato dai partigiani comunisti a Milano il 29 aprile 1945;

DON SEBASTIANO CAVIGLIA, cappellano della Guardia Nazionale Repubblichina, ucciso il 27 aprile 1945 ad Asti;

PADRE CRISOSTOMO CERAGIOLO o.f.m., cappellano militare decorato al valor militare, prelevato il 19 maggio 1944 da partigiani comunisti
nel convento di Montefollonico e trovato cadavere in una buca con le mani legate dietro la schiena;

DON ALDEMIRO CORSI, parroco di Grassano (Reggio Emilia), assassinato nella sua canonica, con la domestica Zeffirina Corbelli, da partigiani comunisti, la notte del 21 settembre 1944;

DON FERRUCCIO CRECCHI, parroco di Levigliani (Lucca), fucilato all'arrivo delle truppe di colore nella zona su false accuse dei comunisti del luogo;

DON ANTONIO CURCIO, cappellano dell'11° Battaglione Bersaglieri, ucciso il 7 agosto 1941 a Dugaresa da comunisti croati;

PADRE SIGISMONDO DAMIANI o.f.m., ex cappellano militare, ucciso dai comunisti slavi a San Genesio di Macerata l'11 marzo 1944;

DON TEOBALDO DAPORTO, ARCIPRETE di Castel Ferrarese, Diocesi di Imola, ucciso da un comunista nel settembre 1945;

DON EDMONDO DE AMICIS, cappellano pluridecorato della Prima Guerra Mondiale, venne colpito a morte dai «gappisti», a Torino, sulla soglia della sua abitazione nel tardo pomeriggio del 24 aprile 1945, e spirò dopo quarantott'ore di atroce agonia;

DON AURELIO DIAZ, cappellano della Sezione Sanità della Divisione «Ferrara», fucilato nelle carceri di Belgrado nel gennaio del 1945 da partigiani titini;

DON ADOLFO DOLFI, canonico della Cattedrale di Volterra, sottoposto il 28 maggio 1945 a torture che lo portarono alla morte l'8 ottobre successivo;

DON ENRICO DONATI, arciprete di Lorenzatico (Bologna), massacrato il 23 maggio 1945 sulla strada di Zenerigolo;

DON GIUSEPPE DONINI, PARROCO di Castagneto (Modena), trovato ucciso sulla soglia della sua casa la mattina del 20 aprile 1945. La colpa dell'uccisione fu attribuita in un primo momento ai tedeschi, ma alcune circostanze, emerse in seguito, stabilirono che gli autori del sacrilego delitto furono i partigiani comunisti;

DON GIUSEPPE DORFMANN, fucilato nel bosco di Posina (Vicenza) il 27 aprile 1945;

DON VINCENZO D'OVIDIO, parroco di Poggio Umbricchio (Teramo), ucciso nel maggio 1944 sotto accusa di filo-fascismo;

DON GIOVANNI ERRANI, cappellano militare della Guardia Nazionale Repubblichina, decorato al valor militare, condannato a morte dal Comitato di Liberazione Nazionale di Forlì, salvato dagli americani e deceduto in seguito a causa delle sofferenze subite;

DON COLOMBO FASCE, parroco di Cesino (Genova), ucciso nel maggio del 1945 dai partigiani comunisti;

PADRE GIOVANNI FAUSTI s.j., superiore generale dei gesuiti in Albania, fucilato il 5 marzo 1946 perché italiano. Con lui furono trucidati altri sacerdoti dei quali non si è mai potuto conoscere il nome;

PADRE FERNANDO FERRAROTTI o.f.m., cappellano militare reduce dalla Russia, ucciso nel giugno 1944 a Champorcher (Aosta) dai partigiani comunisti;

DON GREGORIO FERRETTI, parroco di Castelvecchio (Teramo), ucciso dai partigiani slavi e italiani nel maggio 1944;

DON GIOVANNI FERRUZZI, arciprete di Campanile (Imola), ucciso dai partigiani comunisti il 3 aprile 1945;

DON ACHILLE FILIPPI, parroco di Maiola (Bologna), ucciso la sera del 25 luglio 1945 perché accusato di filo-fascismo;

DON SANTE FONTANA, parroco di Comano (Pontremoli), ucciso dai partigiani il 16 gennaio 1945;

DON GIUSEPPE GABANA, DELLA Diocesi di Brescia, cappellano della 6ª Legione della Guardia di Finanza, ucciso il 3 marzo 1944 da un partigiano comunista;

DON GIUSEPPE GALASSI, arciprete di San Lorenzo in Selva (Imola), ucciso il 1° maggio 1945 perché sospettato di filo-fascismo;

DON TISO GALLETTI, parroco di Spazzate Sassatelli (Imola), ucciso il 9 maggio 1945 perché aveva criticato il comunismo;

DON DOMENICO GIANNI, cappellano militare in Iugoslavia, prelevato la sera del 21 aprile 1945 e ucciso dopo tre giorni;

DON GIOVANNI GUICCIARDI, parroco di Mocogno (Modena), ucciso il 10 giugno 1945 nella sua canonica dopo sevizie atroci da chi, col pretesto della lotta di liberazione, aveva compiuto nella zona una lunga serie di rapine e delitti, con totale disprezzo di ogni legge umana e divina;

DON VIRGINIO ICARDI, parroco di Squaneto (Aqui), ucciso il 4 luglio 1944, a Preto, da partigiani comunisti;

DON LUIGI ILARDUCCI, parroco di Garfagnolo (Reggio Emilia), ucciso il 19 agosto 1944 da partigiani comunisti;

DON GIUSEPPE JEMMI, cappellano di Felina (Reggio Emilia), ucciso il 19 aprile 1945 perché aveva deplorato gli «eccessi inumani di quanti disonorano il movimento partigiani»;

DON SERAFINO LAVEZZARI, seminarista di Robbio (Piacenza), ucciso il 25 febbraio 1945 dai partigiani, insieme alla mamma e a due fratelli;

DON LUIGI LENZINI, parroco di Crocette di Pavullo (Modena), trucidato il 20 luglio 1945. Nobile, autentica figura di martire della fede. Prelevato nottetempo da un'orda di criminali, strappato dalla sua chiesa, torturato, seviziato, fu ucciso dopo lunghissime ore di indescrivibile agonia, quale raramente si trova nella storia di tutte le persecuzioni. Si cercò di soffocare con lui, dopo che le minacce erano risultate vane, la voce più chiara, più forte e coraggiosa che, in un'ora di generale sbandamento morale, metteva in guardia contro i nemici della fede e della patria. Il processo, celebrato in una atmosfera di terrore e di omertà, non seppe assicurare alla giustizia umana i colpevoli, mandanti ed esecutori, i quali, con tale orribile delitto, non unico, purtroppo, hanno gettato fango, umiliazione e discredito sul nome della Resistenza italiana. Ma dalla gloria all'Eternità, come nella fosca notte del martirio, don Luigi Lenzini fà riudire le ultime parole della sua vita, monito severo e solenne, che invitano a temere e a stimare soltanto il giusto Giudizio di Dio;

DON GIUSEPPE LORENZELLI, Priore di Corvarola di Bagnone (Pontremoli), ucciso dai partigiani il 27 febbraio 1945, dopo essere stato obbligato a scavarsi la fossa;

DON LUIGI MANFREDI, parroco di Budrio (Reggio Emilia), ucciso il 14 dicembre 1944 perché aveva deplorato gli «eccessi partigiani»;

DON DANTE MATTIOLI, parroco di Corazzo (Reggio Emilia), prelevato dai partigiani rossi la notte dell'11 aprile 1945;

DON FERNANDO MERLI, mensionario della Cattedrale di Foligno (Perugia), ucciso il 21 febbraio 1944, presso Assisi, da iugoslavi istigati dai comunisti italiani;

DON ANGELO MERLINI, parroco di Fiamenga (Foligno), ucciso il medesimo giorno dagli stessi, presso Foligno;

DON ARMANDO MESSURI, cappellano delle Suore della Sacra Famiglia in Marino, ferito a morte dai partigiani comunisti e deceduto il 18 giugno 1944;

DON GIACOMO MORO, cappellano militare in Iugoslavia, fucilato dai comunisti titini a Micca di Montenegro;

DON ADOLFO NANNINI, parroco di Cercina (Firenze), ucciso il 30 maggio 1944 da partigiani comunisti;

PADRE SIMONE NARDIN o.s.b., dei benedettini olivetani, Tenente cappellano dell'ospedale militare «Belvedere» in Abbazia di Fiume, prelevato dai partigiani iugoslavi nell'aprile 1945 e fatto morire tra sevizie orrende;

DON LUIGI OBID, economo di Podsabotino e San Mauro (Gorizia), prelevato da partigiani e ucciso a San Mauro il 15 gennaio 1945;

DON ANTONIO PADOAN, parroco di Castel Vittorio (Imperia), ucciso da partigiani l'8 maggio 1944 con un colpo di pistola in bocca e uno al cuore;

DON ATTILIO PAVESE, parroco di Alpe Gorreto (Tortona), ucciso il 6 dicembre 1944 da partigiani dei quali era cappellano, perché confortò alcuni prigionieri tedeschi condannati a morte;

DON FRANCESCO PELLIZZARI, parroco di Tagliolo (Aqui), chiamato nella notte del 10 maggio 1945 e fatto sparire per sempre;

DON POMBEO PERAI, parroco dei SS. Pietro e Paolo di città della Pieve, ucciso per rappresaglia partigiana il 16 giugno 1944;

DON ENRICO PERCIVALLE, parroco di Varriana (Tortona), prelevato da partigiani e ucciso a colpi di pugnale il 14 febbraio 1944;

DON VITTORIO PERKAN, parroco di Elsane (Fiume), ucciso il 9 maggio 1945 da partigiani mentre celebrava un funerale;

DON ALADINO PETRI, parroco di Pievano di Caprona (Pisa), ucciso il 2 giugno 1944 perché ritenuto filo-fascista;

DON NAZZARENO PETTINELLI, parroco di Santa Lucia di Ostra di Senigallia, fucilato per rappresaglia partigiana il 1º luglio 1944;

DON UMBERTO PESSINA, parroco di San Martino di Correggio, ucciso il 18 giugno 1946 da partigiani comunisti;

SEMINARISTA GIUSEPPE PIERAMI, studente di Teologia della Diocesi di Apuania, ucciso il 2 novembre 1944, sulla Linea Gotica, da partigiani comunisti;

DON LADISLAO PISACANE, vicario di Circhina (Gorizia), ucciso da partigiani slavi il 5 febbraio 1945 con altre dodici persone;

DON ANTONIO PISK, curato di Canale d'Isonzo (Gorizia), prelevato da partigiani slavi il 28 ottobre 1944 e fatto sparire per sempre;

DON NICOLA POLIDORI, della Diocesi di Nocera e Gualdo, fucilato il 9 giugno 1944 a Sefro da partigiani comunisti;

DON GIUSEPPE PRECI, parroco di Montalto (Modena). Chiamato di notte col solito tranello, fu ucciso sul sagrato della chiesa il 24 maggio 1945;

DON GIUSEPPE RASORI, parroco di San Martino in Casola (Bologna), ucciso la notte del 2 luglio 1945 nella sua canonica, con l'accusa di filo-fascismo;

DON ALFONSO REGGIANI, parroco di amola di Piano (Bologna), ucciso da marxisti la sera del 5 dicembre 1945;

DON GIUSEPPE ROCCO, parroco di Santa Maria, Diocesi di San Sepolcro, ucciso da slavi il 4 maggio 1945;

PADRE ANGELICO ROMITI o.f.m., cappellano degli allievi ufficiali della Scuola di Fontanellato, decorato al valor militare, ucciso la sera del 7 maggio 1945 da partigiani comunisti;

DON LEANDRO SANGIORGI, salesiano, cappellano militare decorato al valor militare, fucilato a Sordevolo Biellese il 30 aprile 1945;

DON ALESSANDRO SANGUANINI, della Congregazione della Missione, fucilato a Ranziano (Gorizia) il 12 ottobre 1944 da partigiani slavi per i suoi sentimenti di italianità;

DON LODOVICO SLUGA, vicario di Circhina (Gorizia), ucciso insieme al confratello;

DON LUIGI SOLARO, di Torino, ucciso il 4 aprile 1945 perché parente del federale di Torino Giuseppe Solaro, anch'egli trucidato;

DON EMILIO SPINELLI, parroco di Campogialli (Arezzo), fucilato il 6 maggio 1944 dai partigiani sotto accusa di filo-fascismo;

PADRE EUGENIO SQUIZZATO o.f.m., cappellano partigiano ucciso dai suoi il 16 aprile 1944 fra Corio e Lanzo Torinese perché impressionato dalle crudeltà che essi commettevano, voleva abbandonare la formazione;

DON ERNESTO TALÈ, parroco di Castelluccio Formiche (Modena), ucciso insieme alla sorella l'11 dicembre 1944;

DON GIUSEPPE TAROZZI, parroco di Riolo (Bologna), prelevato la notte sul 26 maggio 1945 e fatto sparire. Il suo corpo fu bruciato in un forno da pane, in una casa colonica;

DON ANGELO TATICCHI, PARROCO di Villa di Rovigno (Pola), ucciso dai partigiani iugoslavi nell'ottobre 1943 perché aiutava gli italiani;

DON CARLO TERENZIANI, prevosto di Ventoso (Reggio Emilia), fucilato la sera del 29 aprile 1945 perché ex cappellano della milizia;

DON ALBERTO TERILLI, arciprete di Esperia (Frosinone), morto in seguito a sevizie inflittegli dai marocchini, eccitati da partigiani, nel maggio 1944;

DON ANDREA TESTA, parroco di Diano Borrello (Savona), ucciso il 16 luglio 1944 da una banda partigiana perché osteggiava il comunismo;
Mons. Eugenio Corradino Torricella, della Diocesi di Bergamo, ucciso il 7 gennaio 1944 ad Agen (Francia) da partigiani comunisti per i suoi sentimenti d'italianità;

DON RODOLFO TRCEK, diacono della Diocesi di Gorizia, ucciso il 1° settembre 1944 a Montenero d'Idria da partigiani comunisti;

DON FRANCESCO VENTURELLI, parroco di Fossoli (Modena), ucciso il 15 gennaio 1946 perché inviso ai partigiani;

DON GILDO VIAN, parroco di Bastia (Perugia), ucciso dai partigiani comunisti il 14 luglio 1944;

DON GIUSEPPE VIOLI, parroco di Santa Lucia di Madesano (Parma), ucciso il 31 novembre 1945 da partigiani comunisti;

DON ANTONIO ZOLI, parroco di Morra del Villar (Cuneo), ucciso dai partigiani comunisti perché, durante la predica del Corpus Domini del 1944, aveva deplorato l'odio tra fratelli come una maledizione di Dio.

IL MARTIRIO DI ROLANDO RIVI: il primo aprile di quell’anno, Pasqua di resurrezione, don Olinto Marzocchini è già rientrato a San Valentino e al suo fianco è rimasto il giovane curato. Durante la Settimana Santa, Rolando ha partecipato alle celebrazioni liturgiche con grande entusiasmo. E giovedì, davanti all'altare dell'Eucarestia, ornato di fiori e di ceri accesi, ha pregato: «Grazie, Gesù, perché ci hai donato Te stesso nell'Ostia santa e rimani sempre con noi... Aiutami a ritornare presto in seminario e a diventare sacerdote». Il venerdì, baciando il Crocifisso, ha ripetuto l'offerta al suo grande Amico: «Tutta la mia vita per Te, o Gesù, per amarTi e farTi amare». Il giorno di Pasqua, durante le Messe, Rolando suona l'organo accompagnando i canti. Riceve Gesù nella Comunione. In sacrestia, il parroco gli dice: «Sei stato bravo, Rolando! Per tutti i servizi fatti nella Settimana Santa, accetta questo piccolo dono... E che il Signore ti benedica», e gli mette in mano una piccola somma. Si sente nell'aria qualcosa di nuovo. C'è ancora la guerra, ma tutti sentono che volge alla fine. Nei giorni successivi, Rolando non manca mai alla Messa e alla Comunione. Poi, tornato a casa, esce con un libro sotto braccio e va a studiare presso un boschetto non lontano dalla sua abitazione. Il 10 aprile, martedì dopo la domenica in Albis, al mattino presto, è già in chiesa: si celebra la Messa cantata in onore di San Víncenzo Ferreri, che non si è potuta celebrare il 5 aprile, giorno anniversario, essendo l'ottava di Pasqua. Suona e accompagna all’organo i cantori, tra i quali c'è anche il papà. Si accosta alla Comunione e si raccoglie in preghiera a ringraziare il Signore. Prima di uscire, prende accordi con i cantori, per «cantare Messa» anche l'indomani. Torna a casa. I suoi genitori vanno a lavorare nel campi. Rolando, con i libri sottobraccio, si reca come al solito a studiare nel boschetto a pochi passi da casa. Indossa, come sempre, la sua veste nera. A mezzogiorno, non vedendolo ritornare, i genitori lo vanno a cercare. Tra i libri, sull'erba, trovano un biglietto: «Non cercatelo.lapide in memoria di rolando rivi Viene un momento con noi, partigiani». Il papà e il curato di San Valentino, in forte ansia, cominciano a girare nei dintorni alla ricerca del ragazzo. Cosa sarà mai capitato?... Alcuni partigiani comunisti lo hanno portato nella loro «base». Rolando capisce con chi si trova. Quelli lo spogliano della veste talare, che li irrita troppo. Ora hanno davanti a loro un povero ragazzo di quattordici anni, tremante, vestito poveramente, come Gesù nel pretorio di Pilato. Alle loro beffe, Rolando risponde: «Sono un ragazzo, si, un seminarista... e non ho fatto nulla di male». Quelli lo insultano, lo percuotono con la cinghia sulle gambe, lo schiaffeggiano. Adesso hanno davanti un ragazzino coperto di lividi, piangente. Così era stato fatto, un giorno lontano, a Gesù. Rolando, innocente, prega nel suo cuore e chiede pietà. Qualcuno si commuove e propone di lasciarlo andare, perché è soltanto un ragazzo. Ma altri si rifiutano: prevale l'odio al prete, all'abito che lo rappresenta. Decidono di ucciderlo. Lo portano in un bosco presso Piane di Monchio (Modena). Davanti alla fossa già scavata, Rolando comprende tutto. Singhiozzando implora di essere risparmiato. Gli viene risposto con un calcio. Allora dice: «Voglio pregare per la mia mamma e per il mio papà». Si inginocchia sull'orlo della fossa e prega per sé, per i suoi cari, forse per i suoi stessi uccisori. Due scariche di rivoltella lo rotolano a terra, nel suo sangue. Un ultimo pensiero, un ultimo palpito del cuore per Gesù, perdutamente amato... Poi la fine. Quelli lo coprono con poche palate di terra e di foglie secche. La veste da prete diventa un pallone da calciare; poi sarà appesa, come trofeo di guerra, sotto il porticato di una casa vicina (7). Era il 13 aprile 1945, ricorrenza del giovane martire Sant'Ermenegildo, venerdì, come quando Gesù si immolò sulla croce. Rolando aveva quattordici anni e tre mesi. In quell'istante il cielo si apri e Gesù accolse nella sua gloria Rolando Maria Rivi, piccolo angelo, martire della fede. Con la vita, con la parola e perfino con il suo sangue aveva proclamato: «Quanto ho di più caro al mondo è Cristo: Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui»!