30 ottobre 2014

Papa Francesco: "mi danno del comunista..."



Papa Francesco riunisce in Vaticano i movimenti popolari. C'è pure lo storico Leonka. "Terra, lavoro, tetto, è strano ma se parlo di questo per un po' ecco che dicono: 'È che il Papa è comunista"

Con un tweet inviato a oltre 15 milioni di follower, papa Francesco spiega il significato dell'incontro in Vaticano con i movimenti popolari per un confronto sull’economia e la globalizzazione. Molte le organizzazioni provenienti dall’America Latina. A rappresentare l’Italia il centro sociale Leoncavallo, Banca Etica, Genuino Clandestino e la Fabbrica Recuperata Rimaflow.

Nell'incontro con i movimenti popolari, papa Francesco difende i diritti dei poveri. E subito precisa: "Mi dicono: questo Papa è comunista". Vogliono etichettarlo così. E lui lo trova "strano". "Terra, lavoro, tetto - spiega - è strano ma se parlo di questo per un po' ecco che dicono: 'È che il Papa è comunista'. Ed invece l'amore per i poveri è al centro del Vangelo". E questa, ha rivendicato il Pontefice, "è la dottrina sociale della Chiesa". Nel suo discorso il Santo Padre ripete che è in corso "la Terza Guerra Mondiale" e denuncia con forza che "ci sono sistemi economici che per sopravvivere devono fare la guerra". "Quanta sofferenza, quanta distruzione - incalza Bergoglio - quanto dolore. Oggi, si leva da tutte le parti della terra, in tutti popoli, in ogni cuore e nei movimenti popolari, il grido di pace: Mai più la guerra".

Secondo il Pontefice, il sistema economico incentrato sul denaro è la causa anche delle sciagure naturali che affliggono più di prima l’umanità. "Il sistema economico - scandisce papa Francesco - sfrutta la natura per sostenere il ritmo frenetico di consumo e da qui derivano effetti distruttivi come il cambiamento climatico e la deforestazione". A tal proposito Bergoglio conferma che sta preparando una enciclica sull'ecologia assicurando che le preoccupazioni dei movimenti popolari saranno presenti in essa. "Il binomio ecologia-pace - conclude - chiama in causa questioni che devono riguardare tutti, non si possono lasciare solo nelle mani dei politici".

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/centro-sociale-leoncavallo-pellegrinaggio-bergoglio-1063141.html

29 ottobre 2014

Inizio del movimento pentecostale

La moglie di Charles Fox Parham descrive l'avvenimento che ha dato inizio al movimento pentecostale



Alle sette di sera del 1 gennaio 1901 (più che nati di nuovo, dei nati ieri   ), la Signorina Agnes Ozman esperimentò il "tocco sentito intorno al mondo (the touch felt round the world)." Sig. Parham ricordò: Ho posato le mie mani su di lei e ho pregato. Appena ripetute alcune frasi, una gloria cadde su lei. Un'aureola sembrò circondare la sua testa e essa cominciò a parlare in cinese (???     ), divenendo incapace di parlare in inglese per tre giorni. Quando tentò di scrivere in inglese, per raccontarci la sua esperienza, poteva scrivere solo in cinese. Abbiamo ancora copie di questi scritti nei giornali stampati in quel tempo. (Sara Parham, La vita di Charles F. Parham)

Agnes Ozman si sedette alla scrivania per scrivere alcune lettere che dovevano essere spedite in mattinata. Poco dopo volendo scrivere di nuovo le sue mani si rifiutarono di scrivere in inglese. Inconsapevolmente scrisse dei caratteri di qualche lingua che lei non conosceva.
(Topeka State Journal del 9 gennaio 1901).

Alcuni pretesi scritti ispirati della Sig.na Ozman furono consegnati a un cinese che abitava a Topeka per vedere se egli potesse tradurrli. Egli alzò le mani e disse: Io non capisco portateli a un giapponese (Calvary Review Nov. 4, 74, pag. 3). Lascio al lettore la valutazione di tale avvenimento.

La culla del Movimento Pentecostale fu la città di Los Angeles in California (Stati Uniti), nell'anno 1906.

Si dice che in nessun'altra città del mondo ci siano tante cose brutte quante si trovano in essa:
Teosofia, misticismo, spiritismo, magia, chiaroveggenza, negromanzia, occultismo, demonismo e decadenza della morale.

Il Movimento Pentecostale ebbe il suo inizio fra i negri di Los Angeles. Questi credevano di aver ricevuto il battesimo dello Spirito, con certi doni che avevano avuto pure i primi cristiani. Il movimento aveva subito un gran successo, poiché pochi giorni dopo la prima manifestazione del "dono delle lingue" ci fu l'orrendo terremoto di San Francisco (città in California) e la gente s'impressionò molto.
Il movimento Pentecostale fu portato in Europa per mezzo d'un predicatore metodista norvegese, di nome Barratt.
Egli era andato a Los Angeles per studiare il nuovo movimento religioso e ne era stato vinto.
Da questo impariamo che è pericoloso pretendere di poter provare un movimento spirituale, se Dio non ci dà l'incarico e la divina legittimazione per farlo.
È vero che all'inizio di questo movimento perfino diversi servi maturi di Dio, con molta esperienza, furono ingannati.
Barratt racconta che pregò per 39 giorni per ricevere il dono delle lingue.
Alla fine, dopo aver perseverato nella preghiera per 12 ore, sentì muovere i nervi del collo.
Poi gli furono imposte le mani. Finalmente, in mezzo ai negri in estasi, riuscì a parlare in lingue.
Che differenza fra la preparazione dei primi discepoli per la Pentecoste e questa di Barratt!
Barratt tornò nella Norvegia poco prima del Natale 1906 e cominciò le sue adunanze.
Esse somigliavano a quelle di Los Angeles.
Per conseguenza anche in Norvegia si manifestò la più sfrenata estasi.

I "Battezzati dello Spirito" cadevano a terra.
Qualche volta il pavimento della sala era coperto di persone stese.
Emil Meier, il dirigente della "Strandmission" ad Amburgo in quei giorni fece una visita a Barratt e fu pure dominato dallo spirito di quel movimento, specialmente per l'influenza di due donne che parlavano in lingue, Dagmar Gregersen e Agnes Telle. Egli le condusse ad Amburgo. I loro messaggi e i loro canti in lingue affascinavano quasi tutti gli ascoltatori. Per un po' di tempo, perfino dei conduttori maturi si trovarono in balìa d'esse. Uno di loro disse: "Gli angeli nel cielo non possono cantare meglio di queste donne norvegesi che cantano in lingue".

Il predicatore Elias Schrenk disse invece in occasione d'una conferenza dei fratelli, che ebbe luogo a Barmen, di non esser convinto che il Signore mandasse due signorine in Germania per portare un movimento spirituale. Questo non corrisponderebbe al Suo modo di fare.
Ma, molti si lasciavano ammaliare e sedurre dal servizio delle due Norvegesi; fra essi ci fu anche il predicatore Heinrich Dallmeyer, anche se prima era sempre stato molto sobrio. Per mezzo di lui le due donne, che parlavano in lingue, andarono a Kassel (città tedesca).

Là il movimento s'ingrandì molto e si estese in tutta la Germania. Nelle adunanze in poco tempo si manifestarono veri tumulti. Si mescolarono inni, confessioni, predicazioni di ravvedimento a balbettii inarticolati, grida, gemiti, sospiri, pianti, nitriti e battiti di mani. Si vedevano visi contorti, gesti di furiosi, persone semi svenute che cadevano a terra a ritroso e che poi battevano l'aria. Qualcuno balzò in piedi e cominciò a mandare grida incomprensibili, qualificate dal dirigente come emanazioni di una visione soprannaturale.
La cosiddetta "profezia" portava, come sembrava, dei messaggi divini per mezzo di profetesse (medium?).
Alla fine il messaggio dominante era questo: "Verrà una Pentecoste, una Pentecoste potente".
Quasi tutti i messaggi furono detti in lingue.
Spesso erano inarticolati e furono poi tradotti da "profeti battezzati dallo Spirito Santo". Molti messaggi furono pronunciati nella forma della prima persona di Dio: "Io, il Signore, voglio glorificarmi. Io vado avanti; seguitemi nel mio corteo trionfale".

MA C'ERANO ANCHE MESSAGGI BEN DIVERSI, DEI QUALI ANCORA PARLEREMO.

Si aspettava una "nuova Pentecoste", ma essa non venne, malgrado le preghiere, i digiuni e le lunghe adunanze che duravano fino a mezzanotte.
Profeti e profetesse dicevano sempre di nuovo che nell'assemblea c'erano degli ostacoli, cioè delle persone che impedivano la venuta dello Spirito Santo. In nuovi messaggi fu comandato a diverse persone di uscire e di confessare i loro peccati. Non era raro che si sentissero delle grida rabbiose e continue: "Fuori! Fuori! Fuori!" Se le persone designate non uscivano lo spirito raccontava pubblicamente le loro mancanze, infedeltà, immoralità, menzogne ecc. Però la "nuova Pentecoste" non venne.

Elias Schrenk avvertì i fratelli a Kassel dicendo: "Uno spirito maligno s'è introdotto. Sciogliete le adunanze! Lavorate in silenzio!"
Però i dirigenti non erano più in grado di dirigere le adunanze. La direzione ormai era nelle mani dello spirito ingannatore.
Egli aveva ordinato ai fratelli di mettere la loro intelligenza da parte.
Lo Spirito Santo non dice mai una tale cosa nella Sacra Scrittura.
In messaggi sempre più tumultuosi lo "Spirito delle lingue" ordinava per mezzo delle "profetesse": "Continuate! Continuate!"
Alla fine il tumulto a Kassel era tanto grande che la polizia dovette intervenire e ammonire i fratelli dirigenti di sciogliere le adunanze, altrimenti essi le avrebbero sciolte con la forza.
L'ultimo messaggio in lingue era questo: "Come la plebe perseguita Me, perseguiterà anche voi. Ma io faccio un corteo trionfale. Voi Mi seguirete. Finora c'erano soltanto delle scintille, ma ci sarà il fuoco".
Una grande vergogna cadde invece sull'opera del Signore e il Suo nome fu disonorato.
Finalmente si aprirono gli occhi ai due evangelisti August e Heinrich Dallmeyer.
Il primo pubblicò un opuscolo intitolato "Satana fra i santi".
Il secondo scrisse un buon libro col titolo "Il cosiddetto Movimento Pentecostale alla luce della Sacra Scrittura".
Ambedue i fratelli dichiaravano: "Lo spirito che opera nel Movimento Pentecostale è uno spirito d'errore e di menzogna".
Ma il "fuoco straniero" s'era già esteso e aveva acceso molti altri focolai.
Il periodico "Filadelfia", edito dal direttore Dietrich, contiene nel suo terzo numero dell'anno 1912 le seguenti parole: "In tali adunanze si ballava, mentre l'organo suonava delle melodie da ballo. C'erano cose pazzesche fino verso mezzanotte. C'erano gemiti, nitriti, salti, per cui la casa tremava, si gridava, si battevano pugni sul tavolo. C'erano grida al modo dei Tirolesi. Tutto questo unito a messaggi strani, al parlare e cantare in lingue".

UN ESEMPIO BRUTTO DELLO SPIRITO DI MENZOGNA
(Traduzione dal libro: Flugfeuer fremden Geistes)

Nella città di Kattowitz la comunità evangelica aveva una bella casa. Il signor Kaper, professore alla scuola professionale, l'aveva costruita e l'abitava. Dopo circa 10 anni di matrimonio nacque la prima figlia.
All'età di 4 anni la piccola si ammalò. Nel frattempo i genitori avevano accettato la fede del Movimento Pentecostale. Perciò non chiamarono il medico. Sarebbe stato incompatibile con la loro nuova fede.

In un "messaggio in lingue" fu loro detto che Dio avrebbe guarito la bimba. Però morì di difterite.

Ci fu un secondo messaggio in lingue: "Io, il Signore, ho permesso che la bimba morisse; l'ho permesso per glorificarmi. Risusciterò la bambina". Allora s'invitavano i fratelli e le sorelle di fede per la "festa di risurrezione".
I fratelli e le sorelle andarono in estasi, ma la risurrezione non avvenne.

Un terzo messaggio fu dato: "I miei figli perseverano fino a quando la casa non sarà pura".
Si avvertirono dunque gli increduli presenti che dovevano lasciare la casa.
Alcune persone uscirono.

Ricominciarono le preghiere e fu pronunciato un altro messaggio: "Ci sono presenti alcuni figli di Dio i quali non credono che Dio risusciterà ora la bambina". Uscirono altre persone, fra di loro anche il pastore della comunità, che era venuto per i funerali.
Ma la tanto desiderata risurrezione non ebbe luogo.
Fu dato un ultimo messaggio: "Il Signore vuole fare un miracolo ancora più grande, il miracolo di Lazzaro. Egli risusciterà la bambina dalla tomba".
Per conseguenza tutta la comunità si recò al cimitero.
Là continuavano le manifestazioni d'estasi, finché la polizia mise fine allo spettacolo. Rimase una grande delusione.

COMPENDIO D'UNA LETTERA DI JOHANNES SEITZ AI DIRIGENTI DEL
MOVIMENTO PENTECOSTALE IN LOS ANGELES
(Tradotto dal libro: Flugfeuer fremden Geistes)

... Ci sono visioni, apparizioni e rivelazioni bibliche. Molti assomigliano a quelle bibliche; ma su cento di tali apparizioni novantanove vengono da spiriti maligni, da angeli satanici che si travestono da angeli di luce. Queste false visioni, rivelazioni e apparizioni nei nostri giorni sono molto diffuse, hanno molte forme diverse e "riempiono l'aria".
Stilling (un credente tedesco) predisse già nel secolo XVIII che Satana prima della sua definitiva caduta si maschererà da Dio, da Gesù e da Spirito Santo per sedurre ancora molti.
Da 50 anni sono missionario. Anni fa visitai la parte settentrionale della Germania. Dappertutto trovai credenti che, dopo essersi convertiti, aver ricevuto la vita dell'Alto e lo Spirito Santo, si sono lasciati ingannare da false visioni, rivelazioni e apparizioni nelle quali apparivano loro Cristo o angeli. Tutti o quasi tutti di quelli che s'erano lasciati ingannare in quel modo s'erano sviati dalla vera fede e dalla sobrietà; diventarono orgogliosi e molti d'essi furono in seguito ossessionati dal diavolo.
Nella nostra casa di cura ospitavamo molte persone indemoniate o alienate. Esse avevano apparizioni nelle quali o Cristo, o qualche angelo appariva loro. Queste visioni erano spesso molto belle e meravigliose, simili alle visioni bibliche. Ma, siccome quelle persone avevano creduto a false apparizioni di Cristo e di angeli, esse diventarono orgogliose e in seguito furono indemoniate. Per liberare tali persone furono necessarie lunghe lotte. Per grazia di Dio più volte sono stato lo strumento, del quale il Signore si è servito, per liberare queste persone.
Riconobbi sempre presto che tali apparizioni e visioni erano false, avendo io stesso avuto tanti anni addietro, insieme ad alcuni fratelli, le più belle e meravigliose apparizioni e rivelazioni; ma Dio ci aveva fatto la grazia di riconoscere ch'erano opere di Satana.
Infatti, molti anni fa mi radunai ogni mese con alcuni fratelli per pregare otto giorni consecutivi, chiedendo a Dio la potenza dall'Alto, la Pentecoste, i doni dello Spirito. Poi avvennero delle rivelazioni e apparizioni così belle che saremmo stati ingannati tutti, se il Signore non avesse avuto pietà di noi e non avessimo ubbidito all'ordine di Dio: "Provate gli spiriti per sapere se sono da Dio". Mi si rizzarono i capelli, quando conobbi i terribili e astuti tentativi di Satana per ingannarci. Per mezzo di queste false visioni, rivelazioni e apparizioni voleva annientare tutto ciò che avevamo chiesto a Dio e che Egli più tardi fece per mezzo di noi. Se avessimo creduto a queste false rivelazioni e apparizioni e se le avessimo accettate, il diavolo avrebbe distrutto tutto.
Ci avrebbe ingannato per fare di noi degli ingannatori di altre persone. Chi è ingannato da tali false rivelazioni diventa quasi sempre, senza rendersene conto, ingannatore di altre persone. Vorrei avere il tempo per raccontare con quale grandissima astuzia gli spiriti dell'abisso si travestono da Cristo e da Spirito Santo. Questi spiriti che abbiamo smascherati e conosciuti quali spiriti diabolici, hanno fatto tante cose molto belle. Per mezzo di queste volevano ingannarci. Ci dicevano per esempio: "Voi riceverete lo Spirito Santo e predicherete il Vangelo in Germania; guarirete ammalati e caccerete spiriti ..." Eppure erano angeli satanici che volevano prima sottometterci alle loro influenze e poi sviarci.
Oh, quante persone si lasciano ingannare, si sviano dalla vera fede e diventano gli strumenti di falsi spiriti! ....
Nel Signore il vostro fratello Johannes Seitz

UN'ESPERIENZA SIGNIFICATIVA DI JOHANNES SEITZ
(Tradotto dal libro: Kräftige Irrtümer, Richard Ising)

Johannes Seitz racconta:
Un giorno ricevetti una lettera d'un pastore svizzero che mi pregò di fargli una visita. Mi scrisse: "Lo Spirito Santo è entrato da noi. Mia sorella parla in lingue e ha il dono della profezia. Tutti i giorni si convertono delle persone".
Gli risposi consigliandolo d'essere cauto, perché di 100 tali casi 99 provengono dal diavolo. Mi rispose che io avevo peccato contro lo Spirito Santo e che dovevo andare a provare lo spirito. Andai dunque in Svizzera.
La sera, la sorella del pastore, vestita di bianco, entrò nella stanza nella quale eravamo, il pastore e io.
Lo spirito disse per la bocca della sorella:

"Sono mandato dai luoghi celesti per annunciarvi il Vangelo, la buona novella di Gesù Cristo".

Domandai: "Da dove vieni?"

Rispose: "Dal cielo".

Dissi: "Ci porti qualch'altra cosa di ciò che la Bibbia dice? Sappi che non accettiamo nulla fuori di quello che sta scritto nella Sacra Scrittura".

Lo spirito rispose: "Vi porto soltanto ciò che dice la Bibbia".

Io risposi: " Allora non sei da Dio, ma dal diavolo".

Il pastore si spaventò e mi disse: " Fratello, tu pecchi!"

Io gli risposi: " Tu sei teologo e non sai che in nessun posto della Bibbia leggiamo che Dio manda degli spiriti per annunciare il Vangelo? Questo è nostro dovere. Noi uomini, provenienti dalla polvere, siamo chiamati ad annunciare il Vangelo. Per far questo, Dio non manda spiriti. Tu mi hai pregato di venire a provare lo spirito secondo la Sacra Scrittura. Inginocchiamoci e preghiamo il Signore d'illuminarci".
Ci inginocchiammo e pregammo. Dopo un certo tempo lo spirito fece balzare la sorella e la indusse a gridare: "Maledetto è Gesù Cristo! Sono scoperto!". Dopo una lunga lotta di preghiera, questa sorella apparentemente "dotata dallo Spirito Santo", è stata liberata dalla sua possessione.

www.asaap.org/ideologie/carismatici_pentecostali/iniziopente.pdf

25 ottobre 2014

Parla Ulf Ekman, il leader pentecostale convertito: «la Chiesa fondata da Gesù è quella Cattolica»

«La convinzione della necessità di diventare cattolici è cresciuta lentamente, la decisione di compiere Ulf Ekman, il pastore pentecostale svedese che lo scorso marzo ha annunciato la sua conversione al cattolicesimo insieme alla moglie Brigitte. Una notizia dirompente perché Ekman, 64 anni,  è stato – come ha detto di lui Stefan Gustavsson, segretario generale dell'Alleanza evangelica svedese – «il leader cristiano più dinamico e influente che abbiamo avuto in Svezia durante l'ultimo mezzo secolo». E una figura di grande prestigio in tutto il mondo pentecostale. La comunità che ha fondato, Livets Ord, o Word of Life in inglese, Parola di Vita, conta una scuola frequentata da un migliaio di alunni, diversi missionari attivi specialmente in Russia, Kazakistan e altre regioni ex sovietiche, nonché una Ong caritativa attiva in India. Ha dato vita alla più grande scuola di studi biblici dell’intera Penisola scandinava, i suoi libri sono tradotti in 60 lingue e i suoi sermoni televisivi hanno varcato i confini europei.
questo passo è arrivata piuttosto alla fine».  A parlare è

Passata la buriana mediatica, Ekman negli scorsi giorni ha scritto una testimonianza sulla sua vicenda per il settimanale britannico Catholic Herald, in cui si legge:

«…abbiamo incontrato anche persone con un approccio curioso, alquanto postmoderno alla questione [della conversione sua e della moglie ndr]. Erano pronti ad accettare che Dio potesse chiamarci alla Chiesa cattolica, di cui però non potevano accettare la dottrina. Un predicatore l’ha detto in questo modo: “Ok, siete diventati cattolici, ma non crederete certo a quello che credono loro, no?”. Parlavano come se veramente potessi scegliere tra quello che prendevo. Quando rispondevo che credevo in tutto ciò che la Chiesa cattolica crede e insegna, sembrava veramente strano a molti dei miei amici protestanti. Era difficile per loro capire che essere cattolici significa credere come cattolici.

Per noi la verità è stata l'elemento decisivo. Abbiamo sempre creduto nella Parola di Dio e che c’è una verità assoluta, rivelata da Dio. Via via abbiamo capito sempre meglio come c’è anche una Chiesa concreta, storica, fondata da Gesù Cristo e un tesoro, un deposito di fede oggettiva e viva. Questo ci ha attratto verso il cattolicesimo. Una volta arrivati a credere che la pienezza della verità  è conservata e custodita nella Chiesa cattolica, non avevamo altra scelta che unirci pienamente a questa Chiesa.

Quando finalmente è giunto il tempo di essere ricevuti nella Chiesa ci siamo sentiti più che pronti, ansiosi di lasciare una terra di nessuno. E’ stato come diventare finalmente ciò che eravamo. Alla fine il desiderio di ricevere la grazia sacramentale è stato soddisfatto.

Abbiamo provato a spiegare ai nostri amici che non rigettiamo quello che Dio ci ha dato nel mondo evangelico e carismatico, ma che “evangelico non è abbastanza” [titolo del libro di un altro famoso convertito, Thomas Howard ndr]. Non è sbagliato nel suo amore per la Scrittura e per le verità fondamentali del Vangelo, nella sua forza di evangelizzazione. Tutto questo è importante, ma non è sufficiente. La vita carismatica, con la sua enfasi sulla forza e la guida dello Spirito Santo, è necessaria ed è un dono meraviglioso. Ma non può essere vissuta nella sua pienezza in un contesto scismatico e oltremodo individualista. Il capire questo ci ha aperto alla comprensione della necessità della Chiesa in tutta la sua pienezza, con la sua ricca vita sacramentale.

Non rinneghiamo il nostro trascorso e le ricche esperienze che abbiamo avuto lungo molti anni, come fondatori e guide della Parola di Vita. Siamo per sempre grati al Signore per quanto ha fatto. Ma siamo immensamente felici e grati per aver compreso che abbiamo veramente bisogno della Chiesa cattolica nella nostra vita e nel nostro servizio al Signore, che continuano.

Ora iniziamo un cammino in cui c’è molto da esplorare. Ora che non ci sono più le responsabilità, i doveri e gli obblighi di prima, possiamo, almeno per il momento, vivere a un ritmo che ci permette una vita più riflessiva. Siamo stati abituati a reggere il nostro ministero e la nostra Chiesa. Ora è la Chiesa ci solleva. I sacramenti sono diventati una realtà tangibile nella nostra vita e ci sostengono in modo concreto. Qualcosa – la grazia, ne sono certo – è presente come non lo è mai stato prima. Una fresca brezza sta soffiando nelle nostre vite. Non vediamo l’ora di esplorare e di identificarci pienamente con tutto ciò di cui ora siamo parte. È veramente emozionante vivere pienamente per Gesù Cristo, nella Chiesa cattolica».

http://www.iltimone.org/32061,News.html

Papa: famiglia mai attaccata come ora

Accompagnare la famiglia, difendere il matrimonio, mai attaccati come oggi. Questa la riflessione di
Papa Francesco al movimento apostolico Schoenstatt, ricevuto in Aula Paolo VI in occasione del centenario di fondazione, avvenuta in Germania nell’ottobre 1914 per volontà di padre Giuseppe Kentenich.

L’incontro, a cui hanno partecipato circa 7.500 persone, è stato animato da un dialogo dei presenti col Pontefice e da testimonianze e video di comunità, sposi, famiglie e giovani provenienti da una cinquantina di Paesi. All’evento hanno preso parte anche i rappresentanti di vari movimenti ecclesiali, tra cui la presidente dei Focolari, Maria Voce.

La famiglia e il matrimonio, mai “tanto attaccati” come al giorno d’oggi. Papa Francesco, sollecitato dalle domande di alcuni esponenti del movimento apostolico Schoenstatt, torna sui temi del recente Sinodo dei vescovi e nota come sempre più nella società si proponga un modello di famiglia intesa come forma di “associazione” :

“Che la famiglia sia colpita, che la famiglia venga colpita e che la famiglia venga imbastardita, come - va bene - è un modo di associazione… Si può chiamare famiglia tutto, no? Quante famiglie sono divise, quanti matrimoni rotti, quanto relativismo nella concezione del Sacramento del Matrimonio. In questo momento, da un punto di vista sociologico e dal punto di vista dei valori umani, come appunto del Sacramento cattolico, del Sacramento cristiano, c’è una crisi della famiglia, crisi perché la bastonano da tutte le parti e la lasciano molto ferita”! 

Quindi il Pontefice invita a riflettere sulla realtà contemporanea, in cui - sottolinea - viene “svalutato” il Sacramento del matrimonio: si assiste - nota - alla “riduzione del Sacramento ad un rito”, “si fa del Sacramento un fatto sociale”, “il sociale copre la cosa fondamentale, che è l’unione con Dio”:

“Quello che stanno proponendo non è un matrimonio, è una associazione. Ma non è matrimonio! E’ necessario dire cose molto chiare e questo dobbiamo dirlo! La pastorale aiuta, ma solamente in questo è necessario che sia ‘corpo a corpo’. Quindi accompagnare e questo significa anche perdere il tempo. Il grande maestro del perdere il tempo è Gesù! Ha perso il tempo accompagnando, per far maturare la coscienza, per curare le ferite, per insegnare… Accompagnare è fare un cammino insieme”. 

In tal senso, il Santo Padre sollecita per i fidanzati una preparazione approfondita al matrimonio, un accompagnamento, per capire quel “per sempre” che oggi viene messo in discussione dalla “cultura del provvisorio”, senza “scandalizzarsi” di ciò che avviene, i “drammi familiari, la distruzione delle famiglie, i bambini” che soffrono per i disaccordi dei genitori, ma anche le nuove convivenze: “Sono nuove forme, totalmente distruttive e limitative della grandezza dell’amore del matrimonio. Ci sono tante convivenze e separazioni e divorzi: per questo la chiave di come aiutare è ‘corpo a corpo’, accompagnando e non facendo proselitismo, perché questo non porta a risultati: accompagnare, con pazienza”.

Di fronte ai simboli della spiritualità di Schoenstatt, la Croce della missione - legata al forte impulso missionario del movimento - e l’immagine della Vergine Pellegrina e dopo la lettura del Vangelo della Visitazione, con l’incontro tra Maria e la cugina Elisabetta, i presenti chiedono al Papa del suo “grande amore per la Vergine” e del suo “modo di vedere il ruolo missionario” della Madonna. Papa Francesco non ha dubbi:

Maria è madre, educatrice e “una Chiesa senza Maria - dice - è un orfanotrofio”. “Maria è madre, e non si può concepire nessun altro titolo di Maria che non sia ‘la madre’. Lei è madre, perché ci porta a Gesù e ci aiuta con la forza dello Spirito Santo perché Gesù nasca e cresca in noi, che continuamente ci sta dando vita. E madre della Chiesa. E’ maternità. Non abbiamo il diritto - e se lo facciamo ci sbagliamo – ad avere un psicologia di orfani. Il cristiano non ha diritto di essere orfano. Ha una madre! Abbiamo una madre”. 

Fondato durante la Prima Guerra Mondiale, il movimento di Schoenstatt nacque per volontà di padre Josef Kentenich, che diede vita all’iniziativa con un gruppo di giovani seminaristi, attraverso un atto chiamato “Alleanza d’Amore con Maria”. Con la Seconda Guerra Mondiale, l’esperienza si rafforzò e, dopo un duro periodo d’internato nel campo di concentramento di Dachau, padre Kentenich “partì verso quelle che erano le periferie del mondo di allora, Argentina, Brasile, Cile, Uruguay e Sudafrica, per servire la Chiesa”, come ha ricordato nei saluti il Superiore dei padri di Schoenstatt, padre Heinrich Walter. Nel tempo il movimento si è esteso in tutto il mondo. A chi, tra i giovani, espone al Santo Padre la difficoltà a portare in certi ambienti l’impulso missionario, Papa Francesco ricorda il Papa emerito Benedetto XVI e risponde:

“Testimonianza. Vivere in modo tale che altri abbiano voglia di vivere, come noi! Testimonianza, non c’è altro! Vivere in modo che altri si interessino a chiedere: “Perché”? E’ la testimonianza, il cammino della testimonianza non c’è nulla che lo supera… Testimonianza in tutto. Noi non siamo salvatori di nessuno, siamo trasmettitori di un ‘alieno’ che ci salvò tutti e questo possiamo trasmetterlo soltanto se assumiamo nella nostra vita, nella nostra carne e nella nostra storia la vita di questo ‘alieno’ che si chiama Gesù”. 

Il Pontefice si riferisce a un “testimonianza che abbia anche la capacità di farci muovere, di farci uscire, di andare in missione”, pregando: “Una Chiesa, un movimento o una comunità chiusa è malata: tutte le malattie sono chiusure… Un movimento, una Chiesa, una comunità che esce, si sbaglia… Si sbaglia, ma è tanto bello chiedere perdono quando si sbaglia! Non abbiate paura! Uscire in missione; uscire in cammino. Siamo camminatori”.

Il Papa, coi presenti che lo sollecitano, si definisce “un poco incosciente”, dice, “temerario”, ma sicuramente confessa di abbandonarsi alla preghiera: “Mi aiuta non guardare le cose dal centro - c’è un solo centro: Gesù Cristo - piuttosto guardare le cose dalla periferia, no? Dove si vedono più chiare. Quando uno si chiude in un piccolo mondo – il mondo del movimento, della parrocchia, dell’arcivescovado, della Curia – allora non si afferra la verità. Sì, forse la si afferra in teoria, ma non si afferra la realtà della verità in Gesù. La verità si afferra meglio dalla periferia piuttosto che dal centro. Questo mi aiuta”. Lo sguardo del Papa va anche alla Chiesa:

“In alcune conferenze episcopali, in alcuni episcopati che hanno incaricati per qualsiasi cosa, per tutti, non scappa niente… Tutto ben funzionante, tutto ben organizzato, ma mancano in alcune cose che potrebbero fare con la metà, con meno funzionalismo e più zelo apostolico, più libertà interiore, più preghiera… Questa libertà interiore è coraggio di uscire”.

E l’invito è a rinnovarsi continuamente:

“Rinnovare la Chiesa non è fare un cambio qui, un cambi lì… Bisogna farlo perché la vita sempre cambia e quindi bisogna adattarsi. Però questo non è il rinnovamento. Anche qui, fra il pubblico, mentre lo dicevo: “Bisogna rinnovare la Curia”; “Si sta rinnovando la Curia; la Banca Vaticana, è necessario rinnovare”. Tutti questi sono rinnovamenti esterni: questo è quello che dicono quotidianamente… E’ curioso, nessuno parla del rinnovamento del cuore. Non capisce niente di quello che è il rinnovamento del cuore: che è la santità, rinnovando il cuore di ognuno.”



E un cuore rinnovato, aggiunge il Papa, è capace di andare oltre i disaccordi, che siano “disaccordi familiari” o “di guerra”, oltre la “cultura del provvisorio, che è una cultura di distruzione di legami”, per andare verso una cultura dell’incontro. Quindi la benedizione delle Croci dei presenti, con l’invito ad essere missionari nei 5 Continenti. Prima di congedarsi, il Papa ricorda che tempo addietro gli fu regalata un’immagine della Madre di Schoenstatt: prega e l’ha sempre con sè

23 ottobre 2014

Beatificazione di Paolo VI

Abbiamo appena ascoltato una delle frasi più celebri di tutto il Vangelo: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22,21).

Alla provocazione dei farisei che, per così dire, volevano fargli l’esame di religione e condurlo in errore, Gesù risponde con questa frase ironica e geniale. È una risposta ad effetto che il Signore consegna a tutti coloro che si pongono problemi di coscienza, soprattutto quando entrano in gioco le loro convenienze, le loro ricchezze, il loro prestigio, il loro potere e la loro fama. E questo succede in ogni tempo, da sempre.

L’accento di Gesù ricade certamente sulla seconda parte della frase: «E (rendete) a Dio quello che è di Dio». Questo significa riconoscere e professare - di fronte a qualunque tipo di potere - che Dio solo è il Signore dell'uomo, e non c’è alcun altro. Questa è la novità perenne da riscoprire ogni giorno, vincendo il timore che spesso proviamo di fronte alle sorprese di Dio.

Lui non ha paura delle novità! Per questo, continuamente ci sorprende, aprendoci e conducendoci a vie impensate. Lui ci rinnova, cioè ci fa “nuovi” continuamente. Un cristiano che vive il Vangelo è “la novità di Dio” nella Chiesa e nel Mondo. E Dio ama tanto questa “novità”! «Dare a Dio quello che è di Dio», significa aprirsi alla Sua volontà e dedicare a Lui la nostra vita e cooperare al suo Regno di misericordia, di amore e di pace.

Qui sta la nostra vera forza, il fermento che la fa lievitare e il sale che dà sapore ad ogni sforzo umano contro il pessimismo prevalente che ci propone il mondo. Qui sta la nostra speranza perché la speranza in Dio non è quindi una fuga dalla realtà, non è un alibi: è restituire operosamente a Dio quello che Gli appartiene. È per questo che il cristiano guarda alla realtà futura, quella di Dio, per vivere pienamente la vita - con i piedi ben piantati sulla terra - e rispondere, con coraggio, alle innumerevoli sfide nuove.

Lo abbiamo visto in questi giorni durante il Sinodo straordinario dei Vescovi – “Sinodo” significa «camminare insieme». E infatti, pastori e laici di ogni parte del mondo hanno portato qui a Roma la voce delle loro Chiese particolari per aiutare le famiglie di oggi a camminare sulla via del Vangelo, con lo sguardo fisso su Gesù. È stata una grande esperienza nella quale abbiamo vissuto la sinodalità e la collegialità, e abbiamo sentito la forza dello Spirito Santo che guida e rinnova sempre la Chiesa chiamata, senza indugio, a prendersi cura delle ferite che sanguinano e a riaccendere la speranza per tanta gente senza speranza.

Per il dono di questo Sinodo e per lo spirito costruttivo offerto da tutti, con l’Apostolo Paolo: «Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere» (1Ts 1,2). E lo Spirito Santo che in questi giorni operosi ci ha donato di lavorare generosamente con vera libertà e umile creatività, accompagni ancora il cammino che, nelle Chiese di tutta la terra, ci prepara al Sinodo Ordinario dei Vescovi del prossimo ottobre 2015. Abbiamo seminato e continueremo a seminare con pazienza e perseveranza, nella certezza che è il Signore a far crescere quanto abbiamo seminato (cfr 1Cor 3,6).

In questo giorno della beatificazione di Papa Paolo VI mi ritornano alla mente le sue parole, con le quali istituiva il Sinodo dei Vescovi: «scrutando attentamente i segni dei tempi, cerchiamo di adattare le vie ed i metodi ... alle accresciute necessità dei nostri giorni ed alle mutate condizioni della società» (Lett. ap. Motu proprio Apostolica sollicitudo).

Nei confronti di questo grande Papa, di questo coraggioso cristiano, di questo instancabile apostolo, davanti a Dio oggi non possiamo che dire una parola tanto semplice quanto sincera ed importante: grazie! Grazie nostro caro e amato Papa Paolo VI! Grazie per la tua umile e profetica testimonianza di amore a Cristo e alla sua Chiesa!

Nelle sue annotazioni personali, il grande timoniere del Concilio, all’indomani della chiusura dell’Assise conciliare, scrisse: «Forse il Signore mi ha chiamato e mi tiene a questo servizio non tanto perché io vi abbia qualche attitudine, o affinché io governi e salvi la Chiesa dalle sue presenti difficoltà, ma perché io soffra qualche cosa per la Chiesa, e sia chiaro che Egli, e non altri, la guida e la salva» (P. Macchi, Paolo VI nella sua parola, Brescia 2001, pp. 120-121). In questa umiltà risplende la grandezza del Beato Paolo VI che, mentre si profilava una società secolarizzata e ostile, ha saputo condurre con saggezza lungimirante - e talvolta in solitudine - il timone della barca di Pietro senza perdere mai la gioia e la fiducia nel Signore.

Paolo VI ha saputo davvero dare a Dio quello che è di Dio dedicando tutta la propria vita all’«impegno sacro, solenne e gravissimo: di continuare nel tempo e sulla terra la missione di Cristo» (Omelia nel Rito di Incoronazione: Insegnamenti I, 1963, p. 26), amando la Chiesa e guidando la Chiesa perché fosse «nello stesso tempo madre amorevole di tutti gli uomini e dispensatrice di salvezza» (Lett. enc. Ecclesiam Suam, Prologo).


(Da Radio Vaticana - testo integrale dell'Omelia del Santo Padre per la beatificazione di Paolo VI)

Il primato petrino ha una chiara documentazione storica

Per “primato petrino” si intende la particolare preminenza che Gesù Cristo ha accordato all’apostolo Pietro all’interno del gruppo degli apostoli e della prima comunità cristiana. E’ un argomento che interessa molto, in particolare, i nostri fratelli ortodossi e protestanti i quali non riconoscono la figura del Pontefice romano e l’autorità della Chiesa cattolica come diretta discendente della comunità cristiana primitiva.
Essi sostengono che Pietro non sia mai arrivato a Roma, che non sia stato il vescovo di quella città e che non sia morto lì, in questo modo -affermano- sarebbe negata anche la sua diretta conseguenza: la trasmissione del suo ministero. La questione è storica e oggi gli storici non hanno molti dubbi sul fatto che Pietro sia arrivato a Roma per esercitare «quel ruolo rilevante che veniva riconosciuto al pastore del gregge di Gesù»come ha scritto l’archeologo agnostico Andrea Carandini nel libro “Su questa pietra. Gesù, Pietro e la nascita della Chiesa“ (Laterza 2013). D’altra parte, come è stato fatto notare, in tutto l’ambiente sub-apostolico si parlava delle relazioni tra Pietro e Roma, come del suo martirio romano.
Ma, come ha spiegato magistralmente il teologo padre Angelo Bellon«certamente nelle Sacre Scritture non è scritto che san Pietro sia stato a Roma e che sia morto a Roma. Ma per riconoscere il primato della Chiesa di Roma di per sé non sarebbe neanche necessaria la presenza e la morte di Pietro in quella città. Sarebbe stata sufficiente la sua volontà». Come ha scritto C. Journet: “Sappiamo che se anche Pietro non fosse mai venuto a Roma, poteva, dovunque si trovasse, attribuire alla Chiesa di Roma il pontificato transapostolico della Chiesa universale” (C. Journet, “Teologia della Chiesa”, p. 136). 
Non occorre perciò concentrarsi solo sulla permanenza di Pietro a Roma, perché sul primato della Chiesa di Roma nei primi due secoli abbiamo un’abbondante documentazione, ovvero testimonianze dei primi successori degli apostoli che confermano l’autorevolezza della Chiesa di Roma, alla quale riconoscono una presidenza. Il camminare assieme ai nostri fratelli protestanti verso una sperata e definitiva unità con loro, non può tralasciare i documenti storici.
Innanzitutto il primato di Pietro lo si trova nel vangelo di Matteo (“Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli“, Mt 16, 18-19) e in quello di Giovanni (“pasci le mie pecore, pasci i miei agnelli”, Gv 21,15), in cui c’è anche la profezia sul suo martirio (Gv 21,18). Policarpo, vescovo di Smirne, contemporaneo, discepolo e successore di Giovanni ad Efeso, arrivò faticosamente dall’Asia a Roma per impetrare dal vescovo di Roma, come da suo superiore e superiore di tutti i vescovi in causa, una maggiore larghezza circa la data della Pasqua usata in Oriente. Questa visita, per l’autorità della persona e per il grande riconoscimento che importava fece impressione, tanto che Ireneo ne parla ancora quarant’anni più tardi scrivendo a Papa Vittore (Eusebio, “Storia ecclesiastica”, V,24,16).
Lo stesso Ireneo, nell’Adversus haereses tratta del modo sicuro di conoscere la vera tradizione apostolica, indicando il criterio nell’ininterrotta serie dei vescovi successori degli apostoli e affermando di poter dimostrare questa successione citando i cataloghi episcopali delle diverse Chiese, ma si limita ad uno, al catalogo della Chiesa romana che ritiene essere «la più grande e la più antica» e ha una «principalità»o primato tale che tutte le altre comunità da ogni parte debbono accordarsi e sottostare ad essa. In secondo luogo indica che la successione dei suoi vescovi rimonta a Pietro (Adversus haereses III,3,2). Lo stesso Ireneo informa anche della data di composizione del Vangelo di Matteo, scrivendo che avvenne «mentre Pietro e Paolo stavano ad evangelizzare Roma ed a fondarvi la Chiesa» (Ad Haereses). Egli stesso si recherà a Roma per affari ecclesiastici dell’Oriente, così come il più illustre apologeta e filosofo cristiano del tempo, Giustino, seguito dal discepolo suo Taziano e, come pellegrino, il vescovo della Frigia, Abercio.
Ad Antiochia troviamo il vescovo Ignazio, quasi contemporaneo del Cristo e successore di Pietro, il quale una volta prigioniero trasportato verso Roma, scrive una lettera alla Chiesa di questa città esprimendosi con termini di deferenza tali, mai utilizzati in altre lettere indirizzate ad altre Chiese. Si indirizza così ai Romani: «Ignazio, detto anche Teoforo, alla chiesa che ha conseguito misericordia nella magnificenza del Padre altissimo e del suo unigenito Gesù Cristo; alla chiesa prediletta ed illuminata dalla sua volontà che elegge tutte le cose che sono, secondo la carità di Gesù Cristo Dio nostro; la quale (chiesa) inoltre tiene la presidenza nel luogo della regione dei Romani, degna di Dio, degna di onore, degna d’esser predicata beata, degna di lode, degna di esaurimento, degnamente casta e posta a presiedere l’universale accolta della carità (la Chiesa), che porta la legge del Cristo, che è insignita del nome paterno, che io saluto nel nome di Gesù Cristo, figlio del Padre; a coloro che secondo la carne e lo spirito sono adunati ad ogni suo comando inseparabilmente ripieni della grazia di Dio e purificati da ogni eterogeneo colore, (a questi) auguro sovrabbondante ed incontaminata salvezza in Gesù Cristo, Dio nostro».
Abbiamo ancora altri dati: nel 90 d.C. un’angustiosa questione agita e divide la Chiesa di Corinto, di essa non viene investito Giovanni, l’apostolo prediletto di Gesù, per quanto topograficamente molto più vicino (dall’altra sponda del Mar Egeo), ma il vescovo di Roma, papa Clemente I. Il quarto pontefice dopo Pietro interviene con un’epistola di 65 capitoli (la prima lettera di Clemente ai Corinti), solenne e piena di un senso d’autorità. La chiesa di Corinto non solo accettò con disciplina gli ordini di Clemente, ma conservò o lesse devotamente per molto tempo quel venerabile documento nelle proprie assemblee liturgiche, come lo attesta settant’anni dopo il vescovo Dionigi di Corinto in una lettera indirizzata a Papa Sotero e riportata da Eusebio nella sua Storia ecclesiastica.
Si potrebbe andare ancora avanti, ma la conclusione è evidente da queste voci che sorgono in Oriente e in Occidente: i primi due secoli riconobbero nel vescovo di Roma un primato, un’autorità. Fosse anche leggenda la permanenza a Roma del primo Papa, resterebbe egualmente vero che la sua successione è passata a Lino, Clemente, ecc. e ciò perché esiste una documentazione univoca in questa direzione, formata dai testimoni dei fatti. Si rimane stupiti come fosse possibile in un secolo di quasi continua persecuzione, con le difficoltà di contatto tra le Chiese, una simile coesione disciplinare. Questi documenti mostrano che la nostra fede è la stessa dei cristiani del primo e del secondo secolo. «Mi auguro»ha concluso padre Angelo Bellon, «che tanti evangelici o protestanti non liquidino come leggenda ciò che viene riferito da tante testimonianze della prima ora. È vero che queste testimoniane non si trovano nella Scrittura e che i protestanti ed evangelici si appellano alla sola Scrittura. Ma da nessuna parte della Scrittura vien detto di riferirsi alla sola Scrittura, tanto meno viene detto di abdicare alla ragione e di rifiutare a priori qualsiasi testimonianza coeva alla Scrittura o di poco posteriore. D’altra parte nelle Scritture non vi è neanche l’elenco dei libri da ritenersi come ispirati e facenti parte della Bibbia. Questo lo si ricava dalla Tradizione, da quella medesima tradizione ben documentata che ti ho presentato a favore del ministero petrino».

21 ottobre 2014

Ufff! queste insistenze sul fatto che il papa apre ai gay: ma i gay cosa dicono?

"GRAVE INGERENZA DI PAPA FRANCESCO CONTRO I GAY"

Grave, gravissima ingerenza quella di Papa Francesco. Coloro che avessero voluto vedere un’apertura verso i gay, dando una lettura superficiale delle sue parole, dovranno definitivamente ricredersi. Papa Francesco resta un’ottima iniziativa di marketing, ma nulla di più!
Non solo Bergoglio ha tenuto a precisare con chiarezza che le coppie gay non sono una famiglia, ma ha anche bocciato nettamente le iniziative contro l’omofobia nelle scuole. Nel fare ciò, ha usato proprio quelli che sono gli slogan tanto cari agli omofobi cattolici di professione, con tanto di accusa di nazi-fascismo e dittatura del pensiero unico. Tirando in ballo la “dittatura del pensiero unico”, Bergoglio boccia indirettamente anche il DDL contro l’omofobia in discussione in Parlamento. Queste sono le accuse, infatti, di movimenti contro il DDL Scalfarotto come le Sentinelle in Piedi.

Il Papa, però, finge di non ricordare che le vittime delle dittature del XX secolo sono stati proprio i gay; come di ogni altra dittatura del resto.

Così si è espresso oggi Bergoglio, incontrando in Vaticano il Movimento per la Vita Italiano… 
“Occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva. Ciò comporta al tempo stesso sostenere il diritto dei genitori all’educazione morale e religiosa dei propri figli. E a questo proposito vorrei manifestare il mio rifiuto per ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini. Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, con pretesa di modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del pensiero unico” – Papa Francesco. 
Ma Bergoglio ha anche attaccato la Corte Costituzionale, che ha stabilito che il divieto alla fecondazione eterologa previsto dalla legge 40 è incostituzionale. Un’altra vergognosa ingerenza dunque del Vaticano. “Ferma opposizione a ogni diretto attentato alla vita, specialmente innocente e indifesa. Il nascituro nel seno materno è l’innocente per antonomasia”, ha dichiarato Papa Francesco.

Ricordiamo che l’Italia, per Costituzione, è uno stato laico. Ma nei fatti, anche per la complicità della politica, così non è mai stato.
http://gayoggi.com/politica/grave-ingerenza-di-papa-francesco-contro-i-gay/11042014/


20 ottobre 2014

Bufale mediatiche: ecco com’è il sinodo inventato dai vaticanisti…

In uno dei suoi ultimi discorsi da Pontefice, Benedetto XVI ha ricordato in merito al Concilio
Vaticano II: «c’era il Concilio dei Padri – il vero Concilio –, ma c’era anche il Concilio dei media. Era quasi un Concilio a sé, e il mondo ha percepito il Concilio tramite questi, tramite i media». E’ quanto avvenuto anche quest’anno con il Sinodo sulla famiglia, lo ha accennato anche Papa Francesco nel suo discorso di ieri: «tanti commentatori, o gente che parla, hanno immaginato di vedere una Chiesa in litigio dove una parte è contro l’altra, dubitando perfino dello Spirito Santo».

Nel nostro commento alla prima bozza pubblicata dal Sinodo, la “Relatio post disceptationem“, sottolineando LE ENORMI STRUMENTALIZZAZIONI DEI VATICANISTI ITALIANI. Anche alla pubblicazione di ieri della Relazione ufficiale, la stampa ha reagito con enormi menzogne scritte sempre dagli stessi vaticanisti e da commentatori improvvisati. La maggior parte ha INVENTATO UNA FANTOMATICA “APERTURA” VERSO LE COPPIE OMOSESSUALI -senza accorgersi che le parole di accoglienza usate non sono affatto nuove, dato che sono state prese dal Catechismo della Chiesa Cattolica-, con lo scopo per poterla usare a favore della legalizzazione delle unioni civili o del matrimonio omosessuale da parte del governo Renzi o per sostenere iniziativa del sindaco Ignazio Marino che ha trascritto 16 matrimoni gay contratti all’estero.

LUIGI ACCATTOLI.
Partiamo da Accattoli, il più “scatenato” tra i vaticanisti sul Sinodo, apprezzato vaticanista del “Corriere” fino a poco tempo fa. In un articolo cerca di mettere in contrapposizione il card. Reinhard Marx, presidente della Conferenza episcopale tedesca, verso cui patteggia apertamente, con il card. Angelo Bagnasco presidente della Conferenza episcopale italiana. Accattoli vorrebbe mostrare come convivano due pensieri opposti tra gli stessi cardinali, e per esemplificarlo ha scelto questa frase del card. Marx: «Per me è impensabile dire a una persona omosessuale che non può vivere il Vangelo». E per il card. Bagnasco ha citato un’altra frase: «Il “pensiero unico” in materia di sessualità è ormai una dittatura che si vuole imporre dall’Occidente a tutte le altre parti del mondo». Il commento di Accattoli: «Due voci che possono essere prese a emblema delle due anime, una audace e una prudente, che si sono fronteggiate nell’assemblea». Traducendo dal politichese questo significa: il cardinale buono che accoglie gli omosessuali e il cardinale cattivo che li respinge. Peccato che Accattoli abbia citato due frasi su due argomenti differenti: il card. Marx parla dell’accoglienza delle persone omosessuali e il card. Bagnasco respinge l’educazione gender nelle scuola. Entrambi concorderebbero certamente sulle affermazioni l’uno dell’altro, anche perché lo stesso Catechismo cattolico spiega che le persone omosessuali «possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana». Forse Accattoli vuol sostenere che il card. Bagnasco è contro il Catechismo?

In un altro suo articolo ha parlato della decisione di trascrivere 16 matrimoni gay da parte di Iganzio Marino, strumentalizzando di fatto il Sinodo: «Il Sinodo chiude oggi ma già ieri se ne è avvertita l’influenza innovativa nella disputa sulla “trascrizione” nei registri comunali di Roma di 16 matrimoni gay contratti all’estero». Secondo Accattoli, infatti, «il Vicariato di Roma e la Cei hanno protestato ma l’hanno fatto con la stessa prudenza usata dalla Curia milanese una settimana addietro, precisando che la Chiesa non si oppone alla tutela dei “diritti” degli omosessuali, ma chiede che abbia un nome diverso da “matrimonio”». Innanzitutto né il Vicariato né la Cei hanno mai parlato di “tutela dei diritti omosessuali” (che lui utilizza per far intendere un sostegno alle unioni civili). Se si legge l’articolo di “Roma Sette”, il settimanale della diocesi di Roma su cui è comparsa la durissima critica a Marino, non esiste nessun passaggio del genere. Nemmeno la nota della Cei riporta queste parole, semmai si legge: «L’augurio è che il rispetto delle persone individuali sia sempre salvaguardato nelle loro legittime attese e nei loro bisogni, senza mai prevaricare il dato della famiglia». “Rispetto delle persone individuali” è stato trasformato dal vaticanista in “diritti degli omosessuali”. Accattoli conclude tuttavia riconoscendo, dunque contraddicendosi, che «sono parole forti, che risentono dei toni di battaglia del nostro episcopato sui “valori non negoziabili” vigenti fino all’elezione di Bergoglio». Ma non aveva scritto che si era usata prudenza? Il documento utilizza giustamente parole durissime (tanto che Luca Kocci parla di «vera e propria scomunica»), proprio per sottolineare la gravità dell’accaduto, come chiunque può leggere. Altro che “influenza innovativa”, che nel linguaggio giornalistico significherebbe parole di buonismo o accondiscendenza. D’altra parte la stessa Relazione ufficiale del Sinodo voluto da Papa Francesco presenta la stessa visione quando afferma: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia».

ANCORA OGGI, NONOSTANTE PAPA FRANCESCO ABBIA CRITICATO LA “GENTE CHE PARLA” DI UNA CHIESA DIVISA, ha pubblicato l’ennesimo articolo irridente verso i vescovi a lui antipatici (cioè quelli lontani dalle posizioni del suo amico card. Martini). Sostiene infatti che dal Sinodo sia emerso che il 10% dei vescovi si “opporrebbe a pelle” qualunque “apertura” della Chiesa, anche verso le altre religioni. In modo particolare si è visto, spiega, nell’opposizione ai paragrafi sulle persone con tendenza omosessuale e sulla comunione ai divorziati risposati. Peccato che non riesca a dimostrare che quei voti contrari provengano tutti dai “conservatori”, ed invece -è stato svelato oggi da un cardinale “riformista”- provengono anche dai vescovi a lui simpatici, che si sono opposti ai vari paragrafi perché avrebbero preferito parole diverse, probabilmente le stesse contenute nella bozza iniziale dove si parlava delle doti e delle qualità che le persone omosessuali possono dare alla comunità cristiana.

FRANCA GIANSOLDATI.
Lo stesso tentativo strumentalizzatore di Accattoli lo ha fatto Franca Giansoldati de “Il Messaggero”. Secondo lei «con Bergoglio la linea è cambiata. Sono finiti i tempi dell’interventismo a gamba tesa, dello scontro aperto, della contrapposizione veemente Chiesa-Campidoglio». Questo perché il cardinale Agostino Vallini, vicario della diocesi di Roma, non avrebbe fatto «alcun commento personale». Peccato che, come abbiamo già detto, il settimanale della diocesi di Roma, guidata da Vallini, abbia emesso un durissimo comunicato contro Marino. La stessa Giansoldati incredibilmente lo riconosce: «parole durissime, in linea con quello che ha ribadito la Chiesa la Sinodo sulla Famiglia». Subito dopo sostiene che la Chiesa avrebbe auspicato le unioni civili, anche se ad affermarlo è stato un solo vescovo (mons. Bruno Forte). Dunque: prima afferma che la diocesi di Roma avrebbe tenuto un profilo low cost, poi riconosce che la diocesi di Roma è intervenuta con “parole durissime” ed infine conclude l’articolo come l’ha iniziato: «niente scontri diretti, affronti portati avanti con dichiarazioni roboanti». Ma non si erano usate “parole durissime”? Tilt completo.

MARCO POLITI.
Aspettavamo il suo commento, come al solito estremamente di parte e per nulla oggettivo. Per lo meno ha avuto il merito di essersi informato sull’esito del Sinodo, evitando i falsi proclami dei suoi colleghi. Nel suo articolo parla di scontri, di vittorie, di sconfitte, insulta i vescovi che non la pensano come lui chiamandoli “lupi” ed invita le associazioni laicali a fare pressione sul Vaticano «sui temi scottanti». Papa Francesco ha però criticato «tanti commentatori, o gente che parla», che «hanno immaginato di vedere una Chiesa in litigio dove una parte è contro l’altra». Lo stesso pupillo di Politi, il card. Luis Antonio Tagle lo ha smentito a proposito della guerra interna o delle strategie dei “lupi” conservatori: «In un processo sinodale gli elementi più importanti sono l’ascolto e la libertà di esprimere le diverse opinioni sulle situazioni che si presentano. Il Sinodo non è una battaglia né il frutto di una strategia».

Non solo il card. Tagle ha smentito la regia dei “lupi conservatori”, come afferma Politi, ma addirittura il card. Marx -il più aperto verso quel che i media considerano “aperture”- si è felicitato dell’esito del Sinodo, in particolare perché si è ribadita «l’accoglienza verso gli omosessuali [...]. Per me è un risultato del tutto positivo». Politi parla di “ostruzionismo” dei “lupi conservatori” che hanno modificato leggermente la Relazione ufficiale rispetto alla bozza, e il card. Marx lo smentisce: «Ma questo è il frutto del normale andamento del dibattito. Io sono molto contento di quanto è uscito [...]. Chi parla di vincitori e vinti non ha capito nulla del processo sinodale. Che è una discussione comune». Politi ha effettivamente parlato di vincitori e vinti…possibile che non abbia capito nulla del Sinodo, come dice il card. Marx?

GIANCARLO BOSETTI
Sinceramente non sappiamo chi sia, appare oggi con un articolo su “Repubblica” (intitolato “Se la democrazia bussa in Vaticano”) dove si avventura a commentare il Sinodo. Secondo lui «bisogna ammettere che la versione più tenue, dell’accoglienza nella Chiesa “con rispetto e delicatezza” di uomini e donne con tendenze omosessuali (118 sì contro 62 no) mostra un cambiamento in corso». Qualcuno dovrebbe fargli notare che la frase arriva dal Catechismo della Chiesa in cui si legge: «Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione», che non è certo stato pubblicato ieri. Ma lui parla di “cambiamento”. Conclude, contento, scrivendo che «la dottrina e la teologia della Chiesa mostrano di poter cambiare». Peccato che non vi sia stato (né vi sarà mai) alcun cambiamento di dottrina: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia», si ribadisce infatti nella Relazione ufficiale, a proposito di dottrina.

FRANCO CARDINI.
Cardini è uno storico ma si avventura spesso, con poco successo, in questioni non sue. Ieri ha incredibilmente scritto che dopo Papa Francesco e dopo il Sinodo i cattolici non possono più opporsi alla legge sulle unioni civili e sui matrimoni omosessuali. Non ci credete? Ecco cosa scrive: «da oggi i cattolici non sono più consigliati di mantenere un atteggiamento aperto e comprensivo ma sono invitati con fermezza a farlo; e che la loro militanza cattolica li obbligherà, anche come cittadini, a regolarsi in modo da far si che le istanze morali e civili di persone che pur seguono un’etica lontana dalla loro -gli omosessuali per intendersi- vengano circondate di rispetto e aiutate nei limiti del possibile a tradursi in pratiche civili e giuridiche. Il cattolico da ora non potrà più farsi scudo della sua fede come alibi per contrastare quelle misure civili volte a rendere possibile e giuridicamente riconosciuta una unione anche fuori dai limiti matrimoniali, persino una unione tra persone dello stesso sesso». E’ incredibile la strumentalizzazione ed è doveroso ricordare ancora una volta quel che è emerso finora dal Sinodo: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». E ricordiamo anche il giudizio di Papa Francesco, più volte espresso: «La Chiesa offre una concezione della famiglia, che è quella del Libro della Genesi, dell’unità nella differenza tra uomo e donna, e della sua fecondità. In questa realtà riconosciamo un bene per tutti, la prima società naturale, come recepito anche nella Costituzione della Repubblica Italiana. Vogliamo riaffermare che la famiglia così intesa rimane il primo e principale soggetto costruttore della società e di un’economia a misura d’uomo, e come tale merita di essere fattivamente sostenuta».

GIACOMO GALEAZZI, MARCO ANSALDI e GIAN GUIDO VECCHI
I tre vaticanisti Galeazzi de “La Stampa”, Ansaldi di “Repubblica” e Vecchi del “Corriere” sono coloro che spingono particolarmente su una Chiesa in litigio, dove una parte è contro l’altra. Sono loro, più di tutti gli altri, gli artefici dei presunti strappi tra “tradizionalisti” o “conservatori” e “progressisti”, trattando la Chiesa come fosse un partito politico. Ancora oggi Ansaldo cerca di far combattere i presunti “conservatori” contro Papa Francesco. Quando i fenomeni sono troppo complessi per poter essere capiti tutto viene ridotto alle schematiche già note.

PIER FRANCESCO DE ROBERTIS
Un altro sconosciuto, fa il commentatore per “Il Giorno” e avventurandosi anche lui a parlare del Sinodo ci spiega che «la Chiesa si è detta pronta ad imboccare la strada del dialogo e dell’apertura sui temi più dibattuti nella Chiesa stessa e nella società, quella della comunione ai divorziati risposati e alle coppie di fatto e ai gay». De Robertis infatti ricorda il paragrafo in cui si invita maggior attenzione agli omosessuali. La Chiesa «vuole voltare pagina». Anche lui non sa nulla di quanto scrive, sul tema dell’accoglienza agli omosessuali il Sinodo ha semplicemente espresso quanto scritto da anni nel Catechismo della Chiesa cattolica (««Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione»), mentre sui divorziati risposati si è rimandato tutto al Sinodo ordinario, escludendo “facili aperture”. Ma il tormentone è che “la pagina è girata” e quindi avanti con le bugie!

http://www.uccronline.it/2014/10/20/ecco-come-il-sinodo-inventato-dai-vaticanisti/

18 ottobre 2014

Messaggio finale del sinodo: amore coniugale, miracolo più bello

“L’amore coniugale, unico ed indissolubile, che persiste nonostante le tante difficoltà del limite umano, è uno dei miracoli più belli” ed anche “il più comune”. Brilla di speranza il Messaggio conclusivo del Sinodo straordinario sulla famiglia, letto in Aula dai cardinali Gianfranco Ravasi e Raymundo Damasceno Assis, rispettivamente presidente della Commissione per il Messaggio e presidente delegato, insieme al segretario speciale dell’Assise, mons. Bruno Forte.

Ringraziando innanzitutto per la “fedeltà, fede, speranza ed amore” che le famiglie offrono al mondo, nella prima parte il documento si sofferma sulla “realtà viva e complessa” in cui vivono i nuclei familiari, su “le luci e le ombre”, le “sfide esaltanti” e le “prove drammatiche”, là dove “il male ed il peccato” si insinuano tra le mura domestiche.

Le sfide, dunque: al primo posto, il Messaggio ricorda la fedeltà coniugale, messa a dura prova da individualismo, indebolimento della fede e frenesia quotidiana che possono provocare crisi matrimoniali affrontate senza pazienza, senza perdono, senza riconciliazione reciproca, senza sacrificio. Dai fallimenti matrimoniali – continua il documento – nascono “nuove relazioni, nuove coppie, nuovi unioni e nuovi matrimoni, creando situazioni familiari complesse e problematiche per la scelta cristiana”.

Ulteriori sfide: figli disabili, malattie, vecchiaia, morte di una persona cara, difficoltà economiche causate da sistemi perversi, da quel “feticismo del denaro” che umilia la dignità della persona. Il pensiero del Sinodo va quindi ai genitori disoccupati, “impotenti di fronte alle necessità primarie delle famiglia”, ed ai giovani che – in giorni vuoti e senza attesa – possono diventare preda di droga e criminalità. Le “ombre” calano anche sulle famiglie povere, profughe, perseguitate a causa delle fede, colpite da guerre e oppressioni brutali, sulle donne vittime delle violenza e della tratta, sui minori “vittime di abusi persino da pare di coloro che dovevano custodirli”.

Per questo, il Messaggio lancia un forte appello “ai governi ed alle organizzazioni internazionali” affinché promuovano “i diritti della famiglia per il bene comune”. “La Chiesa, casa sempre aperta nell’accoglienza”, si legge ancora nel testo, non esclude nessuno. Gratitudine, quindi, viene espressa per tutti quei pastori, fedeli e comunità che operano nella pastorale familiare.

Ma il documento sinodale non dimentica la “luce” che splende in tante famiglie, quella luce che deriva dall’incontro “pari e reciproco” tra i coniugi, in cui ciascuno si apre all’altro, pur rimanendo se stesso. Centrale, quindi, porre l’accento sul fidanzamento e la preparazione al sacramento del matrimonio, che conosce anche “la sessualità, la tenerezza e la bellezza” che superano il tempo. Perché l’amore “per sua natura”, “tende ad essere per sempre”.

L’amore coniugale si diffonde attraverso la “fecondità e la generatività”, dice il Sinodo, intese non solo come procreazione, ma anche come dono della vita divina nel battesimo, nell’educazione e nella catechesi dei figli, e nella capacità di offrire affetto e valori anche per chi non ha potuto generare.

Il Messaggio sottolinea, inoltre, l’importanza della preghiera comune in famiglia, “piccola oasi dello spirito”, e dell’educazione alla fede ed alla santità, compito che spesso viene esercitato “con affetto e dedizione” anche dai nonni. In quest’ottica, la famiglia, vera “Chiesa domestica”, può esprimere la carità, la vicinanza a “gli ultimi, gli emarginati, i poveri, le persone sole, i malati, gli stranieri”.

Guardando, poi, all’Eucaristia domenicale, quando “la famiglia si siede alla mensa del Signore”, il documento ricorda che “in questa prima tappa del cammino sinodale” si è “riflettuto sull’accompagnamento pastorale e sull’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati”.

Infine, il Messaggio dei Padri Sinodali guarda alla Sacra Famiglia di Nazaret ed innalza una preghiera a Dio Padre anche in vista dell’Assemblea ordinaria del 2015, sempre dedicata al tema della famiglia. L’invocazione è che il Signore doni “sposi forti e saggi”, giovani coraggiosi “nell’impegno stabile e fedele” , e “una Chiesa sempre più fedele e credibile”, per un mondo capace di amare “verità, giustizia e misericordia”.

Nel pomeriggio, i lavori nell’Aula del Sinodo proseguiranno con l’ultima Congregazione generale, la quindicesima: in programma, la votazione della “Relatio Synodi”, documento conclusivo di norma riservato solo al Papa. Sarà poi il Pontefice a stabilire se renderlo pubblico o meno.

http://www.news.va/it/news/messaggio-finale-del-sinodo-amore-coniugale-miraco

15 ottobre 2014

Fumo di satana: intellettuali cattolici tra delirio di onnipotenza e lucido interesse

Questa forma di delirio somiglia molto a quella che sovente colpisce chi si occupa di politica e si manifesta , di norma , con i sintomi della poltronite acuta, talvolta associata alla sindrome dell’Iscariota e vani sono gli sforzi dei giornalisti , che si spacciano per intellettuali, di presentare la loro categoria come indenne da contagio, invocando il diritto all’informazione come zona franca ove tutto è permesso, mentre il dovere e l’etica sono considerati sempre più spesso accessori non indispensabili. 
Oltre ad una buona parte di giornalisti , cosiddetti intellettuali, atei per definizione, che cercano di galleggiare nel mare della loro putrefazione ideologica, come nel caso di Scalfari, esiste anche una categoria di giornalisti vicini alla Chiesa, alcuni dei quali molto impegnati a inseguire il vento . 
Grazie a Dio non tutti gli intellettuali di area cattolica, e tra questi giornalisti e scrittori, soffrono di questa forma di delirio, ma alcuni, molto in vista, pare presentino tutti i sintomi del contagio, come TosattiMagisterAllam e Socci .
Il caso più grave tra questi, per il momento, è quello di Socci, che da mesi lancia strali contro il Pontefice, anche se il vero obiettivo, sembrerebbe essere la Chiesa come Istituzione; forse il dente è ancora avvelenato per vecchi rancori professionali, chissà. 
Di certo è diventato la guida laica di agguerriti gruppi di ultraconservatori , tradizionalisti e sedevacantisti al punto che non è difficile sentirsi dire “ io sto con Antonio “oppure “ non criticate Socci “.
Credere, però , che questo movimento di oppositori  sia solo laico, sarebbe un grossolano error. 
Invero anche all’interno della Chiesa sono presenti contestatori ai vari livelli della gerarchia ecclesiastica sia di Papa Francesco, sia del Concilio Vaticano II,  ma questa è un’altra miserabile storia. 
Il coriaceo San Paolo esclamerebbe contro questi nuovi farisei “ Sia anatema “ come disse ai Galati che, da farisei nel pensiero e cristiani nell’aspetto, predicavano un Vangelo diverso.
Che Socci sia un Cristiano convinto e che ami profondamente Gesù non è in discussione e i suoi libri lo testimoniano
Qualche volta però si avverte  dalla lettura dei suoi interessanti libri , un certo livore nei confronti della Chiesa Cattolica . 

Per esempio nel libro “ La guerra contro Gesù “ mette all’indice la Chiesa rea di non aver voluto prendere in considerazion , al punto da boicottare, la scoperta di antichi manoscritti trovati in una delle grotte di Qumran,  contenenti frammenti di brani delle Sacre scritture che  cambierebbero molto nella storia della Dottrina della Chiesa, in particolare per quanto riguarda la datazione dei Vangeli che ne sarebbe sconvolta rispetto a quella riconosciuta dalla Chiesa.
Spirito polemico e iracondo è quello di Socci , che bombarda il Papa e la Chiesa attraverso la sua pagina su un social network molto seguito, con attacchi di ogni genere che vanno dallo scarso impegno contro la persecuzione dei Cristiani, alle eccessive e non dottrinali aperture del Papa verso nuovi possibili orizzonti post conciliari.
Talmente polemico, iracondo e permaloso al punto da rifiutare qualsiasi dialogo e , conseguentemente, evita ogni tipo di confronto fino a impedire a coloro che non la pensano come lui di poter scrivere commenti sulla sua pagina

Dunque è impossibile chiedere come mai un fervente cattolico come Socci cambia così radicalmente e velocemente la sua opinione riguardo al Papa!
Siamo sinceri e onesti intellettualmente, 
Socci attacca la Chiesa ma non disdegna di presentare e fare pubblicità ai suoi libri addirittura nelle chiese, come nel caso di una parrocchia di Perugia pochi mesi orsono e non sarebbe l’unica volta
Nel frattempo è riuscito, a preparare e far stampare un nuovo libro dal titolo emblematico “ Non è Francesco “, con cui confuta la legittimità dell’elezione di Papa Francesco al soglio di Pietro e, per fare venire ancor più i brividi, sceglie come copertina la famosa foto con il fulmine che pare abbattersi sulla cupola di San Pietro e un sottotitolo eloquente “ La Chiesa nella grande tempesta “ ; ci sarebbero tutti gli elementi per un fantastico thriller e forse un giorno qualcuno ne tirerà fuori anche un film, se non fosse che c’è in ballo la fede di tanta gente che non capisce cosa succede e si domanda come me, cosa è successo a Socci e si chiede il perché di questo accanimento .
A chi giova tutto questo ? 
Perché far sprofondare la Chiesa nel tempo, per collocarla immeritatamente tra i periodi più bui della sua storia millenaria quando i giochi di potere tra simonia, scandali  e complotti di ogni genere dominavano la scena a discapito della vera fede? 
Molti definiscono Socci un cattolico verace e un papista convinto, mi piacerebbe davvero tanto poter avere la stessa opinione, ma tutto sembra indicare il contrario e per un semplice sillogismo: Papa Francesco è il Vicario di Pietro, la Chiesa Cattolica è una grande assemblea che si riconosce nel proprio Papa, Socci non si riconosce in Papa Francesco perché lo ritiene abusivo e mette in discussione la Chiesa. 
In sintesi potremmo definire Socci l’inventore di una nuova categoria, gli aporetici, ed è molto fortunato a vivere in questa epoca; in altri tempi per molto meno il martello degli eretici si sarebbe inesorabilmente abbattuto su di lui.
Benedetto XVI, che forse aveva illuso i conservatori e i tradizionalisti, dall’alto della sua solida e cristallina fede, su un ritorno al passato pre-conciliare, nel richiamare le antiche tradizioni all’inizio del suo pontificato annunciava un nuovo corso della Chiesa che guarda verso il futuro con un occhio al passato. 

Un percorso tanto antico, quanto nuovo, perché per Benedetto XVI  il futuro della Chiesa era il ritorno al Vangelo non secondo l’uomo, ma secondo Gesù, che amava tutti, perdonava tutti, guariva tutti e non voleva perdere nessuna delle pecore che il Padre gli aveva consegnato. 
Quanta ipocrisia appare nell’articolo su Libero del primo ottobre scorso, quando Socciracconta di aver esultato alla notizia dell’elezione di Papa Francesco ritenendola legittima e di aver assicurato al nuovo Papa la sua preghiera; dichiara, inoltre, di averlo difeso per mesi dagli attacchi che riceveva da ogni parte.
Orbene, il Papa è in carica da meno di un anno e mezzo e nel frattempo Socci ha scritto e presentato in giro per l’Italia almeno un altro libro, poi avrà fatto certamente altre cose che riguardano le sue attività come manager e come giornalista, sarà stato impegnato in famiglia dedicando certamente il giusto tempo anche alla preghiera. 

Senza dubbio ha difeso, timidamente, per mesi il Santo Padre almeno fino a ottobre del 2013 ma dopo questa data si è scagliato con forza contro di lui e contro la Chiesa, come si evince dalla sua pagina su un social network, però è riuscito nonostante tutto questo enorme carico di impegni a scrivere, correggere e pubblicare in pochi mesi  un altro libro guarda caso contro il Papa e contro la ChiesaKen Follet è un dilettante al confronto. 
L’infatuazione spirituale è durata molto poco a quanto pare, o forse era tutta scena!
A mio modesto avviso, in questo articolo del primo ottobre, Socci dimostra, tra l’altro, una certa approssimazione mista a superficialità nella lettura di un passaggio citato al sottoparagrafo 41 dell’Esortazione  Apostolica “ Evangelii gaudium “, in cui il Santo Padre, parla della fondamentale importanza di rendere sempre più attuale il messaggio del Cristo per aprire e favorire a tutti l’accesso all’amore incondizionato del Padre Celeste, sorgente inesauribile di Divina Misericordia. 

Ebbene Socci accusa il Papa di andare contro la storia e la dottrina della Chiesa quando dice che mai si è sentito un Pontefice sostenere che il linguaggio completamente ortodosso nel trasmettere la parola di Dio è sbagliato. 

Socci dimostra di aver letto solo quello che più gli interessava, perché per comprendere il pensiero del Papa su questo argomento non si può limitare la lettura al solo sottoparagrafo 41, occorre leggere tutti i sottoparagrafi che trattano l’argomento dal 40 al 45 relativi al paragrafo “ La missione che si incarna nei limiti umani “ contenuto nel primo capitolo dedicato alla “ Trasformazione missionaria della Chiesa “ ed è assolutamente importante collocare le parole del Papa nel giusto contesto di questi titoli. 

Dopo questo poco impegnativo esercizio anche un giornalista intellettuale generico medio scoprirebbe un mondo diverso , perché calato sul pensiero non solo del Pontefice che scrive ma, anche, di altri due Pontefici elevati alla santità di recente, e troverebbe espliciti riferimenti a tre grandi Santi: Paolo di Tarso , Agostino d’Ippona e Tommaso d’Aquino
In sintesi, scrive Papa Bergoglio, l’ortodossia nel linguaggio è dannosa quando non si misura con chi si ha davanti perché, come disse san Giovanni XXIII , “ … c’è differenza tra la sostanza e su come si deve formulare la sua espressione … “, e la Chiesa come un’amorevole mamma deve aiutare alla comprensione

Papa Francesco vuole dirci, mi pare di poter dire nella mia miseria cultural , che nel continuo processo di discernimento che non riguarda solo i fedeli ma anche la Chiesa, occorre usare moderazione, la stessa moderazione di cui parla Sant’Agostino quando auspica di non appesantire troppo la vita dei fedeli.
Dunque dove si coglie scandalo da queste riflessioni del Papa al punto da gettarle in pasto ai lettori di giornali e agli internauti? 

Singolare è poi l’accusa al Papa di aver detto che la Vergine Maria non è una postina

Un’affermazione colorita ma efficace, che non offenderà di certo la Madre di Gesù e Madre nostra, per far comprendere a tutti che la presenza di Maria in questo tempo non deve essere vissuta con la trepidante attesa dei messaggi , per cercare in essi chissà quale rivelazione sul presente e sul futuro; per scoprire quale sarà la prossima calamità che colpirà il nostro mondo e magari tirare un sospiro di sollievo in un tripudio di puro egoismo, perché non tocca ancora a noi piccoli, insignificanti esseri, ma ai nostri vicini. 
I messaggi di Maria sono tutti rivolti all’umanità intera e sono sempre un pressante, accorato , materno invito al pentimento, alla conversione e alla preghiera. 
Anche a Fatima, dove Maria comunicò in segreto di importantissimi avvenimenti, il motivo dominante dei messaggi era la conversione e la preghiera. 
Non si deve spettacolarizzare la Presenza della Santa Madre per evitare di banalizzare i suoi inviti e le sue preghiere per tutti noi, e non si deve dimenticare che la sua presenza è sempre un’immensa grazia che il Signore ci concede, in questo tempo di grazia che stiamo vivendo grazie all’immenso sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo.  
La Chiesa con Papa Francesco, continua sul solco indicato dai precedenti Pontefici, e grazie al suo impulso alimentato da una delicata e intensa devozione verso la Vergine Maria, e da un amore senza limiti verso il Signore, ha innestato una marcia potente che la proietta non in avanti, ma paradossalmente e necessariamente all’indietro, alla ricerca di quella semplicità tanto cara a Gesù, vero Dio e vero Uomo, che indicò nella semplicità dei bambini i veri protagonisti a cui guardare e ispirarsi nel segno dell’amore, dell’innocenza e della purezza per incontrare il Signore e godere del suo immenso amore.
Sono in corso i lavori di un importante Sinodo straordinario dei Vescovi sulla famiglia, voluto dal santo Padre, e c’è da aspettarsi altro che tuoni e fulmini da parte sia di esponenti della Chiesa, sia di intellettuali di varia estrazione. 
Preghiamo lo Spirito Santo perché illumini tutti con un vero e santo discernimento, perché ci sono ancora tanti cagnolini di varie razze che si nutrono delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni.
Sant’Agostino in suo memorabile sermone disse “ … La Chiesa è interiore ed esteriore : molti sembrano dentro , invece sono fuori ; molti sembrano fuori , invece son dentro … “.
Intanto cresce spasmodica l’attesa per questo nuovo libro che di certo farà rumore e tante faville e porterà lauti guadagni!