31 agosto 2013

Non vi preoccupate, il Paradiso è un posto bellissimo


Storia di Francesca Pedrazzini, una mamma che a 38 anni ha lasciato il marito e tre bambini. Il modo in cui ha affrontato la sofferenza e la morte ha convertito tanti e dimostrato che con Gesù anche la morte può essere strada alla vita

Può un funerale essere come un matrimonio? Può una bambina chiedere che il funerale della mamma sia una festa? Può una mamma che sta per morire, parlare con i suoi bambini e insegnare loro ad avere fede perché Gesù è buono e lei li vedrà e curerà dal cielo? Può una donna che sta per lasciare il marito ed i suoi bambini fare festa con gli amici in ospedale?

Questo e altro ha fatto Francesca Pedrazzini, moglie e madre di 38 anni, salita in cielo dopo trenta mesi di combattimento con un tumore che l’ha uccisa.

La sua vicenda ed il suo modo di affrontare il dolore e la morte così straordinariamente eroico sono stati raccontati nel libro di Davide Perillo, Io non ho paura, pubblicato dalle edizioni San Paolo.

Ha narrato il marito Vincenzo Casella, il 21 agosto, nel corso di un incontro al Meeting di Rimini, dopo una serie di visite e esami, il 17 agosto 2012 la dottoressa lo prende da parte e gli dice “potrebbe essere questione di giorni. Al massimo qualche settimana”.

E lì Vincenzo viene preso dall’angoscia: “Dirglielo? E come? E i bambini? E se poi crolla? Forse è meglio tacere per tenerla su di morale…”.

Vincenzo chiede alla dottoressa, che gli confessa: “Guardi io sono una mamma. Se toccasse a me, vorrei sapere. Per decidere cosa fare con i miei bimbi”.

Ma Francesca ha già capito. Chiama Vincenzo vicino al suo letto, lo guarda con una tenerezza grande.

“Vincè – gli dice – io sono tranquilla. Non ho paura perché c’è Gesù”.

“Ma non sei triste?”, le chiede Vincenzo, e lei: “No, non sono triste. Sono certa di Gesù. Anzi sono curiosa di quello che il Signore mi sta preparando. Mi spiace solo che la tua prova è più grande della mia. Sarebbe stato meglio il contrario…”.

“E’ vero. Soprattutto per i bimbi”.

Francesca mostra una serenità ed una forza straordinaria. Chiede di vedere i figli: Cecilia di 11 anni, Carlo di 8 e Sofia di 4.

Li vede uno per volta per 15 minuti e gli dice: “Guardate, io vado in Paradiso. E’ un posto bellissimo, non vi dovete preoccupare. Avrete nostalgia, lo so. Ma io vi vedrò e vi curerò sempre. E mi raccomando, quando vado in Paradiso dovete fare una grande festa”.

Vincenzo era lì e la guardava con gli occhi spalancati, senza parole.

“Ha fatto una cosa – ha spiegato – che vale cinquant’anni di educazione di una mamma”.

Così accade che il taxista che accompagna una amica al funerale di Francesca non ci voleva credere. Era sceso a domandare pensando che la cliente avesse sbagliato chiesa: “Ma davvero c’è un funerale qui? No, sa, tutta questa gente elegante, le facce… Io pensavo a un matrimonio”.

Quando Mariachiara, la mamma di Francesca, aveva parlato con la dottoressa che la curava, questa le ha detto: “Una fede come quella di sua figlia non l’ho mai vista. Mi sarebbe piaciuto conoscerla un po’ di più. Le chiedo un piacere: se può, le dica che quando sarà in Paradiso si ricordi dell’ultimo medico che l’ha curata”.

E Gianguido che aveva partecipato ai funerali, ha raccontato: “Sono rimasto impressionato dal funerale della Chicca (diminutivo in cui veniva chiamata Francesca, ndr). Io non credo in Dio. Ma non si può negare che lì c’era qualcosa. Qualcosa di straordinario che io non so spiegare”.

Due zii di Francesca, lui ingegnere, lei bibliotecaria all’università di Pisa, sposati da 33 anni erano 40 anni che non andavano in Chiesa. Poi, saputo della malattia di Francesca, hanno iniziato a pregare. Hanno vissuto tutto il tragitto di Francesca dalla sofferenza alla morte. Ed hanno ritrovato la fede. Alla domanda chi è Francesca per voi, hanno risposto: “Un esempio, un faro. Un desiderio di essere così, un segno di croce tutte le mattine”.

Un uomo aveva una parente in ospedale negli stessi giorni di Francesca, malata terminale come lei. Una sera rimane stupito perché vede nella camera di Francesca una tavolata di persone che mangiano la pizza, scherzano e ridono.

All’inizio si irrita, perché non può essere, poi viene contagiato dalla gioia di quelle persone. Ha raccontato: “Qualcosa come un inno alla vita mi entrava nel cuore, nell’anima e nella mente”.

Al termine della pizza i presenti pregano insieme, e solo al momento dei saluti quell’uomo capisce chi è l’ammalata: è l’unica che rimane in ospedale.

Nel libro, Io non ho paura quest’uomo racconta che l’immagine di quella donna di 38 anni madre di tre bambini, che si appresta a lasciare consapevolmente il mondo, sorridente e divertita di fronte ad una pizza con intorno i propri cari è come se gli avessero piantato “un chiodo nel cuore. Un chiodo come un seme che ha fatto germogliare una pianticella che è e sarà il mio inno alla vita”.

Un’amica che ha incontrato Vincenzo al bar gli ha detto: “Francesca mi ha colpito per il commosso coraggio con cui ha abbracciato la croce, per essere in Paradiso. Questa roba da Santi e di Santi abbiamo bisogno, in questa ordinaria vita comune. Francesca ha sofferto ma ha anche scommesso su Dio. E in ciò è la sua grandezza semplice, da madre e da sposa. Non siamo soli. Non saremo mai soli. Per questo Francesca non aveva paura”.

Lorenza, amica della famiglia di Vincenzo, gli ha girato un tema fatto dalla figlia Letizia di 13 anni.

Le era stato chiesto di fare un tema su “una persona che ti ha fatto crescere”.

Lorenza ha scritto: “la persona che non dimenticherò mai è la mamma di tre bambini con cui andavamo in vacanza da piccoli. (…) è mancata a soli 38 anni. L’avevo incontrata al mare ed in montagna. Era contenta e allegra, era forte”.

Steve Jobs citava un poeta che diceva “vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo” e Lorenza ha commentato, forse Francesca non aveva mai sentito queste parole, “ma viveva ogni secondo in modo speciale, un modo che mi ha cambiato le vacanze e ora penso, la vita”.

“Per me – conclude Lorenza - è stata una grande testimonianza, (…) mi ha fatto capire di vivere la vita, viverla veramente secondo per secondo, e ora quando penso a lei mi chiedo se sto dando tutto quello che posso dare”.

Alcuni hanno detto a Vincenzo: “Scusa se ti facciamo parlare di Francesca, lo sappiamo che è dura perché ogni volta la ferita si riapre”.

E Vincenzo ha risposto: “Molti pensano che per superare bisogna dimenticare, ma per me è l’esatto contrario: più ripercorro quella esperienza più mi da pace”.

http://www.zenit.org/it/articles/non-vi-preoccupate-il-paradiso-e-un-posto-bellissimo

Uganda. Sono mille i morti della setta religiosa

E' arrivata alla cifra ufficiale di mille in Uganda la macabra conta dei morti della setta del “Rinnovamento dei dieci comandamenti di Dio”, ma - ha detto oggi la vice presidente Specioza Kazibwe - il bilancio potrebbe ancora aumentare, una volta portate alla luce altre fosse comuni di quella che le autorità sono sicure si tratti di una serie di omicidi di massa senza precedenti.

Kanungu, 2 Aprile
E' arrivata alla cifra ufficiale di mille in Uganda la macabra conta dei morti della setta del “Rinnovamento dei dieci comandamenti di Dio”, ma - ha detto oggi la vice presidente Specioza Kazibwe - il bilancio potrebbe ancora aumentare, una volta portate alla luce altre fosse comuni di quella che le autorità sono sicure si tratti di una serie di omicidi di massa senza precedenti.

La vice presidente e vari ministri hanno partecipato oggi a una cerimonia interconfessionale - con religiosi cattolici, protestanti e musulmani - organizzata in memoria delle vittime a Kanungu, il remoto villaggio nel sud ovest del paese dove il dramma è cominciato, il 17 marzo scorso con la morte di circa 500 persone in tempio della setta: bruciate vive, strangolate, avvelenate o fatte a pezzi.

Nei giorni seguenti altre centinaia di cadaveri - in buona parte donne e bambini - sono stati ritrovati in fosse comuni scoperte in un raggio di poche decine di km da Kanungu, in proprietà e case della setta del profeta Joseph Kwibetere, ex fervente cattolico e della sua ispiratrice Credonia Mwerinda.

"Io credo che i capi siano ancora vivi", ha detto la signora Kazibwe, chiedendo un aiuto internazionale per scovarli e catturarli. "Adesso - ha aggiunto - hanno cominciato a fare proselitismo in Tanzania e Kenya e abbiamo iniziato a investigare se abbiano collegamenti con l'Europa".

Parte delle vittime pare fossero cittadini del Ruanda e del Congo (ex Zaire), dai cui confini non dista la regione dei massacri, una delle piu' povere e isolate dell'Uganda. "E' un posto remoto - ha detto la Kazibwe - è molto facile, in uno stato di confusione, essere portati in un luogo simile e credere, se qualcuno lo dice, che la fine del mondo sia vicina".

Gli adepti del movimento erano spinti - proprio in previsione della fine del mondo - a vendere i loro beni e donarne poi il ricavato alla setta. Ma quando l'Apocalisse non è giunta il 31 dicembre 1999, molti seguaci hanno cominciato a chiedere la restituzione del loro denaro, innescando un massacro il cui bilancio ha ormai superato quello del 'Tempio del popolo' in Guyana, in cui perirono nel 1978 oltre 900 adepti della setta.

Alla cerimonia odierna a Kanungu erano presenti centinaia di persone, fra cui molti parenti delle vittime. Ed è stata portata alla tribuna la ex moglie Theresa, come simbolo "di coloro che hanno respinto la setta".

La polizia ugandese ha intanto indicato che sta cercando di compilare una lista delle vittime, mentre si appresta a scavare in altri siti sospettati di celare fosse comuni, e proseguono le ispezioni alle case e i luoghi usati dalla setta.


30 agosto 2013

Schiavismo "cristiano"...


Inizialmente i predicatori cristiani, Battisti e Metodisti, si lanciarono contro la schiavitù,
incoraggiando i padroni di schiavi a liberare i loro servi, convertendo sia schiavi neri che neri liberi al cristianesimo, dandogli anche ruoli attivi nelle funzioni religiose. Ma con il passare del tempo e la diffusione sempre più grande della schiavitù negli Stati del sud i predicatori cominciarono a cambiare i loro messaggi, appoggiando le istituzioni in questa pratica, con i sudisti che dopo il 1830 si rifiutavano categoricamente di affrontare l'argomento riguardo alla moralità della schiavitù.

Teorizzavano la compatibilità tra cristianesimo e schiavitù citando una moltitudine di passi della Bibbia sia del vecchio che del Nuovo Testamento.

Gli schiavi del sud solitamente assistevano alle funzioni religiose dei bianchi, dove venivano fatti sedere nelle ultime file o sulle balconate della chiesa, ascoltando un predicatore bianco che enfatizzava quanto fosse giusto e saggio che gli schiavi rimanessero al loro posto al servizio dei padroni, riconoscendo i servitori sì come esseri umani, ma ricordando che erano comunque proprietà privata. Gli stessi predicatori, almeno, richiamavano gli schiavisti sulla responsabilità che avevano nei confronti delle loro proprietà, incoraggiandoli ad avere un atteggiamento paternalistico con i loro servitori, e di non ricorrere alla violenza per imporre loro la disciplina, ma di diffondere tra di essi la cristianità come esempio.
Gli schiavi stessi crearono le loro funzioni religiose, incontrandosi in gruppo con la sorveglianza dei loro padroni e dei predicatori bianchi. I coltivatori che avevano un numero di schiavi pari a venti unità o più permettevano incontri di gruppo durante la notte insieme ad altri schiavi provenienti dagli altri campi. Queste congreghe ruotavano intorno alla figura di un predicatore singolare, quasi analfabeta e con limitate conoscenze teologiche, ma che aveva spiccate capacità di far crescere la spiritualità delle comunità degli schiavi. Eredità tramandata fino ad oggi di queste funzioni segrete è la musica Spiritual.

http://it.wikipedia.org/wiki/Schiavitù_negli_Stati_Uniti_d'America#Religione

Chiesa e colonialismo


In passato, ma ancora oggi, la Chiesa cattolica riceve accuse e critiche per non essersi opposta
energicamente al movimento colonizzatore europeo e alle brutalità commesse dai colonialisti, in particolare da quelli spagnoli e portoghesi nelle Americhe. Ma, mentre alcuni storici avanzano questa invettiva, molti altri sottolineano come...


IN REALTÀ LA CHIESA SIA STATA L’UNICA ISTITUZIONE AD AVER ALZATO LA VOCE IN DIFESA DEGLI INDIGENI.

Parlando del colonialismo, ad esempio, il sociologo e storico Rodney Stark ha affermato: «lo spirito dei tempi era -con l’eccezione della Chiesa cattolica- favorevole alla tratta degli schiavi» (R. Stark, For the Glory of God, Princeton University Press 2003, pag. 359). Purtroppo la Riforma protestante (1517) indebolì fortemente la Chiesa, la quale non era più riconosciuta autorevole dagli Stati, dai re e dai poteri politici ed economici, così la sua condanna dello schiavismo fu ignoranta ed esso dilagò divenendo un pilastro dell’economia mondiale (nella parte orientale del globo il commercio di schiavi era gestito dagli arabi-musulmani)

Il grande storico americano, Eugene D. Genovese, fra i massimi esperti di schiavismo americano, ha scritto: «Il cattolicesimo ha impresso una profonda differenza nella vita degli schiavi. E’ riuscito a creare un’etica nuova ed autentica nella società schiavista americana, brasiliana e spagnola»[1]. Tuttavia le accuse sono queste: 1) La avrebbe spinto le potenze coloniali nel movimento di scoperta di nuovi popoli, è riconosciuto che non rifiutasse lo sfruttamento della popolazione ma il suo obiettivo era l’evangelizzazione. 2) La diffusione del credo cattolico con ogni metodo fu a volte utilizzato come giustificazione per eccidi di indigeni inermi da parte dei colonialisti, alcune volte anche esponenti della chiesa stessa


LA CHIESA CATTOLICA, L’UNICA ISTITUZIONE AD AVER ALZATO LA VOCE IN DIFESA DEGLI INDIGENI CONTRO IL COLONIALISMO


1. DUE PREMESSE IMPORTANTI

1) Evangelizzazione Nuovo Mondo. E’ sicuramente vero che la Chiesa tentò di condizionare il colonialismo per creare un’etica di aiuto e sostegno, invece che di depauperamento dei territori e delle popolazioni colonizzate. Però, troppo spesso purtroppo, è anche corretto ricordare che il messaggio cristiano venne imposto e non proposto, e questa fu senz’altro la colpa maggiore. Un torto, comunque, in parte giustificato dal fatto che i colonizzatori europei trovarono popolazioni totalmente sottomesse al capriccio dei loro pretenziosi e crudeli dei. E’ stato dimostrato, ad esempio, che il popolo Azteco smise di praticare sacrifici umani o altre forme autoctone di culto proprio grazie alla conversione cristiana di molti dei suoi membri (inizialmente, forzata o meno che fosse)[3], mentre in Paraguay, l’arrivo dei missionari permise ai Guarani, di progredire civilmente e abbandonare l’Età della Pietra, le carestie e le guerre pressoché ininterrotte con conseguente sterminio degli abitanti del villaggio sconfitto: si praticava infatti il cannibalismo rituale. In meno di tre generazioni gli indigeni, grazie al cristianesimo, passarono da un livello di vita estremamente primitivo ad uno stadio di civiltà piuttosto elevato[4]. Anche in Messico i missionari fornirono benessere alle popolazioni mediante l’istituzione di scuole e ospedali ed insegnarono agli indiani metodi di allevamento migliori, aumentando l’aspettativa di vita[5]. In California diffusero la dottrina cristiana tra gli indigeni locali ed introdussero il bestiame europeo, frutta, verdura e l’industria. Migliorarono anche la modalità di trasporto e crearono reti sociali decisamente civilizzate[6]. La conversione cristiana, anche forzata, era dunque vista -e infatti si rivelò tale- come la condizione essenziale per abbandonare comportamenti disumani e raggiungere un più alto livello di civiltà.

2) Paesi “cattolici”. Molto spesso, il fatto che paesi colonizzatori come Spagna, Francia, Portogallo ecc.. fossero ritenuti “cattolici”, ha portato molti a rivolgere le accuse alla religione piuttosto che verso la politica dei sovrani laici. Eppure molti storici, come ad esempio Rodney Stark della Baylor University o lo studioso britannico Owen Chadwick, hanno spiegato che dipingere i poteri politici sottomessi al volere dei vescovi è una classica falsità storica nata in ambito protestante (come tante altre). Anche negli stati non riformati, la Chiesa aveva poca voce in capitolo e i sovrani aderivano formalmente al cattolicesimo perchè avevano già imposto al papa delle condizioni a loro molto favorevoli. Ad esempio il Concordato di Bologna (1516) concedeva al re francese Francesco I il diritto di designare tutte le alte cariche della Chiesa, ottenendo così il completo controllo delle propietà e delle rendite della Chiesa. In Spagna, Ferdinando e Isabella ottennero lo stesso privilegio e riuscirono a far concordare il papa sull’illegalità della pubblicazione delle sue bolle e dei suoi decreti senza il previo consenso reale o dei possedimenti del regno. Sotto Carlo V la subordinazione della Chiesa crebbe ancora di più e il re ottenne anche un terzo delle decime pagate alla Chiesa. «Questi accordi -scrive Stark- svolsero un ruolo fondamentale nel far rimanere cattoliche Spagna e Francia, ma resero la Chiesa dipendente dallo Stato. Ciò ebbe disastrose consegueze quando il papa cercò di prevenire l’introduzione della schiavitù nel Nuovo Mondo»[7].


————- ————–

2. PRE-COLONIALISMO: LA CHIESA ABOLI’ LA SCHAVITU’ IN EUROPA

Già nel VI secolo la Chiesa e numerosi suoi membri cominciarono ad opporsi alla schiavitù. Nel VII ricordiamo San Batilde (626-680), prima moglie del re Clodoveo II e poi religiosa e fondatrice di diversi conventi, nota per la sua campagna contro il commercio degli schiavi e per la loro liberazione. Grazie a lei scomparse la schiavitù nei regni dei Franchi e venne abolita la tassa personale sugli abitanti di origine gallica[8]. Nell’ 851 d.C., San Oscar di Brema (801–865), monaco benedettino, si battè nei paesi scandinavi per fermare la tratta degli schiavi perpretata dalle popolazioni vichinghe[9]. Per la fine del X secolo la Chiesa riuscì comuque ad eliminare la schiavitù in gran parte d’Europa: estese a tutti gli schiavi i sacramenti e fece in modo di far proibire la schiavitù per cristiani ed ebrei, tanto da ottenerne un’abolizione totale nelle terre dei re cristiani[10]. Altrove invece continuò a permanere. Nel 1235, con la bolla Devotionis Vestrae, il papa Gregorio IX (1170-1241) approvò l’Ordine di Santa Maria della Mercede, i cui obiettivi principali erano la liberazione degli schiavi prigionieri dei musulmani: circa 52.000 uomini vennero riscattati attraverso l’esborso di enormi somme di denaro[11].


————- ————–

3. 1430, IMMEDIATE OPPOSIZIONI AL COLONIALISMO: EUGENIO IV E PIO II

Successivamente però, intorno al 1430, la schiavitù ritornò anche in Europa: gli spagnoli colonizzarono le isole Canarie e cominciarono ad asservire la popolazione locale. Informato di questi fatti, papa Eugenio IV (1383-1487) indirizzò subito alle autorità religiose locali la bolla “Sicut Dudum”(1435) con la quale, in modo netto e senza ambiguità, condannò la schiavitù delle popolazioni indigene e, sotto pena di scomunica, concesse a chi era coinvolto nello schiavismo, 15 giorni dalla ricezione della bolla, per «riportare alla precedente condizione di libertà tutte le persone di entrambi i sessi una volta residenti delle dette Isole Canarie, queste persone dovranno essere considerate totalmente e per sempre libere («ac totaliter liberos perpetuo esse») e dovranno essere lasciate andare senza estorsione o ricezione di denaro»[12].

Nel 1462, anche papa Pio II (1405-1464), riferendosi al governatore locale delle Isole Canarie, condannò il commercio degli schiavi considerandolo «un grande crimine» («magnum scelus»)[13].


————- ————–

4. 1500-1900: LA CHIESA IN DIFESA DEGLI INDIGENI

Dal 1500 in poi la storia è costellata di uomini, pontefici, vescovi e sacerdoti cattolici che usarono la loro vita per difendere le popolazioni indigene e creare un’etica morale nei colonizzatori. Ne elenchiamo solo alcuni:

De Montesinos. Nel 1510, il frate domenicano Antonio de Montesinos (1475-1540), fu assieme a frate Pedro de Córdoba (1482-1521) uno dei primi religiosi ad essere spedito nel Nuovo Mondo, approdando sull’isola di Hispaniola. Ben presto venne a conoscenza della condizione degli indiani e del trattamento disumano ricevuto da parte dei coloni e decise così di denunciare immediatamente e pubblicamente tutte le forme di riduzione in schiavitù e l’oppressione dei popoli indigeni delle Americhe[14]. Sono rimasti famosi i suoi sermoni del 21 e 28 dicembre 1511: «Allo scopo di farvi conoscere i vostri peccati contro gli Indiani sono venuto su questo pulpito, io che sono la voce di Cristo che grida nel deserto di quest’isola e perciò dovete ascoltarla. Questa voce dice che voi siete in peccato mortale, che voi vivete e morite nel peccato mortale, a causa della crudeltà e della tirannia che voi usate nel trattare con queste genti innocenti. Ditemi, per quale diritto o giustizia tenete questi Indiani in tale crudeltà e orribile schiavitù? Sulla base di quale autorità avete dichiarato una guerra detestabile a questa gente, che viveva tranquillamente e pacificamente nella propria terra? Quanta conoscenza avete voi conquistatori sulla dottrina e sul Dio creatore? Sul battesimo, sul partecipare alla messa e santificare le feste e la domenica? Non sono uomini questi? Non hanno anime razionali? Non siete tenuti ad amarli come amate voi stessi?”State certi che in questo stato non potete salvare nessuno e nemmeno mantenere la fede in Gesù Cristo»[15]. Le forti accuse, il rimprovero verso un comportamento anti-cristiano e la rivendicazione della responsabilità cristiana causarono forte disagio nei conquistatori e nei funzionari che erano presenti, tra cui il governatore Diego Colombo. In molti reagirono contro i monaci, impedendo loro di pronunciarsi nuovamente su questi temi e chiedendo di ritrattare pubblicamente le dichiarazioni. Accadde anche, però, che uno dei più arrabbiati amministratori presenti, Bartolomé de Las Casas, venne così profondamente colpito da questi sermoni che optò per una vera conversione e divenne il primo ecclesiastico a prendere gli ordini sacri nel Nuovo Mondo. Las Casas diventò nel tempo uno dei più attivi difensori dei diritti dei popoli indigeni d’America[16], ma ne parleremo più sotto.

Il re Ferdinando II d’Aragona, invece, scoperto l’accaduto si lamentò duramente con la congregazione dei domenicani in Spagna e chiese sanzioni per i religiosi sull’isola, minacciando perfino di espellerli. Nel frattempo ai frati vennero negati i mezzi di sussistenza. Nonostante le intimidazioni i Domenicani non si fermarono, sostenendo che la loro dottrina era il risultato dello studio della verità e della lettura del Vangelo. Il re arrivò così ad annunciare che nessun religioso avrebbe più messo piede sull’Isola[17]. De Montesinos decise di tornare nuovamente in Spagna col proposito di informare le autorità reali sulla vera situazione dei popoli indigeni e sui motivi che lo avevano spinto a predicare così duramente. Re Ferdinando ordinò al suo Consiglio di esaminare approfonditamente le questione e convocò una comissione di teologi e giuristi (il “Consiglio di Burgos”). I frutti di questo studio furono la promulgazione della Leggi di Burgos (1512), primo codice di ordinanze per la protezione delle popolazioni indigene (verrà rispettato molto poco), nel quale si prevedeva che il re di Spagna aveva titoli di padronanza del Nuovo Mondo, ma senza il diritto di sfruttare l’indiano, il quale era un uomo libero e poteva possedere sue proprietà. Si limitarono inoltre le richieste lavorative che i coloni spagnoli potevano avanzare, le donne in gravidanza furono esentate dal lavoro, fu proibita ogni tipo di punizione, si obbligò al rispetto delle autorità locali, aumentarono le condizioni igieniche ecc. Si ordinò anche l’obbligo di catechizzare gli indios e venne condannata la bigamia. Come già detto, quest’obbligo era dovuto sopratutto a causa dei cruenti riti sacrificali che gli indigeni praticavano continuamente a causa della loro religione, con tanto di cannibalismo e incisione delle vertebre dei bambini[18]. Per perpetuare la memoria di frate De Montesinos e ricordare la sua lotta per la giustizia per gli indigeni del Nuovo Mondo, venne creata una grande statua in suo onore nella città di Santo Domingo (Repubblica Dominicana)[19]

Paolo III. Il 2 giugno 1537, papa Paolo III (1468-1549), scontrandosi con le autorità laiche, emanò la memorabile bolla Veritas Ipsa, con la quale spazzò via tutti gli appetiti schiavistici sulle popolazioni del Nuovo Mondo, proclamando che “Indios veros nomine esse” e scomunicando tutti coloro che ridurranno in schiavitù gli indios o li spoglieranno dei loro beni (in realtà lo fece già nella lettera al Cardinale di Toledo del 29 maggio 1537). Condannò le tesi razziste, riconobbe agli indiani, cristiani o no, la dignità di persona umana, e avanzò il divieto di ridurli in schiavitù. Il papa definì i coloni dei “violenti” e i portatori di potenti interessi coloniali addirittura «manutengoli di Satana, desiderosi di soddisfare la loro avidità, e costringere gli Indios occidentali e meridionali e altri popoli, che ci sono venuti a conoscenza in questi ultimi tempi, a servirli come fossero animali bruti, sotto il pretesto che non hanno la fede. Con l’autorità apostolica e attraverso questo documento stabiliamo e dichiariamo che i predetti Indios, e tutti gli altri popoli, anche se non appartenenti alla nostra religione, non si possono privare della libertà e del dominio della loro proprietà, e che è lecito ad essi godere della loro libertà e dei loro beni e acquisirne, né che si debbono ridurre in schiavitù. Se qualche cosa sarà fatta in contrario dichiariamo nulla e invalida alla detta fede in Cristo»[20]. Gli storici ritengono che la bolla abbia avuto un forte impatto sul “dibattito di Valladolid” e che questi principi divennero la posizione ufficiale di Carlo V del Sacro Romano Impero e re di Spagna[21]. Secondo molti studiosi la bolla di Paolo III servì ed ebbe l’effetto di annullare tre bolle precedenti, quelle di papa Niccolò V, la “Dum Diversas” (1453) e la “Romanus Pontifex (1455) e quella di papa Alessandro VI, la “Inter Caetera” (1493), attraverso le quali si autorizzavano formalmente le conquiste coloniali e la schiavitù[22]. Questi pontefici, comunque, fecero vergognare la Chiesa anche per molte altre azioni immorali, contro la tradizione cristiana, il celibato sacerdotale e la dottrina della Chiesa stessa. Vennero presto dimenticati e le loro tombe praticamente ignorate.

Francesco da Vitoria. Frate Francesco da Vitoria (1492-1546) si preoccupò subito di elaborare le basi teologiche e filosofiche in difesa dei diritti umani delle popolazioni indigene colonizzate, divenendo così uno dei fondatori del “diritto internazionale” che regola i rapporti tra le nazioni[23] e fondatore della filosofia politica globale[24]. Vennero così consolidati i diritti degli indios, tra i quali la nativa libertà, la loro dignità umana, la capacità giuridica e il diritto di rifiutare la conversione. Le sue opinioni (e quelle del vescovo Las Casas) vennero ascoltate da un tribunale spagnolo nel 1542 e vennero così promosse le Leyes Nuevas (1542), che misero gli indiani sotto la diretta protezione della Corona (ne parleremo più sotto).

Bartolomé de Las Casas. Il vescovo cattolico spagnolo Bartolomé de Las Casas (1484–1566) è stato ufficialmente nominato “Protettore degli Indios”[25]. Tascorse infatti 50 anni della sua vita a combattere attivamente la schiavitù e l’abuso violento dei colonizzatori verso le popolazioni indigene. In particolare cercò di convincere le autorità spagnole ad adottare una politica più umana di colonizzazione. I suoi sforzi hanno portato diversi miglioramenti dello status giuridico degli indigeni e una maggiore attenzione sull’etica del colonialismo. Las Casas è spesso visto come uno dei primi sostenitori dei diritti universali dell’uomo[26]. Subito dopo la conversione, avvenuta -come già accennato- ascoltanto i sermoni di frate Antonio di Montesinos a favore della libertà e dignità degli Indios nel Nuovo Mondo, entrò nel 1515 nell’ordine domenicano ed iniziò immediatamente la sua instancabile battaglia a favore degli indigeni: condannò senza eccezioni il colonialismo, il sistema dell’encomienda e l’espansionismo degli europei, viaggiò nelle terre americane e attraversò molte volte l’oceano per portare in Spagna le sue proteste. Nei suoi testi, Las Casas offre una puntuale descrizione delle qualità fisiche, morali e intellettuali degli indios, finalizzata alla difesa dell’umanità degli abitanti del Nuovo Mondo, contro la tesi della loro irrazionalità e bestialità avanzata da altri suoi contemporanei, soprattutto di cultura umanista[27]. Condannò la violenza e l’imposizione, ma non la proposta, del cristianesimo. Anzi, proprio dal cristianesimo Las Casas trasse quella spinta universalistica e quell’idea dell’uguaglianza di tutti gli uomini che ne animano l’opera e che lo spingeranno a denunciare anche le violenze dei portoghesi in terra d’Africa[28]. Il religioso riuscì ad influenzare l’imperatore Carlo V, il quale -lo abbiamo già detto- promulgò le Leyes Nuevas (1542): divieto di schiavizzare gli indiani e abolire l’encomienda, buon trattamento degli indiani, divieto di lavorare senza la propria volontà e senza il risarcimento dovuto ecc. Quando poi sostanziosi numeri di schiavi africani vennero introdotti nelle regioni spagnole del Nuovo Mondo -ha spiegato lo storico Anthony Gill dell’Università di Washington-, vescovi locali riuscirono a far accettare alla corte spagnola il Còdigo Negro Espanol (Codice Nero Spagnolo, o anche The Black Code), che mitigò in gran parte le effettive condizioni di schiavitù[29]. Entrambe queste azioni crearono comunque forti conflitti tra autorità civili e religiose. I successori di Las Casas, nominati “Protettori degli Indios”, furono: il frate domenicano Julián Garcés (1452-1542), il vescovo Francisco Marroquín (1499-1563), Hernando de Luque (1483-1532) ecc[30]. L’opposizione della Chiesa e dei suoi vescovi riuscì a porre fine all’impudente schiavitù dei nativi, anche se sopravvissero molte pratiche di sfruttamento.

Gregorio XIVI. In un decreto datato 18 aprile 1591, papa Gregorio XIV (1535-1591) ordinò che i nativi delle Filippine, costretti in schiavitù dagli europei, fossero lasciati liberi e, sotto pena di scomunica, comandò che si interrompesse la tratta degli schiavi[31].

Ordine della Santissima Trinità. Nel 1599, papa Clemente VIII (1536-1605) approvò la Congregazione dei fratelli riformati e scalzi dell’Ordine della Santissima Trinità, istituita per osservare la Regola di San Giovanni di Matha in tutto il suo rigore. Giovanni di Matha (1150-1213) fondò infatti nel XII° secolo un nuovo progetto di vita religiosa nella Chiesa, concentrandosi sull’opera di liberazione dalla schiavitù, in particolare il riscatto dei cristiani caduti prigionieri dei mori (il nome per intero è Ordine della Santissima Trinità e redenzione degli schiavi). L’ordine esiste ancora oggi e da quando è stato fondato ha riscattato circa 900.000 schiavi. I trinitari nel XVI e XVII secolo riuscirono anche a costruire degli ospedali per gli schiavi a Tunisi e ad Algeri[32].

Battaglia di Mbororè: Gesuiti e Nativi contro i colonialisti europei. Dopo la fondazione del Collegio di San Paolo di Piratininga nell’attuale Brasile (1554), che originò il nucleo attorno al quale sarebbe sorta la città di San Paolo, arrivarono dall’Europa avventurieri, disertori e naufraghi per sfruttare a fondo il nuovo territorio. Il bisogno di manodopera a basso costo crebbe notevolmente e i coloni cominciarono ad organizzare delle bandeiras, cioè vere e proprie spedizioni per catturare schiavi indigeni. Si spinsero fino nell’attuale Paraguay, proprio mentre i padri Gesuiti iniziavano la loro opera di evangelizzazione degli indios guaraní. Lo scopo delle missioni, chiamate “riduzioni”, era quello di creare una società con i benefici e le caratteristiche della società cristiana europea, però priva dei vizi e degli aspetti negativi. In meno di tre generazioni gli indigeni delle “Riduzioni” si svilupparono enormemente (come abbiamo già detto all’inizio). I nativi erano liberi da ogni servitù, vennero create chiese, case per le vedove e gli orfani e scuole. Il governo civile era gestito dagli indigeni stessi, mentre l’amministrazione della giustizia restava a carico dei gesuiti. I reati erano rari e di conseguenza le pene minime. Non si ricorreva quasi mai alla prigionia o a condanne all’esilio, ritenuta la somma disgrazia. Ogni famiglia riceveva un terreno, ereditario, che forniva il sostegno principale, le altre aree erano “proprietà di Dio” i cui frutti spettavano alla comunità. Nei villaggi i missionari introdussero nuove tecniche di agricoltura e di allevamento del bestiame, insegnarono elementi di architettura, scultura, pittura, incisione, poesia, musica, teatro, oratoria e scienze. L’educazione laica e religiosa era considerata indispensabile. I Gesuiti migliorarono la lingua guaranì creando una scrittura con caratteri latini e produssero opere letterarie. Una buona parte degli indigeni fu alfabetizzata in guaranì, castellano e latino. Vennero stampati calendari, tavole astronomiche e spartiti[33].

Tra il 1628 e il 1631 i capi bandeirantes ordinarono diverse incursioni nelle missioni del Guayrá catturando migliaia di schiavi (vennero uccisi o schiavizzati almeno 60.000 indios battezzati). Le incursioni lasciarono una scia di esodi di intere città, migliaia di morti, famiglie distrutte, orfani, vedove e carestie e per i padri gesuiti e i principali cacique (capi tribù dei nativi) non poteva esistere altra soluzione che quella di organizzare una resistenza armata[34]. Nel 1638 i padri Antonio Ruiz de Montoya e Francisco Díaz Taño partirono per la Spagna con l’obbiettivo di informare re Filippo IV dei drammatici eventi accaduti nelle missioni. Il sovrano rispose inviando una Cedola Reale (21 maggio 1640) con la quale permise ai guaraní di usare armi da fuoco per la propria difesa. I Gesuiti fornirono anche istruzione militare agli indigeni, grazie a religiosi ex militari (Juan Cárdenas, Antonio Bernal e Domingo Torres), formando così un vero e proprio esercito “missionario” di 4.000 elementi armati ed addestrati. Le truppe guaraní attaccarono i bandeirantes a Caazapaguazú, facendoli fuggire precipitosamente[35]. Intanto padre Francisco Díaz Taño, reduce dalle sue ambasciate a Madrid e a Roma, tornò con la bolla pontificia Commissum Nobis (1639) di Urbano VIII, che condannava duramente le bandeiras e il traffico di indigeni (ne parleremo sotto). Ciò comportò la reazione della Camera Municipale di San Paolo, che espulse tutti i gesuiti della città ed organizzò un’ulteriore spedizione contro gli Indios. I missionari crearono un esercito ancora più numeroso, attrezzato ed organizzato. Le forze bandeirantes attaccarono l’11 marzo 1641, nella cosiddetta battaglia di Mbororé, ma si trovarono di fronte un esercito enorme. Si ritirarono definitivamente e la vittoria consolidò le riduzioni gesuite e frenò l’avanzata colonialista portoghese[36].

Urbano VIII. Nel 1639, come abbiamo già detto, papa Urbano VIII (1568-1644), su richiesta dei gesuiti del Paraguay, emise la bolla Commissum Nobis (1639), riaffermando la scomunica che Paolo III aveva imposto a coloro che erano coinvolti nella tratta degli schiavi e proibendo di «di ridurre in schiavitù gl’Indiani occidentali o meridionali; venderli, comprarli, scambiarli o donarli: separarli dalle mogli e dai figli; spogliarli dei loro beni; trasportarli da un luogo ad un altro; privarli in qualsiasi modo della loro libertà; tenerli in schiavitù; favorire coloro che compiono le cose suddette con il consiglio, l’aiuto e l’opera prestati sotto qualsiasi pretesto e nome, o anche affermare e predicare che tutto questo è lecito, o cooperare in qualsiasi altro modo a quanto premesso»[37]. La bolla suscitò nei governanti e negli schiavisti una tale reazione da spingere all’espulsione dei Gesuiti dal Paese. Nel Nuovo Mondo, i vescovi locali tutti designati dal re di Spagna (come si è detto all’inizio) non appoggiavano la posizione di Roma ed inoltre era diventato illegale pubblicare bolle antischiaviste, come qualsiasi altra dichiarazione papale, senza il consenso del re (che non arrivò mai). Quando i gesuiti lessero illegalmente in pubblico la bolla di Urbano VIII, a Rio de Janeiro si scatenò una rivolta che provocò il saccheggio del loro collegio locale e il ferimento di diversi sacerdoti. A Santos, la folla travolse il vicario generale gesuita quando tentò di pubblicare la bolla. Nel 1767 i gesuiti vennero brutalmente espulsi dal Nuovo Mondo per aver continuato a opporsi alla schiavitù e aver dato vita, con successo, a comunità di nativi notevolmente avanzate[38].

Benedetto XIV. Nel 1741, papa Benedetto XIV (1675-1758) emanò la bolla Immensa Pastorum, contro l’asservimento dei popoli indigeni delle Americhe e di altri paesi[39].

Gregorio XVI. Nel 1839, papa Gregorio XVI (1765-1846) emanò la bolla In Supremo Apostolatus, ricollegandosi ai suoi predecessori nella condanna verso la schiavitù e la tratta degli schiavi. Affermò che sia gli Indiani sia i Negri erano creature umane, e che presso Dio non esiste discriminazione: «Con la Nostra Apostolica autorità ammoniamo e scongiuriamo energicamente nel Signore tutti i fedeli cristiani di ogni condizione a che nessuno, d’ora innanzi, ardisca usar violenza o spogliare dei suoi beni o ridurre chicchessia in schiavitù, o prestare aiuto o favore a coloro che commettono tali delitti o vogliono esercitare quell’indegno commercio con il quale i Negri vengono ridotti in schiavitù, quasi non fossero esseri umani, ma puri e semplici animali, senza alcuna distinzione, contro tutti i diritti di giustizia e di umanità, destinandoli talora a lavori durissimi. Noi, ritenendo indegne del nome cristiano queste atrocità, le condanniamo con la Nostra Apostolica autorità: proibiamo e vietiamo con la stessa autorità a qualsiasi ecclesiastico o laico di difendere come lecita la tratta dei Negri, per qualsiasi scopo o pretesto camuffato, e di presumere d’insegnare altrimenti in qualsiasi modo, pubblicamente o privatamente, contro ciò che con questa Nostra lettera apostolica abbiamo dichiarato»[40].

Charles Lavigerie e Leone XII. Nel 1888 il cardinale Charles Lavigerie (1825-1892) fondò a Bruxelles, con l’appoggio di papa Leone XII, l’associazione Anti-Slavery Society per fornire un sostegno economico agli antischiavisti e in particolare finanziare quattro spedizioni militari per combattere i commercianti di schiavi arabi che operavano nel territorio orientale del Congo[41]. Sempre nel 1988, Papa Leone XII (1760-1829) scrisse inoltre a tutti i vescovi del Brasile affinché eliminassero completamente la schiavitù dal loro paese.

Giovanni XXIII. Una chiara e definitiva posizione contro il neocolonialismo venne infine offerta anche da Giovanni XXIII (1881-1963) attraverso l’enciclica Mater et Magistra (1961), diventata poi un pilastro della Dottrina sociale della Chiesa cattolica.


————- ————–

5. ILLUMINISTI E ANTICLERICALI UNICI FAVOREVOLI AL COLONIALISMO E ALLA SCHIAVITU’

Mentre la Chiesa era così impegnata contro il neocolonialismo e la schiavitù, dal 1600 in poi il popolo illuminista, ateo e anticlericale (qui vedremo l’opinione di alcuni principali esponenti) si distinse particolarmente nella promozione della cultura razzista. Ovviamente trovarono linfa vitale nella strumentalizzazione riduzionista e anti-cristiana del pensiero darwinista (darwinismo sociale), creando la gerarchia delle «razze» (razzismo, eugenetica, nazionalsocialismo, antisemitismo) e delle «classi» (marxismo, comunismo).  Alcuni di questi argomenti sono stati affrontati più approfonditamente in: “Razzismo ed eugenetica nascono nell’ateismo materialista“.

Voltaire. Il paladino della “tolleranza” Voltaire (1694-1778), profondo anticlericale e illuminista, ebbe a scrivere: «Sbarco nel paese della Cafraria, e comincio a ricercare un uomo. Vedo macachi, elefanti e neri. Tutti sembrano avere un baleno di una ragione imperfetta. Tutti hanno un linguaggio che non capisco e tutte le loro azioni sembrano ugualmente essere relazionate con qualche causa. Se dovessi giudicare le cose per il primo effetto che mi causano, crederei, inizialmente, che tra tutti questi enti l’elefante è l’animale ragionevole. Però, per non scegliere futilmente, prendo i piccoli di queste vari bestie. Esamino un piccolo di nero di sei mesi, un piccolo di elefante, un macachetto, un leonetto, un canetto. Vedo, senza dubbio, che questi giovani animali hanno incomparabilmente più forza e destrezza, più idee, più passioni, più memoria del negretto ed esprimono molto più sensibilmente tutti i loro desideri che quell’altro. Però, dopo un tempo, il negretto ha tante idee quante tutti loro. Mi dò questa definizione: l’uomo nero è un animale che ha lana sulla testa, cammina su due zampe, è quasi tanto pratico quanto una scimmia, è meno forte che gli altri animali della sua taglia, possiede un poco più di idee ed è dotato di maggior facilità di espressione. [...] Vado alle regioni marittime dell”India Orientale. Adesso sono uomini d’un bel tono giallastro, non hanno lana, ma hanno la testa coperta da grande criniere nere. [...] Incontro una specie ancora più singolare che tutte queste. È un uomo vestito bene con un lungo abito nero, che si dice fatto per istruire agli altri [un prete, N.d.A.] Tutti questi uomini che vedi, mi dice lui, sono nati da uno stesso padre. E, allora, mi racconta una lunga storia. Però, quello che questo animale dice mi pare molto sospetto. Mi informo se un nero e una nera, di lana nera e naso piatto, gerano qualche volte bambini bianchi, di capelli biondi, naso adunco ed occhi blu. Mi hanno risposto di no, che i neri trapiantati, per esempio, alla Germania sono rimasti a generare neri»[42].

David Hume e John Locke. Il filosofo illuminista, precursore dell’ateismo scientista, David Hume (1711-1776), scriveva nel 1754: «Non è mai esistita una nazione civilizzata che non fosse bianca: sono portato a sospettare che i negri, e in generale tutte le altre specie umane, siano per natura inferiori ai bianchi». Decise poi di investire i suoi risparmi, come l’ateo John Locke (1632-1704), nel commercio degli schiavi[43].

Arthur de Gobineau e Napoleone. L’illuminista Arthur de Gobineau (1816–1882) è l’autore del «Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane» (1853-1855), nel quale interpreta la storia umana affermando che la purezza della razza determina la capacità di sopravvivenza e di dominio sulle popolazioni inferiori. Concetto poi ripreso dall’ideologo del nazismo Rosemberg e dagli assertori dell’eugenetica. E mentre i re cristiani del Medioevo riuscirono ad eliminare la schiavitù, fu Napoleone Bonaparte (1769-1821), ateo, anticlericale e materialista, a ristabilirla nelle colonie francesi (1802)[44].

Karl Marx. L’ateo materialista Karl Marx (1818-1883) aveva anch’egli le idee chiare sulla schiavitù: «La libertà e la schiavitù costituiscono un’antagonismo. Mi riferisco alla schiavitù diretta, alla schiavitù dei neri in Suriname, in Brasile, nelle regione del Sud dell’Ameria del Nord. La schiavitù diretta è il pivot sopra il quale il nostro industrialismo quotidiano fa girare il macchinaio, il credito, ecc. Senza la schiavitù non ci sarebbe nessuno cotone, senza cotone non ci sarebbe nessuna industria moderna. È la schiavitù che dà valore alle colonie, furono le colonie ad aver creato il commercio mondiale, e il commercio mondiale è la condizione necessaria per l’industria di macchina in grande scala. Senza schiavitù, l’America del Nord, la nazione più progressista, si sarebbe trasformata in un paese patriarcale. Abolire la schiavitù sarebbe spazzare l’America del Nord fuori dalla carta»[45].

La Chiesa Cattolica Il capostipite dell’ateismo moderno, Friedrich Nietzsche (1844-1900) non esitava a rivendicare la permanente validità dell’istituto della schiavitù quale fondamento della civiltà. I suoi testi contengono riferimenti sprezzanti a Beecher-Stowe, l’autrice della “Capanna dello zio Tom”, il celebre romanzo abolizionista che tanto eco suscitò in Europa e nella stessa Germania. In “Umano troppo umano” (1878) il filosofo scrisse: «Tutti desiderano l’abolizione della schiavitù, eppure bisogna ammettere che gli schiavi sotto ogni riguardo vivono più sicuri e più felici del moderno operaio e il lavoro degli schiavi è ben poca cosa rispetto a quello dell’operaio». Nietzsche risentì molto chiaramente dell’influenza della nuova “scienza”, l’eugenetica, inventata in Inghilterra dall’antropologo ateo Francis Galton, cugino di Darwin. Così scrisse: «La vita stessa non riconosce nessuna solidarietà, nessuna “uguaglianza di diritti” fra le parti sane di un organismo e quelle degenerate: queste ultime devono essere amputate. Avere compassione dei decadentés, concedere uguaglianza di diritti anche ai falliti, sarebbe la più profonda immoralità, sarebbe l’antinatura posta come morale»[46].

————- ————–

6. CONCLUSIONE

Abbiamo contribuito a dimostrare che i paladini nella difesa dei colonizzati furono quasi esclusivamente uomini di Chiesa, religiosi e veri cristiani, al contrario di quel che sostengono i teorici della cospirazione. Le accuse comunque hanno una base di verità, poiché è vero che i sovrani, spagnoli, inglesi, portoghesi ecc.., usurparono fortemente il potere religioso per sottometterlo al potere politico, incoraggiando lo schiavismo e la colonizzazione, anche tramite interpretazioni personalistiche e forzate dell’Antico Testamento (in particolare rispetto alle teorie secondo cui gli indigeni non avevano l’anima, passaggi comunque che non andrebbero mai interpretati letteralmente). Per amore alla verità occorre anche dire che nel corso dei secoli purtroppo le turpitudini coloniali furono perpetrate anche da alcuni uomini di Chiesa, che assumeranno sempre (distaccandosi dalla stessa istituzione che avrebbero dovuto rappresentare) atteggiamenti e posizioni opposti ai pronunciamenti solenni dei Pontefici e dei numerosi religiosi che abbiamo elencato. Inoltre, questo sarà fatto in netta contrapposizione all’insegnamento del Vangelo («Non c’é più giudeo né greco, non c’é più schiavo né libero, non c’é più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal, 3, 28) e dell’autorità ecclesiale. Il cardinal Ratzinger scrisse correttamente: «Tutti i peccati dei cristiani nella storia non derivano dalla loro fede nel Cielo, ma dal fatto che non credono abbastanza nel Cielo».




——————–
Note
1^ E. Genovese, “Roll, Jordan, Roll: The World the Slaves Made”, 1974, pag. 179
2^ Wikipedia/Colonialismo/NelCattolicesimo
3^ Koschorke, A History of Christianity in Asia, Africa, and Latin America 2007, pag. 31–32; McManners, Oxford Illustrated History of Christianity 1990, pag 318
4^ Wikipedia/RiduzioniGesuite/Sviluppo
5^ Samora, A History of the Mexican-American People, 1993, pag. 20
6^ Wikipedia/RomanCatholicChurchAndColonialism, Wikipedia/SpanishMissionInBajaCalifornia
7^ R. Stark, La vittoria della ragione, Lindau 2006, pag. 296-298; O. Chadwick, The reformation, Penguin 1972, pag. 26
8^ Wikipedia/Bathilde/Règence
9^ Wikipedia/Ansgar/Leben
10^ Wikipedia/SchiavismoNelMedioevo
11^ Wikipedia/OrdineDiSantaMariaDellaMercede
12^ R. Stark, La vittoria della ragione, Lindau 2006, pag. 299,300, Wikipedia/SicutDudum e Wikipedia/PapaEugenioIV/Biografia
13^ J.M.d. Serna, The Historical encyclopedia of world slavery, pag. 153 e Wikipedia/PioII/Papa
14^ H. Lewis, The Hispanic American Historical Review, 1946, pag 142; Warner Carl, “All Mankind Is One”: The Libertarian Tradition In Sixteenth Century Spain, The Journal of Libertarian Studies 1987, pag. 295, Wikipedia/CatholicChurchAndTheAgeOfDiscovery e Wikipedia/PedroDeCordoba
15^ B.D. Las Casas, Historia de las Indias, en Obras Completas e Wikipedia/AntonioDeMontesinos/PrimeroSermon
16^ W. Carl, “All Mankind Is One”: The Libertarian Tradition In Sixteenth Century Spain, The Journal of Libertarian Studies 1987, pag. 299; Wikipedia/AntonioDeMontesinos/SeguendoSermones e Wikipedia/AntonioDeMontesinos/Life
17^ Wikipedia/AntonioDeMontesinos/DefensaDelIndio
18^ Wikipedia/SacrificiUmaniNellaCulturaAzteca e alcune immagini del film “Apocalipto” di Mel Gibson
19^ Wikipedia/AntonioDeMontesinos/Biografia e Wikipedia/AntonioDeMontesinos/Life
20^ Papa Paolo II, Sublimis Deus, 1537; Panzer, The popes and slavery, Alba House 1997, pag. 8
21^ J. F. Maxwell, “Slavery and the Catholic Church,The history of Catholic teaching concerning the moral legitimacy of the institution of slavery”, Chichester Barry-Rose 1975, pag. 68-70
22^ P. Thornberry, “Indigenous peoples and human rights”, Manchester University Press 2002, pag. 65
23^ T. Woods, Come la Chiesa cattolica costruito la civiltà occidentale, Regenery 2005, pag. 5-6; Wikipedia/FranciscoDeVitoria e Wikipedia/CatholicChurchAndTheAgeOfDiscovery
24^ Johannes Thumfart, Die Begründung der globalpolitischen Philosophie. Zu Francisco de Vitorias “relectio de indis recenter inventis”, Von 1539 2009, pag. 256 e Wikipedia/FranciscoDeVitoria
25^ Wikipedia/BartolomèDeLaCasas e Wikipedia/NewLaws/Origins
26^ M. Beuchot, Los fundamentos de los derechos humanos en Bartolomé de las Casas, Anthropos Editoria 1994 e Wikipedia/BartolomèDeLaCasas
27^ B.D. Las Casas, Brevissima relazione della distruzione delle Indie, Mondadori, 1997 e Wikipedia/BartolomeoDeLasCasas/Biografia
28^ Wikipedia/BartolomeoDeLasCasas/Opere
29^ A. Gill, Rendering unto Caesar: the catholic church and the state in Latin America, University of Chicago Press 1998, pag. 22 e R. Stark, For the glory of God: how monothesim led to reformations, science, witch-hunts, and the end of slavery, Princeton University Press 2003, cap.1
30^ Wikipedia/ProtectoríaDeIndios
31^ Wikipedia/PopoGregoryXIV/Papacy
32^ Wikipedia/OrdineDellaSantissimaTrinità
33^ Wikipedia/RiduzioniGesuite
34^ Wikipedia/BattagliaDiMbororè/PrimiAttacchiAlleMissioniGesuite
35^ Wikipedia/BattagliaDiMbororè/LoScontroDiApóstolesDeCaazapaguazú
36^ Wikipedia/BattagliaDiMbororè/Conseguenze
37^ Wikipedia/CommissumNobis
38^ R. Stark, For the glory of God: how monothesim led to reformations, science, witch-hunts, and the end of slavery, Princeton University Press 2003, cap.1
39^ Wikipedia/PopeBenedictXIV/Life
40^ Wikipedia/InSupremoApostolatus
41^ Wikipedia/SociétéAntiesclavagisteBelge
42^ Voltaire, Trattato di Metafisica, 1978, pag. 62-63
43^ Wikipedia/Schiavismo/Abolizionismo
44^ Wikipedia/Abolizionismo/Francia e Wikipedia/NapoleoneBonaparte/GuerraInEuropaEAscesaAll’Impero
45^ Lettera di Karl Marx a Pavel Vasilyevich Annenkov, Parigi 28 dicembre 1846, citata in Marx Engels Collected Works, International Publishers (1975), vol. 38, pag. 95
46^ F. Nietzsche, La volontà di potenza, af. 734

29 agosto 2013

I Martiri Cattolici Vittime dell’inquisizione anglicana

Quando nell’Inghilterra “riformata” frati e preti cattolici venivano squartati vivi

Se si chiede a uno studente medio italiano (“medio” non nel senso che frequenta la scuola media, ma nel senso della preparazione, della maturità e della capacità critica), anche di livello universitario, che cosa gli facciano venire in mente espressioni come Riforma e Controriforma, nove volte su dieci, crediamo, parlerà dei roghi dell’Inquisizione, dell’Indice dei libri proibiti, insomma delle varie manifestazioni della (cosidetta) intolleranza dei cattolici nei confronti dei protestanti; mettendovi dentro forse anche, per buona misura, il processo a Galilei, sebbene non c’entri nulla con l’argomento suddetto.


Se poi si chiederà a quel medesimo studente che cosa sappia della vita civile e religiosa in Inghilterra
nel Cinquecento, e specialmente durante il regno della “grande” Elisabetta, nove volte su dieci egli parlerà in termini entusiastici della libertà inglese, della tolleranza inglese, del meraviglioso clima di rispetto per le opinioni altrui che caratterizzava quel fortunato Paese, mentre nel resto d’Europa, e specialmente nei Paesi rimasti cattolici, il boia, il carceriere e l’aguzzino addetto alla tortura, lavoravano senza posa per conculcare il sacrosanto diritto di ciascun essere umano a seguire la fede religiosa e le opinioni filosofiche che ritiene vere.

C’è, sì – è vero – il piccolo neo della persecuzione contro i puritani, da cui lo storico viaggio del Mayflower; ma insomma si tratta di cosa secondaria e, del resto, necessaria alla fondazione di un altro mito caratteristico della storiografia moderna: il fatto che lo spirito di libertà fosse nei cromosomi dei Padri Pellegrini e quindi, attraverso di essi, nei futuri Stati Uniti d’America – che, come tutti sanno, sono la più matura e compiuta democrazia del mondo.

Che i cattolici, nell’Inghilterra di Enrico VIII e di Elisabetta I, fossero sottoposti a persecuzioni estremamente crudeli; che, per aver governato per cinque anni in senso antiprotestante, la regina Maria Tudor sia stata chiamata dai suoi sudditi, e sia rimasta poi per sempre, “Maria la Sanguinaria”, mentre per aver mandato al patibolo i cattolici durante i quarantacinque anni del suo regno, Elisabetta è passata alla storia come “la grande”: tutto questo o non si sa, o non si dice, o non si dice perché non lo si vuol sapere; e vada per i libri di storia inglesi, dato che la storia, come è ovvio, viene scritta dai vincitori e non dai vinti.

Ma che questa informazione a senso unico, che questa visione partigiana siano assunte dai nostri professori e dai nostri studenti e, attraverso di loro, dall’intera opinione pubblica italiana, ciò lo si deve a un’altra ragione: alla piaggeria e al servilismo dei nostri studiosi accademici nei confronti della storiografia di marca protestante e anglosassone, per cui tutto ciò che è anticattolico e tutto ciò che è britannico (o americano) viene acriticamente recepito come buono e giusto e, soprattutto, come politicamente corretto.

Gli Inglesi, popolo di mercanti, hanno perfettamente appreso l’arte di vendere bene la propria merce, compresa quella particolare merce che è la propria immagine pubblica: e l’esportazione della loro cultura, del loro modo di vedere il mondo, del loro stile di vita, costituisce ancor oggi uno dei punti di forza del loro imperialismo commerciale e finanziario, che comprende la capacità di attrarre nei loro college milioni di giovani in costosissimi soggiorni di studio, nonché quello di rubare i migliori cervelli fra i neolaureati di mezzo mondo, per impiegarli nelle loro università, nei loro laboratori scientifici, nelle loro industrie.

I nostri libri di storia, e specialmente quelli scolastici, sono scritti da professori italiani che hanno totalmente introiettato la visione anglosassone (mentre quelli delle materie scientifiche sono scritti, in buona parte, direttamente da autori anglosassoni, come se non avessimo dei professori di fisica, di biologia o di scienze della Terra capaci di scrivere degnamente dei libri di testo) e che continuano a veicolare quella “leggenda nera” che gli Inglesi del tempo di Elisabetta diffusero nei confronti del cattolicesimo, della Spagna, dell’Italia, nel medesimo tempo in cui erano impegnatissimi a celebrare se stessi come araldi della libertà di pensiero.

Così, quella che era la propaganda di una parte in lotta durante i conflitti religiosi del Cinquecento, è diventata la verità storica definitiva, vidimata e approvata da tutti gli studiosi “seri” e non più sottoponibile al vaglio della critica; e questo da parte di noi Italiani, che siamo così inclini a criticare, demitizzare e perfino denigrare la nostra propria storia nazionale, da Scipione l’Africano a Cavour e Mazzini, suona decisamente come paradossale.

Ebbene: cominciamo allora col dire che la maggioranza del popolo inglese, dopo che Enrico VIII, per la fregola di impalmare la bella Anna Bolena (futura madre di Elisabetta), ebbe rotto con la Chiesa che gli negava l’annullamento del matrimonio con Caterina d’Aragona (madre di Maria) e proclamato l’Atto di Supremazia, nel 1534, rimase per non pochi anni fedele al cattolicesimo; che il terribile Re Barbablu, per mettere a tacere la voce critica del suo ministro Thomas More, uno dei maggiori umanisti dell’epoca, non seppe far di meglio che mandarlo al patibolo; e che tutta l’operazione regia del distacco da Roma fu motivata largamente dalla volontà di saccheggiare le immense proprietà della Chiesa cattolica (circa un quinto delle terre del Regno!), ciò che permise di sanare le finanze statali, estremamente dissestate.
Così fanno gli Inglesi quando si trovano alle prese con il LORO debito pubblico: confiscano le ricchezze di qualche soggetto politicamente scomodo; depredano qualche nazione straniera in nome del “white’s man burden” (ieri con l’India o il Sudafrica, oggi con l’Iraq o la Libia); oppure, come stanno facendo in questi giorni, stampano sterline a volontà, proprio come i loro cugini americani che stampano dollari a tutto andare, mentre i Paesi fessi come il nostro si sottopongono a manovre finanziarie massacranti per pagare onestamente il proprio debito, con una moneta, l’euro, che ormai è come un nodo scorsoio per chi l’adopera.

Dalla confisca delle immense ricchezze della Chiesa inglese nacque un nuovo ceto di proprietari che, essendo stati complici della monarchia nel perpetrare il crimine – e come altro lo si dovrebbe chiamare, visto che per i preti e i frati che “resistevano” c’era lo squartamento? -, erano ad essa legati materialmente e moralmente; non restava che un’ultima cosa da fare, demonizzare l’avversario sconfitto: e furono varate le leggi anticattoliche che imperversarono per secoli e che ridussero i cattolici, inevitabilmente sempre meno numerosi, al rango di sudditi di serie B (e non parliamo degli irlandesi i quali, oltre che cattolici, avevano pure il torto di essere dei “selvaggi”, un po’ come i Pellerossa d’America, agli occhi dei conquistatori e colonizzatori inglesi: contro di loro qualunque arma andava bene, qualunque crimine diventava lecito).

Insomma, se è vero che la storiografia deve caratterizzarsi per lo sforzo di equanimità e per la capacità di rimettere incessantemente in discussione le proprie “verità”, mai da considerarsi definitive e intoccabili, è altrettanto vero che non ci sono ragioni per cui, a quasi cinque secoli di distanza, in Italia si debba continuare a studiare la storia inglese con la lente deformante che la propaganda britannica e protestante dispiegò a suo tempo, a fini puramente polemici: anche se siamo, per molti versi, una provincia dell’Impero mondiale anglosassone, definito dal binomio dollaro-sterlina, potremmo anche prenderci il lusso di essere un po’ meno servili, almeno qualche volta.

Così Angela Loffredo ricorda le vicende dei regni di Enrico VIII, Edoardo VI, Maria I ed Elisabetta I Tudor, in uno dei pochi libri di testo scolastici in cui si ricorda l’aspetto meno noto della cosiddetta Riforma in Inghilterra, chiamandolo con il suo vero nome, ossia «la persecuzione dei cattolici in Inghilterra» (Albrigoni e altri, «Geostoria», La Nuova Itali, Firenze, 2001, volo. 2°, pp. 76-77):

“Quando Enrico VIII istituì la Chiesa anglicana, molti Inglesi rimasero fedeli alla fede cattolica. La convivenza tra le due religioni fu ancora più difficile che in Francia.Durante il beve regno della cattolica May Tudor (1553-58) i protestanti venero perseguitati così duramente che la regina venne chiamata “bloody Mary””Mary la sanguinaria”.

Nel 1558, salita al trono la sorellastra Elisabetta, la situazione cambiò e toccò ai cattolici subire feroci persecuzioni. La regina fece chiudere le chiese cattoliche, i “papisti” (così venivano definiti con disprezzo i cattolici) non potevano partecipare a funzioni religiose e ricevere i sacramenti; inoltre essi erano obbligati a educare i propri figli secondo le regole della Chiesa anglicana. Le case dei cattolici potevano essere perquisite dalla polizia in ogni momento e senza alcun preavviso, poiché essi erano considerati come traditori del regno al servizio di una potenza straniera, il Papato.
I preti e i frati erano stati banditi dalle isole britanniche: se uno di essi veniva scoperto in Inghilterra, veniva condannato a morte per squartamento.

Nonostante ciò, molti gesuiti sbarcarono clandestinamente in Inghilterra per mantenere viva la fede cattolica. Essi dovevano vivere in clandestinità, ma contemporaneamente dovevano visitare le varie comunità sparse nel paese. Perciò fu organizzata una rete segreta tra i cattolici inglesi per nascondere i gesuiti e gli altri preti: nelle case di campagna della nobiltà furono ricavati dei nascondigli molto ingegnosi (alcuni erano dotati di tubi di collegamento con le cucine per poter nutrire coloro che erano nascosti, altri avevano gallerie per fuggire nei boschi vicini).

A capo di questa organizzazione vi erano le donne: a causa della loro dipendenza sociale dai mariti, le moglie e le madri cattoliche godevano di una certa immunità, perché non erano in grado di pagare le multe e difficilmente venivano imprigionate in quanto nel loro ruolo di mogli dovevano essere di aiuto ai mariti. Presso le famiglie di queste donne, i religiosi potevano nascondersi sotto false spoglie, ad esempio come insegnanti; spesso la salvezza dei clandestini dipendeva dalla prontezza di spirito e dal coraggio delle padrone di casa che non si tradivano durante le frequenti irruzioni della polizia. C’era quindi un’inversione di ruoli; nelle questioni religiose, i preti erano guide spirituali, ma per la loro incolumità fisica, spesso dipendevano interamente dalle donne.

Durante gli ultimi anni del Cinquecento, la situazione migliorò leggermente per i papisti: venne loro concesso di dichiarare apertamente la propria fede, anche molti membri del Parlamento si professavano cattolici. Tuttavia la libertà religiosa doveva essere pagata, poiché i cattolici, per poter continuare a esserlo, dovevano pagare una elevata tassa annuale. Molte famiglie dell’aristocrazia inglese dilapidarono i patrimoni per mantenersi fedeli al papa. “

Generalmente, quando si parla delle persecuzioni contro i cattolici, vengono in mente quelle avvenute in Giappone alla fine del XVI secolo, oppure quelle che si verificarono in Messico nei primi anni del Novecento, o quelle della Russia bolscevica; di fatto, molte persone ignorano la durezza e la lunga durata delle persecuzioni anticattoliche in Inghilterra e Irlanda, che produssero numerosi martiri. Così pure, molte persone non amano ricordare che il padre nobile del liberalismo anglosassone, il filosofo John Locke, approvava pienamente la discriminazione nei confronti dei cattolici, anzi la loro persecuzione attiva, e ciò proprio mentre componeva quel suo «Trattato sulla tolleranza» che molti suoi improvvidi ammiratori continuano a magnificare come la moderna Bibbia del pensiero pluralista e della libertà di coscienza (cfr. il nostro articolo «Locke auspica libertà religiosa per tutti, ma invoca la persecuzione di cattolici islamici e atei», apparso sul sito di Arianna Editrice in data 10/02/2011).

Anche questi sono segni del conformismo culturale, dell’appiattimento delle coscienze, della smemoratezza storica e della distorsione del vero, tipici di questa nostra epoca così “illuminata”, “democratica” e “progressista”. Provare per credere: se si cerca, su Internet, qualche immagine delle persecuzioni anticattoliche in Inghilterra, non viene fuori praticamente nulla; in compenso, abbondano le immagini dell’Inquisizione intenta a torturare, a bruciare, a squartare i protestanti…

http://federiciblog.altervista.org/2012/01/30/i-martiri-cattolici-vittime-dell’inquisizione-anglicana/

28 agosto 2013

La Chiesa Cattolica Esiste da ben prima della nascita di Costantino, solo i settari fanno finta di non saperlo

S.Ignazio d'Antiochia, martire nel 110 d.C. scrive ai cristiani di Smirne:

"Dove compare il vescovo, là sia la comunità, come LA' DOVE C'E' GESU' CRISTO IVI E' LA CHIESA CATTOLICA. Senza il vescovo non è lecito né battezzare né fare l'agape; quello che egli approva è gradito a Dio, perché tutto ciò che si fa sia legittimo e sicuro."

Ignazio D'Antiochia: lettera ai cristiani di Smirne

E la Chiesa Cattolica di allora non credeva cose diverse rispetto alle attuali:

S. Giustino martire nel 160 d.C., prima apologia:

" al preposto dei fratelli vengono portati un pane e una coppa d'acqua e di vino temperato; egli li prende ed innalza lode e gloria al Padre dell'universo nel nome del Figlio e dello Spirito Santo, e fa un rendimento di grazie per essere stati fatti degni da Lui di questi doni.

Quando egli ha terminato le preghiere ed il rendimento di grazie, tutto il popolo presente acclama: "Amen". La parola "Amen" in lingua ebraica significa "sia".

Dopo che il preposto ha fatto il rendimento di grazie e tutto il popolo ha acclamato, quelli che noi chiamiamo diaconi distribuiscono a ciascuno dei presenti il pane, il vino e l'acqua consacrati e ne portano agli assenti.
........
nel giorno chiamato "del Sole" (la domenica) ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne, e si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei Profeti, finché il tempo consente.
Poi, quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi.

Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere; e, come abbiamo detto, terminata la preghiera, vengono portati pane, vino ed acqua, ed il preposto, nello stesso modo, secondo le sue capacità, innalza preghiere e rendimenti di grazie, ed il popolo acclama dicendo: "Amen". Si fa quindi la spartizione e la distribuzione a ciascuno degli alimenti consacrati, ed attraverso i diaconi se ne manda agli assenti.
.......
Questo cibo è chiamato da noi Eucaristia, e a nessuno è lecito parteciparne, se non a chi crede che i nostri insegnamenti sono veri, si è purificato con il lavacro per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e vive così come Cristo ha insegnato.

Infatti NOI LI PRENDIAMO NON COME PANE COMUNE E BEVANDA COMUNE; MA COME GESU' CRISTO, IL NOSTRO SALVATORE incarnatosi, per la parola di Dio, prese carne e sangue per la nostra salvezza, così abbiamo appreso che anche quel nutrimento, consacrato con la preghiera che contiene la parola di Lui stesso e di cui si nutrono il nostro sangue e la nostra carne per trasformazione, è carne e sangue di quel Gesù incarnato.

Infatti gli Apostoli, nelle loro memorie chiamate vangeli, tramandarono che fu loro lasciato questo comando da Gesù, il quale prese il pane e rese grazie dicendo: "Fate questo in memoria di me, questo è il mio corpo". E parimenti, preso il calice e rese grazie disse: "Questo è il mio sangue"; e ne distribuì soltanto a loro.

S.Giustino martire: Prima Apologia



i bestemmiatori per facebook non violano gli standard della comunita'....

EVIDENTEMENTE TALE STANDARD E' MOLTO BASSO

E non è questione che è stata sbagliata l'opzione scelta per la segnalazione. Qualunque opzione da lo stesso risultato. Gli standard per Facebook non sono stati violati....


27 agosto 2013

Il paradiso sara' per pochi eletti, come dice il pentecostale di turno come da immagine?



LA PAROLA DI DIO CI DICE CHE COLORO CHE SI SALVANO SONO UNA MOLTITUDINE IMMENSA

"apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani. E gridavano a gran voce:
«La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello».
Allora tutti gli angeli che stavano intorno al trono e i vegliardi e i quattro esseri viventi, si inchinarono profondamente con la faccia davanti al trono e adorarono Dio dicendo:
«Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
Uno dei vegliardi allora si rivolse a me e disse: «Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuario; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.
Non avranno più fame,
né avranno più sete,
né li colpirà il sole,
né arsura di sorta,
perché l'Agnello che sta in mezzo al trono
sarà il loro pastore
e li guiderà alle fonti delle acque della vita.
E Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi». (Apocalisse 7)

QUINDI COME SI CONCILIA CON MATTEO 7,13-14 DOVE GESÙ DICE CHE STRETTA È LA PORTA CHE CONDUCE ALLA VITA ETERNA E POCHI SONO COLORO CHE LA TROVANO?

A prima vista sembra che si salvano pochi. Anche in seguito ad altre cose dette da Gesù sembra che non sono molti coloro che si salvano:

"Gesù allora disse ai suoi discepoli: «In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli" (Matteo 19,23-24)

A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: «Chi si potrà dunque salvare?». (Matteo 19,25)

ED ECCO LA RISPOSTA DI GESU'

E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile». (Matteo 19,26)

CON LE NOSTRE NON CI SI SALVA, NON MERITIAMO DI ESSERE SALVATI, NON CI RIUSCIAMO AD ENTRARE ATTRAVERSO LA PORTA STRETTA CHE CI PORTA ALLA VITA.

MA A DIO TUTTO E' POSSIBILE E A MEZZO DEL SACRIFICIO DI CRISTO GESU', NON PER NOSTRI MERITI, ENTRIAMO ATTRAVERSO LA PORTA STRETTA E FAREMO PARTE DELLA MOLTITUDINE IMMENSA CHE SARA' DAVANTI AL TRONO DI DIO.

La verità sulla Chiesa Cattolica

26 agosto 2013

La Successione Apostolica

di TheCatholic Way

Da dove ci viene la garanzia che la Chiesa di oggi sia la stessa di quella fondata da Gesù Cristo? Questa certezza ci viene dalla Successione Apostolica. La Sacra scrittura ci offre vari riferimenti riguardo a questo tema, ma uno di quelli che ci sembra più significativo è quel passo nel libro degli Atti in cui Pietro deve affrontare il problema della sostituzione di Giuda dopo la sua morte (At 1,15-26). Gesù era appena tornato al Padre: i dodici li aveva nominati lui, e come Figlio di Dio aveva l'autorità per farlo. Nessuno fino a quel momento si era permesso, con Gesù ancora sulla terra, di nominare degli apostoli. Ma ora era necessario, altrimenti la Chiesa si sarebbe gradatamente estinta. Pietro allora decise di consultare le Scritture, e fu ispirato dallo Spirito Santo a considerare il Salmo 109, ove numerosi versi si adattavano benissimo alla situazione di Giuda ("sebbene io li abbia amati essi mi accusano senza pietà, mi hanno ripagato male per bene, odio in cambio di amore", Sl 109,4-5). Ebbene tramite questo salmo Dio gli indicò quale doveva essere il destino dell'empio cui è stato donato un bene che poi rinnega: "il suo ufficio lo prenda un altro". E quindi Pietro, forte del fatto che Cristo gli aveva trasmesso il potere di aprire e di chiudere, di legare e di sciogliere (Mt 16,19) si alzò in piedi davanti a un'assemblea di 120 persone, lesse il passo di questo salmo, e aggiunse che occorreva scegliere "uno tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo in cui dimorò tra noi il Signore Gesù" (At 1,21). La Chiesa apostolica scelse dunque Mattia, "per prendere il posto di questo ministero e apostolato, da cui prevaricò Giuda" (At 1,25).
Non tutti si rendono conto dello spessore teologico di questo brano: si tratta dell'inizio storico della successione apostolica. Queste righe contengono la prova scritturale della continuità della Chiesa. Inoltre, le parole "ufficio" e "ministero" danno testimonianza che gli apostoli avevano la perfetta consapevolezza di non essere solo dei credenti come tutti gli altri discepoli, ma di avere una precisa investitura, di avere ricevuto da Cristo un effettivo mandato, e che tale mandato poteva, anzi doveva, essere trasmesso come in una successione.
Fino allora le successioni erano unicamente di natura temporale, per esempio quelle dei padri verso i figli. Col Cristianesimo invece la successione è di natura spirituale, anche se deriva ugualmente da un "capostipite" storico che è Cristo, e da una madre in grado di generare figli che è la Chiesa.
Il Concilio Vaticano II a tal proposito ha affermato: "Come il Cristo fu inviato dal Padre, così anch'egli ha inviato gli Apostoli" (SC 6). E aggiunge: "Affinché il Vangelo si conservasse sempre integro e vivo nella Chiesa, gli Apostoli lasciarono come successori i Vescovi, ad essi affidando il proprio compito di magistero" (DV 7).
Ed anche il Catechismo della Chiesa Cattolica sottolinea: "Donando lo Spirito Santo agli Apostoli, Cristo risorto conferisce loro il proprio potere di santificazione: diventano segni sacramentali di Cristo. Per la potenza dello stesso Spirito Santo, essi conferiscono tale potere ai loro successori. Questa successione apostolica struttura tutta la vita liturgica della Chiesa; essa stessa è sacramentale, trasmessa attraverso il sacramento dell'Ordine." (CCC 1087). dal sito ilprofetadelvento.it


S.Pietro ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ Papa Francesco

25 agosto 2013

Falsi messaggi di una pseudomistica




"Guardate che nessuno vi inganni; molti verranno nel mio nome, dicendo: Io sono il Cristo, e trarranno molti in inganno." Mt 24,4

C'E' CHI QUESTI MESSAGGI DI "gesù cristo" LI RITIENE AUTENTICI E LE PROFEZIE SI STIANO PER REALIZZARE, COME QUELLA CHE RIGUARDA IL MEDIO ORIENTE.

ORA INVECE PROVATE A PENSARE CHE QUESTI MESSAGGI NON HANNO AFFATTO ORIGINE DIVINA MA CHE INVECE PROVENGONO PROPRIO DA CHI VUOLE LA GUERRA E LA VUOLE FARE IN MEDIO ORIENTE CON LE ARMI, E CONTRO LA CHIESA (spesso unica voce contro la guerra) CON LE ARMI DI FALSI MESSAGGI CHE PUNTANO ALLA DISGREGAZIONE DELLA CHIESA STESSA.

*********************

DALLA SERIE DEI MESSAGGI (FALSI) DI GESÙ CRISTO. IN QUESTA OCCASIONE LE PAROLE SAREBBERO DI DIO PADRE:

"Mia amatissima figlia, scoppieranno guerre in tutto il Medio Oriente e presto il Mio amato Israele subirà un terribile abominio. Molte vite andranno perse in tutta questa parte del mondo, su una scala molto grande, poiché lo spirito del male divorerà le vite e, in molti casi, le anime dei Miei figli."

http://messaggidagesucristo.wordpress.com/2013/07/21/10-luglio-2013-dio-padre-le-menzogne-di-cui-siete-nutriti-in-merito-alla-vostra-economia-sono-progettate-per-ingannarvi/

SEMPRE DAGLI STESSI MESSAGGI PROVENGONO GLI ATTACCHI ALLA CHIESA CATTOLICA E IN PARTICOLARE A PAPA FRANCESCO:

"L’astuto impostore, che è stato pazientemente in attesa dietro le quinte, dichiarerà presto il suo regno sui Miei poveri ignari servitori sacri."

"Colui che osa sedersi nel Mio Tempio e che è stato inviato dal maligno, non può dire la verità, poché egli non viene da Me. Egli è stato inviato per smantellare la Mia Chiesa e ridurla in frantumi prima di sputarla fuori dalla sua ignobile bocca."

"Il falso profeta, colui che si pone come capo della Mia Chiesa, è pronto ad indossare le vesti che non sono state fatte per lui."

"Quei sacerdoti, vescovi e cardinali che si opporranno a lui saranno scomunicati e spogliati dei loro titoli."

http://messaggidagesucristo.wordpress.com/2013/03/12/8-marzo-2013-egli-e-stato-inviato-per-smantellare-la-mia-chiesa-e-ridurla-in-frantumi/

la psuedomistica ha pure la pretesa che si abbia fede in lei. E perché ne dovremmo avere? quali provi ci da per ritenere autentiche le sue "rivelazioni"???

24 agosto 2013

Così una setta riesce a plagiare: guida alle principali tecniche di "seduzione"

Come una setta riesce a plagiare un individuo, quali tecniche usa per fare proselitismo, quali sono gli
effetti sulla psicologia di un individuo: quella che segue è una breve guida alle tecniche di "seduzione" usate da culti e sette, redatta dal "Cult Awareness Network", un'organizzazione non profit statunitense il cui scopo è proprio quello di far conoscere i rischi che si corrono affidandosi senza precauzioni a guru e santoni senza scrupoli.

Chi è vulnerabile?

Tutti. Nessuno può ritenersi "immune". Anzi, spesso proprio quelli che si ritengono molto forti o troppo intelligenti per cascarci sono tra i primi a cadere in trappola.

Quando?

Soprattutto durante i momenti di transizione, di qualunque tipo. Per esempio, nel primo anno in cui si va a vivere da soli dopo aver lasciato la casa dei genitori; quando si cambia o si perde un lavoro; di fronte ad una improvvisa malattia, propria o dei propri cari; durante l'adolescenza o nei primi anni di invecchiamento; in un periodo di profondo cambiamento di stile di vita, o quando si cambia residenza; nei momenti di solitudine, quando si è lontani da amici e parenti.

Dove?

Praticamente dovunque. Ma le situazioni più a rischio sono proprio quelle in cui ci si trova nel tentativo di trovare o ritrovare il proprio equilibrio. Per esempio durante corsi di training autogeno, seminari sullo stress o sulle tecniche di autocontrollo, in organizzazioni religiose non tradizionali. E' proprio in queste occasioni che i "reclutatori" delle sette cercano più attivamente di fare proseliti, trovando spesso terreno fertile.

Da chi?

Molto difficile riconoscere un reclutatore. In genere è una persona che ha la capacità di capire ciò che la persona che ha di fronte desidera sentirsi dire, stuzzicando il suo orgoglio o il suo bisogno d'affetto. E quando ci si accorge che è solo un trucco, spesso è troppo tardi. Attenzione quindi quando vi capita di pensare che l'uomo o la donna con cui state parlando è "la più amichevole che avete mai incontrato" o "è interessato esattamente a tutto ciò che a voi interessa", pensa che voi "siete meravigliosi". Attenzione anche alle persone che pretendono di avere una risposta a ogni domanda.

Le principali tecniche di plagio

1) Il "Love bombing": il "bombardamento d'amore è forse la tecnica più usata, e quella che ha gli effetti più durevoli. Il neofita viene letteralmente circondato d'amore dagli aderenti alla setta, che lo mettono al centro del loro interesse, lo "coccolano", lo riempiono d'attenzione. In una seconda fase due o tre persone si dedicano esclusivamente a lui. Cercano di eliminare ogni suo dubbio, e rafforzano il suo desiderio di appartenenza al gruppo, coinvolgendolo in giochi e canti;
2) Isolamento: la persona viene separata dalla sua famiglia, gli viene reso impossibile con ogni scusa (telefoni guasti, strade interrotte) il contatto con persone esterne. Si crea l'incapacità a verificare le informazioni che vengono fornite, rendendo accessibile un'unica realtà, quella del gruppo;
3) Ripetitività: con la scusa di favorire la meditazione si induce il neofita a ripetere ossessivamente le stesse parole, cantare le stesse strofe o svolgere di continuo un'attività. In questo modo si induce artificialmente uno stato di alta suggestionabilità;
4) Privazione del sonno: tecnica spesso associata alla precedente e viene incoraggiata motivandola come necessaria per non interrompere lo stato di concentrazione raggiunto. In questo modo si indebolisce il fisico, rendendo ancora più vulnerabile l'individuo. Allo stesso scopo si usa una alimentazione inadeguata.

Come aiutare
chi lascia un culto

Ci sono diverse classificazioni degli ex membri, basate sul modo in cui hanno lasciato la setta. Di solito gli ex membri fanno parte di una delle seguenti categorie:
1) quelli che sono usciti grazie ad un intervento esterno;
2) quelli che che se ne sono andati per loro volontà;
3) quelli che sono stati espulsi dal culto.
Le ultime due categorie, i "fuoriusciti" e gli "scacciati", sono in genere quelli che hanno più bisogno d'aiuto per capire il loro processo di riabilitazione. Gli ex membri espulsi sono particolarmente vulnerabili: spesso si sentono inadeguati e colpevoli. La maggior parte dei culti rispondono a qualsiasi critica rigirando le critiche stesse al singolo membro. Tutte le volte che c'è qualcosa di sbagliato, la colpa non è del leader o dell'organizzazione, ma sempre dell'individuo. Così quando qualcuno lascia il culto porta con se un profondo senso di colpa e di vergogna. Anche quelli che se ne vanno per propria volontà risentono di questio problemi: possono anche riuscire a superare i complessi a livello razionale, ma hanno difficoltà a gestirli psicologicamente.
Il modo migliore per favorire il processo di riabilitazione degli ex membri di un culto è quello di imparare che tipo di controllo mentale utilizzava quella specifica setta, e come esso era usato. Capire che ci sono sempre degli effetti residui del controllo della mente, ma che sono solo transitori, aiuta a combattere un diffuso senso d'ansia che attenaglia gli ex membri. I quali si sentono rinascere, quando capiscono che, data la situazione, l'esperienza che stanno vivendo è normale e gli effetti non dureranno in eterno. Inoltre capire e spiegare come funzionavano le tecniche di plagio fa comprendere ai pazienti in che modo e quanto il culto era riuscito a cambiare il loro comportamento e la propria personalità

E' molto importante capire in tempo cosa sta succedendo
Parenti e amici possono aiutare

Non tutti i culti sono "distruttivi", non tutte le sette cercano i plagiare i loro aderenti. Anzi, molti culti sono espressioni di sincere e positive esigenze spirituali. Ma spesso la persona che viene contattata e reclutata non è in grado di vedere la differenza e saper scegliere perché si trova in un momento di debolezza o di vulnerabilità psicologica. Tocca allora a parenti e amici stare attenti, vegliare sul loro caro e cercare di tirarlo fuori dalla rete nella quale è rimasto impigliato. Ecco una breve guida ai "sintomi", per riconoscere gli effetti su una persona di un culto potenzialmente pericoloso:

Come cambia il comportamento:
1) perdita della volontà individuale
2) aumento della dipendenza e ritorno ad un comportamento quasi infantile
3) perdita della spontaneità e del senso dell'umorismo
4) incapacità di instaurare amicizie al di fuori del gruppo
5) peggioramento delle condizioni fisiche
6) deterioramento psicologico (tra le altre cose: allucinazioni, ansia, paranoia, disorientamento)

Caratteristiche principali di un culto "distruttivo"

1) manipolazione del comportamento e del carattere di una persona
2) leadership carismatica (con autoproclamata divinità o conoscenza suprema e richiesta di obbedienza incondizionata). La leadership può essere individuale o basata su un nucleo centrale all'interno della setta.
3) separazione degli adepti dalle famiglie, dagli amici e dalla società in generale.
4) visione del gruppo come una nuova famiglia con la quale stabilire un rapporto esclusivo.
5) forti e sempre crescenti richieste di denaro.
6) richiesta di firmare un testamento che nomini la setta o il suo leader come unico o prevalente erede.
7) richieste di attività e comportamenti sessuali devianti.
Cosa fare
1) registrare tutti i nomi, indirizzi, numeri di telefono delle persone che si sa appartengono alla setta.
2) mantenere una cronologia scritta di tutti i fatti che riguardano l'attività del proprio familiare o amico all'interno della setta.
3) rispondere a tutte le comunicazione del proprio parente con amore, sincerità e senza eccedere nelle critiche dirette e aggressive.
4) raccogliere tutte le possibili informazioni, articoli e pubblicazioni sul gruppo, in modo da conoscerne strategie e composizione.
5) chiedere aiuto ad una delle tante associazioni che riuniscono famiglie nella stessa situazione.
Cosa non fare
1) non spedire soldi al proprio parente. Meglio mandare doni non in denaro, vestiti, biglietti aerei o ferroviari non rimborsabili.
2) non spendere grandi somme per corsi o seminari di riabilitazione se non se conoscono bene finalità e programmi.
3) non dimenticare mai che la personalità del proprio caro non è scomparsa, ma è solo stata momentaneamente sopraffatta.
4) non sentirsi soli. Si tratta di un problema comune a migliaia di perone in tutto il mondo, in tutti gli ambienti religiosi ed economici.

http://criminologiasicurezza.blogspot.it/2007/06/cos-una-setta-riesce-plagiare-guida.html

23 agosto 2013

Contro la leggenda nera: la vera storia delle crociate

di Thomas F. Madden 

Il medievista della Saint Louis University Thomas F. Madden smaschera la «leggenda nera» sulle crociate.

Comparso in «Crisis», Vol. 20 N. 4 - Aprile 2002 

Con la possibile eccezione di Umberto Eco, gli studiosi medievali non sono soliti sollecitare
l’attenzione dei media. Noi tendiamo ad una relativa quiete (se si eccettua il baccanale annuale del Congresso internazionale di studi medievali di Kalamazoo), leggendo cronache ammuffite e scrivendo studi meticolosi che ben pochi leggeranno. Si immagini, quindi, la mia sorpresa quando, nei giorni successivi all’11 settembre, il Medio Evo balzò improvvisamente alla ribalta. 

In quanto storico delle Crociate, mi ritrovai con la tranquilla solitudine della mia torre d'avorio infranta da giornalisti, redattori e conduttori di talk-show ansiosi di trovare lo scoop. Cosa furono le Crociate?, chiedevano. Quando si ebbero? Quanto fu insensato l’uso della parola "crociata" nei discorsi del presidente George W. Bush? Con alcuni dei miei visitatori avevo la netta sensazione che già conoscessero le risposte alle loro domande, o almeno ne davano l’impressione. Cosa realmente volessero sentirsi dire sembrava non esser altro che la conferma delle loro opinioni. Per esempio, mi veniva frequentemente chiesto un commento sul fatto che il mondo islamico nutre un comprensibile rancore nei confronti dell’Occidente. Non ha la violenza presente, ribadivano, le sue radici negli attacchi brutali e immotivati delle Crociate contro un mondo musulmano raffinato e tollerante ? In altre parole, davvero le Crociate non sono da biasimare? 

Osama bin Laden la pensa certamente così. Nelle sue varie esibizioni televisive non manca mai di descrivere la guerra americana contro il terrorismo come una nuova Crociata contro l’Islam. Anche l’ex-presidente Bill Clinton ha additato le Crociate a lontana causa del conflitto presente. In un discorso tenuto all'Università di Georgetown, narrò (e calcò le tinte di) un massacro di ebrei avvenuto dopo la conquista di Gerusalemme, da parte dei crociati, nel 1099 ed informò il pubblico che l'episodio è tuttora amaramente commemorato, in Medio Oriente (il perché i terroristi islamici debbano essere sconvolti dall'uccisione di ebrei, non fu spiegato). Clinton venne bacchettato, sulle pagine editoriali della nazione, per il suo tentativo di criticare gli Stati Uniti rifacendosi al Medio Evo. Eppure nessuno obiettò qualcosa, circa la premessa fondamentale dell'ex-presidente. 

Diciamo, quasi nessuno. Molti storici stavano già da tempo lavorando al riordino del corpus di studi sulle Crociate, prima che Clinton li costringesse ad uscire allo scoperto. Non sono revisionisti, come quelli che imbastirono l’esposizione dell'Enola Gay, ma studiosi autorevoli che hanno messo a frutto molte decadi di accurate, serie borse di studio. Per loro, questo è un "momento di insegnamento", un'opportunità di spiegare le Crociate a persone che stanno davvero ascoltando. Non durerà a lungo, qui purtroppo funziona così. 

Gli equivoci sulle Crociate sono fin troppo comuni. Vengono ritratte come una serie di guerre sante contro l’Islam, generalmente lanciate da papi assetati di potere e condotte da fanatici religiosi. Si pensa che siano state il culmine dell'ipocrisia e dell'intolleranza, una macchia nera sulla storia della Chiesa cattolica in particolare e della civiltà occidentale in generale. Razza di proto-imperialisti, i crociati aggredirono un Medio Oriente pacato e deformarono una cultura musulmana illuminata, lasciando solo rovine. Per trovare variazioni su questo tema non c’è bisogno di guardare troppo lontano. Si veda, per esempio, il famoso poema epico in tre volumi di Steven Runciman, Storia delle Crociate, o il doentario BBC/A&E, Le Crociate, commentato da Terry Jones. Sono prototipi di storia terribile, e intrattengono tuttora a meraviglia. 

Insomma qual è la verità sulle Crociate? Gli studiosi ci stanno ancora lavorando su. Ma molto può già esser detto con certezza. Intanto, le Crociate contro l’Oriente furono in ogni caso guerre difensive. Rappresentavano una risposta diretta alle aggressioni musulmane, un tentativo di arginare e controbattere la conquista musulmana di terre cristiane. 

I cristiani dell'undicesimo secolo non erano fanatici paranoici. Dai musulmani bisognava realmente difendersi. Sebbene gli arabi sappiano essere pacifici, l’Islam nacque in guerra e crebbe nello stesso modo. Dal tempo di Maometto, la politica di espansione musulmana consistette sempre nella spada. Il pensiero musulmano divide il mondo in due sfere, la Dimora dell’Islam e la Dimora della Guerra. La Cristianità - e, se è per questo, ogni religione non musulmana - non ha dimora alcuna. Cristiani ed ebrei possono essere tollerati all'interno di un stato musulmano, sotto la legge musulmana. Ma, nell’Islam tradizionale, cristiani ed ebrei devono essere distrutti, e le loro terre conquistate. Quando Maometto stava per intraprendere la guerra contro La Mecca, nel settimo secolo, il Cristianesimo era la religione dominante. In quanto fede dell'Impero romano, attraversava il Mediterraneo intero, incluso il Medio Oriente dove nacque. Il mondo cristiano, perciò, era il primo obiettivo dei primi califfi, e tale sarebbe rimasto per i condottieri musulmani dei successivi mille anni. 

Con formidabile energia, i guerrieri dell’Islam si avventarono contro i cristiani subito dopo la morte di Maometto. Ebbero successo. Palestina, Siria ed Egitto - un tempo le aree più fervidamente cristiane del mondo – soccombettero rapidamente. Nell'ottavo secolo, gli eserciti musulmani avevano conquistato tutto il nord cristiano dell’Africa e la Spagna. Nell'undicesimo secolo, i turchi selgiucidi conquistarono l’Asia Minore (la Turchia moderna), cristiana fin dal tempo di san Paolo. Il vecchio Impero romano, noto ai moderni come Impero bizantino, fu ridotto ad uno spazio geografico inferiore a quello dell’attuale Grecia. Disperato, l'imperatore di Costantinopoli spedì missive ai cristiani dell’Europa occidentale, chiedendo aiuto per i loro fratelli e le loro sorelle dell'Est. 

Questo è quanto fece nascere le Crociate. Non il progetto di un papa ambizioso o i sogni di cavalieri rapaci, ma una risposta a più di quattro secoli di conquiste, con le quali i musulmani avevano già fatti propri i due terzi del vecchio mondo cristiano. A quel punto, il Cristianesimo come fede e cultura doveva o difendersi o lasciarsi soggiogare dall’Islam. Le Crociate non furono altro che questa difesa. 

Papa Urbano II fece appello ai cavalieri della Cristianità, per respingere gli attacchi dell’Islam, al Concilio di Clermont del 1095. La risposta fu sbalorditiva. Molta migliaia di guerrieri fecero il voto della croce e si prepararono alla guerra. Perché lo fecero ? La risposta a questa domanda è stata malamente fraintesa. Sulla scia dell’Illuminismo, era d’uso asserire che i crociati non fossero altro che fannulloni e ladri di galline, pronti a trarre profitto dall’opportunità di razziare e saccheggiare terre lontane. I sentimenti, testimoniati dai crociati stessi, di pietà, di abnegazione e d’amore per Dio, non erano evidentemente da tenere in considerazione. Furono reputati mera facciata, a nascondere oscuri disegni. 

Durante le due decadi passate accurati studi, condotti anche con l’ausilio del computer, hanno demolito questa invenzione. Gli studiosi hanno scoperto che i cavalieri crociati era nobiluomini, per lo più ricchi, e provvisti di larghe proprietà terriere in Europa. Ciononostante, abbandonarono tutto per intraprendere una missione santa. Fare una crociata non era cosa da quattro soldi. Anche i ricchi avrebbero potuto facilmente impoverire, rovinando loro stessi e le loro famiglie, nell’unirsi ad una Crociata. Non facevano così perché si aspettassero ricchezze materiali (che molti di loro già avevano), ma perché contavano su tesori che il tarlo non sbriciola e che la tignola non corrode. Erano acutamente consapevoli dei loro peccati ed ansiosi di intraprendere le fatiche della Crociata come un atto penitenziale di carità e d’amore. L’Europa è letteralmente stipata di carteggi medievali che attestano questi sentimenti, carteggi nei quali questi uomini ancor oggi ci parlerebbero, se noi ascoltassimo. Chiaramente, non si sarebbero rifiutati di accettare un bottino, potendolo avere. Ma la verità è che le Crociate si rivelarono scarse, quanto all’entità dei saccheggi. Alcuni si arricchirono, è vero, ma la stragrande maggioranza dei crociati tornò a casa con nulla in tasca. 

* * * 

Urbano II diede ai crociati due mete che sarebbero rimaste prioritarie per secoli, nelle Crociate orientali. La prima era liberare i cristiani dell'Est. Così ebbe a scrivere il suo successore, Papa Innocenzo III: 

Come può l’uomo che ama, secondo il precetto divino, il suo prossimo come se stesso, sapendo che i suoi fratelli di fede e di nome sono tenuti al confino più stretto dai perfidi musulmani e gravati della servitù più pesante, non dedicarsi al compito di liberarli ? [...] Forse non sapete che molte migliaia di cristiani sono avvinte in ceppi ed imprigionate dai musulmani, torturate con tormenti innumerabili? 

"Fare una crociata – il professor Jonathan Riley-Smith ha detto magistralmente – era vissuto come un atto di amore". In questo caso, l'amore del proprio prossimo. La Crociata fu considerata uno strumento della misericordia per raddrizzare un male terribile. Come Papa Innocenzo III scrisse ai Templari, "Voi traducete in atti le parole del Vangelo, secondo cui non c’è amore più grande di quello dell’uomo che offre la sua vita in cambio di quella dei suoi cari". 

La seconda meta fu la liberazione di Gerusalemme e degli altri luoghi resi santi dalla vita di Cristo. Il termine "crociata" è moderno. I crociati medievali si consideravano pellegrini, nel loro eseguire atti di rettitudine lungo la via che mena al Santo Sepolcro. L'indulgenza ricevuta per la partecipazione alle Crociate fu equiparata canonicamente all'indulgenza per il pellegrinaggio. Tale meta era spesso descritta in termini feudali. Nell’indire la quinta Crociata, nel 1215, Innocenzo III scrisse: 

Considerate, carissimi figli, considerate attentamente come, se qualche re temporale venisse deposto e magari catturato, qualora venga restituito alla sua libertà originaria e giunga il tempo di far calare l’occhio della giustizia sui suoi vassalli, non li guarderà come infedeli e traditori [...] a meno che non si tratti di coloro che hanno rischiato non solo le loro proprietà, ma le loro stesse persone, nel votarsi al compito di liberarlo? [...] E similmente Gesù Cristo, il re dei re e il signore dei signori, il cui servitore nessuno di voi può negare di essere, colui che congiunse la vostra anima al vostro corpo, colui che vi riscattò col Prezioso Sangue [...] non vi condannerà per il vizio dell'ingratitudine ed il crimine dell'infedeltà, se voi rifiutate di aiutarLo? 

La riconquista di Gerusalemme, perciò, non fu colonialismo ma un atto di restaurazione ed un’aperta dichiarazione d’amor di Dio. Gli uomini del Medio Evo sapevano, evidentemente, che Dio aveva il potere di ricondurre Gerusalemme alla situazione precedente, che aveva il potere di far tornare il mondo intero alla Sua Legge. Eppure, come san Bernardo di Chiaravalle era solito predicare, il Suo rifiuto di far così non era che una benedizione alla Sua gente: 

Di nuovo, io dico, pensate alla bontà dell’Altissimo e ponete attenzione ai Suoi misericordiosi progetti. Egli si pone in obbligo nei vostri confronti, o piuttosto finge di fare così, per aiutarvi a soddisfare i vostri obblighi verso di Lui [...]. Io chiamo benedetta la generazione che può cogliere un'occasione di indulgenza così ricca come questa. 

Spesso si ritiene che l’obiettivo centrale delle Crociate fosse la conversione forzata del mondo musulmano. Nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. Nella prospettiva cristiana medievale, i musulmani erano i nemici e di Cristo e della Sua Chiesa. Compito dei crociati era sconfiggerli e difendere la Chiesa contro di loro. Questo era tutto. Ai musulmani dimoranti nei territori conquistati dai crociati generalmente fu concesso di conservare le loro proprietà, il loro sostentamento, e perfino la loro religione. In tutta la storia del Regno crociato di Gerusalemme, il numero degli abitanti musulmani superò abbondantemente quello dei cattolici. Fu solo nel 13° secolo che i francescani intrapresero qualche tentativo di conversione dei musulmani. Tentativi senza successo, infine abbandonati. In ogni caso, si trattò di persuasione pacifica, non di minacce o addirittura di violenza. 

Tuttavia le Crociate erano guerre, sicché sarebbe un errore pensarle solo pietà e buone intenzioni. Come in ogni guerra, la violenza era brutale (anche se non brutale come nelle guerre moderne). Ci furono sventure, errori gravi e crimini. Cose ben ricordate oggi, di solito. All’inizio della prima Crociata, nel 1095, un gruppo di crociati, condotti dal conte Emicho di Leiningen, si aprì la strada lungo il Reno derubando e assassinando tutti gli ebrei incontrati. Senza successo, i vescovi locali tentarono di fermare questa strage. Agli occhi di questi guerrieri, gli ebrei, come i musulmani, erano i nemici di Cristo. Depredarli ed ucciderli, pertanto, non era peccato. Effettivamente, credevano trattarsi di un atto retto, potendo i soldi degli ebrei essere usati per finanziare la Crociata verso Gerusalemme. Ma avevano torto, e la Chiesa condannò fermamente le ostilità contro gli ebrei. 

Cinquant’anni dopo, quando la Seconda Crociata stava già per muoversi, san Bernardo proclamava che gli ebrei non sarebbero stati perseguitati: 

Chiedete a chiunque conosca le Sacre Scritture cosa si auspica, per gli ebrei, nel Salmo. "Non per la loro distruzione io prego" sta scritto. Gli ebrei sono per noi le parole viventi della Scrittura, ci ricordano ciò di cui sempre soffrì il nostro Dio […]. Sotto i prìncipi cristiani sopportano una prigionia dura, ma "aspettano solamente il tempo della loro liberazione.". 

Ciononostante un certo Radulf, un monaco cistercense, aizzò parecchia gente contro gli ebrei di Rhineland, nonostante le numerose lettere inviategli da Bernardo, per fermarlo. Infine Bernardo fu costretto a recarsi personalmente in Germania, dove prese Radulf, lo spedì di nuovo nel suo convento, e fece finire i massacri. 

Spesso si dice che le radici dell'Olocausto possono essere rintracciate in questi pogrom medievali. Può essere. Tuttavia queste radici affondano molto più indietro nel tempo, sono più profonde e più estese dei tempi delle Crociate. Ebrei perirono, durante le Crociate, ma lo scopo delle Crociate non era quello di uccidere ebrei. È vero esattamente il contrario: papi, vescovi e predicatori assicurarono che gli ebrei d'Europa non sarebbero stati molestati. Nella guerra moderna chiamiamo le tragiche morti come queste "danno collaterale". Gli Stati Uniti hanno ucciso, con le tecnologie intelligenti, molti più innocenti di quanti i crociati avrebbero mai potuto uccidere. Ma nessuno oserebbe dire seriamente che lo scopo delle guerre americane è uccidere donne e bambini. 

Da qualsiasi punto di vista la si osservi, la prima Crociata fu un gran colpo. Non c'era nessun leader, nessuna catena di comando, nessuna linea di approvvigionamento, nessuna strategia particolareggiata. Fu semplicemente l’avanzata di migliaia di guerrieri in territorio nemico, impegnati in una causa comune. Molti di loro morirono, o in battaglia o per malattia o di fame. Fu una campagna improvvisata, sempre sull'orlo del disastro. Eppure ebbe successo. Nel 1098 i crociati avevano ripristinato in Nicea ed Antiochia la legge cristiana. Nel luglio 1099 conquistarono Gerusalemme e gettarono le fondamenta di uno stato cristiano in Palestina. La gioia in Europa non conobbe freni. Sembrò che la marea della storia, che aveva alzato i musulmani a tali altezze, ora stesse girando. 

* * * 

Ma così non fu. Quando pensiamo al Medio Evo ci è facile vedere l'Europa alla luce di quello che è divenuta, anziché di quello che era. Il colosso del mondo medievale era l'Islam, non la Cristianità. Le Crociate sono particolarmente attraenti perché rappresentano un tentativo di contrastare quel colosso. Ma, in cinque secoli di Crociate, solamente la prima arrestò significativamente l'avanzata islamica. Poi tornò la bassa marea. 

Quando la Contea crociata di Edessa cadde in mano a turchi e curdi, nel 1144, si manifestò un vasto consenso per una nuova Crociata, in Europa. Lo promossero due re, Luigi VII di Francia e Corrado III di Germania, e lo sostenne nelle sue predicazioni san Bernardo stesso. Fallì miseramente. La maggior parte dei crociati fu uccisa lungo la strada. Quelli che arrivarono a Gerusalemme fecero la peggior cosa possibile, attaccando la Damasco musulmana, già forte alleata dei cristiani. In seguito a tale disastro i cristiani europei furono costretti ad accettare non solo la rinnovata espansione del potere musulmano, ma la certezza che Dio stesse castigando l'Occidente per i suoi peccati. Movimenti pietistici laici germogliarono in tutta Europa, radicati nel desiderio di purificare la società cristiana, per renderla degna della vittoria sull'Oriente. 

Lanciare una crociata nel tardo dodicesimo secolo, perciò, significò organizzare una guerra senza quartiere. Ognuno, anche debole o povero, fu invitato a prodigarsi. Ai guerrieri si chiese di sacrificare le loro ricchezze e, in caso, le loro vite, per la difesa dei cristiani d'Oriente. Tutti i cristiani furono chiamati a sostenere le Crociate tramite preghiere, digiuni ed elemosine. Nel frattempo i musulmani si accrescevano. Il Saladino, il grande unificatore, aveva inglobato il musulmano Medio Oriente in una sola entità, incitando alla guerra santa contro i cristiani. Nel 1187, nella Battaglia di Hattin, le sue forze annientarono gli eserciti alleati del Regno cristiano di Gerusalemme e trafugarono la preziosa reliquia della Vera Croce. Indifese, le città cristiane cominciarono a cedere una alla volta, fino alla resa di Gerusalemme, il 2 ottobre. Si salvò solo, lungo il litorale, qualche porto. 

La risposta fu la terza Crociata, condotta dall'imperatore Federico I "Barbarossa" di Germania, re Filippo II Augusto di Francia e re Riccardo I "Cuordileone" d'Inghilterra. In qualche misura era una grande cosa, pur non grande come i cristiani avevano sperato. L'anziano Federico annegò nell'attraversare un fiume a cavallo, dimodoché il suo esercito tornò a casa prima ancora d'aver raggiunto la Terra Santa. Filippo e Riccardo arrivarono in nave, ma i loro incessanti alterchi aggiunsero ulteriori contrasti alla già critica situazione della terra di Palestina. Dopo avere riconquistato Acre (Akka), Filippo tornò a casa, dove si dedicò alla confisca dei possedimenti inglesi in Francia. Così il peso della Crociata gravò sulle sole spalle di re Riccardo. Guerriero esperto, capo carismatico e superbo stratega, Riccardo condusse le forze cristiane di vittoria in vittoria, appropriandosi dell'intera costa. Ma Gerusalemme non è sulla costa; dopo due tentativi falliti di aprirsi un varco verso la Città Santa, Riccardo desistette. Promettendo di ritornare, stipulò una tregua col Saladino, tregua che prometteva pace nella regione ed ingresso gratuito in Gerusalemme per i pellegrini disarmati. Ma restò una pillola amara da ingoiare. Il desiderio di ricondurre Gerusalemme alla legge cristiana e di riottenere la Vera Croce rimase intenso in tutta Europa. 

Le Crociate del 13° secolo furono più grandi, meglio predisposte e meglio organizzate. Ma fallirono egualmente. La quarta Crociata (1201-1204) si insabbiò nelle secche della politica bizantina, sempre incomprensibile agli occidentali. Dopo una deviazione fino a Costantinopoli per sostenere il legittimo pretendente al trono imperiale, che aveva promesso grandi ricompense e un sostegno per la Terra Santa, i crociati scoprirono che il loro benefattore, benché erede del trono dei Cesari, non poteva mantenere le sue promesse. Sentitisi traditi dai loro amici greci, nel 1204 i crociati attaccarono, fecero cadere e brutalmente saccheggiarono Costantinopoli, la più grande città cristiana nel mondo. Papa Innocenzo III, che già aveva scomunicato l'intera crociata, denunciò fermamente tale azione. Ma c'era ben poco da fare. I tragici eventi del 1204 eressero una porta di ferro tra il credo cattolico romano e quello greco ortodosso, una porta che lo stesso papa attuale, Giovanni Paolo II, è stato incapace di riaprire. Per un'ironia terribile le Crociate, nate dal desiderio cattolico di riunirsi agli ortodossi, divisero - forse irrevocabilmente - gli uni dagli altri. 

Nel resto del 13° secolo le Crociate fecero poco di più. La quinta Crociata (1217-1221) riuscì a liberare Damietta, in Egitto, ma i musulmani di lì a poco sconfissero l'esercito cristiano e rioccuparono la città. San Luigi IX di Francia, nell'arco della sua vita, condusse due Crociate. La prima fece capitolare Damietta, ma Luigi, ben presto raggirato dalla sottile diplomazia egiziana, si trovò costretto ad abbandonare la città. Del resto Luigi, sebbene fosse rimasto in Terra Santa per molti anni, spendendo a profusione in lavori difensivi, non realizzò mai il suo desiderio: liberare Gerusalemme. Era molto più vecchio nel 1270, quando capitanò un'altra Crociata a Tunisi, dove morì a causa di un'epidemia. Dopo la morte di san Luigi, due spietati condottieri musulmani, Baybars e Kalavun, lanciarono una brutale rappresaglia contro i cristiani in Palestina. Nel 1291, le forze islamiche erano riuscite ad uccidere o ad espellere dalla regione anche l'ultimo dei crociati, cancellando così il Regno cristiano dalle carte geografiche. 

Ad onta dei numerosi tentativi e degli ancor più numerosi progetti, le forze cristiane non furono più in grado di assicurarsi una posizione sicura, nella regione, fino al 19° secolo. 

* * * 

È probabile che qualcuno pensi che tre secoli di sconfitte cristiane avrebbero intiepidito gli europei, nei confronti dell'idea di Crociata. Tutt'altro. Nel senso che non c'erano alternative. I regni musulmani divennero ancora più potenti nel 14°, 15° e 16° secolo. I turchi ottomani sottomisero, in una sorta di annessione, i loro vicini musulmani, unificando così ulteriormente l'Islam, continuarono le loro incursioni verso occidente, presero Costantinopoli e penetrarono nella stessa Europa. Dal 15° secolo in avanti le Crociate non furono strumenti di misericordia per fratelli distanti, ma tentativi disperati di qualche ultimo resto di cristianità di sopravvivere. Gli europei cominciarono a prospettarsi la possibilità che l'Islam realizzasse il suo obiettivo di conquistare tutto il mondo cristiano. Uno dei grandi successi del tempo, La Nave dei Pazzi, di Sebastian Brant, diede voce a questo sentimento in un brano intitolato "Il Declino della Fede": 

La nostra fede era forte in Oriente,
dominava tutta l'Asia,
le terre moresche e l'Africa.
Ma ora per noi queste terre sono perdute
e ciò farebbe piangere la pietra più dura [...]. 
Potevi trovare quattro sorelle della nostra Chiesa,
sorelle patriarcali,
Costantinopoli, Alessandria,
Gerusalemme e Antiochia.
Ma sono state prese e saccheggiate
e presto anche la testa sarà attaccata. 

Naturalmente questo non è successo. Ma c'è mancato poco. Nel 1480, il sultano Mehmed (Maometto) II catturò Otranto, a mo' di testa di ponte per l'invasione dell'Italia. Roma fu evacuata. Ma il sultano morì poco dopo e, con lui, il suo piano. Nel 1529, Suleiman (Solimano) il Magnifico strinse d'assedio Vienna. Se non fosse stato per i capricci del tempo meteorologico, che bloccarono la sua avanzata e lo costrinsero a tornare indietro, abbandonando buona parte della sua artiglieria, i turchi avrebbero preso la città. E la Germania, allora, sarebbe stata facile preda. 

Inoltre, mentre questi frangenti si succedevano, qualcosa d'altro stava fermentando in Europa, qualcosa senza precedenti nella storia umana. Il Rinascimento, originato da una equivoca mistura di valori romani, di pietà medievale e di inedito rispetto verso il commercio e la libera imprenditoria, generò altri movimenti come l'umanesimo, la rivoluzione scientifica e l'età delle esplorazioni. Pur lottando per la sua stessa sopravvivenza, l'Europa stava per espandersi su scala globale. La Riforma protestante, che rifiutò il papato e la dottrina dell'indulgenza, rese impensabili le Crociate a molti europei, lasciando così l'onere della difesa dell'Occidente ai soli cattolici. Nel 1571 una Santa Lega, che di fatto non era che una Crociata, sgominò la flotta ottomana a Lepanto. Tuttavia vittorie militari del genere restarono un'eccezione. La minaccia musulmana fu neutralizzata economicamente. Quando l'Europa crebbe in ricchezza ed in potenza, i prima terrificanti e raffinati turchi cominciarono a sembrare patetici ed arretrati, al punto da rendere inutile una Crociata. "L'ammalato Uomo d'Europa" andò avanti zoppicando fino al 20° secolo, quando spirò, lasciando dietro di sé l'attuale disastro del Medio Oriente moderno. 

Dalla sicura distanza di molti secoli, è abbastanza facile aggrottare le ciglia, disgustati dalle Crociate. La religione, in fondo, è nulla, se si basa sulla guerra. Eppure dovremmo pensare che i nostri antenati medievali sarebbero stati a loro volta disgustati dalle nostre guerre, molto più distruttive, combattute in nome di ideologie politiche. Ed ancora, dovremmo pensare che sia il guerriero medievale che il soldato moderno infine combattono per il proprio mondo e per ciò che lo costituisce. Entrambi sono disposti a sopportare enormi sacrifici, purché ciò sia al servizio di qualcosa di caro, di prezioso, di più grande di loro. Che noi ammiriamo i crociati o no, è un fatto che il mondo così come noi lo conosciamo oggi non esisterebbe, senza i loro sforzi. La fede antica del Cristianesimo, col suo rispetto per le donne ed il suo rifiuto della schiavitù, non solo sopravvisse, ma fiorì. Senza le Crociate, avrebbe ben potuto seguire lo zoroastrismo, un altro rivale dell'Islam, nell'estinzione. 

Thomas F. Madden è professore associato della cattedra di Storia della Saint Louis University. È autore di numerosi lavori, tra i quali "Storia Concisa delle Crociate" e coautore, con Donald Queller, de "La quarta Crociata: La Conquista di Costantinopoli". 

Copyright Crisis Magazine © 2001 Washington DC, USA 1 aprile 2002