
Gli diedi l’assoluzione pronunciando, commosso, le più grandi parole che esistono al mondo: «Io ti assolvo dai tuoi peccati, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Amen». Queste parole sono più necessarie del respiro, o meglio, sono il respiro della vita. Se ne è andato barcollando per la ferita ma con gli occhi luminosi. È stato sufficiente dire «Padre, voglio confessarmi» perché riaccadesse l’Avvenimento per cui è fatto il nostro cuore.
Poi all’imbrunire salgo alla clinica per la processione con il Santissimo. La suora mi si fa subito incontro avvisandomi che è stato ricoverato un uomo malato di Aids e che è in cattive condizioni di salute. Raggiungo subito la stanza dove giace in un letto. Non parla, però mi guarda riconoscendo che sono il sacerdote. Subito gli domando chi è e se è cattolico, per poter dargli il sacramento della confessione e quello della unzione degli infermi. Continua a tacere e allora lì per lì, mi invento un “metodo” di comunicazione. Gli comunico, nel caso desideri i sacramenti, di alzare il pollice verso l’alto, in caso contrario lo giri verso il basso. Con fatica e con una certa lentezza mi “risponde” alzando il pollice. Così l’ho assolto dai peccati. Ricordo quanto i suoi occhi brillassero di allegria. Ancora una volta è bastato un filo di luce per trasformare una vita fatta di soli peccati in una vita di grazia.
Don Aldo Trento – Paraguay
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