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24 aprile 2025

Rolando Rivi, il seminarista di 14 anni seviziato e ucciso dai partigiani

Il seminarista cattolico Rolando Rivi, il 10 aprile 1945, all’età di 14 anni, fu rapito da un gruppo di partigiani comunisti che costrinsero il ragazzo a seguirli nella boscaglia. Appeso ad un ramo fu lasciato un bigliettino con scritto “Non cercatelo. Viene un attimo con noi partigiani“. Accusandolo di fare la spia per i fascisti, dopo tre giorni di percosse, umiliazioni e sevizie, lo uccisero a colpi di pistola in un bosco di Piane di Monchio, frazione di Palagano.

Seguendo le indicazioni di alcuni partigiani, comprese quelle del suo stesso assassino Giuseppe Corghi, la sera del 14 aprile Roberto Rivi (suo padre) e don Alberto Camellini ritrovarono il corpo con il volto coperto di lividi, il corpo martoriato e le due ferite mortali, una alla tempia sinistra e l’altra all’altezza del cuore.

Il racconto del padre

Roberto Rivi ricorda come gli uccisero il figlio quattordicenne. Il suo racconto è frutto di una ricerca angosciosa iniziata il 10 aprile, quando, tornando a casa dal lavoro, non trovò Rolando.

Foto con la sua famiglia (Rolando è a sinistra)
Foto con la sua famiglia (Rolando è a sinistra)

“Credendo che si fosse addormentato in un boschetto che era lì vicino dove era solito andare a studiare, non lo trovai. Vidi appeso a un ramoscello un foglietto che diceva: Non cercatelo, è venuto un momento
con noi partigiani”. Infatti i partigiani «lo portarono a Monchio e, dopo averlo tenuto in mezzo a loro, torturandolo e seviziandolo, il 13 aprile 1945 lo portarono in un boschetto poco distante dalla casa, dove erano alloggiati. Il ragazzo, quando ha visto la buca scavata, ha chiesto di fare una preghiera. S’inginocchiò sulla buca, in quell’istante lo hanno fulminato. Uno di questi partigiani non voleva arrivare a questo. Un certo Corghi di Formigone, rispose: “Domani un prete in meno”».


La condanna

L’indagine ha accertato che i suoi rapitori, camminando per sentieri a piedi per circa 26 chilometri, condussero il ragazzo da San Valentino ad un casolare in Piane di Monchio (Modena), nei pressi di Farneta, dove era il comando partigiano e il loro tribunale militare.

La Lapide sul luogo dove Rolando fu ucciso, a Piane di Monchio
Rolando fu rinchiuso in un piccolo ambiente uso pollaio. Nell’interrogatorio per fargli confessare la sua collaborazione con i tedeschi e i fascisti, si fece uso anche di schiaffi, pugni, cinghiate.


Gli tolsero la veste talare di seminarista, dalla quale non aveva mai voluto separarsi, nonostante il parere contrario dei genitori già spaventati dall’odio partigiano (sua madre voleva andasse in giro solo in abiti civili, ma lui si oppose), ne fecero una palla per prenderla a calci come se fosse un pallone e, infine, messa a sventolare attaccata ad un chiodo alla porta della casa colonica.

Lo seppellirono nel bosco vicino, in una conca del terreno che ricoprirono con foglie. Giuseppe Corghi confessò:

“In seguito alla decisione presa (dal tribunale partigiano di Farneta) di passare per le armi il giovane, ordinai a due partigiani di preparare la fossa… e quindi lo portammo lì. Egli capì che stava per essere ucciso e allora mi si buttò ai piedi supplicandomi di avere pietà di lui. Ma senza nemmeno pensarci io gli sparai contro due colpi di pistola: il primo colpo alla tempia lo freddò, ma per assicurarmi gli tirai un secondo colpo… Subito me ne tornai al comando lasciando agli altri il compito di seppellirlo”.

Fu chiesto di visionare il verbale del “tribunale partigiano” ma non saltò mai fuori. Molto probabilmente non è stato mai portato lì, così come avvenuto per tante altre persone rapite e poi uccise con la stessa modalità.

Corghi poi aggiunse:

“È opinione corrente che fosse una spia dei fascisti… Almeno così credo… Certo il Rivi aveva tendenze ideologicamente opposte alle nostre, proprio in fatto di movimento partigiano”.

I sacerdoti erano difatti considerati un ostacolo all’idea di rivoluzione come intesa dai comunisti, che in quegli anni cercarono di monopolizzare i movimenti partigiani.

Nel 1951 ci fu il processo di primo grado, che per evitare intimidazioni ai testimoni, si svolse a Lucca. I due responsabili, Giuseppe Corghi e Delcisio Rioli, rei confessi, furono condannati a 26 anni di reclusione. Rimasero in carcere soltanto sei anni, per via dell’amnistia concessa dal Ministro di Grazia e Giustizia, Palmiro Togliatti.

Nelle motivazioni della sentenza di primo grado il giudice sottolinea:

  • “ragioni ideologiche di contrastanti idee politiche e religiose che in siffatti torbidi momenti trascesero purtroppo in episodi di violenza anche cruenta”
  • “fu un uccisione non necessaria dettata solo da sentimenti contrari a quelli professati dall’infelice ragazzo, che andava quale seminarista vestito sempre con l’abito talare”
Successivamente anche la Corte d’appello ha confermato che l’odium fidei è stato il solo e unico motivo della sua uccisione. È stata difatti sempre esclusa la possibilità che Rolando potesse aver svolto attività spionistica o che gli imputati fossero stati davvero consapevoli di questo, nonostante i tentativi iniziali da parte di questi ultimi di sostenerlo, subito decaduti per l’assoluta inconsistenza di quelle tesi basate su elementi giudicati falsi.

Il carattere di Rolando

Rolando era un ragazzo molto vivace, ma anche maturo e responsabile. Si è sempre contraddistinto per la sua grande dedizione allo studio. Amante della musica, entra a far parte della corale e inizia a suonare l’armonium. Quando torna a casa, aiuta i genitori (contadini) nel lavoro in campagna.

In paese scoppiavano spesso discussioni politiche. In un’occasione in cui è presente anche Rolando, alcuni attaccano ingiustamente la Chiesa e le attività dei sacerdoti. Rolando ne prende le difese davanti a tutti senza paura. Quindi, a quanti già l’ammiravano in paese, si alternavano alcuni che lo guardavano di cattivo occhio.

Nel 1944 il seminario fu occupato dai tedeschi in ritirata. Rolando, tornato a casa, proseguì la sua vita da seminarista, vestendo sempre l’abito talare, come segno della sua appartenenza a Gesù. Pochi mesi prima della sua uccisione anche Don Olinto – sua guida spirituale – fu brutalmente picchiato e di questo fu molto addolorato. Sapeva che correva un pericolo, ma non si tirò indietro.

Storie taciute

Il caso di Rolando Rivi merita di essere ricordato in modo particolare, data la sua giovane età, ma furono almeno 129 le uccisioni di sacerdoti accertate e avvenute per mano dei partigiani comunisti, anche dopo il 25 aprile.

Nella sola provincia reggiana, dall’8 settembre del 1943 al 1946 furono assassinati dodici religiosi. Nel libro Storia della Resistenza reggiana di Guerrino Franzini nessuno dei sacerdoti uccisi è menzionato. Silenzio omertoso, che in qualche caso continua. La quotidiana realtà lo dimostra: a Santarcangelo il Consiglio comunale, nel 2017, bocciò la proposta di intitolare una rotonda al beato Rivi, con qualche consigliere che invitò a ridiscutere i presunti crimini compiuti da alcune frange partigiane.

A Rio Saliceto, nell’autunno del 2013, la scuola “Anna Frank” decise di annullare la visita guidata alla mostra sul seminarista ucciso, rea di “infangare la memoria della Resistenza”.

In seguito a questa decisione il vescovo della diocesi dichiarò:

“La beatificazione di Rolando Rivi è stata presentata dalla Chiesa diocesana come un grande momento di riconciliazione. Questo è il significato del riconoscimento che la Chiesa ha dato del martirio. La riconciliazione non può avvenire attraverso la negazione della verità storica. Nessuno deve avere paura della verità storica. Se c’è un male che è stato compiuto dobbiamo denunciarlo: dobbiamo perdonare coloro che l’hanno compiuto, ma non nascondere ciò che è accaduto.”

La lettura politicamente corretta della Resistenza ha fatto dimenticare questa e tante altre storie di martiri, eliminati in odio alla fede.

La beatificazione

Rolando Rivi viene beatificato il 5 ottobre del 2013 perché ucciso “in odio alla sua fede, colpevole solo di indossare la veste talare in quel periodo di violenza scatenata contro il clero”, dirà Papa Francesco.

Quella veste talare che i suoi persecutori avrebbero arrotolato e trasformato in una sorta di pallone da prendere a calci, appendendola poi a un chiodo alla stregua d’un trofeo. È questa la chiave, l’odio per la fede appunto, così forte da ammettere anche l’assassinio di uomini poco più che bambini solo perché devoti a Cristo.

Insegnamenti e perdono

Mons. Camisasca ha detto:

«L’uccisione di Rolando non è stata la vittoria del male, dell’ingiustizia, della morte. Il suo martirio è in realtà il trionfo della vita. La sua giovane esistenza infatti non è stata strappata via dalla terra, ma vi è stata deposta come un seme silenzioso. E ora, a distanza di tanti anni, non smette di crescere e benedirci con tanti frutti».

“La fede nel Dio d’amore, che è alla base del nostro cristianesimo, e l’esempio di Gesù, che ha perdonato i suoi uccisori – giustificandoli per di più ‘perché non sanno quello che fanno – richiedono anche a noi, sia individualmente che come collettività cristiana, di fare del perdono, della comprensione e della compassione il connotato fondamentale dei rapporti vicendevoli”.

Meris Corghi, figlia dell’uccisore di Rolando Rivi, si è riconciliata con la sorella e la cognata della vittima, dicendo:

«Ognuno ha un compito nella vita, una missione: la mia era fare ritrovare la pace a mio padre e tentare di riconciliare i nostri cuori. Con l’aiuto di Dio oggi si compirà dentro una stretta di mano.»

Meris ha partecipato alla messa solenne per l’anniversario dell’uccisione del beato, con il figlio che le è stato sempre accanto. Il vescovo Camisasca, commosso, durante l’omelia ha detto:

«Il perdono che oggi avviene è il segno che Egli è in mezzo a noi. È Gesù che, per intercessione di Rolando, attrae i cuori di coloro che oggi chiedono e donano il perdono. Egli è il sole, che scende nelle profondità delle nostre inimicizie per sanarle».

Meris dirà ancora:

«Quello che ha stravolto la vita di mio padre e ha travolto la vita di Rolando è l’odio che cresce tra gli uomini e si trasforma nella guerra. Perché siamo tutti fratelli e nella guerra tutti perdiamo. Avete perso Rolando e si è perduto mio padre, ma Cristo ha salvato tutti gli uomini. Prima di spirare sulla croce usò il suo ultimo fiato solo per perdonare i suoi carnefici. “Padre perdona loro perché non sanno”.

E ancora:

«L’unica vera esplosione, e mi permetto di parlare a nome di tutti, sia quella della gioia sui sentieri dei nostri figli. Facciamo che diventino creatori di pace come lo è diventato il beato Rolando in questa vicenda e come cerco di esserlo io in questo momento nella memoria di mio padre. Trasformati nella morte e riuniti dall’amore e dal perdono del Padre, che il sorriso di Rolando possa risplendere su tutti voi e accanto a lui anche quello di mio padre. Ciò che l’odio del separatore ha diviso possa riunirsi nell’amore del sacro Cuore di Gesù e nell’amore del Padre».

Fonti
  • “Beato Rolando Maria Rivi. Il martire bambino.”, di Andrea Zambrano, Imprimatur Editore.
  • “Bambini Santi, ragazzi santi”, di Andrea Muni, Lulu International Editions, 2001.

21 aprile 2025

🙏🏻

 TESTAMENTO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

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Miserando atque Eligendo

Nel Nome della Santissima Trinità. Amen.

Sentendo che si avvicina il tramonto della mia vita terrena e con viva speranza nella Vita Eterna, desidero esprimere la mia volontà testamentaria solamente per quanto riguarda il luogo della mia sepoltura.

La mia vita e il ministero sacerdotale ed episcopale ho sempre affidato alla Madre del Nostro Signore, Maria Santissima. Perciò, chiedo che le mie spoglie mortali riposino aspettando il giorno della risurrezione nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore.

Desidero che il mio ultimo viaggio terreno si concluda proprio in questo antichissimo santuario Mariano dove mi recavo per la preghiera all’inizio e al termine di ogni Viaggio Apostolico ad affidare fiduciosamente le mie intenzioni alla Madre Immacolata e ringraziarLa per la docile e materna cura.

Chiedo che la mia tomba sia preparata nel loculo della navata laterale tra la Cappella Paolina (Cappella della Salus Populi Romani) e la Cappella Sforza della suddetta Basilica Papale come indicato nell’accluso allegato.

Il sepolcro deve essere nella terra; semplice, senza particolare decoro e con l’unica iscrizione: Franciscus.

Le spese per la preparazione della mia sepoltura saranno coperte con la somma del benefattore che ho disposto, a trasferire alla Basilica Papale di Santa Maria Maggiore e di cui ho provveduto dare opportune istruzioni a Mons. Rolandas Makrickas, Commissario Straordinario del Capitolo Liberiano.

Il Signore dia la meritata ricompensa a coloro che mi hanno voluto bene continueranno a pregare per me. La sofferenza che si è fatta presente nell’ultima parte della mia vita l’offerta al Signore per la pace nel mondo e la fratellanza tra i popoli.

Santa Marta, 29 giugno 2022

FRANCESCO



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana

Effetto figliol prodigo, in Francia è boom di battesimi adulti

Sempre meno bambini battezzati, ma sempre più francesi al fonte battesimale ci vanno da grandi, a Pasqua. Spesso provengono da famiglie cristiane che non hanno trasmesso loro la fede e la riscoprono da soli dopo aver sperimentato il vuoto.



Europe1, CNews, Franceinfo, fino a Le Figaro e Le Monde: la grande stampa non può tacere il boom di battesimi che verranno conferiti in Francia a uomini e donne nella prossima Veglia di Pasqua. 10.384 adulti, a cui si sommano oltre 7.400 adolescenti, per un totale di quasi 18.000 catecumeni che stanno per ricevere il Battesimo, è un numero imponente, che non può essere ignorato. I risultati dell’Enquête “Catéchuménat 2025” sur les Baptisés de Pâques mostrano un miglioramento ulteriore del trend positivo dello scorso anno (+45%), che già mostrava un significativo aumento rispetto al 2023, anno della svolta.


La media dei battesimi di adulti negli ultimi dieci anni era di circa 4000 unità ogni anno. Nel 2015 se ne contavano circa 3900, mentre dieci anni dopo oltre 10 mila, con un incremento di oltre il 160%. Tra gli adulti, quest’anno la fascia d’età compresa tra il 18 e i 25 anni (42%) ha superato quella tra i 26 e i 40 (39%). Netta la prevalenza femminile, con il 63% dei battezzandi, così come la loro area professionale di provenienza: il 27% proviene dal mondo degli studenti universitari, che nel 2020 rappresentava appena il 17% del totale, mentre il 36% esercita la professione di impiegato, operaio o tecnico, ed il 13% quello di insegnante.

La maggior parte di questi catecumeni (52%) proviene da famiglie cristiane, ossia da genitori battezzati che tuttavia hanno scelto di non trasmettere la fede ai propri figli; una parte consistente, circa il 18%, afferma di aver vissuto senza una religione. Interessante anche il dato delle conversioni dall’Islam, il 4%, che significa circa 400 persone che lasceranno la religione di Maometto per abbracciare il dolce giogo di Cristo, non di rado entrando in conflitto con i propri familiari.
Tra le Province ecclesiastiche che registrano un incremento di oltre il 50% di catecumeni, rispetto allo scorso anno, troviamo Toulouse, Montpellier, Clermont, Lyon, Dijon, Tours, Besançon e Metz.

Sul versante degli adolescenti (11-17 anni), i numeri risultano un po’ più incerti, poiché non tutte le diocesi francesi hanno inviato i dati relativi. Inequivocabile è però l’aumento rispetto allo scorso anno (+33%) degli adolescenti che riceveranno il battesimo la notte o il giorno di Pasqua, confermando una crescita costante a partire dal 2023. Anche tra gli adolescenti è netta la prevalenza femminile (65%).

Il dato estremamente positivo dei catecumeni non deve però far dimenticare che in Francia, ogni anno, il numero dei bambini che vengono battezzati è drammaticamente in calo. Secondo Le Monde, «nel 1974, tre quarti dei bambini con meno di 7 anni erano battezzati, la metà nel 1996 e non più di un quarto nel 2024». VaticanNews ricorda che il numero assoluto di battezzati in vent’anni, dal 2000 al 2020, si è drasticamente dimezzato. E tuttavia l’incremento che si registra da circa tre anni fa riflettere, oltre che ben sperare.

Da qualcuna delle testimonianze emerse, sembra che il fattore “figliol prodigo” sia stato determinante, non necessariamente per essersi volontariamente allontanati dalla casa paterna, ma per aver sperimentato quella tremenda fame che contorce le viscere dell’anima. Anaë, 20 anni, della diocesi di Nantes, si è ritrovata a vivere una profonda depressione già a 12 anni, probabilmente provocata da alcune dipendenze della madre. Poi gli sforzi di riempire il vuoto che la divorava, con nottate passate a consumare alcool, droghe, relazioni mordi e fuggi. Nel gennaio 2022, racconta, «non riuscivo ad alzarmi dal letto, non avevo nulla da fare, passavo le giornate a rimuginare. Poi ho sentito parlare della Quaresima. Senza capire perché, in quel preciso momento, ho sentito come una forza nel mio cuore che mi spingeva a scoprire di cosa si trattava. Volevo assolutamente sapere tutto. In seguito ho capito che il mio cuore cercava davvero di conoscere Dio. Due mesi dopo, il 2 marzo 2022, ho iniziato il mio primo periodo di Quaresima. Da quel giorno, non ho più lasciato il Signore». La frequentazione delle sante Messe, senza comprendere né capire più di tanto e quindi l’incontro con la comunità cristiana a Nantes: «Dio è venuto a cercarmi quando avevo toccato il fondo, e nemmeno avevo idea di chi fosse». Il buon Samaritano non riposa mai, ma percorre instancabile la strada che va da Gerusalemme, la città di Dio, a Gerico, la città maledetta, nonché la più bassa del globo terrestre (-250m s.l.m.), per soccorrere i viandanti che incappano nei briganti.

Lautalyne, 22 anni, studentessa a Lione: «Stavo attraversando un periodo difficile della mia vita, avevo problemi di salute e aspettavo le visite mediche con due o tre anni di ritardo. Un giorno, molto semplicemente, ho pregato e la mattina dopo ho avuto le mie visite mediche entro una settimana». La fede cristiana, non a caso, si fonda sulla prova storica che Dio mostra la potenza del suo braccio proprio quando umanamente non c’è più speranza. Lo ha fatto nell’attraversamento del Mar Rosso, evento storico (checché ne dicano certi biblisti) paradigmatico, dove Jahvé interviene quando il popolo aveva davanti a sé il mare e dietro i carri del faraone; lo ha fatto nella risurrezione di Cristo, quando la pietra aveva già chiuso il sepolcro.

Non vi sono dati che permettono di avere contezza su quanti di questi catecumeni provengano da “cammini” ecclesiali particolari, e quanti invece siano stati “pescati” direttamente dal Signore, per quanti di loro sia stata decisiva un’amicizia oppure la partecipazione, forse casuale, alla liturgia della Chiesa. Il contesto universitario appare però un terreno fertile. P. Jean-Baptiste Siboulet, cappellano universitario a Nantes, spiega che quasi tutte le settimane gli provengono richieste di giovani studenti che vogliono conoscere di più il cattolicesimo: «i giovani vogliono comprendere, conoscere ed acquisire delle basi teologiche solide».

Sembra chiaro che è l’incontro con il Dio vivo, principio di luce e di vita, con la sua potente misericordia, a convertire i cuori, non il cristianesimo dei valori; cuori che poi cercano appunto solidità, perché di mode entusiasmanti ma peregrine ne hanno abbastanza. È il buon Samaritano a caricare su di sé le anime, lasciate mezze morte sulla via, e portarle alla locanda, dove chiede alla sua Chiesa di prendersi cura di loro, promettendo di ricompensare ogni spesa al suo ritorno.

I numeri molto dicono, ma molto di più nascondono; quello che mai emergerà da ricerche, sondaggi e statistiche è quella parte invisibile, ma sostanziale e determinante, che accompagna ogni conversione. Dietro ad ogni errante che si avvicina o riavvicina a Dio, ci sono la preghiera, il sacrificio, l’offerta di tante persone, i cui gemiti sono conosciuti solo dal Signore; una rete nascosta di intercessori che si estende per tutto l’orbe terrestre, e lo valica per congiungersi con le preghiere dei santi e degli angeli. E la Francia cattolica, che da secoli soffre la persecuzione di una delle peggiori forme di laicismo, e non di rado deve soffrire anche a causa dei suoi pastori, non manca di queste anime. Non c’è male che Dio non sappia volgere ad un bene.

LA BUSSOLA

17 aprile 2025

Mi domando se la Chiesa di oggi sia la Chiesa pensata e voluta da Gesù


Quesito


Caro Padre Angelo,
Mi chiamo Giuseppe. Da tempo seguo il sito di amici domenicani e lo trovo un ottimo strumento. La ringrazio per il servizio che Lei svolge, ma soprattutto ringrazio Dio del vostro dono alla comunità cristiana. Ho 28 anni e da sempre frequento la chiesa, ringrazio Dio per essersi manifestato e donato alla mia vita attraverso i miei genitori che mi hanno educato alla fede. Nonostante i miei limiti e miei peccati non ho mai smesso di credere nella misericordia e nella grazia di Dio. La vita da cristiano è una vita controcorrente, è una lotta continua sopratutto nella società in cui viviamo che rovescia i principi e gli insegnamenti di Gesù Cristo. Da tempo, però, rimbombano nella mia testa alcune domande verso cui ho difficoltà a trovare una risposta.
So bene che Cristo ha istituito i sacramenti ma soprattutto ha edificato la Chiesa tramite Pietro. Ma mi domando: la Chiesa che Cristo ha edificato per mezzo di Dio, è, alla luce della storia e dei fatti di oggi, veramente una comunità che segue la volontà di Dio fin dalla sua nascita? Ovvero è veramente la Chiesa che Cristo aveva in mente? Quel popolo che deve seguire Cristo in tutto e per tutto senza se e senza ma. Le chiedo questo perchè, nei secoli dopo la nascita di Gesù, all’interno della Chiesa ci sono stati dei fatti e degli avvenimenti che non riesco a conciliare con il vangelo (ad es. l’enorme potere economico e politico dello Stato Vaticano, il periodo delle crociate e dell’inquisizione, etc.); comportamenti che sussistono tuttora in forme diverse (corruzione, poca trasparenza nella gestione del denaro, privilegi, etc.). Ora il problema in fondo non riguarda direttamente me, io non ho perso la fede nella Chiesa. Essendo la Chiesa fatta di uomini è normale che tutti possiamo cadere e solo Dio può darci una natura nuova. E’ vero inoltre che fa più rumore il male che il bene. Penso infatti a quello che molti uomini di fede fanno e hanno fatto per la Chiesa, in particolare gli ordini religiosi come il vostro, i francescani, le carmelitane, le suore di Santa Teresa etc. Il problema si pone, quindi, quando mi confronto con le persone lontane da Dio e dalla Chiesa che giustificano la loro lontananza per questi motivi utilizzando spesso una serie di luoghi comuni che mi mettono in difficoltà nel trovare una risposta adeguata. In definitiva, come deve agire un cristiano di fronte a questi fatti?
La ringrazio anticipatamente per la risposta.
Cordiali saluti, 
Giuseppe

Risposta del sacerdote

Caro Giuseppe,
1. ti domandi se la Chiesa di oggi sia la Chiesa pensata e voluta da Gesù.
Questa domanda potrebbe far pensare che la Chiesa di oggi sia quella presentata da certi mezzi di comunicazione sociale, i quali identificano Chiesa e Vaticano o nel migliore dei modi Chiesa e gerarchia ecclesiastica.
Ma la Chiesa non è questo.
Che cosa è la Chiesa?
È la comunione dei battezzati che ricevono linfa spirituale da Cristo per il loro vivere e il loro operare.
Nella comunione dei battezzati ci sono anche i vescovi e i sacerdoti. Ma Chiesa sono tutti.
È sbagliato identificare la Chiesa con il clero.
Chiesa siamo tutti, anche quelli che, pur battezzati, non vanno mai a Messa.

2. La Chiesa è come un campo, secondo l’espressione del Signore, dove la buona semente (la grazia di Gesù Cristo) fruttifica diversamente, a seconda delle disposizioni dei singoli: ove il trenta, ove il sessanta, ove il cento per uno (Mt 13,8).
Inoltre alcuni all’interno della Chiesa non producono alcun frutto: sono come la strada sulla quale Cristo ha tentato di seminare (Mt 13,4).
Altri hanno poca consistenza: sono come il “luogo sassoso, dove non c’era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò” (Mt 13,5-6).
Altri sono partiti bene, ma poi sono rimasti soffocati dalle preoccupazioni del mondo (Mt 13,7).
Senza dire che nel frattempo, sempre secondo il linguaggio evangelico, il nemico dell’uomo semina ampiamente la sua zizzania (Mt 13,25ss). 

3. Certo Gesù vuole una chiesa santa. Ma la santità perfetta, quella immune da ogni pericolo di corruzione, non è di questo mondo, ma dell’altro, del paradiso.
Finché siamo di qua, tutti i battezzati, e cioè tutta la Chiesa, sono soggetti a tentazione, a sconfitte e a vittorie.
Dice il Concilio Vaticano II: “Mentre Cristo, "santo, innocente, immacolato" (Eb 7,26), non conobbe il peccato (2 Cor 5,21) e venne solo allo scopo di espiare i peccati del popolo (Eb 2,17), la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento” (Lumen gentium, 8). 
Tutti nella Chiesa, dal più grande al più piccolo, sono sempre bisognosi di purificazione. Lo è il Papa, lo sono io, lo sei anche tu.
Tutti ci confessiamo, chi più e chi meno, e lo faremo fino all’estremo della nostra esistenza.
Tutti sappiamo di essere in questa situazione: non siamo mai definitivamente salvati finché non ci troveremo almeno in Purgatorio.

4. Noi pertanto, consapevoli di quello che siamo, dall’ultimo al più grande, non puntiamo il dito contro nessuno, perché conosciamo il personale bisogno di purificazione.
I grandi santi hanno purificato la Chiesa purificando in maniera quanto mai energica se stessi: si veda ad esempio la vita da San Francesco o di Sant’Ignazio di Loyola.
La purificazione della Chiesa è stata come un effetto a valanga della loro purificazione.

5. La Chiesa di ogni tempo si trova contaminata dalle miserie umane.
A partire dalla Chiesa fondata da Gesù: gli apostoli, all’interno dei quali vi furono dispute su chi fosse il più grande (ecco l’ambizione!) e vi fu perfino un traditore (Giuda) a motivo dell’attaccamento al denaro.
A me non interessa chi oggi nella Chiesa sia vittima dell’ambizione o dell’attaccamento al denaro.
Devo preoccuparmi di non essere io il primo dominato dall’ambizione o dall’attaccamento al denaro.

6. Ma devo aggiungere una cosa: nella tua email ti riferisci a luoghi comuni contro la Chiesa. Sai benissimo anche da chi vengono orchestrati.
Sono persone che rimproverano ai membri della Chiesa di non essere secondo l’insegnamento di Gesù. E vada, perché chi lo è in maniera integrale?
Ma loro, che muovono in maniera sistematica e pesante queste critiche alla Chiesa sono santi, immacolati, intemerati, puri, distaccati dal denaro, dall’ambizione, tendenti alla santità?
Mi viene in mente un passaggio di San Paolo: “E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni indegne: sono colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi, presuntuosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia” (Rm 1,28-31).
Fanno dell’aborto, e cioè dell’omicidio degli innocenti, la loro bandiera, reclamano come diritto o conquista civile ogni sorta di impurità, anche di quelle più abominevoli, non promuovono in nessuna maniera il matrimonio, sono favorevoli all’eutanasia e se possono la praticano… insomma sono favoprevoli ad ogni tipo di sfascio: non si accorgono di proporre come ideale il nulla e la dissoluzione.
Dietro i loro discorsi, dietro i rimproveri alla Chiesa di non essere come ha l’ha voluta nostro Signore (ripeto: e chi in maniera integra è come lo vuole Nostro Signore?) c’è questa realtà, ben triste, una realtà di dissoluzione.
Per ora mi fermo qui.
Successivamente ritornerò qualche punto della tua email.

Continua a tendere alla santificazione, ad essere come ti vuole il Signore.
Ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo


Tabernacolo della Reposizione o Santo Sepolcro?


Quesito

Caro Padre Angelo,
Le chiedo se l’altare della reposizione è obbligatorio oppure nasce come tradizione popolare. Come nasce all’interno della chiesa?

La ringrazio e le rinnovo i miei sinceri auguri di una santa Pasqua.

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Risposta del sacerdote

1. celebrare la liturgia del giovedì Santo con la Santa Messa in Cena Domini comporta da se stesso l’esigenza di stare insieme col Signore.
È il giorno in cui il Signore ha istituito l’Eucaristia.
Per questo la liturgia della Chiesa stabilisce che vi sia un tabernacolo (non dice altare) ove riporre il Santissimo Sacramento per l’adorazione dei fedeli e anche per conservare le particole consacrate per la liturgia del venerdì santo, giorno in cui non si celebra la Messa e pertanto non si può consacrare.

2. Una Lettera circolare sulla preparazione e celebrazione delle feste pasquali, della Congregazione per il culto divino stabilisce al n. 54 che “la processione e la reposizione del Santissimo Sacramento non si facciano in quelle chiese in cui il Venerdì Santo non si celebra la Passione del Signore”.

3. Al termine della Santa Messa in Cena Domini in passato si svolgeva una solenne processione.
La disciplina liturgica prevedeva minuziosamente tutte le persone che dovevano essere interessate con un ruolo particolare.
In un antico testo di liturgia si legge: “Per la processione i sette suddiaconi, i sette diaconi e i dodici sacerdoti precedono i canonici parati, in mezzo ai quali si trova il prete assistente.
Il porta-pastorale ed i turiferari camminano davanti al baldacchino, sotto cui prendono posto i diaconi assistenti ai lati del Prelato.
Il cameriere, che sostiene il cereo del Prelato, cammina alla destra del primo dei sacerdoti che portano il baldacchino.
I porta-insegna seguono il Celebrante”.

4. Attorno a quest’adorazione la pietà popolare ha manifestato in molti modo la propria sensibilità.
“Per un processo storico, non ancora del tutto chiarito nelle sue varie fasi, il luogo della reposizione è stato considerato quale «santo sepolcro»; i fedeli vi accorrevano per venerare Gesù che dopo la deposizione dalla Croce fu collocato nella tomba, dove rimase per circa quaranta ore” (Direttorio su pietà popolare e liturgia, n. 141).

5. Quando si parlava di santo sepolcro (e se ne parlò fino alla riforma della settimana santa attuata da Pio XII) si era soliti visitare i sepolcri.
Si facevano sette visite per riparare le tante ingiurie fatte a Gesù nei sette viaggi della sua passione.

6. Il Direttorio su pietà popolare e liturgia scrive: “È necessario che i fedeli siano illuminati sul senso della reposizione: compiuta con austera solennità e ordinata essenzialmente alla conservazione del
Corpo del Signore per la comunione dei fedeli nell’Azione liturgica del Venerdì Santo e per Viatico degli infermi, è un invito all’adorazione, silenziosa prolungata, del mirabile Sacramento istituito in questo giorno.
Pertanto, in riferimento al luogo della reposizione, si eviti il termine di «sepolcro », e nel suo allestimento, non venga conferito ad esso l’aspetto di un luogo di sepoltura; infatti il tabernacolo non deve avere la forma di un sepolcro o di un’urna funeraria: il Sacramento venga custodito in un tabernacolo chiuso senza farne l’esposizione con l’ostensorio.
Dopo la mezzanotte del Giovedì Santo, l’adorazione si compie senza solennità, essendo già iniziato il giorno della Passione del Signore” (n. 41).

Ti auguro di una buona e Santa Pasqua, ricca di grazie e di pace.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.

Padre Angelo

Ci si può confessare col computer oppure online?


Quesito

Padre Angelo la saluto con affetto.
Ho un quesito che mi assilla da un po’ di tempo, suggerito dalla condizione attuale di covid19. Io per fortuna non ne sono al momento colpito.
E’ possibile fare la confessione tramite computer scrivendo la propria confessione e l’atto di dolore al confessore, anziché verbalmente. Io mi reco abitualmente in chiesa tutte le domeniche.
Grazie.

Risposta del sacerdote

1. Tutti i sacramenti richiedono la presenza personale.
Anche il sacramento del matrimonio che in alcuni casi potrebbe essere fatto per procura in assenza forzata di uno degli sposi, richiede comunque la presenza di colui al quale è stata affidata la delega.

2. Tra le condizioni della validità dell’assoluzione sacramentale vi è anche questa: che sia “in praesentem directa”, data cioè ad un penitente presente.
Il Sacramento infatti risulta dalla composizione di diversi elementi o segni. Se ne manca qualcuno, viene meno anche la celebrazione sacramentale. Ebbene, le parole “Io ti assolvo” suppongono che il penitente sia presente. Presente non significa con la voce, ma con la persona.

3. Già Clemente VIII (20.6.1602) condannò come falsa, temeraria e scandalosa la proposizione che sosteneva “la liceità di confessare sacramentalmente i peccati per lettera o per intermediario ad un confessore assente, e dal medesimo assente ricevere l’assoluzione”.

4. Per questo è ritenuta vincolante la seguente proposizione: “È invalida l’assoluzione sia che sia assente colui che si confessa e sia assente colui che assolve; sia che colui che si confessa sia presente ma è assente colui che assolve; sia che sia assente colui che si confessa e sia presente colui che assolve”. In latino questa proposizione o assioma suona così: “invalidam esse absolutionem sive absens confiteatur et absens assolvatur; sive praesens confiteatur et absens absolvatur, sive absens confiteatur et praesens absolvatur”.

5. Quando venne inventato il telefono ci si ripropose la domanda perché penitente e sacerdote potevano interloquire. Fu interrogata la sacra Penitenzieria Apostolica e questa il 1.7.1884 dichiarò che non voleva rispondere (“nihil est respondendum”).

6. Il 27.5.2001 Mons. Patrick Foley, presidente del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali ha detto che il sacramento della penitenza deve essere celebrato sempre “nel contesto dell’incontro personale“, e che non vale la confessione on-line.

7. Infine il 20 marzo 2020 – nel periodo più cruciale della pandemia coronavirus – mons. Krzysztof Nykiel, reggente della Penitenzieria Apostolica, alla domanda: “In questa situazione di emergenza, il telefono o l’email possono essere considerati in casi eccezionali strumenti idonei per la confessione? Ci si può confessare, in alcuni casi, senza la mediazione del sacerdote, interiormente e direttamente con il Signore?” ha risposto così: “La Confessione sacramentale non può avvenire per telefono o l’email o con altri strumenti di comunicazione per motivi legati alla tutela del sigillo sacramentale. E soprattutto ci vuole la presenza fisica del penitente”.

8. Il reggente della Penitenzieria Apostolica ha spiegato: “Tramite questi mezzi di comunicazione invece, il sacerdote può eventualmente fornire utili consigli spirituali al fedele, consolarlo o rinfrancarne la speranza, ma non impartire l’assoluzione sacramentale. Quanto alla possibilità di confessarsi interiormente, senza l’intervento di un sacerdote, la Chiesa ha sempre ribadito che la confessione individuale e integra dei peccati con l’assoluzione egualmente individuale costituisce l’unico modo ordinario con cui il fedele, consapevole di peccato grave, è riconciliato con Dio e con la Chiesa (Reconciliatio et paenitentia, 33).
In momenti di particolare gravità, quando non vi siano assolutamente le condizioni per accostarsi al sacramento della Penitenza nella forma consueta della confessione personale, la Chiesa stessa prevede la possibilità di ricevere il perdono del Signore nella forma del cosiddetto votum sacramenti, cioè esprimendo il sincero desiderio di ricevere il sacramento della Riconciliazione e proponendosi di celebrarlo successivamente, non appena possibile.
Secondo il giudizio del vescovo diocesano, se la situazione impedisce di ricevere l’assoluzione sacramentale nella forma ordinaria, la confessione individuale in questo tempo di emergenza potrebbe essere sostituita da un atto di sincera contrizione, espresso magari con una formula di preghiera (Confesso a Dio Onnipotente. Atto di dolore…) o con parole nostre, e compiendo se possibile un gesto penitenziale (digiuno, veglia di preghiera o elemosina), fino alla futura celebrazione del sacramento nella sua forma consueta” (testo consultabile ondine all’indirizzo web:
Confessione e riconciliazione al tempo del coronavirus

9. Le motivazioni che vengono portate per l’invalidità di questo tipo di assoluzione sono pertanto due: l’assenza delle persone (penitente e sacerdote) e il pericolo della violazione del segreto sacramentale.
Nell’impossibilità di confessarsi il fedele viene esortato a domandare sinceramente perdono a Dio con il proposito di confessarsi appena potrà. In tal caso viene già raggiunto dalla grazia di Dio come ha sempre insegnato la Chiesa quando ha detto che lo stato di grazia si può recuperare ancor prima della confessione se si emette un atto di contrizione perfetta.

10. Se qualche sacerdote o addirittura qualche vescovo, anche in questo tempo di pandemia, avesse dato l’assoluzione online in forma collettiva non solo avrebbe compiuto un abuso ma avrebbe esposto l’assoluzione all’invalidità.
In questi casi di emergenza dunque la soluzione sta nel ritrovare lo stato di grazia attraverso la via non sacramentale.

Ti ringrazio di avermi dato l’opportunità di ribadire questi elementi importanti del sacramento della penitenza, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.

Padre Angelo

5 aprile 2025

È proprio vero che in nessuna parte della Bibbia si viene sollecitati a pregare Maria?


Quesito

Egr. Padre,
in una discussione con una evangelica mi viene obiettato che in nessuna parte della Bibbia viene esplicitamente detto di pregare Maria.
Ovviamente sono di diversa opinione.
Grazie

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Risposta del sacerdote

Carissimo,

1. molto spesso gli evangelici si fermano alla lettura materiale della Sacra Scrittura.
Stando così le cose, dal loro punto di vista evidentemente non c’è nessuna richiesta esplicita di pregare Maria.

2. Ma se con un minimo di ragionamento illuminato dallo Spirito Santo si va un po’ più in là, allora si apre qualcosa di meraviglioso.
Gesù dalla croce ha detto a Maria: “Donna, ecco il tuo figlio” (Gv 19,26) e a Giovanni: “Ecco tua madre” (Gv 19,27).
Senza alcun dubbio Giovanni rappresentava tutta l’umanità e ogni singola persona.
Ora i figli, soprattutto quando sono piccoli, non si rivolgono forse ai genitori quando hanno bisogno di qualche cosa?
Da se stessi non possono arrivare a nulla. Ma l’amore e la sollecitudine dei genitori provvede alle loro necessità.

3. Questo appare in maniera ancora più splendida quando la Sacra Scrittura presenta la Madonna come mediatrice di grazie, come avvenne alle nozze di Cana.
Commenta San Tommaso: “Alla madre si deve la preparazione del miracolo; a Cristo il suo compimento, e se ne parla a partire dalla frase “vi erano là sei giare di pietra, eccetera; ai discepoli si deve la constatazione del miracolo: così Gesù diede inizio ai suoi miracoli…”.

4. Scrive poi San Tommaso: “Per tornare al primo punto, si noti che la madre di Cristo esercita qui la funzione di mediatrice. E in tale veste compie queste due cose: primo va a interpellare il figlio; secondo, dà istruzione ai servitori: “la madre disse ai servi””.
Non è forse questo il compito del mediatore? Di essere intermediario tra l’uno e l’altro?

5. Gesù avrebbe potuto compiere il miracolo da solo perché, se leggeva nei pensieri degli uomini, a fortiori sapeva che il vino stava per finire.
Invece ha voluto compiere il miracolo facendo intervenire sua madre per darci un prezioso insegnamento.
Persuasi che “è lui che suscita il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore” (Fil 2,13) è stato lui a ispirare a sua madre l’intercessione del miracolo. E la Madonna intervenne.

6. San Tommaso va avanti nel suo commento e dice: “Nella madre che si raccomanda va notato prima di tutto la pietà e la misericordia. Si deve infatti alla misericordia che uno consideri i bisogni altrui come propri. Ora poiché la Beata Vergine era piena di misericordia, voleva sollevare la necessità altrui.
In secondo luogo va notata la riverenza della madre supplicante verso Cristo; infatti la riverenza verso Dio ci porta a limitare la nostra preghiera all’esposizione dei nostri bisogni sull’esempio del salmista: “Signore, davanti a te ogni mio desiderio” (Sal 37,10)…
In terzo luogo va notata la sua sollecitudine perché essa non aspettò che il bisogno forse estremo, ma intervenne “mentre il vino stava per finire””.

7. Se sapessero gli evangelici, come del resto anche gli altri protestanti, di quanti beni si privano rimanendo ostinati nella chiusura alla Madonna!
Elisabetta, piena di Spirito Santo, lodò la Madonna dicendo: “Beata te che hai creduto! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me”.
Non ci chiede forse lo Spirito Santo di fare la stessa cosa?
Tanto più che questo è solo ed esclusivamente a nostro vantaggio.


Con l’augurio di ogni bene, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo