29 giugno 2018

“Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me.”

Sulle tracce dei santi Pietro e Paolo


FABIO BERETTA

Santi Pietro e Paolo. Uno era un povero pescatore della Galilea; l'altro un fariseo tessitore di tende dell'Impero Romano. Due personaggi profondamente diversi, come diversi furono i loro modi di incontro e relazione con Gesù, che oggi la Chiesa celebra insieme quali pilastri fondamentali della fede cristiana. Quella odierna è una solennità antichissima, inserita nel martirologio romano molto tempo prima del Natale. Già nel IV secolo, a Roma, si celebravano già tre Sante Messe: una nella chiesa di San Pietro in Vaticano, l’altra in San Paolo fuori le mura, la terza alle catacombe di San Sebastiano, dove probabilmente vennero nascosti per un certo tempo, all'epoca delle invasioni barbariche, i corpi dei due Apostoli. Fin dal giorno del loro martirio, avvenuto tra il 64 e il 67 d.C. durante le persecuzioni di Nerone, i cristiani hanno avvertito il bisogno di recarsi a Roma per "confessare" la propria fede sulle tombe degli Apostoli. Il loro culto si diffuse rapidamente in tutto l'Impero. Col passare dei secoli, la città di Roma ha visto sorgere chiese e cappelle in onore dei suoi patroni, dal carcere mamertino, il più antico al mondo, passando per la cappella del "Quo vadis", situata lì dove l'Appia antica incrocia via Ardeatina, fino alle imponenti e maestose basiliche pontificie.

"Quo vadis, Domine?"


Alcuni testi apocrifi, infatti, narrano quello che è probabilmente quello che è il racconto più conosciuto legato alla figura di San Pietro. A Roma imperversava la persecuzione di Nerone contro i cristiani. Il primo Papa, convinto dai suoi fedeli, decise di abbandonare la Capitale. Nella notte, mentre lasciava la città, ebbe una visione: Gesù gli veniva incontro, verso l'Urbe. Pietro gli domandò: "Quo vadis, Domine?", che significa: "Signore, dove vai?". Cristo rispose: "Torno a Roma, per essere crocifisso di nuovo". In quel momento l'Apostolo capì che sarebbe dovuto tornare indietro, andando incontro al martirio. La tradizione ha fatto sua questa leggenda, sopravvissuta nel tempo anche grazie agli scritti di alcuni Padri della Chiesa, come Sant'Ambrogio, che nella "Lettera contro Auxentius" citò l'apparizione. Oggi, una cappella ricorda l'episodio. Non abbiamo attestazioni della sua esistenza prima dell'XI secolo. La prima menzione si trova in una bolla di Gregorio VII del 1074, in cui si fa riferimento ai beni donati alla basilica di San Paolo fuori le mura. Tra questi viene elencata la chiesa di "Sancta Maria quae cognominatur Domine-quo-vadis". Altri successivi documenti la ricordano come la chiesa di "Sancta Maria ubi Dominus apparuit". Fu eretta nel IX secolo e riedificata nel 1637 per volere del cardinal Francesco Barberini, a seguito di un violento temporale che quasi dieci anni prima la devastò. Nella chiesa è conservata una copia della pietra sulla quale si ritengono vi siano le impronte dei piedi di Gesù. In realtà, secondo gli studiosi, sarebbe un ex voto proveniente da un santuario pagano.

Il martirio


Anche se la tradizione sostiene la presenza negli stessi anni, a Roma, dei due Apostoli, non abbiamo prove certe dei loro incontri, nella quotidianità, nelle strade o nei luoghi nei quali celebravano le prime Messe. Unica caratteristica comune a questi grandi personaggi è il martirio. Paolo venne ucciso "con la spada", perché godeva dello status di cittadino romano. La sua esecuzione avvenne nella località denominata "Acque Salvie". Il suo nome mutò in "Tre Fontane" dopo che la testa dell'Apostolo, decollata, ruzzolò per tre volte sulla terra. Ad ogni tocco, sgorgò una fonte d'acqua. Pietro, invece, fu portato sul colle Vaticano, considerato sacro poiché lì avvenivano i "vaticini", ovvero si consultavano gli oracoli. Essendo cristiano, venne condannato alla crocifissione. Ma sentendosi indegno di morire come il suo Maestro, il Principe degli Apostoli chiede di montare la croce al contrario. A differenza del corpo di San Paolo, che venne sepolto in un altro luogo, distante da quello del martirio, quello di Pietro fu interrato a pochi passi dal luogo del martirio. Su entrambe le tombe, nel giro di pochissimo tempo, sorsero due edicole.

La cappella di Tre Fontane


Nella zona in cui San Paolo venne giustiziato, oggi sorge il complesso dell'Abbazia delle Tre Fontane. Qui sorge una chiesa dedicata a Saulo risalente al 1599, ad opera di Giacomo della Porta, commissionata dal cardinale Pietro Aldobrandini. Due statue sovrastano il timpano della facciata: quelle di San Pietro e di San Paolo realizzate dal “Franciosino”. Dal vestibolo si accede alla navata, trasversale rispetto all’ingresso, con due cappelle ai lati e l’abside al centro. Sul pavimento è stato posto un mosaico romano ritrovato a Ostia Antica nei pressi del Mitreo del Palazzo Imperiale, risalente al II secolo d.C. In una delle cappelle laterali è conservata la colonna tronca dove secondo la tradizione sarebbe stato legato l’Apostolo durante il martirio. Le "tre fontane" si trovano allineate lungo la parete della navata, a uguale distanza l’una dall’altra ma a diverso livello dal pavimento, disposte in edicole a nicchia. Le fonti, chiuse dal 1950, sono sormontate da tabernacoli, ciascuno dei quali era abbellito con un bassorilievo di Nicolas Cordier, rappresentante la testa di Saulo. Oggi non si possono più ammirare perché trafugati. Dietro l’edicola della fonte centrale, sulla parete dell’abside, è rappresentato il martirio di San Paolo.

La basilica di San Paolo fuori le mura


Il corpo di San Paolo venne deposto a due miglia dal luogo del martirio, nell’area sepolcrale che la cristiana Lucina possedeva sulla via Ostiense. Fu possibile seppellirlo in una necropoli romana, anche se cristiano, proprio perché cittadino romano. La sua tomba divenne subito oggetto di venerazione; su di essa viene edificata una "cella memoriae", nella quale, durante i secoli della persecuzione, si recavano a pregare i fedeli. A circa 1,37 metri sotto l’attuale Altare Papale, una lastra di marmo, composta da diverse parti. Quella che porta il nome latino di "Paulo", è munita di tre buchi, uno rotondo e due quadrati. Sopra vi è posto un sarcofago sul quale successivamente furono costruiti gli "Altari della Confessione". Con la fine delle persecuzioni e la promulgazione degli editti di tolleranza verso il cristianesimo, all’inizio del IV secolo, l’imperatore Costantino fece innalzare una Basilica, consacrata da Papa Silvestro nel 324. Ristrutturata ed ingrandita tra il 384 e il 395, la chiesa non cesserà lungo i secoli di essere oggetto di abbellimenti e di aggiunte da parte dei Papi. Nella notte del 15 luglio 1823 un incendio ha distrutto questo tempio ricco di testimonianze paleocristiane, bizantine, rinascimentali e barocche. Nel 1840 viene ricostruita in modo identico, riutilizzando gli elementi risparmiati dal fuoco, e riconsacrata da Gregorio XVI.

San Pietro in Vaticano


Sul luogo dove venne sepolto San Pietro, a pochi passi dal luogo del martirio, nel II secolo d.C. venne edificata un'edicola messa a protezione della sepoltura dell'Apostolo. Costantino diede avvio, nel 324, alla costruzione della basilica. Consacrata nel 329, la grande chiesa si presentava come un edificio a pianta longitudinale a cinque navate e transetto. All’esterno una scalinata conduceva al quadriportico antistante la Basilica, noto anche come Paradiso, al cui centro si trovava una fontana per le abluzioni dei catecumeni identificata con la grande pigna di bronzo, ricordata anche da Dante nella Divina Commedia, e oggi collocata nell’omonimo Cortile dei Musei Vaticani. Verso la fine del 1300 la struttura recava i segni del tempo e dell'usura. Venne ristrutturata a cavallo tra il Rinascimento e il Barocco. Nel cuore della chiesa, l’Altare Papale è sovrastato dal noto Baldacchino bronzeo, opera giovanile del Bernini, eseguito tra il 1624 e il 1632. Alto 29 metri, venne commissionato dal Papa Urbano VIII Barberini per riempire il "vuoto" al di sotto della cupola, creando così un moto ascensionale verso l’alto. Per la sua fusione si utilizzarono le formelle bronzee che ornavano il soffitto del pronao del Pantheon, da cui il famoso detto "Quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini" ("Quello che non fecero i barbari, fecero i Barberini"). Il Baldacchino è composto da quattro colonne tortili ornate con scanalature a spirali, rami di olivo e di alloro, e capitello composito; la copertura, con volute e statue angolari di straordinaria eleganza, culmina con una sfera di bronzo dorato. Da notare le nappe con le api che sembrano quasi simulare l’effetto del soffio dello Spirito Santo. A livello sottostante si trova la "tomba di San Pietro", nella quale, secondo la tradizione, sono conservati i resti dell’Apostolo. Il sepolcro non è visibile dal livello dell'attuale basilica. L'urna che si intravede sotto l'immagine del Cristo Pantocreatore conserva il "pallio", la striscia di lana che il Papa consegna ai Vescovi quali simbolo del pastore che porta sulle spalle le proprie pecore. Sopra il Baldacchino si erge maestosa la cupola: 18 tonnellate di un materiale molto simile al cemento sorrette da 16 costoloni, straordinaria opera ingegneristica ideata da Michelangelo Buonarroti, che non la vide mai completa.

Le colonne della Chiesa


Pietro e Paolo sono due nomi che nel corso della storia hanno personificato la Chiesa. A loro si è giunti anche a "confessare" i peccati, come recita il "Confiteor", proprio perché si riconosce in loro la Chiesa storica. Anche per gli Orientali, questi due "fratelli nella fede", sono sinonimo di tutto il collegio apostolico, quali pietre fondamentali della vita cristiana. Questo concetto venne ribadito da Benedetto XVI nel 2008. Definì questa solennità quale "segno della Pentecoste" divenuto realtà. "La nostra assemblea liturgica, nella quale sono riuniti Vescovi provenienti da tutte le parti del mondo - aggiunse Ratzinger -, persone di molteplici culture e nazioni, è un’immagine della famiglia della Chiesa distribuita su tutta la terra. Stranieri sono diventati amici; al di là di tutti i confini, ci riconosciamo fratelli". Qualche anno dopo, Papa Francesco, nell'omelia pronunciata durante la Messa per la consegna del "pallio" ai vescovi, portò l'attenzione sulla figura delle chiavi e sulla loro duplice funzione di apertura e chiusura. Evidenziando una delle tentazioni che la Chiesa da sempre ha avuto, quella di chiudersi in se stessa, Bergoglio ha suggerito la soluzione per vincerla: la preghiera, la stessa che ha liberato San Pietro dal carcere e aiutato San Paolo nella sua missione evangelizzatrice. Essa, conclude, "permette alla grazia di aprire una via di uscita: dalla chiusura all’apertura, dalla divisione all’unità", rendendo quella di oggi una "festa di comunione per tutta la Chiesa".

INTERRIS

e io? e voi?

28 giugno 2018

Papa Francesco in visita da Benedetto XVI

Al termine del Concistoro celebrato nella basilica di San Pietro in Vaticano, Papa Francesco e i 14 nuovi cardinali si sono recati, a bordo di due pulmini, al monastero 'Mater Ecclesiae' per incontrare il pontefice emerito Benedetto XVI. "Nella cappella, tutti insieme hanno recitato l'Ave Maria", riferisce una nota del Vaticano. Dopo "un breve saluto e la benedizione" di Joseph Ratzinger, i porporati sono tornati nell'Aula Paolo VI e nel Palazzo Apostolico.



27 giugno 2018

"L’amore di Dio precede la legge e le dà senso"

PAPA FRANCESCO
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 27 giugno 2018




La vita cristiana è anzitutto la risposta grata a un Padre generoso. I cristiani che seguono solo dei “doveri” denunciano di non avere una esperienza personale di quel Dio che è “nostro”. Io devo fare questo, questo, questo … Solo doveri. Ma ti manca qualcosa! Qual è il fondamento di questo dovere? Il fondamento di questo dovere è l’amore di Dio Padre, che prima dà, poi comanda. Porre la legge prima della relazione non aiuta il cammino di fede. Come può un giovane desiderare di essere cristiano, se partiamo da obblighi, impegni, coerenze e non dalla liberazione? Ma essere cristiano è un cammino di liberazione! I comandamenti ti liberano dal tuo egoismo e ti liberano perché c’è l’amore di Dio che ti porta avanti. La formazione cristiana non è basata sulla forza di volontà, ma sull’accoglienza della salvezza, sul lasciarsi amare: prima il Mar Rosso, poi il Monte Sinai. Prima la salvezza: Dio salva il suo popolo nel Mar Rosso; poi nel Sinai gli dice cosa deve fare. Ma quel popolo sa che queste cose le fa perché è stato salvato da un Padre che lo ama.

24 giugno 2018

“Come è la mia fede? E’ una fede gioiosa, o è una fede sempre uguale, una fede “piatta”?

Ho senso dello stupore, quando vedo le opere del Signore, quando sento parlare dell’evangelizzazione o della vita di un santo, o quanto vedo tanta gente buona: sento la grazia, dentro, o niente si muove nel mio cuore? So sentire le consolazioni dello Spirito o sono chiuso? Domandiamoci, ognuno di noi, in un esame di coscienza: Come è la mia fede? E’ gioiosa? E’ aperta alle sorprese di Dio? Perché Dio è il Dio delle sorprese. Ho “assaggiato” nell’anima quel senso dello stupore che dà la presenza di Dio, quel senso di gratitudine? Pensiamo a queste parole, che sono stati d’animo della fede: gioia, senso di stupore, senso di sorpresa e gratitudine.”

Dall'Angelus del 24 giugno 2018

22 giugno 2018

E ora daranno del razzista anche a Papa Francesco (c’è comunque chi lo ha già fatto)

ogni Paese deve fare questo con la virtù propria del governo, cioè con la prudenza. Ogni Paese deve accogliere quanto può, quanti ne può integrare” (non tutti, mi sembra chiaro)


DOMANDA: In questi giorni abbiamo visto l’incidente della nave Aquarius. Lei ha parlato dell’aiuto ai rifugiati. Pensa che alcuni governi strumentalizzino il dramma degli immigrati?

RISPOSTA DI PAPA FRANCESCO: Sui rifugiati ho parlato molto e i criteri sono quelli che ho detto: accogliere, accompagnare, sistemare, integrare. Poi ho detto che ogni Paese deve fare questo con la virtù propria del governo, cioè con la prudenza. Ogni Paese deve accogliere quanto può, quanti ne può integrare. L’Italia e la Grecia sono state generosissime ad accogliere. C’è il problema del traffico dei migranti. Ho visto le fotografia dei trafficanti in Libia. C’è un caso che conosco, le carceri dei trafficanti sono terribili, come nei lager della seconda guerra mondiale si vedevano mutilazioni e torture. C’è una preoccupazione mondiale che non cadano nelle mani di questa gente. So che i governi parlano di questo e vogliono rivedere l’accordo di Dublino. In Spagna voi avete avuto il caso di questa nave approdata a Valencia. Tutto questo è un disordine, il problema della fame in Africa si può risolvere. Tanti governi europei stanno pensando di investire in quei Paesi per dare investimento e educazione. Nell’immaginario collettivo c’è un pensiero brutto: l’Africa va sfruttata. Sempre sono schiavi. Deve cambiare questo piano. Anche negli Usa c’è questo problema migratorio. In America latina lasciano la campagna e vanno nelle grandi città, ma c’è anche una migrazione esterna ad altri paesi che danno lavoro e su questo io concordo con quello che dicono i vescovi di quei Paesi, mi schiero con loro.

AVVENIRE

21 giugno 2018

La Chiesa di Cristo cresce per attrazione


INCONTRO ECUMENICO
DISCORSO DEL SANTO PADRE

Centro Ecumenico WCC (Ginevra)
Giovedì, 21 giugno 2018

L’annuncio del Vangelo fino agli estremi confini è connaturato al nostro essere cristiani. Certamente, il modo in cui esercitare la missione varia a seconda dei tempi e dei luoghi e, di fronte alla tentazione, purtroppo ricorrente, di imporsi seguendo logiche mondane, occorre ricordare che la Chiesa di Cristo cresce per attrazione.
Ma in che cosa consiste questa forza di attrazione? Non certo nelle nostre idee, strategie o programmi: a Gesù Cristo non si crede mediante una raccolta di consensi e il Popolo di Dio non è riducibile al rango di una organizzazione non governativa. No, la forza di attrazione sta tutta in quel sublime dono che conquistò l’Apostolo Paolo: «Conoscere [Cristo], la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze». Questo è l’unico nostro vanto: la «conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo» donataci dallo Spirito vivificante. Questo è il tesoro che noi, fragili vasi di creta, dobbiamo offrire a questo nostro mondo amato e tormentato. Non saremmo fedeli alla missione affidataci se riducessimo questo tesoro al valore di un umanesimo puramente immanente, adattabile alle mode del momento. E saremmo cattivi custodi se volessimo solo preservarlo, sotterrandolo per paura di essere provocati dalle sfide del mondo
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Non saremmo fedeli alla missione affidataci se riducessimo questo tesoro al valore di un umanesimo puramente immanente, adattabile alle mode del momento. E saremmo cattivi custodi se volessimo solo preservarlo, sotterrandolo per paura di essere provocati dalle sfide del mondo.
Ciò di cui abbiamo veramente bisogno è un nuovo slancio evangelizzatore. Siamo chiamati a essere un popolo che vive e condivide la gioia del Vangelo, che loda il Signore e serve i fratelli, con l’animo che arde dal desiderio di dischiudere orizzonti di bontà e di bellezza inauditi a chi non ha ancora avuto la grazia di conoscere veramente Gesù. Sono convinto che, se aumenterà la spinta missionaria, aumenterà anche l’unità fra noi. Come alle origini l’annuncio segnò la primavera della Chiesa, così l’evangelizzazione segnerà la fioritura di una nuova primavera ecumenica. Come alle origini, stringiamoci in comunione attorno al Maestro, non senza provare vergogna per i nostri continui tentennamenti e dicendogli, con Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna»

VATICAN.VA

“le divisioni tra cristiani sono spesso avvenute perché alla radice, nella vita delle comunità, si è infiltrata una mentalità mondana: prima si alimentavano gli interessi propri, poi quelli di Gesù Cristo”

18 giugno 2018

Strano che coloro che sono sempre pronti a consultare il sito Bufale.net poi ti condividono come autentica quella che sembra proprio essere una bufala dotata di poderose corna.

BUFALA Gli Italiani visti dall’Ispettorato per l’immigrazione del Congresso americano – Bufale.net



Il testo, ripreso da un presunto rapporto dell’ispettorato per l’immigrazione del Congresso americano nell’ottobre 1912, riporta delle considerazioni sugli immigrati italiani, considerandoli “piccoli, puzzolenti e ladri”. Il testo completo è presente online anche nel sito di Rainews24, pubblicato il 9 maggio 2009.
La fonte di Rainews24 è Andrea Sarubbi, giornalista e politico italiano (deputato del Partito Democratico). Sarubbi riportò il testo nel suo Blog, il 20 aprile 2009, per parlare degli insulti a Mario Balotelli.
La fonte del deputato del PD Sarubbi sarebbe un articolo di giornale pubblicato da “Il Verona” a firma dell’avvocato Guarienti. Lo stesso Sarubbi cita l’avvocato Guarienti affermando che avrebbe preso il testo da un libro letto qualche anno prima e che lo avrebbe cercato.
Come Rainews24, anche Guarienti cita l’ispettorato per l’immigrazione del Congresso americano e l’anno 1912. L’unico libro rintracciato, che riporta il testo citato da Guarienti, ha come titolo “La macchia della razza“, l’autore è Marco Aime ed è edito da Ponte alle grazie. C’è qualcosa che non va, infatti il libro è stato pubblicato il 28 maggio 2009una data successiva all’articolo pubblicato da Sarubbi nel suo Blog(20 aprile 2009).
Anche Marco Aime parla dell’ispettorato per l’immigrazione del Congresso americano e sempre dell’anno 1912. C’è da considerare che il testo è scritto in italiano e non viene mai riportato un testo in lingua originale.
David Orban, imprenditore e docente, pubblicò nel suo blog la sua ricerca in merito al testo pubblicato dai vari Rainews24, Sarubbi, Guarienti e Aime. David, usufruendo del servizio “Ask a Librarian” del Congresso americano, ha verificato che non esiste alcun organo ufficiale “Inspectorate for Immigration” e che i dati ufficiali pubblicati in merito all’immigrazione risalgono a date precedenti al 1912 (Reports of the Immigration Commission, 1911). C’è da dire, inoltre, che il congresso americano non ha svolto alcuna sessione di lavoro nell’ottobre del 1912.
Visto che nemmeno la biblioteca del Congresso americano trova riferimenti, c’è da dire che si tratta di un testo bufala.
Il testo pubblicato lo scorso 9 settembre 2014 su Facebook non è completo, mancano delle parti fondamentali utili per capire che si tratta di una bufala. Manca, appunto, la citazione alle baracche fatte di legno ed alluminio.
Testo pubblicato su Facebook:
Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Molti puzzano perché tengono lo stesso vestito per settimane. Si costruiscono baracche nelle periferie.
Testo completo pubblicato da Rainews24:
Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri.
Costruirsi baracche con l’alluminio in quel periodo (ricordiamo, 1912) risulterebbe molto strano, siccome si trattava di un materiale costoso. Basti pensare che nel 1884 la produzione mondiale di alluminio era di 3,6 tonnellate rispetto le 2834 tonnellate d’argento (informazione tratta da The Point of a Monument: A History of the Aluminum Cap of the Washington Monument).
Anche Roberto Saviano, nel 2013, citò questo testo senza verificarne la fonte.
Ciò non toglie il duro trattamento subito dagli italiani in quel periodo e la loro pessima reputazione. Se si vuole parlare di discriminazione e fare paragoni con quanto avviene oggi da parte degli italiani verso gli stranieri bisogna riportare fonti più attendibili. Consiglio la lettura, in questo caso, del libro L’orda di Gian Antonio Stella.

NOTA A FUTURA MEMORIA

Anche se il testo fasullo può rispecchiare fatti e considerazioni realmente accaduti non si deve considerare minimamente. È come se portassimo una falsa prova ad un processo, perdereste la vostra credibilità. Stessa cosa vale per gli articoli bufala sugli immigrati pubblicati da sedicenti “siti di informazione razzista”. A volte capita che qualche utente, quando sbufaliamo questo genere di articoli, sbocca dicendo “ma quelle cose succedono veramente”: certo, è possibile e in certi casi è stato provato che fatti del genere siano accaduti, ma non per questo bisogna inventarsene degli altri per sostenere una tesi. Per fare un esempio molto semplice e comprensibile, è un po come se uno di questi utenti da bambino avesse preso di nascosto dei biscotti dalla dispensa, sia stato beccato dalla mamma e i fratelli lo abbiano accusato di averlo fatto altre volte quando non è vero. Rimaniamo ai fatti reali, evitiamo di far diventare veri (per assurdo) i fatti inventati.


"Se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore"

dalla prima omelia di Papa Francesco, 14 marzo 2013


Camminare, edificare, confessare.

Camminare. «Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore» (Is 2,5). Questa è la prima cosa che Dio ha detto ad Abramo: Cammina nella mia presenza e sii irreprensibile. Camminare: la nostra vita è un cammino e quando ci fermiamo, la cosa non va. Camminare sempre, in presenza del Signore, alla luce del Signore, cercando di vivere con quella irreprensibilità che Dio chiedeva ad Abramo, nella sua promessa.

Edificare. Edificare la Chiesa. Si parla di pietre: le pietre hanno consistenza; ma pietre vive, pietre unte dallo Spirito Santo. Edificare la Chiesa, la Sposa di Cristo, su quella pietra angolare che è lo stesso Signore. Ecco un altro movimento della nostra vita: edificare.

Terzo, confessare. Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore. Quando non si cammina, ci si ferma. Quando non si edifica sulle pietre cosa succede? Succede quello che succede ai bambini sulla spiaggia quando fanno dei palazzi di sabbia, tutto viene giù, è senza consistenza. Quando non si confessa Gesù Cristo, mi sovviene la frase di Léon Bloy: “Chi non prega il Signore, prega il diavolo”. Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio.

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2013/documents/papa-francesco_20130314_omelia-cardinali.html

16 giugno 2018

“Famiglia è uomo-donna. Abortire i malati: nazismo in guanti bianchi”

«Chi ha ridotto Amoris laetitia ad una casistica del “si può, non si può” non ha capito nulla». Nelle coppie ci sono tempi di crisi e infedeltà, «siate pazienti e perdonate»


SALVATORE CERNUZIO
CITTÀ DEL VATICANO

Il dolore per l’aborto selettivo, pratica paragonabile a quella dei «nazisti» che uccidevano innocenti per salvaguardare la purezza della razza, si accompagna allo stupore per le varie definizioni di oggi di famiglia, laddove «la famiglia a immagine di Dio è una sola, quella tra uomo e donna», e al rammarico per le condizioni sociali ed economiche che impediscono ai genitori di passare del tempo con i figli e a vivere il matrimonio come un terno al lotto: può andar bene o andar male, in quel caso si cambia.  

Con schiettezza e realismo Papa Francesco riflette a 360° sul tema famiglia, nelle sue luci e nelle sue ombre, durante l’udienza di questa mattina ai membri del Forum delle Associazioni familiari. L’organismo, guidato da Gigi De Palo, riunisce complessivamente oltre cinquecento associazioni (una «famiglia di famiglie», la definisce Francesco) e festeggia quest’anno il 25esimo anniversario della sua nascita. 

Ai delegati del Forum il Pontefice rivolge un discorso tutto a braccio cestinando quello preparato perché, spiega, «mi sembra un po’ freddo» e prendendo spunto proprio dal saluto del presidente De Palo. Quindi affronta questioni spinose come quella sull’aborto dei bimbi malati, appunto, tema sul quale non risparmia critiche durissime paragonando tale pratica a quella in uso a Sparta o addirittura nell’Europa nazista. «Ho sentito dire che è di moda, o almeno è abituale che quando nei primi mesi di gravidanza si fanno gli studi per vedere se il bambino non sta bene o viene con qualcosa, la prima offerta è: “lo mandiamo via”. L’omicidio dei bambini… per risolvere la vita tranquilla si fa fuori un innocente», afferma Bergoglio. «Da ragazzo la maestra che faceva storia ci diceva della rupe, per buttarli giù, per salvaguardare la purezza dei bambini. Una atrocità, ma noi facciamo lo stesso». 

Ma senza tornare troppo indietro nel tempo: «Il secolo scorso tutto il mondo si è scandalizzato per quello che facevano i nazisti. Oggi facciamo lo stesso ma con i guanti bianchi», scandisce il Pontefice. «Perché - domanda alta voce - non si vedono nani per la strada? Perché il protocollo di tanti medici dice: viene male, mandiamolo via».  

È doloroso constatarlo, ma oggi funziona così. Parimenti «doloroso» per il Papa è il fatto che oggi «si parla di famiglie diversificate, di diversi tipi di famiglia. Sì, è vero che famiglia è una parola analoga, si dice anche “la famiglia delle stelle”, “la famiglia degli alberi”, “la famiglia degli animali”… Ma la famiglia immagine di Dio è una sola, quella tra uomo e donna... il matrimonio è un sacramento grande». 

È la visione che lo stesso Bergoglio ha provato a infondere nella sua esortazione apostolica Amoris laetitiaPeccato che «alcuni hanno ridotto l’Amoris laetitia ad una sterile casistica “si può-non si può”», dice, riferendosi chiaramente alle infinite polemiche e dubbi che ne hanno accompagnato la pubblicazione specie per la presunta apertura ai sacramenti per i divorziati risposati.  «Non hanno capito nulla», afferma Francesco: nella sua esortazione «non si nascondono i problemi» ma si va ben oltre la casistica. Basta leggere il quarto capitolo che «è il nocciolo» del documento che «parla della spiritualità di ogni giorno».  

Ad esempio nella Amoris laetitia si insiste tanto sull’aiuto ai fidanzati nella preparazione del matrimonio. «La famiglia è un’avventura bella ma oggi, lo dico con dolore, vediamo che tante volte si pensa ad incominciare una famiglia, a fare un matrimonio, come fosse una lotteria. “Andiamo, se va, va, se non va cancelliamo la cosa e cominciamo un’altra volta”», annota il Papa. E racconta in proposito un aneddoto personale: «A Buenos Aires una signora mi ha detto: “voi preti siete furbi: per diventare sacerdoti studiate 8 anni e poi se dopo qualche anno la cosa non va fate una bella lettera a Roma che vi dà il permesso di lasciare e sposarvi. A noi ci danno un sacramento per tutta la vita con solo 3 o 4 conferenze di preparazione, questo non è giusto”». 

Purtroppo tante volte  c’è troppa «superficialità» nei confronti del «dono più grande che Dio ha dato all’umanità: la famiglia, icona di Dio», evidenzia il Pontefice. Lo è, un dono, anche se la coppia in questione è atea: «Può darsi che un uomo e una donna non sono credenti ma se si amano e si uniscono in matrimonio sono immagine e somiglianza di Dio, benché non credano... È un mistero». 

In ogni caso, dice il Papa, serve «un catecumenato per il matrimonio»; «servono uomini e donne che aiutino i giovani a maturare». A cominciare dalle piccole cose, come ad esempio la preparazione del ricevimento di nozze. Sul tema Francesco spende una parola: «L’importante è amarsi e ricevere il sacramento, e poi fate le feste che volete» ma non va bene che «il secondario prende il posto dell’importante».  

Una valida preparazione delle coppie giovani, inoltre, «è importante anche per la successiva educazione dei figli». Un’altra bella sfida, quella: «Non è facile educarli, sono più svelti di noi nel mondo virtuale, sanno più di noi... Educareal sacrificio della vita familiare non è facile!». Soprattutto è difficile farlo in questo tempo di crisi, economica e sociale, che sembra impedire a tanti genitori che «di perdere tempo» con i propri figli. «P er guadagnare oggi si devono avere due lavori. La famiglia non è considerata», osserva Papa Francesco, incoraggiando, ancora una volta, a non vivere sotto questa «croce» e «schiavitù» del lavoro e dei suoi orari eccessivi ma a privilegiare il tempo da trascorrere con i bambini. «Giocate con i figli, non ditegli di non disturbare», esorta. 

«I figli sono il dono più grande», insiste il Pontefice. Sempre, anche quando «sono malati»: «I figli che si ricevono come vengono, come Dio li manda». Ci sono, però, anche coppie che non li vogliono: «Una volta ho incontrato degli sposi da dieci anni, senza figli. È molto delicato perché i figli si vogliono ma a volte non vengono. Invece ho saputo che loro non volevano dei figli. Ma questa gente a casa aveva tre cani e due gatti!», racconta Francesco.  

Nella sua riflessione a tutto campo dedica infine uno spazio al tema del tradimento: «Una cosa che nella vita matrimoniale aiuta tanto è la pazienza, sapere aspettare» perché «ci sono nella vita situazioni di crisi forti, brutte, dove anche arrivano tempi di infedeltà». Insieme alla pazienza, in questi momenti, serve anche «il perdono»: «Tante donne (ma anche l’uomo talvolta lo fa), nel silenzio hanno aspettato, guardando da un’altra parte, aspettando che il marito tornasse alla fedeltà». Questa è «la santità che perdona tutto perché ama», sottolinea il Vescovo di Roma. 

Da qui, un altro ricordo personale: «A me piace salutare nelle udienze le coppie che fanno l’anniversario di matrimonio. Una volta c’era una coppia che ha fatto 60 anni. Un tempo si sposavano giovani. Trovo davanti questa coppia e gli chiedo ancora avete lo stesso amore? E loro si sono guardati tra loro e avevano gli occhi bagnati. Siamo innamorati. Non lo dimentico mai. A volte la famiglia che cresce non è un amore di romanzo, ma un vero amore. Essere innamorati tutta la vita, con tanti problemi che ci sono». «Un’altra cosa che domando agli anniversari: chi di voi ha avuto più pazienza? La risposta è tutti e due. Ai giovani sposi la domanda è sempre: avete litigato? È importante non finire la giornata senza fare la pace. La guerra fredda del giorno dopo è molto pericolosa. La vita di famiglia è un sacrificio - conclude il Papa -, un bel sacrificio».  

15 giugno 2018

“Ascoltare il grido dei poveri e dare risposte concrete”.

Ci sono in Facebook velenosi cattolici per le quali il tutto si riduce al parlarne dei poveri, ai click di condivisione. E poi hanno la faccia come il posteriore di dire ad altri che sono ipocriti.
Da cattolici che dicono di essere si vede che non sanno che Gesù ha detto “non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra” e quindi servono azioni concrete e senza sbandieramenti ai quattro venti di ciò che anche nel proprio piccolo si fa. Ma certi “cattolici” non ci sono ancora arrivati a conoscere le parole di Gesù, sono troppo impegnati con i loro click in Facebook a “parlare” dei poveri e a frequentare pagine di atei sinistroidi che le fanno tanto divertire, ma che danno anche contro Papa Francesco facendolo passare anche per razzista.... tanto perché si dicono entusiaste di Papa Francesco

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Giornata Mondiale dei Poveri. Il 18 novembre il pranzo con il Papa

Il 18 novembre, in occasione della Giornata Mondiale dei Poveri, il Papa celebrerà la Messa in San Pietro alle 9.30, poi il pranzo con 3 mila bisognosi di ogni nazionalità in Aula Paolo VI. Mons. Fisichella: ascoltare il grido dei poveri e dare risposte concrete.

14 giugno 2018

Preghiera a Maria, Madre del silenzio

Madre del silenzio, che custodisce il mistero di Dio,
liberaci dall'idolatria del presente, a cui si condanna chi dimentica.
Purifica gli occhi dei Pastori con il collirio della memoria:
torneremo alla freschezza delle origini, per una Chiesa orante e penitente.

Madre della bellezza, che fiorisce dalla fedeltà al lavoro quotidiano, destaci dal torpore della pigrizia, della meschinità e del disfattismo.
Rivesti i Pastori di quella compassione che unifica e integra: scopriremo la gioia di una Chiesa serva, umile e fraterna.

Madre della tenerezza, che avvolge di pazienza e di misericordia, aiutaci a bruciare tristezze, impazienze e rigidità di chi non conosce appartenenza.
Intercedi presso tuo Figlio perché siano agili le nostre mani, i nostri piedi e i nostri cuori: edificheremo la Chiesa con la verità nella carità.
Madre, saremo il Popolo di Dio, pellegrinante verso il Regno. Amen.

Papa Francesco

 

12 giugno 2018

Cosa ci mancava? Fatto!

Ora anche Papa Francesco te lo vogliono far passare per razzista! 😁😂😁😃