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28 agosto 2024

XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - Commento al Vangelo di Don Fabio Rosini

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».



26 agosto 2024

La preghiera per il beato Giovanni Paolo I


In occasione della memoria liturgica del Beato la postulazione per la causa di canonizzazione diffonde il testo di una preghiera per la sua canonizzazione e per l'intercessione del Beato. Il 26 agosto 1978 veniva eletto successore di Pietro

Beato Giovanni Paolo I

tu che con la parola e con l’esempio

ci hai insegnato a vivere la grazia del Battesimo

e il dono della fede, della speranza e della carità;

tu che sei stato modello di evangelica semplicità

e ci hai indicato la sapienza dell’umiltà;

tu che da Pontefice ti sei fatto prossimo a tutti

e, messaggero della Buona Novella,

hai manifestato l’amore per i poveri

e hai testimoniato la misericordia «intramontabile» di Dio che «è papà, più ancora è madre»;

tu che hai perseguito l’unità, il dialogo, la pace

seguendo Cristo Principe della pace;

prega per la Chiesa che hai tanto amato e servito,

prega per noi suoi figli

e ottienici dal Signore di seguirti

sulla via delle virtù e delle Beatitudini.

Concedi ora, Signore,

per intercessione del Beato Giovanni Paolo I,

la grazia che con fede ti imploriamo...

E, se tale è la Tua volontà, permetti che sia canonizzato per la gloria del Tuo nome e per il bene della Tua Chiesa.

Per Gesù Cristo nostro Signore. Amen


23 agosto 2024

E il nostro abito nuziale è sporco o viene regolarmente lavato?

In quel tempo, rispondendo Gesù riprese a parlare in parabole ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio.
Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire.
Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono gia macellati e tutto è pronto; venite alle nozze.
Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari;
altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.
Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni;
andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.
Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale? Ed egli ammutolì.
Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti». (Matteo 22,1-14)

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  1. Chi sono gli invitati che non sono voluti andare anche se il banchetto era pronto?
  2. Chi sono gli invitati raccolti in strada ai quali è stato dato l’abito nuziale per partecipare al banchetto?
  3. Chi è quel tale che il re quando entrò per vedere i commensali era lì senza abito nuziale ed è stato gettato nelle tenebre?

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Quindi chi il Re che ha preparato il banchetto di nozze per il Figlio? Il Re è il Padre e il figlio è Gesù. L’allora popolo di Dio, gli ebrei, furono invitati al banchetto di nozze ma non andarono, e oltre a non andare fecero anche di peggio contro i servitori che Dio Padre aveva mandato loro. 
Il banchetto di nozze però era già pronto. Quindi il Re, il Padre, mandò altri suoi servi per invitare al banchetto nuziale chiunque incontravano in strada... buoni e cattivi... Questi siamo tutti noi che all’inizio non facevamo parte del Popolo che Dio ha scelto a suo tempo.
A tutti questi nuovi arrivati, è stato dato per partecipare alle nozze l’abito nuziale... quello bianco che si usa al battesimo. 
Poi cosa accade? Il Padre vede qualcuno alle nozze che non aveva l’abito nuziale. Non che non lo avesse, ma da bianco che era è diventato così sporco che neanche si riconosceva più come abito nuziale.
Chi sono questi con l'abito nuziale diventato irriconoscibile? Sono quei battezzati che con i loro peccati non fanno altro che sporcare quell’abito nuziale bianco sporco a tal punto da essere irriconoscibile: uno straccio sporco. 
A tutti succede di sporcare l'abito nunziale del Battesimo con i nostri peccati, poi c’è chi si rende conto di avere l’abito bianco che si è sporcato di peccati e lo lava: va dal sacerdote e di confessa e il suo abito torna bianco. 
Altri invece proprio non ne vogliono sapere di lavare il loro abito nuziale talmente sporco da essere diventato nero: non vanno mai dal sacerdote a confessare i loro peccati ma nonostante ciò voglio partecipare al banchetto nuziale e ricevendo Gesù carichi di peccati, anche di quelli peggiori: per loro saranno le tenebre, pianto e stridore di denti.

Molti sono i chiamati, pochi gli eletti. Non che siano pochi coloro che si salvano. Nessuno di noi si potrà mai salvare con le proprie forze. Solo il Signore ci può salvare, sempre che noi lo vogliamo. Se a Lui ci affidiamo diventiamo eletti. 
Non che tutti finiscono come quel tale senza abito nuziale. Non ci vuole poi così tanto a pulirlo: basta riconoscersi peccatori. Il malfattore accanto a Gesù lo ha fatto, chissà quante ne aveva combinate per finire in croce eppure dinanzi a Gesù ha riconosciuto le sue colpe. Il suo abito nuziale è diventato così bianco che quel giorno stesso, al momento della sua morte era in Paradiso con Gesù. 
Invece l’altro malfattore... a lui Gesù non lo ha detto che sarebbe stato in paradiso... il suo abito era sporco, l’altro malfattore proprio non lo ha voluto lavare... ha preferito tenerlo sporco... come facciamo tanti di noi che ci diciamo cristiani

22 agosto 2024

Preghiera alla Beata Vergine Maria Regina

autore: Diego Velázquez anno: 1641-1644
titolo: Incoronazione della Vergine
luogo: Museo del Prado, Madrid

O Maria, Madre mia, io so chi devo amare dopo Dio: sei tu, Vergine Santa, Vergine piena di grazia.
Io ti amo Maria, perché tu sei la Madre di Dio, la Madre di Gesù, mio Salvatore.
Io ti amo, perché tu sei la Madre di tutti gli uomini, la Madre dei Santi, la Consolatrice di coloro che soffrono.
Io ti amo, Maria, perché tu sei mia Madre, la mia dolce e tenera Madre.
O Maria, io sono felice di avere una mamma dolce e buona come te.
O Madre mia dolcissima, voglio amarti con cuore di figlio.
Voglio essere tuo, tutto tuo, per sempre tuo.
Che cosa sarei io senza di te, o Maria?
Ma io so che tu non mi abbandonerai mai!
O mamma mia Maria, eccomi qui davanti a te.
A te affido la mia vita.
Ti prego: guidami tu sulla via che conduce al cielo all’incontro con Gesù, tuo Figlio, nella gioia senza fine del Paradiso.

Amen.

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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO PP.XII
IN ONORE DI MARIA REGINA*

Lunedì, 1° novembre 1954

Le testimonianze di omaggio e di devozione verso la Madre di Dio, che l'Universo cattolico ha moltiplicate nei mesi trascorsi, hanno provato splendidamente, così nelle pubbliche dimostrazioni, come nelle più modeste intraprese della pietà privata, il suo amore verso la Vergine Maria e la fede nei suoi incomparabili privilegi. Ma affine di coronare tutte queste manifestazioni con una solennità particolarmente significativa dell'Anno Mariano, abbiamo voluto istituire e celebrare la Festa della Regalità di Maria. 

Nessuno di voi, diletti figli e figlie, vorrà maravigliarsene, nè pensare che si sia trattato di decretare alla Vergine un titolo nuovo. I fedeli cristiani non ripetono forse già da secoli nelle Litanie Lauretane le invocazioni, che salutano Maria col nome di Regina? E la recita del santo Rosario, proponendo in pia meditazione la memoria dei gaudi, dei dolori e delle glorie della Madre di Dio, non termina forse col ricordo radioso di Maria accolta in cielo dal suo Figliuolo e da Lui ornata col diadema reale? 

Non è stata dunque Nostra intenzione d'introdurre qualche novità, ma piuttosto di far brillare agli occhi del mondo, nelle presenti circostanze, una verità atta ad apportare rimedio ai suoi mali, a liberarlo dalle sue angosce e ad indirizzarlo verso il cammino di salute, che esso ansiosamente ricerca. 

Meno ancora che quella del suo Figlio, la regalità di Maria non deve essere concepita in analogia con le realtà della vita politica moderna. Senza dubbio non si possono rappresentare le maraviglie del cielo che mediante le parole e le espressioni, ben imperfette, del linguaggio umano : ma ciò non significa punto che, per onorare Maria, si debba aderire ad una determinata forma di governo o ad una particolare struttura politica. La regalità di Maria è una realtà ultraterrena, che però, al tempo stesso, penetra sin nel più intimo dei cuori e li tocca nella loro essenza profonda, in ciò che essi hanno di spirituale e d'immortale. 

L'origine delle glorie di Maria, il momento solenne che illumina tutta la sua persona e la sua missione, è quello in cui, piena di grazia, rivolse all'Arcangelo Gabriele il «Fiat», che esprimeva il suo assenso alla disposizione divina; in tal guisa Ella diveniva Madre di Dio e Regina, e riceveva l'ufficio regale di vegliare sulla unità e la pace del genere umano. Per Lei noi abbiamo la ferma fiducia che l'umanità s'incamminerà a poco a poco in questa via di salvezza; Ella guiderà i capi delle nazioni e i cuori dei popoli verso la concordia e la carità. 

Che cosa dunque potrebbero fare i cristiani nell'ora presente, in cui l'unità e la pace del mondo, ed anzi le sorgenti stesse della vita, sono in pericolo, se non volgere lo sguardo verso Colei, che apparisce loro rivestita della potenza. regale? Come Ella avviluppò già nel suo manto il Fanciullo divino, primogenito di tutte le creature e di tutta la creazione (cfr. Col. 1, 15), così degnisi ora di avvolgere tutti gli uomini e tutti i popoli con la sua vigilante tenerezza; degnisi, come Sede della Sapienza, di far rifulgere la verità delle parole ispirate, che la Chiesa applica a Lei: « Per me reges regnant, et legum conditores iusta decernunt; per me principes imperant, et potentes decernunt iustitiam » (Prov. 8, 15-16; Brev. Rom. in Comm. Fest. B. Mariae Virg. I Noct. Lect. I). - Per mezzo mio regnano i re, e i magistrati amministrano la giustizia; per mezzo mio comandano i principi e i sovrani governano con rettitudine. - Se il mondo lotta al presente senza tregua per conquistare la sua unità, per assicurare la pace, l'invocazione del regno di Maria è, al di sopra di tutti i mezzi terreni e di tutti i disegni umani sempre in qualche modo difettosi, la voce della fede e della speranza cristiana, salde e forti delle promesse divine e degli aiuti inesauribili, che questo impero di Maria ha diffusi per la salvezza della umanità. 

Tuttavia dalla inesausta bontà della Vergine beatissima, che invochiamo oggi come la regale Madre del Signore, Noi attendiamo anche altri benefici non meno preziosi. Non soltanto Ella deve annientare i foschi piani e le opere inique dei nemici di una umanità unita e cristiana, ma ha da comunicare altresì agli uomini di oggi qualche cosa del suo spirito. Intendiamo con ciò la volontà coraggiosa ed anche audace, che, nelle circostanze difficili, di fronte ai pericoli e agli ostacoli, sa prendere senza esitare le risoluzioni che s'impongono, e perseguirne la esecuzione con una energia indefettibile, in guisa da trascinare dietro le sue orme i deboli, gli stanchi, i dubbiosi, coloro che non credono più alla giustizia e alla nobiltà della causa che debbono difendere. Chi non vede in qual grado Maria ha attuato in sè stessa questo spirito e ha meritato le lodi dovute alla « donna forte »? Il suo « Magnificat », questo cantico di gioia e di fiducia invincibile nella potenza divina, di cui Ella imprende ad effettuare le opere, la riempie di santa audacia, di una forza ignota alla natura. 

Come Noi vorremmo che tutti coloro, i quali hanno oggi la responsabilità del buono e retto andamento degli affari pubblici, imitassero questo luminoso esempio di sentimento regale! Invece, non si nota forse talvolta anche nelle loro file una sorta di stanchezza, di rassegnazione, di passività, che impedisce loro di affrontare con fermezza e perseveranza gli ardui problemi del momento presente? Alcuni non lasciano forse talora gli avvenimenti andare alla deriva, invece di dominarli con una azione sana e costruttiva? 

Non è dunque urgente di mobilitare tutte le forze vive ora in riserva, di stimolare coloro, che non hanno ancora piena consapevolezza della pericolosa depressione psicologica in cui sono caduti? Se la regalità di Maria trova un simbolo del tutto appropriato nella « acies ordinata », nell'esercito schierato in battaglia (Off. in Assumptione B. M. V. passim), certamente nessuno vorrà pensare a qualsiasi intenzione bellicosa, ma unicamente alla forza d'animo, che ammiriamo in grado eroico nella Vergine, e che procede dalla coscienza di operare validamente per l'ordine di Dio nel mondo. 

Possa la Nostra invocazione alla regalità della Madre di Dio ottenere agli uomini solleciti delle loro responsabilità la grazia di vincere l'abbattimento e l'indolenza, in un'ora, in cui nessuno può permettersi un istante di riposo, quando in tante regioni la giusta libertà è oppressa, la verità offuscata dal lavo rio di una propaganda mendace, e le forze del male sembrano quasi scatenate sulla terra! 

Se la regalità di Maria può suggerire ai reggitori delle nazioni atteggiamenti e consigli che rispondono alle esigenze dell'ora, Ella non cessa di riversare su tutti i popoli della terra e su tutte le classi sociali l'abbondanza delle sue grazie. Dopo lo spettacolo atroce della Passione ai piedi della Croce, in cui aveva offerto il più duro dei sacrifici che possano essere domandati a una Madre, Ella continuò ad effondere sui primi cristiani, suoi figli di adozione, le sue materne sollecitudini. Regina più che alcun'altra per la elevazione della sua anima e per la eccellenza dei doni divini, Ella non desiste dall'elargire tutti i tesori della sua affezione e delle sue dolci premure alla misera umanità. Lungi dall'essere fondato sulle esigenze dei suoi diritti e la volontà di un altero dominio, il regno di Maria non conosce che un'aspirazione: il pieno dono di sè nella sua più alta e totale generosità. 

Così dunque Maria esercita la sua regalità: accettando i nostri omaggi e non disdegnando di ascoltare anche le più umili e imperfette preghiere. Perciò, desiderosi come siamo d'interpretare i sentimenti di tutto il popolo cristiano, Noi rivolgiamo alla Vergine beatissima questa fervida implorazione: 

Dal profondo di questa terra di lacrime, ove la umanità dolorante penosamente si trascina; tra i flutti di questo nostro mare perennemente agitato dai venti delle passioni; eleviamo gli occhi a voi, o Maria, Madre amatissima, per riconfortarci contemplando la vostra gloria, e per salutarvi Regina e Signora dei cieli e della terra, Regina e Signora nostra. 

Questa vostra regalità vogliamo esaltare con legittimo orgoglio di figli e riconoscerla come dovuta alla somma eccellenza di tutto il vostro essere, o dolcissima e vera Madre di Colui, che è Re per diritto proprio, per eredità, per conquista. 

Regnate, o Madre e Signora, mostrandoci il cammino della santità, dirigendoci e assistendoci, affinchè non ce ne allontaniamo giammai. 

Come nell'alto del cielo Voi esercitate il vostro primato sopra le schiere degli Angeli, che vi acclamano loro Sovrana; sopra le legioni dei Santi, che si dilettano nella contemplazione della vostra fulgida bellezza; così regnate sopra l'intero genere umano, soprattutto aprendo i sentieri della fede a quanti ancora non conoscono il vostro Figlio. Regnate sulla Chiesa, che professa e festeggia il vostro soave dominio e a voi ricorre come a sicuro rifugio in mezzo alle calamità dei nostri tempi. Ma specialmente regnate su quella porzione della Chiesa, che è perseguitata ed oppressa, dandole la fortezza per sopportare le avversità, la costanza per non piegarsi sotto le ingiuste pressioni, la luce per non cadere nelle insidie nemiche, la fermezza per resistere agli attacchi palesi, e in ogni momento la incrollabile fedeltà al vostro Regno. 

Regnate sulle intelligenze, affinchè cerchino soltanto il vero; sulle volontà, affinchè seguano solamente il bene; sui cuori, affinchè amino unicamente ciò che voi stessa amate. 

Regnate sugl'individui e sulle famiglie, come sulle società e le nazioni; sulle assemblee dei potenti, sui consigli dei savi, come sulle semplici aspirazioni degli umili. 

Regnate nelle vie e nelle piazze, nelle città e nei villaggi, nelle valli e nei monti, nell'aria, nella terra e nel mare; 

e accogliete la pia preghiera di quanti sanno che il vostro è regno di misericordia, ove ogni supplica trova ascolto, ogni dolore conforto, ogni sventura sollievo, ogni infermità salute, e dove, quasi al cenno delle vostre soavissime mani, dalla stessa morte risorge sorridente la vita. 

Otteneteci che coloro, i quali ora in tutte le parti del mondo vi acclamano e vi riconoscono Regina e Signora, possano un giorno nel cielo fruire della pienezza del vostro Regno, nella visione del vostro Figlio, il quale col Padre e con lo Spirito Santo vive e regna nei secoli dei secoli. Così sia!


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XVI, 
 Sedicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1954 - 1° marzo 1955, pp. 237 - 241
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana

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Nota: la festa della Regalità di Maria, da celebrarsi ogni anno in tutto il mondo il giorno 31 maggio; fu poi trasferita al 22 agosto

20 agosto 2024

San Bernardo e la visione della Scala del Cielo

 

Il giorno 20 di questo mese di agosto facciamo memoria di uno dei santi mariani per eccellenza, colui che viene conosciuto per essere il cantore della Vergine per antonomasia, San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153).

Oltre ad essere il membro più famoso dei Cistercensi, fondati da Roberto di Molesmes a Cîteaux, è anche conosciuto per il suo carattere fermo e deciso nel vivere pienamente la regola di vita del suo ordine e per essere instancabile nell’esortare tutti alla santità.

Come spesso è accaduto nella gloriosa storia della nostra città di Roma, anche San Bernardo ha toccato il suolo romano. Era infatti l’anno 1138 quando il papa Innocenzo II decise di affidare la custodia dell’Abbazia dei Santi Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane all’ordine dei Cistercensi.

Allora come oggi, il complesso abbaziale delle Tre Fontane, anche se con le dovute differenze, vanta tre chiese molto importanti: la chiesa del martirio di San Paolo, dov’è custodita la colonna sulla quale, secondo la tradizione, è avvenuta la decapitazione dell’Apostolo delle Genti; la chiesa di Santa Maria in Scala Cœli, che nella cripta custodisce la prigione dove San Paolo trascorse le ultime ore prima del martirio, e la chiesa abbaziale vera e propria.

La colonna del martirio di san Paolo

Al tempo di San Bernardo la Chiesa di Santa Maria in Scala Cœli, che già sorgeva sui resti di un antico tempio pagano, era un oratorio dedicato ai Santi Zenone e compagni martiri, soldati romani cristiani condannati a morire alle Tre Fontane dopo essere stati sfruttati dall’imperatore Diocleziano per la costruzione delle sue terme.

Precisamente in quest’oratorio, alla presenza dello stesso papa Innocenzo II, San Bernardo, mentre celebrava la Santa Messa, ebbe la visione delle anime del Purgatorio che su una scala venivano portate dagli angeli in Cielo, dove erano accolte da Maria. È stata proprio questa visione che ha dato il nome attuale alla chiesa: Santa Maria in Scala Cœli.

Santa Maria in Scala Cœli

La chiesa, a pianta ottagonale in laterizio e travertino, risale al XVI secolo e i lavori furono iniziati nel 1582 da Giacomo della Porta su commissione di Alessandro Farnese. L’edificio presenta lungo i suoi lati tre absidi e la tela che rappresenta la visione di San Bernardo, di Desiderio de Angelis, è ospitata nell’abside alla sinistra dell’ingresso ed è incorniciata da due colonne con capitelli corinzi.

Nella tela vediamo il Santo intento a celebrare la santa Messa di suffragio per le anime del Purgatorio e sulla sinistra in basso possiamo vedere le anime sante, immerse nel fuoco purificatore del Purgatorio che, grazie al Santo Sacrificio della Messa, salgono al Cielo accompagnate dagli angeli e accolte alle porte del Paradiso da Colei che è la Ianua Cœli, la Porta del Cielo, Maria Santissima.

Quando si parla di San Bernardo, infatti, non si può trascurare il suo amore alla Vergine Maria alla quale soleva rivolgersi con affetto incondizionato e con fiducia senza pari. Facciamo nostra, in questo mese di agosto, una delle più belle preghiere scritte da Bernardo, che mostra la sua totale fiducia in Maria Santissima, e rinnoviamo ogni giorno il nostro amore a Lei, Aiuto dei cristiani e Porta del Cielo:

Ricordati, o piissima Vergine Maria,
non essersi mai udito al mondo
che alcuno abbia ricorso al tuo patrocinio,
implorato il tuo aiuto,
chiesto la tua protezione e sia stato abbandonato.
Animato da tale confidenza,
a te ricorro, o Madre, Vergine delle Vergini,
a te vengo e, peccatore contrito, innanzi a te mi prostro.
Non volere, o Madre del Verbo,
disprezzare le mie preghiere,
ma ascoltami propizia ed esaudiscimi. Amen.
Chiesa Santi Anastasio e Vincenzo

Chiesa Santi Anastasio e Vincenzo - Cappella del Santissimo

Chiesa Santi Anastasio e Vincenzo - Navata sinistra

Statua di San Bernardo, davanti all’Abbazia

San Benedetto - Ingresso Abbazia delle tre Fontane a Roma

Il Purgatorio

Da cosa si evince l’esistenza del Purgatorio? Nei Vangeli non c’è traccia…


Quesito

Gentile padre Angelo, da cosa si evince l’esistenza del Purgatorio? Nei Vangeli non c’è traccia…
La mia è una domanda semplice semplice ma il dubbio mi stuzzicava da un po’.
Grazie per la disponibilità

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Risposta del sacerdote


Carissimo,

1. dire che nel Vangelo non c’è traccia del purgatorio è eccessivo.
Certo non si trova la parola purgatorio, termine coniato posteriormente dalla teologia.
Ma i fondamenti evangelici e biblici sulla dottrina del Purgatorio ci sono.

2. Già i santi Padri, come san Cipriano morto nel 258, poggiavano la dottrina sulla purificazione post mortem sulle parole di Gesù riportate in Mt 5,25-26. “Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo!”.
San Cipriano sosteneva che per i defunti nella fede, specie per i martiri, vi è una salvezza definitiva immediatamente dopo la morte. E affermava pure l’esistenza di un inferno definitivo, che è immediato per coloro che muoiono nel peccato grave.
Il suo problema pastorale era per i cristiani che durante la persecuzione avevano rinnegato la fede, ma poi si erano pentiti. E siccome alcuni morivano prima di aver espiato il loro peccato (a quei tempi si faceva prima la penitenza per il peccato commesso e solo alla sua conclusione si veniva riconciliati con la Chiesa), affermò che per chi se ne era pentito, vi era la possibilità di continuare la purificazione di là.

3. Nel Vangelo vi è un’altra allusione al purgatorio quando Gesù dice che alcuni peccati non saranno perdonati né di qua né di là (Mt 12,32). Questo significa che alcuni peccati (i peccati veniali) possono essere perdonati nella vita futura e cioè nello stato di purificazione.

4. Ma, oltre il Vangelo, vi è poi il resto della Sacra Scrittura nella quale non mancano riferimenti a quella realtà che noi chiamiamo Purgatorio.
San Paolo, ad esempio, scrive: “Ma ciascuno stia attento come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che gia vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco” (1 Cor, 3,10-15).
Su questo testo annota la Bibbia di Gerusalemme: “Qui il purgatorio non è inteso direttamente, ma questo è uno dei testi da cui è partita la Chiesa per esplicitare la sua dottrina”.

5. Soprattutto nel secondo libro dei Maccabei (Antico Testamento) vi è un chiaro riferimento al Purgatorio. Di alcuni che erano caduti in guerra, ne fu chiaro il motivo. Sicché “tutti, benedicendo l’operato di Dio, giusto giudice che rende palesi le cose occulte, ricorsero alla preghiera, supplicando che il peccato commesso fosse pienamente perdonato. Il nobile Giuda … fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dramme d’argento, la inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio, agendo così in modo molto buono e nobile, suggerito dal pensiero della risurrezione. Perché se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato” (2 Mac 12, 38-45).

6. Del resto nel libro dell’Apocalisse si legge che nella Gerusalemme celeste “non entrerà nulla d’impuro” (Ap 21,27).
Ma, oltre la sacra Scrittura, abbiamo la tradizione della Chiesa che fin dall’inizio ha offerto suffragi per i defunti.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che “coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo (CCC 1030).
E ancora: “la Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, parla di un fuoco purificatore: Per quanto riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c’è, prima del Giudizio, un fuoco purificatore; infatti colui che è la Verità afferma che, se qualcuno pronuncia una bestemmia contro lo Spirito Santo, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro (Mt 12,31). Da questa affermazione si deduce che certe colpe possono essere rimesse in questo secolo, ma certe altre nel secolo futuro” (n. 1031).

Ti ringrazio, ti saluto, ti accompagno con la preghiera e ti benedico.

Padre Angelo



12 agosto 2024

Dio esiste. io l'ho incontrato

André Frossard (1915-1995) era figlio di uno dei fondatori del Partito Comunista Francese. Fu ateo convinto fino all’8 luglio 1935 quando visse un’esperienza straordinaria che ne provocò la istantanea conversione. Ce ne parla il cardinal Comastri.

cliccare sull'immagine per ascoltare


11 agosto 2024

Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna

"In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo".  Allora gli dissero: "Signore, dacci sempre questo pane".  Gesù rispose loro: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!  Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete.  Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori,  perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.  E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno.  Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno". Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: "Io sono il pane disceso dal cielo".  E dicevano: "Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: "Sono disceso dal cielo"?".
Gesù rispose loro: "Non mormorate tra voi.  Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.  Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me.  Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre.  In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita.  I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti;  questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.  Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo
".
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?".  Gesù disse loro: "In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita.  Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.  Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.  Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui.  Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.  Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno".
Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao. Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: "Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?". Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: "Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono". Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: "Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre".
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: "Volete andarvene anche voi?". Gli rispose Simon Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna 69e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio". (Gv 6.32-68)


di Padre Raniero Cantalamessa

Il discorso eucaristico del capitolo sesto di Giovanni si sviluppa secondo un andamento tutto particolare che possiamo chiamare a spirale, o a scala a chiocciola. Nella scala a chiocciola, si ha l’impressione di girare sempre su se stessi, ma in realtà a ogni giro ci si ritrova a un livello un po’ più alto (o più basso, se si scende). Così qui. Gesù sembra ritornare continuamente sugli stessi temi, ma, a guardare bene, ogni volta viene introdotto un elemento nuovo che ci porta sempre più in alto (o ci fa scendere sempre più in profondità) nella contemplazione del mistero.
L’elemento nuovo e la nota dominante del brano di oggi ha a che fare con il pane. Ben cinque volte vi ricorre questa parola:
“Io sono il pane della vita… Questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
I sacramenti sono segni: “producono ciò che significano”. Di qui l’importanza di capire di che cosa è segno il pane tra gli uomini. In un certo senso, a capire l’Eucaristia, prepara meglio il mestiere del contadino, del mugnaio, della massaia o del panettiere, che non quello del teologo, perché costoro, sul pane, ne sanno infinitamente di più dell’intellettuale che lo vede solo al momento in cui arriva sulla tavola e lo mangia, magari anche distrattamente.
Facciamo dunque una bella cosa: andiamo a scuola da questi insoliti maestri per imparare qualcosa sul pane. Se chiediamo a un contadino cosa evoca nella sua mente la parola pane, ci dirà: la semina in autunno, l’attesa, la sarchiatura, la ripulitura, la trepidazione al momento in cui le messi biondeggiano e una tempesta le può gettare a terra, e infine la dura fatica della mietitura e trebbiatura. Ma non solo questo. Molti ricorderanno cos’era un tempo, per la famiglia, il giorno in cui si faceva il pane: una festa, un rito quasi religioso. L’ultimo tocco era la croce che veniva tracciata su ogni pagnotta e che il calore del forno dilatava e trasformava in solchi profondi e dorati. Poi il profumo del pane fresco che la fame, specie durante la guerra, rendeva ancora più desiderabile.
E cos’è il pane quando arriva sulla mensa? Il papà o la mamma che lo spezza, o lo mette semplicemente in tavola, somiglia a Gesù. Anche lui, o lei, potrebbe dire ai figli: “Prendete, mangiate: questo è il mio corpo offerto per voi”. Il pane quotidiano è davvero un po’ il suo corpo, il frutto della sua fatica e il segno del suo amore.
Di quante cose, dunque, è segno il pane: di lavoro, di attesa, di nutrimento, di gioia domestica, di unità e solidarietà tra quelli che lo mangiano… Il pane è l’unico, tra tutti i cibi, che non dà mai nausea; lo si mangia tutti i giorni e ogni volta il suo sapore ci riesce gradevole. Si sposa con tutti i cibi. Le persone che soffrono la fame non invidiano ai ricchi il caviale, o il salmone affumicato, invidiano soprattutto il pane fresco.
Bene, vediamo ora cosa succede quando questo pane arriva sull’altare ed è consacrato dal sacerdote. La dottrina cattolica lo esprime con una parola. Vi avverto che è una parola difficile, ma ci sono casi (rari, però ci sono), in cui non possiamo evitare di usare una parola difficile, senza rinunciare a penetrare al cuore del problema. Non si può parlare di Eucaristia senza mai pronunciare la parola transustanziazione con cui la Chiesa ha espresso la sua fede. Cosa vuol dire transustanziazione? Vuol dire che al momento della consacrazione il pane cessa di essere pane e diventa corpo di Cristo; la sostanza del pane – cioè la sua realtà profonda che si percepisce, non con gli occhi, ma con la mente – cede il posto alla sostanza, o meglio alla persona, divina che è il Cristo risorto e vivo, anche se le apparenze esterne (nel linguaggio teologico, gli “accidenti”) restano quelle del pane.
Per capire transustanziazione, chiediamo aiuto a una parola ad essa imparentata e che ci è più famigliare, la parola trasformazione. Trasformazione significa passare da una forma a un’altra, transustanziazione passare da una sostanza a un’altra. Facciamo un esempio. Vedendo una signora uscire dal parrucchiere con una acconciatura tutta nuova, viene spontaneo a volte esclamare: “Che trasformazione!”. Nessuno si sogna di esclamare: “Che transustanziazione!”. Giustamente. Sono cambiati infatti la sua forma e l’aspetto esterno, ma non il suo essere profondo e la sua personalità. Se era intelligente prima, lo è ora; se non lo era prima, mi dispiace ma non lo è neppure ora. Sono cambiate le apparenze, non la sostanza.
Nell’Eucaristia avviene esattamente il contrario: cambia la sostanza, ma non le apparenze. Il pane viene transustanziato, ma non trasformato; le apparenze infatti (forma, sapore, colore, peso) restano quelle di prima, mentre è cambiata la realtà profonda, è diventato corpo di Cristo. Si è realizzata la promessa di Gesù ascoltata all’inizio: “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
Ecco come Paolo VI spiegava, con un linguaggio più vicino all’uomo d’oggi, ciò che avviene al momento della consacrazione: “Questo simbolo sacro della vita umana che è il pane volle scegliere Cristo per farne simbolo, ancor più sacro, di sé. Lo ha transustanziato, ma non gli ha tolto il suo potere espressivo; anzi ha elevato questo potere espressivo a un significato nuovo, a un significato superiore, a un significato mistico, religioso, divino. Ne ha fatto scala per una ascensione che trascende il livello naturale. Come un suono diventa voce, e come la voce diventa parola, diventa pensiero, diventa verità; così il segno del pane è passato, dall’umile e pio essere suo, a significare un mistero; è diventato sacramento, ha acquistato il potere di dimostrare presente il corpo di Cristo” (Discorso tenuto nella festa del Corpus Domini del 1959).
Ma adesso basta con le cose difficili. Ridiscendiamo a valle, cioè alla vita di tutti i giorni. Anche se non avete capito gran che di quello che ho detto, non vi angustiate. Non è necessario, per fortuna, sapere tutto sul pane e sui suoi componenti chimici, per mangiarlo con gusto e riceverne beneficio! Vista nella luce che abbiamo detto, l’Eucaristia illumina, nobilita e consacra tutta la realtà del mondo e l’attività umana. Il significato nuovo, eucaristico, del pane non annulla infatti quello naturale, piuttosto lo sublima. Nell’Eucaristia la stessa materia – sole, terra, acqua – viene presentata a Dio e raggiunge il suo fine che è quello di proclamare la gloria del creatore. L’Eucaristia è il vero “cantico delle creature”.
“Frutto della terra e del lavoro dell’uomo”, il pane eucaristico ha qualcosa di importante da dire proprio sul lavoro umano, e non solo su quello agricolo. Nel processo che porta dal seme al pane sulla tavola, interviene l’industria con le sue macchine, il commercio, i trasporti e un’infinità di altre attività umane. Tutto il lavoro umano.
Secondo la visione marxista, il lavoro, così com’è organizzato nelle società capitalistiche, aliena l’uomo. Il lavoratore mette nel prodotto che esce dalle sue mani il suo sudore, un po’ della sua vita. Vendendo quel prodotto, è come se il padrone vendesse lui. Bisogna ribellarsi… A un certo livello, questa analisi può anche essere vera, ma l’Eucaristica ci dà la possibilità di rompere questo cerchio. Insegniamo al lavoratore cristiano a vivere bene la sua Eucaristia; diciamogli che, se offerto a Dio per il bene della famiglia e il progresso della società, il suo sudore non finirà nel prodotto che fabbrica, ma in quel pane che, direttamente o indirettamente, ha contribuito a produrre. Diventa anch’esso, in qualche modo, eucaristia, messo al sicuro per l’eternità, perché è scritto che “le loro opere li seguiranno” (Apocalisse 14, 13). Il lavoro non è più alienante, ma santificante. L’Eucaristia, come si vede, ricapitola e unifica ogni cosa. Riconcilia tra loro materia e spirito, natura e grazia, sacro e profano. Alla luce dell’Eucaristia, non ha più senso la contrapposizione tra mondo laico e mondo cattolico che tanto impoverisce la nostra cultura, rendendola “di parte”. L’Eucaristia è il più sacro e, nello stesso tempo, il più laico dei sacramenti.
La prima lettura ci offre lo spunto per completare questa riflessione e applicarla alla nostra vita di ogni giorno. Il profeta Elia sta fuggendo dall’ira della regina Gezabele che lo vuole uccidere. È sfinito fisicamente e moralmente; si getta sotto un ginepro chiedendo a Dio di farlo morire. Un angelo lo tocca, gli mostra un pane cotto su delle pietre e un orcio d’acqua e gli dice: “Alzati e mangia!”. Egli si alza, mangia e con la forza datagli da quel pane cammina ancora per quaranta giorni e quaranta notti, fino al monte di Dio, l’Oreb.
Non siamo anche noi, a volte, quell’Elia stanco e sfiduciato e desideroso di morire? Anche a noi viene detto perciò: “Alzati e mangia!”. Chi mangia di questo pane che è il corpo del Signore non camminerà solo “per quaranta giorni e quaranta notti”, ma “vivrà in eterno”. Dal tabernacolo, Cristo continua a far giungere all’uomo di ogni tempo quelle sue parole:
“Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò” (Matteo 11, 28).

10 agosto 2024

Centocinquantatré grossi pesci.

Quella volta pescarono 153 grossi pesci. Ha un significato quel numero 153?


Quesito

Caro Padre Angelo 

Giovanni 21,1-19: “Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci.”

Mi ha colpito molto il numero esatto dei pesci pescati. È un numero che significa qualcosa per gli Ebrei? 

Perché possiamo evitare di conoscere la vita di Gesù fino ai 30 anni, la maggior parte delle opere compiute che non sono riportate nelle Scritture, ma sappiamo quanti pesci prese Simon Pietro lanciando le reti dal lato destro? 

Le chiedo scusa se la distolgo da argomenti più importanti e interessanti. 

La ricordo nelle mie preghiere e la ringrazio 

Giovanni 

__________

Risposta del sacerdote

Caro Giovanni, 

1. sì, quel numero secondo i santi padri e i dottori della chiesa ha un significato. Nella Bibbia di Gerusalemme a questo proposito si legge ina nota: “Giovanni dà un valore simbolico del racconto. I pesci rappresentano i futuri discepoli di Gesù.

153 è una cifra triangolare (genere di computo ben conosciuto nell’antichità) la cui base è 17, ossia 10 + 7 che significano la moltitudine e la totalità.

La rete che non si rompe simboleggia la Chiesa di cui Pietro sarà il pastore”.

2. San Tommaso sostanzialmente fà il medesimo commento ma con alcune varianti.

Scrive: “Ma forse i salvati non saranno che 153? Senza dubbio saranno molti di più, ma questo numero ha un significato mistico. 

Infatti nessuno può giungere alla patria senza l’osservanza del decalogo; e questo non si può osservare senza la settiforme grazia dello Spirito Santo. (…)

Ebbene, 10 + 7 fanno 17. Se dunque i numeri vengono progressivamente numerati addizionando all’uno il due (e abbiamo il tre), a tre il tre (abbiamo il sei), alle sei il quattro (abbiamo il 10), al 10 il cinque (e abbiamo il 15) e così di seguito sempre addizionando il numero successivo fino al 17 avremo come risultato 153”.

3. Prosegue San Tommaso: “Oppure si può procedere in quest’altro modo. Questi discepoli ai quali Cristo apparve erano sette. Ora moltiplicando 7 × 7 (ossia per i doni dello spirito Santo) avremo 49; e se gli raggiungiamo la perfezione dell’unità nella quale devono perseverare i figli di Dio che sono condotti dallo Spirito di Dio avremo il 50.

E se il 50 lo moltiplichiamo per tre e gli aggiungiamo il tre per indicare la fede nella Trinità, la quale consiste nella confessione del cuore, delle labbra e dell’opera, avremo 153. Poiché coloro che sono perfetti per i sette doni dello Spirito Santo e uniti nella fede della Trinità raggiungono la patria”.

Il traduttore dell’opera di San Tommaso aggiunge in nota che “tutte queste elucubrazioni sono di Sant’Agostino nel commento al Vangelo di Giovanni”.

4. In maniera più sobria Marco Saless crive: “In questa pesca miracolosa, nella quale la parte più importante è riservata a Pietro, i padri hanno  visto raffigurato il potere supremo conferito al principe degli apostoli sopra tutti i membri della chiesa. 

Nei 153 pesci sono figurati tutti gli uomini sia giudei che pagani; i quali dovranno entrare nella Chiesa”.

Con l’augurio di essere tra quelli che sono computati nel numero 153, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.

Padre Angelo



6 agosto 2024

Gesù si trasfigura davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti». (Mt 17,1-9)




"Il Signore permette a Satana di vagliare la Chiesa come si vaglia il grano per purificarlo"

“Credo che, a parte la messa domenicale e la preghiera personale, mi prenderò una pausa profonda dalla Chiesa cattolica”



Quesito

Caro Padre Angelo,
tempo fa le scrissi manifestando il mio timore che la Chiesa stesse smarrendo la fede. I miei timori si sono purtroppo avverati: la recente dichiarazione Fiducia Supplicans ha de facto sdoganato le benedizioni delle unioni omosessuali e da secondo matrimonio. Allo stesso tempo, pochi giorni dopo, Papa Francesco ha dichiarato a Che Tempo Che Fa che “spera che l’inferno sia vuoto”, pur precisando che si tratta di sua opinione personale e non di magistero ecclesiastico.
Francamente, devo dirle che mi sono stufato e non riesco più a nascondere il disgusto per ciò che la Chiesa è diventata negli ultimi undici anni di pontificato: un’istituzione post-cristiana e irrilevante, ossessionata dal compiacere il mondo, che ha trasformato la misericordia in amnistia e che è ormai lontana anni luce dall’insegnamento di Cristo.
La Chiesa ha perduto la fede ed è caduta nell’apostasia e, sinceramente, sono stufo di cercare di continuare a negarlo: francamente provo sempre più vergogna nel difendere il cattolicesimo e questi uomini di Chiesa che, più che la Sposa di Cristo, sembrano servire la prostituta di Babilonia.
Nessuna dose di ultra-montanismo potrà cambiare questo. Sinceramente non so cosa pensare: sono stanco e stufo di stare dietro ad un’istituzione che sembra non essere più minimamente interessata al messaggio cristiano.
Credo che, a parte la messa domenicale e la preghiera personale, mi prenderò una pausa profonda dalla Chiesa cattolica.
Le auguro di riuscire a mantenere la fede, perché francamente non so come sia più possibile ormai.
Elia
_______________

Risposta del sacerdote

Caro Elia,
1. scelgo la tua mail per rispondere ai molti che scrivono al nostro sito per esprimere la loro sofferenza all’interno della Chiesa.
Provano disagio a motivo della fede perché anziché sentirsi confermati, come sarebbe loro diritto, si sentono invece combattuti, denigrati e insultati.
Non entro nel merito delle questioni che hai menzionato.
Mi soffermo invece sulla sofferenza ecclesiale perché in ogni caso va vissuta bene. Ne parlo pertanto sotto il profilo della teologia spirituale.

2. La sofferenza provata da non pochi cristiani senza dubbio è una prova permessa da Cristo e richiama le parole proferite da Nostro Signore nell’ultima cena.
Ad un certo momento Gesù si è rivolto a Pietro e gli ha detto: “Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22,31-32).
Gesù avrebbe potuto impedire a Satana di tormentare i suoi. Invece l’ha permesso.

3. L’ha permesso per il medesimo motivo per cui gli ha concesso di tormentare il giusto Giobbe che lo riteneva fedele a Dio solo perché tutto gli andava bene. Era certo che se il Signore gli avesse concesso la possibilità di colpirlo, Giobbe avrebbe perso la fede.
Gli chiese pertanto di togliere da Giobbe la siepe che lo proteggeva dai suoi attacchi. Il Signore lo permise.
Allora Satana tormentò Giobbe in tutti i suoi beni, compresi gli affetti più cari, i figli. Non finivano di raccontargli una disgrazia che già ne veniva annunciata un’altra.
In tutto questo Giobbe rimase fedele ripetendo sempre: “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore” (Gb 1,22).
Per questa sua fedeltà fu poi ricompensato con un’abbondanza di beni molto superiore a quella precedente.

4. Ecco, in questo momento il Signore permette a Satana di vagliare la Chiesa come si vaglia il grano per purificarlo.
Lo permette per un disegno d’amore perché si manifesti in maniera ancora più limpida la nostra adesione a Cristo, senza il conforto pur legittimo derivante dalla Chiesa.
Va sottolineato che per il solo fatto di permetterlo, il Signore si mostra più potente di Satana e di avere già vinto.
Egli rimane il Signore indiscusso di tutti gli eventi.

5. La tua prova, che in questo momento è quella di molti altri all’interno della Chiesa, ha il medesimo obiettivo.
Anche la tua fede viene vagliata perché la tua adesione a Cristo brilli ancora di più e venga purificata da tutti i motivi di conforto umano che sarebbe legittimo desiderare e sperare.
Vorresti prenderti una pausa profonda dalla Chiesa Cattolica. Ma è una strada sbagliata.
Certo, tutti vorremmo una Chiesa santa, immacolata, splendente di ogni virtù davanti agli occhi di tutti. Sarebbe il nostro vanto più bello, il nostro onore.
Cristo invece ci chiede di amarla come l’ha amata e la ama. La ama e l’ha amata nonostante tutte le sue debolezze, le sue ingratitudine e le sue infedeltà.
San Paolo ce lo ricorda con una bella espressione che deve diventare un altro il paradigma della dedizione vicendevole tra i coniugi: “Anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata” (Ef 5,25-27).
Concretamente che cosa si chiamata a fare?
Devi stringerti ancora di più a Cristo, pregare per la Chiesa e, lascia che ti dica tutto, dare la tua vita per la Chiesa.
Andare a fare la Santa Comunione vuol dire anche questo!

6. Il Signore non ti chiede in questo momento di prendere una pausa profonda dalla Chiesa.
Piuttosto ti chiede di fare come fa quella moltitudine silenziosa di fedeli che continua la propria vita cristiana nella fedeltà a Cristo, nell’esercizio di tutte le virtù, principalmente quelle della carità e della fortezza.
Quella moltitudine silenziosa di fedeli che tiene ben presente l’obiettivo supremo della propria esistenza: la santificazione propria e cooperare per quella altrui, anche con l’offerta della propria sofferenza e del proprio martirio interiore.
E proprio per questo continua a vivere la vita cristiana nella fedeltà all’insegnamento perenne e immutabile della Chiesa.
Nessun santo si è preso delle pause dalla Chiesa.
Ascoltando la voce del Signore, fai anche tu quello che ha fatto il nostro Santo padre Domenico e quello che ha fatto San Francesco stando in medio Ecclesiae, nel cuore della Chiesa.
Non perderai tempo e ti avvantaggerai in tutte le virtù.
Senza dire del merito che ti accantoni per la vita eterna.

7. Mi piace concludere con le parole di Santa Caterina da Siena: “Non dite come fanno alcuni: “sono tanti i difetti di questi pastori che da essi non riceviamo altro che male: perciò non sono degni di riverenza né di essere aiutati. Se fossero come dovrebbero essere e attendessero alle cose spirituali e non alle temporali allora li aiuteremmo”.
E così, come persone ingrate e sconoscenti, accecati dal loro amor proprio, non rendono loro la dovuta riverenza né l’aiuto: anzi, spesso distolgono dall’aiutarli coloro che lo volessero fare.
Non vedono che queste ragioni sono false, perché, o buoni o cattivi che siano, noi non dobbiamo mai ritrarci dal compiere il nostro dovere.
La riverenza non si fa alla loro persona come tale, ma al sangue di Cristo e all’autorità e dignità che Dio ha dato loro.
Questa autorità e dignità non diminuisce per nessun difetto che fosse in loro.
La loro autorità, anche se macchiata da difetti personali, non sminuisce il loro potere e la loro virtù spirituale: perciò non deve diminuire la nostra riverenza e obbedienza; altrimenti ci troveremo in stato di dannazione.
Per nessuna ragione dobbiamo tralasciare di soccorrerli, perché il sovvenire ad essi è sovvenire a noi stessi. Infatti per i loro difetti non ci viene tolta la necessità che abbiamo di loro: quindi dobbiamo essere grati e riconoscenti, facendo ciò che possiamo in utilità della Santa Chiesa” (lettera 311, Ai signori difensori del popolo e al Comune di Siena).

Ti assicuro una particolare preghiera perché tu possa vivere secondo le indicazioni che ti ho presentato.
Tutti hanno bisogno della tua santità.
Ti benedico e ti auguro ogni bene.
Padre Angelo



4 agosto 2024

Signore, vogliamo pregarti oggi per tutti i sacerdoti del mondo 🙏🏼

 

Signore, vogliamo pregarti oggi per tutti i sacerdoti del mondo.

Ti preghiamo per questi nostri fratelli che dedicano la loro vita a costruire comunità.

Ti preghiamo per i sacerdoti: categoria ormai in via di estinzione...

E mentre preghiamo per i sacerdoti, pensiamo a tutti quelli che abbiamo conosciuto: a volte sacerdoti staccati dalla gente comune, a volte uomini pieni di comprensione e di umanità, altre volte sacerdoti inchiodati dalle loro incoerenze più o meno evidenti...

Molte volte i preti che abbiamo avuto accanto li abbiamo giudicati, criticati, contestati, isolati...

Poche volte abbiamo ricordato che il prete è solo un nostro fratello, limitato e fragile, che dedica la sua vita ad annunciare il Vangelo, cercando con tanta fatica di vivere le cose che dice.

Ti chiediamo, Signore, di aiutarci a voler bene ai nostri sacerdoti.

Aiutaci a cercare il bene insieme. Facci capire che prima di abbandonarli, pensiamo che, anche loro, come tutti noi, hanno bisogno di un sorriso e di un amico.

Signore Gesù, tu cerchi sempre dei "pazzi", dei "folli" d'amore disposti a seguirti.

Manda ancora nelle nostre comunità sacerdoti pieni di gioia,  capaci di stravolgerci il cuore con la tua grazia.

Amen 🙏