4 ottobre 2014

I Preti

La preoccupazione di non lasciare la Chiesa priva di responsabili autorizzati cresce man mano che gli Apostoli vedono approssimarsi la loro morte, ed emerge soprattutto nelle tre lettere, dette pastorali, scritte da S.Paolo ai suoi discepoli Timoteo e Tito, ai quali - dopo un periodo di ammaestramento - aveva affidato rispettivamente le comunità di Efeso e di Creta (I Tim.1:3; II Tim.1:6; Tito 1:5).

Dagli accenni ivi fatti sull'ufficio strettamente episcopale, risulta chiaro che per Paolo chi ne è investito deve esercitare l'insegnamento e il governo, cioè le funzioni stesse degli Apostoli! Paolo esorta quindi ripetutamente i due a conservare e difendere la "sana dottrina" tenendo lontani gli altri dall'eresia. Il conferimento del ministero avviene mediante il rito dell'imposizione delle mani (I Tim.4:14; Il Tim.1:6), compiuto da parte di chi già gode di tale dono (ivi: Paolo e il collegio dei presbiteri).

Tramite la stessa imposizione delle mani che Timoteo e Tito trasmettono a loro volta i loro poteri ad altri (Tito 1:5;1 Tim.5:22). E' propriamente questo l'inizio di quella catena ininterrotta che lega agli Apostoli i ministri sacri - vescovi, presbiteri, diaconi - della Chiesa cattolica odierna; è così che viene in essa perpetuato quel sacerdozio ministeriale che Cristo istituì e conferì agli Apostoli e che viene fedelmente trasmesso come dono ineffabile di Cristo alla sua Chiesa.